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02 Musica greca - Fabiosartorelli.Net

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Si distinguono diverse fasi di sviluppo:<br />

<strong>Musica</strong> <strong>greca</strong><br />

1. Il periodo arcaico (fine VIII – primi VII sec. aC): progressi nella costruzione della lira<br />

e nell’arte di suonarla. La figura più importante è quella di Terpandro di Lesbo,<br />

grande citaredo.<br />

2. Fine VI secolo: spicca la figura di Laos di Ermione che forse coniò la parola mousiké.<br />

Egli introdusse nella musica una complessità, una forza espressiva e un<br />

intellettualismo ignoti fino a quel momento. E’ un’epoca di preparazione al periodo<br />

successivo<br />

3. Nuova <strong>Musica</strong> (tardo V secolo): si intensifica l’attività teorica da parte di autori come<br />

Damone ed Eratocle. La Nuova <strong>Musica</strong> è caratterizzata da modulazioni e<br />

molteplicità di note. Fu un periodo di grandi esecutori professionisti, di citaredi e<br />

auleti virtuosi. Critici conservatori come Platone e Aristosseno deploravano la Nuova<br />

<strong>Musica</strong> anche se questa godeva del favore popolare. Fra i musici più importanti si<br />

ricordano Timoteo di Mileto (ca. 450– 360) e Filosseno di Citera (ca. 435– 380).<br />

4. Fra il I secolo aC e il I secolo dC secolo si registra una lacuna nella documentazione<br />

disponibile. Infatti i documenti successivi si attestano attorno al I secolo dC: in<br />

questo periodo lo stile musicale risulta meno ambizioso ed elaborato, il genere<br />

diatonico aveva trionfato sul cromatico, l’intervallo di quarta perde importanza<br />

rispetto al passato mentre prevale la terza. Una delle più tarde composizioni<br />

appartenenti a questo stile è un inno cristiano del III secolo dC (si tratta del celebre<br />

Papiro di Ossirinco)<br />

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1


L’importanza delle musica presso gli antichi greci<br />

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2


Alcuni frammenti di musica <strong>greca</strong> giunti sino a noi (circa 60):<br />

- un frammento del primo stasimo (canto corale) della tragedia Oreste di<br />

Euripide, su papiro (V sec. a C )<br />

- un frammento, forse di tragedia, su papiro, conservato al Cairo (fine del III<br />

sec. a.C.)<br />

- 2 inni delfici in onore di Apollo, il primo in notazione vocale, il secondo<br />

strumentale, appartenenti al tempio chiamato il Tesoro degli Ateniesi di<br />

Delfi, incisi su pietra (ca 150 a C.)<br />

- L’Epitaffio di Sìcilo, inciso su un cippo funerario scoperto a Tralles,<br />

nell’Asia minore (II o I sec a C.)- Peana sul suicidio di Aiace, su papiro<br />

conservato a Berlino (ca. 160 d.C.);<br />

- 3 inni: alla musa Calliope, al Sole, a Nemesi, di Mesomede di Creta,<br />

musico dell’imperatore Adriano (I sec. d.C. pubblicati nel Dialogo della<br />

musica antica et della moderna del Galilei che però non li seppe<br />

trascrivere).<br />

- 3 frammenti vocali e 2 strumentali di Contrapollinopolis (1 sec. d.C.). È<br />

probabilmente falso il frammento della prima Ode pitica di Pindaro<br />

pubblicato nella Musurgia universalis (1650) di padre Attanasio Kircher<br />

La notazione<br />

L’esistenza della notazione, che risale solo al IV secolo a.C.,<br />

non contraddice la condizione di documento orale comune al<br />

patrimonio di canti della Grecia antica. La scrittura musicale<br />

<strong>greca</strong> non aveva, si ritiene, il valore di mezzo di comunicazione<br />

che ebbe, a partire dalla fine del primo millennio dell’era<br />

volgare, la notazione neumatica, ma serviva solo ai musicisti<br />

professionisti per loro uso privato.<br />

C’erano due tipi di notazione: vocale e strumentale. La<br />

notazione vocale impiegava, con poche varianti, i segni<br />

dell’alfabeto greco maiuscolo; la notazione strumentale segni<br />

derivati forse dall’alfabeto fenicio e usati diritti, inclinati o<br />

capovolti. Il significato della notazione <strong>greca</strong> ci è stato<br />

