18.06.2013 Views

Saggi - Accademia Nazionale dei Lincei

Saggi - Accademia Nazionale dei Lincei

Saggi - Accademia Nazionale dei Lincei

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

<strong>Saggi</strong>


Quintino Sella: uno Scienziato StatiSta<br />

eD un italiano europeo *<br />

1. l’attualità di Quintino Sella meritava di essere valorizzata<br />

nell’ambito delle celebrazioni per i 150 anni dell’unità nazionale<br />

italiana. e così ha fatto l’accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei nel convegno<br />

«Quintino Sella scienziato e statista per l’unità d’italia» e<br />

nella mostra «Quintino Sella linceo», resi possibili anche grazie al<br />

supporto del comitato per le celebrazioni <strong>dei</strong> 150 anni dell’unità<br />

d’italia e della Fondazione Sella.<br />

il presidente della repubblica giorgio napolitano ha presenziato<br />

alla giornata inaugurale di entrambi gli eventi nell’ambito<br />

dell’impegno straordinario ch’egli ha profuso per rinnovare e rinforzare<br />

l’identità italiana, nella continuità degli ideali del risorgimento<br />

riaffermati con la nascita della nostra repubblica, innestata<br />

nella civiltà e nelle istituzioni europee dopo la tragedia della<br />

guerra e della dittatura fascista. per tutto ciò e per la sua presenza<br />

lo ringrazio sentitamente a nome di tutti i lincei, in particolare<br />

del presidente lamberto Maffei, che non ha potuto essere presente<br />

a causa di altri impegni accademici negli Stati uniti.<br />

con questa celebrazione l’accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei<br />

conclude solennemente le sue manifestazioni dedicate al 150° anniversario<br />

dell’unità d’italia, idealmente iniziate già nel febbraio<br />

del 2010 con la conferenza presso la nostra accademia del presidente<br />

della repubblica giorgio napolitano sul tema «Verso il<br />

* Questo saggio è premessa sia al presente catalogo sia al volume «Quintino Sella,<br />

scienziato e statista per l’unità d’italia», in corso di pubblicazione negli atti <strong>dei</strong><br />

convegni lincei.<br />

3


150° dell’italia unita: tra riflessione storica e nuove ragioni di impegno<br />

condiviso».<br />

noi leggiamo nell’apprezzamento del presidente della repubblica<br />

giorgio napolitano per l’accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei,<br />

così come in quello <strong>dei</strong> suoi predecessori, da einaudi a ciampi,<br />

la valorizzazione del ruolo di una istituzione dove dalla scienza<br />

si passa al sapere e dove entrambi si fondono nella saggezza che<br />

trae dalla storia senso di responsabilità e di discernimento per capire<br />

ed affrontare il presente e il futuro. in questa prospettiva la<br />

figura di Sella assume una grande attualità. Se, infatti, è vero che<br />

Sella non fu uno scienziato che portò a scoperte galileiane, è altrettanto<br />

vero che egli fu uno scienziato statista che diede un contributo<br />

determinante al progresso istituzionale delle scienze e del<br />

sapere, delle tecniche e dell’economia, della modernizzazione italiana<br />

in europa.<br />

2. per questo la personalità di Sella rappresenta ancora nel<br />

2011, a centoventisette anni dalla sua morte, un paradigma al quale<br />

l’accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei deve ispirarsi nello svolgere<br />

la sua missione nel rafforzamento dell’unità d’italia per l’incivilimento<br />

e per il bene comune nel contesto europeo. in questi centoventisette<br />

anni valutazioni autorevoli su Sella non lasciano dubbi<br />

sulla rilevanza della sua personalità e della sua azione.<br />

nel 1928, cento anni dopo la nascita di Sella, che visse solo<br />

cinquantasette anni (1827-1884), un grande linceo, Benedetto croce,<br />

scrisse che la destra storica, della quale Sella fu una delle personalità<br />

di maggiore spicco, era una «eletta di uomini […] da considerare<br />

a buon diritto esemplari per la purezza del loro amore di<br />

patria […] per la serietà e dignità del loro abito di vita, per l’interezza<br />

del loro disinteresse, per il vigore dell’animo e della mente».<br />

(1) Quanto a Sella egli scrisse che fu «l’eroe che impersonò la<br />

lotta per il pareggio [di bilancio, ndr …] con tenacia pari solo al<br />

(1) B. Cr o C e, Storia d’Italia. Dal 1871 al 1915, a cura di g. talamo, napoli<br />

2004, p. 13 (prima edizione 1928).<br />

4


coraggio di superare ogni sorta di ostacolo […]». (2) nel 1984, a<br />

cento anni dalla morte di Sella, rosario romeo, un grande storico<br />

linceo, affermò che se gli italiani «vorranno trarre ispirazioni dal<br />

passato per il loro avvenire, potranno […] riandare al suo progetto<br />

[di Sella, ndr] di un’italia più seria e più solida, più moderna e più<br />

fiduciosa in sé stessa e nel suo ruolo in europa e nel mondo». (3)<br />

giungendo al 2011, intendiamo sintetizzare la riflessione su<br />

Sella con quanto ci ha scritto il presidente emerito della repubblica<br />

carlo azeglio ciampi: «È con profondo rammarico che mi<br />

vedo costretto a mancare l’appuntamento che l’accademia nazionale<br />

<strong>dei</strong> lincei dedica alla straordinaria personalità di Quintino<br />

Sella: statista, politico, economista, scienziato, amministratore<br />

e organizzatore lungimirante, dalla cui vicenda pubblica l’italia<br />

contemporanea può ancora trarre insegnamento». (4)<br />

Questa è anche la nostra visione di Quintino Sella, la cui poliedrica<br />

e straordinaria personalità è stata esaminata, valutata e presentata<br />

in occasione del convegno e della mostra negli scritti di<br />

tanti illustri collaboratori e relatori, ai quali va il nostro più sentito<br />

ringraziamento, che si esprime innanzitutto nel richiamare qui<br />

il loro nome e il loro ruolo non come atto formale ma come apprezzamento<br />

convinto e sostanziale.<br />

3. il convegno «Quintino Sella, Scienziato e statista per l’unità<br />

d’italia» ha avuto un comitato d’onore costituito dal presidente<br />

emerito della repubblica carlo azeglio ciampi, dal presidente<br />

del comitato <strong>dei</strong> garanti per le celebrazioni del 150° anniversario<br />

dell’unità nazionale, giuliano amato, dai presidenti emeriti<br />

dell’accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei, giovanni conso, giorgio<br />

Salvini ed edoardo Vesentini, dal presidente in carica, lamberto<br />

Maffei. ad essi è stato affiancato luigi Sella, in rappresentan-<br />

(2) Ivi, p. 52.<br />

(3) r. ro m e o , Quintino Sella, in Quintino Sella, Giornata Lincea indetta in occasione<br />

del I Centenario della morte, roma 1984, p. 27.<br />

(4) lettera del Senatore carlo azeglio ciampi indirizzata ad alberto Quadrio<br />

curzio, roma, accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei, archivio.<br />

5


za della famiglia quale discendente diretto della personalità celebrata.<br />

il comitato ordinatore del convegno è stato costituito da alberto<br />

Quadrio curzio, linceo e coordinatore dello stesso, e dai soci<br />

lincei Michele caputo, Maria Bianca cita Sironi, carlo Doglioni,<br />

Franco gallo, annibale Mottana, antonio pedone, alessandro<br />

roncaglia. il comitato ordinatore, del quale sono stati chiamati<br />

a far parte anche giovanni paoloni (studioso che tante volte ha<br />

collaborato con i lincei) e lodovico Sella (presidente della Fondazione<br />

Sella), ha intensamente lavorato alla progettazione, condividendo,<br />

al di là della singola specializzazione scientifica, la valutazione<br />

della figura di Sella, così sinteticamente e unitariamente<br />

presentata:<br />

il convegno intende rivisitare l’eccezionale figura di Quintino Sella nei<br />

suoi diversi ruoli di statista, scienziato, tecnologo, personalità di alta cultura<br />

e di grande etica civile che ha contribuito alla unificazione nazionale<br />

italiana e alla configurazione istituzionale di roma come capitale<br />

del nuovo Stato. È raro nella storia <strong>dei</strong> 150 anni dello Stato italiano trovare<br />

una personalità che, muovendo da una rigorosa mentalità scientifica,<br />

abbia saputo mettere la stessa al servizio istituzionale della nuova<br />

nazione coronando la sua opera anche con la rifondazione della accademia<br />

<strong>dei</strong> lincei. Quella che Sella volle ricongiunta agli ideali <strong>dei</strong> primi<br />

fondatori che agli inizi del XVii secolo promossero l’affermarsi della<br />

nuova scienza soprattutto per opera del principe Federico cesi e del<br />

genio di galileo galilei. (5)<br />

nel volume degli atti inerenti al convegno compaiono ben diciannove<br />

saggi che confermano la serietà e il rigore con il quale l’iniziativa<br />

è stata progettata e realizzata. ne daremo conto nel seguito,<br />

ricordando qui che il convegno è stato aperto e chiuso dallo<br />

scrivente, mentre le quattro sessioni sono state presiedute da tullio<br />

gregory, edoardo Vesentini, Maria Bianca cita Sironi, Franco<br />

gallo.<br />

la Mostra «Quintino Sella linceo» è stata promossa e curata<br />

6<br />

(5) Si veda il programma del convegno.


da tullio gregory (coordinatore), da giovanni Ferraris, da giovanni<br />

paoloni, da ludovico Sella e da Marco guardo, che si sono avvalsi<br />

anche della collaborazione di alessandro romanello. il presente<br />

catalogo, segnato dalla sequenza storico-logica di tre sezioni<br />

(Sella scienziato, Sella statista, Sella linceo), comprende diversi<br />

saggi che toccano più aspetti. la mostra, allestita nella splendida<br />

cornice della Biblioteca dell’accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei<br />

e corsiniana sotto lo sguardo vigile di Sella (il cui busto, opera di<br />

emilio Dies, è stato restaurato per l’occasione e posto in apertura<br />

del percorso espositivo) si è tradotta in un catalogo di straordinaria<br />

efficacia.<br />

purtroppo non potremo intrattenerci, come vorremmo, su tutti<br />

gli scritti, perché questo non si addice ad una premessa. Verso<br />

ogni autore, tuttavia, sentiamo un dovere di riconoscente e convinto<br />

apprezzamento, così come l’abbiamo in particolare verso Maurizio<br />

Sella (il quale pubblica negli atti del convegno un interessante<br />

saggio che ripercorre tutti gli aspetti della personalità di Quintino<br />

Sella, che fu anche imprenditore innovatore) e verso lodovico<br />

Sella, che nel presente catalogo figura con un contributo sulla documentazione<br />

archivistica della Fondazione Sella, determinante ai<br />

fini del successo della mostra. cercheremo allora di dare un profilo<br />

della personalità, degli ideali e dell’opera di Sella rinviando<br />

agli atti del convegno e ai contributi del catalogo.<br />

4. Da ogni saggio emerge che Sella da un lato diede un contributo<br />

forte alla costruzione dell’unità d’italia e dall’altro esprime<br />

paradigmi di perdurante attualità per il progresso istituzionale,<br />

sociale, economico, scientifico e tecnologico dell’italia. nella<br />

relazione di apertura del convegno rosario Villari ha argomentato<br />

che Sella, nella costruzione dello Stato unitario nell’ambito della<br />

Destra storica<br />

ha acquistato e mantiene una permanente attualità storica nella coscienza<br />

civile del nostro paese per la profonda convinzione della necessità di<br />

superare lo squilibrio tra l’italia e le nazioni più sviluppate, per la subordinazione<br />

della fortuna politica personale all’interesse della comunità na-<br />

7


zionale, per la disposizione a verificare alla luce <strong>dei</strong> fatti la validità delle<br />

dottrine, per la novità dell’impegno sulla questione romana e sul rapporto<br />

tra lo Stato e la chiesa, per la concezione universalistica del ruolo di<br />

roma capitale, per il tentativo di collegare la riforma politica alle grandi<br />

tradizioni scientifiche della prima età moderna, per la considerazione<br />

non soltanto repressiva, infine, della emergente questione sociale.<br />

per comodità espositiva diamo un profilo della personalità di<br />

Sella sotto due aspetti: quello di scienziato e quello di statista. la<br />

distinzione è convenzionale in quanto egli fu uno scienziato statista<br />

e uno statista scienziato. talvolta nella sua vita prevaleva un<br />

aspetto sull’altro.<br />

come scienziato statista, dopo la laurea in ingegneria idraulica<br />

a torino nel 1847, si perfezionò in Francia, in germania e in<br />

inghilterra, dove si interessò anche della manifattura. Da qui verrà<br />

la sua attenzione anche alla tecnoscienza e all’economia, nonché la<br />

sua costante apertura europeista. ritornato a torino nel 1852, divenne<br />

docente al regio istituto tecnico e poi professore alla università.<br />

la sua dedizione alla scienza e alle sue applicazioni, dov’egli<br />

diede importanti contributi anche in matematica, mineralogia, cristallografia<br />

