Navi romane - Sagep

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Navi romane
sui fondali marini
Roman ships found
in the depths of the sea
Al Museo navale romano di Albenga è stata ricostruita una
fiancata interna della nave naufragata intorno al 60 avanti
Cristo, il più grande relitto di epoca romana del Mediterraneo.
Ma i ritrovamenti continuano
The whole internal side of an ancient ship that was wrecked around the year 60 B.C., the
largest Roman shipwreck in the Mediterranean, has been reconstructed at the Roman
Naval Museum of Albenga. But findings continue
Alessandro Arado
Riuscire a stivare bene la merce è
sempre stato fondamentale nella
storia dei commerci via mare. Oggi
l’80 per cento dei traffici marittimi
viaggia in container, i romani usavano
sacchi, anfore, reti e così si è andati
avanti per millenni usando le stesse tecniche.
Nei primi secoli dopo la nascita di
Cristo, nelle acque del Mediterraneo, la
navigazione raggiunse livelli mai visti
prima; sul mare si viaggiava, si combatteva,
ma soprattutto ci si arricchiva con
il commercio.
Sulle navi si caricavano tessuti, vasellame,
materie pregiate come marmi e legname,
animali per gli spettacoli circensi,
schiavi, ma soprattutto cibo:
vino, olio, grano. E per il loro trasporto
venivano utilizzate anfore di terracotta
di forme e dimensioni diverse a seconda
del prodotto che contenevano,
anche se non era raro un uso promiscuo.
Panciute, quasi sferiche per l’olio,
allungate per il vino, a collo largo per
grano, frutta o altri prodotti in forma
solida. Quelle più piccole erano destinate
al famoso garum, una salsa a base
di pesce molto apprezzata dai romani.
E poi c’erano i dolium o dolia, enormi
anfore tondeggianti dalla capacità che
oscillava tra i 1200 e i 3000 litri, utilizzate
soprattutto per il vino, riempite e
svuotate ad ogni viaggio, più o meno
l’equivalente dei camion-cisterna dei
nostri giorni.
Proprio a Diano Marina fu rinvenuto nel
1975 uno dei primi relitti che trasportavano
questi contenitori, un relitto di
straordinaria importanza per le caratteristiche
del carico, costituito da quattordici
grandi dolia, quattro doliola e numerose
anfore, ora conservate presso il
Museo civico archeologico di Diano.
Quella nave trasportava vino e naufragò
in età claudio-neroniana (41-68 d.C.) a
un miglio e mezzo dalla costa a circa 40
metri di profondità. Ma il più importante
relitto di nave romana scoperto in Liguria,
che fu anche il primo, è stato quello
di Albenga: un pescatore locale,
Antonio Bignone, trovò nelle sue reti tre
Stowing goods properly has always
been a key aspect in the history of
sea trade. Today 80% of maritime
freight transport is done via containers; the
Romans used to move their goods in sacks,
amphoras, nets and these methods were
used for thousands of years after them. In
the first few centuries after the birth of
Jesus Christ, the Mediterranean Sea saw a
sharp increase in the navigation accross its
waters; the sea was used to travel, to fight
but most of all to get rich through the
trade of goods.
A whole range of commodities was loaded
onto ships including fabric, pottery,
precious materials like marble and timber,
animals for circus shows, slaves, but most
of all food: wine, oil and wheat. These food
items were usually transported in
terracotta amphorae of all shapes and sizes
depending on the type of product carried.
Even though a mixed use was not unusual.
Rounded ones, almost ball-shaped, for
carrying oil, elongated ones for the wine,
or with a wide neck to store wheat, fruit or
other solid products. The smaller containers
were used to carry the famous garum, a
fish-based sauce much appreciated by the
Romans. And then again the so called
dolium or dolia, huge globe-shaped
amphorae with a capacity ranging between
1,200 and 3,000 litres, normally used to
carry wine, which were filled and emptied
at each trip, more or less the equivalent of
today’s tank trucks.
It was in Diano Marina, that in 1975 one
of the first wrecked ships transporting
these types of containers was discovered.
