944 Avulsione. Se un fiume o torrente stacca per forza ... - La Tribuna
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ART. <strong>944</strong> LIBRO III - Della proprietà 732<br />
<strong>944</strong> <strong>Avulsione</strong>. <strong>Se</strong> <strong>un</strong> <strong>fiume</strong> o <strong>torrente</strong> <strong>stacca</strong> <strong>per</strong> <strong>forza</strong> istantanea <strong>un</strong>a parte considerevole<br />
e riconoscibile di <strong>un</strong> fondo contiguo al suo corso e la trasporta verso <strong>un</strong> fondo inferiore o verso<br />
l’opposta riva, il proprietario del fondo al quale si è <strong>un</strong>ita la parte <strong>stacca</strong>ta ne acquista la proprietà.<br />
Deve <strong>per</strong>ò pagare all’altro proprietario <strong>un</strong>’indennità nei limiti del maggior valore recato al<br />
fondo dall’avulsione.<br />
945 Isole e <strong>un</strong>ioni di terra. Le isole e <strong>un</strong>ioni di terra che si formano nel letto dei fiumi o<br />
torrenti appartengono al demanio pubblico (822).<br />
[<strong>Se</strong> l’isola si è formata <strong>per</strong> avulsione (<strong>944</strong>), il proprietario del fondo da cui è avvenuto il distacco,<br />
ne conserva la proprietà] ( 1).<br />
[<strong>La</strong> stessa regola si osserva se <strong>un</strong> <strong>fiume</strong> o <strong>un</strong> <strong>torrente</strong>, formando <strong>un</strong> nuovo corso, attraversa e<br />
circonda il fondo o parte del fondo di <strong>un</strong> proprietario confinante, facendone <strong>un</strong>’isola (947)] ( 1).<br />
( 1 ) Comma abrogato dall’art. 2 della L. 5 gennaio 1994, n. 37, citata.<br />
• Le isole che si formano nel letto dei fiumi o torrenti, di<br />
cui è prevista la demanialità dall’art. 945, primo comma,<br />
c.c. (i cui commi secondo e terzo sono stati abrogati dall’art.<br />
2 della legge 5 gennaio 1994 n. 37), non appartengono<br />
al cosiddetto demanio necessario dello Stato, ai sensi dell’art.<br />
822, primo comma, c.c., ma al demanio non necessario,<br />
o legale, secondo la previsione del secondo comma<br />
dello stesso articolo, a norma del quale fanno parte del<br />
demanio pubblico, ove appartenenti allo Stato, anche i<br />
GIURISPRUDENZA<br />
vari beni ivi specificamente elencati ed inoltre «gli altri<br />
beni che sono dalla legge assoggettati al regime proprio<br />
del demanio pubblico». Ne consegue che l’entrata in vigore<br />
del suindicato art. 945 del codice civile del 1942, innovativo<br />
rispetto all’art. 458 del codice civile del 1865, che<br />
ammetteva la proprietà privata <strong>per</strong> le isole nate nei fiumi<br />
o torrenti non navigabili né atti al trasporto, non ha ipso<br />
iure fatto diventare demaniali le isole appartenenti a privati.<br />
* Cass. civ., sez. <strong>un</strong>., 10 agosto 2000, n. 565.<br />
946 Alveo abbandonato ( 1). <strong>Se</strong> <strong>un</strong> <strong>fiume</strong> o <strong>un</strong> <strong>torrente</strong> si forma <strong>un</strong> nuovo letto, abbandonando<br />
l’antico, il terreno abbandonato rimane assoggettato al regime proprio del demanio pubblico.<br />
( 1 ) Articolo così sostituito dall’art. 3 della L. 5 gennaio 1994, n. 37, citata.<br />
• Il fenomeno dell’inalveamento e quello dell’inondazione<br />
differiscono profondamente <strong>per</strong>ché il primo,<br />
che è fenomeno definitivo e stabile, ancorché non irreversibile,<br />
comporta l’estinzione del diritto di proprietà<br />
privata sul fondo inalveato, questo entrando a far<br />
parte del demanio idrico, mentre l’inondazione <strong>per</strong> i<br />
suoi caratteri di temporaneità e transitorietà, lascia<br />
inalterata la condizione giuridica del fondo inondato<br />
portando soltanto <strong>un</strong>a temporanea compressione del<br />
diritto dominicale del privato il quale torna ad espan-<br />
GIURISPRUDENZA<br />
dersi in tutta la sua pienezza ed effettività quando, cessata<br />
l’inondazione siasi ripristinata la situazione precedente<br />
all’inondazione stessa. <strong>La</strong> natura di inondazione<br />
delle vicende fluviali rispetto alle parti di fondo<br />
contese fra le parti, imponendo di ritenere immutata<br />
la condizione giuridica di dette parti, comporta<br />
l’esclusione della competenza del Trib<strong>un</strong>ale regionale<br />
delle acque pubbliche. * Cass. civ., sez. II, 21 novembre<br />
2000, n. 15006.<br />
❖ Si veda anche infra, sub art. 947.<br />
947 Mutamenti del letto dei fiumi derivanti da regolamento del loro corso ( 1).<br />
Le disposizioni degli articoli 942, 945 e 946 si applicano ai terreni com<strong>un</strong>que abbandonati sia a<br />
seguito di eventi naturali che <strong>per</strong> fatti artificiali indotti dall’attività antropica, ivi comprendendo<br />
anche i terreni abbandonati <strong>per</strong> i fenomeni di inalveamento.<br />
<strong>La</strong> disposizione dell’art. 941 non si applica nel caso in cui le alluvioni derivano da regolamento<br />
del corso dei fiumi, da bonifiche o da altri fatti artificiali indotti dall’attività antropica.<br />
In ogni caso è esclusa la sdemanializzazione tacita dei beni del demanio idrico.<br />
( 1 ) Articolo così sostituito dall’art. 4 della L. 5 gennaio 1994, n. 37, citata.<br />
• Le disposizioni degli artt. 3 e 4 della legge 5 gennaio<br />
1994, n. 37 (recante «Norme <strong>per</strong> la tutela ambientale<br />
delle aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e<br />
GIURISPRUDENZA<br />
delle altre acque pubbliche»), sostitutive degli artt. 946<br />
e 947 c.c. − le quali escludono la sdemanializzazione dei<br />
terreni com<strong>un</strong>que abbandonati <strong>per</strong> fenomeni di inalvea-
733 TITOLO II - Della proprietà ART. 948<br />
mento, a seguito sia di eventi naturali che di fatti artificiali<br />
indotti dall’attività antropica − sono prive di efficacia<br />
retroattiva. * Cass. civ., sez. <strong>un</strong>., 26 luglio 2002, n.<br />
11101, Filippini ed altri c. Min. Finanze ed altro.<br />
[RV556304]<br />
• Ai sensi dell’art. 947 c.c., nel testo anteriore alle modifiche<br />
ad esso apportate dalla legge 5 gennaio 1994, n. 37,<br />
le accessioni fluviali comportano l’acquisto della proprietà a<br />
titolo originario da parte del proprietario rivierasco solo<br />
se si verificano <strong>per</strong> cause naturali; con la conseguenza che<br />
gli appezzamenti di terreno rientranti, in quanto posti al<br />
di sotto della quota dell’altezza di piena ordinaria, nel <strong>per</strong>imetro<br />
dell’invaso naturale di <strong>un</strong> lago, non <strong>per</strong>dono la<br />
loro natura di beni demaniali se, <strong>per</strong> effetto di successivo<br />
innalzamento dipendente da regolamento artificiale ovvero<br />
da altre attività antropiche, vengano a trovarsi al di<br />
CAPO IV<br />
DELLE AZIONI A DIFESA DELLA PROPRIETÀ<br />
sopra di tale quota, essendo in tal caso rimesso alla scelta<br />
del soggetto titolare del demanio il potere di disporre<br />
la sdemanializzazione del terreno − che era ma non è più<br />
al di sotto della quota limite dell’alveo del lago − <strong>per</strong><br />
acquisirlo al patrimonio disponibile. * Cass. civ., sez.<br />
<strong>un</strong>., 26 luglio 2002, n. 11101, Filippini ed altri c. Min.<br />
Finanze ed altro. [RV556305]<br />
• <strong>La</strong> modifica non transitoria, in conseguenza di bonifica,<br />
del corso di <strong>un</strong> <strong>fiume</strong> comportava − nel vigore del<br />
testo dell’art. 947 c.c. precedente alla novella di cui alla<br />
legge n. 37 del 1994 (norma priva di efficacia retroattiva)<br />
− la <strong>per</strong>dita della demanialità naturale del terreno<br />
reliquato ed il suo passaggio al patrimonio disponibile<br />
dello Stato, con esclusione dell’accessione automatica al<br />
suolo dei proprietari rivieraschi. * Cass. civ., sez. I, 14<br />
gennaio 1997, n. 300.<br />
948 Azione di rivendicazione. Il proprietario (1706, 2789) può rivendicare la cosa (1994)<br />
da chi<strong>un</strong>que la possiede o detiene (1153, 1140) e può proseguire l’esercizio dell’azione anche se<br />
costui, dopo la domanda, ha cessato, <strong>per</strong> fatto proprio, di possedere o detenere la cosa. In tal caso<br />
il convenuto è obbligato a ricu<strong>per</strong>arla <strong>per</strong> l’attore a proprie spese, o, in mancanza, a corrispondergliene<br />
il valore, oltre a risarcirgli il danno (15, 21 c.p.c.).<br />
Il proprietario, se consegue direttamente dal nuovo possessore o detentore la restituzione della<br />
cosa, è tenuto a restituire al precedente possessore o detentore la somma ricevuta in luogo di essa.<br />
L’azione di rivendicazione non si prescrive (2934), salvi gli effetti dell’acquisto della proprietà<br />
da parte di altri <strong>per</strong> usucapione (1158 ss., 2653, n. 1).<br />
SOMMARIO:<br />
a) Presupposti, oggetto e ambito di o<strong>per</strong>atività dell’azione,<br />
in genere: principii e casistica;<br />
b) Criteri distintivi e rapporti con altre azioni: b-1) Azioni<br />
di accertamento; b-2) Azioni di regolamento di confini<br />
(rinvio); b-3) Azioni di restituzione; b-4) Azione<br />
negatoria; b-5) Azione di simulazione; b-6) Azioni<br />
previste dall’art. 936 c.c. (rinvio);<br />
c) Onere probatorio: c-1) In genere; c-2) Attenuazione;<br />
c-3) Acquisto di beni mobili; c-4) Titoli di acquisto:<br />
c-4-I) Valutazione in genere; c-4-II) Risultanze catastali;<br />
c-4-III) Atti di divisione; c-4-IV) Provvedimenti<br />
adottati in base a norme speciali;<br />
d) Legittimazione ad causam;<br />
e) Litisconsorzio;<br />
f) Mutamento della causa petendi.<br />
a) Presupposti, oggetto e ambito di o<strong>per</strong>atività dell’azione,<br />
in genere: principii e casistica.<br />
• <strong>La</strong> domanda di revindica, avendo tipica finalità recu<strong>per</strong>atoria,<br />
presuppone necessariamente che all’atto della<br />
sua formulazione il bene rivendicato sia nel possesso del<br />
convenuto. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza<br />
di merito, che, non avendo i ricorrenti allegato che<br />
il bene fosse nel possesso della controparte, aveva escluso<br />
la finalità recu<strong>per</strong>atoria e qualificato la domanda<br />
proposta come azione di accertamento del diritto di<br />
proprietà). * Cass. civ., sez. II, 14 aprile 2005, n. 7777,<br />
Zocco ed altro c. Buccheri. [RV581809]<br />
GIURISPRUDENZA<br />
• Per l’esercizio dell’azione di rivendicazione non è<br />
necessario che l’attore sia stato spossessato del bene<br />
senza o contro la volontà, sicché anche quando abbia<br />
trasferito il possesso in base ad <strong>un</strong>’obbligazione ass<strong>un</strong>ta<br />
contrattualmente non gli è preclusa la possibilità, ove<br />
eventi giuridici successivi abbiano determinato il venir<br />
meno del diritto dell’accipiens, di proporre l’azione reale<br />
di rivendica <strong>per</strong> riottenere il possesso del bene quale<br />
proprietario, anziché di agire con l’azione <strong>per</strong>sonale di<br />
restituzione; ovvero, a fronte delle eccezioni del convenuto<br />
che opponga <strong>un</strong> proprio titolo di acquisto della<br />
proprietà (nella specie: usucapione), di modificare in<br />
corso di giudizio la domanda di restituzione originariamente<br />
proposta in domanda di rivendicazione. * Cass.<br />
civ., sez. II, 26 aprile 1994, n. 3947.<br />
• L’azione di rivendicazione presuppone che l’attore<br />
assuma di essere proprietario di <strong>un</strong>a cosa e di non averne<br />
più il possesso ed agisca, quindi, contro il possessore<br />
o il detentore <strong>per</strong> ottenerne la restituzione, sicché essa<br />
richiede l’allegazione della proprietà di <strong>un</strong>a certa cosa <strong>per</strong><br />
ambito e contorni determinati (o determinandi) e la deduzione<br />
della lesione del proprio diritto in <strong>un</strong> ambito ben circoscritto,<br />
con <strong>un</strong> esatto tant<strong>un</strong>dem restitutorio. Tali<br />
estremi non ricorrono in ipotesi di domanda di revindica<br />
volta ad accertare <strong>un</strong>a situazione di comproprietà tra<br />
i contendenti <strong>per</strong> quote minime imprecisate, con conseguente<br />
rettifica catastale, a fronte di <strong>un</strong> atto attributivo<br />
al convenuto della proprietà esclusiva di <strong>un</strong>a parte del<br />
bene in contestazione e della comproprietà del medesi-
ART. 948 LIBRO III - Della proprietà 734<br />
mo, <strong>per</strong> il resto, in <strong>un</strong>a quota determinata. * Cass. civ.,<br />
sez. II, 17 febbraio 1982, n. 1004.<br />
• In considerazione del fatto che la determinatezza<br />
del bene rivendicato configura condizione della domanda<br />
di rivendicazione, il giudice, anche di ufficio ed in<br />
grado di appello, deve rigettare la domanda stessa, ove<br />
non siano state fornite indicazioni idonee all’individuazione<br />
del bene controverso. * Cass. civ., sez. II, 10 aprile<br />
1976, n. 1262.<br />
• Il condomino può far valere in via petitoria il suo<br />
diritto al compossesso del bene com<strong>un</strong>e contro gli altri<br />
condomini che possiedono la cosa com<strong>un</strong>e escludendo<br />
dal compossesso, come contro i terzi possessori <strong>per</strong> conseguire<br />
l’accertamento del diritto di comproprietà a lui<br />
spettante, nonché l’uso ed il godimento della cosa com<strong>un</strong>e<br />
nei limiti della sua quota. Correlativamente è ammissibile<br />
anche la revindica limitata ad <strong>un</strong>a sola quota,<br />
intesa questa non come oggetto ideale di possesso, ma<br />
come misura entro i cui limiti o il possesso o l’azione si<br />
esercitano. * Cass. civ., sez. II, 28 agosto 1990, n. 8884,<br />
De Gennaro c. De Gennaro. Si veda anche, in aggi<strong>un</strong>ta,<br />
Cass. II, 5 dicembre 1990, n. 11691, riportata sub art.<br />
1102, par. e-3).<br />
• Poiché l’azione di rivendicazione ha <strong>per</strong> oggetto la<br />
restituzione dell’identica cosa che l’attore afferma essere<br />
posseduta o detenuta dal convenuto, nel caso in cui la<br />
cosa sia venuta a mancare <strong>per</strong> distruzione o <strong>per</strong> altra causa<br />
già prima del processo, l’azione es<strong>per</strong>ibile è soltanto<br />
quella <strong>per</strong>sonale o di risarcimento dei danni, diretta a<br />
ottenere il valore pec<strong>un</strong>iario della cosa o, anche, trattandosi<br />
di cosa f<strong>un</strong>gibile, la restituzione di cosa analoga<br />
<strong>per</strong> specie, qualità, quantità ecc.; e in tale ipotesi rimane<br />
irrilevante, ai fini della qualificazione dell’azione, la circostanza<br />
che l’attore ponga a presupposto di essa l’affermazione<br />
della sua proprietà sulla cosa. * Cass. civ.,<br />
sez. II, 4 marzo 1975, n. 813. Conforme, sulla prima<br />
parte della massima, Cass. II, 18 aprile 2001, n. 5702.<br />
• Poichè, dalla entrata in vigore della legge 20 giugno<br />
1909, n. 364, la proprietà sui re<strong>per</strong>ti archeologici appartiene,<br />
a titolo originario, allo Stato, il privato che<br />
rivendichi il proprio diritto di proprietà su detti beni<br />
può solo eccepire, fornendone la relativa prova, che i<br />
beni stessi sono stati acquisiti in proprietà privata prima<br />
del 1909 ovvero far valere <strong>un</strong>a delle ipotesi nelle quali la<br />
legge 1 giugno 1939, n. 1089 consente che quei beni ricadano<br />
in proprietà di privati. * Cass. civ., sez. I, 1 dicembre<br />
2004, n. 22501, Giberti c. Min. beni culturali ed<br />
altro. [RV578633]<br />
b) Criteri distintivi e rapporti con altre azioni.<br />
b-1) Azioni di accertamento.<br />
• L’azione di mero accertamento del diritto di proprietà,<br />
tende ad eliminare ogni incertezza sulla legittimità<br />
del potere esercitato sulla cosa e si differenzia, <strong>per</strong>tanto,<br />
dall’azione di rivendicazione, che tende a conseguire<br />
la restituzione della cosa di cui il proprietario non abbia<br />
il possesso. Configura conseguentemente azione di accertamento<br />
e non di rivendica la domanda con la quale<br />
il proprietario den<strong>un</strong>ci <strong>un</strong>a turbativa nel godimento del<br />
bene rimasto in suo possesso (nella specie <strong>per</strong> l’abusiva<br />
estrazione di materiali rocciosi sottostanti <strong>un</strong> edificio) e<br />
chieda che venga dichiarata l’inesistenza di qualsiasi diritto<br />
da parte dell’autore della turbativa stessa. * Cass.<br />
civ., sez. II, 16 aprile 1975, n. 1446.<br />
• Il criterio distintivo tra azione di rivendica ed azione<br />
di accertamento del diritto di proprietà va individuato<br />
nella f<strong>un</strong>zione petitoria e restitutoria che ha l’azione<br />
reale di rivendicazione, caratterizzata dal presupposto<br />
che l’attore, assumendo di essere il proprietario della<br />
cosa e di non averne il possesso, agisca contro il possessore<br />
o il detentore <strong>per</strong> ottenere il riconoscimento del<br />
proprio diritto e <strong>per</strong> conseguire la restituzione del bene;<br />
invece, l’azione di accertamento della proprietà ha <strong>per</strong><br />
obiettivo non già la modificazione di <strong>un</strong>o stato di fatto<br />
non conforme allo stato di diritto, ma l’eliminazione di<br />
ogni incertezza circa la legittimità del potere di fatto sulla<br />
cosa, di cui l’attore è già investito, attraverso la dichiarazione<br />
che esso risponde esattamente allo stato di diritto.<br />
* Cass. civ., sez. II, 29 marzo 1976, n. 1122.<br />
• In tema di azione di accertamento, <strong>per</strong> essere obiettiva,<br />
l’incertezza che genera l’interesse ad agire deve essere<br />
provocata da <strong>un</strong> atto o fatto esteriore, tale da conferire<br />
attualità e concretezza a quello stato di dubbio di cui si<br />
vuol promuovere, mediante <strong>un</strong>a pron<strong>un</strong>zia di accertamento,<br />
l’effetto pregiudizievole; occorre quindi che l’incertezza<br />
sul contenuto di diritti e doveri sia attuale, non<br />
soltanto possibile ed eventuale, e nasca da <strong>un</strong> rapporto<br />
già esistente e non meramente ipotetico. * Cass. civ.,<br />
sez. <strong>un</strong>., 10 marzo 1976, n. 814.<br />
• Colui che agisce <strong>per</strong> l’accertamento della proprietà<br />
su di <strong>un</strong> bene a titolo originario ha l’onere di dimostrare<br />
i requisiti del possesso necessari <strong>per</strong> l’usucapione, tra i<br />
quali anche la durata del possesso medesimo <strong>per</strong> il <strong>per</strong>iodo<br />
prescritto dalla legge, in applicazione della regola<br />
generale sull’onere probatorio fissata dall’art. 2697 c.c.,<br />
in base al quale chi intende far valere <strong>un</strong> diritto in giudizio<br />
ha l’onere di provare i fatti costitutivi di esso. *<br />
Cass. civ., sez. II, 6 settembre 2002, n. 12984, Leoncini<br />
c. Drndyc. [RV557289]<br />
• Qualora <strong>un</strong> soggetto si limiti a richiedere al giudice<br />
l’accertamento che <strong>un</strong> determinato bene, detenuto da <strong>un</strong><br />
