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P R I M O P I A N O<br />

L’ADDIO A GIORGIO FALCK<br />

LA VELA ITALIANA PIANGE UNO DEI SUOI STORICI PROTAGONISTI<br />

Il signore del mare<br />

Una persona speciale. Se n’è andato la notte del 20 aprile scorso,<br />

a 66 anni, e la vela lo piange attonita. Giorgio Falck, velista,<br />

innovatore e pioniere della nautica, ha chiuso la sua lunga<br />

bolina nel silenzio, al riparo della sua casa milanese.<br />

Poche parole, lanciate in mattinata da un’agenzia<br />

di stampa, per chiudere un’epoca fantastica e<br />

salutare un uomo che ha lasciato il segno. Un<br />

uomo a cui non potevamo non dedicare un saluto<br />

affettuoso per tutto ciò che ha dato alla vela e per<br />

tutte le emozioni che è riuscito a regalarci in tanti<br />

anni di navigazioni e di regate intorno al mondo.<br />

Quella di Falck è la storia di un velista appassionato,<br />

erede di una famiglia di industriali dell’acciaio -<br />

suo papà era Giovanni Falck, il nonno, Giorgio<br />

46 GIUGNO<br />

Dal Guia al Safilo,le<br />

barche e le avventure<br />

dell’indimenticabile<br />

Falck, scomparso a<br />

Milano all’età di 66 anni<br />

Enrico, fondò nel 1906 la Società Anonima Acciaierie e Ferriere – e<br />

protagonista della vita sociale e sportiva dell’Italia a cavallo tra gli anni<br />

’70 e ‘90. Laureato in Ingegneria, divenne presto vice-Presidente del<br />

gruppo Falck, carica ricoperta fino al 1995, ma alle<br />

vicende imprenditoriali preferiva di gran lunga il<br />

mare, una passione smisurata che lo coinvolse fin da<br />

piccolo, tanto da renderlo noto al grande pubblico<br />

soprattutto per le sue imprese veliche. Un amore<br />

nato sulla Star del padre, che esplose definitivamente<br />

alla fine degli anni ’60, quando il re dell’acciaio<br />

scoprì la vela d’altura e rimase folgorato dalla vita<br />

di bordo. Le notti insonni, le stelle, il silenzio, la<br />

generosità degli uomini di mare: questo ed altro, a<br />

partire dal piacere fisico del navigare a vela, lo por-<br />

di EMANUEL RICHELMY<br />

FOTO BORLENGHI (SEA & SEE ITALIA)<br />

tarono su un’altra dimensione, la dimensione di un uomo che ha scoperto<br />

qual è la propria vocazione e fa di tutto per portarla avanti, svilupparla<br />

e difenderla con le unghie.<br />

Falck era un uomo vero, una persona speciale, come dicevamo all’inizio.<br />

Come speciali erano le sue barche, frutto del suo ingegno e della<br />

voglia di stupire il mondo, di andare sempre avanti.<br />

Iniziò con il Guia – nome che in seguito diventerà una sorta di marchio<br />

di fabbrica – una barca in legno di Sparkman & Stephens con cui<br />

regatò in Mediterraneo e poi partecipò alla prima, storica Whitbread, il<br />

giro del mondo in equipaggio a tappe concluso nel 1974.<br />

Una circumnavigazione leggendaria, che Falck terminò al quinto posto<br />

(142 giorni di navigazione) e che segnò la nostra entrata nel mondo<br />

della grande vela oceanica, considerato che la sua eccellente prestazione<br />

consentì all’Italia di vincere la classifica per nazioni.<br />

A bordo con lui, personaggi come Jerome Ponciet (protagonista in<br />

seguito di numerose esplorazioni a vela nel Polo Sud), Luciano Ladavas<br />

(che in seguito utilizzò il Guia per un giro del mondo in crociera con<br />

moglie e gatto) e il mitico Jepson, marinaio, uomo di fiducia e storico<br />

amico di Falck.<br />

In seguito, dopo aver acquistato un motoscafo mai salito agli onori della<br />

cronaca (il Guia II), Falck varò il Guia III,già acquistato prima di partire<br />

per la Whitbread, con cui iniziò un programma di regate che purtroppo<br />

non riuscì mai a terminare. La barca, un progetto di Bob Miller<br />

(il geniale architetto che in seguito<br />

cambiò nome in Ben Lexcen e<br />

disegnò lo scafo australiano che<br />

vinse la Coppa America ’83) che si<br />

era già aggiudicato l’Admiral’s Cup<br />

con il nome Gingko, fu infatti la<br />

sfortunata protagonista di uno<br />

scontro con un’orca durante il<br />

Il maxi sloop Gatorade alla partenza<br />

della Whitbread 1989-90,<br />

la regata intorno al mondo che è<br />

stato il pallino del Falck velista.<br />

In apertura: una bella immagine<br />

dell’ex-re dell’acciaio recentemente<br />

scomparso a 66 anni<br />

Triangolo Atlantico e affondò miseramente, con l’equipaggio per fortuna<br />

rimasto illeso e in seguito recuperato da un cargo di passaggio<br />

dopo un giorno a mollo. A bordo, tra gli altri - assente lo stesso Falck<br />

rimasto a Milano per motivi di lavoro - l’americano John Marshall, che<br />

racconterà l’avventura nel libro Total Loss.<br />

Il quarto Guia arrivò per l’Admiral’s Cup, nel periodo in cui la celebre<br />

regata d’altura a squadre dell’isola di Wight – siamo a metà anni ’70 –<br />

era al massimo splendore. Punto di forza della squadra italiana, lo scafo<br />

di Falck consentì all’Italia di chiudere la regata al quinto posto, per poi<br />