The craft carried an extraordinary load
consisting of fourteen large dolia, four
doliola and several amphorae, all currently
kept at the Civic Archeologicl Museum of
Diano. The ship, allegedly transporting
wine, was wrecked in the Claudius-
Neronian era (41-68 AD) one and a half
miles from the coast at a depth of around
40 metres. But the most important Roman
shipwreck ever discovered in Liguria, which
was also the first in the region, was
without a doubt the Albenga one: a local
fisherman named Antonio Bignone found
Anfore sul fondale al largo
della Gallinara
Arado
Amphoras on the depths of the
sea near Gallinara Photo

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blue reportage
Photo Alfredo Di Giovampaolo
Il relitto scoperto ad Albenga è
il più grande di epoca romana
del Mediterraneo. Sotto, una
ricostruzione della nave
The wreck discovered in
Albenga is the biggest one
belonging to the Roman Age
found in the Mediterranean
Sea man Age found in the
Mediterranean
anfore romane. Poco dopo, siamo nel
1925, a un miglio dalla costa, a 42 metri
di profondità, dinanzi all’antica città di
Albingaunum, l’Albenga romana, venne
trovato (ma questo lo si scoprì solo 25 anni
dopo) quello che probabilmente è il più
grande relitto di epoca romana del Mediterraneo.
Risalente al 60-80 a.C., è una
nave oneraria a propulsione velica, lunga
circa 50 metri e larga 10-12 e che si stima
contenesse oltre diecimila anfore.
Il loro parziale recupero avvenuto nel 1950
- a cui fecero seguito negli anni a seguire
altre operazioni - segnò l’inizio dell’archeologia
subacquea nel Mare nostrum.
L’artefice e pioniere di questa impresa (e
delle successive a bordo dell’ex dragamine
Daino e del Cycnus) fu l’archeologo Nino
Lamboglia, a bordo della nave da recupero
Artigli. La nave romana, adagiata sul
fondo in assetto di navigazione leggermente
inclinata su un lato, probabilmente
colò a picco per il
sovraccarico.
Quando i palombari
localizzarono il
relitto trovarono un
cumulo di anfore
alto due metri e ne
portarono in superficie
ben 728. Molte
furono distrutte
three Roman amphorae stuck in his fishing
net. Shortly after, we are in 1925, one mile
offshore, at a depht of 42 metres, just
opposite the ancient town of
Albingaunum, the Roman version of
Albega, the largest Roman-age shipwreck
of the whole Mediterranean was found
(even though at that time people did not
know it yet). The large craft, dating back to
60-80 BC, was a 50-metre long and 10-12metre
wide sail-powered cargo ship that
contained an estimated 10,000 amohorae.
Their partial recovery in 1950 – followed,
over the subsequent years, by other
retrieval operations – marked the
beginning of underwater archeology in the
Mare Nostrum. The originator and
forerunner of this undertaking (and of the
following ones on board of the former
minesweeper Daino and of the Cycnus) was
archeologist Nino Lamboglia, aboard the
salvage boat Artigli. The Roman ship,
resting on the seabed in cruising trim and
slightly tilted to one side, most probably
sank due to overloading. When divers
located the wreck they also found a 2metre
high pile of amphorae and managed
to retrieve as many as 728. Unfortunately
during the recovery operations, due to the
inadequacy of the equipment available in
those days, many of these amphorae were
distroyed. “ The hecatomb of amphorae
al momento del recupero per l’inadeguatezza
degli strumenti utilizzati all’epoca.
“Il cimitero di anfore provocato dalla
benna della nave avrebbe turbato la coscienza
di qualsiasi archeologo, e turbò
assai la nostra”, disse allora un accigliato
Lamboglia. Altre anfore, in numero imprecisato,
sono state trafugate. Il resto,
assieme ad alcune parti dello scafo, è rimasto
sul fondo rifugio di murene, aragoste
e polpi.
L’area è protetta ed interdetta ad ogni
tipo di attività come pesca, ancoraggio
e immersioni libere, permesse solo in
particolari occasioni e previa autorizzazione
delle autorità competenti. Al Museo
navale romano di Albenga, nato nel
1960 dopo il ritrovamento del relitto, è
stata ricostruita una fiancata interna
della nave con “impilate” un centinaio di
anfore integre disposte come dovevano
essere al momento del naufragio. La tecnica
utilizzata nella ricostruzione museale
mette in evidenza con quanta accuratezza
gli stivatori romani
posizionavano il carico. Le anfore erano
in cinque file sovrapposte incastrate tra
di loro una sopra all’altra, la forma appuntita
nella parte inferiore consentiva
di fissarle al fondo che molto probabilmente
era stato coperto di sabbia. Un
interessante accorgimento per evitare
caused by the bucket of the ship would
have deeply upset any archeologist, and so
it did for us” said then a frowning
Lamboglia. Some other amphorae, the
exact number is not known, were even
purloined. The rest, along with some parts
of the hull, was left in the depths of the
sea as shelter for morey eels, octopi and
lobsters.