terzo, gli appartiene, senza chiederne la restituzione, tale<br />
azione, essendo pur sempre di natura reale, postula lo<br />
stesso rigore probatorio di quella di rivendicazione, con la<br />
quale coincide quanto all’accertamento della proprietà<br />
sulla cosa contesa. * Cass. civ., sez. II, 7 aprile 1987, n.<br />
3340. Conforme, Cass. II, 12 marzo 1993, n. 2989, la<br />
quale, tuttavia, fa “salvi i tem<strong>per</strong>amenti dovuti alla peculiarità<br />
del caso e all’atteggiamento difensivo del detentore<br />
convenuto”. Analogo appare l’orientamento<br />
delle tre massime che seguono. Difforme quello della<br />
successiva (Cass. II, 14 aprile 2005, n. 7777).<br />
• Colui il quale propone <strong>un</strong>’azione di accertamento<br />
della proprietà di <strong>un</strong> bene ha l’onere di allegare e provare<br />
il titolo del preteso dominio e tale esigenza probatoria non<br />
è attenuata o esclusa nel caso di rigetto degli ass<strong>un</strong>ti prospettati<br />
dal convenuto, neppure se volti ad ottenere il riconoscimento<br />
a suo favore della proprietà del medesimo<br />
bene, a meno che essi non risultino basati su asserzioni<br />
che presuppongano l’originaria sussistenza del titolo<br />
su cui si fonda la domanda dell’attore e ne deducano<br />
la sopravvenuta caducazione. * Cass. civ., sez. II, 22<br />
gennaio 2000, n. 696. Nello stesso senso, con riguardo<br />
alla prima parte della massima, Cass. II, 25 novembre<br />
1977, n. 5149. [RV533068]<br />
• L’attore che proponga <strong>un</strong>a domanda di accertamento<br />
della proprietà e non abbia il possesso della cosa oggetto<br />
del preteso diritto ha l’onere di offrire la stessa prova<br />
rigorosa richiesta <strong>per</strong> la rivendica (dimostrazione della<br />
titolarità del diritto mediante la prova di <strong>un</strong> acquisto a
735 TITOLO II - Della proprietà ART. 948<br />
titolo originario, eventualmente risalendo al titolo originario<br />
dei propri danti causa, o quanto meno il possesso<br />
continuato del bene conforme al titolo, da parte del<br />
proprietario ed eventualmente dei suoi danti causa, protratto<br />
<strong>per</strong> il tempo necessario all’usucapione del bene)<br />
<strong>per</strong>ché egli esercita <strong>un</strong>’azione a contenuto petitorio, diretta<br />
al conseguimento di <strong>un</strong>a pron<strong>un</strong>cia giudiziale utilizzabile<br />
<strong>per</strong> ottenere la consegna della cosa da parte di<br />
chi la possiede o la detiene. Al contrario è esonerato dall’onere<br />
della prova richiesta <strong>per</strong> la rivendicazione, dei<br />
vari trasferimenti della proprietà sino alla co<strong>per</strong>tura del<br />
tempo sufficiente ad usucapire, l’attore che propone<br />
<strong>un</strong>’azione di accertamento della proprietà ed abbia il<br />
possesso della cosa oggetto del preteso diritto (anche se<br />
tale minore rigore probatorio rispetto all’azione di rivendicazione<br />
non esime dall’onere di allegare e provare<br />
il titolo del proprio acquisto) e ciò <strong>per</strong>ché tale azione<br />
tende non già alla modifica di <strong>un</strong>o stato di fatto, ma<br />
solo alla eliminazione di <strong>un</strong>o stato di incertezza circa la<br />
legittimità del potere di fatto sulla cosa di cui l’attore è<br />
già investito. * Cass. civ., sez. II, 9 giugno 2000, n. 7894.<br />
Nello stesso senso, con riguardo alla seconda parte della<br />
massima: Cass. II, 4 dicembre 1997, n. 12300; Cass. II,<br />
18 agosto 2003, n. 12099.<br />
• Colui il quale propone <strong>un</strong>’azione di accertamento<br />
della proprietà di <strong>un</strong> bene non ha l’onere della probatio<br />
diabolica, ma soltanto quello di allegare e provare il titolo<br />
del proprio acquisto, atteso che detta azione mira<br />
non già alla modifica di <strong>un</strong>o stato di fatto, bensì solo<br />
all’eliminazione di <strong>un</strong>o stato di incertezza circa la legittimità<br />
del potere di fatto sulla cosa di cui l’attore è già<br />
investito. * Cass. civ., sez. II, 14 aprile 2005, n. 7777,<br />
Zocco ed altro c. Buccheri. [RV581810]<br />
• L’azione diretta all’accertamento della comproprietà<br />
di <strong>un</strong>a via privata agraria, della quale <strong>un</strong>o dei proprietari<br />
dei fondi latistanti assuma essergli impedito l’uso,<br />
non è soggetta al rigoroso regime probatorio della rivendica,<br />
potendo tale com<strong>un</strong>ione essere dimostrata con<br />
ogni mezzo, e, quindi, anche mediante pres<strong>un</strong>zioni. *<br />
Cass. civ., sez. II, 18 marzo 1986, n. 1840.<br />
b-2) Azioni di regolamento di confini.<br />
❖ Si veda infra, sub art. 950, par. b-1).<br />
b-3) Azioni di restituzione.<br />
• L’azione di rivendicazione e quella di restituzione<br />
hanno natura distinta. <strong>La</strong> prima ha carattere reale, si<br />
fonda sul diritto di proprietà di <strong>un</strong> bene, del quale l’attore<br />
assume di essere titolare e di non avere la disponibilità,<br />
ed è es<strong>per</strong>ibile contro chi<strong>un</strong>que in fatto possiede<br />
o detiene il bene al fine di ottenere l’accertamento del<br />
diritto di proprietà sul bene stesso e di riacquisirne il<br />
possesso. <strong>La</strong> seconda ha, invece, natura <strong>per</strong>sonale, si<br />
fonda sulla deduzione della insussistenza o del sopravvenuto<br />
venir meno di <strong>un</strong> titolo di detenzione del bene da<br />
parte di chi attualmente lo detiene <strong>per</strong> averlo ricevuto<br />
dall’attore o dal suo dante causa, ed è rivolta, previo<br />
accertamento di quella insussistenza o di quel venir<br />
meno, ad ottenere consequenzialmente la consegna del<br />
bene. Ne discende che l’attore in restituzione non ha<br />
l’onere di fornire la prova del suo diritto di proprietà;<br />
ma solo dell’originaria insussistenza o del sopravvenuto<br />
venir meno <strong>per</strong> invalidità, inefficacia, decorso del termine<br />
di durata, esercizio dell’eventuale facolta di recesso −<br />
del titolo giuridicio che legittimava il convenuto alla detenzione<br />
del bene nei suoi confronti. Le due azioni, pe-<br />
raltro, pur avendo causa pretendi e petitum distinti, in<br />
quanto dirette al raggi<strong>un</strong>gimento dello stesso risultato<br />
pratico della disponibilità materiale del bene riacquisito,<br />
possono non solo proporsi in via alternativa o subordinata<br />
nel medesimo giudizio, ma anche trasformarsi<br />
l’<strong>un</strong>a nell’altra nel corso di esso, nel rispetto delle preclusioni<br />
introdotte nel codice di rito dalla legge n. 353<br />
del 1990. * Cass. civ., sez. III, 10 dicembre 2004, n.<br />
23086, Tarim c. Citriniti. Nello stesso senso, sulla prima<br />
parte, anche: Cass. III, 24 febbraio 2000, n. 2092; Cass.<br />
II, 12 ottobre 2000, n. 13605; Cass. II, 19 febbraio 2002,<br />
n. 2392; Cass. II, 4 luglio 2005, n. 14135. [RV578708]<br />
• L’azione di rivendica e quella di restituzione, pur<br />
tendendo entrambe al risultato pratico di far recu<strong>per</strong>are<br />
il possesso della cosa, hanno natura e presupposti diversi,<br />
in quanto con la prima, di carattere reale, l’attore assume<br />
di essere proprietario della cosa e di non averne più<br />
il possesso, sicché agisce contro chi<strong>un</strong>que di fatto la<br />
possieda o la detenga, sia al fine di ottenere il riconoscimento<br />
del suo diritto di proprietà e sia al fine di conseguire<br />
il possesso della cosa stessa; mentre la seconda<br />
azione, di natura <strong>per</strong>sonale, ha il suo fondamento nel<br />
venir meno del titolo in base al quale la cosa sia stata<br />
trasferita, e con essa l’attore non mira ad ottenere il riconoscimento<br />
del suo diritto di proprietà, del quale non<br />
deve fornire la prova, ma tende ad ottenere la riconsegna<br />
della cosa stessa, onde si può limitare alla dimostrazione<br />
dell’avvenuta consegna in base ad <strong>un</strong> titolo e del<br />
successivo venir meno di quest’ultimo <strong>per</strong> qualsiasi causa.<br />
* Cass. civ., sez. II, 30 novembre 1987, n. 8895. Conforme,<br />
Cass. III, 27 gennaio 1997, n. 808. Nello stesso<br />
senso, con riguardo al diverso oggetto dell’onere probatorio,<br />
anche: Cass. III, 24 febbraio 2000, n. 2092; Cass.<br />
II, 12 ottobre 2000, n. 13605; Cass. II, 19 febbraio 2002,<br />
n. 2392.<br />
• L’azione di rivendicazione e quella di restituzione<br />
− pur differenziandosi <strong>per</strong>ché, mentre la prima, di natura<br />
reale, tende al riconoscimento del diritto di proprietà<br />
dell’attore ed al conseguimento del possesso sottrattogli<br />
contro la sua volontà, la seconda, di natura <strong>per</strong>sonale,<br />
presuppone che la detenzione della cosa sia stata trasferita<br />
al convenuto dall’attore o dal suo dante causa in<br />
<strong>forza</strong> di <strong>un</strong> rapporto successivamente venuto meno <strong>per</strong><br />
invalidità, inefficacia, decorso del termine di durata,<br />
esercizio della facoltà di recesso, con il conseguente sorgere<br />
dell’obbligo di restituzione − sono entrambe dirette<br />
allo stesso risultato pratico del recu<strong>per</strong>o del possesso del<br />
bene, con la conseguenza che possono essere proposte<br />
in via (anche implicitamente) alternativa, ovvero che,<br />
essendo stata proposta espressamente soltanto <strong>un</strong>a di<br />
esse, questa possa trasformarsi, in corso di giudizio, nell’altra<br />
in relazione alle eccezioni del convenuto ed a determinate<br />
condizioni. * Cass. civ., sez. II, 7 gennaio<br />
1983, n. 120. Conforme, Cass. II, 28 gennaio 1985, n.<br />
439.<br />
• Nella revindica, il rapporto di strumentalità dell’accertamento<br />
della proprietà, rispetto alla pron<strong>un</strong>cia<br />
di condanna alla restituzione del possesso, non è sufficiente<br />
a far ritenere necessariamente inclusi nell’oggetto<br />
del giudizio tutti i fatti e titoli che concorrono com<strong>un</strong>que<br />
a delineare la certezza erga omnes dell’acquisto del<br />
rivendicante e, <strong>per</strong>ciò, anche della verifica di <strong>un</strong>a scrittura<br />
privata di vendita al dante causa di quest’ultimo, che<br />
sia confluita nella controversia sulla proprietà. * Cass.<br />
civ., sez. II, 11 febbraio 1977, n. 612.
ART. 948 LIBRO III - Della proprietà 736<br />
• L’azione di restituzione di <strong>un</strong> bene postula che siano<br />
incontestati la proprietà o il possesso dello stesso (a<br />
mezzo di <strong>un</strong> detentore) da parte dell’attore e la qualità<br />
di detentore (e non di possessore) del convenuto e che<br />
tale detenzione sia priva di qualsiasi titolo giustificativo,<br />
<strong>per</strong> essere questo carente ab origine o venuto meno successivamente<br />
<strong>per</strong> accertata invalidità o inefficacia, ovvero<br />
<strong>per</strong> esaurimento della sua f<strong>un</strong>zione (decorso del termine<br />
di durata, esercizio della facoltà di recesso). *<br />
Cass. civ., sez. II, 5 aprile 1984, n. 2210. Nello stesso<br />
senso, Cass. II, 26 aprile 1994, n. 3937.<br />
• L’es<strong>per</strong>ibilità dell’azione di rivendicazione richiede<br />
che l’attore possa considerarsi attualmente proprietario<br />
della cosa rivendicata. Pertanto, quando la medesima sia<br />
stata consegnata dall’attore al convenuto in <strong>forza</strong> di <strong>un</strong><br />
contratto astrattamente idoneo a trasmettergliene la<br />
proprietà, l’attore che voglia tornare in possesso della<br />
cosa può es<strong>per</strong>ire l’azione di revindica in alternativa con<br />
quella contrattuale soltanto se sostenga la nullità del<br />
contratto. Entrambe tali azioni sono imprescrittibili.<br />
L’azione di rivendicazione mira, <strong>per</strong> sua stessa natura,<br />
a far recu<strong>per</strong>are all’attore la materiale disponibilità della<br />
cosa e presuppone, quindi, nell’attore l’attualità, oltre<br />
che del diritto di proprietà, anche dello jus possidendi e<br />
detinendi. <strong>La</strong> suddetta azione non può, <strong>per</strong>tanto, essere<br />
esercitata quando sussiste <strong>un</strong> titolo, opponibile all’attore,<br />
idoneo ad attribuire al convenuto la qualità di legittimo<br />
detentore della cosa, come nell’ipotesi in cui la<br />
cosa sia stata consegnata al convenuto in <strong>forza</strong> di <strong>un</strong><br />
contratto di comodato, di locazione, di pegno. Nell’ipotesi<br />
in cui la cosa sia stata volontariamente consegnata<br />
ad altri nella convinzione che questi ne fosse il proprietario,<br />
il tradens che, accortosi dell’errore di tale convincimento,<br />
voglia affermare di essere egli il proprietario<br />
della cosa stessa, può es<strong>per</strong>ire, a sua scelta, o l’azione di<br />
restituzione di cosa determinata ai sensi dell’art. 2037<br />
c.c., ovvero l’azione di rivendicazione. Per la prima basta<br />
che l’attore dimostri che la cosa non è di proprietà<br />
del convenuto, sostenendo che il medesimo non ha alc<strong>un</strong><br />
titolo a possederla o a detenerla; <strong>per</strong> la seconda<br />
deve, invece, provare di essere proprietario della cosa.<br />
<strong>La</strong> prima azione si prescrive in dieci anni, mentre l’azione<br />
di revindica è imprescrittibile. * Cass. civ., sez. I, 12<br />
febbraio 1975, n. 556.<br />
• Ai fini dell’esercizio dell’azione di rivendicazione<br />
(art. 948 c.c.), non è necessario che l’attore sia stato spossessato<br />
del bene senza o contro la sua volontà. Di conseguenza,<br />
la circostanza che egli abbia trasferito volontariamente<br />
il possesso del bene in attuazione di <strong>un</strong>’obbligazione<br />
contrattualmente ass<strong>un</strong>ta non gli preclude −<br />
ove deduca che eventi giuridici successivi hanno determinato<br />
il venir meno del diritto dell’accipiens al possesso<br />
e l’insorgenza del proprio diritto, quale proprietario,<br />
a riottenerlo − l’agire in rivendica, invece che con l’azione<br />
<strong>per</strong>sonale di restituzione. * Cass. civ., sez. I, 3 maggio<br />
1991, n. 4836, Velardi c. Fallimento Ruggero.<br />
• Il proprietario comodante può avvalersi, al fine di<br />
conseguire il rilascio del bene concesso ad altri in godimento,<br />
sia dell’azione di rivendica che della azione contrattuale<br />
di natura obbligatoria; in questa seconda ipotesi,<br />
l’attore non ha l’onere di provare la proprietà del<br />
bene medesimo, bensì soltanto l’esistenza del contratto<br />
di comodato e le sue implicazioni di carattere soggettivo,<br />
senza che possa rilevare al riguardo di tale regime<br />
probatorio che il convenuto abbia eccepito l’usucapione<br />
del bene in suo favore, in quanto tale pretesa non è ido-<br />
nea a trasformare in reale l’azione tipicamente <strong>per</strong>sonale<br />
proposta nei suoi confronti. * Cass. civ., sez. II, 16<br />
agosto 1990, n. 8326, Spidolini c. Sbrocca.<br />
• L’azione di revindica, di natura reale, è condizionata<br />
alla prova della proprietà della cosa da parte dell’attore e<br />
del possesso di essa da parte del convenuto, di guisa che<br />
diventa onere di quest’ultimo dimostrare la legittimità del<br />
suo possesso. Al contrario, l’azione di restituzione è di natura<br />
<strong>per</strong>sonale e richiede la prova della consegna della cosa<br />
e della mancanza di titolo <strong>per</strong> la ulteriore detenzione. *<br />
Cass. civ., sez. II, 27 novembre 1973, n. 3237.<br />
• Perché si possa configurare la trasformazione di<br />
<strong>un</strong>’azione di revindica in azione di restituzione, è necessario<br />
che il convenuto non contesti il diritto reale dell’attore,<br />
ma si limiti a negare di dover consegnare la cosa<br />
sulla base di <strong>un</strong> rapporto di natura <strong>per</strong>sonale, e che l’attore,<br />
riconoscendo l’esistenza di tale rapporto, ne adduca<br />
il suo successivo venir meno. <strong>Se</strong> il convenuto, invece,<br />
contesta il diritto di proprietà dell’attore, opponendo<br />
<strong>un</strong> suo titolo di proprietà, l’azione di revindica resta<br />
tale, <strong>per</strong>ché la controversia rimane pur sempre sull’accertamento<br />
della titolarità del diritto dominicale. *<br />
Cass. civ., sez. I, 14 marzo 1974, n. 700.<br />
• L’azione <strong>per</strong>sonale diretta a conseguire la restituzione<br />
di <strong>un</strong> bene detenuto a titolo precario, non si trasforma<br />
in azione reale in presenza delle contestazioni<br />
del convenuto in ordine alla proprietà del bene medesimo.<br />
* Cass. civ., sez. III, 9 settembre 1998, n. 8930. Nello<br />
stesso senso, Cass. II, 12 ottobre 2000, n. 13605.<br />
b-4) Azione negatoria.<br />
• Non esiste rapporto di pregiudizialità in senso proprio<br />
tra l’azione di rivendicazione della proprietà di <strong>un</strong> bene e<br />
quella negatoria, intesa ad escludere la sussistenza di diritti<br />
vantati da altri sullo stesso bene. Infatti, il primo giudizio,<br />
che ha <strong>un</strong> ambito più ampio del secondo, includendolo ed<br />
assorbendolo, esige <strong>un</strong>a dimostrazione piena della proprietà<br />
da parte di chi se ne afferma titolare, che, invece,<br />
non è imposta con pari rigore a chi esercita <strong>un</strong>’actio negatoria,<br />
sicché, <strong>per</strong> decidere relativamente a quest’ultima<br />
non è necessario attendere l’esito dell’altro giudizio, essendo<br />
sufficienti elementi di prova desumibili anche da<br />
semplici pres<strong>un</strong>zioni. * Cass. civ., sez. II, 7 aprile 2000, n.<br />
4349, Scocco c. Balduzzi. [RV535404]<br />
❖ Si veda, <strong>per</strong> il resto, sub art. 949, par. a-4).<br />
b-5) Azione di simulazione.<br />
• Non si ha azione di rivendicazione, bensì azione di<br />
simulazione relativa, tutte le volte che l’attore pretenda<br />
di aver diritto ad <strong>un</strong> bene determinato, non già vantando<br />
<strong>un</strong> titolo di proprietà anteriore al titolo di acquisto<br />
del convenuto e su esso prevalente, ma affermando la<br />
invalidità dell’acquisto del convenuto (siccome apparente)<br />
e l’efficacia della vendita fatta al proprio dante<br />
causa (siccome realmente voluta). In tal caso, infatti, la<br />
domanda è rivolta <strong>un</strong>icamente e direttamente a invalidare<br />
il negozio dal quale deriva il diritto di proprietà del<br />
convenuto. * Cass. civ., sez. II, 23 ottobre 1974, n. 3067.<br />
b-6) Azioni previste dall’art. 936 c.c.<br />
❖ Si veda sub art. 936, par. a-5).<br />
c) Onere probatorio.<br />
c-1) In genere.<br />
• Nell’azione di rivendicazione ex art. 948 c.c., la<br />
quale tende al riconoscimento del diritto di proprietà
737 TITOLO II - Della proprietà ART. 948<br />
dell’attore ed al rilascio in suo favore del bene rivendicato,<br />
l’attore è soggetto ad <strong>un</strong> onere probatorio rigoroso,<br />
in quanto è tenuto a provare la proprietà del bene<br />
risalendo, anche attraverso i propri danti in causa, sino<br />
ad <strong>un</strong> acquisto originario, ovvero dimostrando il compimento<br />