(di cui tratta Ferraris nel convegno) fu anche nella politica<br />

della scienza e della tecnica. egli infatti contribuì in vari<br />

modi diretti o indiretti anche alla nascita <strong>dei</strong> due politecnici di torino<br />

e di Milano (si vedano i contributi di Mario alberto chiorino<br />

e andrea Silvestri nel convegno) nonché al riordino della Facoltà<br />

di Scienze a roma (si rinvia agli interventi Mottana e Doglioni<br />

nel convegno). così come suo fu il merito dell’impostazione di un<br />

corpo tecnico statale e della carta geologica d’italia (di cui discutono<br />

giorgio Vittorio Dal piaz e pietro corsi nel convegno). egli<br />

aveva della scienza una visione non settoriale ma generale, ovvero<br />

istituzionale, ritenendo che solo facendo leva sulla stessa l’italia<br />

potesse recuperare rispetto alle altre nazioni europee più avanzate,<br />

come emerge da quasi tutti i saggi prima menzionati.<br />

in definitiva Sella concepì la scienza sia quale strumento di unificazione<br />

e progresso nazionale sia per una politica del territorio e<br />

8


delle risorse (come argomenta Dal piaz) sia verso entità politicoamministrative<br />

circoscritte (come governatore del Friuli: si veda a<br />

riguardo la relazione di Bruno londero presentata al convegno).<br />

Ma è interessante constatare come per Sella l’italia si costruisse<br />

anche con lo sviluppo della lingua italiana, con l’avvicinamento<br />

della lingua scritta a quella parlata intesa come «lingua di tutti»<br />

gli italiani, come argomenta Valeria Della Valle nel contributo<br />

edito nel presente catalogo.<br />

come statista-scienziato, Sella (la cui vita politica iniziò da deputato<br />

al parlamento subalpino nel 1860, dov’egli sedeva accanto<br />

a giuseppe Verdi, ch’ebbe per lui grande stima) divenne cruciale<br />

come Ministro delle Finanze per ben tre volte (marzo - dicembre<br />

1862, settembre 1864 - dicembre 1865, dicembre 1969 - luglio<br />

1873). Fu in quel ruolo che Sella assunse la caratura riconosciuta<br />

dello statista, determinante in quel periodo di enormi sfide e scelte<br />

dello Stato unitario. nel governo dell’economia il suo contributo<br />

al pareggio di bilancio, sia pure raggiunto dopo di lui, fu cruciale<br />

per il consolidamento dello Stato che, pur unificato, a giudizio di<br />

molti, in italia e all’estero, si sarebbe squalificato o disintegrato<br />

sulla finanza. (6) la sua politica fu innovativa e si caratterizzò per<br />

il taglio della spesa corrente e per l’aumento delle entrate senza<br />

penalizzare gli investimenti necessari al nuovo Stato. Questi portarono,<br />

anche a causa degli interessi e fino al 1870, a un aumento<br />

del debito pubblico sul pil, che poi fu ridotto di 15 punti percentuali<br />

già nel 1874.<br />

la sua politica fiscale, che improntò per un secolo il sistema<br />

tributario italiano, si fondò su varie (e talvolta nuove) imposte, tra<br />

le quali quella di ricchezza mobile e quella sul macinato, per la cui<br />

applicazione egli impiegò anche gli ingegneri. tassò anche i titoli<br />

del debito pubblico, allora in gran parte di benestanti. Sella era<br />

ben consapevole della complessità della materia fiscale, tant’è che<br />

in un discorso parlamentare del 1874 sulla riforma alle leggi d’imposta<br />

disse: «Spero anch’io che si ritocchino in guisa che ciascuno<br />

(6) B. Cr o C e, Storia d’Italia, cit., p. 51.<br />

9


abbia le minori noie possibili, e paghi ciò che deve pagare, e ne<br />

abbia vantaggio tanto la giustizia come l’erario […]». (7)<br />

Sella vendette beni demaniali a finalità non pubblica e beni<br />

confiscati all’asse ecclesiastico, dando anche in concessione privata<br />

taluni servizi. riuscì però a finanziare, con selettivo rigore,<br />

investimenti infrastrutturali per la crescita ed ebbe grande attenzione<br />

all’istruzione pubblica del nuovo Stato. la stessa gli fu sempre<br />

presente sino a spingerlo ad assumere l’interim del Ministero<br />

dell’istruzione tra il maggio e l’agosto del 1872, tra le dimissioni<br />

di cesare correnti e la nomina di antonio Scialoja, anch’egli<br />

linceo. in questo egli ebbe una chiara concezione dello sviluppo,<br />

traen do le sue convinzioni dall’essere anche uno scienziato che faceva<br />

del sapere la base dello sviluppo.<br />

Di questi temi, che vanno dalla politica tributaria a quella di<br />

bilancio a quella dello sviluppo economico, trattano con diversa<br />

enfasi nel convegno giovanni Marongiu, antonio pedone, Franco<br />

reviglio, pierluigi ciocca, mentre alessandro roncaglia mostra<br />

come non sia facile collocare Sella nella cultura economica del secondo<br />

ottocento, essendo appunto Sella non un economista ma uno<br />

scienziato statista. infine le sue caratteristiche di scienziato statista<br />

e statista scienziato culminarono con la rifondazione <strong>dei</strong> lincei,<br />

che va vista anche quale conseguenza della sua determinazione<br />

a portare la capitale del regno a roma. il suo grande prestigio<br />

gli consentirà infatti di rifondare nel 1874 e di presiedere fino alla<br />

sua morte, nel 1884, l’accademia <strong>dei</strong> lincei in roma capitale, che<br />

nella scienza doveva trovare un suo forte carattere distintivo. (8)<br />

Su questo tema si intrattiene in particolare tullio gregory, che<br />

nel saggio di apertura del presente catalogo (Quintino Sella, Roma,<br />

l’<strong>Accademia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong>) inizia la sua trattazione muovendo proprio<br />

dal discorso di Sella del 14 marzo 1881, nel quale lo statista scienziato<br />

ricorda un incontro del 1871 con theodor Mommsen, poco<br />

dopo il trasferimento del governo italiano a roma. Scrive Sella:<br />

10<br />

(7) Q. Se l l a, Discorsi parlamentari, V, roma 1890, p. 877 (18 ottobre 1874).<br />

(8) B. Cr o C e, Storia d’Italia, cit., p. 11.


una sera, nel calore della conversazione, dopo parlato di roma antica,<br />

di roma papale, di idealismo, di realismo e di non so quante cose,<br />

il fiero teutonico si alza e mi dice in tono concitato: ma che cosa intendete<br />

di fare a roma? Questo ci inquieta tutti; a roma non si sta senza<br />

avere <strong>dei</strong> propositi cosmopoliti. che cosa intendete di fare? io cercai di<br />

tranquillarlo (e credo che oggi si sarà tranquillato, visto che non abbiamo<br />

neppure la virtù di soffrire un tantino per arrivare a maggiore grandezza).<br />

Ma io gli dissi: sì, un proposito cosmopolita non possiamo non averlo a<br />

roma: quello della scienza. noi dobbiamo renderci conto della posizione<br />

che occupiamo davanti al mondo civile, da che siamo a roma. (9)<br />

Da qui gregory dimostra la determinazione, la coerenza e la concretezza<br />

di Sella per fare di roma la capitale non solo del nuovo<br />

Stato italiano ma anche della scienza e del pensiero moderno, una<br />

volta cessato il potere temporale e teocratico. (10)<br />

non più Ministro, Sella dedicò dunque alla rifondazione <strong>dei</strong><br />

lincei (di cui tratta paoloni nel convegno, anche in rapporto alla<br />

accademia <strong>dei</strong> Xl ed a quella pontificia) il suo ingegno per ricostruire<br />

in roma l’accademia sui principi fissati agli inizi del 1600<br />

da Federico cesi e galileo galilei (si veda il saggio di Marco guardo<br />

nel catalogo). egli volle inoltre che a fianco della classe di<br />

Scienze fisiche, matematiche e naturali dell’accademia <strong>dei</strong> lincei<br />

vi fosse anche la classe di Scienze morali, storiche e filologiche,<br />

denominazione complessa che in parte richiama l’impostazione di<br />

John Stuart Mill e una impostazione induttiva (come argomenta<br />

raffaella Simili nel contributo presentato al convegno) e in parte<br />

richiama la grande cultura umanistica italiana. Della nuova classe<br />

fu presidente, durante il primo decennio di vita dell’accademia,<br />

terenzio Mamiani della rovere, prestigioso letterato, grande figura<br />

del nostro risorgimento, che vedeva nell’istruzione e nella cultura<br />

una componente fondamentale dell’incivilimento.<br />

l’apertura europea ed internazionale di Sella, condivisa da Mamiani,<br />

portò anche all’istituzione presso i lincei della categoria <strong>dei</strong><br />

(9) Q. Se l l a, Discorsi parlamentari, cit., i, roma 1887, p. 292.<br />

(10) Ivi, p. 302.<br />

11


soci stranieri (si veda il già citato contributo della Simili), tra i primi<br />

charles Darwin e theodor Mommsen, verso i quali Sella nutriva<br />

una profonda ammirazione. in tal modo si confermava l’impostazione<br />

cesiana e galileiana.<br />

5. in conclusione. abbiamo sottolineato in questa prefazione<br />

l’impostazione risorgimentale di Quintino Sella per rilevare in particolare<br />

il suo contributo all’unità d’italia nella ricorrenza <strong>dei</strong> 150<br />

anni dell’unità nazionale. Ma l’insegnamento di Sella va oltre e<br />

risuona in questa sua affermazione tratta da un discorso pronunciato<br />

ai lincei nel 1880: «la grandezza e la prosperità d’un paese<br />

è indubbiamente una conseguenza diretta, o come i matematici<br />

direbbero, una funzione del progresso morale, intellettuale ed<br />

economico <strong>dei</strong> cittadini». (11) Questa «funzione» fu allora possibile<br />

perché parte rilevante della classe politica del tempo pose l’interesse<br />

nazionale sopra quello di parte e di partito, coniugando rigore<br />

civile e competenza professionale.<br />

12<br />

al B e rto Qu a d r i o Cu r z i o<br />

(11) Q. Se l l a, Discorso del presidente Quintino Sella (seduta del 19 dicembre<br />

1880), «atti della reale accademia <strong>dei</strong> lincei. transunti», V (1881), p. 39.


note Sulla DocuMentazione archiViStica<br />

Di uno Dei Fautori Della nuoVa italia<br />

nel celebrare i centocinquanta anni dell’unità d’italia l’accademia<br />

nazionale <strong>dei</strong> lincei ha ravvisato in Quintino Sella il restauratore<br />

delle sue sorti (secondo l’espressione di rosario romeo),<br />

lo scienziato acquisito alla politica, da molti ritenuto il principale<br />

uomo di Stato della generazione rinnovatrice dell’italia postunitaria.<br />

il convegno Quintino Sella scienziato e statista per l’Unità<br />

d’Italia e la mostra Quintino Sella Linceo del dicembre 2011 a<br />

roma hanno dato occasione alla Fondazione Sella di esporre nella<br />

Biblioteca accademica una parte cospicua della documentazione<br />

utile a evidenziare la tensione ideale, il percorso e le circostanze<br />

che condussero alla rinascita dell’accademia, divenuta con la<br />

presidenza Sella punto d’incontro cosmopolita in un’epoca di eccezionale<br />

sviluppo culturale, scientifico ed economico.<br />

a Sella non mancarono consensi pubblici e privati come pure<br />

attacchi ed opposizioni fortissimi, seppur attenuati nelle caricature<br />

del tempo, che lo raffigurano erto su simbolici scarponi da montanaro.<br />

egli fu autore di opere scientifiche, storiche, politiche, finanziarie<br />

ed economiche, molte delle quali tradotte in diverse lingue.<br />

poco dopo la sua scomparsa furono dati alle stampe, in 5<br />

volumi, i Discorsi Parlamentari di Quintino Sella raccolti e pubblicati<br />

per deliberazione della Camera <strong>dei</strong> Deputati e la biografia<br />

di alessandro guiccioli, segno di una stima affettuosa. Seguirono<br />

saggi di eminenti studiosi e altri scritti, editi nel 1927 in occasione<br />

del centenario della nascita. nel 1984, per il centenario della morte,<br />

Biella gli dedicò un’esaustiva mostra documentaria corredata<br />

13


da un catalogo; torino, a palazzo carignano, promosse un convegno<br />

nazionale di Studi, al quale seguì la pubblicazione degli atti;<br />

roma, infine, una giornata lincea con interventi di germano rigault<br />

su La figura scientifica di Quintino Sella e di rosario romeo<br />

su Quintino Sella uomo di Stato. nel 1980, nella collana storica<br />

dell’istituto della Storia del risorgimento italiano, fu stampato<br />

il primo volume (a cura di guido e Marisa Quazza) dell’Epistolario<br />

di Quintino Sella, oggi giunto all’ottavo, opera insigne per la<br />

consistenza numerica delle testimonianze epistolari contenute e per<br />

l’ampiezza e il rigore dell’apparato di note. le ricerche sottese per<br />

anni allo studio dell’epistolario resero possibile a guido Quazza<br />

un ulteriore, significativo, contributo: L’Utopia di Quintino Sella.<br />

La politica della scienza, volume edito nel 1992 dal comitato di<br />

torino dell’istituto per la Storia del risorgimento italiano e caratterizzato<br />

da un approfondito esame della formazione della personalità<br />

e dell’opera di Sella.<br />

la sua memoria fu onorata altresì da cospicue vestigia monumentali:<br />

Biella, torino, iglesias e roma innalzarono al grande statista<br />

monumenti commemorativi, così come gli furono dedicati numerosi<br />

busti e lapidi.<br />

inaugurata dal presidente della repubblica giorgio napolitano,<br />

la mostra lincea del 2011 ha riconsiderato con ampia prospettiva<br />

storica gli anni trascorsi dall’unità del nostro paese, avvalendosi<br />

di una cospicua messe di documenti originali, principalmente<br />

conservata presso la Fondazione Sella a Biella e la Biblioteca e<br />

l’archivio dell’accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei.<br />

per quanto attiene al corpus delle carte di Sella mette conto rilevare<br />

che esse sono custodite dalla Fondazione Sella accanto ad<br />

altri documenti aviti, risalenti a un lontano passato, chiara testimonianza<br />

del valore ad essi ascritto: Sella stesso, infatti, si era premurato<br />

di riporre nell’archivio di famiglia i suoi diplomi di nomina<br />

e di benemerenza. Si può supporre che ciò rispondesse a un’inclinazione<br />

propiziata sin dagli anni della giovinezza: da ragazzo,<br />

infatti, egli ebbe modo di occuparsi dell’archivio familiare, svolgendo<br />

uno <strong>dei</strong> primi incarichi di norma richiesti da una famiglia<br />