The concerned stretch of sea is now a
protected area and all kinds of fishing,
anchoring or diving activites are forbidden
unless specifically authorised by the
competent bodies. At the Roman Naval
Museum of Abenga, set up in 1960 after
the discovery of the wreck, one of the
inner sides of the ship has been completely
reproduced including hundreds of
“stacked-up” intact amphorae positioned
exactly how they would have been at the
time of the shipwreck. The special
technique adopted to recontruct the ship
section highlights the accuracy and
precision with which the Roman stevedores
used to arrange the load on board. The
amphorae were arranged in five rows
stacked on top of one another and their
pointed base allowed them to be securely
fixed to the groud which was most
probably covered in sand. An interesting
trick to avoid wear and tear, knocks and
possible brakages, was to use branches or
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I SITI IN LIGURIA
All the Ligurian sites
Albenga
Relitto di nave oneraria romana
carica di anfore del I secolo a.C
Wreck of Roman cargo ship carrying
amphorae dating form
1st Century BC
Bergeggi Island
Versamento di carico di anfore
Altern 70
Load of Altern 70 amphorae lost at
sea by Roman ship
Capo Mortola
Relitto di nave romana del
I secolo a.C
Roman shipwreck dating from 1st
Century BC
Diano Marina
Relitto di nave a dolia del I secolo d.C.
Dolia shipwreck dating from 1st
Century BC
Gallinara Island
Relitto di nave carica del I secolo a.C.
Shipwreck carrying amphorae dating
from 1st Century BC
Genova Pegli
Relitto del II-I secolo a.C. con anfore
e piatti in ceramica campana
Shipwreck dating from 2nd to 1st
Century BC with ceramic amphorae
and plates from Campania
Lerici
Relitto di nave lapidaria del
I-II secolo d.C.
Wreck of Navis lapidaria dating from
1st-2nd Century BC.
Portofino
Antico porto romano del II secolo a.C.
Ancient Roman port dating from 2nd
Century BC
Portovenere
Relitto di nave carica di laterizi del
II-I secolo a.C.
Shipwreck loaded with building
material dating from 2nd to 1st
Century BC
San Michele di Pagana
Approdo frequentato nel
II-I secolo a.C.
Landing place in use between 2nd
and 1st Century BC
Sanremo
Ville romane con resti di probabili
approdi sommersi
Roman villas with remains of
probable submerged landings places
Santo Stefano al mare
Ceppi d’ancora in piombo, anfore
Dressel 2 e relitto di nave carica
(I secolo a.C)
Lead anchor stocks and Dresse 2
amphora and Roman shipwreck
dating from 1st Century BC
Vado Ligure
Probabile approdo protostorico
diventato in epoca romana Portus
Vadorum, frequentato dal
II secolo a.C.
Probable post-historiacl landing place
turned into Portus Vadorum in
Roman age, in use from 2nd
Century BC

Photo Alfredo Di Giovampaolo
82 blue reportage
Nei fondali di Liguria
continuano i ritrovamenti di
relitti da età romana
In the depths of Liguria the
discoveries of the Roman age
wrecks continue
l’usura, il contatto e attutire i colpi che
potevano frantumarle, era quello di inserire
negli interstizi rami o fronde come
imballaggio.
Le anfore vinarie ritrovate a Albenga sono
di tipo “Dressel 1” (dal nome dello
studioso tedesco Henrich Dressel, che nel
1891 elaborò una catalogazione di 45 tipi
diversi di anfore rinvenute a Roma
presso il Castro Pretorio) nelle varianti A,
B e C, databili al primo decennio del I secolo
a.C. Molte sono ancora chiuse con
tappo di sughero rivestito di pece e resina,
per un peso totale intorno alle 500
tonnellate. A riempire gli spazi fra i colli
d’anfora erano alloggiate una gran
quantità di ceramiche fini da cucina a
vernice nera e rossa di produzione cam-
foilage to fill the gaps in between the vases
as an early form of padding. The wine
amphorae retrieved in Albenga are the
“Dressel 1” type (after the name of the
German scholar, Henrich Dressel, who in
1891 developped a classification system
including 45 different types of amphorae
found in Rome at the Castrum Pretorium)
in the variants A, B and C which are
estimated to be dating back to the early
decades of 1st Century BC. Many of them,
weighing around 500 tonnes, are still
closed with a cork top coated with pitch
and resin. Filling the gaps between the
necks of the amphorae there was a
considerable amount of fine ceramic
kitcheware coated in black and red paint,
produced in the Campania region, much
Lamboglia, un archeologo di classe
Nato a Porto Maurizio, si laureò in lettere a Genova nel 1922 con una tesi di archeologia e collaborò
a lungo con il grande archeologo Luigi Bernabò Brea. Lavorò all'ufficio storico del Comune di Albenga
alla direzione della Biblioteca civica dal 1934 al 1937 e poi al Museo Bicknell di Bordighera. Nel 1932
fondò la Società storico-archeologica ingauna. Durante il secondo conflitto bellico si dedicò alla
tutela delle opere d'arte e librarie (fu responsabile della Biblioteca Aprosiana di Ventimiglia) della
Liguria occidentale. Diresse dal 1938 al 1940 i primi scavi della città romana di Ventimiglia, negli
anni Cinquanta le prime ricerche di archeologia sottomarina e scavi in Liguria, in Sicilia e a Roma. Fu
anche docente universitario di Archeologia medievale all'Università di Genova. Morì il 10 gennaio
1977 in un incidente d'auto nel Porto di Genova.
