Notiziario del Centro Studi per la Val di Sole - Centro Studi Val di Sole

ANNO XXXVII - 2009 OTTOBRE-DICEMBRE n. 4
Direttore responsabile: Alberto Mosca - Autorizzazione Tribunale di Trento n° 173 del 10.03.1973 - Spedizione in abbonamento postale - 70% D.C.B. di Trento - Taxe Percue - Tassa Riscossa Malé (TN) - C.C.P. 15926389
Centro Studi
per la Val di Sole
Notiziario
del Centro Studi
per la Val di Sole

editoriale
3 Vietato sbagliare
di Alberto Mosca
SOMMARIO
attività del centro studi
4 A Ossana, ricordando Quirino Bezzi
10 “Non expedit”
di Romano Stanchina
11 Quale cultura per la Comunità di Valle
di Elisa Podetti
12 Le tristi montagne di Arnoldi
di Giovanna Rauzi
studi sulla val di sole
14 1909-2009: storia della ferrovia Trento-Malé
di Alessandro Franceschini
21 Andreas Hofer nelle valli del Noce
22 Nell’animo di Andreas
di Fortunato Turrini
24 I libri di Giovanni Ciccolini nella biblioteca di
“Vita Trentina”
di Salvatore Ferrari
25 In cucina, un professore “inedito”
di Tiziana Ciccolini
26 Il cantiere Val di Sole
di Romano Stanchina
30 Le vitae di Romedio
di Serena Pichenstein
32 Argenterie in Castel Caldes
di Alberto Mosca
cultura delle valli
33 Inaugurato il restaurato Mulino Ruatti
34 La gestione associata delle biblioteche solandre
di Lorena Stablum
35 La repubblica austriaca dedica un francobollo
a don Giacomo Bresadola
di Anna Stanchina Fantelli
socialia
36 Socialia
REALIZZAZIONE GRAFICA E STAMPA:
ag. nitida immagine - cles
CENTRO STUDI PER LA VAL DI SOLE
38027 Malé - c/o Teatro Comunale
(venerdì ore 17.00 - 19.00)
Tel. e fax 0463.903085
c.c.p. 15926389
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Quota sociale euro 20,00
NUMERO SOCI 2100 - TIRATURA COPIE n. 2250
MUSEO DELLA CIVILTÀ SOLANDRA
Malé - Via Trento (ex Pretura) - direttore Federica Costanzi
MUSEO DELLA GUERRA BIANCA
Peio Paese - direttore Maurizio Vicenzi
BIBLIOTECA STORICA
Terzolas - palazzo della “Torraccia”
In copertina:
Applausi e sorrisi per l’arrivo a Malé del treno del centenario
della ferrovia Trento-Malé. (ph. Alberto Mosca)
DIRETTORE RESPONSABILE
Alberto Mosca
albertomosca@albertomosca.it
COMITATO DI REDAZIONE
Rinaldo Delpero
Salvatore Ferrari
Mariapia Malanotti
Anna Panizza
Renato Pellegrini
Onorina Stablum
Romano Stanchina
Fortunato Turrini
HANNO COLLABORATO
Paola Bezzi
Tiziana Ciccolini
Federica Costanzi
Anna Stanchina Fantelli
Alessandro Franceschini
Serena Pichenstein
Elisa Podetti
Giovanna Rauzi
Lorena Stablum
Giuseppina Zambotti

Anniversari importanti ma non solo: in questo numero
di fine anno troverete due stimolanti riflessioni
sulla Val di Sole (Il “cantiere” Val di Sole) e sul nostro
essere, come Centro Studi e come notiziario (“Non
expedit”). Segno evidente che “La Val” non rinuncia a
interrogarsi sul presente e sull’attualità, non utilizza
la ricerca e la divulgazione culturale come una torre
d’avorio nella quale rinchiudersi. Piuttosto, affronta in
chiave culturale le questioni del presente: attraverso
strumenti di analisi capaci di dare profondità alla riflessione
cui chiamiamo i soci a partecipare.
Ma in attesa di approfondire questo tema, parliamo
di una data importante: il prossimo 17 gennaio infatti
una sparuta pattuglia di consiglieri comunali eleggerà
al proprio interno la prima assemblea della neonata
Comunità della Val di Sole, in attesa di tornare alle
urne nell’autunno 2010 e, un po’ più seriamente, finalmente
procedere ad un’elezione diretta, ovvero popolare,
di metà assemblea e del presidente della Comunità.
Le significative novità sancite dal recente voto
del consiglio provinciale saranno infatti applicabili in
Val di Sole solo nella successiva tornata elettorale
per la comunità. Contrariamente a quanto era prevedibile
e pure auspicato da più parti, non si voterà
contestualmente alle elezioni comunali del prossimo
maggio 2010. E se ciò porterà ad un sinceramente
evitabile aggravio in termini di costi, d’altro canto
potrebbe dare positivi effetti: lontano dalla battaglia
per le comunali, forse si potrà ragionare con calma in
una prospettiva di valle, cercando un dibattito che in
quanto a lungimiranza spesso ultimamente ha lasciato
VIETATO SBAGLIARE
di Alberto Mosca
ASSEMBLEA ORDINARIA
DEL CENTRO STUDI PER LA VAL DI SOLE
DOMENICA 24 GENNAIO ore 14.30
Malé - sala municipale del Comune - piazza Regina Elena,17 (terzo piano)
Tutti i soci sono invitati a partecipare in gran numero
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editoriale
parecchio a desiderare, rendendo sbiaditissimo il ricordo
degli anni in cui la Val di Sole era “il laboratorio
del Trentino”.
Tornando alle elezioni per la comunità di gennaio,
mentre scriviamo è prossima la scadenza per la
presentazione del “listone” dal quale uscirà la prima
assemblea. Che resterà in carica anche dopo che la
geografia amministrativa dei comuni sarà cambiata: vi
sarà insomma forse un po’ di confusione, ma anche la
certezza che i sindaci in carica non potranno candidarsi
a ottobre in assemblea di valle.
Andando oltre le scadenze elettorali, i compiti che
attenderanno gli organi di governo della comunità si
presentano importanti. Soprattutto su tre principali
competenze: l’urbanistica, con un piano di comunità;
la programmazione socio-economica, con l’elaborazione
di piani di sviluppo sui temi del territorio e
della gestione delle risorse; l’organizzazione dei servizi
territoriali, superando l’attuale situazione di un
comprensorio soggetto delegato, ma d’ora in avanti
con capacità decisionale e con la gestione dei budget
messi a disposizione dalla Provincia.
Un banco di prova decisivo, sul quale sarà vietato sbagliare.
Sia in campo socio-economico che in quello del
(mal)governo del territorio solandro, per la maggior
parte imputabile alla fine della tutela del paesaggio a
livello comprensoriale: con la nuova comunità di valle,
ovvero ritornando ad un modello di gestione sovracomunale
del paesaggio, si potrà sperare in una inversione
di tendenza. Un banco di prova senza appello per
provare a disegnare la Val di Sole dei prossimi decenni.

attività del Centro
A OSSANA, RICORDANDO QUIRINO BEZZI
La serata di quest’estate a Cogolo si era chiusa
con un arrivederci: il Centro Studi e l’amministrazione
comunale di Ossana stavano infatti
organizzando un’altra serata commemorativa,
che si è tenuta domenica 29 novembre nel Municipio
di Ossana.
In quell’occasione, nella sala del Consiglio
Comunale gremita di soci, amici e paesani, il
Sindaco Luciano Dell’Eva, su delibera unanime
del Consiglio Comunale (la n. 28 del 26 agosto
2009) ha ufficialmente intitolato al concittadino
Quirino Bezzi la sala consigliare municipale.
A ricordo sono state affisse sulla parete un
ritratto di Quirino Bezzi e la stampa della sua
poesia-testamento spirituale “Quando io morirò”,
che è stata pubblicata nello scorso numero
del nostro notiziario sociale.
è seguito il momento dei ricordi, personali ed ufficiali,
con interventi del figlio Lorenzo Bezzi, del Presidente
della SAT Piergiorgio Motter, dell’Assessore
provinciale Ugo Rossi, di Flavio Mosconi, Renato
Vicenzi, Livio Conta, Udalrico Fantelli: tutti hanno
sottolineato la grande umanità di Quirino, il suo attaccamento
alle associazioni solandre, il suo contributo
concreto all’istituzione delle sezioni SAT della
Valle, la sua fiducia verso l’artista che si avviava verso
una brillante carriera, le sue critiche importanti e
mai banali al Piano Urbanistico Comprensoriale in
formazione.
Nella seconda parte della serata la Presidente del
Centro Studi Federica Costanzi ha presentato la ristampa
dei volumi di poesie che Bezzi scrisse nel
corso di 25 anni di vita e che pubblicò di tasca propria
a partire dal 1961, volume che verrà distribuito
ai soci quale pubblicazione per l’anno 2009 insieme
alla strenna “LA VAL”, in corso di stampa.
Il pomeriggio ha ospitato un intenso momento di
lettura di alcune poesie di Quirino, scelte da Elio
Fox, presente in sala, da parte di Lilia Slomp Ferrari
e da Lorenzo Cosso, grande amico di Quirino Bezzi
per convinzioni politiche e comunanza di attività
sportive.
La serata si è conclusa con un caloroso saluto inviato
alla signora Alfonsina a Pisa, una composizione di
Da sinistra Pierangelo Bezzi, Ugo Rossi, Piergiorgio Motter, Luciano Dell’Eva e Federica Costanzi.
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fiori consegnata al figlio Dario ed alla nuora Liliana,
da depositare sulla tomba ed un magnifico rinfresco
offerto dall’Amministrazione Comunale, alla quale
va il nostro più sincero ringraziamento.
Vengono pubblicati qui di seguito gli interventi del
Sindaco di Ossana, del Presidente della SAT Piergiorgio
Motter ed uno stralcio della presentazione
del libro da parte della Presidente Federica Costanzi.
DEDICA DELLA
SALA CONSILIARE A
QUIRINO BEZZI
Cari concittadini della Comunità di Ossana, amici solandri,
rappresentanti dell’emerito Centro Studi della
Val di Sole, della SAT, e di tutte le Associazioni presenti
in sala.
A distanza di poche settimane dall’incontro con la
Comunità per l’inaugurazione della nuova sede municipale,
che ora ci ospita, ci ritroviamo oggi, nella stessa,
con un duplice intento, che per un verso compendia
e corona quella celebrazione di tempo fa, e per l’altro
vuole tributare contestualmente un doveroso e
commosso omaggio commemorativo: i due momenti
del nostro incontro, contestuali e solidali, quello celebrativo
e quello commemorativo si intrecciano e

si fondono: attengono infatti alla stessa insigne
figura, il compianto nostro concittadino comm.
Quirino Bezzi.
Più esplicitamente siamo qui in primo luogo
per dar corso e solenne attuazione alla volontà
unanime del Consiglio Comunale, interprete
dei sentimenti condivisi di tutta la Comunità,
di intitolare e dedicare questa nuova
Sala consiliare al nostro illustre concittadino,
attribuendo così un omaggio doveroso e grato
ad una personalità di grande levatura umana
e morale nell’orizzonte socio culturale del
nostro Comune, della Valle, del Trentino tutto
lungo i decenni del secolo scorso; nutriamo
l’auspicio che coloro che ora e in futuro si
ritroveranno in questa sala per delineare e decidere
via via le tappe e le modalità dello sviluppo
della nostra comunità sappiano trarre ispirazione
dal sistema di valori e modelli di vita di cui Quirino
è stato costante e vissuta testimonianza: si pensi
all’amore profuso e cantato in prosa e in versi per
la propria terra e per le virtù secolari di laboriosità,
tenacia e autonomia delle sue genti, e ancora si pensi
alla sua passione civile che espresse e manifestò
ognora nel solco della tradizione familiare permeata
dagli ideali mazziniani/repubblicani, e poi ancora alla
dedizione e coinvolgimento gratuiti e disinteressati
a innumerevoli iniziative e realtà associative intese
alla promozione civile e culturale di tutti, per continuare
ricordando il suo impegno profuso per tutta
la vita nella ricerca e nell’indagine storiografica, che
poi egli riversò in numerose opere e pubblicazioni,
presenti nelle nostre case e custodite gelosamente
nell’angolo buono del salotto, ed alle quali tutti noi,
per il grado di conoscenza che abbiamo del nostro
passato, siamo debitori.
E in tanto slancio, passione e fervore creativo, vorrei
per un momento soffermarmi su quella che tutti reputiamo
una delle più significative e pregnanti delle
sue realizzazioni: il Centro Studi per la Val di Sole
che egli, assieme all’amico avv. Italo Covi e pochi altri,
fondò nel 1967, che tanto contribuì sotto la sua
ventennale guida e ancora adesso continua meritoriamente
nel solco del fondatore a diffondere l’amore,
la curiosità e la conoscenza della nostra valle fra
le nostre Comunità e fra quanti in Italia e nel mondo,
vuoi perché oriundi, vuoi perché appassionati frequentatori
ed estimatori della nostra terra, mantengono
con essa legami di affetto, interesse e strug-
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attività del Centro
Piergiorgio Motter, Luciano Dell’Eva, Federica Costanzi e Lorenzo Bezzi.
gente nostalgia; conoscenze e sentimenti che tuttora
la pubblicazione “La Val”, periodico di informazione
delle attività e dei programmi del Centro Studi, contribuisce
ad alimentare e stimolare, proseguendo
anche su questo versante informativo l’opera di chi,
il compianto comm. Quirino, la ideò, realizzò e per
tanti anni diresse con passione e competenza.
E come non ricordare l’altra realizzazione che dal
Centro Studi scaturisce ed emana, anch’essa quindi
da ascrivere all’intuizione, l’impegno e la determinazione
del nostro concittadino, il Museo Etnografico
della Val di Sole di Malè, magnifica raccolta ed
esposizione di oggetti, attrezzi, ambienti del nostro
passato, pazientemente e certosinamente ricercati,
recuperati, salvati dall’oblio e dalla distruzione, per
testimoniare a noi e alle generazioni future quella
che fu la civiltà materiale dei nostri avi, colti nel calore
e nel decoro delle proprie case e nella varietà
delle attività agricole e pastorali.
E ancora non possiamo non far cenno del suo amore
e passione per la montagna che lo vide, camicia
a quadrettoni e braghe alla zuava, frequentare
e raggiungere malghe e rifugi, camminare sugli impervi
sentieri della Presanella, del Cevedale, del Vioz.
Dal rientro di una di queste ascensione, dal Vioz per
l’esattezza (ricordava spesso egli stesso questa circostanza),
Quirino con alcuni amici lanciò l’idea, poi
attuata, di fondare la Sezione Alta Val di Sole della
SAT, il prestigioso sodalizio trentino che egli ebbe
l’onore di presiedere per un triennio.
Come chiosa conclusiva di queste mie osservazioni
vorrei riportare per un attimo la vostra attenzione

attività del Centro
su un aspetto ed una dimensione del nostro caro
Quirino che già sopra abbiamo fugacemente menzionato,
la sua fervida e creativa vena poetica e la copiosa
produzione di poesie, liriche, inni e ballate che
ci ha lasciato. Ognora cantò la sua terra, la suggestiva
bellezza delle sue montagne, le voci della natura, le
virtù antiche e attuali delle sue genti, le loro speranze
e paure, le gioie e i dolori del vivere quotidiano,
i legami e gli affetti più sacri. Noi in questa vasta e
variegata antologia della sua produzione poetica abbiamo
isolato e scelto, e riprodotto sul pannello alla
parete, una breve composizione “Quand’io morirò”
che risulta quasi un’icona del suo mondo interiore,
in cui dietro l’indicazione dei suoi ultimi desideri,
traspare in forma poetica di rara levità e grazia una
sintesi dei suoi ideali e del suo alto sentire, una sorta
di testamento spirituale.
Concludo ringraziando tutti voi per la numerosa
presenza ed in particolare ringrazio i familiari (moglie
e figli di Quirino), l’Assessore Ugo Rossi, i Sindaci,
il Presidente della SAT Trentina Pier Giorgio
Motter, il rappresentante della SAT Alta Val di Sole
Pierangelo Bezzi, Elio Fox, Lilia Slomp Ferrari, Lorenzo
Cosso, l’avvocato Federica Costanzi Presidente
del Centro Studi per la collaborazione nell’organizzazione
di questa serata.
Il pubblico presente.
Il Sindaco di Ossana
Luciano Dell’Eva
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Sono Piergiorgio Motter, nuovo presidente della SAT.
Qualcuno di voi mi avrà anche conosciuto: ho lavorato
infatti dall’80 all’88 a Cusiano in tipografia con
gli amici Giulio e Lorenzo. A Cusiano, paese natale di
Quirino Bezzi, nostro Presidente e grande storico,
umanista, letterato e perchè no alpinista, figura che
tutti noi ricordiamo.
Le nostre strade non si sono mai purtroppo incrociate
e di questo me ne dolgo. Forse allora l’interesse
mio per la SAT non era così coinvolgente come
in questi ultimi 15 anni. Avrei voluto conoscere di
persona Quirino Bezzi proprio per le sue molteplici
attività legate in primo luogo alla montagna ed alla
sua valle.
L’ho conosciuto a posteriori, ho conosciuto i suoi
scritti, le sue poesie e la sue varie attività che lo
hanno coinvolto in varie associazioni.
Parlare di Quirino Bezzi può sembrare superfluo per
la simpatia e notorietà di cui ha goduto. Ritengo tuttavia
doveroso ricordare in sintesi le principali tappe
della sua lunga e apprezzata collaborazione alla SAT.
Socio sin dal 1933, fondò nel 1939 la Sezione Alta e
Media Val di Sole, che resse quale presidente sino al
1968.
Nel periodo della guerra collaborò con le forze della
Resistenza nell’opera di salvataggio di prigionieri
alleati.
Dal 1945 in poi ha fatto parte di quasi tutte le Direzioni
sociali, ricoprendovi incarichi di fiducia e responsabilità.
Merito principale di cui ebbe cura assidua dal 1964
fino al dicembre dell’84, fu la direzione del Bollettino
Sociale, attraverso il quale egli seppe tenere vivo il
dialogo con i soci.
Appassionato alpinista, ha realizzato sui
Gruppi della Presanella e dell’Ortles-Cevedale
numerose ascensioni, tra cui alcune
prime; tenne pure per alcuni anni la gestione
dei rifugi Vioz e Denza ai quali apportò
migliorie, aumentandone la ricettività.
La sua collaborazione in SAT si è principalmente
rivolta all’aspetto storico e culturale:
ha collaborato agli Annuari sociali del dopo
guerra, alle varie pubblicazioni edite dalla
SAT, ha diffuso e tenuto alto il nome del Sodalizio
sulla stampa alpinistica nazionale.
è stato membro del Gruppo Italiano Scrittori
di Montagna, e venne insignito dell’Ordine
del Cardo. Ha pubblicato vari volumi di
storia e sulla valle natìa.