dell’usucapione, mediante il cumulo dei successivi<br />
possessi uti dominus. (Nella specie, la S.C. ha cassato<br />
la sentenza impugnata la quale, pur in presenza di contestazioni<br />
da parte dei convenuti, aveva ricavato la proprietà<br />
del rivendicante su dati pres<strong>un</strong>tivi, derivati dalle<br />
certificazioni catastali). * Cass. civ., sez. II, 28 gennaio<br />
1995, n. 1044. Nello stesso senso, sulla prima parte della<br />
massima, Cass. II, 13 ottobre 1999, n. 11521.<br />
• Il rigoroso onere probatorio di norma gravante sul<br />
soggetto che agisce in rivendicazione può essere assolto<br />
con la deduzione e la dimostrazione, da parte sua o dell’acquisto<br />
del bene a titolo derivativo e della totalità del<br />
diritto di proprietà in capo ai precedenti danti causa,<br />
fino a risalire ad <strong>un</strong> acquisto a titolo originario, o dell’avvenuto<br />
compimento dell’usucapione in suo favore. Il<br />
giudice, <strong>per</strong>ò, non può valorizzare ai fini della prova<br />
della proprietà il godimento del bene da parte del rivendicatore,<br />
qualora lo stesso non abbia allegato l’usucapione<br />
quale titolo d’acquisto. * Cass. civ., sez. II, 1 marzo<br />
1995 n. 2334.<br />
• Nell’azione di rivendicazione incombe sull’attore<br />
l’onere di provare l’esistenza dell’asserito dominio sulla<br />
cosa rivendicata, risalendo, anche attraverso i propri<br />
danti causa, fino ad <strong>un</strong> acquisto a titolo originario, ovvero<br />
dimostrando il compimento dell’usucapione a suo<br />
favore, mentre ness<strong>un</strong> onere probatorio grava sul convenuto,<br />
il quale può trincerarsi dietro il possideo quia possideo<br />
o anche affermare di essere proprietario della cosa<br />
medesima, senza che quest’ultima affermazione possa<br />
tornare a suo pregiudizio, non implicando di <strong>per</strong> sé rin<strong>un</strong>cia<br />
alla posizione vantaggiosa derivantegli dal possesso<br />
e non esonerando l’attore dalla prova a suo carico.<br />
* Cass. civ., sez. II, 13 aprile 1987, n. 3669. Nello stesso<br />
senso: Cass. II, 14 giugno 1976, n. 2718; Cass. II, 12<br />
dicembre 1977, n. 5394.<br />
• Soggiace all’onere di offrire la prova rigorosa prescritta<br />
in tema di azione di rivendica della proprietà dall’art.<br />
948 c.c. chi − invocando la qualità di comproprietario<br />
e non di proprietario esclusivo del bene − agisca <strong>per</strong><br />
ottenere − previo accertamento della com<strong>un</strong>ione − il recu<strong>per</strong>o<br />
della utilizzazione della cosa − di cui lamenti di<br />
essere stato privato − attraverso <strong>un</strong> provvedimento che<br />
gli consenta l’esercizio dei poteri spettanti al com<strong>un</strong>ista<br />
nell’uso della cosa com<strong>un</strong>e impedito dal comportamento<br />
del comproprietario. (<strong>La</strong> Corte ha ritenuto corretta<br />
la decisione impugnata che, nel ritenere non assolto<br />
l’onere probatorio di cui all’art. 948 c.c. aveva rigettato<br />
la domanda con cui l’attore, assumendo di essere comproprietario<br />
di <strong>un</strong>o spiazzo com<strong>un</strong>e anche al convenuto,<br />
aveva chiesto l’accertamento della relativa comproprietà<br />
con la condanna del predetto convenuto alla rimozione<br />
delle macerie dal medesimo depositate in<br />
modo da impedire il passaggio esercitato dall’istante). *<br />
Cass. civ., sez. II, 24 febbraio 2004, n. 3648, Piacquadio<br />
c. Bontempo. [RV570460]<br />
• L’attore che agisce in rivendicazione assumendo<br />
essergli inopponibile il titolo di acquisto (derivativo) del<br />
convenuto, in quanto trascritto posteriormente al proprio,<br />
ha l’onere di dimostrare la provenienza di entrambi<br />
i titoli dal medesimo dante causa. * Cass. civ., sez. II,<br />
18 marzo 1999, n. 2485, Di Maria c. Marino.<br />
[RV524266]<br />
• Colui il quale propone <strong>un</strong>’azione di accertamento<br />
della proprietà di <strong>un</strong> bene ha l’onere di allegare e provare<br />
il titolo del preteso dominio e tale esigenza probatoria<br />
non è attenuata o esclusa nel caso di rigetto degli ass<strong>un</strong>ti<br />
prospettati dal convenuto, neppure se volti ad ottenere<br />
il riconoscimento a suo favore della proprietà del medesimo<br />
bene, a meno che essi non risultino basati su asserzioni<br />
che presuppongano l’originaria sussistenza del titolo<br />
su cui si fonda la domanda dell’attore e ne deducano<br />
la sopravvenuta caducazione. * Cass. civ., sez. II, 22<br />
gennaio 2000, n. 696. Nello stesso senso, con riguardo<br />
alla prima parte della massima, Cass. II, 25 novembre<br />
1977, n. 5149.<br />
• L’attore in rivendica è tenuto a dimostrare la proprietà<br />
del bene che assume a lui appartenente fornendo<br />
la prova (anche risalendo ai propri danti causa) dell’acquisto<br />
a titolo originario della res oggetto della controversia,<br />
non potendo, all’uopo, ritenersi sufficiente la<br />
mera produzione di documentazione amministrativa (nella<br />
specie, nota di trascrizione nei registri immobiliari,<br />
nota dell’ufficio del registro, den<strong>un</strong>cia di successione del<br />
pres<strong>un</strong>to dominus, dati ricavati dai registri catastali),<br />
ovvero l’assenza di contestazioni sul tema da parte del<br />
convenuto, sul quale, inoltre, non può ritenersi gravante<br />
alc<strong>un</strong> onere di allegazione o dimostrazione della legittimità<br />
del possesso da lui esercitato. * Cass. civ., sez. II,<br />
21 novembre 1997, n. 11605, D’Ambrosio c. Colonna.<br />
[RV510227]<br />
• In tema di rivendica, anche mobiliare, il principio<br />
secondo cui l’attore è onerato della prova dell’asserito<br />
diritto domenicale mediante la dimostrazione, ove occorrente,<br />
del titolo originario di acquisto del bene va<br />
interpretato in relazione alle concrete peculiarità delle<br />
singole fattispecie sottoposte all’esame del giudice di<br />
merito, potendo astrattamente assumere rilevanza anche<br />
il contenuto della difesa di volta in volta opposta dal convenuto,<br />
nel rispetto del più generale principio secondo<br />
cui le dichiarazioni del possessore o del detentore possono<br />
essere ritenute significative se interpretate nel più<br />
ampio contesto di tutte le risultanze relative alla condotta<br />
del soggetto, secondo <strong>un</strong> criterio di valutazione<br />
oggettiva. * Cass. civ., sez. I, 19 agosto 1998, n. 8176.<br />
• In tema di azioni reali es<strong>per</strong>ite a tutela di facoltà<br />
comprese nel diritto di proprietà o di diritti ad esso accessori<br />
il soggetto che sia nel possesso nel bene, è gravato<br />
− relativamente all’asserito diritto di proprietà − di <strong>un</strong><br />
onere probatorio meno rigoroso di quello a carico dell’attore<br />
in rei vindicatio, in quanto limitato alla sola giustificazione<br />
del possesso, mentre, qualora la medesima<br />
azione sia es<strong>per</strong>ita da soggetto che non abbia il possesso<br />
del bene, l’accertamento della proprietà, ove contestata<br />
dalla controparte che se ne assuma a sua volta titolare,<br />
soggiace allo stesso onere probatorio della rei vindicatio,<br />
di cui ha analogo effetto recu<strong>per</strong>atorio. * Cass. civ., sez.<br />
II, 18 agosto 2003, n. 12091, Bianchi c. Cavicchia.<br />
[RV565921]<br />
• Nel giudizio di rivendicazione l’attore deve provare<br />
di esser diventato proprietario della cosa rivendicata, risalendo,<br />
anche attraverso i propri danti causa, fino ad <strong>un</strong><br />
acquisto a titolo originario, o dimostrando il possesso<br />
proprio e dei suoi danti causa <strong>per</strong> il tempo necessario<br />
<strong>per</strong> l’usucapione. <strong>Se</strong> poi anche il possesso è contestato dal<br />
convenuto, l’attore non può limitarsi a dimostrare che<br />
il titolo o i titoli (tra i quali, <strong>per</strong> la sua natura dichiara-
ART. 948 LIBRO III - Della proprietà 738<br />
tiva, non può annoverarsi la divisione, salvo che si provi<br />
il titolo d’acquisto della com<strong>un</strong>ione) risalgono ad <strong>un</strong><br />
ventennio, ma deve provare che egli o i suoi danti causa<br />
abbiano effettivamente e continuativamente posseduto<br />
l’immobile, salva la pres<strong>un</strong>zione iuris tantum di possesso<br />
intermedio, senza che il rigore di siffatto onere probatorio<br />
sia attenuato dalla mera proposizione di <strong>un</strong>a domanda<br />
riconvenzionale o di <strong>un</strong>’eccezione di usucapione<br />
da parte del convenuto, quando queste non siano formulate<br />
in modo da comportare il riconoscimento della<br />
pregressa titolarità del diritto da parte dell’attore o dei<br />
suoi «danti causa». (Nella specie la S.C. ha annullato la<br />
sentenza impugnata, che non aveva compiuto alc<strong>un</strong> effettivo<br />
accertamento circa l’esistenza di <strong>un</strong>a situazione<br />
possessoria in capo agli attori e ai loro danti causa, impropriamente<br />
valorizzando a tal fine <strong>un</strong> atto di divisione<br />
e <strong>un</strong>a successiva attribuzione testamentaria). * Cass.<br />
civ., sez. II, 4 marzo 1997, n. 1925. Nello stesso senso:<br />
Cass. II, 7 maggio 1984, n. 2766; Cass. II, 6 novembre<br />
1985, n. 5398.<br />
• <strong>La</strong> prova a carico di colui che agisce in rivendicazione<br />
deve dimostrare la <strong>per</strong>sistenza del diritto vantato<br />
fino alla domanda e l’azione deve ritenersi infondata se,<br />
pur essendo dimostrato il diritto del rivendicante <strong>per</strong> <strong>un</strong><br />
certo <strong>per</strong>iodo, esso risulti successivamente <strong>per</strong>duto <strong>per</strong><br />
l’acquisto dello stesso bene validamente effettuato dal<br />
convenuto. * Cass. civ., sez. III, 25 ottobre 1976, n.<br />
3859.<br />
• In tema di azione di rivendicazione non sussiste alc<strong>un</strong>a<br />
norma che limiti a prova a quella documentale, tanto<br />
più che l’azione può essere esercitata anche da chi<br />
abbia acquistato la proprietà <strong>per</strong> usucapione, senza necessità<br />
di alc<strong>un</strong> precedente accertamento giudiziale. *<br />
Cass. civ., sez. I, 29 giugno 1977, n. 2799, Arch. civ.<br />
1977, 1112.<br />
• <strong>La</strong> prova della proprietà di beni immobili non può<br />
essere fornita con la produzione dei certificati catastali,<br />
i quali sono soltanto elementi sussidiari in materia di<br />
regolamento di confini ai sensi dell’art. 950 c.c., né con<br />
pretesi riconoscimenti della controparte, essendo necessario<br />
in materia l’atto scritto ad substantiam o <strong>un</strong> fatto<br />
equiparato come l’usucapione, né può riconoscersi la<br />
proprietà immobiliare in base ad <strong>un</strong> procedimento deduttivo,<br />
non ammettendo la forma scritta equipollente<br />
e quindi in base ad <strong>un</strong> atto o fatto che possa presupporla<br />
ma non la consacra direttamente a favore del soggetto<br />
come il decreto pretorile di riconoscimento dell’usucapione<br />
ex art. 1159 bis c.c. * Cass. civ., sez. II, 11 novembre<br />
1997, n. 11115, Marchesi ed altro c. Tamborlani<br />
ed altro. [RV509731]<br />
• Il principio secondo il quale il contenuto delle<br />
mappe catastali non ha rilievo decisivo in tema di azione<br />
di rivendica o di accertamento della proprietà (non essendo<br />
l’attore dispensato dall’onere di fornire anche<br />
ali<strong>un</strong>de la dimostrazione del titolo posto a fondamento<br />
dell’azione) non esclude che i rilievi topografici di dette<br />
mappe, oggetto della diretta constatazione da parte dei<br />
<strong>per</strong>iti governativi, costituiscano piena prova delle constatazioni<br />
stesse e della conformazione degli immobili<br />
(nella specie, <strong>un</strong>a strada assertivamente com<strong>un</strong>ale) censiti<br />
all’epoca delle o<strong>per</strong>azioni di rilevamento, pur se nei<br />
limiti dei dati tecnici rilevati. * Cass. civ., sez. III, 16<br />
giugno 1998, n. 5980.<br />
• In tema di azione di rivendicazione, ai fini della<br />
prova dell’estensione della proprietà, non è decisiva la su<strong>per</strong>ficie<br />
indicata nell’atto di compravendita, poiché<br />
l’estensione del fondo va determinata in base ai confini<br />
menzionati nel contratto, ove essi siano precisi e riscontrabili<br />
sul terreno. * Cass. civ., sez. II, 12 marzo 2002, n.<br />
3568. [RV553014]<br />
• <strong>La</strong> den<strong>un</strong>cia di successione − avente, di <strong>per</strong> sé, efficacia<br />
a soli fini fiscali e priva di rilevanza civilistica se<br />
non di tipo indiziario − è inidonea a fornire la prova del<br />
diritto di proprietà di <strong>un</strong> determinato bene, così come,<br />
<strong>per</strong> converso, la mancata indicazione in essa di <strong>un</strong> bene<br />
non consente di desumere automaticamente il difetto<br />
del relativo diritto di proprietà. * Cass. civ., sez. II, 29<br />
luglio 2004, n. 14395, Tozzi ed altro c. Zangrilli.<br />
[RV575072]<br />
• <strong>La</strong> den<strong>un</strong>cia di successione − avente, di <strong>per</strong> sè, efficacia<br />
a soli fini fiscali − non è idonea a fornire la prova<br />
del diritto di proprietà di <strong>un</strong> determinato bene, ma, in<br />
assenza di prove o indizi di segno contrario, può costituire<br />
elemento di convincimento del giudice in favore di<br />
chi la alleghi a dimostrazione di <strong>un</strong>a situazione di fatto<br />
esistente al momento della den<strong>un</strong>cia stessa. * Cass. civ.,<br />
sez. II, 8 novembre 2002, n. 15716, Del Prete c. Carlot.<br />
[RV558360]<br />
• L’azione di accertamento della comproprietà di<br />
<strong>un</strong>a via privata agraria costituita ex collatione privatorum<br />
agrorum, promossa da <strong>un</strong>o dei proprietari dei fondi<br />
latistanti che pretende di usare la strada contro la volontà<br />
degli altri, non è soggetta al rigoroso regime probatorio<br />
delle revindica, <strong>per</strong>ché tale com<strong>un</strong>ione, al pari<br />
di ogni altra comm<strong>un</strong>io incidens, può anche essere dimostrata<br />
con testimoni e pres<strong>un</strong>zioni semplici desumibili<br />
dal prol<strong>un</strong>gato e pacifico uso della strada da parte dei<br />
proprietari stessi, dalle caratteristiche dei luoghi, dalle<br />
esigenze di com<strong>un</strong>icazione e colture dei fondi attraversati,<br />
a meno che dai titoli risulti, in contrasto con i predetti<br />
elementi indiziari, che la via appartiene soltanto ad<br />
alc<strong>un</strong>i dei proprietari dei fondi latistanti o che la porzione<br />
di terreno che la parte assume di avere conferito <strong>per</strong><br />
la formazione della strada agraria apparteneva al demanio<br />
com<strong>un</strong>ale. * Cass. civ., sez. II, 26 febbraio 1996, n.<br />
1480, Moletta c. Trombetta. Nello stesso senso, fra le<br />
altre: Cass. civ., sez. II, 18 aprile 1998, n. 3984; Cass.<br />
civ., sez. II, 9 ottobre 1998, n. 9996.<br />
c-2) Attenuazione.<br />
• I principi in tema di prova nel giudizio di rivendica<br />
non hanno carattere assoluto, ma vanno adeguati alle particolarità<br />
del caso concreto. Ne consegue che il rigore<br />
della prova si attenua allorquando il convenuto non<br />
contesti l’originaria appartenenza del bene conteso ad<br />
<strong>un</strong> com<strong>un</strong>e dante causa o ad <strong>un</strong>o dei danti causa dell’attore,<br />
e contrapponga l’esistenza di <strong>un</strong> suo titolo derivativo<br />
di proprietà che abbia <strong>per</strong> presupposto l’originaria<br />
appartenenza del cespite al dante causa indicato dal rivendicante,<br />
bastando, in tal caso, che questi si limiti a dimostrare<br />
che il bene medesimo ha formato oggetto del<br />
proprio titolo d’acquisto, <strong>per</strong>chè la proprietà sia attribuita<br />
alla parte che ha addotto <strong>un</strong> titolo prevalente rispetto<br />
a quello dell’altra. * Cass. civ., sez. II, 22 luglio 2005, n.<br />
15388, Ciaramella c. Sasso ed altri. [RV582710]<br />
• L’onere probatorio a carico del rivendicante può<br />
ritenersi attenuato (limitandosi <strong>per</strong>ciò alla dimostrazione<br />
che il bene conteso abbia formato oggetto del titolo<br />
d’acquisto del rivendicante, e che tale titolo prevalga su<br />
quello dell’avversario), qualora chi subisce l’azione di<br />
rivendica non contesti il titolo di proprietà − proveniente<br />
da <strong>un</strong> com<strong>un</strong>e dante causa nè direttamente, nè attra-
739 TITOLO II - Della proprietà ART. 948<br />
verso la deduzione di <strong>un</strong> titolo contemporaneo o anteriore<br />
atto a contrastarlo. * Cass. civ., sez. II, 21 gennaio<br />
2004, n. 901, Esposito c. Tealdo. [RV569533]<br />
• Il rigore del principio secondo il quale chi agisce in<br />
rivendicazione deve provare la sussistenza sull’asserito<br />
dominio sulla cosa rivendicata risalendo, anche attraverso<br />
i propri danti causa, fino ad <strong>un</strong> acquisto a titolo<br />
originario o dimostrando il compimento dell’usucapione,<br />
si attenua allorquando i due contendenti pongano a<br />
base delle rispettive ragioni e difese il medesimo titolo di<br />
acquisto dello stesso dante causa, mancando in tal caso<br />
ogni contestazione sul diritto di proprietà di quest’ultimo<br />
e risolvendosi la controversia attraverso la verifica<br />
della validità dell’atto di acquisto a favore dell’<strong>un</strong>o o<br />
dell’altro degli stessi contendenti. * Cass. civ., sez. II, 5<br />
giugno 1991, n. 6359, Sanna c. Randaccio ed altro. Nello<br />
stesso senso di questa e della massima precedente:<br />
Cass. II, 18 agosto 1990, n. 8394; Cass. II, 25 marzo<br />
1995 n. 3564; Cass. II, 11 marzo 2004, n. 4975.<br />
• Il rigore probatorio sotteso all’esercizio dell’azione<br />
di rivendica, che impone all’attore la dimostrazione dell’acquisto<br />
del bene a titolo originario (o della ricezione<br />
del medesimo, <strong>per</strong> effetto di <strong>un</strong>a serie ininterrotta di trasferimenti,<br />
da chi lo aveva acquistato a detto titolo, ovvero<br />
del protrarsi di tale serie di validi trasferimenti <strong>per</strong><br />
il tempo necessario all’usucapione), non può ritenersi attenuato<br />
dalla proposizione di <strong>un</strong>a mera eccezione o di <strong>un</strong>a<br />
domanda riconvenzionale di usucapione da parte del convenuto<br />
(attesane la natura di acquisto a titolo originario,<br />
tale da non presupporre alc<strong>un</strong> riconoscimento in favore<br />
della controparte), tale attenuazione potendo dirsi<br />
verificata, invece, nella ipotesi in cui sia opposto <strong>un</strong> acquisto<br />
solo successivo al titolo del rivendicante, ovvero<br />
venga riconosciuta la originaria appartenenza del bene<br />
ad <strong>un</strong> com<strong>un</strong>e dante causa, ed invocata la detta usucapione<br />
solo come successiva a tale appartenenza. * Cass.<br />
civ., sez. II, 26 giugno 1997, n. 5711. Nello stesso senso:<br />
Cass. II, 16 dicembre 1994, n. 10815; Cass. II, 23 maggio<br />