passare nelle mani del navigatore Pierre Sicouri che lo utilizzò per partecipare<br />

alla Ostar, la traversata dell’Atlantico in solitario. Seguirono il<br />

Guia 2000, un progetto di German Frers che non ebbe mai grande successo<br />

se si esclude la vittoria alla Giraglia, e il Rolly Go, altro scafo di<br />

Frers con cui Falck partecipò alla sua seconda Whitbread.<br />

Era l’anno 1981 e il sempre più appassionato armatore, che puntava a<br />

GIUGNO<br />

FOTO BORLENGHI (SEA & SEE ITALIA)<br />

47


vincere il giro del mondo, arrivò tredicesimo (in 129 giorni), deluso<br />

dalle prestazioni del mezzo, troppo piccolo e dislocante per poter competere<br />

con avversari molto più veloci. Unica soddisfazione, oltre ad aver<br />

regatato con un equipaggio in cui spiccavano giovani speranze della<br />

vela oceanica come Enrico Sala e Paolo Martinoni (protagonista di un<br />

volo fuori bordo in pieno oceano che fortunatamente si concluse senza<br />

conseguenze), l’aver vissuto l’ultima tappa della regata assieme all’adorato<br />

figlio Giovanni, in seguito scomparso, ancora molto giovane, in un<br />

tragico incidente durante una discesa sott’acqua all’Elba. Dramma, questo,<br />

che segnò in maniera indelebile l’esistenza del padre.<br />

Una curiosità: per partecipare a quell’edizione del giro, Falck fu costretto<br />

a chiedere una deroga al regolamento, visto che, causa una discussa<br />

squalifica inflittagli dalla Federazione Vela a seguito della scoperta di<br />

parecchio peso in più in sentina sul Guia 2000, era momentamente<br />

sprovvisto della tessera Fiv.<br />

Dopo Rolly Go, nell’84 Falck organizzò in prima persona la transatlantica<br />

Portofino-New York, poi acquistò il Bribon, uno scafo in alluminio<br />

ribattezzato Guia Bribon,e il Gatorade, l’ex New Zealand Enterprise disegnato<br />

da Bruce Farr con cui si lanciò nella Whitbread 1989-90, la terza<br />

e ultima della serie. Un giro su cui puntava molto, anche se la precedente<br />

esperienza con Rolly Go l’aveva profondamente colpito, soprattutto<br />

per quel che riguardava la navigazione nel Grande Sud, tanto da<br />

impedirgli di partecipare, in seguito, alle frazioni dell’Indiano e del<br />

L’ADDIO A GIORGIO FALCK<br />

Pacifico.“Laggiù non ci tornerò mai più - confidò agli amici – è troppo<br />

anche per me. Non è una regata, diventa una lotta per la sopravvivenza<br />

e la cosa non mi piace per niente”.<br />

Quella Whitbread venne conclusa in ottava posizione (in 138 giorni),<br />

anche perché la differenza con i nuovi maxi ketch, su tutti Steinlager II<br />

e Fisher & Paykel, era davvero enorme e lo sloop Gatorade non aveva<br />

alcuna possibilità di primeggiare. Motivo per cui, appena terminato il<br />

giro, Falck acquistò da Peter Blake il magnifico Steinlager II, vincitore di<br />

tutte le tappe della corsa intorno al mondo, per puntare all’edizione<br />

successiva della regata, in programma nel ’93. Una Whitbread a cui il re<br />

dell’acciaio non partecipò mai, per diversi motivi (compreso il tormentato<br />

matrimonio e il successivo divorzio con l’attrice Rosanna<br />

Schiaffino), limitandosi a esibire il suo nuovo gioiello a due alberi, ribattezzato<br />

Safilo, in Mediterraneo e in qualche puntata oltre le colonne<br />

d’Ercole. Poche regate, con due piazze d’onore alle Colombiadi e alla<br />

Transat des Alizes, numerose comparsate e altrettante avventure da raccontare<br />

agli amici, come quella volta in cui entrò a vela, sotto raffica, a<br />

Portofino, con una manovra che rimase nella leggenda per l’audacia (un<br />

maxi di 80’ che entra sparato nel minuscolo porticciolo ligure fa<br />

impressione solo a pensarci) e per i danni riportati da un paio di barche<br />

a motore sfortunate co-protagoniste della vicenda.<br />

Sono le ultime zampate di un mito che in seguito, soprattutto a causa<br />

della già citata scomparsa del figlio, si allontanerà progressivamente dalla<br />