Presidente centrale SAT dall’85 all’87, ebbe anche il
merito di varie ristrutturazioni di nostri rifugi. Eccolo
dunque nel settembre ‘85 ad inaugurare il rifugio
Cima d’Asta: un coro di excelsior, titolava allora
il bollettino, per il nuovo rifugio intitolato ad
Ottone Brentari. Ed in quell’occasione ricordava i
lavori prossimi venturi che la SAT andava a fare: l’
ampliamento dei rifugi Saent Dorigoni - Roda di Vael
- Ciampedie - Antermoia e le centraline al Denza
ed al Segantini, lavori che lo stesso Bezzi inaugurava
negli anni successivi.
A firma di Quirino Bezzi anche l’editoriale di presentazione
del supplemento edito a dicembre 1985
“Per una montagna libera”. Bollettino che rimane e
rimarrà sempre una tappa importante a confermare
l’impegno della nostra SAT nei confronti dell’ambiente.
A difesa della natura alpina, titolava: “per la
salvaguardia dell’ambiente montano, esorto ad una
perseverante opera di educazione che ogni satino
dovrà portare avanti”.
Erano ospitati contributi di De Battaglia, documenti
del consiglio centrale SAT, di Gino Tomasi direttore
del Museo di Scienze Naturali, il tutto corredato
dalle foto di un altro indimenticato solandro, il mio
grande amico Flavio Faganello.
“La SAT - ricordava allora Quirino Bezzi - fin dalla
sua fondazione ha cercato di sensibilizzare l’opinione
pubblica su vari aspetti di salvaguardia dell’ambiente
montano; è giusto che prosegua su tale via. Le Pubbliche
Amministrazioni, pensiamo, dovrebbero tener
conto delle aspirazioni dei soci che la SAT raggruppa
nelle sue sezioni, distribuite sull’intero territorio
provinciale. Il cosiddetto progresso non dovrebbe
portare ad un degrado ambientale così profondo,
da farlo diventare un regresso, e l’uomo non deve
vendere per un pugno di soldi un inestimabile patrimonio.
Ciò porterebbe alla rovina di un mondo
d’inestimabile ricchezza. Bisogna evitarlo. Sarà questo
il successo di una lunga e profonda opera di educazione
che ogni satino deve portare avanti.”
Per concludere questo mio immeritato intervento,
vorrei ricordare come Quirino Bezzi fosse universalmente
apprezzato come simbolo delle migliori
qualità della nostra gente: bontà, amicizia, cordialità,
rettitudine, equilibrio.
Di lui abbiamo ammirato la figura di patriota, vero
erede, delle nostre luminose tradizioni risorgimentali,
la sua cultura storica, geografica, naturalistica,
sempre modesta.
Poeta poi, che sapeva esprimere nel suo dialetto tut-
7
attività del Centro
ti i sentimenti, dall’amore alla fede.
Qualcuno ha già detto o dirà delle sue appartenenza
a numerose qualificate attività culturali e patriottiche.
Per noi Quirino Bezzi è stato soprattutto un
simbolo della SAT a cui egli ha dedicato decenni di
attività intelligente, costante, costruttiva, entusiasta.
Lo ricorderemo Presidente che aveva saputo dimostrare
le sue doti di guida attenta e sensibile ai mutamenti.
Per queste doti aveva raccolto la riconoscenza di
tutti i Satini.
Lo ricordiamo a vent’anni dalla morte: lo ricordiamo
con gioia. Quirino Bezzi rimarrà sempre nel cuore
e nella memoria di tutti noi. E si levi ancora, come
da quasi centoquarant’anni ormai, in questa sala che
viene dedicata al nostro Presidente Quirino Bezzi il
nostro motto: Excelsior!
Piergiorgio Motter Presidente SAT
“POESIE”
DI QUIRINO BEZZI
L’amministrazione comunale, insieme alla comunità
di Ossana ed al Centro Studi sono qui per onorare
la memoria di Quirino Bezzi nel 20° anniversario
della sua scomparsa.
Il Centro Studi ha voluto dedicare tutto quest’anno
anniversario al ricordo del suo fondatore e Presidente;
ci siamo ritrovati in tanti quest’estate a Cogolo
con il Coro Sasso Rosso, del quale Quirino
fu il primo, indimenticato Presidente e ne abbiamo
rievocato la figura e le opere.
Nel corso dell’anno molti amici hanno risposto
all’appello del direttore responsabile del nostro
notiziario Alberto Mosca, che ha pubblicato interventi
davvero significativi, e colgo l’occasione per
ringraziare gli autori che hanno collaborato: lo
stesso Alberto Mosca con un articolo su Quirino
Bezzi che fu per vent’anni direttore della nostra
rivista sociale; Salvatore Ferrari, che ha preso in
esame l’importante opera del Bezzi quale divulgatore
della cultura solandra; Franco de Battaglia che
ha ricordato l’impegno di Quirino Bezzi per la SAT
(grazie al presidente Piergiorgio Motter per la sua
presenza di nuovo con noi); la prof. Maria Garbari
che ha ricordato la collaborazione con “Studi Trentini
di Scienze Storiche” ed ha inviato un messaggio
di saluto, non potendo messere presente di per-

attività del Centro
sona; Sergio Benvenuti, del Comitato di indirizzo
della Fondazione Museo Storico del Trentino, che
ha sottolineato le mille collaborazioni e pubblicazioni
di Quirino, e le tante associazione delle quali
ha fatto parte, spesso con incarichi di rilievo; Gino
Valentini, Direttore di Strenna Trentina, che ha ricordato
la preziosa attività profusa da Bezzi quale
direttore responsabile della prestigiosa rivista;
Vincenzo Bonmassar, Presidente dell’Associazione
Mazziniana Italiana, che ha scandagliato le idee politiche
di Bezzi mazziniano; Elio Fox, che ci onora
oggi con la sua presenza, l’amico di tutti i dialetti,
come lo definiva Quirino, che ha ricordato nel suo
articolo l’impegno di Bezzi per la difesa dei dialetti
e la sua direzione della rivista Ciacere en Trentin;
il prof. Carlo Alberto Mastrelli che ha ricordato
la grande stima ed amicizia che legarono Quirino
Bezzi e la moglie Alfonsina a sua moglie, la prof.
Giulia Anzilotti.
Tutte queste testimonianze sono pubblicate sul n. 2
del nostro notiziario.
Questa raccolta di voci diverse ha rappresentato
un modo molto efficace di raccogliere insieme le
diverse passioni di Quirino Bezzi, di esprimere i
suoi molteplici interessi ed il suo impegno costante
nei confronti di ciascuna di queste realtà culturali
trentine.
Nel mio intervento di quest’estate a Cogolo mi
chiedevo dove Quirino Bezzi trovasse il tempo da
dedicare a tutte le attività che lo vedevano impegnato,
mentre io trovo, e con affanno, il tempo per
fare ben poco. Oggi, ricordando le varie associazioni
alla quali Quirino ha dedicato le sue energie,
mi chiedo se Quirino Bezzi avesse nel proprio
cuore una creatura preferita. Per scherzare spesso
si chiede ai bambini: Ghe vos pu ben al papà o ala
mama? La risposta è immancabilmente “A tuti doi!”
così come Quirino le amò con pari entusiasmo tutte,
ed a tutte donò idee preziose.
Il Centro Studi ringrazia l’Amministrazione comunale
di Ossana che ha voluto onorare la memoria
di Quirino con questa intitolazione della sala consigliare,
segno di stima e di affetto della comunità
che gli ha dato i natali e che lui ha ricambiato con
onore. Resterà quale memoria preziosa per le generazioni
future.
Grazie infine ai miei collaboratori del Centro Studi
che, pur non avendo conosciuto personalmente
Quirino, hanno seguito con entusiasmo le iniziative
a lui dedicate ed hanno sostenuto la mia proposta
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di pubblicare il libro che abbiamo voluto dedicare
alla sua memoria, e che verrà distribuito ai soci in
questa fine d’anno.
Nel corso degli anni sono state parecchie le occasioni
nelle quali è capitato di leggere poesie dei nostri
autori solandri: serate in occasione della mostra
dell’artigianato alle Contre di Caldes, incontri
con i Circoli Pensionati ed Anziani, serate con Quei
del Filò a Dimaro, le Notti dei Musei a Malè, ultima
occasione solo ieri, per celebrare il 20° di fondazione
della sede di Dimaro dell’Università della terza
età. In quelle occasioni veniva data lettura, come
ne eravamo capaci, di poesie in dialetto di Edoardo
Redolfi, Giovanni Zanella, Pio Dalla Valle, Simone
Daprà, e naturalmente di Quirino Bezzi. Ogni volta,
immancabilmente ci veniva richiesto di poter avere
il libro dal quale quelle poesie erano state ricavate;
La copertina del libro che raccoglie le poesie di Bezzi.

sono libri ormai esauriti, e spesso si tratta di edizioni
che non erano state curate dal Centro Studi.
Quirino Bezzi aveva nel corso degli anni raccolto
le sue poesie in tre libri “La montanara”, “Fiori dei
monti” e “Rose di macchia”, ma non aveva mai voluto
gravare il Centro Studi delle spese di stampa:
aveva sempre provveduto di tasca propria, con edizioni
a tiratura limitata, ormai esaurite.
In questo 2009 che il Centro Studi ha voluto dedicare
al ricordo del suo fondatore e Presidente ci
è sembrato bello poter riunire in un unico volume
le poesie che lui stesso aveva ritenuto meritevoli
di pubblicazione, ristampando i suoi volumi, con le
sue note, le sue premesse, le sue traduzioni delle
poesie, i commenti che lui stesso aveva scelto di
pubblicare, in modo da poter far sentire ancora una
volta la sua voce ed il suo pensiero ai nostri soci ed
a tutti quelli che vorranno prendersi il tempo e la
briga di leggere qualche pagina.
Ecco quindi il volume di poesie che verrà distribuito
ai soci come una delle pubblicazioni per il 2009:
è stato realizzato dalla Graffite Studio di Malè, riporta
in copertina un bellissimo ritratto di Quirino
Bezzi montanaro e un panorama delle sue amate
montagne solandre e, come già detto, rappresenta
una ristampa dei volumi che Quirino aveva di
tasca sua pubblicato negli anni 1961, 1964, 1969,
poi riuniti nel volume “La Montanara” del 1978; e
poi “Fiori dei monti” del 1981 e “Rose di macchia”
del 1986; quindi 25 anni di vita e di sentimenti di
quest’uomo speciale, che oggi affidiamo a voi. Uniche
modifiche qualche correzione di evidenti errori
tipografici ed una presentazione da parte mia.
La stampa del volume è stata accolta con favore anche
dalle Casse Rurali solandre, che ci hanno concesso
il loro contributo e che ringraziamo perchè
ancora una volta ci sono vicine ed hanno fiducia nel
nostro impegno.
Spesso capita di apprezzare una persona che pure
non conosciamo, attraverso i suoi scritti. La poesia
è un mezzo ancora più efficace, più intimo, più sincero.
Le poesie di Quirino Bezzi, raccolte in questo volume,
ci aiutano a prendere confidenza con lui e
con i suoi sentimenti, con la sua personalità, con i
suoi ideali. E poi queste poesie sono belle, alcune in
modo particolare, piene di sentimento e di amore
autentico, profondo, sincero e non retorico, per la
propria terra e per la sua gente solandra, che lui
rispetta profondamente; lui ha amato la sua famiglia,
9
attività del Centro
le genti della Val di Sole, la loro storia di sacrifici, la
loro forza d’animo, ha amato più di tutte le altre
le montagne della Val di Sole, i fiori, i ghiacciai, la
chiesetta del Vioz, questa valle che per lui era la più
bella del mondo.
Ne ha amato il dialetto, e le sue poesie hanno anche
lo scopo di conservazione di questa antica parlata.
Questi i motivi per i quali il Centro Studi ha voluto
pubblicare le poesie di Quirino Bezzi. Ma perché lui
ha voluto pubblicarle allora?
Lo dice lui stesso: nella premessa a “La Montanara”
scrive: “semplicemente per documentare una parlata
che, come le altre dialettali, va continuamente
trasformandosi, non certo in meglio, con trentinismi
e italianismi, e che fra non molto è destinata a
scomparire.”
Un secondo motivo: “per dare un contributo alla
letteratura dialettale della mia valle che purtroppo
non ha alle spalle il patrimonio letterario di grande
pregio che può vantare la contigua Valle di Non.”
In “Fiori dei Monti” dice ancora: “un’altra testimonianza
di affetto alla terra dei miei padri, a quella dei
miei figli e dei figli dei miei figli che, spero, vorranno
amarla quanto io l’ho amata”; un mazzo di fiori dei
suoi monti che mette sulla culla dei suoi nipotini.
Per lui quindi solo volontà di fissare sulla carta la
voce genuina del dialetto. Ci sono addirittura versi
in taron, il gergo dei calderai solandri, quei “Ricordi
di un ciapèra” che hanno valso a Quirino il premio
speciale al concorso “Città di Trento” per il recupero
di una antica parlata. Per noi queste poesie sono
anche qualcosa di più, sono storia della nostra terra,
sono fotografie di luoghi e personaggi famigliari, rivelano
sentimenti che sono anche nostri, parlano la
lingua della nostra infanzia.
Concludo con un consiglio, che ho voluto porre
anche in chiusura della mia presentazione al libro:
non abbiate paura della lettura del dialetto; leggete
questi versi a voce alta, e proverete una forte commozione,
un’acuta nostalgia, un senso di pace e di
serenità.
Il mio saluto finale, e quello di tutto il Centro Studi,
vuole essere per la signora Alfonsina, che è a Pisa
dalla figlia Chiara, come un uccello migratore che
fugge dal freddo dell’inverno, ma ogni anno torna a
casa e che oggi è qui con noi con lo spirito, insieme
ai figli, ai parenti ed al suo e nostro Quirino.
Il Presidente del Centro Studi
Federica Costanzi

attività del Centro
Riflettendo intorno alla figura di Quirino Bezzi mi sono
chiesto quali contenuti avrebbe dato oggi a “La Val”. Scorrendo
i numeri degli anni ’70 è frequente incontrare prese
di posizione, talora molto decise, sui temi volta per volta
al centro delle scelte di sviluppo locale. Sarebbe ancora
possibile?
Ritengo di no. Non sarebbe accettato dalla politica e, probabilmente,
non sarebbe accettato da noi stessi soci del
Centro Studi, ormai abituati ad un “non expedit” mai formalmente
pronunciato, ma intervenuto progressivamente
di pari passo con il mutare della politica e delle condizioni
di formazione del consenso.
Negli anni ’70 la voce della cultura - di quella cultura “popolare”,
solida ma aperta a tutti, inclusiva, della quale Bezzi
è stato il grande maestro - era ascoltata; anzi, era richiesta
(ne costituisce prova, ad esempio, il processo partecipativo
realizzato per la predisposizione del piano urbanistico
comprensoriale, i cui verbali possono essere consultati
presso la biblioteca della Torraccia).
La politica di oggi, invece, non chiede e di solito ignora,
tanto è sufficiente a se stessa. Grazie a meccanismi come
quelli di elezione diretta la politica tende a rivolgersi direttamente
“alla pancia” degli elettori. Il focus, a tutti i livelli,
si è trasferito dall’oggetto al soggetto, dalle idee (di chi si
occupa della cosa pubblica) alla persona (che si occupa
della cosa pubblica). Non c’è più la forma-partito che traeva
alimento dalla circolazione delle idee e dal dibattito e,
“NON EXPEDIT”
di Romano Stanchina
10
di conseguenza, può infastidire che chi non ha avuto legittimazione
elettorale esprima delle valutazioni; anche se
la sua competenza è riconosciuta, anche se le valutazioni
che esprime fanno seguito ad un serio approfondimento
ed anche se il suo obiettivo non è l’acquisizione di consenso
politico.
Il Centro Studi, realtà indiscutibilmente estranea all’agone
politico, si è “scottato” quelle poche volte che ha osato
toccare temi di interesse politico, vale a dire rilevanti
temi di attualità. Il caso più eclatante fu il convegno sulla
metamorfosi del paesaggio che, nella seconda metà degli
anni ’90, ci costò le dimissioni di qualche socio e le dirette
rimostranze di qualche amministratore locale.
Dobbiamo allora occuparci solo di storia? Non credo. Il
nostro statuto definisce una “mission” dell’associazione
ben più ampia della ricerca storica. I recenti incontri promossi
presso la Torraccia di Terzolas dal Consiglio di biblioteca
ci confortano. Partecipati, forse oltre le previsioni
(almeno in termini qualitativi), hanno prodotto riflessioni
importanti e talvolta scomode senza suscitare reazioni avverse.
Sarebbe così anche per eventuali scritti? Le prese
di posizione di Quirino Bezzi dalle pagine de “La Val”, pur
riflettendo una personale interpretazione, erano dotate
di indiscussa autorevolezza, conquistata con le idee e con
le opere. Basterebbe oggi quella stessa autorevolezza ad
evitare agli eventuali interventi un’immediata strumentalizzazione?
IMPORTANTE: VERSAMENTO QUOTE ASSOCIATIVE
Allo scopo di rendere più snelle e tempestive le procedure di incasso delle quote sociali, di alleggerire le incombenze in
capo ai fiduciari, nonché di evitare dimenticanze e spiacevoli involontarie cancellazioni, il consiglio direttivo si è proposto
di sollecitare i soci ad aderire al servizio RID. Si tratta della modalità di addebito permanente – fino a revoca - della quota
associativa annua sul proprio conto corrente bancario, mediante autorizzazione rilasciata una tantum su modulo uniforme.
Tecnicamente, si tratta di utilizzare il modulo allegato, rivolgersi all’istituto di credito presso il quale si intrattiene un
rapporto di conto corrente e chiedere aiuto nella compilazione dei vari campi; il modulo così compilato e sottoscritto
potrà essere lasciato presso il vostro istituto o riconsegnato al Centro Studi, anche eventualmente per il tramite del
vostro fiduciario. Con la sottoscrizione del formulario, autorizzate la vostra banca all’addebito – una volta l’anno – della
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è evidente che l’adesione alla nuova modalità è assolutamente libera e facoltativa; chi preferirà proseguire versando la
quota al proprio fiduciario potrà certamente farlo. Ancora, coloro i quali attualmente ritirano le pubblicazioni presso i
fiduciari continueranno a farlo, pur aderendo alla nuova modalità di pagamento.
Per qualsiasi chiarimento o ulteriore informazione, potete fare riferimento, oltre che al Vostro fiduciario, alla segreteria del
Centro Studi presso la sede di Malè – anche telefonicamente al numero 0463.903085 - il venerdì dalle 17.00 alle 19.00.