1996, n. 4748; Cass. II, 29 agosto 1997, n. 8246.; Cass.<br />
II, 5 gennaio 2000, n. 43; Cass. II, 12 aprile 2001, n.<br />
5472.<br />
• Il rigore del principio secondo il quale l’attore in rivendica<br />
deve provare la sussistenza dell’asserito diritto<br />
di proprietà sul bene anche attraverso i propri danti<br />
causa fino a risalire ad <strong>un</strong> acquisto a titolo originario,<br />
ovvero dimostrando il compimento dell’usucapione,<br />
non è, di regola, attenuato dalla proposizione, da parte<br />
del convenuto, di <strong>un</strong>a domanda riconvenzionale (o di<br />
<strong>un</strong>’eccezione) di usucapione (atteso che il convenuto in<br />
<strong>un</strong> giudizio di rivendica non ha l’onere di fornire alc<strong>un</strong>a<br />
prova, pur nell’opporre <strong>un</strong> proprio diritto di dominio<br />
sulla cosa rivendicata), anche se la mancata contestazione,<br />
da parte del convenuto stesso, dell’originaria appartenenza<br />
del bene rivendicato al com<strong>un</strong>e autore ovvero<br />
ad <strong>un</strong>o dei danti causa dell’attore comporta che il<br />
rivendicante possa, in tal caso, limitarsi alla dimostrazione<br />
di come il bene in contestazione abbia formato<br />
oggetto di <strong>un</strong> proprio, valido titolo di acquisto, tuttavia,<br />
l’opposizione di <strong>un</strong> acquisto <strong>per</strong> usucapione il cui<br />
dies a quo sia successivo a quello del titolo di acquisto<br />
del rivendicante comporta che − attenendo il thema disputandum<br />
all’appartenenza attuale del bene al convenuto<br />
in <strong>forza</strong> dell’invocata usucapione e non già all’acquisto<br />
di esso da parte dell’attore − l’onere probatorio<br />
del rivendicante possa legittimamente ritenersi assolto,<br />
nel fallimento dell’avversa prova della prescrizione ac-<br />
quisitiva, con la dimostrazione della validità del titolo<br />
in base al quale quel bene gli era stato trasmesso dal<br />
precedente titolare. * Cass. civ., sez. II, 10 settembre<br />
2002, n. 13186, <strong>Se</strong>i ed altro c. <strong>Se</strong>i A. [RV557347]<br />
• L’onere della cosiddetta probatio diabolica incombente<br />
sull’attore in rivendicazione si attenua quando il<br />
convenuto si difenda deducendo <strong>un</strong> proprio titolo di acquisto,<br />
quale l’usucapione, che non sia in contrasto con<br />
l’appartenenza del bene rivendicato ai danti causa dell’attore,<br />
e può ritenersi assolto nel fallimento della prova<br />
della prescrizione acquisitiva, con la dimostrazione della<br />
validità del titolo in base al quale quel bene è stato trasmesso<br />
dal dominus originario. * Cass. civ., sez. II, 2<br />
marzo 1996, n. 1634. Idem, Cass. II, 8 maggio 1998, n.<br />
4659. Conf., Cass. II, 17 aprile 2002, n. 5487.<br />
• Qualora il convenuto sostenga, in via riconvenzionale,<br />
di aver acquistato <strong>per</strong> usucapione la proprietà del bene<br />
rivendicato, si attenua l’onere probatorio posto a carico<br />
dell’attore in rivendicazione, poiché esso si riduce alla<br />
prova di <strong>un</strong> valido titolo di acquisto da parte sua e dell’appartenenza<br />
del bene ai suoi danti causa in epoca anteriore<br />
a quella in cui il convenuto assuma di aver iniziato<br />
a possedere, nonché alla prova che quell’appartenenza<br />
non è stata interrotta da <strong>un</strong> possesso idoneo ad<br />
usucapire da parte del convenuto. (Nella specie, la S.C.<br />
ha confermato la sentenza di appello secondo cui la proposizione<br />
della domanda riconvenzionale di usucapione<br />
non aveva implicato, di <strong>per</strong> sé, contestazione della titolarità<br />
del bene in capo al dante causa dell’attore in rivendicazione,<br />
poiché l’acquisto a titolo originario che si<br />
assumeva o<strong>per</strong>ato a favore dei convenuti agenti in riconvenzionale<br />
era stato successivo all’acquisto, <strong>per</strong> analogo<br />
titolo, formatosi in capo all’attore che aveva intrapreso<br />
l’azione di rivendicazione). * Cass. civ., sez. II, 10<br />
marzo 2006, n. 5161, Perri ed altro c. Tolone. Conforme,<br />
sulla prima parte della massima, Cass. II, 28 giugno<br />
2000, n. 8806; Cass. II, 8 ottobre 2001, n 12327. Difforme,<br />
almeno in parte, appare l’orientamento della massima<br />
che segue. [RV587183]<br />
• Il principio secondo cui il rigore dell’onere probatorio<br />
in materia di rivendicazione si attenua quando il<br />
convenuto non contesti l’originaria appartenenza del<br />
bene rivendicato al com<strong>un</strong>e autore o ad <strong>un</strong>o dei danti<br />
causa dell’attore, bastando in tal caso che il rivendicante<br />
dimostri che il bene medesimo abbia formato oggetto<br />
del proprio titolo di acquisto, non trova applicazione in<br />
caso di proposizione da parte del convenuto di <strong>un</strong>a domanda<br />
riconvenzionale di usucapione, <strong>per</strong>ché essendo<br />
quest’ultima <strong>un</strong> titolo d’acquisto originario, la sua invocazione<br />
non suppone alc<strong>un</strong> riconoscimento a favore<br />
della controparte, a meno che il convenuto stesso non<br />
opponga <strong>un</strong> acquisto <strong>per</strong> usucapione successivo al titolo<br />
del rivendicante ovvero avendo riconosciuto l’originaria<br />
appartenenza del bene ad <strong>un</strong>o dei danti causa dell’attore<br />
medesimo, deduca essersi verificata l’usucapione<br />
solo successivamente. * Cass. civ., sez. II, 4 febbraio<br />
2000, n. 1250, Raiola c. Sorrentino. [RV533492]<br />
• Il principio secondo cui sull’attore in rivendicazione<br />
grava la cosiddetta probatio diabolica, cioè l’onere di<br />
provare il diritto dei suoi autori fino a <strong>un</strong> acquisto a<br />
titolo originario, non ha carattere assoluto, ma va adeguato<br />
alle concrete possibilità delle singole situazioni, in<br />
relazione alla linea difensiva adottata dal convenuto.<br />
Ne consegue che, quando sia incontroverso tra le parti<br />
il diritto di proprietà di <strong>un</strong> com<strong>un</strong>e dante causa, l’attore<br />
in rivendicazione deve provare soltanto di possedere, in
ART. 948 LIBRO III - Della proprietà 740<br />
ordine al bene in contesa, <strong>un</strong> titolo derivativo prevalente<br />
rispetto a quello del convenuto. * Cass. civ., sez. II, 7<br />
marzo 1985, n. 1873. Nello stesso senso: Cass. II, 22 dicembre<br />
1995, n. 13066; Cass. II, 28 gennaio 1985, n. 439;<br />
Cass. II, 16 dicembre 1981, n. 6666, la quale precisa<br />
inoltre che, qualora, nell’ipotesi in questione il contenuto<br />
del titolo di acquisto ingeneri incertezza, la prova<br />
può essere integrata «anche con il ricorso a mezzi indiretti,<br />
quali, ad esempio, le pres<strong>un</strong>zioni, purché aventi i<br />
requisiti della gravità, precisione e concordanza, ed il<br />
confronto tra gli atti di alienazione da parte del suddetto<br />
proprietario originario»; in quest’ultimo senso vedi<br />
anche Cass. III, 30 gennaio 1976, n. 318, secondo cui:<br />
«la prova della proprietà o della comproprietà di chi rivendica<br />
<strong>un</strong> immobile può essere des<strong>un</strong>ta, in quanto stato<br />
di fatto, anche da mezzi indiretti nonché da pres<strong>un</strong>zioni,<br />
purché queste abbiano i requisiti della gravità,<br />
precisione e concordanza di cui all’art. 2729 c.c.».<br />
• In tema di azione di rivendicazione, l’onere della<br />
cosiddetta probatio diabolica, che incombe sull’attore, si<br />
attenua quando il convenuto deduca, a scopo difensivo,<br />
<strong>un</strong> titolo di acquisto, quale l’usucapione, che non sia in<br />
contrasto con l’appartenenza ai danti causa dell’attore del<br />
bene rivendicato, con la conseguenza che detto onere è<br />
correttamente assolto allorquando l’attore provi che, in<br />
epoca anteriore a quella in cui il convenuto assume di<br />
avere iniziato a possedere, il bene è appartenuto ai suoi<br />
danti causa, che detta appartenenza non è stata interrotta<br />
da <strong>un</strong> possesso idoneo ad usucapire da parte del<br />
convenuto e che il bene è a lui <strong>per</strong>venuto in virtù di <strong>un</strong><br />
valido titolo di acquisto. * Cass. civ., sez. II, 8 luglio<br />
1989, n. 3234, <strong>Se</strong>vi c. D’Ottavio. Nello stesso senso:<br />
Cass. II, 18 giugno 1991 n. 6888; Cass. II, 10 dicembre<br />
1994 n. 10576.<br />
c-3) Acquisto di beni mobili.<br />
• Dalla pres<strong>un</strong>zione di buona fede nel possesso, fissata<br />
dall’art. 1147 terzo comma c.c., deriva che all’attore<br />
in rivendicazione di bene mobile è sufficiente provare di<br />
aver acquistato il possesso della cosa in base a titolo<br />
astrattamente e potenzialmente idoneo al trasferimento<br />
della proprietà (art. 1153 c.c.), mentre spetta a chi resiste<br />
all’azione medesima di dimostrare l’eventuale mala fede<br />
al momento della consegna a non domino. * Cass. civ.,<br />
sez. II, 18 febbraio 1977, n. 736.<br />
• Il venditore, che non abbia consegnato la cosa venduta<br />
al compratore, non può fare valere contro quest’ultimo,<br />
che pur non avendo ricevuto la consegna della cosa, ne<br />
ha acquistato la proprietà ex art. 1376 c.c., il suo possesso<br />
anteriore all’atto di trasferimento, al fine di contrastare<br />
la domanda di rivendicazione del compratore stesso<br />
o di fondare <strong>un</strong>a sua domanda di acquisto <strong>per</strong> usucapione,<br />
potendo a tal fine far valere soltanto il suo eventuale<br />
possesso successivo all’atto di trasferimento. *<br />
Cass. civ., sez. II, 27 aprile 1991, n. 4650, Ferretto c.<br />
Sbarbaro.<br />
• Il proprietario che agisce <strong>per</strong> ottenere la restituzione<br />
della cosa e prospetti di averla consegnata al convenuto<br />
in f<strong>un</strong>zione di <strong>un</strong>’o<strong>per</strong>a o di <strong>un</strong> servizio che avrebbe<br />
dovuto essere compiuto nel suo interesse, se intende agire<br />
in quanto proprietario non ha l’onere di provare la<br />
natura del contratto in base al quale è avvenuta la consegna,<br />
<strong>per</strong>ché la qualità di proprietario è sufficiente <strong>per</strong><br />
richiedere la restituzione, mentre incombe al detentore<br />
che sostiene di avere sulla cosa <strong>un</strong> diritto di godimento<br />
l’obbligo di provare che fra le parti è stato concluso <strong>un</strong><br />
contratto in tal senso. * Cass. civ., sez. III, 25 febbraio<br />
1999, n. 1635, Santorum c. Tonoli. [RV523620]<br />
c-4) Titoli di acquisto.<br />
c-4-I) Valutazione in genere.<br />
• In tema di rivendicazione, la prima e fondamentale<br />
indagine che il giudice del merito deve compiere concerne<br />
l’esistenza, la validità e la rilevanza del titolo dedotto dall’attore<br />
a fondamento della pretesa, e ciò prescindendo<br />
da qualsiasi eccezione del convenuto, giacché, investendo<br />
essa <strong>un</strong>o degli elementi costitutivi della domanda, la<br />
relativa prova deve essere fornita dall’attore e l’eventuale<br />
insussistenza deve essere rilevata dal giudice anche di<br />
ufficio. Per quanto, in particolare, attiene alla rilevanza<br />
del titolo, essenziale è l’indagine sull’identità del bene<br />
domandato dall’attore con quello descritto nel titolo<br />
stesso, ed essa deve essere istituita dal giudice anche<br />
d’ufficio, senza che il convenuto sia tenuto a formulare<br />
specifiche eccezioni ed ad onerarsi della dimostrazione<br />
di <strong>un</strong> proprio titolo di acquisto prevalente. Il giudizio<br />
sulla corrispondenza tra il bene domandato e quello descritto<br />
nel titolo, se adeguatamente motivato e condotto<br />
secondo i normali criteri ermeneutici, è incensurabile in<br />
sede di legittimità. * Cass. civ., sez. II, 19 settembre<br />
1985, n. 4704. Conforme, Cass. II, 11 marzo 1977, n.<br />
991; conforme, al principio di cui alla prima parte della<br />
massima anche Cass. I, 21 febbraio 1974, n. 482, la quale<br />
precisa che: «In particolare, ove il vantato diritto di<br />
proprietà trovi il proprio supporto giustificativo in <strong>un</strong><br />
provvedimento amministrativo, quest’ultimo deve essere<br />
valutato ex officio dal giudice, il quale, conoscendo<br />
degli effetti dell’atto amministrativo in relazione all’oggetto<br />
dedotto in giudizio, rimane nei limiti fissati dall’art.<br />
4, comma primo, della L. 20 marzo 1865, n. 2248,<br />
all. E».<br />
• In tema di prova del diritto di proprietà nelle azioni<br />
di rivendicazione, quando ciasc<strong>un</strong>o dei contendenti affermi<br />
il suo diritto di proprietà in base a titoli di acquisto<br />
negoziali provenienti da autori diversi, il giudice non<br />
può prescindere dall’esame dei titoli dei vari danti causa<br />
onde accertare le condizioni massimali di <strong>un</strong> acquisto<br />
del diritto a titolo originario; l’esame, invece, può essere<br />
meno rigoroso quando i titoli di acquisto vantati dalle<br />
parti in causa siano di tipo diverso tra loro, ed a colui<br />
che agisca in base ad <strong>un</strong> titolo negoziale sia opposto <strong>un</strong><br />
possesso ad usucapionem <strong>per</strong> il tempo previsto dalla legge.<br />
* Cass. civ., sez. II, 13 marzo 1975, n. 952.<br />
• Poiché la proprietà e i diritti reali appartengono<br />
alla categoria dei diritti “autodeterminati”, che sono individuati<br />
in base alla sola indicazione del loro contenuto,<br />
rappresentato dal bene che ne costituisce l’oggetto,<br />
nelle azioni ad essi relative, a differenza di quelle accordate<br />
a tutela dei diritti di credito, la causa petendi si identifica<br />
con i diritti stessi, mentre il titolo, necessario alla<br />
prova del diritto, non ha alc<strong>un</strong>a f<strong>un</strong>zione di specificazione<br />
della domanda, sicché il giudice può porre a base della<br />
decisione anche <strong>un</strong> titolo diverso da quello allegato dall’attore.<br />
* Cass. civ., sez. II, 20 luglio 2005, n. 15248,<br />
Cardillo c. D’Epiro. [RV582921]<br />
c-4-II) Risultanze catastali.<br />
• Poiché il catasto è preordinato a fini essenzialmente<br />
fiscali, il diritto di proprietà, al pari degli altri diritti<br />
reali, non può − in assenza di altri e più qualificanti elementi<br />
ed in considerazione del rigore formale prescritto<br />
<strong>per</strong> tali diritti − essere provato in base alla mera annota-
741 TITOLO II - Della proprietà ART. 948<br />
zione di dati nei registri catastali, che hanno in concrete<br />
circostanze soltanto il valore di semplici indizi. * Cass.<br />
civ., sez. II, 24 agosto 1991, n. 9096, Beretta c. Franteschi.<br />
• Le mappe catastali non hanno rilievo decisivo in materia<br />
di rivendica o di accertamento della proprietà e non<br />
dispensano dall’onere di fornire la dimostrazione del titolo<br />
da cui si assume derivare il diritto reale. * Cass. civ.,<br />
sez. II, 5 giugno 1984, n. 3398.<br />
• In tema di azione di revindica, le risultanze dei registri<br />
catastali, anche se non valgono a dimostrare con<br />
precisione la proprietà di <strong>un</strong> immobile, sono tuttavia utilizzabili<br />
dal giudice di merito come indizi suscettibili di<br />
convincimento, se presi in considerazione con rigore logico<br />
di ragionamento. * Cass. civ., sez. II, 14 aprile<br />
1976, n. 1314.<br />
• Una volta accertato che il titolo ha validamente<br />
trasferito la proprietà del terreno di cui si discute in concreto,<br />
i disegni catastali <strong>per</strong>dono qual<strong>un</strong>que valore indiziante,<br />
<strong>per</strong>ché non possono mai prevalere ma debbono<br />
cedere al titolo. * Cass. civ., sez. II, 8 aprile 1975, n.<br />
1278.<br />
• Al di fuori dell’ipotesi della rivendicazione <strong>per</strong> la<br />
quale l’art. 948 c.c. prevede <strong>un</strong> regime probatorio rigoroso,<br />
la proprietà può essere provata, come tutti i fatti,<br />
anche con pres<strong>un</strong>zioni e quindi anche attraverso il ricorso<br />
alle risultanze catastali. (<strong>La</strong> Corte, nel formulare il<br />
principio sopra indicato, ha ritenuto corretta la motivazione<br />
del giudice di appello nella parte in cui aveva fatto<br />
riferimento alle mappe catastali <strong>per</strong> stabilire l’appartenenza<br />
al convenuto della proprietà del suolo ubicato a<br />
monte e dal quale si era verificato il <strong>per</strong>icolo <strong>per</strong> il fondo<br />
a valle dell’attore che aveva proposto domanda di danno<br />
temuto e di condanna del convenuto all’adozione<br />
delle misure necessarie). * Cass. civ., sez. II, 27 ottobre<br />
2003, n. 16094, Fallimento Bcm di Marchese <strong>Se</strong>rgio Sas<br />
c. Cond. Conca Verde I Palazzina 3 Vallecro.<br />
[RV567698]<br />
c-4-III) Atti di divisione.<br />
• Con riguardo all’azione in rivendicazione l’attore,<br />
che è tenuto anzitutto ad indicare il titolo in base al quale<br />
afferma il proprio diritto di proprietà sulla cosa posseduta<br />
dal convenuto, non può efficacemente a tal fine<br />
fare riferimento ad <strong>un</strong> atto di divisione, che <strong>per</strong> la sua<br />
natura dichiarativa non fornisce la prova del negozio<br />
con cui la proprietà sia stata trasferita all’attore medesimo;<br />
né a tale proposito possono ritenersi rilevanti i<br />
titoli eventualmente menzionati nell’atto notarile di divisione<br />
ma non acquisiti negli atti del processo. * Cass.<br />
civ., sez. II, 15 aprile 1987, n. 3724. Difforme appare<br />
l’indirizzo della massima che segue.<br />
• Il principio secondo cui l’atto di divisione, <strong>per</strong> il<br />
suo carattere meramente dichiarativo, non è idoneo a<br />
fornire la prova della proprietà nei confronti dei terzi,<br />
non può essere applicato nella controversia sulla proprietà<br />
tra i condividenti o i loro aventi causa, <strong>per</strong>ché la divisione,<br />
accertando i diritti delle parti nel presupposto di<br />
<strong>un</strong>a com<strong>un</strong>ione dei beni divisi, presuppone l’appartenenza<br />
dei beni alla com<strong>un</strong>ione. * Cass. civ., sez. II, 18<br />
maggio 1994, n. 4828. Nello stesso senso, Cass. II, 24<br />
aprile 1975, n. 1597.<br />
• L’aggiudicatario, che rivendica nei confronti del condividente<br />
o di <strong>un</strong> suo avente causa <strong>un</strong> bene attribuitogli in<br />
sede di divisione, non deve fornire altra prova del suo diritto,<br />
poiché l’accertamento del suo diritto a conseguire<br />
il possesso di tali beni è stato già compiuto in sede divisionale<br />
con efficacia di giudicato; il convenuto condividente<br />
od avente causa da quest’ultimo non può proporre<br />
l’eccezione possideo quia possideo né pretendere la reiterazione<br />
dell’accertamento del diritto, salvo che non<br />
possa impugnare la divisione contestandone il presupposto<br />
e deducendo <strong>un</strong> titolo di possesso diverso da ogni<br />
altro che possa derivargli dalla sciolta com<strong>un</strong>ione. *<br />
Cass. civ., sez. II, 24 giugno 1974, n. 1901.<br />
• Nel giudizio di rivendicazione l’attore deve provare<br />
di essere diventato proprietario della cosa rivendicata,<br />