FOTO SEA & SEE ITALIA<br />

Falck timona il suo Dinghy<br />

all’Italiano 1996 di Bellano, sul<br />

lago di Como. Pagina a fianco: al<br />

carteggio di Gatorade<br />

vela e dal mare, una grande passione<br />

che probabilmente gli ricordava<br />

troppo l’amato Giovanni.<br />

Uscito dalle industrie di famiglia,<br />

gestite dal cugino Alberto (anch’e-<br />

gli scomparso recentemente), divorziato dalla Schiaffino e risposatosi<br />

una terza volta, Falck fece qualche apparizione nel panorama dell’altura<br />

- si ricorda un Giro d’Italia e qualche Trofeo Zegna sulle barche di<br />

amici - e soprattutto nel circuito riservato ai Dinghy 12’, l’ultima passione<br />

cui dedicò anima e corpo fino alla fine. Di lui, si ricordano il<br />

carattere, la voglia di primeggiare, sempre e comunque, la fantasia spesso<br />

geniale, che lo portò a sperimentare e lanciare invenzioni come l’elica<br />

Max-Prop, lo sparcraft ad apertura telecomandata e le mitiche trinchette<br />

da lasco ribattezzate Falker. Una genialità fuori dal comune, che<br />

faceva coppia con una generosità altrettanto importante, soprattutto in<br />

mare. Se a terra, infatti, Giorgio Falck era un tipo molto formale, retaggio<br />

famigliare e dell’ambiente in cui viveva, in barca si trasformava,<br />

assumendo toni calmi e diventando - così lo descrivono gli amici che<br />

lo conoscevano bene - una persona molto generosa. Un uomo, insomma,<br />

a cui piaceva dividere il mare con il prossimo.<br />

Questo era Giorgio Falck. Con le sue barche, le sue avventure, gli amici<br />

e i nemici di un’epoca storica per la vela italiana. Ora che non c’è più,<br />

di lui rimangono vivi i ricordi. Indelebili come il suo carisma.<br />

UN AMICO CON CUI LITIGARE<br />

La prima avventura con Giorgio Falck risale a una Portomaurizio-<br />

Chiavari sotto un groppo di 60 e passa nodi, con Ambrogio Fogar<br />

ritirato e noi vincitori dopo una notte terribile. Poi, via via, qualche<br />

regata assieme come nel '71 a Palma di Maiorca, dove vinciamo un<br />

Campionato del Mediterraneo, seguito da una sbronza memorabile,<br />

e una regata in Sardegna dove a bordo del Guia vediamo le prime<br />

“tette” (una sua fidanzata). Ricordo che in quella occasione<br />

Giorgio mi disse “prendiamo i terzaroli” e un certo D’Urso (ospite)<br />

mi chiese “chi sono questi signori da imbarcare?”.<br />

Poi fummo avversari alle selezioni per l’Admiral’s Cup che facemmo<br />

nel Solent, lui fuori e io dentro su Mabelle, e infine la guerra:<br />

nasce il Ganbare, poi il Mandrake e l’odio profondo fra noi e loro<br />

(del Guia). Sul Guia, quello con il timone snodato, la prima elica di<br />

Max e il boma a sogliola, oltre a velisti fidati Giorgio imbarcava<br />

anche poeti e cantanti, che scrissero e cantarono persino una canzone<br />

contro di noi dopo una Gorgona ancora da incubo: “Zolezzi<br />

e suo cugino (Gian Devoto) e Rodino, la guardia più dura...”. Guarda<br />

caso siamo anche vicini di casa, peccato, perché anni avanti eravamo<br />

andati in Francia a cercare prove contro Tischenet (che aveva<br />

comperato da Gaston Deferre il Palinodie) per un presunto broglio<br />

in Giraglia, poi un viaggio in Sardegna con alcuni bimbi per mano,<br />

fra i quali il povero Giovanni e Guia.<br />

Certo, il Giorgio voleva sempre vincere, come quando da ragazzi<br />

organizzava la caccia al tesoro nel giardino di Portofino e sua<br />

mamma gli indicava sempre prima dove erano le uova da trovare,<br />

poi lo persi, lui a cercare le glorie sugli oceani, ed io a cercare le<br />

arrampicate sulla terra e su barche minori. Ci rivedemmo ancora sul<br />

Benbow allo Zegna di qualche anno fa, dove lui era timoniere: qualche<br />

cenno alla vita trascorsa, con lui nella bufera, e io che mi permisi<br />

un “...colpa tua che sei abbelinato”. In fondo gli volevo bene e<br />

adesso mi manca, non ne posso più parlar male con Jepson, dopo<br />

tutto Giorgio Falck con quello che ha fatto per la vela italica è stato<br />

un grande. È il momento che si stanno strappando gli spinnaker, presto<br />

toccherà anche alla vecchia guardia tagliare la linea di arrivo...<br />

E magari lassù inizieremo a bisticciare e fare le regate con le mani.<br />

(Franco Rodino)<br />

48 GIUGNO GIUGNO 49<br />

FOTO BORLENGHI (SEA & SEE ITALIA)

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