14


di imprenditori tessili. tale consuetudine, irrobustita dall’habitus<br />

scientifico acquisito durante gli studi e dall’ausilio della statistica,<br />

sarà destinata a tradursi in un metodo di fondamentale importanza<br />

per conoscere, progettare e, infine, agire. giova menzionare<br />

alcune serie delle sue carte, oltre a quelle «personali e di studio».<br />

citiamo a titolo di esempio: «carteggio» (ventisettemila lettere ricevute<br />

da ben cinquemilacinquecento corrispondenti, ordinate alfabeticamente);<br />

«attività scientifica»; «attività politica»; «Ministero<br />

rattazzi, 1862»; «Ministero la Marmora, 1864-1865»; «commissario<br />

Straordinario del re, udine 1866»; «Ministero lanza-Sella,<br />

1869-1873»; «casse postali di risparmio, 1870-1875» (queste<br />

ultime in un volume rilegato e corredato da un indice di suo pugno);<br />

«accademia <strong>dei</strong> lincei»; infine «originario», eloquente definizione<br />

che si riferisce a una raccolta di documenti medievali di<br />

comuni biellesi e non solo, che Sella custodiva nel suo studio per<br />

le ricerche in campo storico. l’insieme è cospicuo e conta circa<br />

duecento faldoni.<br />

una così vasta silloge di documenti consente di individuare il<br />

filo conduttore per conoscere gli ideali che ispirarono Sella nel corso<br />

di tutta la vita. un’indicazione preziosa può trarsi, ad esempio,<br />

dal Diario parigino del 1848, nel quale leggiamo: «il mio scopo,<br />

salvo le eccezioni straordinarie, è ora ben fisso davanti a me, ed è<br />

quello di cercare in ogni modo di formare la mia educazione prima<br />

per riescire atto alla specialità a cui mi sono dedicato, e quindi<br />

per poter servire al bene dell’italia dedicandomi all’insegnamento.<br />

infatti il miglior modo di far risorgere l’italia, e di renderla virtuosa<br />

e grande è senza dubbio quello di educare bene i figli».<br />

la sua opera di scienziato, inoltre, emerge assai chiaramente<br />

dagli appunti, ricchi di disegni di cristalli, contenuti nelle Note di<br />

mineralogia e litologia, vergate in una grafia fitta e minuta durante<br />

il corso seguito all’École des Mines di parigi. in una lettera alla<br />

madre del dicembre 1851 leggiamo: «una passione sola mi cagiona<br />

talvolta qualche conforto, è quella delle pietre. ho qua occasione<br />

di studiare delle bellissime pietre, e ciò mi fa passare qualche<br />

ora felice. non avrei mai creduto che lo studio della natura fos-<br />

15


se così allettevole». riguardo al fondatore del club alpino commuove<br />

ancora oggi il taccuino di appunti, nel quale il testo che descrive<br />

le escursioni, vergato a lapis, è giustapposto al disegno del<br />

profilo <strong>dei</strong> monti.<br />

l’uomo di industria, d’altra parte, è ben rappresentato dal taccuino<br />

Patrimonio di Quintino Sella e Clotilde Rey sua moglie, nel<br />

quale egli annota anno per anno la variazione dell’ammontare del<br />

patrimonio di famiglia dal 1846 al 1881. all’indicazione delle cifre<br />

si affiancano annotazioni puntuali e talora toccanti, stese, ad esempio,<br />

in occasione della morte di suoi cari (il padre, la madre, il fratello)<br />

o della donazione ai figli di quote del lanificio di famiglia.<br />

una indagine analoga può essere condotta attraverso l’esame<br />

<strong>dei</strong> suoi libri. anche in questo caso occorre prendere le mosse dalla<br />

biblioteca di famiglia, della quale rimangono elenchi, divisi nelle<br />

classificazioni bibliografiche proprie dell’epoca che precedette<br />

gli anni di Sella: sono circa seicento le opere di «Botanica», pubblicate<br />

tra il 1750 e il 1850; duemila le opere di «Medicina», comprendenti<br />

le scienze mediche, naturali e fisiche; tremilacinquecento<br />

le opere alla voce «letteratura», che annoverano i classici latini e<br />

greci, Dante e la letteratura moderna, i viaggi, le scoperte geografiche,<br />

la geografia universale, la storia, la religione, l’arte, la musica.<br />

grazie alla donazione, disposta da Sella e dal fratello giuseppe<br />

Venanzio, i volumi di questa biblioteca contribuirono a formare<br />

negli anni Settanta del XiX secolo il primo nucleo della Biblioteca<br />

civica di Biella. il catalogo della biblioteca personale di Sella non<br />

è pervenuto, tuttavia possiamo congetturarne il contenuto tramite i<br />

libri giunti sino a noi, come ad esempio i quaranta tomi della Biblioteca<br />

dell’Economista, pubblicata da pomba a torino dal 1854,<br />

e la raccolta <strong>dei</strong> Bullettini del Club Alpino (dal 1864), insieme alle<br />

prime annate della Rivista Alpina Italiana (dal 1875), che Sella<br />

ebbe la gioia di vedere. il genere delle letture consigliate dall’illustre<br />

statista emerge poi con chiarezza dai libri donati alla Società<br />

operaia di Mutuo Soccorso di tollegno nel Biellese: essi appartenevano<br />

tutti alla Raccolta di letture scientifiche popolari in Italia.<br />

La scienza del popolo, edita da treves a Milano.<br />

16


non possiamo inoltre trascurare i volumi conservati nella sua<br />

casa natale alla Sella di Mosso e appartenuti a sacerdoti di famiglia,<br />

dalle cinquecentine di contenuto religioso alle opere di stampo<br />

giansenista: sia l’episodio della lettura dell’Imitazione di Cristo<br />

(summa di etica cristiana leggibile anche in chiave laica), fatta<br />

al fratello giuseppe Venanzio in fin di vita, sia gli accenni a questioni<br />

religiose e morali, testimoniate negli scritti e nei discorsi,<br />

attestano il profondo rilievo di quel fondo librario.<br />

Spicca in modo assai significativo, anche sotto il profilo metodologico,<br />

la Miscellanea di opuscoli e manoscritti a cura di Sella<br />

e oggi custodita presso la Biblioteca civica di Biella: seicentosessanta<br />

corposi volumi (inerenti a sezioni dello scibile umano da<br />

lui stesso ideate), contenenti opuscoli e manoscritti, talora impreziositi<br />

da annotazioni autografe. essi danno origine a una raccolta<br />

concepita quale strumento essenziale per approfondire ricerche e<br />

progetti volti al consolidamento e al progresso dell’italia nei primi<br />

anni dell’unità.<br />

Da questo pur breve contributo emerge durante la vita di Sella<br />

una sostanziale coerenza tesa allo scopo prefissato sin dalla giovinezza,<br />

come quando, neo direttore del gabinetto di Mineralogia<br />

dell’istituto tecnico di torino, egli ricevette l’incarico di riordinarne<br />

la collezione di minerali: in quell’occasione, infatti, Sella non<br />

mancò di incrementarla con il dono della sua collezione personale<br />

di più di settemila esemplari, in modo da potenziarne la fruibilità.<br />

un eguale sentire condusse altresì all’acquisizione del manoscritto<br />

del Codex Astensis detto di Malabayla dall’imperatore d’austria,<br />

a Vienna, che Sella stesso pubblicò negli «atti della reale accademia<br />

<strong>dei</strong> lincei». Successivamente egli donava il prezioso volume<br />

ad asti, a testimonianza della ricca storia medievale di quella<br />

città, dimostrando in tal modo di non essere mosso dalla passione<br />

del collezionista bensì dal desiderio di diffondere maggiormente<br />

tali antiche memorie.<br />

in considerazione di tutto ciò, la mostra Quintino Sella Linceo<br />

ha inteso porre in luce le più significative tappe della sua vita e<br />

illustrare l’opera svolta per unire gli italiani in una coscienza na-<br />

17


zionale. a tale scopo nei suoi ultimi anni Sella farà assurgere al<br />

ruolo di coordinatore la reale accademia <strong>dei</strong> lincei, palestra di<br />

confronto tra i migliori ingegni dell’epoca in quella roma capitale<br />

d’italia, modello ideale di un passato comune.<br />

18<br />

lo d o v i C o Se l l a


Quintino Sella,<br />

roMa, l’accaDeMia Dei lincei<br />

in un memorabile discorso come relatore del disegno di legge<br />

per il concorso dello Stato nelle opere edilizie in roma, il 14 marzo<br />

1881, Quintino Sella ebbe a ricordare di un suo incontro con il<br />

grande storico theodor Mommsen del 1871, «poco dopo l’effettiva<br />

venuta del governo italiano a roma:<br />

una sera, nel calore della conversazione, dopo parlato di roma antica,<br />

di roma papale, di idealismo, di realismo e di non so quante cose, il fiero<br />

teutonico si alza e mi dice in tono concitato: ma che cosa intendete di<br />

fare a roma? Questo ci inquieta tutti; a roma non si sta senza avere <strong>dei</strong><br />

propositi cosmopoliti. che cosa intendete di fare? io cercai di tranquillarlo<br />

(e credo che oggi si sarà tranquillato, visto che non abbiamo neppure<br />

la virtù di soffrire un tantino per arrivare a maggiore grandezza).<br />

Ma io gli dissi: sì, un proposito cosmopolita non possiamo non averlo a<br />

roma: quello della scienza. noi dobbiamo renderci conto della posizione<br />

che occupiamo davanti al mondo civile, da che siamo a roma. (1)<br />

roma, restituita all’italia unita, capitale della scienza: promuovere<br />

la ricerca, confrontarsi con le altre nazioni sul piano del pensiero<br />

e del progresso scientifico; questa la missione della terza<br />

roma. l’idea di roma, che aveva animato i sogni e l’azione di<br />

mazziniani e garibaldini, di giobertiani e moderati, si concretizza<br />

per Sella in una roma come capitale del pensiero moderno, realizzando<br />

gli ideali di una cultura laica e positiva, unica alternativa<br />

alla roma <strong>dei</strong> papi, una volta messo fine non solo al potere tem-<br />

(1) Q. Se l l a, Discorsi parlamentari, i, roma 1887, p. 292.<br />

19


porale, ma alla «teocrazia papale», all’«imposizione della fede con<br />

la spada». (2)<br />

È noto come Sella fosse uno degli uomini politici della destra<br />

più fermi nel richiedere, dopo il 20 settembre, l’immediato<br />

trasferimento a roma della capitale, con il governo, il parlamento,<br />

la monarchia. contro quanti, anche alla camera, sostenevano<br />

che «l’idea di roma è un concetto rettorico, da antiquari istillato<br />

in menti puerili», (3) la posizione di Sella è fermissima:<br />

o signori io vi devo confessare […] che nella debole mia mente la questione<br />

di roma capitale, sin dai primi tempi in cui ebbi facoltà di pensare<br />

ai casi nostri, mi si è sempre affacciata in questi precisi termini: ‘o<br />

l’unità d’italia sarebbe riuscita ad uccidere il potere temporale, o il potere<br />

temporale avrebbe distrutta l’unità d’italia’ […] io inoltre non ho<br />

mai capito come si potesse ritenere abolito il potere temporale, qual’ora<br />

roma non fosse la capitale civile d’italia.<br />

così nel discorso pronunziato in Senato il 24 gennaio 1871,<br />

discutendo il disegno di legge per il trasferimento della sede del<br />

governo in roma. (4)<br />

tale trasferimento è strettamente connesso alla questione romana,<br />

al rapporto della nuova italia con la curia e il pontefice, che,<br />

come è noto, con l’enciclica Respicientes ea omnia (1 novembre<br />

1870), aveva scomunicato il re e quanti con lui avevano voluto e<br />

attuato l’occupazione, ovvero «la sacrilega spogliazione» di roma<br />

e la sua annessione all’italia: (5) se tale questione doveva trovare<br />

per Sella la sua soluzione nella legge delle guarentigie, della quale<br />

era deciso sostenitore, anche a costo di subire l’accusa di essere<br />

troppo debole e generoso nei confronti del papato, il problema di<br />

roma capitale si poneva per lui in termini diversi e più ampi. una<br />

volta assicurate alla chiesa cattolica la sua autonomia e la sua li-<br />

(2) Ivi, p. 302.<br />

(3) Ivi, p. 208.<br />

(4) Ivi, pp. 208-209.<br />

(5) Pio iX, Respicientes ea omnia, trad. it. in Tutte le encicliche <strong>dei</strong> Sommi Pontefici,<br />

Milano 1940, pp. 348-351.<br />

20


ertà nell’esercizio della sua missione spirituale, non essendo più<br />

roma la capitale dello Stato pontificio, essa doveva assumere una<br />

missione nuova, facendosi interprete e maestra del pensiero scientifico,<br />

contrassegno della modernità: al cosmopolitismo della religione<br />

cattolica doveva sostituirsi il cosmopolitismo della scienza<br />

positiva. compito della terza roma era assicurare all’italia quel<br />

primato europeo che aveva conquistato nell’età del rinascimento e<br />

della rivoluzione scientifica, riprendere la strada aperta da galilei,<br />

interrotta per la «violenza clericale» che ha «atrofizzato lo sviluppo<br />

scientifico». (6) era necessario fare di roma il «cervello» della<br />

nuova italia. tutte le strutture di ricerca andavano rinnovate nella<br />

capitale del regno. Significativo già il suo impegno, come ministro<br />

ad interim della pubblica istruzione, per assicurare adeguati<br />

laboratori scientifici all’università di roma. Discutendo il bilancio<br />

della pubblica istruzione il 9 giugno 1872, sottolineava come<br />

le scienze sperimentali, per essere vantaggiosamente insegnate, debbano<br />

essere munite di grandi laboratorii dove i giovani possano accorrere<br />

in parecchi e starci gran tempo per impratichirsi e acquisire tutte le cognizioni<br />

che occorrono per seguitare fortemente i loro studi; (7) mi pare<br />

che tutti gli italiani devono capire – insisterà nel discorso del 18 giugno<br />

1872 – come si abbia una ragione suprema di fare dell’università di<br />

roma qualche cosa di molto elevato, di splendido e speciale […]. credo<br />

però che ogni uomo, il quale pensi alle condizioni attuali di roma,<br />

sentirà che qui deve essere un centro scientifico di luce, una università<br />

principalissima, informata soprattutto ai principii delle osservazioni sperimentali<br />

che sono sempre imparziali e senza idee preconcette. ora questi<br />

principii si insegnano soltanto laddove sono i necessari laboratorii di<br />

chimica, di fisica e fisiologia. (8)<br />

era un momento di grande sviluppo, in europa, delle scienze<br />

pure e applicate, con prestigiosi centri di ricerca soprattutto in<br />

Francia, in inghilterra e in germania, al cui modello si volgevano<br />

molti uomini di cultura e politici italiani. era il trionfo della filoso-<br />

(6) Q. Se l l a, Dell’<strong>Accademia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong>, Bologna 1879, p. 15.<br />