risalendo, anche attraverso i propri danti causa, fino<br />
ad <strong>un</strong> acquisto a titolo originario, o dimostrando il possesso<br />
proprio e dei suoi danti causa <strong>per</strong> il tempo necessario<br />
<strong>per</strong> l’usucapione. <strong>Se</strong> poi anche il possesso è contestato<br />
dal convenuto, l’attore non può limitarsi a dimostrare<br />
che il titolo o i titoli (tra i quali, <strong>per</strong> la sua natura<br />
dichiarativa, non può annoverarsi la divisione, salvo<br />
che si provi il titolo d’acquisto della com<strong>un</strong>ione) risalgono<br />
ad <strong>un</strong> ventennio, ma deve provare che egli o i suoi<br />
danti causa abbiano effettivamente e continuativamente<br />
posseduto l’immobile, salva la pres<strong>un</strong>zione iuris tantum<br />
di possesso intermedio, senza che il rigore di siffatto<br />
onere probatorio sia attenuato dalla mera proposizione<br />
di <strong>un</strong>a domanda riconvenzionale o di <strong>un</strong>’eccezione di<br />
usucapione da parte del convenuto, quando queste non<br />
siano formulate in modo da comportare il riconoscimento<br />
della pregressa titolarità del diritto da parte dell’attore<br />
o dei suoi danti causa. (Nella specie la Suprema<br />
Corte ha annullato la sentenza impugnata, che non aveva<br />
compiuto alc<strong>un</strong> effettivo accertamento circa l’estinzione<br />
di <strong>un</strong>a situazione possessoria in capo agli attori e<br />
ai loro danti causa, impropriamente valorizzando a tale<br />
fine <strong>un</strong> atto di divisione e <strong>un</strong>a successiva attribuzione<br />
testamentaria). * Cass. civ., sez. II, 4 marzo 1997, n.<br />
1925, Ferreri c. Franchi ed altra. [RV502789]<br />
c-4-IV) Provvedimenti adottati in base a norme speciali.<br />
• Il decreto emesso dal pretore ai sensi della L. 14 novembre<br />
1962 n. 1610 in tema di cosiddetto usucapione abbreviata,<br />
pur non costituendo <strong>un</strong>a sentenza neanche in<br />
senso sostanziale, e non essendo, quindi suscettibile di<br />
passare in cosa giudicata, contiene, <strong>per</strong>ò, il riconoscimento<br />
giudiziale del diritto di proprietà, il quale si deve<br />
presumere iuris tantum a favore del soggetto che abbia<br />
ottenuto tale decreto (fino a quando non venga pron<strong>un</strong>ciata<br />
<strong>un</strong>a decisione di accertamento della proprietà del<br />
terzo che abbia contestato il diritto del beneficiario del<br />
provvedimento in questione), e, <strong>per</strong>tanto, ove il soggetto<br />
medesimo agisca in rivendicazione, può concorrere,<br />
insieme agli altri elementi del caso concreto (compreso<br />
l’atteggiamento difensivo del convenuto), a fornire la<br />
prova incombente sul rivendicante. * Cass. civ., sez. II,<br />
11 agosto 1990, n. 8207, <strong>La</strong>ureri c. Celestino.<br />
d) Legittimazione ad causam.<br />
• <strong>La</strong> legittimatio ad causam − in cui difetto, incidendo<br />
sulla regolarità del contraddittorio, è rilevabile d’ufficio<br />
in ogni grado e stato del giudizio − si risolve nell’identità<br />
del soggetto che es<strong>per</strong>isce (o contrasta) l’azione<br />
con quello cui la legge riconosce il potere di agire (o resistere)<br />
in giudizio in ordine ad <strong>un</strong> determinato rapporto<br />
giuridico, sicché, in tema di azione di revindica, la questione<br />
riguardante la titolarità del bene controverso attiene<br />
non alla legittimazione ma al merito. * Cass. civ.,<br />
sez. II, 23 gennaio 1982, n. 456.
ART. 948 LIBRO III - Della proprietà 742<br />
• Il venditore non è legittimato ad agire con azione di<br />
rivendicazione (art. 948 c.c.) <strong>per</strong> ottenere la restituzione<br />
del bene alienato, che sia detenuto da terzi, neppure al<br />
limitato scopo di poter adempiere alla obbligazione ass<strong>un</strong>ta<br />
di consegnare la cosa al compratore (art. 1476<br />
c.c.), atteso che detta azione spetta esclusivamente a chi<br />
sia proprietario del bene al momento della proposizione<br />
della domanda. * Cass. civ., sez. III, 6 maggio 1994, n.<br />
4421.<br />
• L’azione con cui, a qualsiasi titolo, si rivendica <strong>un</strong>a<br />
proprietà (nella specie a titolo di usucapione) va diretta<br />
<strong>un</strong>icamente nei confronti di chi possiede il bene o ne è<br />
proprietario all’atto della domanda e non anche dei precedenti<br />
danti causa che non hanno veste di litisconsorti<br />
necessari; <strong>per</strong>tanto, qualora sia citato nel giudizio di<br />
usucapione oltre all’attuale proprietario alc<strong>un</strong>o dei<br />
danti causa, l’omessa pron<strong>un</strong>cia in merito a questi non<br />
infirma la sentenza emanata sulla domanda proposta<br />
nei confronti dell’<strong>un</strong>ico legittimato passivo. * Cass. civ.,<br />
sez. II, 26 aprile 2000, n. 5335, Leso R. ed altri c. Leso<br />
P. ed altri. [RV536005]<br />
• <strong>La</strong> legittimazione passiva ad causam, rispetto alla<br />
domanda diretta all’accertamento dell’acquisto <strong>per</strong> usucapione<br />
della proprietà di <strong>un</strong> bene, va riconosciuta a chi<br />
contesti detta proprietà, vantando <strong>un</strong> diritto proprio,<br />
mentre ogni questione sul fondamento della relativa<br />
pretesa attiene al merito, non a quella legittimazione. *<br />
Cass. civ., sez. II, 26 maggio 1990, n. 4907, Ardizzone c.<br />
Terrasi.<br />
• Nell’azione di rivendica è passivamente legittimato<br />
colui che si trova nella materiale detenzione della cosa e<br />
che, <strong>per</strong> ciò stesso, può essere condannato alla sua restituzione<br />
del bene (o colui che, <strong>per</strong> fatto proprio, ha cessato<br />
di possedere o detenere il bene dopo la domanda)<br />
anche se ne abbia temporaneamente consentito ad altri la<br />
precaria utilizzazione. * Cass. civ., sez. II, 9 settembre<br />
1997, n. 8748, Moro c. Orme Srl. Nello stesso senso,<br />
Cass. II, 10 ottobre 1997, n. 9851. [RV507707]<br />
• Legittimato passivo nei confronti dell’azione di revindica<br />
o di accertamento della proprietà, proposta dall’attore<br />
assumendo di aver usucapito il bene conteso,<br />
non è necessariamente il proprietario originario di<br />
quest’ultimo, ma il soggetto che, secondo l’ass<strong>un</strong>to dell’attore,<br />
attualmente possiede o detiene il bene, ovvero<br />
contesta il diritto vantato dall’attore medesimo.<br />
Quest’ultimo è tenuto a dimostrare soltanto che la sua<br />
relazione di fatto con il bene si è protratta <strong>per</strong> il <strong>per</strong>iodo<br />
di tempo e con i requisiti fissati dalla legge, mentre il<br />
convenuto, può limitarsi a contestare il diritto affermato<br />
ex adverso, non valendo l’eventuale deduzione di prova,<br />
in ordine alla sussistenza del suo contestato diritto<br />
di proprietà, ad invertire l’onere probatorio. * Cass.<br />
civ., sez. II, 18 giugno 1976, n. 2299.<br />
• In tema di azione di rivendicazione, il venir meno<br />
della legittimazione passiva del convenuto, con il suo diritto<br />
di estromissione dalla causa, si verifica quando egli<br />
alleghi <strong>un</strong>a mera detenzione in nome di <strong>un</strong> terzo, indichi<br />
quest’ultimo e non si opponga alla pretesa del rivendicante;<br />
non anche, <strong>per</strong>tanto, quando il convenuto medesimo<br />
contrasti la domanda, deducendo di essere lui stesso<br />
titolare della proprietà del bene o di altro diritto reale<br />
di godimento, ovvero sostenendo l’appartenenza del<br />
bene ad <strong>un</strong> terzo, e quindi il difetto di legittimazione<br />
attiva dell’istante (non insorgendo in tale ipotesi nemmeno<br />
l’esigenza di integrare il contraddittorio nei con-<br />
fronti di detto terzo). * Cass. civ., sez. I, 3 dicembre<br />
1988, n. 6547.<br />
e) Litisconsorzio.<br />
• L’azione di rivendicazione non dà luogo ad <strong>un</strong>’ipotesi<br />
di litisconsorzio necessario nei confronti di eventuali<br />
terzi che vantino o possano avere interesse a vantare diritti<br />
sulla cosa contrastanti con il diritto di proprietà fatto<br />
valere in giudizio dall’attore, poiché in tal caso l’<strong>un</strong>ica<br />
conseguenza sarà che la sentenza, facendo stato solo<br />
tra le parti del giudizio, non sarà opponibile ai terzi interessati<br />
rimasti estranei al giudizio stesso, non potendo,<br />
invece, essere considerata inutiliter data. * Cass. civ.,<br />
sez. II, 3 agosto 2001, n. 10739.<br />
• Nel caso di detenzione del bene che si assuma esercitata<br />
senza titolo da più soggetti, l’azione recu<strong>per</strong>atoria<br />
deve ritenersi es<strong>per</strong>ibile nei confronti di <strong>un</strong> solo dei detti<br />
detentori, senza necessità di integrare il contraddittorio<br />
nei riguardi degli altri, <strong>per</strong>ché la pron<strong>un</strong>cia richiesta al<br />
giudice non può considerarsi inutiliter data, essendo<br />
idonea a spiegare effetti nel rapporto con la parte evocata<br />
in giudizio. * Cass. civ., sez. <strong>un</strong>., 27 febbraio 1992,<br />
n. 2427. Nello stesso senso: Cass. II, 28 gennaio 1995, n.<br />
1044; Cass. II, 9 febbraio 1995, n. 1454.<br />
• L’azione di rivendicazione di <strong>un</strong> bene proposta contro<br />
più convenuti non dà luogo a litisconsorzio necessario<br />
fra tali soggetti, con la conseguenza che i vizi concernenti<br />
l’instaurazione del rapporto processuale con <strong>un</strong>o di<br />
essi (nella specie, nullità radicale della citazione di primo<br />
grado diretta contro <strong>per</strong>sona già def<strong>un</strong>ta) non hanno<br />
alc<strong>un</strong>a influenza in ordine agli altri convenuti, i quali<br />
non possono dedurre a proprio vantaggio la violazione<br />
di norme processuali relative alla situazione di <strong>un</strong> soggetto<br />
diverso. * Cass. civ., sez. II, 23 maggio 1985, n.<br />
3108.<br />
• <strong>La</strong> necessità di integrare il contraddittorio, in fase di<br />
impugnazione, nei confronti di tutte le parti del giudizio<br />
di primo grado, non sussiste in relazione a tutti i pretesi<br />
comproprietari che abbiano agito <strong>per</strong> l’accertamento<br />
del loro diritto o <strong>per</strong> il rilascio del bene conteso. * Cass.<br />
civ., sez. II, 28 maggio 1981, n. 3508. Conforme, Cass.<br />
II, 21 marzo 1977, n. 1090.<br />
• Ciasc<strong>un</strong> comproprietario può, senza necessità di<br />
integrare il contraddittorio nei confronti degli altri comproprietari,<br />
agire in rivendicazione sia <strong>per</strong> la propria<br />
quota sia <strong>per</strong> l’intero. * Cass. civ., sez. II, 24 giugno<br />
1974, n. 1910. Nello stesso senso, Cass. II, 12 aprile<br />
1999, n. 3574.<br />
• Sussiste litisconsorzio necessario tra tutti i condomini<br />
se colui che è stato convenuto da alc<strong>un</strong>i di essi, attori<br />
in rivendica del diritto di comproprietà su <strong>un</strong> bene com<strong>un</strong>e,<br />
chiede in via riconvenzionale l’accertamento del<br />
suo diritto di proprietà esclusiva sul medesimo bene<br />
<strong>per</strong>ché l’eventuale accoglimento di questa domanda<br />
pregiudica i diritti dei condomini rimasti estranei al giudizio.<br />
* Cass. civ., sez. II, 20 settembre 2000, n. 12439.<br />
Nello stesso: Cass. II, 6 ottobre 1976, n. 3301; Cass. II,<br />
3 dicembre 1997, n. 12255.<br />
• Nel caso in cui <strong>un</strong> soggetto, assumendo di essere<br />
comproprietario di <strong>un</strong> bene, proponga domanda di rivendica,<br />
la necessità dell’integrazione del contradditorio dipende<br />
dal comportamento del convenuto. Infatti, qualora<br />
il convenuto si limiti a negare il diritto di comproprietà<br />
dell’attore, non si richiede la citazione in giudizio<br />
di altri soggetti, non essendo in discussione la com<strong>un</strong>ione<br />
del bene. Per contro, ove il convenuto eccepisca di
743 TITOLO II - Della proprietà ART. 949<br />
essere proprietario esclusivo del bene, la controversia ha<br />
come oggetto la com<strong>un</strong>ione di esso, cioè l’esistenza di<br />
<strong>un</strong> rapporto <strong>un</strong>ico plurisoggettivo e il contradditorio<br />
deve svolgersi nei confronti di tutti coloro dei quali si<br />
prospetta la contitolarità, giacché la sentenza non può<br />
conseguire <strong>un</strong> risultato utile se non pron<strong>un</strong>ciata nei confronti<br />
di tutti i partecipanti alla com<strong>un</strong>ione. * Cass. civ.,<br />
sez. II, 11 aprile 2002, n. 5190. [RV553654]<br />
• <strong>La</strong> domanda riconvenzionale, proposta dal possessore<br />
di <strong>un</strong> immobile oggetto di rivendicazione e diretta<br />
a far accertare l’avvenuta usucapione del bene, richiede<br />
la presenza in causa di tutti i comproprietari in danno dei<br />
quali l’usucapione si sarebbe verificata: in detta ipotesi<br />
risulta dedotta <strong>un</strong>a situazione giuridica (usucapione e<br />
proprietà individuale) confliggente con quella preesistente<br />
(comproprietà) della quale il giudice deve conoscere<br />
nel contraddittorio di tutti gli interessati. * Cass.<br />
civ., sez. II, 24 giugno 1974, n. 1910.<br />
• Nell’ipotesi in cui il convenuto in rivendicazione eccepisca<br />
che il bene rivendicato sia stato acquistato <strong>per</strong><br />
usucapione dal suo dante causa, del quale egli sia erede<br />
insieme ad altri, gli ulteriori eredi non acquistano la veste<br />
di litisconsorti necessari nel giudizio di rivendica,<br />
con la conseguenza che non è necessario integrare il<br />
contraddittorio nei loro confronti, atteso che l’eccezione<br />
sollevata dal convenuto comporta <strong>un</strong> accertamento<br />
con efficacia limitata alla pron<strong>un</strong>cia di accoglimento o<br />
rigetto della domanda dell’attore, che non risulterebbe<br />
inutiliter data, mentre <strong>un</strong>’eventuale pron<strong>un</strong>cia di segno<br />
contrario emessa in altro giudizio contro gli altri eredi<br />
provocherebbe soltanto <strong>un</strong> conflitto logico di giudicati,<br />
che, a differenza del conflitto giuridico, non è sufficiente<br />
a determinare la necessità del litisconsorzio. * Cass. civ.,<br />
sez. II, 21 marzo 1990, n. 2327, <strong>La</strong>nchi c. Piscioneri.<br />
f) Mutamento della causa petendi.<br />
• <strong>La</strong> proprietà appartiene alla categoria dei diritti<br />
“autodeterminati”, individuati in base alla sola indicazione<br />
del loro contenuto, rappresentata dal bene che ne<br />
costituisce l’oggetto, sicchè nelle azioni ad essi relative,<br />
a differenza delle azioni accordate a tutela dei diritti di<br />
credito, la causa petendi si identifica con i diritti stessi,<br />
mentre il titolo, necessario alla prova del diritto, non ha<br />
alc<strong>un</strong>a f<strong>un</strong>zione di specificazione della domanda. Ne<br />
consegue che l’allegazione, nel corso del giudizio di rivendicazione,<br />
di <strong>un</strong> titolo diverso (nella specie, usucapione)<br />
rispetto a quello (nella specie, contratto) posto<br />
inizialmente a fondamento della domanda costituisce<br />
soltanto <strong>un</strong>’integrazione delle difese sul piano probatorio,<br />
integrazione non configurabile come domanda nuova,<br />
né come rin<strong>un</strong>cia alla valutazione del diverso titolo<br />
dedotto in precedenza. * Cass. civ., sez. II, 30 dicembre<br />
2002, n. 18370, Tucci c. Tavaniello ed altri. [RV559417]<br />
949 Azione negatoria. Il proprietario (1012 2) può agire <strong>per</strong> far dichiarare l’inesistenza di<br />
diritti affermati da altri sulla cosa, quando ha motivo di temerne pregiudizio (2653, n. 1; 15<br />
c.p.c.).<br />
<strong>Se</strong> sussistono anche turbative o molestie, il proprietario può chiedere che se ne ordini la cessazione,<br />
oltre la condanna al risarcimento del danno (1170).<br />
SOMMARIO:<br />
a) In genere: a-1) Presupposti; a-2) Interesse; a-3) Oggetto,<br />
finalità e ambito di o<strong>per</strong>atività dell’azione; a-4)<br />
Criteri distintivi da altre azioni;<br />
b) Onere e oggetto della prova;<br />
c) Legittimazione attiva e passiva;<br />
d) Litisconsorzio;<br />
e) Eccezioni, domande riconvenzionali, poteri del giudice;<br />
f) Imprescrittibilità dell’azione.<br />
a) In genere.<br />
a-1) Presupposti.<br />
• L’azione negatoria di cui all’art. 949 c.c., sia nel<br />
primo che nel secondo comma (salva l’ultima parte, circa<br />
il ristoro dei danni, la cui azione resta disciplinata<br />
dall’art. 2043 c.c.), ha come essenziale, indispensabile,<br />
presupposto la sussistenza di altrui pretese di diritto sul<br />
bene dell’attore e non può essere utilizzata allorché, anche<br />
in presenza di turbative o molestie, esse non si sostanzino<br />
in <strong>un</strong>a pretesa di diritto sulla cosa. * Cass. civ.,<br />
sez. II, 15 dicembre 1975, n. 4124.<br />
• Nell’actio negatoria servitutis, la qualità di proprietario<br />
del fondo, in ordine al quale si nega l’esistenza della<br />
servitù, costituisce presupposto essenziale della legittimazione<br />
ad agire. * Cass. civ., sez. II, 1° luglio 1976, n.<br />
2487.<br />
• L’azione negatoria, che, a norma dell’art. 949 c.c.,<br />
il proprietario può esercitare <strong>per</strong> far dichiarare l’inesi-<br />
GIURISPRUDENZA<br />
stenza di diritti affermati da altri sulla cosa, ovvero <strong>per</strong><br />
far ordinare la cessazione di turbative e di molestie sulla<br />
stessa, e <strong>per</strong> ottenere l’eventuale risarcimento dei danni<br />
− anche se considerata nella sua più limitata e ristretta<br />
configurazione di azione reale − non postula necessariamente<br />
l’esistenza di <strong>un</strong> rapporto di contiguità materiale<br />
tra l’immobile la cui tutela sia es<strong>per</strong>ita e quello a cui<br />
vantaggio venga esercitato il diritto negato o da cui promanino<br />
le turbative e le molestie; essa presuppone semplicemente<br />
che tra i due immobili sussista <strong>un</strong> rapporto di<br />
contiguità in senso giuridico, che <strong>per</strong>metta, cioè, lo stabilirsi,<br />
tra di essi, di situazioni corrispondenti di pregiudizio<br />
e vantaggio. (Nella specie si è ritenuta non impeditiva<br />
dell’es<strong>per</strong>ibilità dell’azione suddetta la circostanza<br />
che le acque, di cui l’attore den<strong>un</strong>ciava l’illecita immissione<br />
nel suo canale, erano riversate dal convenuto in<br />
<strong>un</strong> fosso com<strong>un</strong>ale e di qui, poi, defluivano nella proprietà<br />
dell’attore). * Cass. civ., sez. II, 10 marzo 1976, n.<br />
835.<br />
• L’actio negatoria servitutis non soccorre il proprietario<br />
del bene nell’ipotesi in cui, ancorché si verifichi<br />
<strong>un</strong>a molestia o <strong>un</strong> turbamento del possesso o godimento<br />
del bene medesimo, la turbativa non si sostanzi in<br />
<strong>un</strong>a pretesa di diritto sulla cosa, essendo apprestati in<br />
tal caso a favore del proprietario altri rimedi di carattere<br />
essenzialmente <strong>per</strong>sonale. * Cass. civ., sez. III, 29 maggio<br />
2001, n. 7277.