QUALE CULTURA PER
LA COMUNITà DI VALLE
“La cultura per la comunità”: questo il tema del
quarto appuntamento organizzato dal Centro Studi
per la Val di Sole con il suo Gruppo di biblioteca in
attesa delle elezioni del 17 gennaio. Un nuovo incontro
dopo quelli dedicati al turismo, all’architettura,
alla formazione permanente. La consueta formula
della “tavola rotonda” ha dato modo di intervenire
ad un pubblico formato da una quarantina di persone,
molte delle quali protagoniste a vario titolo
della vita pubblica della valle. Il dibattito ha preso
le mosse dall’interrogativo: esiste la comunità solandra?
Se sì, ha coscienza del suo assetto politico,
culturale, economico e sociale? Quale ruolo possono
avere i cittadini nel governo della comunità? Vari
e articolati sono stati gli interventi. A cominciare
dal medico di famiglia Alberto Pasquesi, che ha affermato
che “esiste una comunità solandra quando
ci si confronta con delle situazioni pratiche, ad
esempio sulla promozione della salute”. Allargando
il campo, Pasquesi ha rilevato che “i politici non riescono
a leggere il senso della comunità che hanno
i cittadini quando possono esprimersi con il voto”.
Il giornalista Walter Nicoletti ha aggiunto che “le
Acli trentine hanno ideato un progetto culturale
rivolto soprattutto alle giovani generazioni. La proposta
prevede la creazione di scuole di comunità
sul territorio dedicate a come si diventa cittadini
responsabili, per approfondire aspetti della storia
locale e procedere ad una analisi dei punti di forza
e debolezza”. L’intervento di Nicoletti è apparso
molto interessante: “in un periodo caratterizzato
da una forte crisi economico-finanziaria, da una diffusa
sfiducia nelle istituzioni, da una crisi energetica
e ambientale – ha affermato Nicoletti - vediamo
messa in difficoltà la nostra idea di comunità e di
futuro e per questo bisogna tornare a fare investimento
sui giovani, con una scuola di comunità
sul territorio che preveda l’insegnamento di storia
dell’Autonomia, etica della partecipazione (che è
un dovere di tutti e allo stesso tempo è importante
per la realizzazione della persona). è importante
capire, ha proseguito Nicoletti, quali sono gli strumenti
della cooperazione e del volontariato, come
pure cos’è il Trentino dal punto di vista del terri-
di Elisa Podetti
11
attività del Centro
torio e quali possibilità da questo punto di vista
può offrire. Verranno affrontati anche, ha concluso
Nicoletti, i temi del mutualismo, della cooperazione
e dell’economia del territorio per dare una visione
di sviluppo dove i giovani possono partecipare e in
cui si manifesta l’importanza di co-progettare con
altri territori”.
A seguire, l’ex consigliere provinciale Flavio Mosconi
ha spiegato che “le sovvenzioni provinciali
hanno fiaccato le responsabilità locali: la Provincia
ha indebolito il concetto di comunità. Negli anni in
cui nasceva il Comprensorio si respirava il senso
della comunità, probabilmente molto più di adesso.
La Comunità di Valle ha il senso di trasferire risorse
e responsabilità dal centro alla periferia.” Udalrico
Fantelli ha ricordato che “se si pensa alla comunità
non bisogna cercarla guardando al passato perché
c’erano solo i comuni, o tutt’al più le pievi, non
una comunità”, mentre l’assessore comprensoriale
Giuseppe Bezzi ha insistito “sull’idea che le risorse
e le competenze vengano raccolte e trasmesse per
non andare perse; per questo occorre puntare sulla
formazione continua e mettersi a disposizione della
propria comunità nel volontariato, mentre i cittadini
dovrebbero conoscere i propri doveri e diritti”.
Salvatore Ferrari ha puntato l’attenzione sul legame
istruzione-lavoro: “Quanti laureati solandri riescono
a reinvestire nella loro comunità? Molti sono
costretti ad emigrare e allora come si fa a trovare
percorsi di coinvolgimento? Sarebbe necessario, ha
detto Ferrari, tenere presente il territorio e cosa
viene richiesto”. Per Alessandro Fantelli “si devono
valorizzare le risorse che ci distinguono, ridurre
il numero dei comuni, avere una programmazione
a livello di valle per gestire le risorse comuni”. Il
sindaco di Pellizzano Michele Bontempelli ha notato
quindi che “i comuni di oggi sono caratterizzati
dalla multietnicità. Comunità vuol dire sentirsi responsabili,
la società continua a cambiare e noi non
possiamo permetterci di giudicare questi cambiamenti,
ma dobbiamo cercare un equilibrio”. In chiusura,
Udalrico Fantelli ha proposto che “il Centro
Studi fornisca progetti concreti sui quali chi viene
eletto possa lavorare”.

attività del Centro
LE TRISTI MONTAGNE DI ARNOLDI
Un libro per smontare l’immaginario della montagna
come luogo di soli divertimenti, dove si pratica
sport e si ricaricano le batterie: partendo da una
serie di tristi fatti di cronaca avvenuti negli ultimi
quarant’anni in tutto l’arco alpino, Christian Arnoldi,
ricercatore e antropologo, ha raccontato e analizzato
una montagna diversa, dove i problemi, le difficoltà,
le fatiche esistono per chi ci vive tutto l’anno.
“Tristi montagne. Guida ai malesseri alpini” è il titolo
del volume presentato al centro bibliografico della
Torraccia, in una serata organizzata dal Centro Studi,
che contiene un’analisi scientifica e piacevole - così
come l’ha definita il moderatore Marcello Liboni -
della vita nelle nostre valli. La ricerca parte infatti
da un panorama aperto sulle alpi italiane e straniere,
ma si concentra poi su quattro valli trentine: la val
di Fiemme, la val di Fassa, la val di Non ed in particolare
sulla val di Sole. Dal qualche anno, infatti, si
parla della val di Sole come una valle problematica
e della quale si è ricordato anche l’alto tasso di suicidi
registrato appunto tra il 2001 e il 2002: “Ma la
val di Sole non ha questo primato. Basterebbe guardare
altrove, come in Valtellina o nel Bellunese” ha
ricordato Arnoldi. La ricerca dell’autore, però, non
di Giovanna Rauzi
12
si basa su dati statistici, ma come sostengono gli antropologi
più moderni, sulla storia e sulle interviste
raccolte tra la popolazione, dalle quali sono emersi
alcuni concetti chiave utili per capirne la mentalità.
Dall’immaginario paradisiaco della montagna parco
di divertimento, si passa al demoniaco, legato alla
fragilità della materia, dove la montagna si sgretola
e i montanari sono stanchi ed abbruttiti dalla fatica:
una demolizione di quelle riproduzioni della realtà
create soprattutto in città. I montanari incontrati da
Arnoldi, quindi, si difendono con grande riservatezza
e trovano difficile anche comunicare tra loro per
un sentimento condiviso e una norma non scritta
denominata “respet”; il legame al territorio, l’amore
per le loro valli diventa presto “iper territorialità”,
un limite che impedisce loro di andarsene. Inoltre
la comunità, dove tutti sanno tutto di tutti, esaspera
le forme di controllo ed insieme l’isolamento.
Infine crea difficoltà l’intermittenza esistenziale del
villaggio vacanze, dove le stagioni turistiche sono alternate
da momenti di forte solitudine. “Ma la mia
sola intenzione, con questo libro, è di spiegare che la
montagna è un luogo complesso” ha concluso l’autore
Christian Arnoldi.
Un momento della presentazione, Marcello Liboni e Christian Arnoldi.

attività del Centro
13
La cappella Caracci nella chiesa della Natalità di Maria di Pellizzano in una foto di Otto Schmidt del 1901. (Archivio di Stato di Vienna).

studi sulla Val di Sole
I due convogli giunti a Malé nella festa del centenario.
1909-2009: STORIA DELLA
FERROVIA TRENTO-MALÉ
Il centesimo anniversario della Ferrovia Trento-
Malé. Si tratta di un avvenimento importante per
la nostra provincia perché nella storia di quel tratto
ferroviario che collega il capoluogo alle valli del
Noce è condensata anche la storia del Trentino degli
ultimi cento anni: una storia fatta di grandi speranze,
di guerre, di dittature, di boom economico,
di benessere, di consumismo e, infine, di una rinnovata
attenzione all’ambiente e al paesaggio.
La storia della Ferrovia Trento-
Malé inizia nell’Ottocento e finisce
abbondantemente dopo
l’inizio del Terzo millennio, travalicando
con tenacia i limiti di
quello che chiamiamo “secolo
breve”. è una favola che muove i
primi passi quando ancora le automobili
sono lontane dall’arrivare
e che cresce con lo sviluppo
dell’industrializzazione. Indomita,
offre il suo sacrificio durante i
conflitti mondiali e resiste negli
anni della dittatura fascista. Non
soccombe alle bombe degli alleati
e ai sabotaggi dei nazisti durante
la Seconda Guerra Mondiale,
di Alessandro Franceschini*
14
ma si rialza - umile e perseverante
- durante il boom economico
con il suo puntuale e silenzioso
servizio. Riesce ancora, nella modernità,
a convincere chi la vuole
sostituita al più apparentemente
efficiente trasporto su gomma.
Vive oggi una nuova stagione di
prosperità e autorevolezza, candidandosi
a modello di collegamento
tra luoghi geografici, tra persone,
tra passato e futuro. Sempre
e comunque al passo con i tempi.
Anzi: aldilà dei tempi.
Le tappe della storia di quella che
entrerà nell’immaginario collettivo
come la “vaca nonesa” – a
causa dell’ambiguo “muggito” dei primi claxon delle
tranvie – si dipanano quindi intorno alla metà
dell’Ottocento. è in quel periodo, passato alla storia
come il “rinascimento trentino”, che i politici
più avveduti sentono il bisogno di ammodernare
la nostra provincia, allora in grave crisi economica.
Fra le molte personalità emerge quella del Podestà
di Trento, Paolo Oss Mazzurana, che nell’ultimo
decennio dell’Ottocento si fece promotore ed ar

Il tram a Trento.
tefice di un programma di sviluppo economico e
sociale del Trentino, che comprendeva tra l’altro,
l’allacciamento di tutte le valli della regione mediante
ferrovie elettriche.
Nel 1901 un’apposita legge promulgata dall’Imperatore
Francesco Giuseppe determina i piani finanziari
per la realizzazione di alcune ferrovie e tranvie
locali, fra cui la Trento–Malé. I lavori di costruzione,
caratterizzati anche da un acceso dibattito e da una
lunga serie di procedure di autorizzazione locali e
statali (a Vienna lavorava a questo progetto anche il
senatore trentino Enrico Conci),
iniziarono nel 1907 e due anni
dopo, esattamente il 26 luglio
del 1909, un elettromotrice effettuò
il primo viaggio di prova
da Trento a Cles, mentre la
solenne inaugurazione avvenne
l’11 ottobre dello stesso anno.
La Trento-Malé di allora non era
quella che abbiamo in mente
oggi. Si trattava di una tranvia -
con caratteristiche prettamente
urbane - a trazione elettrica che
attraversava tutti i centri abitati
disposti sulla sua linea e che viaggiava
quasi totalmente in sede
promiscua, ovvero utilizzando la
strada carrabile assieme a carri
e pedoni. Per fornire alla linea la
necessaria propulsione elettrica
15
studi sulla Val di Sole
era stata costruita, nel Basso Sarca,
un’apposita struttura idroelettrica:
la centrale di Fies, nei pressi
di Dro.
Seguono però, fin da subito, anni
difficili: la Prima Guerra Mondiale
vede la ferrovia utilizzata per scopi
bellici che ne compromettono
pesantemente l’efficienza; gli anni
del Ventennio sono caratterizzati
dall’incertezza gestionale (la tranvia
austriaca era diventata prima
“italiana”, poi “privata”), mentre il
secondo conflitto mondiale, con i
suoi bombardamenti, aveva quasi
irrimediabilmente distrutto stazioni,
binari e materiali rotabili. Il
dopoguerra aprì così una fase di
grande incertezza caratterizzata da ipotesi di dismissione
alternati da progetti di potenziamento.
A questo proposito è interessante ricordare il dibattito
che caratterizzò la “ricostruzione” della
linea ferroviaria negli anni Cinquanta. Si fronteggiavano
sostanzialmente due tesi: la prima voleva
la costruzione di una linea a scartamento ridotto,
interamente in sede propria, con caratteristiche
prettamente ferroviarie da Trento a Malé; la seconda
voleva invece la costruzione di una linea a
scartamento normale da Mezzocorona (e quindi
allacciata alle Ferrovie dello Stato) a Malè e l’isti-
Un momento della celebrazione dei 100 anni a Malé (ph. Alberto Mosca).

studi sulla Val di Sole
tuzione di un autoservizio tra Trento e Mezzolombardo.
Dopo un infuocato dibattito ebbe la meglio
la prima ipotesi.
Il 13 dicembre 1964 avviene così l’inaugurazione ufficiale
della nuova ferrovia, coincidente con la messa
in servizio di una nuova stazione a Trento, in Piazza
Centa, e di nuovo materiale rotabile ferroviario
che definitivamente sostituisce quello tranviario. A
questo punto la Trento-Malé non poteva più essere
chiamata semplicemente tranvia: le caratteristiche
della nuova sede erano ora ferroviarie. L’alimen-
Sopra la stazione di Malé e in alto, quella di Cles nei primi anni del Novecento.
16
tazione elettrica della linea era passata
dagli 800 Volt originari ai 3000
necessari alle nuove motrici. Durante
la costruzione del nuovo tracciato,
viene realizzato anche lo spettacolare
ponte in cemento armato a Santa
Giustina, per anni il ponte ferroviario
più alto del mondo.
Il resto è storia più recente. Il 4 maggio
2003 venne inaugurata, e il giorno
seguente posta in regolare servizio, la
nuova tratta Malé - Marilleva, il primo
tronco di 10 chilometri del prolungamento
fino a Fucine, sollecitato già
dai tempi della costruzione dell’originale
tranvia. A Daolasa, per soddisfare
le esigenze dello sciatore sono stati
inoltre creati appositi locali destinati
al deposito delle attrezzature da sci e non e per
offrire la possibilità al turista di cambiarsi prima di
accedere alla piste. Questo esempio di trasporto
integrato “rotaia-fune”, è il primo in Italia e mira
alla riduzione del traffico dei mezzi automobilistici
pubblici e privati lungo il fondovalle e, di conseguenza,
in montagna.
La vita della Trento-Malé è anche intrecciata alle
vicende umane di grandi personaggi che hanno fatto
la storia del nostro territorio: Enrico Conci e
Paolo Oss Mazzurana, i politici; da Emanuele Lan-