tramandato da Alipio (IV sec. dC) nella sua Introduzione alla<br />

musica.<br />

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3


notazione vocale<br />

notazione strumentale<br />

epitaffio di Sicilo (audio)<br />

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4


Strumenti musicali<br />

Famiglia della lira<br />

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5


lira<br />

cetra<br />

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6


Famiglia dell’arpa<br />

Phormynx<br />

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7


Strumenti a fiato<br />

Arpa eolica<br />

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8


Nomos M per aulos solo<br />

aulos<br />

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tamburello<br />

cimbali<br />

campane<br />

famiglia della syrinx<br />

(flauto di Pan)<br />

crotali (di legno o metallo)<br />

sistri<br />

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10


I trattati<br />

La teoria musicale<br />

I trattati greci sulla musica non sono trattati di musica secondo il<br />

significato che noi diamo oggi al termine. Essi sviluppavano soprattutto<br />

il problema della suddivisione dell’ottava e la teoria degli intervalli.<br />

L’approccio era prevalentemente matematico.<br />

Una tradizione millenaria pone all’origine della trattatistica <strong>greca</strong> il<br />

nome del filosofo e matematico Pitagora di Samo (sec. VI a.C.).<br />

Dopo essere stato in Egitto e in Mesopotamia, si stabilì nella Magna<br />

Grecia e a Crotone fondò una scuola filosofica. A lui e ai suoi seguaci si<br />

è fatta risalire l’adozione del monocordo per definire i rapporti degli<br />

intervalli consonanti mediante le suddivisioni d’una corda. Il sistema<br />

pitagorico però ci è noto solo indirettamente (Pitagora non lasciò<br />

scritti), attraverso una tradizione che fu formulata in trattati - di epoca<br />

molto più tarda - di Gaudenzio, di Nicomaco e soprattutto nel De<br />

institutione musica di Boezio.<br />

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Storicamente la trattatistica <strong>greca</strong> ebbe origine più tarda e se ne<br />

considera il più autorevole esponente Aristosseno di Taranto, discepolo di<br />

Aristotele (sec. III a.C.), autore dei fondamentali Elementa harmonica ed<br />

Elementa rhytmica. La nostra conoscenza della teoria musicale <strong>greca</strong> si<br />

basa soprattutto sull’opera di Aristosseno, ripresa e integrata dagli<br />

apporti dei suoi seguaci, gli “armonisti”.<br />

Nelle epoche ellenistica e romana i trattatisti furono numerosi.<br />

Ricordiamo: il matematico Euclide (IV-III sec. a.C.) - il dialogo De musica<br />

attribuito a Plutarco (I-II sec. d.C.); - il geografo alessandrino Claudio<br />

Tolomeo (Il sec. d.C.); - Aristide Quintiliano (II sec. d.C.), autore di un De<br />

musica, importante per l’approfondita trattazione della materia; - Alipio<br />

(IV sec. d.C.) la cui Introduzione alla musica contiene delle Tavole che<br />

hanno fornito la chiave per trascrivere le musiche greche a noi pervenute.<br />

II. Generi, modi, armonie, sistema perfetto<br />

La base del sistema musicale greco era costituita dal tetracordo, una successione<br />

di quattro suoni discendenti compresi nell’ambito di un intervallo di quarta giusta.<br />

I suoni estremi di un tetracordo erano fissi; quelli interni erano mobili.<br />

L’ampiezza degli intervalli di un tetracordo caratterizzava i 3 generi della musica<br />

<strong>greca</strong>: diatonico, cromatico, enarmonico:<br />

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Sistema teleion o perfetto<br />

a) si parte dall’esacordo mi–re–do–si; b) si aggiungono un tetracordo congiunto all’acuto, un tetracordo<br />

disgiunto al grave seguito da un secondo tetracordo congiunto ancora più grave<br />

A<br />

sez<br />

diatonica<br />

B<br />

sez<br />

cromatica<br />

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13


Audio<br />

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Audio<br />

Origini della tragedia<br />

La musica nella tragedia <strong>greca</strong><br />

In epoca di civiltà agricola, le feste campestri in onore di Dioniso assumono via via<br />

importanza sempre maggiore: piccole e grandi dionisiache. In queste feste s’intona il<br />

«ditirambo», l’inno in onore del nume. Questo prende il nome di tragodía (dal greco<br />

) ossia «canto del capro», da quando ad esso s’accompagna il sacrificio di<br />

un capretto, particolarmente sacro a Dioniso, forse perché è il guastatore della vigna.<br />