ART. 949 LIBRO III - Della proprietà 744<br />
• Il proprietario del fondo su cui si esercita <strong>un</strong>a veduta<br />
illegale può proporre l’azione negatoria e chiedere l’accertamento<br />
dell’inesistenza della servitù e anche la sua eliminazione<br />
in ogni momento, purché non sia decorso il<br />
terrmine ventennale necessario <strong>per</strong> l’usucapione delle<br />
servitù apparenti, quale è quella di veduta. * Cass. civ.,<br />
sez. II, 14 febbraio 2002, n. 2159. [RV552299]<br />
a-2) Interesse.<br />
• L’interesse a proporre l’actio negatoria servitutis<br />
sorge allorquando venga posta in essere dal terzo <strong>un</strong>’attività<br />
implicante in concreto l’esercizio, che si assume<br />
abusivo, di <strong>un</strong>a servitù a carico del fondo di proprietà<br />
di colui che agisce, mentre non può essere proposta<br />
l’azione al fine di far dichiarare <strong>un</strong>a generica libertà del<br />
fondo, indipendentemente da concreti attentati alla stessa,<br />
i quali possono anche consistere nell’esplicita pretesa<br />
di esercitare <strong>un</strong>a determinata servitù. * Cass. civ., sez.<br />
II, 8 febbraio 1989, n. 781, Sandulli c. Pelosi. Nello stesso<br />
senso: Cass. II, 3 novembre 2000, n. 14348; Cass. II,<br />
28 agosto 2002, n. 12607.<br />
• L’assoggettamento di <strong>un</strong>a strada privata a servitù di<br />
uso pubblico non elimina l’interesse del proprietario ad<br />
agire in negatoria servitutis nei confronti dei proprietari<br />
frontisti che abbiano a<strong>per</strong>to accessi diretti dai loro fondi<br />
su detta strada, in guisa da determinare <strong>un</strong> aggravamento<br />
dell’intensità del passaggio in ragione dell’utilizzo dei<br />
detti accessi non riconducibile al contenuto della servitù<br />
già esercitata uti civis. * Cass. civ., sez. II, 18 gennaio<br />
1995, n. 509, Oberbacher c. Hell.<br />
• L’interesse ad agire in negatoria servitutis postula<br />
la sussistenza dell’esercizio attuale e concreto della servitù,<br />
accompagnato dalla pretesa di esercitare <strong>un</strong> diritto<br />
sulla cosa asservita. Ne consegue che l’attore è carente<br />
di <strong>un</strong> interesse attuale e concreto ad agire in negatoria in<br />
ordine ad <strong>un</strong>a servitù di veduta esercitata in passato su<br />
<strong>un</strong>a terrazza di sua proprietà attraverso <strong>un</strong>a finestra successivamente<br />
murata. * Cass. civ., sez. II, 21 gennaio<br />
2000, n. 649.<br />
a-3) Oggetto, finalità e ambito di o<strong>per</strong>atività dell’azione.<br />
• In tema di azioni a difesa della proprietà, costituisce<br />
actio negatoria servitutis non solo la domanda diretta<br />
all’accertamento dell’inesistenza della pretesa servitù<br />
ma anche quella volta alla eliminazione della situazione<br />
antigiuridica posta in essere dal terzo mediante la rimozione<br />
delle o<strong>per</strong>e lesive del diritto di proprietà dal medesimo<br />
realizzate, allo scopo di ottenere la effettiva libertà<br />
del fondo, così da impedire che il potere di fatto del terzo<br />
corrispondente all’esercizio di <strong>un</strong> diritto, protraendosi<br />
<strong>per</strong> il tempo prescritto dalla legge, possa comportare<br />
l’acquisto <strong>per</strong> usucapione di <strong>un</strong> diritto reale su cosa<br />
altrui. Ne consegue che l’azione diretta a conseguire la<br />
riduzione in pristino a favore di colui che ha subito danno<br />
<strong>per</strong> effetto della violazione delle distanze legali deve qualificarsi<br />
come actio negatoria servitutis, essendo volta<br />
non già all’accertamento del diritto di proprietà dell’attore<br />
libero da servitù vantate da terzi, bensì a respingere<br />
l’imposizione di limitazioni a carico della proprietà suscettibili<br />
di dare luogo a servitù. * Cass. civ., sez. II, 5<br />
agosto 2005, n. 16495, Fall. 9539 Bianco Vincenzo c.<br />
Lippolis. [RV584304]<br />
• <strong>La</strong> negatoria servitutis è diretta non solo all’accertamento<br />
dell’inesistenza della pretesa servitù, ma anche<br />
al conseguimento della cessazione della situazione antigiuridica<br />
posta in essere dal vicino, al fine di ottenere la<br />
libertà del fondo. Ne consegue che la contestuale domanda<br />
concernente la rimozione di o<strong>per</strong>e lesive del diritto<br />
di proprietà, inerendo allo stesso oggetto della negatoria,<br />
deve ritenersi già considerata nel valore di questa,<br />
da determinarsi secondo il criterio fissato dalla legge,<br />
senza che trovi applicazione il principio del cumulo<br />
delle domande. * Cass. civ., sez. II, 31 gennaio 1985, n.<br />
646. Conforme, sul principio di cui alla prima parte,<br />
Cass. II, 22 ottobre 1976, n. 3764. Nello stesso senso<br />
anche Cass. II, 6 dicembre 1988, n. 6632 la quale, in applicazione<br />
del principio, afferma che «rientra nello schema<br />
di detta azione la domanda diretta nello stesso tempo<br />
ad ottenere la rimozione delle o<strong>per</strong>e lesive del diritto<br />
di proprietà e la cessazione del passaggio abusivo».<br />
• <strong>La</strong> domanda di rimozione di <strong>un</strong>a conduttura idrica,<br />
che l’attore assume essere stata abusivamente installata<br />
sul proprio fondo da parte del proprietario di <strong>un</strong><br />
fondo vicino, anche se accompagnata da richieste risarcitorie,<br />
va qualificata actio negatoria servitutis (avente<br />
come contraddittore il proprietario del preteso fondo<br />
dominante), e non azione di risarcimento del danno mediante<br />
reintegrazione in forma specifica, in quanto − <strong>per</strong><br />
la natura dell’o<strong>per</strong>a, tale da determinare, nel suo uso<br />
normale, l’asservimento del primo fondo al secondo −<br />
la domanda deve ritenersi intesa a difendere in prospettiva<br />
la libertà del fondo dall’acquisto <strong>per</strong> usucapione<br />
della corrispondente servitù. * Cass. civ., sez. II, 15 giugno<br />
1982, n. 3637.<br />
• <strong>La</strong> domanda con la quale l’attore richieda l’accertamento<br />
che egli è l’esclusivo proprietario di <strong>un</strong> immobile<br />
rientra nello schema dell’azione negatoria di cui all’art.<br />
949, primo comma c.c., la quale tende alla negazione di<br />
qualsiasi diritto, anche dominicale, affermato dal terzo<br />
sulla cosa di proprietà aliena. Pertanto, poiché questa<br />
azione, mirando a chiarire la reale situazione giuridica,<br />
implica, oltre all’accertamento positivo del diritto dell’attore,<br />
anche quello negativo dell’inesistenza del diritto<br />
vantato dal convenuto, non incorre nel vizio di extra<br />
petizione la sentenza che, nel dichiarare l’appartenenza<br />
dell’immobile all’attore, escluda, nel contempo, espressamente,<br />
il diritto di proprietà affermato sullo stesso<br />
bene dalla controparte. * Cass. civ., sez. II, 19 ottobre<br />
1974, n. 2940.<br />
• Il proprietario, al quale vengano frapposti ostacoli<br />
all’esercizio del suo diritto, può es<strong>per</strong>ire, oltre alle com<strong>un</strong>i<br />
azioni possessorie, anche l’azione petitoria intesa a<br />
far valere l’esistenza e la pienezza del suo diritto pur se<br />
il convenuto non ne contesti la titolarità. * Cass. civ.,<br />
sez. II, 26 ottobre 1974, n. 3173.<br />
• Le azioni reali a difesa della proprietà riconducibili<br />
al paradigma dell’azione negatoria previsto dall’art. 949<br />
c.c., comprendono anche quelle tendenti a far dichiarare<br />
l’inesistenza di qualsiasi diritto altrui sul fondo od a<br />
far cessare <strong>un</strong>a turbativa o molestia sulla cosa altrui, e<br />
quelle intese ad evitare immissioni. * Cass. civ., sez. II,<br />
3 dicembre 1974, n. 3956.<br />
• Configura actio negatoria servitutis, come tale imprescrittibile,<br />
la domanda del proprietario di rispetto delle<br />
distanze legali tra costruzioni (art. 873 c.c.), ravvisabile<br />
anche se manca la richiesta di demolire le o<strong>per</strong>e costituenti<br />
l’esercizio della pretesa servitù. * Cass. civ., sez.<br />
II, 18 dicembre 1997, n. 12810, Puglisi ed altro c. Gulino<br />
ed altra. [RV511018]<br />
• In tema di negatoria servitutis, l’azione tendente a<br />
far dichiarare la libertà del fondo dell’attore non muta<br />
qualificazione <strong>per</strong> il fatto che il convenuto opponga, in
745 TITOLO II - Della proprietà ART. 949<br />
via di eccezione, di essere comproprietario del fondo<br />
stesso, rendendo così necessario, ma pur sempre mezzo<br />
al fine, l’accertamento della proprietà, il cui onere probatorio<br />
ricade in ogni caso a carico dell’attore, mercè la<br />
produzione di <strong>un</strong> valido titolo di acquisto. * Cass. civ.,<br />
sez. II, 4 ottobre 1976, n. 3245.<br />
• Nel caso in cui <strong>un</strong>o dei comproprietari di <strong>un</strong> fondo<br />
esegua delle o<strong>per</strong>e su <strong>un</strong> fondo confinante di sua esclusiva<br />
proprietà i rapporti tra i due fondi ed i limiti dei relativi<br />
diritti di proprietà non sono disciplinati dai principi che<br />
regolano la proprietà com<strong>un</strong>e, ma dalle norme che regolano<br />
la contiguità di immobili appartenenti rispettivamente<br />
a soggetti diversi. Pertanto, l’altro comproprietario<br />
dell’immobile può agire in petitorio <strong>per</strong> l’accertamento dell’inesistenza<br />
dei diritti astrattamente ricollegabili al comportamento<br />
del confinante e <strong>per</strong> la cessazione delle altrui<br />
molestie al libero esercizio del diritto di proprietà a norma<br />
dell’art. 949 commi 1 e 2 c.c. * Cass. civ., sez. II, 9 febbraio<br />
1993, n. 1599, Benetti c. Benetti.<br />
• Ove l’attore, sostenendo di essere proprietario di<br />
<strong>un</strong>’immobile, neghi che il convenuto sia titolare di <strong>un</strong><br />
diritto di passaggio sul medesimo, e quest’ultimo, a sua<br />
volta, pur riconoscendo il titolo di proprietà dell’attore,<br />
opponga di essere comproprietario del bene stesso, l’azione<br />
va qualificata negatoria servitutis, in quanto la proprietà<br />
dell’attore non è oggetto di controversia, che è<br />
limitata ai soli diritti vantati sulla cosa del convenuto.<br />
In tal caso, <strong>per</strong>tanto, mentre l’attore adempie il suo onere<br />
probatorio esibendo il suo titolo d’acquisto, incombe<br />
alla controparte dimostrare i fatti costitutivi del suo<br />
preteso diritto di comproprietà sul bene. * Cass. civ.,<br />
sez. II, 3 giugno 1991, n. 6258, <strong>La</strong>ndi c. Alessio. Si veda<br />
anche, a quest’ultimo proposito, infra, par. b).<br />
• L’azione con la quale il proprietario di <strong>un</strong>a terrazza<br />
chiede la rimozione di <strong>un</strong>o stenditoio, collocato nel confinante<br />
edificio ed aggettante sulla terrazza stessa con<br />
conseguenti immissioni (nella specie, gocciolio di panni<br />
e creazione di ombra) deve essere qualificata come negatoria<br />
servitutis, ai sensi dell’art. 949 c.c., implicando i<br />
fatti posti in essere dal vicino l’affermazione di <strong>un</strong> diritto<br />
di natura reale sulla terrazza, il cui esercizio <strong>per</strong> il<br />
tempo prescritto dalla legge potrebbe comportare l’acquisto<br />
<strong>per</strong> usucapione della servitù. * Cass. civ., sez. II,<br />
30 marzo 1989, n. 1561, Bracone c. Stecca.<br />
• Il titolare di <strong>un</strong> impianto di trasmissioni televisive via<br />
etere, il quale, senza autorizzazione dell’amministrazione,<br />
utilizzi di fatto e con preuso <strong>un</strong> determinato canale<br />
o banda di frequenza, ancorché effettuando soltanto<br />
prove tecniche di trasmissione, è portatore, nel rapporto<br />
con altro imprenditore privato che, anche esso privo di<br />
autorizzazione, interferisca con altra emittente su detto<br />
canale o banda, di posizioni soggettive tutelabili non<br />
solo in sede possessoria, ma anche in sede petitoria, con<br />
l’azione negatoria a norma dell’art. 949, secondo comma,<br />
c.c., potendo inoltre, ove eserciti attività imprenditoriale,<br />
mediante la diffusione di programmi televisivi,<br />
proporre l’azione diretta alla tutela del diritto di impresa,<br />
attraverso il conseguimento ex art. 2599 c.c. di provvedimenti<br />
idonei ad eliminare gli effetti dell’atto di concorrenza<br />
sleale (art. 2598, n. 3, c.c.), salvo il risarcimento<br />
del danno ai sensi dell’art. 2600 c.c. * Cass. civ., sez.<br />
II, 25 ottobre 1989, n. 4355, Ferrara c. Soc. Telecapri.<br />
a-4) Criteri distintivi da altre azioni.<br />
• L’azione negatoria servitutis e l’azione di rivendicazione,<br />
pur avendo quale presupposto com<strong>un</strong>e il diritto<br />
di proprietà, differiscono nei requisiti e nel contenuto.<br />
Nella prima l’attore, proprietario e possessore di <strong>un</strong> immobile,<br />
tende ad ottenere il riconoscimento della libertà<br />
del bene contro terzi che, vantando diritti reali su di<br />
esso, ne attentino il libero ed evolutivo godimento da<br />
parte sua. Nella seconda, invece, l’attore mira a conseguire<br />
il riconoscimento giudiziale del suo diritto di proprietà,<br />
al fine di ottenere, in dipendenza di tale riconoscimento,<br />
anche la restituzione della res che ne è oggetto;<br />
ciò che caratterizza quest’ultima azione e ne costituisce<br />
il presupposto è <strong>un</strong> effettuale conflitto di titoli, il<br />
quale manca, invece, nella prima. * Cass. civ., sez. II, 16<br />
febbraio 1977, n. 695. Conforme, Cass. 1° luglio 1975,<br />
n. 2571.<br />
• L’azione negatoria, di cui all’art. 949 c.c., si distingue<br />
dalla revindica e dall’azione di accertamento della<br />
proprietà <strong>per</strong>ché l’oggetto principale del giudizio, instaurato<br />
con tale azione, non è la sussistenza del diritto<br />
di proprietà dell’attore, bensì la libertà della cosa dai diritti<br />
reali vantati dal convenuto, sia stata o meno, la pretesa<br />
di tali diritti tradotta in atti concreti di molestia o<br />
di turbativa che attentino al libero ed esclusivo godimento<br />
del dominus; ne consegue che rientra nel paradigma<br />
dell’azione negatoria la domanda dell’attore rivolta<br />
ad ottenere l’accertamento che la cosa gli appartiene in<br />
via esclusiva, quando il convenuto, pur riconoscendo il<br />
diritto della controparte, assuma, a sua volta, di essere<br />
comproprietario del medesimo bene; in tal caso infatti,<br />
l’appartenenza della cosa all’attore esula dalla materia<br />
del contendere, la quale resta circoscritta esclusivamente<br />
alla coesistenza sullo stesso bene del distinto e concorrente<br />
diritto di comproprietà vantato dal convenuto.<br />
* Cass. civ., sez. II, 23 aprile 1976, n. 1460.<br />
• Come le limitazioni legali della proprietà sono essenzialmente<br />
diverse dalle servitù prediali così l’azione<br />
di chi tende alla affermazione di tali limitazioni a carico<br />
della proprietà del vicino − il quale le ha, di fatto, trasgredite<br />
pur senza vantare sul fondo altrui <strong>un</strong> diritto di servitù<br />
che legittimerebbe tale inosservanza o che da questa,<br />
<strong>per</strong> usucapione, sarebbe com<strong>un</strong>que derivato, legittimandola<br />
ab origine − non può confondersi con l’azione<br />
negatoria servitutis. Soltanto nella prima ipotesi, infatti,<br />
la libertà attuale del fondo dell’attore da vincoli correlati<br />
al fatto del convenuto non è materia né di azione né<br />
di eccezione, ma semplice presupposto, non controverso,<br />
di fondatezza della domanda, la quale non mira all’accertamento,<br />
positivo o negativo, di <strong>un</strong> diritto reale<br />
di godimento. * Cass. civ., sez. II, 4 aprile 1978, n. 1523.<br />
• <strong>La</strong> domanda diretta ad ottenere la rimozione di <strong>un</strong>a<br />
situazione lesiva del diritto di proprietà, non accompagnata<br />
dalla contestuale richiesta di declaratoria del diritto<br />
reale, esorbita dai limiti della negatoria servitutis e<br />
può assumere la veste dell’azione di reintegrazione in<br />
forma specifica di natura <strong>per</strong>sonale. * Cass. civ., sez. II,<br />
18 luglio 1991, n. 7984, Trani ed altro c. Rosati ed altri.<br />
❖ Si veda anche, con riguardo alla distinzione tra<br />
azione negatoria ed azione di rivendicazione, Cass. II,<br />
19 agosto 2002, n. 12233, riportata infra, par. b), seconda<br />
massima.<br />
b) Onere e oggetto della prova.<br />
• In tema di azione negatoria di servitù, poiché la<br />
titolarità del bene si pone cone requisito di legittimazione<br />
attiva, qualora il convenuto la contesti, la parte che<br />
agisce ha l’onere di provare il suo diritto di proprietà nei
ART. 949 LIBRO III - Della proprietà 746<br />
confronti del convenuto. * Cass. civ., sez. II, 27 marzo<br />
2002, n. 4366. [RV553313]<br />