pana, all’epoca molto ricercate, oltre a
molta ceramica comune. Fra gli altri oggetti
recuperati, alcuni tubi e un crogiuolo
di piombo, tegole e sette elmi di
bronzo, probabilmente in dotazione ai
soldati della scorta.
Nel 2003 il relitto di un’altra nave oneraria
di età romana, probabilmente anch’essa
del I secolo a.C. e oggi denominato
“Relitto B”, è stato scoperto dai
sommozzatori del Centro carabinieri subacquei
di Genova Voltri, a 50 metri di
profondità, davanti ad Albenga, all’altezza
dell’isola Gallinara. Sul fondo sono
state trovate molte altre anfore in ottimo
stato di conservazione. Il sito è
stato così posto sotto tutela dalla Sovrintendenza
ai Beni archeologi della Liguria
e la Capitaneria di porto di Savona
lo ha reso off-limits. Occorre infatti tutelare
i siti dagli attacchi dei tombaroli
del mare e dai maldestri comportamenti
dell’uomo (pesca, ancoraggi, immersioni
non autorizzate).
Ma nelle acque liguri si trovano altri importanti
siti archeologici sottomarini del
periodo romano. L’ultimo relitto, rinvenuto
nel 2006 nei pressi di Imperia, di
fronte a Santo Stefano al Mare, un centinaio
di metri al largo del porto di Marina
degli Aregai su un fondale di 60 metri,
è stato scoperto da due sub imperiesi:
un cumulo di anfore che facevano parte
del carico di una nave romana naufragata
probabilmente nel I secolo a.C. sono
sepolti dai manufatti, dai detriti e dalla
sabbia.
Difficilmente si potranno recuperare i
relitti e il loro carico. Come già avviene
in alcune località italiane dove sono state
organizzate immersioni guidate a richiesta,
anche in Liguria, le visite ai re-
sought after at the time, along with many
common pottery items. Other retrieved
objects include lead pipes and crucibles,
roof tiles and seven bronze helmets,
probably belonging to the Roman soldiers
on board.
In 2003, the wreck of another Roman-age
cargo ship also dating back to the 1st
Century BC, later classified as “Wreck B”,
was discovered by the divers from the
Genova Voltri Carabinieri Diving Unit, at a
depth of 50 metres, in the area opposite
Albenga, near the Gallinara island. On that
occasion many more amphorae in a perfect
state of conservation were found on the
seabed. The site was put under protection
by the Ligurian authority for Archeological
heritage and the Capitaneria di Porto of
Savona (harbour office) declared it an offlimits
area. It is in fact essential to
safaguard these valuable sites from the
misdoings of the socalled ”sea robbers” or
from the careless behaviur of people in
general (fishing, anchoring or unauthorised
diving).
But the Ligurian waters house many more
underwater archeological sites from the
Roman age. The latest wreck, found in
2006 near Imperia, opposite Santo Stefano
al Mare, just a hundred metres off the
Marina degli Aregai port, at a depth of
around 60 metres, was sighted by two
scuba divers from Imperia: there a heap of
amphorae part of the load of a Roman ship
probably sunk around the 1st Century BC,
is still buried under a large mound of
artefacts, debris and sand.