(7) Q. Se l l a, Discorsi parlamentari, cit., p. 82.<br />

(8) Ivi, p. 220.<br />

21


fia positiva legata al metodo sperimentale che sembrava assicurare<br />

progressi infiniti e si presentava come essenziale per l’incivilimento<br />

delle nazioni. il metodo positivo si configurava altresì capace di<br />

unificare tutte le scienze, dalla geologia alla fisiologia, dalla chimica<br />

alla psicologia, dalla linguistica alla storiografia, dall’antropologia<br />

alla sociologia. il fascino <strong>dei</strong> successi e delle promesse della<br />

filosofia positiva ispira la politica culturale di Sella e la sua idea<br />

di roma come città della scienza capace, per il suo cosmopolitismo,<br />

di gareggiare con la città <strong>dei</strong> papi. tornando sull’argomento,<br />

il 21 giugno 1876, diceva:<br />

io credo che il migliore contrapposto al papato sia proprio la scienza<br />

come scienza. roma, signori è un gran nome, un nome terribile, noblesse<br />

oblige; in roma vi è un formidabile retaggio di nobiltà, io non so esprimere<br />

quello che sento in me davanti a questo nome […] non è soltanto<br />

per portarvi <strong>dei</strong> travet che siam venuti in roma, signori. (9)<br />

in questa prospettiva, ove le scienze sono indicate come il motore<br />

dello sviluppo civile ed economico del paese, si configurava<br />

il ruolo che doveva assumere l’accademia <strong>dei</strong> lincei. Diventatone<br />

socio corrispondente nel 1870, ordinario nel 1872, ne fu eletto<br />

presidente nel 1874, appena lasciati gli incarichi di governo,<br />

e a lui si deve la rinascita dell’accademia, che lungo l’ottocento<br />

aveva avuto alterne vicende sotto il regime pontificio, legata<br />

com’era all’ambiente romano – culturalmente periferico – e limitata<br />

alle sole discipline scientifiche. in un banchetto offerto il 22<br />

marzo 1874 alla presenza del presidente del consiglio Minghetti<br />

e di altri esponenti del governo e del parlamento, Sella deli nea va<br />

con estrema chiarezza la sua idea <strong>dei</strong> lincei, della loro missione<br />

nella nuova italia e ne proponeva una riforma che è ancora oggi<br />

alla base della nostra accademia. Questi i punti nodali: il carattere<br />

non più locale, romano, ma nazionale dell’accademia, la sua<br />

estensione alle scienze morali, storiche, filologiche, escluse dagli<br />

statuti pontifici, infine il carattere cosmopolita dell’accademia<br />

22<br />

(9) Ivi, pp. 229-230.


con l’elezione di soci stranieri equiparati nei lori diritti ai nazionali.<br />

libera dai compiti pratici, formativi e didattici delle università,<br />

l’accademia <strong>dei</strong> lincei sembra incarnare per Sella gli ideali<br />

di una città della scienza, centro propulsore della ricerca e baluardo<br />

laico della nuova filosofia positiva, assicurando a roma il suo<br />

posto nel consorzio internazionale. condizione prima era l’estensione<br />

dell’accademia a tutto l’universo delle scienze, riprendendo<br />

quelle che erano le iniziali prospettive di Federico cesi, fondando<br />

i lincei agli inizi del Seicento e che di recente erano state riproposte<br />

da terenzio Mamiani.<br />

può l’accademia delle scienze di roma, della capitale del regno, essere<br />

circoscritta alle scienze fisiche, matematiche e naturali? […] puossi<br />

dubitare dell’opportunità delle accademie di scienze morali e politiche?<br />

Forse il dubbio reggerebbe presso chi non credesse che il metodo seguito<br />

anche in queste scienze non si andasse ognor più accostando a quel<br />

metodo di osservazione e di induzione che fece la fortuna delle scienze<br />

naturali. Quante scienze morali e politiche non procedono oggi come le<br />

naturali? Quanta analogia nel modo d’indagine fra gli geologi e gli archeologi,<br />

fra i filologi e i botanici o zoologi? (10)<br />

ove andrà sottolineata l’ampia concezione prospettata da Sella<br />

del sapere scientifico, inteso anzitutto come metodo unificante<br />

le varie discipline, «metodo d’osservazione e di induzione», rifiutando<br />

quindi ogni contrapposizione fra scienze della natura e<br />

scienze dello spirito: «quante scienze <strong>dei</strong> due campi che sembravano<br />

separate da abissi, ed ora con il progredire delle osservazioni,<br />

si congiungono con saldi anelli?».<br />

Sono temi cari alla filosofia positivistica di quegli anni che<br />

contribuì, in italia, a far uscire la nostra cultura dalle fumose metafisiche<br />

di tanti pii predicatori, legando anche le discipline storiche,<br />

filologiche, politiche a un metodo di ricerca attento al particolare<br />

concreto, alle condizioni reali, alle varianti linguistiche e<br />

testuali. Del nuovo indirizzo positivo fu manifesto e quasi iniziato-<br />

(10) cfr. «atti della r. accademia <strong>dei</strong> lincei», s. 2a, ii (1871-1875), pp. X v i i i-<br />

X X; ivi, p. X X, il testo che segue.<br />

23


e da noi il saggio su La filosofia positiva e il metodo storico pubblicato<br />

da pasquale Villari sul «politecnico» nel gennaio 1866. Si<br />

definiva un positivismo metodologico assai fecondo, fuori da sistematiche<br />

costruzioni speculative: un metodo di ricerca analogo<br />

al metodo sperimentale galileiano, impegnato a cogliere le idee,<br />

scriveva Villari, come qualche cosa di concreto e di vivente, in un<br />

«mondo sensibile, reale, che voi potete osservare, studiare, esaminare,<br />

classificare, come fate di tutte le opere della natura»; (11) è<br />

uno studio «del mondo ideale che diventa reale», collocando «l’uomo<br />

[…] nella storia». il metodo sperimentale si configurava così<br />

come metodo storico:<br />

il positivismo […] si riduce all’applicazione del metodo storico alle<br />

scienze morali, dando ad esso l’importanza medesima che ha il metodo<br />

sperimentale nelle scienze naturali. (12) la filosofia positiva rinunzia, per<br />

ora, alla conoscenza assoluta dell’uomo, anzi a tutte le conoscenze assolute,<br />

senza però negare l’esistenza di ciò che ignora e ne studia solo<br />

i fatti e le leggi sociali e morali. il positivismo è un metodo, che vuol<br />

condurci a studiare i fatti, a trovare le relazioni che passano fra il nostro<br />

spirito e la società umana;<br />

si compie così nelle scienze umane una nuova rivoluzione galileiana,<br />

unendole strettamente alle scienze naturali: nasce «la scienza<br />

dell’uomo e delle sue idee». (13) Di qui un nuovo senso della storia,<br />

una nuova metodologia che si impone alle ricerche filologiche<br />

e linguistiche, alla storia <strong>dei</strong> popoli e delle arti.<br />

È una tematica che si ritrova anche fuori dalle più definite posizioni<br />

positivistiche per la sensazione diffusa che lo spirito positivo<br />

– anima del progresso delle scienze – è come l’espressione e<br />

la conquista della modernità. così l’economista angelo Messedaglia,<br />

amico di Sella e fra i primi soci lincei nella classe di scienze<br />

morali, nella sua prolusione all’università di padova del 1873,<br />

(11) P. vi l l a r i, La filosofia positiva e il metodo storico (1866), in <strong>Saggi</strong> di storia,<br />

di critica e di politica, Firenze 1868, p. 21.<br />

(12) Ivi, pp. 28-29.<br />

(13) Ivi, pp. 31-33.<br />

24


pubblicata l’anno seguente, Della scienza nell’età nostra, ossia <strong>dei</strong><br />

caratteri e dell’efficacia dell’odierna cultura scientifica, insisteva<br />

con forza sui fecondi progressi del metodo positivo nelle discipline<br />

storiche, dall’architettura alla linguistica, dalla filologia alla storia,<br />

indicando altresì nella scienza «la molla maestra di ogni civile progresso».<br />

(14) temi che tornano anche in uomini di altra cultura filosofica,<br />

come Francesco De Sanctis, che era stato maestro di Villari;<br />

discorrendo nel 1877 del realismo moderno scriveva:<br />

il nostro è un realismo scientifico, succeduto agli idealismi ideologici e<br />

metafisici, da’ quali si è scarcerato motteggiando il pensiero più adulto.<br />

il secolo decimonono cominciò con la risurrezione dell’ideale da quella<br />

fossa dove lo tenevano chiuso materialismo e scetticismo […]. l’ideale<br />

ha la stessa vita dell’umanità, e non muore se non con essa. non c’è<br />

di mutato se non questo, che oggi non viene dal prete, e non dal filosofo,<br />

viene dalla scienza;<br />

la scienza, dirà in Senato, è «il cammino stesso del pensiero umano».<br />

(15) Di qui anche la funzione politica della «scienza fondata<br />

sull’osservazione e sul reale» come forza di progresso, capace di<br />

determinare grandi eventi storici; in apertura dell’anno accademico<br />

del 1872-73 nell’ateneo napoletano De Sanctis poteva affermare:<br />

«la scienza ha prodotto presso di noi due grandi cose, l’unità della<br />

patria e la libertà. Dico la scienza, perché è lei che ha scosso le<br />

alte cime della società, e le ha messe in movimento, tirandosi appresso<br />

e galvanizzando la restante materia». (16)<br />

la scienza, la storia come progresso della ragione nell’assidua<br />

opera di ricerca sperimentale, ove ciascuno porta il proprio contributo<br />

per costruire un sapere positivo che rifiuta ogni tentazione<br />

metafisica («per combattere la metafisica, non si diventi meno<br />

(14) testo citato da C. di o n i S o t t i, Ricordo di Quintino Sella (1985), ora in Appunti<br />

sui moderni, Bologna 1988, p. 386.<br />

(15) F. de Sa n C t i S, Il realismo moderno (1877), in I partiti e l’educazione della<br />

nuova Italia, a cura di n. cortese, torino 1970, pp. 157-158; Il Consiglio Superiore<br />

della Pubblica Istruzione (1880), ivi, p. 339.<br />

(16) F. de Sa n C t i S, La scienza e la vita (1872), in L’arte, la scienza e la vita, a<br />

cura di M. t. lanza, torino 1982, p. 333.<br />

25


metafisici di quelli i quali si vogliono oppugnare») e che costituisce<br />

un bene supremo: «la lotta, scrive Sella, contro l’ignoto colle<br />

armi della osservazione e della deduzione sia scopo costante degli<br />

studiosi». (17)<br />

Di qui la necessità di un’accademia nazionale delle Scienze<br />

(nel linguaggio di Sella spesso questo sintagma prevale sui lincei)<br />

che mobiliti «un vero esercito di studiosi», ne promuova e diffonda<br />

i lavori, li renda noti al mondo intero; solo questo garantisce il<br />

«progresso del sapere». rivolto agli uomini di governo e ai parlamentari<br />

che l’ascoltavano, «i quali militano a prò della scienza<br />

non meno che della patria», concludeva perentorio:<br />

non ci può essere dissenso intorno all’opportunità di un sodalizio scientifico<br />

completo nella capitale del regno, intorno all’utilità di eccitare,<br />

di far vibrare le intelligenze italiane […]. l’uomo politico sarà, io credo,<br />

facilmente d’accordo collo scienziato, giacché niuno di noi teme la<br />

libertà»; «avanti adunque nella scienza, ora che le grandi questioni politiche<br />

sono risolute, a ciò il gelo dell’immobilità, della morte non ci<br />

ricolga. (18)<br />

esortazione che non ha perduto la sua attualità.<br />

emanato il nuovo Statuto dell’accademia (1875), ampliato il<br />

numero <strong>dei</strong> soci, costituita la classe delle scienze morali, chiamati<br />

i più eminenti studiosi italiani e stranieri, infittito il ritmo delle<br />

pubblicazioni, Sella si batte costantemente per un progressivo aumento<br />

del bilancio dell’accademia trovando, malgrado i tempi difficili,<br />

larghi appoggi nella classe politica sia della destra che della<br />

sinistra. Sella s’impegnerà anche sul problema della sede, allora ancora<br />

in modesti spazi, già concessi dal governo pontificio in campidoglio.<br />

contemporaneamente si trova a dover respingere, in parlamento<br />

e fuori, le accuse di centralismo, di prepotenza nel volere<br />

accentrare a roma gli investimenti per grandi e nuove strutture di<br />

ricerca e per un’accademia nazionale. a chi gli farà notare che nel<br />

26<br />

(17) Q. Se l l a, «atti della r. accademia <strong>dei</strong> lincei», cit., p. X i X.<br />

(18) Ivi, pp. X v i i i, X X i.


difendere gli stanziamenti per la scuola, l’università, l’accademia,<br />

sembrava dimenticato il ministro delle finanze, grande e rigoroso<br />

risparmiatore, Sella rispondeva che in questo caso era in gioco la<br />

missione dell’italia nel mondo e che gli investimenti di volta in<br />

volta richiesti erano ancora insufficienti per dotare il paese di moderne<br />

strutture scolastiche e di ricerca. evidentemente non si era<br />

ancora scoperta la teoria <strong>dei</strong> tagli lineari!<br />

in polemica con quanti, spesso per difendere interessi localistici,<br />

non vedevano con favore l’aumentato prestigio dell’accademia<br />

<strong>dei</strong> lincei, il suo riconoscimento di accademia nazionale,<br />

l’appoggio ottenuto dai vari governi, Sella tenne a Bologna, presso<br />

l’associazione costituzionale delle romagne, il 30 marzo 1879,<br />

un discorso che costituisce come il manifesto della sua politica<br />

culturale. ancora una volta sono l’italia e roma, la loro missione<br />

che giustifica, anzi impone, la creazione di un luogo ove i risultati<br />

delle più avanzate ricerche trovassero spazio, una libera discussione,<br />

una pronta pubblicazione e diffusione. Questo luogo è<br />

l’accademia <strong>dei</strong> lincei:<br />

desideriamo stimolare l’alto movimento scientifico in italia in guisa di<br />

portarlo all’altezza che si addice alla grandezza della patria nostra, e<br />

dell’ingegno <strong>dei</strong> suoi abitanti. una ragione particolare vi fu perché si<br />

desiderasse in roma un grande istituto scientifico, e tutti ne apprezzassero<br />

certamente la importanza. Davanti al Vaticano doveva la società<br />

civile e liberale star contenta a contrapporre nulla più che un insegnamento<br />

in molta parte professionale quale oggi quello delle università italiane<br />

o doveva anche aprire una palestra nella quale si agitassero le più<br />

alte questioni in ogni campo dello scibile umano?». «in roma – insiste<br />

– hanno sede il governo e il parlamento. giova ad essi, giova al paese,<br />

giova alla scienza, giova agli scienziati che vi siano aule nelle quali<br />

raccogliendosi le più recenti pubblicazioni scientifiche e radunandosi<br />

gli scienziati a dare conto delle loro scoperte, si crei e si costituisca nella<br />

capitale del regno un ambiente di alta scienza il quale abbia sull’ambiente<br />

politico, legislativo e amministrativo quella parte d’azione che<br />

meritatamente gli spetta. (19)<br />

(19) Q. Se l l a, Dell’<strong>Accademia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong>, cit., pp. 2-3.<br />