• L’azione negatoria servitutis tende alla negazione di<br />
qualsiasi diritto, anche dominicale, affermato dal terzo<br />
sulla cosa dell’attore, e d<strong>un</strong>que non soltanto all’accertamento<br />
dell’inesistenza della pretesa servitù ma anche al<br />
conseguimento della cessazione della situazione antigiuridica<br />
posta in essere dal vicino, al fine di ottenere la<br />
libertà del fondo, e si differenzia dall’azione di rivendicazione<br />
in quanto ciò che caratterizza quest’ultima azione<br />
e ne costituisce <strong>un</strong> presupposto è <strong>un</strong> eventuale conflitto<br />
tra titoli; conseguentemente, l’onere della prova che grava<br />
sull’attore nel possesso del bene è meno rigoroso che nell’azione<br />
di rivendicazione, essendo sufficiente provare<br />
l’esistenza del titolo di proprietà, ed anche il possesso<br />
del terreno qualora il convenuto eccepisca l’intervenuta<br />
usucapione. * Cass. civ., sez. II, 19 agosto 2002, n.<br />
12233, Torazzina ed altri c. Saietti. Nello stesso senso,<br />
Cass. II, 27 dicembre 2004, n. 24028. [RV556<strong>944</strong>]<br />
• L’azione negatoria, diversamente da quella di rivendicazione,<br />
pone <strong>un</strong> onere probatorio di minor rigore,<br />
potendo essere dimostrata la proprietà con ogni mezzo,<br />
anche mediante pres<strong>un</strong>zioni, in ipotesi di insufficienza<br />
dei titoli di provenienza. * Cass. civ., sez. II, 12 agosto<br />
2002, n. 12166, Maiocchi c. Ciossani. [RV556902]<br />
• <strong>La</strong> parte che agisce con l’“actio negatoria servitutis”<br />
non ha l’onere di fornire, come nell’azione di rivendica,<br />
la prova rigorosa della proprietà neppure quando<br />
abbia chiesto la cessazione della situazione antigiuridica<br />
posta in essere dall’altra parte, essendo sufficiente la dimostrazione,<br />
con ogni mezzo, ed anche in via pres<strong>un</strong>tiva,<br />
di possedere il fondo in <strong>forza</strong> di <strong>un</strong> titolo valido. Al<br />
convenuto incombe, invece, l’onere di provare l’esistenza<br />
del diritto a lui spettante, in virtù di <strong>un</strong> rapporto di<br />
natura obbligatoria o reale, di compiere l’attività lamentata<br />
come lesiva dall’attore. * Cass. civ., sez. II, 25<br />
marzo 1999, n. 2838, Palombi c. Mulas ed altri. Nello<br />
stesso senso, circa la ripartizione, in generale, dell’onere<br />
della prova: Cass. II, 10 dicembre 1975, n. 4072; Cass.<br />
II, 18 febbraio 1977, n. 726; Cass. II, 16 gennaio 1996,<br />
n. 301; Cass. II, 22 marzo 2001, n. 4120; Cass. II, 26<br />
maggio 2004, n. 10149. [RV524550]<br />
• Colui che agisce in negatoria servitutis, dimostrata<br />
la sua qualità di proprietario della res, può limitarsi a<br />
contestare la titolarità del diritto altrui su di essa senza<br />
necessità di contestarne anche l’esistenza, la quale non ha<br />
l’effetto di costringerlo a subirne l’esercizio da parte di<br />
chi<strong>un</strong>que. Omologamente, il convenuto che affermi <strong>un</strong><br />
diritto in re aliena deve dimostrare di esserne anche il<br />
titolare. * Cass. civ., sez. II, 29 maggio 1998, n. 5299.<br />
• In tema di azione negatoria, di cui all’art. 949 c.c.,<br />
nel difetto di proposizione di <strong>un</strong>a specifica domanda di<br />
accertamento positivo o, da parte del convenuto, di accertamento<br />
negativo della proprietà del bene oggetto<br />
dell’azione, la titolarità del bene stesso, ponendosi come<br />
mero requisito di legittimazione attiva e non come oggetto<br />
della causa, può essere provata anche in base a pres<strong>un</strong>zioni<br />
semplici. (Nella specie, le risultanze dell’atto d’acquisto<br />
dell’immobile od il possesso della cosa a partire<br />
dalla stessa data). * Cass. civ., sez. II, 4 dicembre 1995,<br />
n. 12488, Soc. Tecnicoliva c. Mancini.<br />
• In tema di actio negatoria servitutis, diretta al riconoscimento<br />
della libertà del fondo e non del dominio,<br />
l’onere probatorio relativo alla proprietà non ha il carattere<br />
rigoroso proprio della rivendicazione essendo<br />
sufficiente che l’attore dimostri, con qualsiasi mezzo,<br />
non escluse le pres<strong>un</strong>zioni, di possedere il fondo in base ad<br />
<strong>un</strong> valido titolo di acquisto. * Cass. civ., sez. II, 24 febbraio<br />
1984, n. 1312. Nello stesso senso: Cass. II, 27 maggio<br />
1987, n. 4737; Cass. II, 27 aprile 1982, n. 2621. Si<br />
veda <strong>per</strong>ò anche Cass. II, 26 gennaio 1982, n. 504, la<br />
quale, in materia di pres<strong>un</strong>zioni, afferma «Il principio<br />
che le annotazioni catastali hanno la limitata efficacia di<br />
elementi pres<strong>un</strong>tivi che possono essere vinti da prove<br />
contrarie vale anche in tema di azione negatoria. Pertanto<br />
gli estratti catastali non possono essere considerati<br />
prova sufficiente del contestato titolo dominicale,<br />
condizione remota dell’azione negatoria».<br />
• Esercitata l’azione negatoria <strong>per</strong> sentir dichiarare<br />
l’inesistenza di <strong>un</strong> diritto di servitù sul fondo dell’attore,<br />
qualora il convenuto eccepisca di essere egli stesso proprietario<br />
del fondo che si assume gravato, oggetto del<br />
giudizio è l’accertamento della libertà del fondo mentre<br />
l’accertamento della proprietà del medesimo ha valore<br />
soltanto strumentale; conseguentemente, non essendo<br />
la domanda volta al recu<strong>per</strong>o del bene, l’onere della<br />
prova che grava sull’attore nel possesso del bene è meno<br />
rigoroso che nell’azione di rivendica e la prova, in caso<br />
di insufficienza dei titoli di provenienza, può essere data<br />
con ogni mezzo ed anche con pres<strong>un</strong>zioni. * Cass. civ.,<br />
sez. II, 29 marzo 1999, n. 2982, Di Stefano c. Russo.<br />
Nello stesso senso: Cass. II, 25 novembre 1975, n. 3932;<br />
Cass. II, 26 gennaio 1982, n. 504. [RV524694]<br />
• A norma dell’art. 949 c.c., mentre l’attore in negatoria<br />
deve provare di essere proprietario del fondo, qualora<br />
tale qualità venga contestata, spetta, invece, al convenuto,<br />
fornire la prova dell’esistenza del diritto reale<br />
da lui vantato; qualora oggetto dell’actio negatoria sia il<br />
diritto di com<strong>un</strong>ione vantato dal convenuto su di <strong>un</strong>a cosa<br />
strutturalmente inserita in <strong>un</strong>o stabile condominiale (nella<br />
specie, canna fumaria), tale prova può essere fornita<br />
dall’interessato anche invocando la pres<strong>un</strong>zione di comproprietà,<br />
stabilita dall’art. 1117 c.c. in ordine alle parti<br />
dell’edificio la cui destinazione all’uso collettivo risulti<br />
da elementi oggettivi e, cioè, dall’attitudine f<strong>un</strong>zionale<br />
delle parti medesime al godimento com<strong>un</strong>e. * Cass. civ.,<br />
sez. II, 23 aprile 1976, n. 1460.<br />
• All’attore in negatoria servitutis non può dal convenuto<br />
essere utilmente opposta l’esistenza di <strong>un</strong> possesso<br />
− e tanto meno di <strong>un</strong>a detenzione − del bene, bensì<br />
l’esistenza di <strong>un</strong> diritto reale sul bene medesimo, quale<br />
avrebbe potuto essere il diritto di <strong>un</strong>a servitù di passaggio<br />
acquisito <strong>per</strong> usucapione. * Cass. civ., sez. II, 27 ottobre<br />
1975, n. 3588.<br />
• Chi agisce giudizialmente <strong>per</strong> fare dichiarare la inesistenza<br />
a carico del proprio fondo di <strong>un</strong>a servitù di veduta<br />
diretta deve limitarsi a provare che sul fondo del<br />
vicino si aprono delle vedute a distanza inferiore a <strong>un</strong><br />
metro e mezzo dal confine, in quanto l’art. 905 c.c. gli<br />
dà il diritto di pretenderne l’eliminazione, e incombe al<br />
convenuto, ai sensi dell’art. 2697 c.c., <strong>per</strong> evitare il riconoscimento<br />
di tale diritto, fornire la prova di <strong>un</strong> titolo<br />
che gli attribuisca la servitù di veduta, atteso che solo se<br />
l’attore affermi che la veduta sia stata a<strong>per</strong>ta in sostituzione<br />
di <strong>un</strong>’altra veduta di cui ammetta o non contesti<br />
la conformità al diritto, deve, altresì, dimostrare il presupposto<br />
su cui si basa la sua pretesa, cioè la difformità<br />
della nuova veduta rispetto a quella preesistente. * Cass.<br />
civ., sez. II, 13 giugno 1994, n. 5734.<br />
• Ove l’attore, sostenendo di essere proprietario di<br />
<strong>un</strong>’immobile, neghi che il convenuto sia titolare di <strong>un</strong><br />
diritto di passaggio sul medesimo, e quest’ultimo, a sua
747 TITOLO II - Della proprietà ART. 949<br />
volta, pur riconoscendo il titolo di proprietà dell’attore,<br />
opponga di essere comproprietario del bene stesso, l’azione<br />
va qualificata negatoria servitutis, in quanto la proprietà<br />
dell’attore non è oggetto di controversia, che è<br />
limitata ai soli diritti vantati sulla cosa del convenuto.<br />
In tal caso, <strong>per</strong>tanto, mentre l’attore adempie il suo onere<br />
probatorio esibendo il suo titolo d’acquisto, incombe<br />
alla controparte dimostrare i fatti costitutivi del suo<br />
preteso diritto di comproprietà sul bene. * Cass. civ.,<br />
sez. II, 3 giugno 1991, n. 6258, <strong>La</strong>ndi c. Alessio.<br />
c) Legittimazione attiva e passiva.<br />
• Nelle azioni reali, come è quella negatoria servitutis,<br />
la legittimazione processuale attiva e passiva spetta<br />
esclusivamente ai proprietari o ai titolari di <strong>un</strong> diritto<br />
reale di godimento sui fondi dominante e servente, mentre<br />
ai mezzadri, inquilini e titolari di altro diritto <strong>per</strong>sonale<br />
sulla cosa può riconoscersi soltanto <strong>un</strong> interesse di<br />
fatto che consente loro di intervenire in giudizio <strong>per</strong> sostenere<br />
le ragioni di <strong>un</strong>a delle parti (come previsto dall’art.<br />
105, secondo comma, c.p.c.), ma non conferisce il<br />
potere di proporre impugnazione quando la parte legittimata<br />
abbia omesso di farlo. * Cass. civ., sez. II, 27<br />
maggio 1987, n. 4744. Conforme, sulla prima parte della<br />
massima, Cass. II, 12 agosto 2002, n. 12169.<br />
• Nell’actio negatoria servitutis, in cui la legittimazione<br />
attiva e passiva compete a coloro che sono titolari delle<br />
posizioni giuridiche dominicali, rispettivamente, svantaggiate<br />
o avvantaggiate dalla servitù, la lite può proseguire<br />
<strong>per</strong> la emanazione della sentenza di merito ove la<br />
legittimazione di <strong>un</strong>a delle parti, mancando all’atto della<br />
proposizione della domanda, sopravvenga nel corso<br />
del giudizio, anche di secondo grado, dato che, rappresentando<br />
la legittimazione ad agire <strong>un</strong>a condizione dell’azione,<br />
è sufficiente che essa sussista al momento della<br />
decisione; mentre, ove tale legittimazione, con riferimento<br />
a detto momento, manchi, non sorge la necessità<br />
della chiamata in causa del soggetto che risulti effettivo<br />
proprietario del fondo, ed il giudice dovrà respingere,<br />
nel merito, la domanda così come proposta. * Cass. civ.,<br />
sez. II, 7 marzo 2001, n. 3314. Conforme, Cass. II, 18<br />
luglio 2002, n. 10443.<br />
• Legittimato attivamente a proporre l’azione negatoria<br />
di servitù non è solo il proprietario esclusivo della<br />
cosa, bensì anche il condominio (Recte: condomino -<br />
N.d.R.) il quale, trattandosi di azione a tutela della proprietà<br />
della cosa com<strong>un</strong>e contro i terzi che su tale cosa<br />
vantano i propri diritti, può agire senza che sia necessaria<br />
l’integrazione del giudizio nei confronti degli altri<br />
partecipanti alla com<strong>un</strong>ione. * Cass. civ., sez. II, 13 febbraio<br />
1995 n. 1563. Conforme, Cass. II, 22 maggio 1995<br />
n. 5612.<br />
• <strong>La</strong> actio negatoria servitutis può essere proposta da<br />
<strong>un</strong>o solo dei proprietari del bene, anche se, oltre ad essere<br />
diretta all’accertamento dell’inesistenza di diritti reali su<br />
di esso, sia volta a conseguire la cessazione dell’attività<br />
illegittima del convenuto e, ove questa consista in o<strong>per</strong>e,<br />
ad ottenerne la demolizione, in quanto la quota ideale<br />
di interessi di ogn<strong>un</strong>o dei partecipi è compenetrata nell’intera<br />
consistenza della cosa com<strong>un</strong>e. * Cass. civ., sez.<br />
II, 8 maggio 1998, n. 4658. Nello stesso senso, Cass. II,<br />
1 ottobre 1986, n. 5949.<br />
• Legittimato passivo dell’azione negatoria servitutis<br />
è il proprietario del fondo asseritamente dominante; <strong>per</strong>altro,<br />
se all’affermazione del preteso diritto di servitù si<br />
accompagnino turbative o molestie, può essere chiama-<br />
to in giudizio il possessore o detentore dell’altro fondo,<br />
autore delle turbative o molestie, al fine di esercitare nei<br />
suoi confronti <strong>un</strong>’azione <strong>per</strong>sonale diretta alla cessazione<br />
degli atti illeciti che trovi il suo presupposto nell’accertamento<br />
negativo del diritto reale a vantaggio del<br />
fondo dominante. * Cass. civ., sez. II, 24 novembre<br />
1973, n. 3189. Conforme, Cass., sez. II, 11 maggio 1978,<br />
n. 2304.<br />
• Mentre rispetto all’azione prevista dall’art. 949<br />
c.c., che ha natura reale e si caratterizza in quanto diretta<br />
a difendere la proprietà da pretese di diritto avanzate<br />
dai terzi, legittimato passivo è il proprietario del fondo<br />
pretesamente dominante, quando l’azione, avuto riguardo<br />
ai fatti posti a suo fondamento ed alle ragioni di<br />
essa, valutati dal giudice di merito con apprezzamento<br />
insindacabile se congruamente e logicamente motivato,<br />
mira a proteggere la proprietà da indebite intromissioni<br />
o utilizzazioni di terzi, non accompagnate dalla pretesa<br />
di esercitare sulla cosa <strong>un</strong> diritto reale limitato, legittimati<br />
passivi rispetto ad essa sono gli autori delle anzidette<br />
turbative o molestie di fatto. * Cass. civ., sez. II, 9<br />
febbraio 1995, n. 1460. [RV490350]<br />
• <strong>La</strong> violazione delle limitazioni legali della proprietà<br />
consente al proprietario del fondo contiguo di pretendere<br />
la loro osservanza; tale pretesa, <strong>per</strong> il suo carattere<br />
reale, può essere es<strong>per</strong>ita con l’actio negatoria nei diretti<br />
confronti di colui che è in atto proprietario del fondo,<br />
anche se la violazione sia stata commessa da <strong>per</strong>sona<br />
diversa. * Cass. civ., sez. II, 26 novembre 1973, n. 3196.<br />
• In tema di distanze legali fra costruzioni, qualora il<br />
manufatto edificato da <strong>un</strong> terzo con materiali propri su<br />
fondo altrui si trovi a distanza non legale rispetto ad<br />
<strong>un</strong>a preesistente costruzione ubicata sul fondo confinante<br />
(art. 873 c.c.), l’azione del proprietario di<br />
quest’ultimo, volta a conseguire la demolizione o l’arretramento<br />
dell’o<strong>per</strong>a − qualificabile come negatoria servitutis<br />
− è es<strong>per</strong>ibile esclusivamente nei confronti del<br />
proprietario confinante (in considerazione del carattere<br />
reale dell’azione medesima), dovendo, <strong>per</strong> converso, la<br />
legittimazione passiva del terzo costruttore essere riconosciuta<br />
(alla stregua della sua qualità di autore del fatto<br />
illecito) rispetto all’eventuale, ulteriore pretesa di risarcimento<br />
del danno. * Cass. civ., sez. II, 1 marzo 2001,<br />
n. 2998. Conformi: Cass. II, 14 dicembre 1992, n. 13186;<br />
Cass. II, 27 gennaio 2005, n. 1553.<br />
• Qualora l’attore in negatoria servitutis non sia possessore<br />
del bene sul quale il convenuto esercita il diritto<br />
contestato (nella specie: servitù di veduta) <strong>per</strong> concessione<br />
del terzo possessore, l’accertamento circa la legittimazione<br />
attiva non può essere compiuto incidentalmente,<br />
<strong>per</strong>ché il diritto di proprietà sul fondo oggetto della<br />
turbativa attiene ad <strong>un</strong>a situazione giuridica dedotta in<br />
via principale. Ne può procedersi ad accertamenti incidentali<br />
circa il diritto di terzi, estranei al giudizio sulla<br />
cosa medesima, <strong>per</strong>ché la decisione sulla negatoria produce<br />
effetti che non possono essere conseguiti senza interferire<br />
sui diritti del terzo e quest’ultimo non è tenuto<br />
ad eseguire <strong>un</strong>a sentenza emanata in <strong>un</strong> giudizio al quale<br />
non ha partecipato. * Cass. civ., sez. II, 5 agosto 1976,<br />
n. 3013.<br />
• L’azione diretta a far rimuovere da <strong>un</strong> fondo il materiale<br />
che il vicino vi abbia scaricato, senza vantare alc<strong>un</strong><br />
diritto di natura reale, è es<strong>per</strong>ibile anche dal detentore<br />
