COMMENTARIO MUSICALE DELL'ORFEO di Denis Morrier

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36 Questo d’altra parte ci è confermato dal primo duetto dei Pastori che, sulla partitura, presenta la seguente didascalia: «Due Pastori cantano al suono dell’organo di legno e di un chitarrone». Il Choro presenta due duetti ai quali succede la ripresa della prima parte di «Ahi caso acerbo» a cinque voci. La scrittura di questi duetti è molto simile a quella dei madrigali per due tenori che Monteverdi pubblicò nei suoi due ultimi libri (1619 e 1638). Essi adottano di fatto la stessa struttura degli insiemi della fine del primo atto: una sezione introduttiva, di stile declamatorio, enuncia i primi due versi simultaneamente nelle due voci. I versi seguenti sono trattati in contrappunto imitativo, con un’alternanza regolare di entrate a ciascuna voce. Monteverdi accentua l’impressione di unità fra le strofe utilizzando una parte del basso identica per l’inizio delle due strofe. Al contrario, il materiale musicale delle due parti di tenore è ben differenziato in ciascuno dei duetti. Il primo sfrutta con destrezza la figura di saltus diurusculus, nel quale ciascuna delle voci fa sentire alternativamente ampli salti di intervallo. Il secondo duetto è tutto interamente devoluto al cromatismo, che presente in una maniera particolarmente ardita, in movimenti paralleli nelle due voci («pietosi a ritrovarle, E di lacrime amare».) Così questi duetti offrono una ricapitolazione di arnesi espressivi impiegati dal compositore lungo tutto l’atto per raffigurare il dolore umano. Manca tuttavia la musica dell’ultima stanza del coro. Questa strofa, che figura nel libretto stampato nel 1607 permette di meglio comprendere la funzione di questo kommos: «Ma qual funebre Pompa degna sia d’Euridice?». Questa domanda iniziale era seguita da una evocazione della tomba ideale di Euridice, dei suoi ornamenti e del simbolico corteo delle Grazie e delle Muse. Questo kommos prefigura le grandi pompe funebri, questo vero archetipo dell’opera barocca che hanno illustrato, per esempio, Cavalli nell’Ercole amante, o ancora Lully nell’Alceste. Infine, l’atto si conclude col ritorno del Ritornello del Prologo, che significa il cambiamento del mondo. All’ascolto di questo segnale sonoro, come Orfeo, lasciamo la terra, il cielo e il sole, e ci giriamo verso gli Inferi.

ATTO TERZO Quando Orfeo si presenta all’ingresso degli Inferi, ci troviamo al centro esatto dell’opera. Il terzo atto forma l’apogeo platonico della Favola. Occorre intendere apogeo non come «punto culminante del dramma»: questo senso è da riservare ai due atti delle peripezie (atti II e IV). Lo si deve intendere piuttosto in senso proprio, cosmologico: il punto di un’evoluzione ciclica situata «alla più grande distanza dalla terra». L’azione è concisa e ridotta: Orfeo si presenta davanti a Caronte, il nocchiero degli Inferi. Quest’ultimo gli rifiuta l’ingresso. Orfeo cerca di sedurlo col suo canto, ma Caronte resiste. Orfeo ricorre a un altro dei suoi poteri: lo addormenta. Prende allora la sua barca e penetra negli Inferi. Né l’emozione né l’azione formano l’essenza dell’episodio. L’atto III° è prima di tutto quello del canto dio Orfeo, il momento in cui il poeta trace fa la dimostrazione dell’estensione dei poteri della musica. Orfeo ci invita a seguirlo, all’imitazione di Caronte nel suo sonno, fino alle più alte sfere celesti: la Musica humana cede a poco a poco il posto alla Musica mundana. Per questo motivo il terzo atto intrattiene stretti rapporti organici con il Prologo e l’atto primo. In questi tre episodi, la dimensione cosmologica della Favola e i riferimenti alla Musica mundana si fanno evidenti. Questi sono dei luoghi di «passaggio», dove si passa da una sfera all’altra, da un mondo all’altro. L’atto primo ha marcato l’entrata nel mondo terrestre, l’atto III° presenta quella del mondo infernale, ma si apre paradossalmente verso l’Empireo, invocando il Paradiso e l’armonia delle sfere. In più, non è che nel Prologo e nel terzo atto che appaiono personaggi allegorici: Musica e Speranza. Infine vi sono delle profonde affinità musical fre queste tre parti. Esse sono identicamente organizzate in maniere concentrica: la presenza di queste simmetrie non ci sembra fortuita. Esse sono esplicite nel poema di Striggio, in modo da mostrarci l’organizzazione drammatica di questo atto, e gli affetti che entrano in gioco. Monteverdi ha sottolineato queste simmetrie con mezzi musicali, come l’introduzione di Sinfonie e Ritornelli, o ancora l’organizzazione degli interventi e dei poli modali. Analisi lineare Sinfonia [3]: [A 7 + B.C. distinto: sol 2, sol 2, do 2, do 3, do 3, fa 3, fa 3, fa 3] Qui entrano li Tromb. Corn. & Regali, & tacciono le Viole da braccio, & Organi di legno, Clavacem. & si muta scena. L’atto terzo si apre su una Sinfonia infernale che accompagna il cambiamento di scena (senza dubbio ridotto al sollevamento di un nuovo sipario dipinto alla prima del 1607). La trasformazione della scena sul palcoscenico si raddoppia con la trasformazione della scena sonora. In effetti la didascalia precisa l’orchestrazione, e si vedono qui comparire gli strumenti tradizionalmente associati, dal Rinascimento, all’evocazione degli Inferi: i cornetti e i tromboni. L’organo regale (a ance), rumoroso e nasale, serve come strumento realizzatore per la parte del basso continuo: servirà anche all’accompagnamento di Divinità e di spiriti infernali. Questa sinfonia è scritta in un sistema di notazione particolare, denominato tardivamente chiavetta. Si tratta di una combinazione di chiavi acute (soprano: sol 2, contralto: do 2, tenore: do 3, basso: fa 3), che si oppone alla combinazione abituale detta delle chiavi naturali (do 1/do 3/ do 4/fa 4). Se si legge la partitura tale e quale, queste chiavi provocano una sensazionale elevazione della tessitura generale, e confrontano spesso gli strumenti a note sovracute rischiose e malagevoli. I trattati antichi sono tuttavia formali: l’uso di 37

