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IndIce 2 Sommario.................................................................................................................................. pag. 3 Aspetti metodologici e tecnologici........................................................................................... pag. 5 Aspetti fermentativi............................................................................................................... pag. 35 Nuovi approcci per la tipizzazione molecolare di lieviti di interesse enologico................ pag. 43
SOMMARIO Il presente progetto è il frutto di una collaborazione tra CRA - Unità di ricerca per le produzioni enologiche dell’Italia centrale – VELLETRI (già Istituto Sperimentale per l’Enologia), e il Dipartimento di Biologia Cellulare e dello Sviluppo (BCS) dell’Università “Sapienza” di Roma. Tale collaborazione, già sperimentata con successo negli anni passati, si giova delle competenze complementari sulla fermentazione sviluppate dai due gruppi di ricerca coinvolti, nonché della diversa tipologia di strumentazione presente nei laboratori dei due Enti. Il gruppo coordinato dal Dr. Gaetano Ciolfi ha maturato una lunga esperienza principalmente sugli aspetti metabolici e tecnologici della fermentazione mentre il gruppo coordinato dal Prof. Claudio Falcone si occupa prevalentemente dello studio genetico e molecolare dei lieviti vinari. Lo scopo principale di questa collaborazione è quello di approfondire da un lato l’effetto della composizione dei mosti e delle condizioni di fermentazione sulla qualità del vino e, dall’altro, di migliorare le tecniche di identificazione dei lieviti per comprendere il ruolo di ceppi specifici nel processo di vinificazione. Presso il CRA sono state effettuate prove di fermentazione in presenza/assenza di ossigeno, azoto e calcio pantotenato, utilizzando due differenti ceppi di lievito e uve con diverso grado di maturazione, allo scopo di verificare la possibilità di indurre produzioni elevate di composti responsabili della composizione chimica ed organolettica dei vini, quali acidi organici, acidi grassi, esteri e glicerina. Su tutte le prove sono state eseguite a completamento della fase di fermentazione analisi chimico-fisiche, sensoriali e statistiche dei vini ottenuti. Le prove sperimentali presso il CRA, come si evince dalla trattazione, hanno confermato come l’impiego del lievito S6U (ibrido con caratteristiche fenotipiche riferibili alla razza fisiologica uvarum) sia da preferire in ogni fermentazione e questo perché esprime al meglio la tipicità del vino per i seguenti motivi: contribuisce a mantenere alto il valore di acidità totale e questo rappresenta una garanzia di stabilità strutturale del vino; produce, in ogni condizione, valori di glicerina più elevati, quindi il vino assume connotati di corposità che esaltano il rapporto con il territorio; una minore produzione di solfiti agevola un razionale impiego a fine fermentazione e determina una migliore compatibilità ambientale. Da un punto di vista dei trattamenti al mosto è risultato che: l’impiego di ossigeno nel corso della fermentazione risulta ininfluente ai fini del risultato metabolico del lievito; l’impiego di azoto va limitato soltanto ai casi di effettivo impoverimento del mezzo, casi rarissimi nelle condizioni di una razionale enotecnica che non deve prevedere eccessi di chiarifica. Spesso, infatti, si tende ad addizionare azoto ammoniacale nell’intento di prevenire rallentamenti o arresti di fermentazione che sono la conseguenza della mancata rimozione di inibitori e la causa di trattamenti deproteinizzanti troppo spinti. Al riguardo si evidenzia come l’impiego di azoto ammoniacale deprima le qualità tipiche dell’uva poiché rallenta il metabolismo degli aminoacidi e peptidi del mezzo; ne consegue che la maggiore tipicità del prodotto va perseguita attraverso opportune tecniche colturali volte proprio alla migliore espressione del metabolismo variatale. Impiegando lieviti in purezza o con inoculo scalare, si riscontra che nelle prove scalari i principali metaboliti sono presenti in concentrazioni inferiori rispetto alle fermentazioni in purezza. Per i motivi discussi successivamente nel testo, appare evidente come la condotta delle fermentazioni debba essere operata da un solo lievito al fine di poter ottenere il migliore risultato metabolico prevedibile e che, nel corso di 3
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