The retrieval of all these wrecks and their
loads is going to be very difficult. As already
happens in other Italian tourist locations, also
in Liguria, guided visits to the submerged
wrecks could become a profitable tourist
reportage blue
Al Museo navale romano di
Albenga: la fiancata interna della
nave naufragata nel 60 a.C
At the Roman Naval Museum of
Albenga: the entire side of a ship
sunk in 60 BC
Lamboglia, an archeologist with style
Born in Porto Maurizio, he graduated in arts at the University of Genoa in 1922 with a thesis on
archeology after which he started a long collaboration with the great archeologist Luigi Bernabò Brea. He worked at
the Historic Office of the Albenga Town Hall as director of the Civic Library to then move to the Bicknell Museum of Bordighera.
He founded, in 1932, the Historical and Archeological Society Ingauna. During the war, he dedicated himsef to the safeguard of
important books and artworks (he managed the Biblioteca Aprosiana in Ventimiglia) of western Ligura. Between 1938 and 1940
he directed the first excavations of the Roman town of Ventimiglia. Again in the 1950s he led the first underwater archeolgical
studies and excavations in Liguria, Sicily and Rome. He also taught medieval archeology at the University of Genoa. He died
tragically on 10th January 1977 in a car accident in Genoa.
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Photo Alfredo Di Giovampaolo
84 blue reportage
Info
Le normative a tutela del patrimonio
archeologico subacqueo non sono
chiarissime. Dal 2001 esiste la
Convenzione dell’Unesco sul
patrimonio culturale subacqueo,
sottoscritta da 94 Stati (compresa
l’Italia), ma ratificata per ora solo da
tre (Bulgaria, Croazia e Panama). Pur
prevedendo il raddoppio della fascia
marina protetta (da 12 miglia a 24) e
una serie di norme cui attenersi in
caso di individuazione di un oggetto di
interesse archeologico, la Convenzione
contrasta con il Codice della
navigazione, in base al quale chiunque
trovi un relitto in mare è suo. In Italia
l’archeologia è regolamentata dal
decreto legislativo n. 42/04 "Codice dei
beni culturali e del paesaggio".
The regulations disciplining the
safeguard of the underwater
archeological heritage are rather
unclear. At the moment there is the
Unesco Convention on the underwater
cultural heritage, subscribed by 94
Countries (including Italy) but so far
only ratified by Bulgaria, Croatia and
Panama. The Convention contemplates
the doubling of the sea protected
areas limits (from 12 to 24 miles) and
lays down a series of norms to observe
in the event of retrieval of an object of
archeologiacl interest. However, the
Convention is in contraddiction with
the Sea navigation code which
indicates that anybody finding a piece
of wreckage at sea, automatically
becomes its owner.
litti immersi potrebbero diventare un’attrattiva
per il turismo culturale subacqueo
e non solo.
Il Mediterraneo crocevia di culture, commerci,
conflitti nasconde nei suoi fondali
testimonianze dal valore inestimabile,
tanto che molti lo considerano il più
grande e ricco museo del mondo: l’archeologia
subacquea sottomarina consente
di visitarne le sale immense, molte
ancora sconosciute. Il progresso della
tecnologia subacquea permette di scendere
a profondità sempre maggiori.
Strumenti come il Side Scan Sonar (un
sofisticato ecoscandaglio subacqueo a
scansione acustica laterale trainato dalla
barca d’appoggio), il Multibeam (ecoscandaglio
di superficie ad ampio raggio)
localizzano e realizzano fotografie
tridimensionali, e robot subacquei come
gli Auv (autonomi) o Rov (filoguidati)
dotati di telecamere, sono in grado di effettuare
una prospezione dei fondali di
altissima qualità.
Mare e cultura: un binomio inscindibile
di un percorso fatto di ricerca, conoscenza,
storia ed economia. b
attraction in the underwater cultural
exploration niche and more.
The Mediterranean, crossroads of cultures,
trades and conflicts hides in its depths so
many treasures of inestimable values that
many experts consider it as the largest and
most valuable museum in the world:
underwater archeology enables visitors to
admire a selection of huge submarine
rooms, most of which are still largely
unknown. The progress of the scubadiving
technology makes it possible to reach
increasingly greater depths. Sophisticated
instruments such as the Scan Sonar (a
high-tech acoustic sidescan echo-sounder
drawn by the support boat) or the
Multibeam (long-range surface echosounder)
enables scientist to create
accurate tridimensional pictures while the
latest submarine robots such as Auv
(automated) and Rov (wire-controlled)
equipped with cameras, can produce
extremely high-quality seabed prospecting.
Sea and culture, an inseparable
combination which is the fruit of a long
journey made of research, knowledge,
history and economy. b