27


Si profila così quello che sarà un tema centrale del piano per<br />

gli investimenti edilizi nella capitale con il contributo dello Stato:<br />

«l’accademia <strong>dei</strong> lincei ha ora una sede anche troppo gloriosa,<br />

giacché può datare i suoi atti ex aedibus capitolinis, ma talmente<br />

esigua da essere ormai impossibile. noi facciamo perciò vive e ripetute<br />

istanze, a ciò anche roma abbia il suo palazzo dell’accademia<br />

delle scienze come lo hanno le metropoli delle nazioni civili».<br />

(20)<br />

la discussione del disegno di legge (1881) per il concorso dello<br />

Stato nelle opere edilizie e di ampliamento della capitale (presentato<br />

da agostino Depretis come ministro degli interni) permetterà<br />

a Sella, che ne era relatore, di diffondersi a lungo sull’accademia<br />

<strong>dei</strong> lincei e sulle altre infrastrutture scientifiche e culturali assolutamente<br />

necessarie per rispondere ai doveri dell’italia di fronte<br />

al mondo contemporaneo. proprio questo interessa qui sottoli neare,<br />

al di là <strong>dei</strong> limiti – messi in evidenza da storici dell’urbanistica<br />

e dell’architettura – di quella legge speciale per roma e del<br />

piano regolatore che ne seguì nel 1883: la riconosciuta priorità di<br />

un’edilizia destinata ad attività di ricerca e di cultura – il palazzo<br />

delle Scienze come il palazzo di belle arti – nella prospettiva<br />

di una politica che non fu solo di Sella ma di tutta una classe politica<br />

laica – di destra e di sinistra – che di roma voleva fare una<br />

capitale non solo amministrativa ma culturale, aperta alle grandi<br />

esperienze europee.<br />

la relazione di Sella e il discorso con il quale egli chiude l’amplissimo<br />

dibattito sono di eccezionale importanza per la loro ampiezza,<br />

per la gamma di problemi affrontati, e ci riporta ai tempi<br />

nei quali i lavori parlamentari erano una palestra di grandi personalità<br />

della cultura e della politica, toccando temi che in tempi a<br />

noi più vicini sembrerebbero eco di una lontana utopia, forse di<br />

un’ideale repubblica di platone.<br />

Sella difende con forza la necessità di un intervento dello Stato<br />

per avviare a soluzione i problemi urbanistici e edilizi in una città<br />

28<br />

(20) Ivi, p. 9.


arretrata, quasi dimentica del suo passato, senza attività industriali<br />

né commerciali di rilievo, con una classe impiegatizia modesta e<br />

una piccola borghesia provinciale, un’aristocrazia nera aggrappata<br />

alla curia, un clero burocraticamente scettico. ancora nel 1895<br />

carducci – che a roma era circondato di ogni attenzione, con proposte<br />

e incarichi importanti – dava un quadro forse troppo duro,<br />

ma significativo:<br />

una borghesia di affittacamere, di coronari, di antiquari, che vendono tutto,<br />

coscienza, santità, erudizione, reliquie di martiri, false reliquie di Scipioni,<br />

e donne vere; un ceto di monsignori e abati in mantelline e fogge<br />

di più colori, che anch’esso compra e vende e vive di tutto; un’aristocrazia<br />

di guardiaportoni; una società che in alto e in basso, nel sacro<br />

e nel profano, nel tempio e nel tribunale, nella famiglia e nella scuola<br />

vive […] come la più impudicamente scettica, la più squisitamente immorale,<br />

la più serenamente incredula e insensibile a tutto che di sublime,<br />

di virtuoso, d’umano possono credere, vagheggiare, adorare o sognare<br />

le altre genti. (21)<br />

e tuttavia città culturalmente vivace negli anni ottanta dell’ottocento<br />

(basterebbe pensare all’ambiente e al successo di «cronaca<br />

bizantina»), ma senza rapporti con le istituzioni che Sella cercava<br />

di restaurare e promuovere; peraltro, pur amante delle lettere<br />

classiche, egli guardava con qualche diffidenza verso possibili forme<br />

di nuove arcadie.<br />

cosa abbiamo fatto, si domandava Sella, perché roma «corrisponda<br />

all’alto ufficio a cui la storia […] le più alte ragioni di<br />

progresso […] fatalmente la chiamavano?». il quadro delineato da<br />

Sella è impietoso: fognature da rifare, un sistema viario arretrato<br />

(21) g. carducci nella Prefazione a u. pesci, Come siamo entrati a Roma. Ricordi,<br />

Milano 1895, cit. in v. vi d o t t o, Roma contemporanea, roma-Bari 2001, p. 36;<br />

qui anche pagine precise sul piano regolatore di cui si tratta; significativo che, secondo<br />

la convenzione fra il comune e lo Stato del 14 novembre 1880, fra le opere pubbliche<br />

che dovevano essere realizzate, al secondo posto, dopo il palazzo di giustizia,<br />

fosse previsto il palazzo dell’accademia delle scienze (ivi, p. 78). per i rapporti di<br />

carducci con gli ambienti romani, cfr. Carducci e Roma, roma 2001 (a cura dell’istituto<br />

nazionale di Studi romani).<br />

29


e incompleto, «difetto assoluto di ospedali», i tribunali in una situazione<br />

«assolutamente intollerabile» «materialmente ma soprattutto<br />

moralmente», un aumento ingiustificato del costo delle abitazioni,<br />

squallide condizioni delle case operaie. (22) Sono campi di<br />

intervento prioritario, ma di pari valore e urgenza sono per Sella, e<br />

per la commissione che egli presiedeva, gli interventi per l’università,<br />

l’accademia, il policlinico, le biblioteche, il palazzo di belle<br />

arti. l’università di roma, pur dotata recentemente di nuovi istituti<br />

e laboratori scientifici, resta estremamente arretrata: «quanto<br />

manca ancora per portarla all’altezza delle esigenze delle scienze<br />

odierne, al punto in cui sono le primarie università d’europa per<br />

non parlare degli Stati uniti ove tutto è gigantesco!»; soprattutto<br />

forte l’insistenza sulla<br />

necessità di una sede per la reale accademia <strong>dei</strong> lincei [che] non ha<br />

d’uopo di parole presso un parlamento il quale, elevandone all’unanimità<br />

la dotazione, dimostrò che vuole in roma, come esiste in tutte le capitali<br />

degli stati civili, un istituto il quale promuova ed incoraggi in tutto<br />

il regno l’indagine scientifica e la ricerca della verità.<br />

oggi manca di spazi adeguati per le sue attività e soprattutto<br />

per il ricco materiale bibliografico che è venuta accumulando attraverso<br />

gli scambi con le altre accademie del mondo: «sarebbe delitto<br />

di lesa civiltà il mantenere una siffatta biblioteca in una sede<br />

gloriosa, ma poco meno che inaccessibile al pubblico». (23)<br />

così nella relazione, ma nell’intervento conclusivo del dibattito<br />

(14 marzo 1881) Sella svolge assai più ampiamente il suo pensiero,<br />

riassumendo i temi fondamentali di tutta la sua lunga carriera<br />

e il senso della sua lotta politica:<br />

io vi confesso, o signori, che nel 1861, quando votavo l’ordine del giorno<br />

che acclamava roma capitale d’italia; quando nel 1867 […] fui credo<br />

il primo a presentare al banco della presidenza un ordine del giorno<br />

per confermare il voto del 1861 […] quando nel 1870 in tutti i modi mi<br />

30<br />

(22) Q. Se l l a, Discorsi parlamentari, cit., pp. 233, 283, 248, 284, 246.<br />

(23) Ivi, p. 248.


adoperai perché l’italia venisse a roma e vi portasse la sua capitale, ho<br />

sempre pensato non solo a dare all’italia la sua eterna capitale, ma agli<br />

effetti che nell’interesse della nazione e dell’umanità sarebbero derivati<br />

dall’abolizione del potere temporale e dalla creazione in roma di un<br />

centro scientifico. (24)<br />

non è un accentramento che danneggi altri istituti scientifici,<br />

altre accademie, altre università, ma roma ha una missione particolare<br />

e «fatale»: «la scienza, ma volete la scienza municipale?<br />

a roma poi?». non sono spese voluttuarie, come qualcuno insinua,<br />

ma assolutamente necessarie: «non è una spesa voluttuaria,<br />

onorevoli colleghi, la spesa per un edificio ad uso di accademia<br />

per le scienze; è una spesa dettata dai più alti interessi nazionali<br />

ed umanitari».<br />

il discorso di Sella non si limita a difendere i singoli aspetti<br />

del disegno di legge, bensì – con una lunga digressione della quale<br />

chiede venia agli ascoltatori – affronta il problema che più gli<br />

stava a cuore: la posizione di roma, dell’accademia <strong>dei</strong> lincei, di<br />

fronte alle attese del mondo civile. l’accademia <strong>dei</strong> lincei deve<br />

«aiutare […] il movimento scientifico in tutto il paese», non solo<br />

per riconquistare un perduto primato, ma per contribuire al progresso<br />

delle nazioni. in polemica con la non dimenticata condanna<br />

roussoiana, Sella torna ad affermare la sua illimitata fiducia nelle<br />

arti, nelle lettere, nelle scienze «uno <strong>dei</strong> più efficaci mezzi per rialzare<br />

il morale delle nazioni», per alleviare «le sofferenze dell’umanità»,<br />

per il progresso della vita politica, poiché «le scoperte della<br />

scienza vanno soprattutto a vantaggio della democrazia». (25)<br />

non siamo qui di fronte a problemi puramente amministrativi,<br />

insiste Sella, che amplia il suo discorso ai grandi temi <strong>dei</strong> rapporti<br />

fra scienza e fede, fra creazionismo ed evoluzionismo, fra Stato<br />

(24) Ivi, p. 304. Sella prosegue affermando di essersi dedicato alla creazione di<br />

questo centro scientifico soprattutto una volta che, lasciato il governo, era stato eletto<br />

presidente dell’accademia <strong>dei</strong> lincei: «non ho creduto che vi fosse ufficio più alto, al<br />

quale consacrarmi, se non quello dello sviluppo della scienza in roma. credo che questo<br />

sia un grande dovere non solo verso la mia patria, ma anche verso l’umanità».<br />

(25) Ivi, pp. 293-296.<br />

31


laico e curia romana, polemizzando con l’onorevole oliva «il quale<br />

disse che lo spettro del cattolicesimo teocratico è sparito». (26)<br />

Sella ha così modo di riproporre temi cari alla cultura positivistica<br />

dell’età sua, insistendo sul valore della scienza nel suo continuo<br />

progresso: «a misura che si avanza la scienza dell’osservazione,<br />

il Dio della religione deve per forza ritirarsi», senza però<br />

scomparire perché resta sempre un ignoto, «l’infinito, il fine delle<br />

cose», Dio che «non cade sotto la osservazione <strong>dei</strong> naturalisti».<br />

Dunque pieno rispetto del sentimento religioso e delle sue pratiche,<br />

ma insieme affermazione del primato della scienza e della libertà<br />

di ricerca. in questo campo si deve contrastare ogni forma di teocrazia<br />

papale: «per lunga pezza la curia romana credette di poter<br />

tenere la direzione del movimento scientifico, fu torturato galilei<br />

[…]». oggi, caduto il potere temporale, la chiesa ha accentuato<br />

la sua polemica contro il pensiero moderno: non solo assistiamo<br />

al sempre più radicale divaricarsi fra il progresso scientifico e le<br />

posizioni della chiesa («la scienza […] cammina così rapidamente<br />

in un senso ed una grande religione […] cammina fin’ora non<br />

meno rapidamente nell’altro»), ma soprattutto vediamo un chiaro<br />

irrigidimento della «teocrazia papale» con la proclamazione di<br />

nuovi dogmi, la moltiplicazione di eventi miracolosi;<br />

dopo che il potere temporale venne in pericolo, l’immacolata concezione,<br />

l’infallibilità del papa, il sillabo, l’apparizione delle vergini, le acque<br />

miracolose, tutto questo si è visto […] l’onorevole oliva dice che lo spirito<br />

cattolico teocratico è spirato. Ma è proprio vero? […] noi vediamo<br />

anzi che l’influenza del pontefice è in realtà maggiore oggi nel mondo<br />

di ciò che lo fosse quando aveva il potere temporale. (27)<br />

per questo non basta limitarsi a ripetere «libera chiesa in libero<br />

Stato» perché, una volta assicurata la piena autonomia della<br />

chiesa cattolica nell’esercizio della sua missione spirituale con la<br />

legge delle guarentigie, uno Stato laico, moderno, l’italia non può<br />

32<br />

(26) Ivi, pp. 296, 295.<br />

(27) Ivi, pp. 299, 300-302.


inunciare al compito di una «istruzione civile» fondata sulla ragione<br />

e sulla scienza:<br />

ora in questa situazione io credo, o signori, che l’italia non solo è interessata<br />

per sé come nazione, ma ha un debito d’onore verso l’umanità: essa<br />

deve adoperarsi in tutti i modi perché appaia bene la verità, la quale risulta<br />

incontestabile dalle indagini scientifiche; la scienza per noi a roma<br />

è un dovere supremo. Fuori i lumi! Fari elettrici anzi devono essere; imperocché<br />

abbiamo a fare con gente che si chiude gli occhi e si tappa le<br />

orecchie; abbiamo a fare con gente che vuol pigliare i giovani fino dalla<br />

infanzia, avviarli alle proprie scuole secondarie, e poi vuol dare a costoro<br />

i più alti uffici che si possono affidare all’umanità, come la direzione<br />

delle coscienze e dell’educazione della gioventù. Dunque io dico: fuori i<br />

lumi. Questo deve essere il nostro intendimento, né solo a roma, ma in<br />

tutto il paese» […]. non si tratta qui di accentramento o decentramento,<br />

di piccole questioni; ma si tratta, signori, <strong>dei</strong> più grandi problemi che<br />

dalla loro origine affaticano l’umanità; problemi a cui, essendo a roma,<br />

io non credo che ci possiamo interamente disinteressare.<br />

per questo «proprio a roma ci ha da essere un grande istituto<br />

di insegnamento superiore, ci hanno da essere biblioteche, laboratorii,<br />

musei ed accademia delle scienze […]; è necessario questo<br />

per la nostra missione». (28)<br />

impegno culturale, passione civile che raramente troveranno<br />

nel nostro parlamento, nella sua lunga e tormentata storia, una pari<br />

intensità e dignità, forse solo in alcuni momenti solenni dell’assemblea<br />

costituente repubblicana.<br />

ricorrente in tutto il discorso – che è, si ricordi, sulle opere<br />

pubbliche da realizzare in roma, con il concorso dello Stato in collaborazione<br />

con il comune – la particolare funzione dell’accademia<br />

<strong>dei</strong> lincei: luogo ove i cultori delle scienze, naturali e morali,<br />

potessero portare i risultati delle loro ricerche perché venissero discussi,<br />

pubblicati e portati a conoscenza di un più ampio pubblico,<br />

delle altre accademie, delle università, degli istituti scolastici, indirizzandosi<br />

soprattutto ai giovani, sempre presenti nei programmi<br />

(28) Ivi, pp. 303-304.<br />

33


di Sella come i destinatari primi <strong>dei</strong> risultati delle ricerche scientifiche.<br />