zerotti a Giacomo Sutter, i progettisti. Ma la storia
della Trento-Malé è intrisa anche della vita delle persone
comuni che hanno permesso che resistesse al
trascorrere del tempo e che grazie ad essa hanno
avuto modo di emanciparsi nello studio, nel lavoro,
nella conoscenza del mondo. La rete ferrata è stata,
infatti, un modello di sviluppo formidabile: funzionale
all’inizio per collegare la periferia al centro; importante,
più recentemente, per rendere turisticamente
fruibile la periferia da chi dal centro - almeno per
qualche giorno - vuole scappare.
Un altro protagonista di questa lunga storia, che ha
accolto dentro sé la ferrovia, è il paesaggio: lo straordinario
scenario antropico e naturalistico delle
valli del Noce, ma anche di quello della Valle dell’Adige.
Un contesto eccezionale, ammirato, osservato,
sbirciato dai finestrini della tranvia-ferrovia. All’inizio
la percorrenza era contraddistinta da una dolce
lentezza, che permetteva ancor più di far parte di
questa scenografia: l’elettromotrice 41/S entrava nei
centri storici che attraversava, lambendo le piazze
e gli edifici municipali, entrando nel cuore delle comunità.
Con il progresso tecnologico, ma soprattutto
con il subitaneo aumento delle automobili sulle
strade del Trentino, questo lusso non fu più possibile.
Il benessere economico ha così tolto spazio alla fru-
CENT’ANNI DI TRENTO-MALE’
In occasione delle celebrazioni per i 100 anni della ferrovia Trento-Malè, durante lo scorso anno
scolastico è stato organizzato un concorso di idee per la realizzazione di vari progetti: un “logo” per
i cent’anni della Trento-Malé; il “progetto” di prolungamento ferroviario fino a Marilleva; la raccolta
di ricordi della e sulla Trento-Malè, presenti nell’immaginario degli abitanti delle valli del Noce.
I concorsi erano aperti a tutti gli studenti delle scuole Superiori, Medie ed Elementari del Trentino.
Il premio per il miglior logo è andato ad Alessio Tamanini della scuola elementare “Gandhi” di Rovereto.
Quello per il il miglior progetto è andato a Claudio Zanon di Croviana studente dell’ITGC “Pilati”
di Cles. Al primo posto per il concorso “I ricordi della ferrovia Trento-Malé” si sono classificati
gli alunni del Liceo “Russell” ad indirizzo Scienze Sociali di Cles, al secondo posto si è classificato un
alunno della scuola Media “Ciccolini” di Malé Bruno Fantelli di Dimaro. A tutti vanno le congratulazioni
del Centro Studi per la val di Sole!
Qui di seguito riportiamo la composizione di Bruno Fantelli ed alcune foto dello studente con il
dirigente scolastico prof. Cesare Marino Ruatti e l’insegnante di italiano, prof. Elisabetta Mengon.
17
studi sulla Val di Sole
izione dell’aperto. La società rurale dovette cedere
il posto a quella del consumo. La tranvia, diventata
nel frattempo ferrovia, ha trovato però un nuovo,
inaspettato, modus vivendi: mezzo e luogo nel quale
il viaggiatore si rapporta al paesaggio. Da momento
di “urbanizzazione” a luogo di “rinaturalizzazione”.
Balcone confortevole dal quale riconciliarsi con la
natura.
Ma c’è una cosa, su tutte, che la storia della Trento-
Malé ci insegna: la capacità e la necessità di avere visioni
ampie, coraggiose, tenaci. Quei nostri padri che
alla fine dell’Ottocento furono pervasi dall’idea e dal
progetto utopico di collegare luoghi tra loro lontani
con una rete ferroviaria elettrica, ebbero una coraggiosa
lungimiranza. E se oggi possiamo godere di un
servizio di trasporto pubblico siffatto, lo dobbiamo
soprattutto alla loro arguta follia, alla loro grinta e
perseveranza. è questo il messaggio più importante
che la Trento-Malé sembra comunicarci: il sistema di
trasporto, che oggi più che mai deve essere come lo
aveva immaginato Oss Mazzurana più di un secolo fa:
efficiente, moderno, capillare, puntuale nel territorio.
Aperto al resto del mondo.
*Alessandro Franceschini, è il curatore della mostra itinerante, promossa dalla
Trentino trasporti, “Cent’anni della Ferrovia Trento-Malé”. Per informazioni: www.
centenario-trentomale.eu.
Mariapia Malanotti

studi sulla Val di Sole
LA STORIA DI REMIGIO
di Bruno Fantelli
Remigio Fantelli nacque nel paesino di Dimaro il 12
ottobre 1896, da Udalrico Fantelli e Virginia Valentini.
La sua famiglia era numerosissima essendo
composta, oltre che dai genitori anche da sette fratelli:
Giovanni, Stefano, Lucia, Placido, Efrem, Giusto,
Valeriano, e inoltre c’era la zia Maddalena che conviveva
con loro. Suo padre, fu Capo comune di Dimaro.
Quest’ ultimo appoggiò e ritenne giusta l’idea
del finanziamento da parte dei Comuni per la costruzione
della ferrovia elettrica della Trento-Malé.
Lui stesso diede il proprio contributo al finanziamento
con l’acquisto di azioni della Tramvia elettrica.
Egli era convinto che tale opera avrebbe aiutato
la popolazione della Val di Sole e di Non nel commercio
e avrebbe permesso una maggiore rete di
rapporti con Trento, attenuando l’isolamento delle
valli e ostacolando l’influenza degli Austriaci. La
“Trento -Malé” era anche una delle poche ferrovie
elettriche del tempo, perché essa poteva contare
su vari laghi e fiumi che facevano funzionare varie
turbine, anche se non era ancora stata costruita la
diga di S. Giustina. Il comune di Dimaro versò per
la sua costruzione una somma abbastanza equilibrata
rispetto agli altri comuni pari a 2.000 fiorini il
12 marzo 1899. Tutti i comuni, in totale, anche quelli
in cui non sarebbe passata la “Trento -Malé” pagarono
695.800 fiorini. Ma Udalrico Fantelli non si
sarebbe mai potuto immaginare che con quel mezzo
di trasporto, da lui tanto desiderato, sarebbero
partiti i suoi figli per andare a combattere e a morire
in Galizia in nome dell’ imperatore nella prima
guerra mondiale. Remigio, assieme ai fratelli Giovanni
e Stefano, fu chiamato a combattere per l’imperatore
d’Austria Francesco Giuseppe. Stefano,
non riuscì a partire per il fronte. Giovanni invece fu
il primo ad avviarsi per la Galizia. Siccome Remigio
era più giovane, partì qualche anno dopo. Il giorno
14 aprile 1915, lasciò la casa per andare a servire
l’imperatore da lui non molto amato, ma comunque
rispettato. Partì da Dimaro con alcuni suoi amici
per andare a piedi a Malè, dove avrebbe preso il
tram. La strada in quegli anni non era molto sicura,
era spesso franosa solitamente non era trafficata,
però quel giorno si presentava affollata, sembrava
che la pace non riuscisse più a dominare la valle.
C’era molta gente a piedi, qualcuno a cavallo o in
18
carrozza, la maggior parte di essi era accompagnata
da qualche persona cara. Siccome pioveva, il fango
rendeva più pesante il passo e così si impiegava
molto più tempo per il tragitto. Quando Remigio e
gli altri arrivarono a Malè, erano tutti bagnati fradici
e sporchi di fango. Il tram era strapieno e allora
molti sfortunati, come Remigio, dovettero pernottare
all’Hotel Pedrotti e rimandare il giorno della
partenza. A Malé c’era un “quarantotto”: soldati
che piangevano, alcuni che meditavano e vari familiari
che salutavano, con le lacrime agli occhi, forse
per l’ultima volta il loro caro. Persino l’Hotel era al
completo di gente che aspettava di salire sul tram,
il quale sarebbe arrivato il giorno seguente, Remigio
pensò allora di farsi un giro per il paese. Malè
era il capolinea della tramvia: sorgeva su una posizione
circondata da campi, frutteti e boschi. Qualche
anno prima, nel 1895 ( in realtà il 1982, ndr), ci
fu un grande incendio nel paese e per questo, gran
parte della borgata era stata ricostruita. Le case
avevano un bell’aspetto e la maggior parte erano
nuove. Le vie si presentavano pulite e poco frequentate.
Le piazze mostravano la loro ampiezza e
Remigio si riposò sulle panchine per godersi il suo
ultimo giorno libero; d’altronde non era stato poi
così male, non essere già partito, perché, così, non
avrebbe dovuto ubbidire subito al suo generale. La
stazione di Malè era dotata di un fascio di binari
piuttosto sviluppato. Il “fabbricato viaggiatori”, che
si trovava sul lato destro, era posizionato in modo
tale da permettere il proseguimento della linea oltre
Malè, attraversando il paese. Sulla sinistra invece
stava il “magazzino merci” e il “piano merci”,
molto usati e per questo anche molto ampi il quali
servivano per il posizionamento delle merci. Anche
il giorno seguente, la stazione sembrava un mercato,
era strapiena. Il tram si presentava in condizioni
disumane. La pioggia faceva arrugginire le lamiere e
l’acqua filtrava anche all’interno, generando un clima
umido. Lo spazio a disposizione nel tram era
angusto con un odore insopportabile e nauseante
di muffa. La gente veniva spiaccicata e chiusa dentro
vagoni, insieme a foraggio, viveri, animali e armi,
le quali erano accudite con cura, prese in considerazione
e trattate meglio delle persone. Sulla Trento-Malé,
fino al secondo dopoguerra, prima che il
trasporto invadente delle auto e dei camion prendesse
il sopravvento, il traffico delle merci era
d’importanza pari a quello dei viaggiatori. Il legname,
che era uno dei prodotti più importanti del

tempo e il più usato, rappresentava la merce maggiormente
trasportata, come i medicinali. Inoltre
dentro i vagoni della “Trento-Malé”, si potevano
trovare diverse categorie di persone: medici, preti,
contadini, soldati… Un monaco, che benediva i soldati
nel momento in cui erano pronti alla partenza
disse: “Se morirete sarete lodati e morirete per
una giusta ragione, per l’Impero” e così incominciò
il viaggio. Malé scomparve poco a poco coperto
dalla vegetazione che ostruiva la vista del paese e i
saluti dei propri parenti e amici svanirono nell’aria.
Sul tram c’erano vari soldati che pregavano e che
mantenevano vivo il ricordo dei propri familiari,
cercando di non far passare per la mente il pensiero
della guerra che avrebbero dovuto sfidare. C’era
anche chi era disperato e se la prendeva con tutti;
altri cercavano di divertirsi, probabilmente per l’ultima
volta raccontandosi storie divertenti sulla
propria vita, giocando a morra, a carte, e prendendo
in giro l’imperatore che li portava al massacro.
Remigio era uno di quelli che pensava alla sua famiglia,
e, in particolare al suo caro fratello Giovanni.
Quest’ ultimo era di carattere sensibile, si preoccupava
molto. Infatti egli spedì più di ottanta lettere
nel tempo della prigionia, ci teneva assai alla sua
famiglia e a tutti i costi non voleva perderla. Remigio
cercava di imparare da lui e così prenderlo
come esempio. Nel corso della prima guerra mondiale,
quando si aprì il fronte del Tonale, la “Trento-
Bruno Fantelli col dirigente scolastico prof. Cesare Marino Ruatti.
19
studi sulla Val di Sole
Malé” fu militarizzata e posta sotto il controllo della
Feldtransportleitung Nr 7 .Così il tram venne
usato per gli essenziali trasporti militari di rifornimento
per il fronte e, in seguito per il trasporto dei
feriti negli ospedali migliori. Sempre per il fronte ci
fu una benevole agevolazione: venne inoltre costruito
il binario della “Motorfeldbahn”. Esso fu realizzato
dall’esercito austro-ungarico per il rifornimento
del fronte del Tonale, collegando Malè con
Fucine. Il binario della “Motorfeldbahn” era appoggiato
sopra la strada della “Erariale” che congiungeva
Bolzano con il Passo del Tonale attraverso il passo
della Mendola, l’alta Val di Non e tutta la Val di
Sole. Alla stazione della “Trento-Malé” di Mezzocorona,
si doveva fare la divisione fra i soldati che
sarebbero dovuti andare alla caserma di Trento o a
quella di Bolzano. Il fabbricato della stazione era
austriaco. Lì, appena tutti scesero dalla ferrovia, ci
fu l’appello del battaglione in partenza. Fra i soldati
c’era un tale molto preoccupato per la sua famiglia
e per la sua sorte, egli si mise d’accordo con un
soldato, suo amico, il quale doveva rispondere
all’appello per lui. Così, quando dissero il suo nome,
l’amico rispose al posto suo. Finito l’appello, quando
tutti si voltarono a destra per salire sul vagone,
lui voltò a sinistra per ritornare a casa sua. Remigio
fu mandato a combattere in Galizia. Faceva parte
del reggimento dei cacciatori imperiali (Kaiserjäger)
della quarta compagnia. Scrisse varie cartoline,
le quali arrivavano
tardi a destinazione
a causa dei problemi
di comunicazione
causati dal disordine
della
guerra. Spedì anche
una lettera nella
quale ringraziava i
genitori dei viveri
che gli avevano
spedito e li rassicurava
che stava bene.
Però, un tragico
giorno, durante un
conflitto, l’8 luglio
1915, Remigio, non
ancora diciannovenne,
venne ferito
mortalmente morendo
dopo pochi

studi sulla Val di Sole
istanti. Il fratello Giovanni combatté in prima linea
in Galizia. Fu fatto prigioniero dai Russi, i quali lo
costrinsero a trascorrere il resto dei suoi giorni in
prigione nella cittadina di Kazan. Da questa città
scrisse tantissime lettere domandando notizie di
suo fratello di cui ancora non aveva saputo la triste
sorte. Poche settimane prima della fine della guerra
Giovanni si ammalò gravemente e morì nell’ospedale
da campo a Cholojòw. Dopo aver perso i due
figli, all’ex Capocomune di Dimaro non rimase altro
che pagare 23,20 lire per le spese di pubblicazione
della dichiarazione ufficiale della morte di
uno di essi. A queste spese egli però aggiunse anche
una certa somma di denaro sufficiente per la costruzione,
in Galizia, di un piccolo e umile monumento
funebre in ricordo dei suoi cari figli morti
per l’impero e per l’imperatore. Udalrico Fantelli fu
molto addolorato per la morte in guerra dei suoi
due figli. Il Capocomune, ebbe poi altri problemi,
venne appiccato fuoco al suo maso e da lì si divampò
un grave incendio che distrusse mezzo paese di
Dimaro. La colpa venne attribuita ingiustamente a
lui dal processo che ne scaturì, anche se l’ incendio
si propagò per colpa di un austriaco, che gli aveva
fatto questo danno, perché il capo comune non accettava
il dominio austriaco, e preferiva essere italiano
e non integrarsi nella cultura austriaca. L’inca-
20
Bruno Fantelli con la prof. Elisabetta Mengon.
rico di Capo comune gli venne tolto e affidato a un
certo Biasi. La storia di Remigio Fantelli e dei suoi
famigliari viene ancora oggi ricordata dagli eredi di
Dimaro, ormai diventato paese turistico e paese in
cui c’è la fermata del tram proprio come aveva voluto
e desiderato il Capo comune Udalrico. La ferrovia
è ancora oggi protagonista di storie belle ma
anche tristi come questa.
Tra i ricordi ci piace ricordare quello di Pietro (el Pierino) Baggia di Caldes, 90 anni compiuti da
poco, che ricorda quando il tram passava in mezzo ai paesi ed i bambini vi correvano intorno e facevano
a gara per aspettare il trenino che arrivava da Trento. Di quei primi tram Pietro ricorda ancora
adesso con meraviglia le tendine rosse di velluto sui vagoni di prima classe ed il fischio abbastanza
forte che annunciava il passaggio della “vaca nonesa”. Pietro ci racconta: “C’erano le carrozze di
prima e seconda classe, e quelle di prima classe avevano delle bellissime tende rosse.” E prosegue
con un po’ di tristezza, lui che la guerra l’ha vissuta in prima persona, rimettendoci anche qualche
dito dei piedi sul fronte di Albania-Montenegro: “Il tram è poi servito per collegare la città con il
confine durante la Prima Guerra, rifornendo soprattutto di armi i militari al fronte. Certo che da
allora ne sono successe di cose, ed il tram è sempre una bella invenzione. Anch’io il tram l’ho preso
tante volte!”. Con questo breve ricordo cogliamo l’occasione per porgere a Pietro Baggia gli auguri
sinceri per i suoi 90 anni. (mp.m.)