ATTO TERZO<br />

Quando Orfeo si presenta all’ingresso degli Inferi, ci troviamo al centro esatto dell’opera.<br />

Il terzo atto forma l’apogeo platonico della Favola. Occorre intendere apogeo non come<br />

«punto culminante del dramma»: questo senso è da riservare ai due atti delle peripezie<br />

(atti II e IV). Lo si deve intendere piuttosto in senso proprio, cosmologico: il punto <strong>di</strong><br />

un’evoluzione ciclica situata «alla più grande <strong>di</strong>stanza dalla terra».<br />

L’azione è concisa e ridotta: Orfeo si presenta davanti a Caronte, il nocchiero degli<br />

Inferi. Quest’ultimo gli rifiuta l’ingresso. Orfeo cerca <strong>di</strong> sedurlo col suo canto, ma Caronte<br />

resiste. Orfeo ricorre a un altro dei suoi poteri: lo addormenta. Prende allora la sua barca<br />

e penetra negli Inferi.<br />

Né l’emozione né l’azione formano l’essenza dell’episo<strong>di</strong>o. L’atto III° è prima <strong>di</strong> tutto<br />

quello del canto <strong>di</strong>o Orfeo, il momento in cui il poeta trace fa la <strong>di</strong>mostrazione dell’estensione<br />

dei poteri della musica. Orfeo ci invita a seguirlo, all’imitazione <strong>di</strong> Caronte nel suo<br />

sonno, fino alle più alte sfere celesti: la Musica humana cede a poco a poco il posto alla<br />

Musica mundana.<br />

Per questo motivo il terzo atto intrattiene stretti rapporti organici con il Prologo e l’atto<br />

primo. In questi tre episo<strong>di</strong>, la <strong>di</strong>mensione cosmologica della Favola e i riferimenti alla<br />

Musica mundana si fanno evidenti. Questi sono dei luoghi <strong>di</strong> «passaggio», dove si passa da<br />

una sfera all’altra, da un mondo all’altro. L’atto primo ha marcato l’entrata nel mondo terrestre,<br />

l’atto III° presenta quella del mondo infernale, ma si apre paradossalmente verso<br />

l’Empireo, invocando il Para<strong>di</strong>so e l’armonia delle sfere. In più, non è che nel Prologo e nel<br />

terzo atto che appaiono personaggi allegorici: Musica e Speranza.<br />

Infine vi sono delle profonde affinità musical fre queste tre parti. Esse sono identicamente<br />

organizzate in maniere concentrica: la presenza <strong>di</strong> queste simmetrie non ci sembra<br />

fortuita. Esse sono esplicite nel poema <strong>di</strong> Striggio, in modo da mostrarci l’organizzazione<br />

drammatica <strong>di</strong> questo atto, e gli affetti che entrano in gioco. Montever<strong>di</strong> ha sottolineato<br />

queste simmetrie con mezzi musicali, come l’introduzione <strong>di</strong> Sinfonie e Ritornelli, o ancora<br />

l’organizzazione degli interventi e dei poli modali.<br />

Analisi lineare<br />

Sinfonia [3]: [A 7 + B.C. <strong>di</strong>stinto: sol 2, sol 2, do 2, do 3, do 3, fa 3, fa 3, fa 3]<br />

Qui entrano li Tromb. Corn. & Regali, & tacciono le Viole da braccio, & Organi <strong>di</strong> legno, Clavacem.<br />

& si muta scena.<br />

L’atto terzo si apre su una Sinfonia infernale che accompagna il cambiamento <strong>di</strong> scena<br />

(senza dubbio ridotto al sollevamento <strong>di</strong> un nuovo sipario <strong>di</strong>pinto alla prima del 1607).<br />

La trasformazione della scena sul palcoscenico si raddoppia con la trasformazione della<br />

scena sonora. In effetti la <strong>di</strong>dascalia precisa l’orchestrazione, e si vedono qui comparire<br />

gli strumenti tra<strong>di</strong>zionalmente associati, dal Rinascimento, all’evocazione degli Inferi: i<br />

cornetti e i tromboni. L’organo regale (a ance), rumoroso e nasale, serve come strumento<br />

realizzatore per la parte del basso continuo: servirà anche all’accompagnamento <strong>di</strong> Divinità<br />

e <strong>di</strong> spiriti infernali.<br />

Questa sinfonia è scritta in un sistema <strong>di</strong> notazione particolare, denominato tar<strong>di</strong>vamente<br />

chiavetta. Si tratta <strong>di</strong> una combinazione <strong>di</strong> chiavi acute (soprano: sol 2, contralto:<br />

do 2, tenore: do 3, basso: fa 3), che si oppone alla combinazione abituale detta delle chiavi<br />

naturali (do 1/do 3/ do 4/fa 4). Se si legge la partitura tale e quale, queste chiavi provocano<br />

una sensazionale elevazione della tessitura generale, e confrontano spesso gli strumenti<br />

a note sovracute rischiose e malagevoli. I trattati antichi sono tuttavia formali: l’uso <strong>di</strong><br />

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