11 G. Grassi, “Un parere sul restauro”. Tratto da: G. Crespi e S. Pierini, “Giorgio Grassi: I progetti, le opere e gli scritti”, Electa, Milano 1996, pag. 406. _________________________________ menti, per le trasformazioni, per i restauri anche, che l’hanno falsificato, reso irriconoscibile […]. Mi riferisco cio<strong>è</strong> prevalentemente alle rovine, ai frammen- ti, alle sovrapposizioni, etc., a tutto quanto si pone cio<strong>è</strong> come un problema aperto a risposte diverse, a tutto quanto «per essere di nuovo», presuppone una risposta architettonica, un progetto architettonico (e in questo senso che si tratti di un edificio o di un pezzo di città non fa nessuna differenza). Per dirla un po’ schematicamente, quasi sempre in questi casi il manufatto antico da un lato appare come una cosa perduta, finita, caduta appunto in rovina, isolata, estranea alla vita quotidiana, dall’altro lascia apparire invece con evidenza la sapienza costruttiva, la coerenza dei mezzi, delle tecniche, dei materiali, la maestria esercitata, ecc., il suo essere cio<strong>è</strong> ancora una «le- zione di architettura». […] il manufatto caduto in rovina, ridotto a frammento, ecc. fa vedere proprio in questo suo ultimo stadio una sorta di recuperata incompiutezza, come una nuova disponibilità, fa apparire cio<strong>è</strong> di nuovo le risposte possibili connesse alla generalità di quella sua risposta. […] lavorare su manufatti che si trovano in questo stato significa quasi sempre lavorare su opere che appaiono ancora, per una qualche ragione, incomplete, che non hanno esaurito la loro risposta, che presentano ancora o di nuovo i loro problemi aperti: manufatti che ci appaiono cio<strong>è</strong> ancora come dei progetti. In questi casi straordinari il nostro lavoro ha la possibilità di entrare a far <strong>parte</strong>, per così dire, di un lavoro già iniziato, più antico, più autorevole ed ampio. […] secondo me <strong>è</strong> particolarmente importante, in senso generale e anche in senso proprio didattico, specialmente oggi, per il nostro lavoro di architetti il lavorare su antiche strutture, su antichi progetti. Ed ecco anche perché un antico manufatto che si trova in queste condizioni deve non sopravvivere artificialmente come si vorrebbe da più parti (la «conservazione» a ogni costo), ma recuperare, ritrovare la sua ragione di essere come architettura; non ultimo perché possa diventare la stessa ragione del nostro lavoro su quel medesimo oggetto, cio<strong>è</strong> la ragione di essere del progetto. […] Negli esempi migliori, nei casi che considero più riusciti, più «giusti», pur muovendosi sempre il lavoro del progetto intorno alla qualità specifica del manufatto antico, alla sua esibita maestria, sempre vincolato alla sua legge, sempre cercando d’imparare e benché di fatto, tecnicamente, sia sempre il nuovo che si aggiunge al vecchio nel progetto, quello che appare alla fine <strong>è</strong> invece proprio il contrario. Alla fine sembra sempre che sia il vecchio ad ag- giungersi al nuovo, come per completarne la risposta (dalla facciata di Santa Maria Novella al tempio Malatestiano, per restare all’Alberti). Probabilmente alla fine <strong>è</strong> questo il risultato apparente proprio perché sono tanto cambiate le condizioni del vecchio, gli obiettivi dell’uno e dell’altro si sono a tal punto confusi e sovrapposti, che, senza perdere la sua verità, la sua singolarità, ecc. pur rimanendo sempre se stesso, <strong>è</strong> il vecchio in realtà che diventa l’elemento veramente nuovo del progetto: la pietra di paragone del progetto trasformata in pietra <strong>della</strong> sua costruzione.” 11 14
Scheda 9 _________________________________ Ipo<strong>tesi</strong> urbanistica Nella scheda 9 (schema viario ed urbano) ci siamo soffermati sulla situazione viabilistica dell’area Ticosa. Abbiamo schema- tizzato gli elementi singolari e stabili che caratterizzano la zona e che possono dare uno spunto per la fase progettuale. Siamo coscienti che generalmente un’analisi urbanistica e viabilistica può essere un progetto a se stante che richiede delle analisi più approfondite, tuttavia grazie alla schematizzazione fatta nella scheda possiamo ipotizzare un approccio urbanistico. Attualmente la zona Ticosa <strong>è</strong> inglobata tra due assi stradali, la Tangenziale ad est (viale Innocenzo XI) e la via Regina ad ovest. Sulla Tangenziale sboccano perpendicolarmente più strade provenienti dalla centro città ma solo due di esse tro- vano una continuità nella fascia <strong>della</strong> zona industriale (sche- ma.1). Schema 1 Schema 2 15