ANDREAS HOFER NELLE VALLI DEL NOCE
Un libro e una mostra documentaria: così Cles ha
voluto celebrare il bicentenario hoferiano nell’estate
2009. Con una pubblicazione che ha accompagnato
la mostra, non un catalogo vero e proprio
ma un saggio storico che ne ha ripreso e ampliato
i temi, raccontando Hofer e l’insurrezione del
1809 nelle valli di Non e di Sole attraverso l’esame,
peraltro ancora da completare, delle fonti. Una
mostra che ha voluto innanzitutto far conoscere e
valorizzare il patrimonio documentale che si trova
negli archivi comunali e parrocchiali delle valli del
Noce, oltre che ripercorrere (attraverso i libri, le
cartoline, la filatelia e la numismatica), la storia, il
mito e la strumentalizzazione politica cui Hofer fu
oggetto tra Ottocento e Novecento.
Una proposta culturale che ha riscosso un ottimo
successo di critica e di pubblico: oltre 7000 ingressi
nella sede del Palazzo assessorile hanno testimoniato
una voglia di conoscere questo capitolo della
nostra storia, andando alla scoperta dei documenti
presenti negli archivi delle valli per poi seguire le
vicende del “mito” Hofer tra Otto e Novecento.
La mostra hoferiana, curata da Alberto Mosca e
Ferruccio Mascotti, aperta dal 27 giugno al 19 luglio,
ha portato in mostra una grande quantità di
documenti provenienti dagli archivi di Trento ma
soprattutto delle valli del Noce: una rassegna ca-
Andreas Hofer e i fatti legati alle guerre napoleoniche
e all’insurrezione tirolese raccontati a Milano. Nella
prestigiosa cornice della “Casa Cardinal Schuster” di
Milano, lo scorso 14 novembre il nostro direttore Alberto
Mosca ha tenuto una conferenza che ha attirato
oltre cento persone, nel contesto dell’ IX Giornata
di Studi Mitteleuropei organizzata dal Circolo del
Regno Lombardo-Veneto e dalla Fondazione Cajetanus.
Argomento erano le milizie territoriali trentine
e tirolesi e i fatti degli anni 1796-1815, con a seguire
una relazione della storica Daiana Boller sul “secolo
austriaco” e un’altra dell’on. Alberto Lembo che ha
rievocato alcune tra le principali figure professioniste
delle insurrezioni antifrancesi in età napoleonica.
HOFER A MILANO
21
studi sulla Val di Sole
pace di raccontare i fatti del 1809 nelle valli senza
mediazioni, seppure guidata da una serie di pannelli
esplicativi. Al piano superiore è stata allestita una
mostra bibliografica e quindi una ricca esposizione
di cartoline dedicata ai vari aspetti della storia postuma
dell’eroe tirolese, fino ad arrivare agli anni
successivi alla prima guerra mondiale. Anche qui,
una serie di pannelli ha accompagnato il visitatore
nel clima di strumentalizzazione politica cui spesso
e volentieri Hofer è stato oggetto. Un’altra stanza
mostrava, insieme all’Atlas Tyrolensis di Peter Anich
e Blasius Huber, la storica bandiera della compagnia
del capitano clesiano Giuseppe de Campi, portata
in battaglia nel 1797. Il pezzo, per la prima volta
esposto al pubblico, è stato gentilmente concesso
dal Museo Storico del Trentino ed è stato restaurato
appositamente per la mostra di Cles.
Una visita guidata con il curatore e un concerto
sulle musiche dei tempi di Andreas Hofer del soprano
Sabrina Schneider e dell’arpista Alexandra
Selleri hanno chiuso la mostra di Cles. A corredo
della mostra è stato pubblicato, con il sostegno
dell’assessorato provinciale alla cultura e del Comune
di Cles, un libro-catalogo opera di Alberto
Mosca intitolato “Anno Nove: Andreas Hofer nelle
valli del Noce”, presentato nello scorso numero de
“La Val”.

studi sulla Val di Sole
NELL’ANIMO DI ANDREAS
Quando si parla di A. Hofer e della sua visione del
mondo, bisogna ricordare che egli era figlio del suo
tempo. La sua fede religiosa, la sua idea di società, la
sua stessa strategia (se mai ne ebbe una) sono legate
a come si viveva in Tirolo agli inizi del XIX secolo. Sarebbe
errore imperdonabile, dal punto di vista storico,
giudicare il personaggio e i fatti della sua epoca con gli
occhi del XXI secolo o con bolse mire nazionalistiche
e revanscistiche.
In quale mondo visse Hofer? Non mancano i documenti
che possono descrivere minutamente l’ambiente
tirolese fra ‘700 e ‘800. Un grande poeta di formazione
tedesca, ebreo di origine, nei primi decenni del 19° secolo
parlava del Tirolo e dell’insorgenza hoferiana in
questi termini: “I Tirolesi di politica non sanno altro che
di avere un imperatore con una giacca bianca e calzoni
rossi: così ha raccontato loro il vecchio nonno, che lo
aveva sentito a Innsbruck dal moro Sepperl, il quale era
stato a Vienna. E quando i patriotti [i Francesi] si arrampicarono
fin su da loro e spiegarono che avrebbero
avuto un principe [Napoleone] con la giacca azzurra e
i pantaloni bianchi, essi diedero mano ai loro schioppi,
baciarono moglie e figli, scesero dai monti e si fecero
ammazzare per la giacca bianca e per i cari vecchi
calzoni rossi” (Heinrich Heine, Düsseldorf 1797-Parigi
1856). Ritratto sarcastico di un mondo e di una
popolazione descritta come ignorante, fanatica, ottusa
davanti alle novità. Con altre parole, I. Caracciolo nel
1928 ritorna sulla medesima concezione: “Gente ingenua
e generosa, di mediocre intelligenza, scarsa cultura
e credula fino alla cecità, che ubbidiva a un uomo, e
non a un’idea, a una regola di disciplina, e non a un sentimento:
ecco gli uomini che nell’Alto Adige l’Austria,
col compiacente ausilio del clero ad essa asservito per
tradizione e per ragioni di privilegio, muoveva a suo
piacimento”.
Si fa presto a liquidare, con tali annotazioni, un personaggio
come A. Hofer e il suo popolo, togliendo all’insorgenza
del 1809 ogni nobiltà e facendo passare una
lotta coraggiosa e motivata per fanatismo. Non cadde
nell’errore il più famoso avversario e contemporaneo
del Tirolese, lo stesso Napoleone Bonaparte, che disse
di Hofer: “Egli era un valoroso, sul quale contavo per
la pacificazione del Tirolo”. Riconoscimento tardivo
di Fortunato Turrini
22
– dopo la fucilazione di Andreas avvenuta a Mantova
– ma sincero, fatto da un uomo d’armi a un nemico
degno di onore. Un acceso giacobino, schierato sul
fronte opposto alla guerra patriottica del 1809, poteva
scrivere di Hofer: “Andrea era un uomo di retta mente
e di incorrotta virtù. Vissuto sempre nella solitudine
dei monti tirolesi, ignorava il vizio e i suoi allettamenti.
Non era in lui ambizione; comandò richiesto, non richiedente.
Di natura temperatissimo, non fu mai veduto
né alla guerra sdegnato né alla pace increscioso. Le
palle soldatesche ruppero in Mantova il patrio petto di
Andrea, lui non che intrepido, quieto in quell’estrema
fine. Ostò a Andrea l’età perversa; fu chiamato brigante,
fu chiamato assassino. Certo se le lodi sono stimolo
alle virtù, lacrimevole e disperabil cosa è il pensare al
destino di Andrea” (Carlo Botta, San Giorgio Canavese
1766-Parigi 1837).
Durò solo 270 giorni l’avventura di Andreas Hofer: un
tempo brevissimo per le grandi cose, sufficiente però
a rendere immortale questo eroe minore della nostra
storia. Era nato il 22 novembre 1767 in Passiria; morì
che non aveva ancora 43 anni in Mantova il 20 febbraio
1810. Il documento che in tre lingue sigla la sua condanna
a morte lo descrive così: “Andrea Hofer, detto
Barbon, dell’età di anni 44 circa, nato a Passayere nel
Tirolo già oste, capo principale degli insorgenti tirolesi,
di statura di 5 piedi e 18 pollici [m 1,80], di faccia ovale,
rosacea e bitorzoluta, di fronte, d’occhi, capegli e sopracigli
neri e mento a lunga barba nera”. La statura di
Hofer, molto superiore alla media del tempo, ne faceva
già un personaggio fra i suoi compatrioti, sui quali esercitava
un forte ascendente. Oltre alla prestanza fisica,
Hofer possedeva le qualità naturali del capo; si esprimeva
con un’eloquenza semplice e efficace, di stampo
popolare. Aveva un carattere forte e schietto, non
alieno da una certa caparbietà e da qualche venatura
di fanatismo, che si manifestò nelle situazioni critiche
legate alle fasi finali dell’insurrezione, come si apprende
dai proclami e lettere di allora. Egli manifestò sempre
la sua profonda e intima adesione all’identità tirolese,
richiamata pure dal suo abbigliamento. Anche quando
dopo Berg Isel si insediò nella Hofburg di Innsbruck
come governatore e reggente del Tirolo, oltre che comandante
generale degli Schützen, continuò a vestire il

costume tradizionale della Passiria, con la sola variante
di una giacca verde indossata sopra una camicia rossa.
Intorno alla vita aveva una larga cintura di cuoio con
le sue iniziali ricamate; portava calzoni di cuoio nero
allacciati sotto il ginocchio e un paio di stivali. Sul grande
cappello nero aveva appuntata un’immagine della
Madonna.
La sua profonda e autentica religiosità, la vita onesta e
laboriosa che conduceva con la moglie Anna Ladurner
sposata in giovane età, dalla quale aveva avuto sette figli
– un maschio e sei femmine – lo rendevano oggetto
di grande stima. Pur non avendo la stoffa dell’uomo
politico e del capo di stato, e nemmeno una grande
conoscenza dell’arte militare, egli seppe diventare in
breve tempo un capo unanimemente riconosciuto e la
personificazione stessa del carattere e delle virtù del
popolo tirolese. Hofer conosceva perfettamente il carattere
dei suoi compaesani, sapeva trattarli, sentiva e
parlava come loro, ne condivideva l’attaccamento alla
patria, la fede religiosa, i costumi; era legato anche alla
Casa d’Austria con la fedeltà ostinata della gente semplice.
Culturalmente non era uno sprovveduto. Aveva frequentato
le scuole elementari e ampliato le proprie
conoscenze con i viaggi e i soggiorni nelle valli del Tirolo
e del Trentino. Integrò la sua professione di oste con
quella di commerciante di cavalli e di vino, stringendo
numerose relazioni di amicizia e imparando anche l’italiano
(lo parlava con forte accento tedesco): questo gli
fu molto utile nella pratica e nella prima fase dell’insurrezione.
Hofer fu sempre sinceramente devoto; qualcuno lo accusò
di voler trasformare il Tirolo in un covo di Quaccheri
quando cercò di moralizzare la situazione, resa
quasi ingovernabile moralmente dagli eventi bellici. Nei
confronti degli ecclesiastici ebbe un vero atteggiamento
di deferenza e di rispetto: circostanza che tuttavia
non gli impedì di mantenere con loro una certa indipendenza.
Invece fu intimorito e quasi succube del
padre cappuccino Haspinger, uno dei capi più fanatici
della rivolta. Facendo appello alla sua coscienza, minacciandolo
di morte immediata, il frate dopo molte
insistenze riuscì a indurre Hofer, disposto alla resa, a
dare nuovamente il segnale dell’insorgenza nel novembre
1809.
Nella sua mente semplice e lineare il Tirolese fu sempre
convinto della giustezza della propria causa; ma
le sconfitte, l’abbandono dei suoi compagni di lotta e
soprattutto la consapevolezza di essere stato lasciato
solo al suo destino dall’imperatore d’Austria – sul cui
23
studi sulla Val di Sole
sostegno egli aveva sperato fino all’ultimo – lo gettarono
in un grave stato di prostrazione e di sconforto.
Ne è testimonianza l’ultima lettera inviata all’arciduca
Giovanni dal suo rifugio in montagna; confessando la
sua intima sofferenza per gli eccidi e le distruzioni provocate
dalla guerra – e quindi anche da lui stesso – al
suo amato Tirolo, si firma: “Il povero e abbandonato
peccatore Andreas Hofer”.
Gli scrupoli e l’amara convinzione del fallimento della
sua impresa non lo gettarono però nella disperazione.
Grazie alla sua natura forte e generosa egli prese lealmente
su di sé il peso delle responsabilità per la guida
militare dell’insurrezione e seppe affrontare la morte
sugli spalti della Cittadella di Mantova con serenità e
coraggio, accettandola come espiazione per le proprie
colpe e liberazione dai tanti dubbi e tormenti della sua
coscienza, quale testimonianza della sua fede cristiana
e dell’amore per la sua gente.
La lapide che ricorda il pellegrinaggio di Hofer nel santuario di San Romedio.

studi sulla Val di Sole
I LIBRI DI GIOVANNI CICCOLINI NELLA
BIBLIOTECA DI “VITA TRENTINA”
di Salvatore Ferrari
Più di cinquant’anni fa Maria degli Antonini,
vedova del prof. Giovanni Ciccolini
(1876-1949), donò alla redazione di “Vita
trentina” una parte consistente dei libri
appartenuti al marito, storico solandro
e collaboratore del periodico diocesano
fin dalla fondazione (dicembre 1926). La
notizia è contenuta in un ricordo di Ciccolini
scritto a dieci anni dalla morte da
Quirino Bezzi 1 . Recentemente, grazie alla
disponibilità del direttore don Ivan Maffeis
e alla collaborazione del signor Giuliano
Stefani, mi è stato possibile visionare
il fondo librario conservato presso
la biblioteca di “Vita trentina” in via San
Giovanni Bosco a Trento.
La raccolta comprende 24 volumi (alcuni in tedesco) e
29 miscellanee rilegate contenenti complessivamente
più di 300 scritti tra opuscoli, estratti, bollettini, riviste,
strenne, atti di convegni e congressi, cataloghi di mostre
e un testo dattiloscritto di 81 pagine risalente al 1920
relativo a vari progetti di sfruttamento idroelettrico del
Noce 2 . Gran parte delle opere fu edita tra il 1900 e il
1948, la rimanente nella seconda metà dell’Ottocento.
I testi catalogati riportano l’ex-libris del possessore,
raffigurante il castello di Ossana, l’aquila del Trentino
e alcuni monumenti della città di Trento (Duomo, San
Lorenzo, Torre Verde e Torre Vanga), seguito dalla scritta
“dono ricordo della famiglia”. 3 I titoli delle pubblicazioni
rispecchiano i molteplici interessi dello studioso
e dell’insegnante ma anche del cattolico impegnato nel
sociale (dal mondo della cooperazione all’associazionismo
universitario). Gli argomenti riguardano quasi
esclusivamente l’ambito regionale, dalla storia all’attualità.
Si possono trovare studi su aspetti religiosi, artistici e
archeologici intervallati da articoli sull’economia locale
oppure da commemorazioni di personaggi illustri. Numerosissimi
sono i lavori relativi alla storia medievale
e moderna del Trentino, ma non mancano contributi di
1 Q. Bezzi, Giovanni Ciccolini a dieci anni dalla morte, in “Vita trentina”, n. 7, 12
febbraio 1959, p. 4.
2 Una quindicina di pubblicazioni risulta stampata tra il 1950 e il 1955. Evidentemente
in occasione della donazione del fondo librario la famiglia volle aggiungere
anche queste opere acquistate dopo la morte di Ciccolini.
3 Il castello di Ossana compare anche nell’ex-libris di Quirino Bezzi.
24
tema naturalistico o letterario. Una miscellanea
raccoglie quasi esclusivamente
articoli e saggi (33) di Giuseppe Gerola,
primo Soprintendente regionale “alle
Belle Arti”, mentre un’altra include vari
cataloghi di esposizioni di artisti trentini
(Alcide Davide Campestrini, Guido Polo,
Gino Pancheri) e di Sindacali e Biennali
d’Arte della “Venezia Tridentina”. Tra gli
autori più ricorrenti si segnalano molti
amici o conoscenti di Ciccolini, impegnati
tra la fine dell’Ottocento e la prima
metà del XX secolo in molte discipline
umanistiche e scientifiche: i sacerdoti
Simone Weber, Luigi Rosati e Vigilio Zanolini,
l’archeologo Giacomo Roberti, il
naturalista Giovanni Battista Trener, gli storici Desiderio
Reich e Silvestro Valenti, il musicologo Renato Lunelli e
il bibliografo Bruno Emert. Tra i solandri oltre a Valenti
ricordo Simone Daprà e Giulio Briani (1920-1998),
oriundo di Malé, di cui lo studioso conservava uno scritto
giovanile relativo al Carteggio inedito fra Bernardo
di Cles e Erasmo di Rotterdam, uscito su “Studi Trentini
di Scienze Storiche” nel 1946. Il fondo librario conserva
anche i principali studi storici e archivistici di Giovanni
Ciccolini, da Ossana nelle sue memorie alla serie degli
Inventari e regesti degli archivi parrocchiali della Val di Sole,
compreso il terzo volume uscito postumo nel 1961 a
cura di Quirino Bezzi. In qualche caso opuscoli e libri recano
annotazioni a penna o a matita del proprietario (cfr.
figura pag. 23), mentre le miscellanee sono corredate da
indici manoscritti o dattiloscritti predisposti in seguito
alla donazione a “Vita trentina”.
Quella conservata a Trento
è certamente la parte più
consistente della biblioteca
dell’illustre solandro, ma altri
libri sono conservati dai
discendenti e presso il Centro
bibliografico del Centro
Studi per la Val di Sole alla
“Torraccia” di Terzolas, suo
paese natale.