Come sorse il dramma?<br />

Un giorno il coro si divise in due semicori uno dei quali rispondeva all’altro; e,<br />

siccome ciascun semicoro era guidato da un corifeo, questi corifei cominciarono a<br />

dialogare fra loro. Ai canti dei due corifei e dei loro semicori celebranti le gesta del<br />

nume, qualcuno – un risponditore, un hypocritès (attore) – rispose le parole di<br />

Dioniso in persona. Da quel momento si ebbe un embrione di rappresentazione<br />

teatrale. Quando poi, oltre a Dioniso, si cominciano a invocare altri dèi, o eroi, con cui<br />

egli s’incontra, o quando, messo da parte Dioniso, si incomincia a invocare qualsiasi<br />

eroe, e a farlo apparire durante il canto che lo celebra, la Tragedia ha già conquistato<br />

le sue essenziali libertà.<br />

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Nascita della tragedia<br />

semicoro A<br />

corifeo A<br />

skenè<br />

hypocritès<br />

coro<br />

Altare<br />

corifeo B<br />

pubblico<br />

Maschera di<br />

Dioniso. II sec. a.c.<br />

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La tradizione attribuisce la prima rappresentazione tragica a<br />

Tepsi (534 a.C.) autore delle Grandi Dionisiache. Tuttavia,<br />

spetta a Frinico e ancor più a Eschilo, Sofocle ed Euripide il<br />

compito di aver condotto ad altissimo livello artistico e<br />

drammatico la tragedia. Dopo che l’unico attore<br />

(protagonista) della primitiva Tragedia, Eschilo ebbe<br />

aggiunto il secondo (deuteragonista) e Sofocle il terzo<br />

(tritagonista), la cifra di tre, nella Tragedia, non fu superata:<br />

sempre intendendosi che ciascun attore poteva fare<br />

successivamente più parti. Tuttavia fu ammesso un quarto<br />

personaggio muto, o che dicesse pochissime parole; come<br />

pure si ammisero, oltre i tre attori, personaggi infantili, e,<br />

oltre il Coro, gruppi di popolo, servi, ancelle, guardie ecc.<br />

La Tragedia è dunque nata attorno alla thymele: all’ara del dio, su cui gli<br />

sarà offerto il sacrificio. Nel ditirambo i coreuti si disponevano in circolo<br />

attorno a questa. Ma sopravvenuto il risponditore, l’hypocrites, l’attore,<br />

i coreuti si tirano un po’ da parte, a circa due terzi di cerchio, lasciando<br />

l’altro terzo per la tenda da cui l’attore esce e dove rientra, a celarsi e a<br />

travestirsi. Quella povera tenda si chiama skenè: è la scena! (più tardi<br />

sarà un edificio in muratura).<br />

Qui il racconto delle origini della Tragedia fatto da Aristotele, dà la più<br />

ovvia e seducente spiegazione della nascita della Tragedia. Per<br />

consentire al pubblico di vedere quanto avveniva attorno alla thymele<br />

c’erano due possibilità: o alzare gli attori verso l’alto o alzare il pubblico.<br />

Secondo la tradizione adottarono questa seconda soluzione: cercarono<br />

il declivio di una collina e vi collocarono gli spettatori in apposite<br />

scalinate di legno, disposte a semicerchio dietro il Coro.<br />

Dopo una serie di adattamenti e trasformazioni successive, il teatro<br />

greco assunse infine questi elementi (attorno alla fine del I sec. a. C. e il<br />

II d. C.):<br />

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1. il Kòilon ossia gradinate divise in settori;<br />

2. l’Orchestra, sede del Coro, con la thymele in mezzo;<br />

3. le due pàrodoi, ingressi del Coro, ai limiti estremi, desto e<br />

sinistro, delle gradinate;<br />

4. il proskènion, o palcoscenico, dove prima o poi agirono gli<br />

attori, e che taluno ritiene fosse in comunicazione con<br />

l’orchestra mediante scala di legno;<br />

5. la skenè, edificio in pietra rappresentante un palazzo regale<br />

con tre porte e talvolta cinque;<br />

6. dietro alla skenè, i camerini per gli attori, e i ripostigli per gli<br />

attrezzi e i meccanismi.<br />

pàrodoi<br />

Orchestra<br />

proskènion<br />

thymele<br />

skenè<br />

Kòilon<br />

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il teatro di Epidauro<br />

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La messinscena<br />

Da principio il regista è lo stesso poeta. Gli attori greci, tutti uomini anche per le<br />

parti femminili, dovevano apparire come enormi fantocci, a raffigurare eroi al di<br />

sopra della comune umanità. E perciò, nella Tragedia, elevati nella statura e<br />

ingranditi: grazie ai coturni, calzature con una suola spropositamente alta;<br />

all’onkos che era un’acconciatura dei capelli straordinariamente rialzata,<br />

torreggiante; alle imbottiture di tutta la persona; e alle grosse maschere (nella<br />