Di qui anche l’insistenza di Sella sull’importanza delle varie<br />

serie di pubblicazioni che non solo documentavano le ricerche<br />

scientifiche in corso, ma che erano venute costituendo un reticolato<br />

di rapporti internazionali – con le accademie di tutti i paesi<br />

del mondo – nella precisa convinzione che il sapere si costituisce<br />

con la collaborazione di tutti, tutti operai, tutti muratori, che portano<br />

la loro opera individuale al progresso comune.<br />

l’accademia <strong>dei</strong> lincei si configura così, per Sella, come il<br />

luogo della modernità, centro propulsore del nuovo sapere positivo,<br />

laico e cosmopolita.<br />

il discorso di Sella fu subito oggetto di un durissimo attacco<br />

da parte della «civiltà cattolica» che coinvolgeva tutta la politica<br />

della classe liberale di governo: i liberali, scrive l’articolista, figli<br />

del giudaismo, «settari», «egoisti», «piaga e flagello di Dio»,<br />

«avendo voluto scuotere il pio diritto divino e della chiesa» sono<br />

venuti a roma non per compiere l’unità d’italia ma «per distruggere<br />

la fede della religione»; sono i «sacerdoti pagani» seguaci di<br />

giuliano l’apostata, i «giulianelli della camera» che hanno riaperto<br />

le antiche persecuzioni contro la chiesa. Da queste premesse<br />

discende l’analisi del discorso di Sella: «espressissima professione<br />

non solo di ateismo e di incredulità, ma di un odio vatiniano<br />

e giulianesco da vero apostata contro la religione e la fede cattolica»:<br />

confonde con il cattolicesimo le altre confessioni cristiane<br />

«le quali sono religioni false»; alla fede oppone «le armi della<br />

scienza, cioè dell’incredulità e dell’ateismo» e propone di «demolire<br />

roma papale e cristiana» e «fabbricare al più presto una nuova<br />

roma antipapale». «per questo solo, prosegue l’articolista, il Sella<br />

vuole il palazzo della Scienza; quasi come arsenale e università<br />

del diavolo». (29)<br />

alla «civiltà cattolica» faceva eco «la scuola cattolica» di Milano:<br />

«la scienza voluta [da Sella] è puramente e semplicemente la<br />

(29) G. or e G l i a, La scienza di Sella e l’ignoranza romana, «civiltà cattolica»,<br />

Vi (1881), pp. 141-156.<br />

34


negazione del cristianesimo» ed è l’esito necessario della «rivoluzione»,<br />

cioè del risorgimento italiano, «che per sua essenza è anticristiana».<br />

È la scienza «degli scolaretti degli enciclopedisti» che<br />

abusa «della licenza conceduta alla sfrenata negazione dalla rivoluzione<br />

che governa» e che diffonde – come nelle altre università<br />

europee – l’ateismo; scienza che, scrive l’articolista memore del<br />

Sillabo, è «flagello della società civile», «causa di rovina <strong>dei</strong> popoli<br />

e degli stati come fonte di disordine sociale e civile»: «è obbligo<br />

di roma [della roma <strong>dei</strong> pontefici] combatterla e nuovamente<br />

condannarla». (30)<br />

al di là della violenza polemica, gli articolisti vedevano con<br />

chiarezza che la sfida lanciata da Sella per fare di roma una capitale<br />

europea della scienza era l’esito di tutta l’epopea risorgimentale<br />

e che solo sulla strada di una cultura laica, moderna e cosmopolita<br />

poteva veramente consumarsi la teocrazia papale. Di lì a poco,<br />

Silvio Spaventa dirà che<br />

l’abolizione del potere temporale, che noi siamo stati capaci di compiere,<br />

è il segno incancellabile, è il suggello della modernità del nostro pensiero<br />

e dell’attitudine degli italiani a partecipare allo sviluppo della vita<br />

europea […]. ora l’italia è rientrata, si suol dire, come un elemento di<br />

civiltà nella vita europea […]. Sta a noi di provare che ne siamo degni<br />

e che ne sapremo adempiere i doveri. (31)<br />

il dibattito sulle opere pubbliche per roma capitale fu amplissimo:<br />

vi parteciparono, fra i molti, guido Baccelli, Francesco crispi,<br />

Ferdinando Martini, per ricordare solo alcuni <strong>dei</strong> più impegnati<br />

sugli aspetti culturali del programma selliano.<br />

in tutto il dibattito quel che è significativo è il ritorno costante<br />

dell’idea e della missione di roma, contro certo riaffiorante campanilismo<br />

regionalistico: roma come conclusione vera del risorgimento.<br />

noi non possiamo, non dobbiamo rinunciare alle «grandi<br />

(30) P. Ba l a n, La Roma delle scienze e la trasformazione di Roma capitale, «la<br />

scuola cattolica», XVii (1881), pp. 306-311.<br />

(31) S. SPav e n ta, Potere temporale e l’Italia nuova (1886), in La politica della<br />

Destra, scritti e discorsi raccolti da B. croce, Bari 1910, pp. 198-199.<br />

35


idee senza le quali non saremmo insorti», afferma crispi, per questo<br />

«noi dobbiamo costituire l’italia in roma se vogliamo restare<br />

in roma, in modo che la terza vita di questa grande città sia degna<br />

del suo passato»; appoggiando con molta decisione il disegno<br />

di legge e le proposte di Sella, crispi insiste sulla centralità di una<br />

politica della scienza per fare di roma una città moderna e collocarla<br />

degnamente nel consesso delle grandi capitali europee. guido<br />

Baccelli, ministro alla pubblica istruzione, afferma:<br />

noi abbiamo il debito di costituire fermamente la nuova grandezza di<br />

roma […]. ecco la terza roma: difatti è impossibile non avvedersi che,<br />

cessate una volta per sempre le guerre conquistatrici, le scienze sole costituiranno<br />

da oggi in poi l’unica aristocrazia possibile tra le nazioni. né<br />

la terza roma, né la roma vostra può ambire gloria diversa; né voi altra<br />

corona dovrete indurle sul capo che non sia la corona della scienza.<br />

e anche Ferdinando Martini, pur contrario a un palazzo delle<br />

belle arti (perché «roma non è un grande centro d’arte») non<br />

si sottrae all’esortazione «fate una roma grande, fatela degna del<br />

nuovo regno!». (32)<br />

Del palazzo delle scienze – ove insieme ai lincei sarebbero dovuti<br />

confluire altri istituti e musei scientifici – non se ne fece nulla,<br />

pur essendo stata individuata la sua collocazione nella zona di<br />

via panisperna, già sede di alcuni laboratori scientifici e più tardi<br />

divenuta celebre per le ricerche di Fermi. Ma l’assidua insistenza<br />

di Sella per assicurare una sede degna all’accademia <strong>dei</strong> lincei<br />

trovò infine un esito inatteso e felice: l’acquisto da parte dello<br />

Stato di palazzo corsini alla lungara (marzo 1883) e la sua assegnazione<br />

all’accademia <strong>dei</strong> lincei alla quale il principe tommaso<br />

corsini donava la storica biblioteca «corsiniana» con la ricchissima<br />

collezione di stampe. allo Stato donava la celebre pinacoteca.<br />

auspici di tutta l’operazione, attentamente seguita da Sella, furo-<br />

(32) per i testi citati: F. CriSPi, in Atti parlamentari - Camera <strong>dei</strong> Deputati, tornata<br />

del 10 marzo 1881, pp. 4252, 4254; G. Ba C C e l l i, in Atti parlamentari - Camera<br />

<strong>dei</strong> Deputati, tornata del 15 marzo 1881, p. 4371; F. ma rt i n i, in Atti Parmamentari -<br />

Camera <strong>dei</strong> Deputati, tornata del 12 marzo 1881, p. 4312.<br />

36


no, nel governo, il presidente del consiglio agostino Depretis e il<br />

Ministro della pubblica istruzione guido Baccelli.<br />

Dell’esito di una lunga battaglia per l’accademia Sella potrà<br />

ringraziare il governo con un messaggio letto nella seduta del 1°<br />

aprile del 1883, ancora nella sede del campidoglio: il governo ha<br />

assegnato all’accademia, scrive Sella, «un palazzo di cui non poteva<br />

attenderne altro più magnifico, il quale anche al suo aspetto<br />

mostra il culto della nazione per la scienza […]. un tempio il quale<br />

per la sua postura afferma come a lato della tradizione religiosa<br />

si sia oggi fatta grande e sicura la libera scienza». (33)<br />

È l’ultimo messaggio di Sella che riassume tutto il suo lungo<br />

impegno politico e culturale per l’accademia, riaffermandone<br />

la centralità, nella prospettiva di una nuova missione cosmopolita<br />

della terza roma come maestra di sapere scientifico, intrinsecamente<br />

laico, capace di rispondere alle grandi aspettative del risorgimento<br />

e collocare la capitale del regno nel grande contesto<br />

della scienza europea.<br />

Sarà il suo successore, il presidente Francesco Brioschi, a inaugurare<br />

la nuova sede dell’accademia, con la solenne seduta dell’11<br />

giugno 1885, alla presenza <strong>dei</strong> sovrani: seduta idealmente dedicata<br />

a Quintino Sella (scomparso l’anno precedente), «restauratore»<br />

dell’accademia <strong>dei</strong> lincei, unito al ricordo del suo fondatore Federico<br />

cesi, lungo una linea di continuità costituita – secondo uno<br />

schema storiografico forse semplicistico, ma non per questo meno<br />

significativo – dal metodo scientifico promosso da galileo galilei,<br />

eletto nel 1611 socio dell’accademia:<br />

il carattere speciale del genio di galileo – diceva Francesco Brioschi – è<br />

la critica <strong>dei</strong> fatti, l’opera sua la filosofia scientifica. non dobbiamo stancarci<br />

di ripeterlo perché il carattere del suo spirito non fu ben compreso,<br />

galileo non fu solamente un geometra, un astronomo, un fisico; ma egli<br />

fu il riformatore della filosofia naturale, alla quale diede per base l’osservazione,<br />

l’esperienza, l’induzione e nella quale introdusse per primo<br />

(33) Q. Se l l a, «atti dell’accademia <strong>dei</strong> lincei, 1882-1883, s. iii, transunti»,<br />

Vii, roma 1883, p. 178.<br />

37


lo spirito geometrico e la misura. ecco, Maestà, ecco signori, le nostre<br />

gloriose origini. la mente eletta di Quintino Sella intravide tosto che il<br />

portentoso movimento scientifico del nostro secolo era immediata conseguenza<br />

di quella libertà d’esame e di critica, era conseguenza della applicazione<br />

feconda di quel metodo di osservazione, di esperienza, di induzione,<br />

dalle quali nessuna scienza e forse nessuna arte può sottrarsi, e<br />

che pel trionfo di questa nuova filosofia naturale era stata creata da Federico<br />

cesi e dai suoi amici l’accademia <strong>dei</strong> lincei. (34)<br />

Brioschi confermava la fedeltà all’ideale di Sella, al suo modo<br />

di concepire la funzione dell’accademia <strong>dei</strong> lincei nella nuova<br />

italia, come centro promotore di un sapere legato tutto al metodo<br />

scientifico, all’esercizio della ragione critica, nella fondamentale<br />

unità di tutte le forme del sapere.<br />

nel decennio della presidenza Sella, l’accademia si era trasformata<br />

da locale in nazionale, ampliandosi alle scienze storiche, filosofiche,<br />

giuridiche, aveva acquisito una sede nobilissima, si era<br />

conquistata la stima di tutta la classe politica, di destra e di sinistra,<br />

si era affermata come luogo di dibattiti, di pubblicazioni, d’incontro,<br />

di promozione della ricerca. in questa prospettiva assumevano<br />

per Sella particolare significato i premi per pubblicazioni originali<br />

che l’accademia conferiva periodicamente: sei istituiti dal<br />

Ministro coppino della pubblica istruzione e due, i più prestigiosi,<br />

istituiti nel 1878 da re umberto di 10.000 lire ciascuno, quando<br />

il bilancio dell’accademia era di 100.000 lire annue.<br />

realizzata la riforma del 1875, furono eletti soci lincei studiosi<br />

fra i più significativi della cultura italiana ed europea, con un<br />

cospicuo numero di stranieri che costituivano per Sella la nota essenziale<br />

del carattere cosmopolita del sodalizio accademico e della<br />

nuova roma. Fra gli stranieri, già nei primi anni, charles Darwin<br />

e hermann helmholtz, rudolf Virchow e thomas huxley, Ferdinand<br />

gregorovius e theodor Mommsen, ernest renan e herbert<br />

Spencer, paul Janet e hyppolite taine. Fra gli italiani ersilia cae-<br />

(34) F. Br i o S C h i, «rendiconti delle Sedute della reale accademia <strong>dei</strong> lincei»,<br />

11 giugno 1885, p. 392.<br />

38


tani lovatelli e Domenico comparetti, Bertrando Spaventa e ruggero<br />

Bonghi, antonio Scialoja e giuseppe Ferrari, Michele amari<br />

e pasquale Villari, giosuè carducci, pasquale Stanislao Mancini,<br />

carlo Boncompagni, pietro Blaserna, Francesco Brioschi, camillo<br />

golgi.<br />

«Voi – aveva scritto a Sella pasquale Stanislao Mancini, sempre<br />

vicino all’accademia di cui divenne socio – uno de’ rarissimi<br />

uomini di Stato, che in italia credono, non a parole, ma sul serio,<br />

al potente impulso della Scienza su’ destini della nazione». (35)<br />

Sella era riuscito ad assicurare all’accademia un’universale stima<br />

presso tutta la classe politica in forza della propria personalità<br />

che aveva accompagnato i decenni decisivi del processo unitario.<br />

Significativa una lettera a lui indirizzata da agostino Depretis, presidente<br />

del consiglio, quando si ebbe sentore che Sella, ritenendosi<br />

sgradito al governo di sinistra, volesse rassegnare le dimissioni<br />

da presidente dell’accademia:<br />

io sono convinto della necessità di fondare in roma un grande istituto<br />

scientifico – scriveva agostino Depretis il 4 dicembre 1877 – che sono<br />

disposto a farne una questione personale, lasciatemi un po’ di tempo,<br />

questo solo vi chieggo. […] Voi dovete conoscermi, e stimarmi abbastanza<br />

per accordarmi una tregua quando vi offro la mia alleanza a vantaggio<br />

della scienza. (36)<br />

ancora una volta roma e la scienza, un ideale rapporto, una<br />

missione della terza italia accumunava uomini di diversa tendenza<br />

politica, ma ancora uniti da una forte eredità risorgimentale.<br />

pure, proprio lungo gli anni ottanta, l’idea di roma maestra di<br />

civiltà andava rapidamente declinando: Sella moriva il 14 marzo<br />

1884 e non dovette assistere al progressivo disfacimento dell’idea<br />

di roma – sua e degli uomini che avevano fatto l’unità d’italia –<br />

che da centro di progresso scientifico e civile si volgeva al recupero<br />

di sogni di potenza e di imperialismo colonialistico, mentre<br />

(35) lettera di p. S. Mancini, in P. zi l i a n i, Quintino Sella e la cultura napoletana.<br />