Credo sia poco noto, che fra i molteplici interessi coltivati
da mio nonno in vari campi che spaziano da quello
letterario, storico, sociologico, archivistico, ci sia anche
quello “culinario”.
Egli infatti diligentemente trascrisse parecchie ricette
di cucina, nonchè di carattere domestico, quali metodi
“alchimistici” per la pulizia della casa, per la coltivazione
delle piante o sistemi medici che oggi potremmo
dire “fai da te”, raccogliendo diversi testi (tra cui un bel
manoscritto dell’800) o trascrivendo ciò di cui sentiva
parlare.
Probabilmente, essendo egli sofferente di stomaco, iniziò
ad informarsi circa le diete adatte a se stesso, e man
mano si appassionò alla materia. Ricordo che mia nonna
era una bravissima cuoca e so che cercava di assecondare
le richieste: certe volte erano dei tentativi, delle
elaborazioni di nuove mescolanze di ingredienti, oggi diremmo
di “nouvelle cousine”.
Egli annotò su dei piccoli taccuini, con una minuzia che
sempre lo contraddistinse, decine di queste ricette e/o
rimedi vari che a quei tempi circolavano, rimedi che oggi
fanno molto spesso sorridere, perchè a noi, abituati
all’attuale farmacopea, sembrano ridicoli e assurdi.
Voglio qui trascriverne alcune, informando di non averle
provate, nel qual caso non siano efficaci o sgradevoli.
Contorno di rape. Si taglia la rapa a pezzettini. Si arrostisce
un po’ di strutto o burro (assai poco), vi si unisce
in polvere lo zucchero (2 cucchiai per 2 kg di
rape), si fa diventar rosso e poi vi si pongono le
rape ben lavate e senza aggiungere acqua si mescola
perchè non attacchino. Si aggiunge poco
sale e sempre coperte si cuociono adagio con
poco fuoco. Quindi si mescola lardo pestato e
si fanno cuocere per 2 ore.
Compo’ di pesche. Si cuociono le pesche
nell’acqua bollente per 1 minuto col coperchio,
si scolano e si pelano. Si tagliano a metà, si leva
l’osso e si riempiono (al posto dell’osso) con
dello zucchero. Si riuniscono e si lasciano a riposo
in una scodella per un po’ di tempo.
Mezzo per rendere tenera la carne, anche la più
25
studi sulla Val di Sole
IN CUCINA, UN PROFESSORE “INEDITO”
di Tiziana Ciccolini
coriacea. Quando la carne è stata schiumata e bolle
tumultuosamente, vi si aggiungono circa 2 cucchiaiate di
acquavite per ogni mezzo chilo di carne, e diverrà tenera
subito senza ritenersi il gusto d’acquavite.
Mezzo per scoprire se il vino è colorito artificialmente:
si prende un pezzetto di calce viva, si leviga la sua superficie
con una lama di coltello e quindi vi si versano
sopra, una dopo l’altra due o tre gocce di vino. Trascorsi
2 minuti si osserva la macchia: se sarà grigia, vorrà dire
che il vino è colorato naturalmente.
Mezzo semplice per distruggere le lumache: basta spandere
sul suolo della segatura di legno fatta bollire in una
soluzione concentrata di solfato di rame (1 ½ kg di solfato
in 10 litri di acqua).
Per dare al burro un sapore squisito basta mescolare 25
g di miele per ogni libbra di burro e impastare bene il
tutto. Il miele, oltre a dare al burro un sapore squisito, gli
impedisce d’irrancidire.
Etichette alle bottiglie: perchè le etichette non si stacchino
dalle bottiglie, anche in ghiaccio o in acqua, si usi l’albumina
di uova fresche; la si sbatte fino a produrne una
leggera schiuma, poi si applica in sottile strato sull’etichetta
e si preme la stessa sulla bottiglie con un panno
morbido e pulito.

studi sulla Val di Sole
IL “CANTIERE” VAL DI SOLE
Stiamo vivendo un momento di straordinaria importanza
nell’evoluzione socio-economica della
Val di Sole. Questo per il simultaneo presentarsi
di improvvisi cambiamenti del quadro economico,
di significative opportunità sul piano istituzionale
e delle politiche pubbliche e di qualche evidente
fattore di rischio.
Questi ultimi due anni hanno visto innanzitutto
la chiusura di quella che era stata la prima
e la principale realtà industriale della valle, la
“fabbrica” di Malé. Per la prima volta abbiamo
toccato con mano una crisi industriale cha ha
prodotto la perdita di decine di posti di lavoro.
La chiusura della Lowara - i cui effetti
sociali sono stati fortunatamente attenuati
dall’impiego degli ammortizzatori sociali - ci
interroga sul futuro del settore secondario in
valle.
Se è ancora attuale il sogno kessleriano degli
anni ’60 di emancipare le valli dalla città per
trattenere la gente in montagna, lo sono anche
gli strumenti? è tuttora sostenibile l’insediamento
di attività produttive prive di un legame
con le competenze del territorio (dove
per “competenze” intendiamo le caratteristiche
delle risorse naturali, delle risorse umane,
del capitale finanziario e, soprattutto, del
cosiddetto “capitale sociale”)? Nel frattempo
prendiamo atto dell’impegno della Provincia
ad individuare un’attività sostitutiva in grado
di dare almeno una risposta in tempi rapidi
alla crisi occupazionale.
Se la chiusura della Lowara ha risvolti gravi ed importanti,
ma circoscritti ai posti di lavoro perduti,
lo sventurato esito dell’intrapresa immobiliare veneziana
dell’impresa leader del comparto turistico
solandro, con il fallimento di “Aeroterminal s.p.a.” e
l’analogo rischio corso dalla controllante “Folgarida-Marilleva
s.p.a.”, riguarda l’economia della Val di
Sole nella sua attuale struttura costitutiva. L’indotto
degli impianti di risalita, che continuano ad essere
il principale motore del turismo invernale, è infatti
di Romano Stanchina
26
vastissimo e tocca quasi tutti i settori dell’econmia
locale. A questo si aggiunga che nel “default”
di Aeroterminal sono in qualche misura coinvolti
anche il credito cooperativo locale ed alcuni piccoli
azionisti solandri.
Il caso Aeroterminal si presta ad un’analisi in termini
di rischi ed opportunità perché, a differenza del
precedente, ha prodotto i suoi effetti su un settore
La sede di Folgarida della Folgarida-Marilleva spa.
– quello funiviario – che, pur essendo giunto alla
fase di maturità del ciclo economico e pur essendo
messo in discussione dalla variabile climatica, è ancora
vivo e vitale.
Le stazioni sciistiche di Folgarida e Marilleva, in
particolare, fanno parte di quel ristretto novero di
località trentine che sono ancora in grado di produrre,
con la loro gestione, ritorni sufficienti a remunerare
il capitale investito e a sostenere, con un
limitato ricorso ad aiuti pubblici, il finanziamento

degli investimenti necessari per la riqualificazione
delle strutture. La crisi intervenuta è dovuta a ragioni
totalmente estranee all’attività caratteristica
dell’azienda, ma, come vedremo, non del tutto
estranee al modello di business.
Se i rischi della situazione che si è prodotta sono
facilmente immaginabili, le opportunità che si aprono
possono essere altrettanto grandi. Una prima
opportunità è legata alla possibile individuazione di
maggiori sinergie di governo delle stazioni con la
vicina Madonna di Campiglio e con il sistema del
Tonale (che negli ultimi anni ha via via spostato il
suo baricentro verso il bresciano).
Un secondo ordine di opportunità riguarda il mo-
Protesta operaia alla Lowara di Malé.
dello di business e può, potenzialmente, produrre
benefici per l’intero settore turistico solandro.
Secondo gli aziendalisti, i modelli di gestione delle
stazioni invernali dell’arco alpino possono essere
astrattamente riportati a due tipologie:
- il modello “business” in cui l’imprenditore funiviario,
come da manuale, persegue innanzitutto
obiettivi di profitto per l’impresa stessa (offrendo,
peraltro, un fondamentale “servizio d’area” per la
stazione invernale);
- il modello “community” in cui è la comunità che
si fa imprenditrice, attraverso forme di azionariato
diffuso (a partire dagli operatori del settore ricettivo)
e perseguendo primariamente l’obiettivo della
27
studi sulla Val di Sole
fornitura del “servizio d’area” (quello del profitto
dell’impresa diventa un obiettivo secondario, o solo
eventuale).
Ora, la situazione che si è creata pare in grado di
produrre un cambiamento di sistema: il passaggio
dal rigido modello “business”, di cui Folgarida-Marilleva
ha rappresentato l’archetipo di successo in
Trentino, ad un modello più simile a quello “community”,
forse più adatto ad affrontare la fase di
maturità del prodotto.
Non sono ancora chiari, in questa fase, i ruoli che
giocheranno nel futuro modello di gestione le diverse
categorie di azionisti coinvolte (operatori
turistici, comuni, mondo del credito), così come
non sono definiti gli spazi di
cooperazione con le stazioni
vicine, ma il passaggio ad un
modello community potrebbe
offrire l’opportunità di accrescere
i livelli di coordinamento
dell’azione dei diversi protagonisti
dell’economia turistica.
Il ridotto livello di integrazione
tra gli operatori all’interno
del settore costituisce infatti
da sempre un elemento di debolezza
del turismo trentino e,
nello specifico, dell’offerta turistica
solandra. Si tratta di una
debolezza che, prima di tutto,
è culturale (e che ci distingue
in negativo dalle vicine terre
di lingua e cultura tedesca). Le
difficoltà nell’attuazione della
riforma dell’organizzazione
turistica (legge provinciale
8/2002), più volte e da più parti denunciate, sono in
gran parte dovute a questo limite.
Il dover collaborare nel gestire la principale azienda
di valle potrebbe pertanto accrescere le occasioni
di integrazione delle diverse componenti dell’offerta
turistica, garantendo una migliore capacità di organizzazione
del prodotto turistico.
La chiusura della maggiore realtà industriale e la
crisi finanziaria del principale operatore del comparto
turistico sono eventi macroscopici che danno
la cifra dell’eccezionalità del momento. In realtà essi
sono caduti, come fulmini, da un cielo che si era già
fatto da tempo minaccioso. Tenendo conto del fat-

studi sulla Val di Sole
to che, sullo sfondo, il mondo
intero fa i conti con la crisi,
gli assi portanti dell’economia
solandra sono, infatti,
messi in seria discussione da
aspetti di natura settoriale.
Il comparto zootecnico, la
cui debolezza è strutturale
anche per effetto della miopia
delle politiche comunitarie,
sembra perdere fiducia
nel futuro a fronte di livelli
di remunerazione sempre
più bassi, solo timidamente
contrastati da una migliore
integrazione con il turismo.
La frutticoltura della bassa
valle non dà più le rese degli
anni ’80 e – a dispetto delle
dichiarazioni - come larga
parte dell’agricoltura trentina
non sembra avere il coraggio di scegliere coerentemente
la strada della qualità. Il comparto
edile, cresciuto in misura abnorme negli ultimi
trent’anni grazie al traino della domanda turistica e
della rendita immobiliare, è ora incamminato verso
un inevitabile ridimensionamento.
Tutto questo concorre a definire questa fase storica
come eccezionale, come fase in cui si può assistere
ad un completo cambio di sistema. Il come evolverà
questa situazione, il quanto la crisi sarà stata
passaggio ad un sistema più equilibrato e capace
di futuro dipende anche dalle politiche pubbliche e
dagli strumenti che esse possono azionare.
è proprio sul fronte delle politiche pubbliche che
emergono in questa fase rilevanti opportunità.
La prima di queste è rappresentata dalla riforma
istituzionale, la “riforma del governo dell’autonomia”
del Trentino disegnata dalla legge provinciale
3/2006, alla quale va abbinata la riforma urbanistica
conseguente all’approvazione del nuovo piano
urbanistico provinciale (l.p. 5/2008) e della nuova
legge urbanistica (l.p. 1/2008).
Con l’istituzione della Comunità di valle vi è, nell’intenzione
del legislatore, la possibilità di definire un
solido governo a livello di valle di competenze amministrative
che la Provincia ha inteso trasferire
ai territori e di altre che, per loro natura, non si
prestino ad una gestione comunale. Dovrebbe così
28
Mucche a Croviana.
riprendere quota un’altra idea kessleriana, quella
dell’ente intermedio tra la Provincia (piccolo Stato
quanto a competenze, poteri e risorse) e i tanti
comuni (comuni di serie B, erano stati definiti negli
anni ’70, per la limitata possibilità di azione rispetto
alla media dei comuni italiani). Idea alla quale, nel
1983, la Corte Costituzionale aveva tarpato le ali
con la dichiarazione di incostituzionalità delle norme
sull’elezione diretta dell’Assemblea comprensoriale.
Secondo l’impostazione data dalla Consulta, prevedendo
la Costituzione l’articolazione della Repubblica
in Stato, regioni, province e comuni, i comprensori
potevano porsi solo come strumenti dei
comuni o della Provincia (di gestione associata di
servizi nel caso dei primi; di decentramento nel
caso della seconda), non già come soggetti dotati
di una propria autonoma legittimazione elettorale
(qualità esclusiva degli enti “territoriali” definiti
dalla stessa Carta).
Da quel momento i comprensori, svuotati di vera
e propria legittimazione politica, finirono per divenire,
infatti, semplici strumenti per la gestione di
poche e circoscritte competenze. La riforma urbanistica
del 1991, eliminando di fatto il livello intermedio
di pianificazione (il piano urbanistico comprensoriale),
sancì la fine di un modello nel quale la
Valle di Sole, più di tutte le altre, aveva dimostrato

di credere.
La riforma del 2006 non attribuisce competenze ad
un ente intermedio, ma obbliga i comuni a istituire
le comunità se vogliono ottenere il trasferimento
di funzioni dalla Provincia, in quanto lo stesso trasferimento
è legato alla gestione delle funzioni in
forma associata attraverso le comunità stesse.
In sostanza la riforma è, nell’intenzione del legislatore,
rispettosa della Costituzione perché istituisce
le comunità non su un livello intermedio tra
Provincia e comuni, bensì come espressione degli
stessi comuni, che ne approvano gli statuti e contribuiscono
ad eleggerne l’Assemblea (una modifica
legislativa appena introdotta stabilisce tuttavia
l’elezione diretta, da parte dei cittadini, dei tre
quinti dell’Assemblea).
Per la Val di Sole si tratta di un’indiscutibile occasione.
Questo a partire proprio dall’urbanistica,
strettamente legata, come previsto nello specifico
dalla citata l.p. 1/2008, alla pianificazione socio-economica.
Pur rimanendo quello comunale, attraverso
il piano regolatore generale, il livello di pianificazione
“conformativo della proprietà” (quello che ha,
di norma, immediata efficacia sui diritti), il piano
territoriale della comunità avrà il compito di definire
le principali scelte di sviluppo e le funzioni
sovracomunali nonché, soprattutto, di dare forma
alla tutela del paesaggio, che il legislatore ha voluto
porre al centro della scena, dopo l’oblìo in cui era
caduta a partire dal 1991.
Le conseguenze dell’assenza di una pianificazione
di valle sono sotto gli occhi di tutti. Basta mettere
a confronto, come questa rivista ha fatto qualche
tempo fa, paesaggi solandri degli anni ’80 con paesaggi
di oggi per rendersi conto degli effetti della
l.p. 22/91 e dello svuotamento dei comprensori.
L’opportunità è anche quella di imparare a collaborare.
Il procedimento di formazione del nuovo
piano della comunità prevede infatti che il primo
atto sia costituito dall’approvazione di un accordo
di programma quadro tra gli enti pubblici e le categorie
di privati interessati allo sviluppo socio-economico
locale e che da questo documento prenda
avvio la progettazione del piano. Dopo troppi anni
di rapporto diretto con Trento (da taluni descritto
come di sudditanza; da tal altri considerato come
reale fonte del consenso elettorale provinciale) i
nostri piccoli comuni - e i cittadini con loro - hanno
ora l’opportunità di sperimentare realmente
l’autogoverno ad un livello identitario superiore
29
studi sulla Val di Sole
rispetto a quello, piccolo e fragile, del “campanile”.
Un’altra opportunità da non sprecare è il Progetto
Leader in relazione al quale la Val di Sole è ammessa
a beneficiare di consistenti finanziamenti provinciali,
statali e comunitari a fronte di un programma
di investimenti, pubblici e privati, caratterizzati
dall’obiettivo della valorizzazione dei contesti rurali.
è il tipico programma di azioni “bottom-up” (la cui
proposta si sviluppa cioè dal basso verso l’alto), nel
rispetto di un disegno generale coerente con le
politiche di sviluppo rurale della Provincia approvate
dall’Unione Europea. L’attuazione del progetto
consentirà di attrarre, complessivamente, sulle
azioni finanziate ben 17 milioni di Euro di risorse
pubbliche e l’investimento complessivamente attivato
potrà essere di circa 25 milioni di Euro.
Preoccupano, della fase di avvio del progetto, lo
scarso entusiasmo e la difficoltà a comporre un
quadro coerente di iniziative.
Pianificazione territoriale (e, prima ancora, socioeconomica)
di valle come primo atto necessario
della Comunità e progettualità locale da far emergere
nell’ambito del progetto Leader costituiscono
il vero banco di prova della maturità del nostro
territorio a farsi protagonista delle scelte rispetto
al proprio futuro.
La somma degli orizzonti dei quattordici comuni
non è l’orizzonte di valle. Esattamente come l’elenco
delle richieste dei singoli cittadini non può corrispondere
ai bisogni di una comunità. La “mano invisibile”
capace di trasformare tanti piccoli egoismi
in bene comune è una chimera (esattamente come
lo è per il mercato).
L’incontro, il confronto e la successiva decisione
sono la vera grande opportunità.
Serve consapevolezza delle decisioni e coerenza
nella loro attuazione, soprattutto quando si impiegano
risorse non rinnovabili o si fanno scelte
difficilmente reversibili (come nell’utilizzo di territorio
per nuove edificazioni o nell’ulteriore impiego
idroelettrico dei corsi d’acqua, vero e proprio
fondamento del nostro paesaggio e risorsa fondamentale
per lo sviluppo turistico).
Negli ultimi anni le nostre comunità hanno spesso
dato l’impressione di volere “tutto e il contrario
di tutto”. Speriamo di sapere dimostrare di avere
imparato dagli errori.

