19.06.2013 Views

COMMENTARIO MUSICALE DELL'ORFEO di Denis Morrier

COMMENTARIO MUSICALE DELL'ORFEO di Denis Morrier

COMMENTARIO MUSICALE DELL'ORFEO di Denis Morrier

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

nascente») sollecitando, attraverso questo riferimento ad Apollo, a una lettura cristiana<br />

del mito. Per <strong>di</strong> più, la natura musicale <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>vinità, per molti aspetti prossima ad<br />

Orfeo, giustifica ugualmente la sua presenza all’inizio della Favola.<br />

Questo coro adotta la nomenclatura polifonica più usuale per i madrigali a cinque<br />

voci <strong>di</strong> quell’epoca: canto-quinto-alto-tenore-basso. Questa <strong>di</strong>sposizione attesta che esso<br />

non è affatto esclusivamente destinato a dei solisti: non vi è un secondo soprano solo<br />

nel primo atto, e il secondo tenore (terzo pastore) non verrà impiegato. Nell’Orfeo, solo<br />

«Vieni Imeneo», «Lasciate i monti» (atto I°) e «Vanne Orfeo» (conclusione dell’atto V°) si<br />

appellano a questa nomenclatura. Sembrano dunque essere i soli veri «cori» che possano<br />

essere interpretati de <strong>di</strong>versi cantanti per ogni voce. Emilio de’ Cavalieri, nella preazione<br />

della sua Rappresentazione <strong>di</strong> Anima e <strong>di</strong> Corpo (Roma, 1600), evoca molto chiaramente la<br />

possibilità <strong>di</strong> raddoppiare le voci in questo tipo <strong>di</strong> polifonia per formare dei Cori raddoppiati:<br />

«La musica del Choro comincia a quattro voci, che possono sperabilmente essere<br />

raddoppiate, cantando in certi momenti a 4, e in altri tutti assieme, se la scena può ricevere<br />

8 cantanti.»<br />

Lo stile musicale <strong>di</strong> questo «Vieni Imeneo» mescola due origini. Innanzitutto, per la sua<br />

levatura ritmica regolare e il metro dattilico iniziale (una minima due semiminime), si<br />

avvicina alla pavana. Questo riferimento coreografico è giustificato dalla funzione drammatica<br />

<strong>di</strong> questo coro: la pavana è una danza a marcia lenta, che permette l’entrata sulla<br />

scena e la sistemazione <strong>di</strong> coreuti-danzatori per l’insieme dell’atto. La scrittura <strong>di</strong> questo<br />

coro riprende la prima prattica monte ver<strong>di</strong>ana, e presenta numerosi arcaismi. Si tratta <strong>di</strong><br />

un contrappunto «nota contro nota», la scrittura omoritmia delle voci permettendo una<br />

perfetta comprensione del testo. Montever<strong>di</strong> raggiunge qui le preoccupazioni dei musicisti<br />

del Rinascimento, a saper ritrovare una scrittura corale «all’antica» efficace a teatro.<br />

La monumentalità <strong>di</strong> questo conato d’entrata mostra tuttavia i limiti <strong>di</strong> un tale stile. Un<br />

altro arcaismo, comune a tutti i cori dell’Orfeo, ci è rivelato dalla <strong>di</strong>dascalia. Le parti vocali<br />

devono essere raddoppiate dagli strumenti presenti nel primo atto, cioè a <strong>di</strong>re gli strumenti<br />

pastorali (viole da braccio e flauti dritti). La menzione concertato non si riferisce alla<br />

scrittura musicale, ma al quadro <strong>di</strong> interpretazione: voci e strumenti non sono <strong>di</strong>stinti, ciò<br />

che ci rimanda all’estetica del Rinascimento.<br />

Muse, honor <strong>di</strong> Parnaso [Do 1]<br />

La Ninfa prolunga il racconto del Pastore, del quale elle forma la «specularità femminile».<br />

Ella esorta le Muse, poi le sue consorelle e i Pastori, per invocare assieme Imeneo, in<br />

modo che i canti celesti (Musica mundana) si uniscano ai canti terrestri (Musica humana).<br />

L’alternanza <strong>di</strong> soli <strong>di</strong> tenore e <strong>di</strong> soprano con episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> cori a cinque voci all’inizio <strong>di</strong><br />

questa atto ricorda l’organizzazione <strong>di</strong> certi balli <strong>di</strong> Montever<strong>di</strong>, e in particolare <strong>di</strong> Tirsi e<br />

Clori (pubblicato nel 1619 nel VII° libro dei Madrigali). La lettera che Montever<strong>di</strong> scrisse<br />

ad Annibale Iberti il 24 novembre 1615 per precisargli le modalità <strong>di</strong> esecuzione del suo<br />

ballo forma una appassionata testimonianza alla quale ci si può ispirare per interpretare<br />

questo inizio d’atto. È sufficiente rimpiazzare Tirsi con il Pastore, Clori con la Ninfa, e il<br />

coro a quattro voci con un coro a cinque voci. Si scopre così che Montever<strong>di</strong> vorrebbe che<br />

questo ballo fosse organizzato in Chori raddoppiati: due cantanti e due strumenti per ogni<br />

voce, più un monumentale gruppo <strong>di</strong> basso continuo con tre chitarroni, un grande clavicembalo<br />

e una enigmatica spinetta dal qualificativo illeggibile, senza <strong>di</strong>menticare un’arpa<br />

e, se possibile, due piccoli liuti. Un ideale che corrisponde esattamente all’effettivo proposto<br />

nella Tavole degli instrumenti: «Vorrei che fosse cantato al centro della scena, agli angoli<br />

della quale sarebbero <strong>di</strong>sposti un chitarrone e un clavicembalo per banda, uno suonando<br />

il basso a Clori e l’altro a Tirsi, e che quei due fossero anche un chitarrone per suonare<br />

17

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!