del fondo che abbia subito la menomazione, trattandosi<br />
di azione di risarcimento del danno mediante
ART. 949 LIBRO III - Della proprietà 748<br />
reintegrazione in forma specifica. * Cass. civ., sez. I, 20<br />
gennaio 1976, n. 169.<br />
d) Litisconsorzio.<br />
• L’actio negatoria servitutis è <strong>un</strong>’azione di accertamento<br />
diretta soltanto a far dichiarare l’inesistenza del<br />
diritto nei confronti di chi lo afferma e, <strong>per</strong>tanto, la relativa<br />
causa ha natura scindibile <strong>per</strong> cui, nel caso di pluralità<br />
di fondi, siano essi serventi o dominanti, non dà<br />
luogo, né dal lato attivo né da quello passivo, ad <strong>un</strong>’ipotesi<br />
di litisconsorzio necessario tra i proprietari interessati,<br />
dovendo sempre ravvisarsi <strong>un</strong>a pluralità di rapporti<br />
di servitù. * Cass. civ., sez. II, 1 agosto 2001, n. 10470.<br />
• L’actio negatoria servitutis, ove sia diretta soltanto<br />
a far dichiarare l’inesistenza del diritto nei confronti di<br />
chi lo afferma, non dà luogo a litisconsorzio necessario,<br />
né dal lato attivo né dal lato passivo. Nel caso in cui,<br />
invece, oltre che al semplice accertamento dell’inesistenza<br />
dell’altrui diritto, tenda anche al mutamento di <strong>un</strong>o<br />
stato di fatto, mediante la demolizione di manufatti e di<br />
costruzioni, che incida su di <strong>un</strong> rapporto giuridico inscindibilmente<br />
com<strong>un</strong>e a più soggetti, la stessa azione<br />
deve essere es<strong>per</strong>ita necessariamente nei confronti di<br />
tutti i proprietari del preteso fondo dominante, giacché<br />
altrimenti la sentenza, non avendo efficacia nei confronti<br />
di tutti, sarebbe ineseguibile e, quindi, inutiliter data.<br />
* Cass. civ., sez. II, 15 giugno 1981, n. 3878. Nello stesso<br />
senso: Cass. II, 25 marzo 1998, n. 3156; Cass. II, 28 settembre<br />
1996, n. 8565; Cass. II, 16 novembre 1989, n.<br />
4901; Cass. II, 23 ottobre 1974, n. 3074; Cass. II, 21 novembre<br />
1977, n. 5063, la quale ultima precisa «<strong>La</strong> non<br />
integrità del contraddittorio può essere den<strong>un</strong>ciata anche<br />
<strong>per</strong> la prima volta in Cassazione, essendo rilevabile<br />
di ufficio e, al fine di accertare se il den<strong>un</strong>ciato difetto<br />
sussiste, la Suprema Corte può compiere anche indagini<br />
di fatto, con esclusivo riguardo, <strong>per</strong>ò, ai documenti e<br />
alle prove in precedenza acquisiti». Si veda anche, sempre<br />
in linea con il principio di cui alla prima parte della<br />
massima, Cass. II, 13 febbraio 1995 n. 1563, riportata<br />
supra, par. c), terza massima, ed altra ivi citata.<br />
• Con riguardo all’actio negatoria servitutis, la richiesta<br />
della cessazione della turbativa o della molestia<br />
inerente all’esercizio di <strong>un</strong>a determinata servitù richiede<br />
il preliminare accertamento negativo del relativo diritto<br />
vantato, con la conseguenza che, ove tale richiesta sia<br />
spiegata nei confronti dell’autore della turbativa il quale<br />
non sia il proprietario del preteso fondo dominante, il<br />
contraddittorio deve necessariamente essere integrato<br />
nei confronti di detto proprietario. * Cass. civ., sez. II,<br />
5 gennaio 2000, n. 35.<br />
• Nell’actio negatoria servitutis, qualora il proprietario<br />
del fondo servente contesti il diritto di proprietà del<br />
convenuto sul fondo dominante, non si verifica alc<strong>un</strong>a<br />
ipotesi di litisconsorzio necessario con l’originario proprietario<br />
di detto fondo, poiché è sufficiente che il convenuto<br />
fornisca la prova del suo diritto di proprietà nei<br />
confronti dell’attore, con effetti limitati fra le parti, salva<br />
restando in ogni caso la possibilità <strong>per</strong> il terzo di far<br />
valere ogni suo potere diritto, non estendendosi nei suoi<br />
confronti l’efficacia del giudicato formatosi tra parti diverse.<br />
* Cass. civ., sez. II, 10 maggio 1978, n. 2278.<br />
• Nell’ipotesi di <strong>un</strong>a pluralità di fondi serventi alla<br />
stessa utilità di <strong>un</strong> <strong>un</strong>ico fondo dominante (o di pluralità<br />
di fondi dominanti contro <strong>un</strong> solo fondo servente) l’actio<br />
negatoria servitutis non dà luogo ad <strong>un</strong>’ipotesi di litisconsorzio<br />
necessario fra tutti i proprietari interessati,<br />
in quanto la pluralità dei fondi serventi (o dominanti)<br />
importa pur sempre la costituzione di più rapporti di<br />
servitù. * Cass. civ., sez. II, 25 marzo 1978, n. 1445.<br />
• Nel caso di servitù le quali, pur avendo lo stesso<br />
contenuto, siano distinte <strong>per</strong>ché poste a servizio di fondi<br />
diversi, non è ravvisabile litisconsorzio necessario tra i<br />
loro titolari, rispetto all’actio negatoria es<strong>per</strong>ita contro<br />
alc<strong>un</strong>o di essi dal proprietario del fondo servente, anche<br />
se questi domandi di essere autorizzato ad eseguire nel<br />
suo fondo o<strong>per</strong>e che impediscano l’esercizio dell’attività<br />
com<strong>un</strong>e alle diverse servitù. Nell’ipotesi, <strong>per</strong> altro, il<br />
giudicato ha efficacia soltanto tra coloro che hanno<br />
partecipato al giudizio, sicché il proprietario del fondo<br />
servente non può avvalersene contro quei titolari che ne<br />
siano rimasti estranei. (Nella specie, il proprietario di<br />
<strong>un</strong>a su<strong>per</strong>ficie di terreno adibita a strada privata, deducendo<br />
che essa era gravata da servitù di passaggio solo<br />
pedonale, chiedeva, nei confronti dei titolari di <strong>un</strong>a tra<br />
le varie servitù di transito, di essere autorizzato a m<strong>un</strong>ire<br />
la strada di apprestamenti idonei ad impedire su di<br />
essa il passaggio di veicoli). * Cass. civ., sez. II, 18 febbraio<br />
1977, n. 726.<br />
• Nelle cause tra privati aventi ad oggetto l’accertamento<br />
della libertà del fondo dal diritto di passaggio che<br />
<strong>un</strong> terzo pretenda esercitare sul medesimo, sostenendo<br />
l’esistenza di <strong>un</strong>a servitù pubblica di passaggio, non ricorre<br />
<strong>un</strong>’ipotesi di litisconsorzio necessario, nei confronti<br />
del com<strong>un</strong>e, che postuli l’intervento in causa dello<br />
stesso. * Cass. civ., sez. II, 25 giugno 1985, n. 3835. Conformi:<br />
Cass. <strong>un</strong>., 18 dicembre 1975, n. 4155; Cass. III, 8<br />
settembre 1978, n. 4067.<br />
• In tema di procedimento civile, nel giudizio di negatoria<br />
servitutis promosso dall’enfiteuta nei confronti del<br />
proprietario confinante, il nudo proprietario non è litisconsorte<br />
necessario, non essendo al riguardo nemmeno<br />
configurabile l’applicazione analogica dell’art. 1102, secondo<br />
comma, c.c. (che, nel riconoscere all’usufruttuario<br />
legittimazione attiva all’es<strong>per</strong>imento dell’azione<br />
confessoria e della negatoria servitutis, prescrive la chiamata<br />
in causa del proprietario), attesi i rigorosi limiti<br />
entro i quali è consentito farvi ricorso ai sensi dell’art.<br />
12 prel. nonché avuto riguardo alle caratteristiche proprie<br />
delle facoltà inerenti al diritto di usufrutto, ben più<br />
ristrette rispetto a quelle contenute nel diritto di enfiteusi:<br />
mentre infatti la previsione dell’art. 1012, secondo<br />
comma, c.c. trova, nella parte in cui dispone la necessaria<br />
partecipazione al giudizio del proprietario, la sua<br />
specifica ratio nella limitatezza e nella temporaneità del<br />
diritto di usufrutto, di guisa che il proprietario viene tutelato<br />
nel suo specifico interesse ad accertare l’inesistenza<br />
di diritti di terzi sul suo immobile in f<strong>un</strong>zione del pieno<br />
godimento di esso alla cessazione dell’usufrutto medesimo,<br />
tale esigenza viceversa non ricorre relativamente<br />
all’enfiteuta, in ragione degli ampi poteri del medesimo<br />
sul bene, che si estendono sino alla disposizione del<br />
diritto di enfiteusi e al diritto potestativo di affrancazione<br />
dell’immobile. * Cass. civ., sez. II, 12 agosto 2002, n.<br />
12169, Palone c. Vaiani. [RV556906]<br />
e) Eccezioni, domande riconvenzionali, poteri del giudice.<br />
• Qualora il convenuto in <strong>un</strong> giudizio di negatoria servitutis<br />
deduca l’esistenza della servitù contestatagli, <strong>per</strong><br />
averla acquistata <strong>per</strong> titolo o <strong>per</strong> usucapione o in qualsiasi<br />
altro modo, al solo fine di impedire l’accoglimento<br />
della domanda negatoria, si resta nei limiti dell’eccezione<br />
riconvenzionale, laddove se lo stesso convenuto in-
749 TITOLO II - Della proprietà ART. 950<br />
vochi il riconoscimento dell’esistenza della servitù al<br />
fine di ottenere <strong>un</strong> provvedimento a suo favore, finendo<br />
con ciò con l’esercitare <strong>un</strong>’actio confessoria servitutis,<br />
vengono travalicati i limiti della difesa e ci si trova nell’ambito<br />
della domanda riconvenzionale improponibile<br />
in appello ex art. 345 c.p.c. * Cass. civ., sez. II, 16 dicembre<br />
1987, n. 9343.<br />
• Nel giudizio di negatoria servitutis (nella specie:<br />
servitù di passaggio), il convenuto può limitarsi ad eccepire<br />
l’esistenza della contestata servitù o l’estensione di<br />
essa oltre i limiti dedotti dall’attore, prospettando situazioni<br />
che, ove accertate, possono valere al fine del rigetto<br />
della domanda, mentre nel caso in cui intenda ottenere<br />
con la sentenza la costituzione della detta servitù o<br />
l’ampliamento di quella già esistente, deve necessariamente<br />
proporre domanda riconvenzionale <strong>per</strong> la quale,<br />
pur non richiedendosi formule sacramentali, è tuttavia<br />
necessario l’impiego di espressioni che consentano di individuarne<br />
il contenuto sostanziale in riferimento alle<br />
finalità concrete che la parte vuole realizzare. * Cass.<br />
civ., sez. II, 5 febbraio 1985, n. 809.<br />
• L’istanza con cui il convenuto, nell’opporsi all’accoglimento<br />
dell’actio negatoria servitutis, allega e chiede che<br />
venga dichiarata l’esistenza della servitù, pur potendo offrire,<br />
attraverso l’esaurimento degli oneri probatori che<br />
gravano sul convenuto, nuovi elementi di giudizio <strong>per</strong> la<br />
risoluzione della controversia in aggi<strong>un</strong>ta a quelli già rilevabili<br />
dagli atti, non amplia in alc<strong>un</strong> modo la sfera dei<br />
poteri decisori che già competono al giudice in base all’azione<br />
negatoria, né estende gli effetti della pron<strong>un</strong>cia al<br />
di là del contenuto ed oltre i limiti già segnati dall’azione<br />
proposta, trattandosi di istanza diretta ad ottenere semplicemente<br />
<strong>un</strong> accertamento di contenuto contrario a<br />
quello già invocato dall’attore, già virtualmente compreso<br />
nel thema decidendum, come è agevole rilevare se si considera<br />
che la definizione del giudizio tende app<strong>un</strong>to a rendere<br />
incontrovertibile, in virtù del giudicato, l’esistenza o<br />
l’inesistenza della servitù che forma oggetto dell’azione<br />
negatoria. <strong>La</strong> suddetta istanza configura <strong>per</strong>tanto, dal<br />
p<strong>un</strong>to di vista processuale, <strong>un</strong>a semplice eccezione e non<br />
già <strong>un</strong>a domanda riconvenzionale, ed è deducibile anche<br />
<strong>per</strong> la prima volta nel giudizio di appello. * Cass. civ., sez.<br />
II, 17 dicembre 1976, n. 4660.<br />
• Qualora il convenuto in <strong>un</strong> giudizio di negatoria servitutis<br />
si limiti a contestare la pretesa dell’attore desumendo<br />
di avere acquistato la servitù <strong>per</strong> , si è in presenza<br />
di <strong>un</strong> tipico esercizio di eccezione riconvenzionale in<br />
quanto al diritto vantato dall’attore il convenuto oppone<br />
il suo diritto maturato con il possesso protrattosi nel<br />
tempo, al fine di ottenere soltanto il rigetto della domanda<br />
e non già <strong>un</strong> provvedimento positivo che vada<br />
oltre il rigetto della domanda medesima. Tale eccezione,<br />
anche se svolta irritualmente in primo grado (nella specie<br />
nella comparsa conclusionale) può essere legittimamente<br />
riproposta in grado di appello non trattandosi di<br />
domanda nuova. * Cass. civ., sez. II, 10 aprile 1974, n.<br />
1019; conforme, Cass., sez. II, 4 maggio 1978, n. 2077.<br />
• Qualora il convenuto con actio negatoria servitutis<br />
si difenda sostenendo il proprio diritto di far uso del bene,<br />
del quale l’attore invoca la piena e libera proprietà, in<br />
<strong>forza</strong> di comproprietà sul medesimo, il principio della<br />
corrispondenza fra il chiesto ed il pron<strong>un</strong>ciato non consente<br />
al giudice di rigettare la domanda in base al riconoscimento<br />
di <strong>un</strong> diritto di servitù in favore del convenuto<br />
stesso. * Cass. civ., sez. II, 10 novembre 1976, n.<br />
4132.<br />
• Nel giudizio di negatoria servitutis il convenuto ha<br />
diritto di dimostrare l’interclusione del fondo e di chiedere<br />
la costituzione di <strong>un</strong>a servitù di passaggio necessaria;<br />
è, tuttavia, indispensabile che, al riguardo, egli formuli<br />
<strong>un</strong>’espressa domanda riconvenzionale, non essendo<br />
sufficiente <strong>un</strong>’eccezione riconvenzionale a legittimare<br />
quella pron<strong>un</strong>ciata dal giudice, atteso il suo carattere<br />
costitutivo sulla sfera patrimoniale del titolare del fondo<br />
su cui il passaggio sia imposto. * Cass. civ., sez. II,<br />
16 marzo 1976, n. 966.<br />
• <strong>La</strong> deduzione, da parte del convenuto in negatoria servitutis,<br />
he tra la veduta da lui a<strong>per</strong>ta e il fondo dell’attore si<br />
trovi <strong>un</strong>a strada pubblica, integra non <strong>un</strong> atto di tutela della<br />
proprietà demaniale − che l’art. 823, secondo comma,<br />
c.c., riserva all’autorità amministrativa − ma <strong>un</strong>a semplice<br />
eccezione che, stante l’esonero dall’obbligo del rispetto<br />
della distanza, stabilito dall’ultimo comma dell’art. 905<br />
c.c. <strong>per</strong> l’a<strong>per</strong>tura di vedute verso il fondo del vicino, è<br />
solo intesa a paralizzare la domanda, dando luogo a <strong>un</strong><br />
accertamento incidenter tantum. Onde, tale deduzione<br />
non configura alc<strong>un</strong>a sostituzione processuale del privato<br />
alla pubblica autorità né importa integrazione del contraddittorio<br />
nei confronti di questa, in quanto la questione<br />
relativa alla natura pubblica o privata della strada è, in<br />
tal caso, decisa senza effetto di cosa giudicata. * Cass. civ.,<br />
sez. II, 6 giugno 1977, n. 2319.<br />
• <strong>La</strong> domanda con la quale l’attore richieda l’accertamento<br />
che egli è l’esclusivo proprietario di <strong>un</strong> immobile<br />
rientra nello schema dell’azione negatoria di cui all’art.<br />
949, primo comma, c.c., la quale tende alla negazione<br />
di qualsiasi diritto, anche dominicale, affermato<br />
dal terzo sulla cosa di proprietà aliena. Pertanto, poiché<br />
quest’azione, mirando a chiarire la reale situazione giuridica,<br />
implica, oltre all’accertamento positivo del diritto<br />
dell’attore, anche quello negativo dell’inesistenza del<br />
diritto vantato dal convenuto, non incorre nel vizio di<br />
extrapetizione la sentenza che, nel dichiarare l’appartenenza<br />
dell’immobile all’attore, escluda, nel contempo,<br />
espressamente, il diritto di proprietà affermato sullo<br />
stesso bene dalla controparte. * Cass. civ., sez. II, 18<br />
giugno 1976, n. 2300. Conforme, Cass., sez. II, 23 agosto<br />
1978, n. 3930.<br />
f) Imprescrittibilità dell’azione.<br />
• L’actio negatoria servitutis è azione imprescrittibile,<br />
con la conseguenza che il proprietario del preteso fondo<br />
servente può in ogni momento, e fatti salvi gli effetti dell’intervenuta<br />
usucapione, chiedere che venga accertata,<br />
<strong>per</strong> mancanza del titolo o del decorso del termine <strong>per</strong><br />
l’usucapione, l’inesistenza di <strong>un</strong>a servitù contraria al rispetto<br />
delle distanze legali, giacché, diversamente opinando,<br />
si configurerebbe, di fatto, l’acquisto di <strong>un</strong>a servitù in<br />
base al possesso decennale e non ventennale, come invece<br />
disposto dall’art. 1158 c.c. * Cass. civ., sez. II, 26 gennaio<br />
2000, n. 864, Marzoni c. Gaioni. [RV533191]<br />
950 Azione di regolamento di confini. Quando il confine tra due fondi è incerto, ciasc<strong>un</strong>o<br />
dei proprietari può chiedere che sia stabilito giudizialmente.