studi sulla Val di Sole
L’autrice presenta la propria tesi di laurea premiata
dal Centro Studi nel 2009.
La figura di Romedio che la tradizione ci ha consegnato
ricopre una posizione di indubbio privilegio,
di fascino assoluto ed indiscusso. è però opportuno
cercare di delinearne gli aspetti cercando appunto
di stabilire un netto discrimine tra l'immagine
del Santo consegnataci dalla tradizione e la verità
dei dati storici che ci possono invece condurre ad
un'immagine più attendibile della sua figura.
A questo scopo la figura del santo va collocata
nell'ambito un po' più ampio del panorama dei
Santi trentini: Vigilio, vescovo di Trento; Massenzia,
madre di Vigilio, Sisinio Martirio ed Alessandro,
i tre martiri cappadoci uccisi a Sanzeno. è infatti
evidente queste figure siano correlate in maniera
quasi indissolubile una all'altra e nello specifico del
caso romediano, come dimostrato dalla tradizione
agiografica, la figura di Romedio non può esistere
se non affiancata da quella di Vigilio e dei tre martiri
anauniesi. è infatti a indubbio vantaggio della
tradizione agiografica l'aver accostato i reciproci
racconti agiografici, in virtù di un argomento di autorità
che vede nella forza del carisma del vescovo
Vigilio la sicura validità dei racconti e degli episodi
ad esso affiancati. Tuttavia, se gli studi attorno al
vescovo di Trento hanno ormai
raggiunto risultati esaustivi, e lo stesso si può dire
per la vicenda dei tre martiri, la figura di Romedio
rimane ancora avvolta dal mistero e quanto
si sa attorno all'eremita anaune spesso non esula
da quanto la tradizione ci ha consegnato, spesso
senza alcuna riflessione critica o approccio scientifico.
è solo in tal maniera che sarebbe possibile
avvicinarsi all’originalità del messaggio medievale
con obiettività, rifiutando le finalità politico-ideologiche
spesso alla base di riletture anacronistiche
e riportando la figura del santo alla verità storica,
in coerenza con l’espressione di assoluta libertà e
vicinanza diretta a Dio alla base della scelta di vita
romediana. Oltre alla componente più intima della
personalità di Romedio, si innesta infatti già dal XIII
secolo un crescente coinvolgimento delle compo-
LE VITAE DI ROMEDIO
di Serena Pichenstein
30
San Romedio nella chiesa di Arnago.
nenti popolari facendone un culto di massa 1 , la cui
portata è notevole non soltanto come afflato di un
sentimento religioso, ma anche come fenomeno di
condivisione di credenze popolari, tradizioni, gesti
della quotidianità che esulano dal contesto anaune,
intrecciandosi con gli orizzonti tirolesi fino a
spingersi lontano, fino a Praga, prescindendo quindi
dalla sfera popolare religiosa.
Risulta quindi opportuno il riferimento all’importante
dibattito sviluppatosi attorno alla figura del

Santo e che si protrae nei secoli, determinando posizioni
contrastanti e schieramenti contrapposti a
seconda degli obiettivi degli interlocutori.
Prima del XIII secolo sono solo le espressioni più
materiali e legate al culto del santo (come atti di
donazione e citazione nei sacramentari) ad affermarne
l’esistenza. Sul versante agiografico, invece,
il riferimento al Liber Epilogorum in gesta sanctorum
di Bartolomeo da Trento costituisce l’unico punto
fermo, oltre a costituire il nucleo più antico sul
quale la tradizione successiva si innesta. Tuttavia i
riferimenti a Romedio non si basano su dati storici
riscontrabili, ma piuttosto attingono al patrimonio
folclorico delle nostre valli. Come ricorda
Luigi Rosati, infatti, “non possediamo nessuna Vita
del nostro Santo, se per Vita devesi intendere la
narrazione dei fatti veri e concreti appartenenti al
Santo. Ma siccome in agiografia la voce Vita è usata
anche per indicare racconti di fatti non sempre veri
e reali, ma soltanto possibili o presupposti, così noi
possiamo dire che ci restano diverse scritture che
si fregiano del titolo di “Vita di san Romedio”. Ne
abbiamo di latine, di italiane e di tedesche; di antiche,
di meno antiche, di moderne 2 ”.
Nello specifico, per ricostruire l'immagine romediana
è indispensabile confrontarsi col materiale
descritto nella BHL 3 , articolato sulle Vitae 7142,
7143, 7144 e 7145, alle quali devono essere aggiunte
però il contributo del codice interpolato
di Karlsruhe, le opere degli autori settecenteschi
come Bonelli, Tovazzi e Tartarotti, affinché sia possibile
individuare in maniera più coerente il materiale
agiografico afferente a Romedio. Riguardo alla
tradizione agiografica disponibile sul territorio, il
materiale relativo a Romedio è stato individuato
in base alla catalogazione proposta in Manoscritti
agiografici latini di Trento e Rovereto 4 .
A livello strutturale si nota come la sobria sinteticità
della versione originaria del Liber Epilogorum di
Bartolomeo da Trento, progressivamente si perda
a causa di una significativa insistenza sull’elemento
retorico e morale.
L'elemento più significativo è però costituito
dall’anacronismo della tradizione, ampiamente dibattuto,
che collocherebbe Romedio nel IV secolo,
malgrado l’esistenza dell’eremita debba collocarsi
non prima del IX secolo, in virtù dei dati emersi
dagli elementi archeologici e dall'analisi linguistica.
è proprio allora che il dibattito intorno a Romedio
si caratterizza per un impianto filologico più signifi-
31
studi sulla Val di Sole
cativo, intrecciandosi con le problematiche storico
archeologiche, teologiche e sociologiche, considerato
il forte impatto del culto di Romedio sull’immaginario
delle popolazioni trentine. Non è quindi
possibile affermare che la trattazione sia stata fino
ad oggi esaustivamente approfondita.
Analizzando in maniera più specifica come il testo
romediano ci sia stato trasmesso, si nota il costante
riferimento all’opera di Bartolomeo da Trento.
La tendenza medievale è di ampliare con particolari
fantastici e riferimenti evangelici il materiale
trasmesso dalla tradizione, dimostrando così una
certa libertà compositiva di alcuni agiografi; malgrado
gli accenni nelle agiografie ad altri eventuali
materiali antichi, annali, o documenti, è probabile
l'assenza di materiale romediano sommerso dalla
tradizione. Gli interventi nei secoli successivi
di Bonelli, Tovazzi e Tartarotti, denotano la mancanza
di elementi innovativi rispetto alle versioni
precedenti, trattandosi nel caso delle loro opere
di semplici contaminazioni, sillogi o riprese rispetto
ai testi medievali. In conclusione le agiografie
sostanzialmente concordano riguardo la versione
trasmessaci della “Vita” di Romedio, seppur con
specifiche caratteristiche e peculiarità di ciascuna
versione, che ci consente così di tracciare un profilo
abbastanza delineato della sua figura. Il ritratto
che ci forniscono le agiografie del santo è coerente:
comune a tutte è l’identificazione con l’origine austriaca
del santo, malgrado pareri discordi riguardo
la località di origine; la narrazione del nascere della
vocazione nel suo animo è elemento caratterizzante
ciascuna versione delle Vitae; la santità di Romedio
si manifesta attraverso miracoli e scelte di vita
che si rifanno al modello evangelico.
NOTE
1 Per una descrizione delle tradizioni popolari legate a Romedio si veda G. FAU-
STINI- I. ROGGER, S.Romedio, arte, storia, leggenda, Trento 1980 e, sempre degli
stessi autori, S. Romedio, il più bel santuario delle alpi, Trento 2002.
2 L. ROSATI, Dopo trent’anni, cit. p. 269. Si sottolinea come le considerazioni
del Rosati appaiano abbastanza vaghe. Infatti, oltre all’opera di Bartolomeo da
Trento, il riferimento a Vite antiche del Santo non è suffragato da alcun riscontro
materiale, mentre poggia unicamente sulla supposizione.
3 BHL = Bibliotheca Hagiografica Latina antiquae et mediae aetatis, ediderunt
Socii Bollandiani, Bruxelles 1898-1899, II, p. 1038 n° 7142-45.
4 cfr. A. DEGLI’INNOCENTI, D. FRIOLI, P. GATTI, Manoscritti agiografici latini di
Trento e Rovereto, Firenze 2005.

studi sulla Val di Sole
ARGENTERIE IN CASTEL CALDES
Una “nota delle Argentarie mandate in Castel
Bragher li 31 ottobre 1637 che erano in Castel
Caldes et altro”, conservata nell’Archivio della
famiglia Thun di Castel Bragher. 1 Un documento
interessante, testimone del trasferimento di beni
che coinvolse Castel Caldes negli anni a seguire
l’estinzione della linea caldesiana della famiglia, con
la morte del conte Giovanni Arbogasto nel 1633.
Oggetti di pregio che vennero trasferiti in Castel
Bragher, mentre infuriava una causa tra le linee di
Bragher e di Castel Thun per il possesso di Castel
Caldes. Una causa che si sarebbe conclusa solo nel
1658 con un accordo extra-giudiziale. Ma ecco i
beni elencati:
Prima un bacile grande con il boccale compagno
d’argento frigiato d’oro,
la casseta da cortelliera, et cortelli numero 18 de
manico d’argento forcine numero 18 et cucchiari
numero 18 tutto d’argento compagni,
fruttiere d’argento friggiate d’oro numero dodici,
Item altre fruttiere numero otto con figure, e fiori
indorati,
Item doi sottocoppe pur friggiate d’oro,
Item candelieri numero sei, con suoi capelleti parimente
d’argento eccetto che uno che manca,
Item doi mochete d’argento.
Un bellicon 2 d’argento indorato, con il suo coperto,
Un fiasco d’argento con il coperto, di capacità d’una
mossa, e poco più,
Doi scaldabevande d’argento.
Una stagnada di noce moscata di capacità un poco
meno di mossa fornita d’argento.
Item dui stagnadelle picole d’argento indorate con
figure e fiori,
Item una coppata d’argento indorata di dentro,
Item un’altra coppata con figurete d’argento col
piede.
Item dui coppate più picolle senza piede indorate
di dentro,
Item un paro de salini con figure indorate,
Item un altro paro schieti d’argento con friggiati
d’oro,
Item doi altri salini bassi triangulari indorati,
Item un altro salino simile rotondo,
Una scutella lunga rotonda senza piede bassa
di Alberto Mosca
32
Item un’altra scutelleta più stretta ma alquanto più
alta indorata di dentro,
Item un’altra scutelleta con 4 cantoni ovali bassa
indorata di dentro.
Item un’altra scutellina senz’alcun oro,
Item dui tovalieti di damasco figurato, uno cioè
di color di cremesi, e l’altro turchino guarniti con
franze di oro, e seda, con li sue dui coperte da letto
compagne,
Item un labbaro di cavallo di seda nero fodrato di
[…] rasa guarnito con diversi rasetti ricamati
Et ciò oltre altre robbe, messe di uso all’Ill.ma S.ra
Co: sposa 3 in […] il suo […].
NOTE
1 Cfr. Archivio Thun di Castel Bragher, sez. I, cass. 6.
2 Il nome bellicone deriva dal tedesco wilkomb o wilkumb, che è il bicchiere
nel quale si beve all’arrivo degli amici e che nel contempo dà, letteralmente il
benvenuto.
3 Si tratta di Giuditta d’Arco, prima moglie di Giovanni Arbogasto, defunta nel
1629. O della seconda moglie, Maddalena Margherita, era ancora in vita al momento
del trasferimento di beni; morirà nel 1658. Per un breve profilo di Giovanni
Arbogasto Thun, si veda A. MOSCA, Carlo Cipriano Thun: vita, morte e miracoli di
un cavagliere di esquisita bontà, in Anaunion 2, Ass. cult. “G.B.Lampi”, Lavis 2008,
pp. 124-125, nota 5.
Castel Caldes in via inedita immagine dei primissimi anni del Novecento (ante
1908), cortesemente messa a disposizione dalla signora Angelina Rosani.

INAUGURATO IL RESTAURATO
MULINO RUATTI
Taglio del nastro e benedizione per il restaurato
Mulino Ruatti, di Pracorno di Rabbi, al termine di
un lungo e articolato intervento di restauro condotto
dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici.
Alla festa di inaugurazione, tutta la comunità di
Rabbi ha affiancato l’assessore alla cultura provinciale
Franco Panizza, il soprintendente Sandro Flaim,
il sindaco del comune di Rabbi Lorenzo Cicolini e
la vicesindaco Adriana Paternoster. La cerimonia è
proseguita con il convegno “I restauri, il libro e la
didattica”. Nelle parole dell’assessore provinciale
alla cultura, rapporti europei e cooperazione Franco
Panizza, la necessità di valorizzare, attraverso questa
rinnovata struttura, l’identità di una valle: “Il Mulino
Ruatti vuole essere un museo vivo, della memoria,
con il quale ricordare le attività economiche di
Rabbi e la sua storia; soprattutto, questa struttura
è stata studiata per essere a disposizione della collettività,
di residenti come di turisti, aperta alle iniziative
culturali che qui si intendono organizzare”.
Un’opera di grande completezza, una vera e propria
antitesi alla globalizzazione, come spiegato dal
dirigente Sandro Flaim, che ha ripercorso le tappe
del restauro condotto dalla Soprintendenza per i
Beni architettonici: “L’obiettivo di questo progetto
è stato quello di suscitare emozioni, in particolare
nei giovani, vorremmo che questo mulino rappresentasse
non solo la visita alla casa del mugnaio, ma
anche un mezzo per entrare nella vita di un tempo”.
33
cultura delle Valli
Come illustrato dagli amministratori di Rabbi, il
“Molino Ruatti” è, infatti, un autentico gioiello architettonico,
punto di riferimento della comunità
di Rabbi, perché custodisce strumenti e ricordi che
costituiscono parti integranti dell’identità valligiana.
L’auspicio è che il mulino diventi l’anima delle
iniziative dell’ecomuseo della Val di Rabbi, attorno
al quale l’amministrazione sta lavorando come strumento
di gestione eco-compatibile del territorio.
Purtroppo lo stato di abbandono degli anni successivi
compromise seriamente lo stabile, che venne
acquisito dalla Provincia autonoma di Trento nel
1989. Nel 1999 la Soprintendenza per i Beni architettonici
venne incaricata del lavoro di ristrutturazione
e l’intervento, su progetto degli architetti
Martino Franceschini e Alberto Dalpiaz, iniziò
nel 2004. L’idea era quella di rimettere in funzione
l’impianto del mulino, in funzione didattica, attraverso
la creazione di una casa-museo, preziosa testimonianza
di archeologia artigianale di montagna.
L’allestimento propone, infatti, al visitatore una
sorta di luogo della memoria in cui viene presentata
una panoramica generale sulla società rurale
e sull’economia contadina della Valle di Rabbi, dalla
particolare ottica dell’attività che nel mulino si
svolgeva, attraverso l’esposizione di oggetti quotidiani,
riducendo al minimo i supporti mediatici e i
testi che devono venire scoperti aprendo porte ed
armadi, sul sottofondo verbale, quasi una musica,
dei commenti recitati dal locale gruppo di teatro.

cultura delle valli
LA GESTIONE ASSOCIATA DELLE
BIBLIOTECHE SOLANDRE
di Lorena Stablum
Il 5 novembre
scorso è stato
presentato
ufficialmente
nelle sale del
Comprensorio
il Progetto di
gestione associata
delle biblioteche
della
Val di Sole. La
numerosa presenza
di amministratori
locali
(non solo i sindaci
dei comuni sedi delle biblioteche), e del Assessore
alla Cultura Franco Panizza, nonché dei dirigenti dei
servizi provinciali interessati, ha testimoniato le grande
rilevanza di un proponimento che non si esplica solo
dal lato tecnico e organizzativo, ma che si connota di
un forte valore simbolico nella misura in cui esprime un
intento di unitarietà e condivisione su tutto il territorio
della valle.
Il nuovo assetto del servizio bibliotecario, al quale aderiscono
i sei Comuni sede delle biblioteche (Dimaro, Malé,
Mezzana, Ossana, Peio e Vermiglio), tende ad abbandonare
il concetto di biblioteca come sistema a sé, con
servizi pensati singolarmente, in favore di un principio
di “biblioteca territoriale diffusa” che mira ad assumere
una funzione organica di organizzazione dei servizi,
dei patrimoni librari e delle esperienze professionali. Tra
gli obbiettivi principali del progetto sono la mappatura
dei patrimoni bibliografici con la creazione di una “Carta
delle collezioni” in modo da consentire la diversificazione
degli acquisti, e il coordinamento degli orari di
apertura al fine di garantire la continuità del servizio (sei
giorni a settimana). Le biblioteche inoltre collaboreranno
per dare vita ad attività di promozione alla lettura e
di informazione e comunicazione. Il tutto per migliorare
e accrescere qualitativamente l’offerta per gli utenti e
rendere le biblioteche uno degli attori privilegiati nello
sviluppo culturale dell’intera comunità solandra.
“A fronte di una sempre più crescente pubblicazione
editoriale, è ormai impossibile pensare che la piccola bi-
34
blioteca possa
rispondere in
maniera efficiente
alle
esigenze di
tutti gli utenti,
studiosi,
ricercatori o
meno,” - ha infatti
affermato
Daniela Dalla
Valle, direttrice
dell’Ufficio
Servizio per il
sistema bibliotecario
della Provincia. Dello stesso parere anche l’assessore
Panizza, aggiungendo anche che “biblioteca deve
diventare qualcosa di più di un luogo dove si forniscono
libri”. “Con la gestione associata, - ha concluso - essa
può fare un passo in più e diventare un veicolo importante
di socializzazione intergenerazionale, di formazione
della persona e di comprensione della realtà passata,
presente e futura”.
La nascita di un coordinamento a livello di valle, oltre a
cambiare il modo organizzativo delle biblioteche, rappresenta
però una notevole novità e opportunità anche
per il Centro Studi per la Val di Sole. Attraverso la
convenzione, infatti, troverà collocazione, nella forma di
“fondo speciale”, il patrimonio del Centro bibliografico
“Alla Torraccia”, fino ad oggi purtroppo rimasto sconosciuto
ai più. Un intervento questo, ritenuto “prezioso”
dalla presidente del Centro Studi Federica Costanzi, che
crea in concreto le condizioni per la fruizione e consultazione
del materiale raccolto sugli scaffali del palazzo
cinquecentesco di Terzolas. A tal proposito, Livio
Cristofolini, Sovrintendente dei Beni librari Archivistici
e Archeologici, ha prospettato un lavoro di inventariazione,
catalogazione e conservazione dei circa 5000 volumi
conservati, guardando in particolare alla biblioteca
privata dello storico Giovanni Ciccolini e alle 160 buste
di suoi appunti olografi. “Un’eredità culturalmente importante
non solo per la val di Sole che merita di essere
salvaguardata nel modo migliore anche con l’aiuto dei
servizi provinciali”, - ha concluso Cristofolini.

