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fossi con i miei pazienti”) pur nell’intento di fornire un aiuto.
L’assenza, peraltro, di un moderatore delle dinamiche interne (il
supervisore), che si prenda anche carico della gestione del tempo
nello spazio condiviso, può generare una percezione di effi cacia del
gruppo rispetto ai suoi obiettivi. Nell’intervisione narrativa, infatti,
ogni componente diventa supervisore di se stesso e, contemporaneamente,
degli altri. Può essere infatti alquanto diffi cile e faticoso
far parte del gruppo ed allo stesso tempo co-condurlo.
La condivisione delle proprie esperienze non si limita ad ogni modo
ai momenti particolarmente disagevoli o diffi coltosi, ma può essere
anzi il luogo in cui esprimere le soddisfazioni che il lavoro clinico
può suscitare. La narrazione non solo dei dolori ma anche delle
gioie può permettere al terapeuta di riappropriarsi della dimensione
piacevole del proprio lavoro, altrimenti negletta. L’intervisione
narrativa è, in tal senso, l’occasione di riemergere come novello
Dante “a riveder le stelle”, ritornando a percepirsi come terapeuti
che possono esperire un’ampia gamma di sentimenti ed emozioni.
BIBLIOGRAFIA
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1996.
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SAFRAN J. D. e MURAN J. C., Teoria e pratica dell’alleanza terapeutica,
Edizioni Laterza 2003.
Scuola di Formazione in Psicoterapia Cognitiva - Vol. 2 Anno 2005
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