I <strong>Lincei</strong> nell’Archivio della Fondazione Sella, napoli 2000, p. 30.<br />

(36) Ivi, p. 83, n. 19.<br />

39


nella realtà della vita politica diversi fenomeni di corruzione indeboliranno<br />

anche il mito di roma capitale. con la morte di Sella<br />

tramontava la generosa utopia di fare di roma la città della scienza<br />

capace di competere con le grandi capitali europee: vennero meno<br />

gli uomini – malgrado la presenza di forti personalità sia presso i<br />

lincei sia all’università e in parlamento – mutarono le prospettive<br />

politiche, mancarono le risorse economiche; non v’era a roma<br />

un retroterra istituzionale, non una società civile in grado di supportare<br />

grandi progetti culturali. (37)<br />

l’accademia <strong>dei</strong> lincei proseguirà sulla strada indicata da Sella,<br />

pur in modi diversi secondo i tempi, e in mutate condizioni politiche,<br />

accentuandosi la distanza fra istituzioni culturali e classe<br />

politica. Della sua posizione eminente nella cultura italiana sarà ancora<br />

significativo riconoscimento l’incarico che ebbe dal ministro<br />

del tesoro paolo carcano nel dicembre 1909 di preparare – in vista<br />

del primo cinquantennio unitario – un’opera che «esponga quali<br />

progressi abbia fatto nel cinquantennio la nostra italia, in ogni<br />

campo dell’umana attività. Venga qui messo in piena luce il cammino<br />

percorso fin qui, e si additi quello da percorrere […]». (38)<br />

ne vennero tre volumi di grande formato pubblicati dall’accademia<br />

nel 1911 che non coprono tutti gli aspetti della storia del<br />

cinquantennio, presentando notevoli squilibri fra i vari capitoli e<br />

gravi omissioni (soprattutto nei settori dello sviluppo industriale):<br />

tuttavia comprendono saggi significativi per il realismo con il quale<br />

sono messi in luce la crisi del parlamentarismo, l’esito catastrofico<br />

(37) Sull’idea di roma negli anni post-unitari, si ricordino le classiche pagine di<br />

F. Ch a B o d, in Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, ii capitolo della<br />

i parte, roma-Bari 1990, in partic., per i cenni qui fatti, pp. 282-283 e pp. 289 sgg.<br />

cfr. anche a. Gi a r d i n a, a. va u C h e z, Il mito di Roma. Da Carlo Magno a Mussolini,<br />

roma-Bari 2000, in partic. pp. 189 sgg. Sull’ambiente culturale romano, a. Pe t r u C-<br />

C i, Cultura ed erudizione a Roma fra 1860 e 1880, «il Veltro» (Cent’anni di Roma<br />

capitale), XiV, 4-6 (1970), pp. 471-483; a. aS o r ro S a, a. Ci C C h e t t i, Roma, in Letteratura<br />

italiana - Storia e geografia, iii, L’età contemporanea, torino 1989, in partic.<br />

pp. 547-570.<br />

(38) Cinquanta anni di storia italiana, Milano 1911, i-iii; per il testo cit. cfr.<br />

i, p. 4.<br />

40


della politica colonialista, l’aggravarsi della questione meridionale,<br />

l’assenza di una programmazione economica capace di fermare<br />

la sempre più forte divaricazione fra nord e Sud, l’arretratezza<br />

delle strutture scolastiche, il persistente analfabetismo.<br />

Soggiacente a molti saggi la sensazione che di fronte a imprevisti<br />

gravissimi problemi politici, finanziari, strutturali e psicologici,<br />

il paese, soprattutto le varie classi politiche succedutesi negli anni,<br />

si fosse come ripiegato su se stesso, con la caduta della tensione<br />

ideale che aveva animato il risorgimento. Quella caduta di tensione,<br />

persino d’immaginazione, era avvertita da Quintino Sella (non<br />

meno che da crispi) nel corso del lungo dibattito sull’intervento<br />

dello Stato per le opere pubbliche in roma, nel secondo decennio<br />

unitario. Sella sentiva una frattura fra gli uomini che avevano fatto<br />

l’italia, ancora presenti in parlamento, e i giovani, frattura che<br />

si verificava proprio nel diverso atteggiamento di fronte al modo e<br />

alla necessità di affrontare i problemi di roma capitale. per i primi<br />

era stata roma a ispirare e catalizzare ogni azione patriottica, ogni<br />

impegno politico: «chi ci ha dunque fatto quali siamo – chiedeva<br />

Sella – chi ci insegnò a volere una patria? roma, niente altro che<br />

roma». i giovani, invece, nella nuova condizione post-unitaria, più<br />

attenti a particolari problemi di ordine pratico, anche alle difficoltà<br />

e alle sofferenze, hanno forse perduto «quei grandi concetti che<br />

commossero noi […]. noi eravamo pronti a bruciare mezza italia<br />

pur di averla una e libera; voialtri che l’avete trovata bella e fatta,<br />

vi occupate, e avete tutte le ragioni, di renderla più prospera».<br />

Ma non è il calcolo economico che muove la storia, sono i sentimenti,<br />

le attese, gli ideali: «non crediamo che una trasformazione<br />

come quella di roma sia, come fu detto, soltanto materiale; giacché<br />

essa è soprattutto morale […]. Questo sentimento ha importanza<br />

enorme per roma stessa […]. non dimentichiamo che siamo<br />

italiani per virtù di roma».<br />

Di qui la preoccupazione di Sella, rivolto ai più giovani parlamentari<br />

che non avevano vissuto le tensioni ideali del risorgimento:<br />

«nella discussione è parso a taluni che l’ideale vostro fosse<br />

un po’ meno elaborato del nostro. Ma se quelli che verranno<br />

41


dopo di voi avranno un ideale più depresso, dove si va?». (39) interrogativo<br />

inquietante – riconosce Sella, – ma ineludibile. tale forse<br />

resta anche per noi.<br />

42<br />

tu l l i o Gr e G o ry<br />

(39) Q. Se l l a, Discorsi parlamentari, cit., pp. 310, 308-309. nel corso dello stesso<br />

dibattito crispi aveva detto: «È un fatto che più noi ci allontaniamo dai giorni della<br />

grande rivoluzione e più gli animi diventano gelidi e meschini, quasi antipatriottici» e<br />

proseguiva concludendo, fra gli applausi <strong>dei</strong> deputati: «ritorniamo alle nostre origini,<br />

a quei concetti, a quelle grandi idee senza le quali non saremmo insorti, senza le quali<br />

non avremmo mai atterrato i setti principi, non avremmo atterrato il papato, non saremmo<br />

a roma» (Atti parlamentari, tornata del 10 marzo 1881, cit., pp. 4253-54).


la «lingua Di tutti» Di Quintino Sella<br />

Secondo un pregiudizio di antica data, gli esempi di buona lingua<br />

e di lingua modello sono rappresentati, nella storia della lingua<br />

italiana, esclusivamente da testi letterari, in prosa e in poesia.<br />

a contrastare questo luogo comune basterebbero gli esempi della<br />

prosa di altissimo livello rintracciabili in molti trattati scientifici.<br />

Filologi e storici della lingua italiana hanno avviato già da tempo<br />

una revisione che ha contribuito a collocare tra i grandi scrittori<br />

della lingua italiana non solo gli scienziati, (1) ma anche storici della<br />

letteratura e dell’arte, filosofi, economisti. (2)<br />

Quintino Sella, noto agli specialisti come studioso di matematica,<br />

cristallografia e mineralogia, ma conosciuto dagli italiani solo<br />

come temibile ministro delle Finanze in tre governi fra il 1862 e<br />

il 1873, non è mai citato nelle storie della lingua e della letteratura<br />

italiana per gli aspetti linguistici <strong>dei</strong> suoi scritti, né è stato mai<br />

preso in considerazione dai lessicografi nei repertori novecente-<br />

(1) m. l. alt i e r i Bi a G i, L’Avventura della mente. Studi sulla lingua scientifica,<br />

napoli 1990 e ea d., Fra lingua scientifica e lingua letteraria, pisa-roma-Venezia-Vienna<br />

1998.<br />

(2) Sulla lingua di Francesco De Sanctis, Benedetto croce, giovanni gentile si<br />

veda G. Co n t i n i, Letteratura dell’Italia unita (1861-1968), Firenze 1968, pp. 3-61;<br />

423-426; 486. Sulla lingua di croce anche d. Co l u S S i, Tra grammatica e logica. <strong>Saggi</strong>o<br />

sulla lingua di Benedetto Croce, pisa-roma 2007; su roberto longhi cfr. G. Co nt<br />

i n i, Altri esercizi (1942-1971), torino 1972, pp. 111-122 e P. v. me n G a l d o, Il Novecento,<br />

Bologna 1994, pp. 185-190; su raffaele Mattioli si veda m. Co rt i, I vuoti del<br />

tempo, Milano 2003, p. 106; su luigi einaudi, P. zo l l i, Luigi Einaudi e la lingua italiana,<br />

«lingua nostra», Xli (1980), 1, pp. 89-99; v. de l l a va l l e, La lingua di Luigi<br />

Einaudi fra classicismo e pathos, in Luigi Einaudi: libertà economica e coesione<br />

sociale, a cura di a. gigliobianco, roma-Bari 2010, pp. 138-154. osservazioni sulla<br />

lingua di Michele lessona, di antonio labriola, di graziadio isaia ascoli, in l. Ser<br />

i a n n i, Il secondo Ottocento, Bologna 1990, pp. 121-125 e 220-225.<br />

43


schi. (3) in realtà, la produzione dell’«operoso tessitor di Biella», (4)<br />

come testimoniato dai documenti esposti nella mostra oggetto di<br />

questo catalogo, è vastissima e copre gli ambiti più disparati: dalla<br />

matematica alla cristallografia e alla mineralogia, dall’econmia<br />

all’istruzione pubblica, fino alla manifattura e all’alpinismo.<br />

Di fronte a una pratica di scrittura tanto vasta e caratterizzata da<br />

interessi così diversi, è legittimo chiedersi di quale lingua italiana<br />

si servisse lo statista, piemontese di nascita ma vissuto anche a<br />

parigi, a londra, in germania, e poi trasferito a roma per gli incarichi<br />

governativi. per affrontare e valutare le sue scelte di scrittura<br />

e di stile è necessario ricordare preliminarmente le posizioni<br />

di Quintino Sella sulla questione della lingua. a testimoniarle è la<br />

prefazione di giovan Battista giorgini al Novo Vocabolario della<br />

lingua italiana secondo l’uso di Firenze. (5) la riforma linguistica<br />

manzoniana aveva avviato il progressivo processo di riduzione della<br />

distanza tra scritto e parlato e di diffusione di un tipo linguistico<br />

unitario, (6) ma non tutti avevano condiviso col Manzoni i modi<br />

e le strategie attraverso le quali avrebbe dovuto raggiungersi l’unità<br />

della lingua nazionale. Secondo Sella, diversamente da Manzoni,<br />

sarebbe stata sufficiente l’unità politica, (7) dalla quale sarebbe<br />

(3) Sella non compare tra gli autori presi in considerazione dal Grande Dizionario<br />

della Lingua Italiana diretto da S. Battaglia e poi da g. Bàrberi Squarotti, torino<br />

1961-2002 (d’ora in poi GDLI), ove viene nominato solo s.v. sèlla ‘tipo di sigaro’,<br />

con la citazione della voce ripresa dal Nòvo Dizionàrio Universale della lingua<br />

italiana di P. Pe t r o C C h i, Milano 1887-1891. nel dizionario di petrocchi viene registrata<br />

anche la voce del minerale sellaite «chiamata così in onore del Sella». il GDLI,<br />

s.v. economia, 2, per documentare l’espressione «economia all’osso», cita a. Pa n z i n i,<br />

Dizionario moderno. Supplemento ai dizionari italiani, Milano 1905, in cui l’espressione<br />

era stata registrata come «economie fino all’osso: frase di Quintino Sella, ministro,<br />

pronunciata alla camera (15 dicembre 1869): divenuta dell’uso e familiare», in<br />

seguito riprodotta da tutti i dizionari della lingua italiana.<br />

(4) così carducci definiva ironicamente Sella nel v. 7 di Roma (Odi barbare,<br />

1881). cfr. Se r i a n n i, Il secondo Ottocento, cit., pp. 139-140.<br />

(5) G. B. Gi o r G i n i - e. Br o G l i o, Novo vocabolario della lingua italiana secondo<br />

l’uso di Firenze, rist. anastatica dell’ed. 1870-97, i-iV, Firenze 1979.<br />

(6) cfr. l. Se r i a n n i, La prosa, in Storia della lingua italiana, a cura di l. Serian<br />

ni e p. trifone, i, I luoghi della codificazione, torino 1993, p. 561.<br />

(7) cfr. m. vi ta l e, La questione della lingua, palermo 1984, p. 448.<br />

44


scaturita anche l’unità linguistica della nazione. e giovan Battista<br />

giorgini concepì la prefazione al Novo Vocabolario come una<br />

lunga lettera indirizzata proprio all’amico Quintino. È singolare<br />

che il vocabolario più innovativo dell’ottocento, al quale spetta un<br />

posto importante nella storia della lessicografia italiana, (8) si apra<br />

con uno scritto nel quale giorgini, partendo dal ricordo di una lite<br />

tra Sella e Manzoni («ti ricordi d’una gita, che facesti l’autunno<br />

passato a Brusuglio, e della lite sulla lingua, che attaccasti subito<br />

col Manzoni, quel terribile attaccalite che tutti sanno in materia di<br />

lingua?») (9) espone le proprie idee, contrapposte a quelle di Sella.<br />

il resoconto dell’episodio fu utilizzato da giorgini per chiarire i<br />

principi manzoniani sui quali si fondava il Novo Vocabolario, ma<br />

è prezioso anche per ricostruire attraverso una testimonianza sicura<br />

le idee di Quintino Sella in ambito linguistico. giorgini, infatti,<br />

rivolgendosi all’amico ricorda:<br />

tu sostenevi una tesi nova e curiosa. Dicevi, mi pare, che l’unità della lingua,<br />

impossibile finché l’italia era divisa in più Stati, con poche relazioni<br />

tra loro, e l’uno all’altro poco meno che ignoti, sarebbe ora venuta naturalmente,<br />

da sé, e come una conseguenza della riunione di tutti questi Stati<br />

in uno solo. Dalla mescolanza delle tante Diverse lingue, orribili favelle (10)<br />

che in italia si parlano, si formerà, dicevi, una lingua nova, una lingua media,<br />

che non sarà né il piemontese, né il lombardo, né il romagnolo, né<br />

il toscano (sebbene tu assegni anche in questa il primo luogo al toscano),<br />

ma sarà un po’ di tutto, e diventerà col tempo la lingua di tutti.<br />

attraverso il racconto della gita alla villa manzoniana di Brusuglio,<br />

la posizione di Quintino Sella risulta dunque diversa da quella<br />

condivisa dall’illustre ospite e dall’amico giorgini: più vicina,<br />

nella sostanza, a quella di carlo cattaneo, (11) e soprattutto a quella<br />

(8) cfr. v. de l l a va l l e, La lessicografia, in Storia della lingua italiana, a cura di<br />

l. Serianni e p. trifone, i, I luoghi della codificazione, torino 1993, pp. 83-84 e C. mar<br />

a z z i n i, L’ordine delle parole. Storia di vocabolari italiani, Bologna 2009, p. 305.<br />