Tragedia piange sempre, nella commedia, al contrario, ride). S’aggiunga che nella<br />

bocca della maschera c’era un megafono; ciò non tanto per ragioni di acustica,<br />

ma per moltiplicare la voce dell’eroe, come s’era fatto con la sua figura.<br />

Ai tempi di Eschilo, lo spettacolo tragico consisteva non in una sola ma in una<br />

trilogia ossia in un seguito di tre tragedie, aventi il carattere di un poema ciclico,<br />

nel quale ciascun dramma svolgeva una parte del soggetto comune. La prima<br />

tragedia doveva parlare all’animo dello spettatore, e cioè essere<br />

prevalentemente drammatica; la seconda all’orecchio, essere cioè<br />

essenzialmente lirica; la terza all’occhio, e cioè offrirgli un grande spettacolo<br />

visivo.<br />

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Maschere greche per la tragedia e la commedia<br />

Gli spettacoli prevedevano la presenza della musica, ma in maniera dissimile al<br />

nostro melodramma poiché nella Tragedia <strong>greca</strong> la musica, composta dallo<br />

stesso poeta, non era che un commento alla poesia, la quale aveva il primo<br />

posto.<br />

Le parti della Tragedia sono:<br />

1. Il prologo (scena preliminare);<br />

1a. La pàrodos (canto del coro che entra a ritmo di danza);<br />

2. Gli episodi (noi diremo gli atti, di solito 3; ma non divisi da sipario, bensì<br />

dagli stasimi);<br />

2a. gli stasimi (i canti che il Coro leva negli intermezzi fra un episodio<br />

e l’altro, stando in orchestra);<br />

3. L’esodo (il canto corale di uscita; oppure scena finale).<br />

Come si vede la musica riveste un’importanza fondamentale negli stasimi. Qui<br />

va osservato che il coro greco assolve ad uffici pratici: espone gli antefatti, fa<br />

conoscere quanto avviene tra un episodio e l’altro fuor della vista degli<br />

spettatori; commenta. È, in definitiva, «la voce del poeta» e lo «spettatore<br />

ideale».<br />

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schema della tragedia<br />

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22


Audio<br />

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La dottrina dell’ethos<br />

Era opinione comunemente accettata che ogni harmonia causasse<br />

infallibilmente un ethos (pl. ethe), cioè un particolare effetto sull'animo e sul<br />

corpo umano. L'harmonia dorica ad esempio, quella più strettamente legata<br />

alla lyra, era considerata la più grave e la più virile, e determinava nell'animo<br />

compostezza e moderazione; l’armonia frigia, al contrario, inseparabile dal<br />

dionisiaco aulós, suscitava necessariamente un ethos 'entusiastico'<br />

(enthusiasmós significava 'avere il dio in sé, ma anche 'perdersi nel dio') ed<br />

emozioni sfrenate.<br />

Un esempio fra tanti è il seguente aneddoto, tramandato in varie versioni:<br />

alcuni giovani ubriachi, eccitati dal suono frigio dell'aulós, volevano<br />

abbattere la porta della casa di una ragazza per violentarla. Il filosofo<br />

Pitagora, che era presente, non sapendo come fare per fermarli da solo, si<br />

rivolse allo strumentista, pregandolo di suonare nel modo dorico (l'harmonia<br />

del dominio di sé, severa e pacata). Immediatamente gli assalitori si<br />

risvegliarono dall'ebbrezza e, pentiti, si allontanarono.<br />

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La teoria dell'ethos pervadeva completamente la visione<br />