LA REPUBBLICA AUSTRIACA DEDICA UN
FRANCOBOLLO A DON GIACOMO BRESADOLA
Nonostante l’estate 2009 non sia da annoverarsi tra le
migliori per quanto riguarda la crescita dei funghi, l’attività
del Gruppo Micologico “G. Bresadola” della Valle di
Sole è stata comunque intensa. Il sodalizio presieduto da
Anna Stanchina Fantelli è stato impegnato nell’organizzazione
del 63° Comitato Scientifico Nazionale dell’Associazione
Micologica Bresadola che si è svolto ad Ossana
nel mese di giugno. L’importante appuntamento ha
riunito in Val di Sole numerosi micologi provenienti da
tutta la penisola nelle sedute di lavoro al microscopio,
relazioni scientifiche ed uscite guidate nei boschi solandri.
L’evento, oltre all’aspetto strettamente scientifico, è
servito anche a ricordare la figura di don Giacomo Bresadola,
l’insigne micologo di fama mondiale nato a Ortisè
nel 1847 e del quale quest’anno ricorrono gli 80
anni dalla morte.
A testimoniare l’importanza dell’appuntamento vi è
stata l’emissione da parte delle poste austriache di un
francobollo dedicato a Giacomo Bresadola realizzato da
un bozzetto di Franco Papetti e raffigurante un fungo
bresadoliano significativo quale il Boletus tridentinus. Oltre
al francobollo è stata stampata anche una cartolina
commemorativa con annullo postale raffigurante il disegno
del castello di Ossana realizzato da Sabrina Zanella
di Fucine.
Tale iniziativa ha meritato il plauso da parte dei vertici
dell’AMB nazionale nonché l’apprezzamento da parte
degli appassionati di filatelia e dei turisti.
Alla manifestazione ha partecipato anche il Centro Studi
per la Val di Sole, in persona
del vicepresidente
Mauro Pancheri: grazie
alla collaborazione con
il Museo della Civiltà
Solandra di Malè gli
esperti presenti al simposio
hanno avuto la
possibilità di visionare le
exicata di don Bresadola
custodite nel Museo, ed
hanno espresso sincero
apprezzamento per
questo momento di alto
significato scientifico ed
di Anna Stanchina Fantelli
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cultura delle Valli
emozionale.
Per quanto riguarda la collaborazione con l’Azienda per
il Turismo, gli esperti del gruppo micologico hanno garantito
la propria presenza alla escursioni programmate
quasi a cadenza giornaliera nei diversi boschi della
valle di Sole, servizio questo che è particolarmente apprezzato
dai turisti. Oltre alle escursioni guidate l’associazione
ha attivato anche proiezioni a tema e gli incontri
con l’esperto, appuntamenti settimanali che si sono
tenuti a Dimaro e Ossana.
Per la Giornata della Micologia, celebrata in tutta Italia
domenica 11 ottobre, ha riscosso interesse e plauso il
documentario realizzato dai soci Livia Fantelli, Gabriele
Mosca e Silvano Pedergnana che, oltre all’illustrazione
delle numerose specie presenti nei nostri boschi, hanno
evidenziato importanti aspetti di tipo sanitario e tossicologico.
Come ogni anno in autunno il gruppo micologico ha effettuato
la gita sociale. Stavolta la meta è stata Vicenza,
città dell’oro e del Palladio. Il folto gruppo di soci e simpatizzanti
hanno ammirato la basilica Palladiana ed il teatro
Olimpico e fatto visita alla Biblioteca Internazionale
“La Vigna”, importante istituto di documentazione specializzato
nel settore di studi sull’agricoltura e sulla cultura
e civiltà del mondo contadino ove ha sede il Centro
Studi Micologici, primo e unico di tale tipo esistente in
Italia, e la Biblioteca Micologica Bresadola che conta oltre
2200 titoli, a carattere elusivamente micologico, dal
Seicento ai nostri giorni. Il gruppo ha potuto beneficiare
di un accompagnatore
di prestigio quale Gino
Bellato, Vice-Presidente
A.M.B. e Segretario del
Centro.
L’attività del gruppo micologico
solandro, che
raggruppa oltre 100
soci, si esplica anche
con incontri settimanali
presso la sede e attività
di avviamento alla micologia.
Per informazioni:
gm_gb_valdisole@
yahoo.it

socialia
SOCIALIA
Il comitato di redazione de La Val si rivolge a soci e fiduciari per chiedere loro maggiore collaborazione
per la redazione di questa rubrica. Attraverso le “socialia” desideriamo comunicare ai
nostri lettori gioie e dolori di tutti i nostri soci, una cronaca famigliare che spesso si va a rileggere
anche dopo molti anni. Senza volerlo, qualche volta abbiamo commesso peccato di omissione, per
ignoranza degli avvenimenti, e ci rammarichiamo per le notizie mancate, le gioie non comunicate,
ancora di più per i lutti non condivisi. Ci rendiamo conto quanto sia facile comunicare personalmente
una nascita, una laurea, un anniversario, un evento lieto, e quanto invece si cerchi solidarietà
spontanea in caso di lutto. Chiediamo quindi a tutti voi, e specie ai fiduciari di zona, di voler dare
comunicazione delle notizie relative ai soci di vostra conoscenza ed alle loro vicende famigliari,
perché più grande è una gioia condivisa, e più sopportabile una pena; in alternativa, anche inviando
un’e-mail all’indirizzo albertomosca@albertomosca.it
LUTTI
Lo scorso mese di febbraio è mancato il signor Lino Tondelli, padre del nostro socio Angelo Tondelli di Milano; anche se in
ritardo desideriamo porgere al socio Angelo ed a tutti i famigliari le nostre condoglianze.
è deceduto a Malé Italo Gentilini, per tutti “l’Italo delle Alpi”, con riferimento all’albergo che lui e la moglie Lina hanno gestito
per lunghi anni in Piazza della Stazione a Malè; ci uniamo al dolore della moglie Lina, dei figli Artemio, nostro socio, e Renato,
dei nipoti e famigliari tutti.
è mancato il signor Rino Conta, fratello della socia Iginia Conta di Monclassico, alla quale il Centro Studi porge sincere condoglianze,
da estendere ai figli Carlo, Dario, Paolo, Marco e Luca.
Il Centro Studi porge sincere condoglianze al socio Lorenzo Giarolli di Presson per la perdita del nonno Adelio Giarolli.
Nel mese di ottobre è mancata a Malè la signora Flavia Casarotti ved. Bernardi; il Centro Studi porge sincere condoglianze
alle figlie Elsa e Fiorenza, nostre socie, Giuliana e Riccarda, ai numerosi nipoti, a tutti i famigliari che desiderano ricordarla dalle
pagine del nostro notiziario, che lei leggeva sempre volentieri.
è deceduto il socio Ottavio Zanella di Arnago; porgiamo sincere condoglianze alla moglie Gina, alle figlie Loretta, Carmen e
Noemi, ai nipoti e parenti tutti.
Martino Angeli, già nostro socio di Croviana, ha raggiunto il figlio Enrico, perito solo otto mesi fa in un incidente di montagna;
partecipiamo a questo nuovo dolore porgendo sincere condoglianze alla moglie Maria Rosa, al figlio Ermanno, ai fratelli ed a
tutti i famigliari.
Il giorno 10 novembre 2009 è mancato ai suoi cari Franco Cristino di Terzolas, nostro socio fin dal 1977; il Centro Studi porge
sincere condoglianze alla moglie Anna, ai figli Sonia, Giuseppe e Massimo ed a tutti i famigliari.
Ricordiamo con affetto il socio Camillo Bontempelli di Pellizzano, recentemente scomparso, e porgiamo le nostre condoglian-
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ze alla moglie Carla, ai figli ed a tutti i famigliari, in Val di Sole e in Francia.
NASCITE
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socialia
Porgiamo sincere condoglianze al socio Renato Andreotti di Bolentina, alle sorelle Gabriella, Natalia e Silvana ed ai loro famigliari
per la morte della mamma sigora Elvira Dallagiovanna.
Avevamo appena mandato in stampa il giornale con gli auguri al socio Riccardo Bezzi di Cusiano ed alla moglie Paolina, che lo
scorso 13 settembre avevano festeggiato le nozze d’oro, ma ci giunge notizia che il signor Riccardo è mancato all’affetto dei
suoi cari. Partecipiamo sincere condoglianze alla moglie, alle figlie ed a tutti i famigliari.
è recentemente scomparso, dopo breve malattia, il socio di Vermiglio Sperandio Gabrielli, alla moglie Caterina ed ai numerosi
figli, giungano le più sentite condoglianze del Centro Studi.
Elsa Bernardi e Tito Rosatti, soci di Dimaro, hanno avuto nel corso del 2009 la grande gioia diventare nonni due volte: nel
mese di febbraio in casa di Riccardo e Stefania è arrivato Andrea, poi nel mese di agosto ecco Beatrice, per la gioia dei genitori
Francesco ed Alessandra; ai genitori, ai nonni e a tutti i famigliari felicitazioni ed auguri, nel ricordo affettuoso della bisnonna
Flavia Caserotti, purtroppo mancata a Malè nel mese di ottobre, che veglierà con la preghiera la sua grande famiglia, diventata
ancora più numerosa.
Congratulazioni vivissime al socio Claudio Daprà ed alla moglie Chiara Gabrielli per la nascita della piccola Beatrice, arrivata
a far compagnia al fratellino Francesco e ad allungare la lista dei nipoti di nonno Pio, nostro fiduciario di Cellentino. A tutti
sincere felicitazioni.
Dopo il dolore della morte improvvisa del marito Mario Dalla Serra la vita ha regalato alla sigora Maria Teresa Bezzi, socia residente
a Piano di Commezzadura, un nuovo raggio di luce, un nipotino che porterà il nome del nonno Mario. Congratulazioni
vivissime ai genitori Paolo e Tatiana, ed auguri di ogni bene: che questa piccola vita possa lenire in parte il dolore dei famigliari.
Il socio Angeli Bruno di Croviana e la moglie Pia annunciano con gioia la nascita della loro prima nipotina Sofia; ai nonni di
Croviana e di Vercelli, a mamma Claudia e papà Mirko, alle bisnonne Alma e Teresa ed a tutto il parentado le nostre felicitazioni
per questa nuova vita. Alla piccola Sofia auguri di buon viaggio!
Congratulazioni vivissime al socio Giannino Cogoli ed alla moglie Giulia per l’arrivo della nipotina Maia; auguri di cuore anche
ai genitori Irene ed Alberto, ed alla piccola Maia tante coccole!
è nato Carlo Delpero per la gioia delle sorelline Sara ed Elena. Ai genitori Caterina e Paolo auguri e felicitazioni per il piccolo
arrivato.
Il socio Angelo Pedrotti di Magras e la moglie Gisella sono diventati nonni per la prima volta, e con tanta emozione hanno
accolto la piccola Matilde, arrivata a movimentare la vita di mamma Maddalena e di papà Andrea Ricci. Anche Agostino Bendetti,
socio di Magras ed abitante a Malè e la moglie Gabriella sono diventati nonni, e le nostre congratulazioni vanno a papà
Lorenzo e a mamma Paola Eccher per la nascita di Silvia. Questi nuovi arrivati hanno subito iniziato a chiedere cose speciali,
ed in particolare un battesimo multiplo: per la prima volta nella sua storia il fonte battesimale della chiesa di Magras ha raccolto
attorno a sé 4 bambini contemporaneamente, riuniti per una cerimonia intensa e commovente. Il parroco don Renato
Pellegrini ha definito storico questo avvenimento, ed anche noi lo riportiamo quale notizia davvero particolare, ricordando
questa domenica 15 novembre ed i bambini che sono stati battezzati insieme: Silvia, di Lorenzo Bendetti e Paola Eccher; Matilde,
di Andrea Ricci e Maddalena Pedrotti; Davide, di Giancarlo Zanella e Carmen Ionescu; Federico, di Fabio Zanella e Lenka
Zakopjanova.
A tutti questi genitori, ai loro bimbi ed alle loro famiglie i nostri auguri, perché le loro vite proseguano in compagnia ed allegria.

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LAUREE
Lo scorso 10 marzo Elena Tondelli, figlia del socio Angelo Tondelli di Milano, si è laureata in medicina presso l’Università
degli Studi di Milano discutendo con il Chiar.mo Prof. Francesco Rocco la tesi dal titolo: “Testicular sperm
extraction” in pazienti con neoplasia testicolare: nuova metodica chirurgica di conservazione della fertilità. Porgiamo
ad Elena le nostre congratulazioni per l’impegnativo percorso portato a termine, augurandole meritato successo
per futuri traguardi.
Veronica Zorzi, figlia del socio Cesare Zorzi di Malè si è laureata in Medicina presso l’Università degli Studi di Bologna.
Alla neo dottoressa congratulazioni vivissime ed auguri di future soddisfazioni personali e professionali.
Chiara Rossi, figlia della nostra Giuliana Redolfi del Direttivo e del socio Albino Rossi, e nipote dell’indimenticato
Edoardo Redolfi, ha conseguito la Laurea Specialistica in biologia evoluzionistica presso l’Università degli Studi di
Padova discutendo con la Dott.ssa Luisa Dalla Valle la tesi dal titolo “Presenza del gene HA1 (Hair alpha-keratin-like)
nel genoma di specie diverse di rettili e approfondimenti dello studio delle beta-cheratine di lucertola e coccodrillo.”
Complimenti Chiara per questo prezioso traguardo, coronato con la votazione di 110 e lode, ed auguri di cuore per
il raggiungimento delle prossime mete.
Lo scorso 24 ottobre presso l’Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano Irene Marcolla, figlia della nostra
socia Annalisa Pancheri di Dimaro, si è laureata in Economia e Management per Arte, Cultura e Comunicazione,
discutendo la tesi dal titolo: “L’impatto organizzativo dell’evoluzione dell’Ambiente Istituzionale sul Joint Research
Centre”. Vivissimi complimenti ed auguri per altre, maggiori soddisfazioni.
Marcella Rizzi, figlia del socio Ferruccio Rizzi di Pellizzano, si è brillantemente laureata presso l’Università degli Studi
di Trento – Facoltà di Ingegneria – Corso di Laurea in Ingegneria Edile ed Architettura. Ha discusso con i relatori
Arch. Giorgio Cacciaguerra ed Ing. Roberto Tomasi la tesi “Applicazione di un sistema innovativo per il recupero e
la valorizzazione di solai lignei esistenti, nell’ambito del progetto di restauro di Castel Belasi”. Alla neo dottoressa
felicitazioni vivissime e cordiali auguri per i futuri impegni professionali.
MATRIMONI e ANNIVERSARI
Lo scorso 27 ottobre la nostra socia di Cassana Agnese Puller ha festeggiato con il marito Lino Pedergnana i suoi
primi trent’anni di felice matrimonio. Attorniati dai figli, parenti ed amici hanno tagliato questo importante traguardo
intermedio con tanta felicità. Il Centro Studi porge sincere felicitazioni ed auguri di buon proseguimento.
Grande festa il 19 settembre in casa del socio Benedetto Albasini di Dimaro e della moglie Livia Conta, per il matrimonio
del figlio Gianni con Erika Pedergnana di Ortisè. Ai novelli sposi felicitazioni vivissime ed auguri di ogni bene.
Periodo ricco di soddisfazioni professionali e personali per Claudio Schwarz, figlio del socio Orazio di Malè, che
nel mese di ottobre si è unito in matrimonio con Sonia ed ha messo su casa a Malè; a questa nuova famiglia i nostri
migliori auguri per un futuro sereno.
Matrimonio internazionale per il socio Sergio Angeli di Croviana, che lo scorso 17 ottobre si è unito in matrimonio
con la signora Prodpran Thakeow, tailandese. A questa nuova coppia auguriamo che gioia e felicità siano quanto
meno… direttamente proporzionali alla distanza dei loro paesi d’origine! Complimenti e felicitazioni.
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Riceviamo dalla signora Mariagiulia Bezzi, nipote di Quirino, con autorizzazione alla pubblicazione, la
poesia che lo zio Quirino le dedicò nel giorno del suo matrimonio con Franco Angioletti, il giorno 31
maggio 1973, festa dell’Ascensione.
Alla signora Mariagiulia un sentito ringraziamento per questa testimonianza personale di cui ci ha
voluto rendere partecipi:
A te che fosti un dì compagna ai giorni
di questo zio sopra gli eterni ghiacci
ed or tendi alle vie senza ritorni
stretta di forte giovane agli abbracci,
a te che lasci la paterna valle
per l’ampio piano della Lombardia
va in quest’ora di gaudio l’augurale
intimo voto dell’anima mia.
Ti porti quella gioia cui anela
la tua sognante anima fanciulla
e ti guidi l’amor come una stella
su nuovo focolar, su dolce culla.
E di giovane sposo il caldo affetto
ti circondi d’amor semplice e pio:
a questo mondo nulla c’è perfetto,
ma vince amor anche il destin più rio.
E quando, forse, una tristezza arcana
di nostalgia ti segnerà la fronte
si sperda del dolor l’ora inumana
nel ricordo del tuo retico monte,
e l’eco arcano delle pie campane,
alto sonanti dall’antica pieve,
scandisca l’ore tue felici e piane
e faccia il nuovo dì giocondo e lieve.
E il ricordo di questa primavera
ti circondi di fiori i dì futuri
e sia di tutti l’espression sincera
d’ore felici per i dì venturi.
Lo zio
Quirino Bezzi

NOTIZIARIO DEL CENTRO STUDI PER LA VAL DI SOLE
La cucina del restaurato Mulino Ruatti di Pracorno di Rabbi.