<strong>greca</strong> della musica: alla musica veniva attribuito un<br />

potentissimo effetto non solo sull'animo, ma anche sul corpo<br />

umano (ad esempio, abbiamo prescrizioni terapeutiche di<br />

melodie frigie per guarire la sciatica; e narra il mito che<br />

Taleta salvò gli Spartani dalla peste proprio per mezzo della<br />

musica), sugli animali (il mitico Orfeo ammansiva le belve<br />

feroci con il suo canto) e sugli esseri inanimati (Anfione<br />

costruì le mura di Tebe muovendo le pietre con il suono della<br />

lyra). Il canto di Orfeo avrebbe avuto addirittura la possibilità<br />

di vincere l'Invincibile per eccellenza: la morte; ma ciò che<br />

alla musica sarebbe stato concesso restò pur sempre<br />

inaccessibile alla debolezza degli esseri umani, ed Euridice<br />

venne inghiottita di nuovo dalle tenebre degli Inferi.<br />

Orfeo incanta le bestie feroci<br />

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Tenendo presente che il termine greco musiké, pur se<br />

generalmente tradotto con la parola 'musica', implicava in realtà<br />

tutta l'arte ispirata dalle Muse (non solo musica, dunque, ma<br />

anche poesia e danza, da essa inscindibili), si può allora<br />

comprendere facilmente perché tra il V e il IV secolo si accese un<br />

grande dibattito sullo sfruttamento a fini politici di un mezzo così<br />

potente per la manipolazione del consenso. Attribuendo queste<br />

opinioni a Socrate e a Damone (il filosofo maestro di Pende),<br />

Platone affermò perfino che non s'introducono mai cambiamenti<br />

nei modi della musica senza che se ne introducano nelle più<br />

importanti leggi dello Stato, e che la trasgressione in campo<br />

musicale può riuscire ad infiltrarsi dolcemente e subdolamente<br />

nei caratteri e nelle abitudini finendo col sovvertire ogni cosa,<br />

nella vita privata come in quella pubblica.<br />

Calliope (poesia epica), Clio<br />

(storia), Polimnia<br />

(pantomima), Euterpe<br />

(musica: flauto), Tersicore<br />

(danza), Erato (lirica<br />

corale), Melpomene<br />

(tragedia), Talia<br />

(commedia), Urania<br />

(astronomia).<br />

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Nella polis ideale di Platone, dunque, la presenza della musica doveva<br />

essere accuratamente regolamentata, per indirizzare i suoi effetti<br />

dirompenti esclusivamente verso uno scopo di educazione morale della<br />

futura classe dirigente. Il concetto platonico della musica è stato definito<br />

'catarsi allopatica' : una musica appropriata può infondere una determinata<br />

virtù a chi ne è privo o a chi è in preda al vizio opposto, purificandolo. Solo<br />

utilità, dunque, e non piacere; era questo il criterio che dettava le rigide<br />

norme del filosofo ateniese, e in base al quale egli eliminava esplicitamente<br />

dalla sua utopica città perfino la poesia che, a suo avviso, non sarebbe stata<br />

'utile' a nulla. In campo propriamente musicale, allora, egli permetteva solo<br />

le harmonìai dorica e frigia (quest'ultima è qui intesa come spontanea,<br />

persuasiva e non violenta); conseguentemente venivano banditi tutti gli<br />

strumenti (e i relativi costruttori) in grado di suonare anche le altre<br />

harmonìai, quali gli strumenti a molte corde e, soprattutto, l'aulós, «lo<br />

strumento più ricco di suoni».<br />

L’unico repertorio ammesso, poi, era quello delle melodie tradizionali, quelle<br />

che non a caso venivano dette nómoi, cioè leggi: Platone respingeva con<br />

sdegno le innovazioni della musica più moderna, qual era quella di Euripide e<br />

del suo amico Timoteo. La nuova musica, infatti, cercava di svincolarsi da un<br />

rapporto troppo stretto con la dizione narrativa del testo e con la sua metrica,<br />

cercando piuttosto di esplicitarne i contenuti emotivi attraverso una maggiore<br />

libertà e autonomia dei mezzi musicali.<br />

Più aperto e permissivo era invece Aristotele, che si basava su un concetto<br />

definibile come 'catarsi omeopatica' : anche un ethos negativo è accettabile<br />

perché, attraverso un perturbamento controllato, l'animo può espellere fuori<br />

di sé le proprie negatività e ritornare allo stato normale, come dopo una cura<br />

medica.<br />

Ma ambedue i filosofi erano pienamente d'accordo nel vietare ai giovani ogni<br />

professionismo musicale: la musica doveva sempre rimanere un'utile<br />

occupazione per il tempo libero di un giovane colto, e mai scadere al livello di<br />

un'attività lavorativa (e quindi, in una società schiavista, riservata alla<br />

condizione servile).<br />

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La musica a Roma<br />

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28


28/12/2010<br />

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Buccina<br />

Tuba<br />

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