(9) Gi o r G i n i - Br o G l i o, Novo vocabolario, cit., p. i.<br />

(10) la citazione dantesca (Inferno, iii, v. 25) è in corsivo nel testo.<br />

(11) Secondo il quale «il patrimonio della lingua deve raccogliersi da tutti i libri,<br />

da tutti i labbri, senza distinzione di secoli e di provincie». Si veda C. Cat t a -<br />

45


di graziadio isaia ascoli, il maggior linguista italiano dell’ottocento,<br />

secondo il quale l’unità della lingua sarebbe stata raggiunta<br />

soltanto attraverso il «moto complessivo delle menti» conseguente<br />

allo scambio e all’organizzazione culturale raggiunta dalla nuova<br />

società civile della nuova nazione. (12) la sostanziale coincidenza<br />

tra le idee di ascoli e quelle di Sella trova conferma in una lettera<br />

del ministro al glottologo, che gli aveva inviato una copia del<br />

famoso Proemio all’Archivio glottologico italiano. (13) Sella lo ringraziò<br />

con queste parole:<br />

le sono gratissimo dell’onore che mi volle fare col Suo archivio veramente<br />

interessante. Duolmi che le troppe occupazioni d’ufficio dalle quali<br />

sono ora sequestrato mi impediscano di studiare attentamente i concetti<br />

che ella svolge. la formazione della lingua è problema che interessa<br />

tutti, anche i naturalisti, e da quanto ne intesi sfogliando rapidamente la<br />

prefazione (ché nulla più potei fare) mi pare che io mi trovi molto più<br />

coll’ordine delle Sue idee che non con quelle che mi permisi di combattere<br />

a Brusuglio non ostante la venerazione immensa di cui è meritevole<br />

chi le professava. (14)<br />

le idee sulla lingua di Quintino Sella, pur non affidate a scritti di<br />

argomento propriamente linguistico, si possono rintracciare, ol-<br />

n e o, Scritti letterari, a cura di a. Bertani, Firenze 1948, ii, p. 174, cit. da m. Co rt i,<br />

Il problema della lingua nel romanticismo italiano, in ea d., Metodi e fantasmi, Milano<br />

1969, p. 178.<br />

(12) cfr. m. da r d a n o, G. I. Ascoli e la questione della lingua, roma 1974, p. 3.<br />

Sulla questione si veda ora quanto scrivono i curatori in a. ma n z o n i, Dell’unità della<br />

lingua e <strong>dei</strong> mezzi per diffonderla. Edizione critica del ms. Varia 30 della Biblioteca<br />

Reale di Torino, a cura di c. Marazzini e l. Maconi, roma 2011, p. 19: «Manzoni e<br />

ascoli, messi a confronto, mostrano dunque di appartenere a due diverse italie: Manzoni<br />

si colloca nella fase eroica del risorgimento, impegnato nella creazione di una<br />

coscienza comune animata dalla passione per gli ideali unitari; ascoli è invece impegnato<br />

nella modernizzazione delle strutture burocratiche […] per questa generazione<br />

di tecnici, le differenze sociali, economiche, strutturali diventavano l’oggetto principale<br />

di intervento: la lingua risultava la conseguenza, non più la premessa, del processo<br />

unitario».<br />

(13) G. i. aS C o l i, Scritti sulla questione della lingua, a cura di c. grassi, torino<br />

1975.<br />

(14) lettera spedita da roma il 1° febbraio 1873, in Epistolario di Quintino Sella,<br />

a cura di g. e M. Quazza, roma 1995, iV, p. 387.<br />

46


tre che in questo accenno indirizzato all’ascoli, importante per la<br />

conferma dell’identità di vedute con il glottologo goriziano, anche<br />

in osservazioni sparse presenti nei discorsi del ministro. per<br />

esempio, in quello pronunciato nel 1862 a proposito degli istituti<br />

tecnici, (15) Sella insisteva sull’importanza di una buona conoscenza<br />

della lingua italiana anche per gli iscritti agli istituti tecnici e<br />

alle facoltà scientifiche:<br />

quanto a me, io ve lo dico chiaramente: vorrei che coloro i quali vengono<br />

ad un’università per seguitare il corso di matematica avessero studiato<br />

per bene il latino, l’italiano, e, se si crede, anche il greco […] datemi<br />

giovani che sappiano bene l’italiano ed il latino.<br />

e in un discorso pronunciato nel 1864 (16) ribadiva con forza la base<br />

linguistica e letteraria unitaria sulla quale si fondava la nazione:<br />

l’italia non era più una espressione geografica, cioè mi correggo: questa<br />

italia ha la ventura di essere stata fatta una dalla natura, con quei nettissimi<br />

limiti che son le alpi ed il mare: di essere stata creata una nella sua<br />

lingua da quei nostri poeti, che per noi furono veramente vati divini<br />

la conferma delle convinzioni linguistiche del ministro, così ben<br />

descritte, come s’è visto, da giovanbattista giorgini nella prefazione<br />

citata al Novo Vocabolario, è contenuta, inoltre, in un discorso<br />

del 1876, nel quale Sella affronta la questione della continuazione<br />

del Vocabolario della crusca. (17) Sorprendono, per modernità<br />

e acutezza, le sue osservazioni sull’inevitabilità della trasformazione<br />

della lingua italiana, diretta conseguenza del cambiamento<br />

della società del tempo, e la definizione del vocabolario come<br />

specchio della società contemporanea. per di più, l’esempio citato<br />

da Sella a proposito <strong>dei</strong> tre termini differenti in uso per indica-<br />

(15) Passaggio degli istituti tecnici al Ministero di agricoltura, industria e commercio,<br />

Discorso pronunziato nella Camera <strong>dei</strong> Deputati il 27 gennaio 1862, in Discorsi<br />

parlamentari di Quintino Sella, raccolti e pubblicati per deliberazione della camera<br />

<strong>dei</strong> deputati, roma 1887, i, p. 52.<br />

(16) Discorso d’apertura del congresso <strong>dei</strong> naturalisti in Biella pronunciato nella<br />

tornata del 3 settembre 1864, in Discorsi parlamentari, cit., i, p. 675.<br />

(17) Discorsi parlamentari, cit., i, pp. 97-98.<br />

47


e un unico referente è in totale sintonia, questa volta, con le idee<br />

manzoniane, (18) e richiama immediatamente alla memoria la critica<br />

rivolta da Manzoni a giacinto carena nella famosa lettera del<br />

1847, che costituisce la prima pubblica esposizione del pensiero<br />

linguistico manzoniano, (19) nella quale l’autore <strong>dei</strong> Promessi Sposi<br />

sosteneva la necessità di eliminare i geosinonimi. (20) Sella si sofferma<br />

sulla stessa questione con queste parole:<br />

anche la lingua si va trasformando nei tempi odierni; certe parti rimarranno<br />

per avventura immutabili, ma per parecchie altre una trasformazione<br />

è inevitabile, quando mutano tanto le condizioni della vita. allorché<br />

una nazione civile in una data epoca compila un vocabolario, essa<br />

ha per obbietto di stereotipare, fotografare la sua lingua in quel dato periodo<br />

[…] se il vocabolario avesse potuto essere ultimato più presto, io<br />

dico che anche negli stessi primordi in cui le varie parti d’italia si sono<br />

fuse, il vocabolario stesso avrebbe contribuito all’unificazione della lingua.<br />

Se ciò fosse, o signori, io tengo per fermo che non avverrebbe, a<br />

cagione di esempio, ciò che vede uno straniero che viene oggidì in italia,<br />

nelle diverse stazioni: qua sortita, là egresso, in un altro luogo usci-<br />

(18) l’adesione alle idee manzoniane è rintracciabile, del resto, anche in altri<br />

passi <strong>dei</strong> discorsi parlamentari. in quello pronunciato il 12 giugno 1860, per esempio,<br />

Sella dichiarava: «Se vi debbo dire la mia opinione, da Siena vorrei ci venissero quelli<br />

che debbono insegnare la lingua italiana. Questa è l’opinione mia, che forse non sarà<br />

divisa da altri, ma è evidente che Siena, per esempio, ha un elemento suo proprio di<br />

vita, che rispetto a Sassari non esiste, giacché non ho mai sentito celebrare la purezza<br />

del dialetto sassarese». cfr. Discorsi parlamentari, cit., i, p. 19.<br />

(19) cfr. l. Se r i a n n i, Il primo Ottocento, Bologna 1989, p. 138.<br />

(20) a proposito <strong>dei</strong> quali Manzoni scriveva: «cosa ci giova, in questo caso,<br />

d’avere un’abile e esperta guida, se ci conduce a un crocicchio, e ci dice: prendete per<br />

dove vi piace?». cito il passo della lettera pubblicata nella Parte seconda del Vocabolario<br />

metodico d’arti e mestieri, napoli, Stamperia e cartiere del Fibreno, 1854, p. X X.<br />

Del resto, le sintonie tra Sella e Manzoni in materia di scelte linguistiche superavano<br />

le divergenze. ne era consapevole il giorgini, che in un passo della prefazione citata<br />

scriveva a Sella: «l’unità politica non è dunque una causa che possa operare da sé, o<br />

che ci dispensi dall’obbligo di volere, di cercare, di scegliere. Se poi tu intendi dire<br />

che questa unità renderà la scelta più facile; che la lingua parlata nella città, dove avrà<br />

sede il governo, o, se vuoi il miscuglio che si farà dentro le mura, la lingua insomma<br />

della capitale, più o meno alterata, prenderà vantaggio su tutte l’altre, e a lungo andare<br />

diventerà la lingua comune della nazione (quanto è possibile avere una lingua comune<br />

tra persone, che avendone molte per nascita, devono acquistare quest’una per isforzo<br />

d’elezione e di studio), allora dirai cosa, che non ti sarà in tutto contradetta dal Manzoni,<br />

né da altri». cfr. Prefazione al Novo Vocabolario, cit., p. iv.<br />

48


ta; come se fossimo incerti del come si debba indicare la porta per cui<br />

si esce dal recinto della stazione. (21)<br />

Queste, dunque, le convinzioni linguistiche di Quintino Sella.<br />

Quanto alla sua prassi scrittoria, la moderata patina arcaizzante<br />

presente nei suoi scritti è pienamente riconducibile entro i confini<br />

delle abitudini linguistiche della prosa del tempo. tra gli arcaismi<br />

sintattici, basti citare (22) l’enclisi pronominale, ancora in uso nel secondo<br />

ottocento (abbiansi 13, debbansi 66, devesi 72, havvi 17,<br />

puossi 77, siansi 12, trovasi 8, voglionsi 30, vuolsi 18, ecc.); (23) rientrano<br />

nella tradizione aulica anche i casi di proposizioni infinitive<br />

latineggianti («egli pensa esser meglio sopprimere l’università<br />

di Sassari» 6; «cominciò il relatore della Sotto-commissione legale<br />

a dire essere tante le innovazioni» 7; «io non credo essere necessario»<br />

19; «il ministro delle finanze afferma essere uno scandalo»<br />

11, ecc.). Sella sembra mostrare qualche resistenza nell’accogliere<br />

la prima persona dell’imperfetto indicativo in -o, e infatti ricorre<br />

più frequentemente al tipo etimologico tradizionale io desiderava<br />

78, io diceva 202, io non dubitava 135, io era 93, io poteva<br />

155, io ricordava 204, io mi trovava 107, ecc., (24) ma si serve anche<br />

del tipo analogico in -o: io ignoravo 160; io gli chiedevo 815.<br />

Sopravvive qualche raro caso di variante sintetica della preposizione<br />

articolata pel rispetto alla forma analitica per il (pel nuovo<br />

regno 144; pel fianco sinistro 568; pel culto del bello 149) (25) e di<br />

(21) Discorsi parlamentari, cit., i, pp. 97-98.<br />

(22) D’ora in poi i singoli prelievi con le indicazioni di pagina dai Discorsi parlamentari<br />

senz’altra indicazione si riferiscono all’edizione citata. l’esemplificazione<br />

non intende essere sistematica: si rimanda, nel riportare le citazioni, solo ad alcune<br />

delle ricorrenze utili rinvenute negli scritti di Quintino Sella.<br />

(23) Sull’enclisi pronominale, tratto presente, nel secondo ottocento, nella sintassi<br />

giornalistica e nella lingua letteraria più sostenuta, cfr. Se r i a n n i, Il secondo Ottocento,<br />

cit., pp. 36-37.<br />

(24) le forme etimologiche in -a erano decisamente prevalenti all’inizio del secolo,<br />

mentre nella seconda metà dell’ottocento, pur essendo in regresso, godevano<br />

tuttavia di qualche diffusione. cfr. l. Se r i a n n i, Le varianti fonomorfologiche <strong>dei</strong> Promessi<br />

Sposi 1840 nel quadro dell’italiano ottocentesco, in id., <strong>Saggi</strong> di Storia Linguistica<br />

Italiana, napoli 1989, pp. 199-200.<br />

(25) per questa microvariante fonetico-ortografica Sella mostra di preferire la<br />

49


prostesi di i davanti a s complicata (per iscopo 90; nell’interesse<br />

istesso 215; in istato sì triste 10). (26) la presenza di toscanismi è<br />

moderata, rappresentata dall’abitudine all’uso di codesto con valore<br />

anaforico (codesti monumenti 67; codesti esperimenti 79; codeste<br />

determinazioni 107; codesta esposizione 152). (27) altri tratti<br />

arcaizzanti rientranti nella tradizione scrittoria ottocentesca sono<br />

l’uso costante della congiunzione imperocché e dell’avverbio fattamente.<br />

(28) in altri casi, invece, Sella sembra incerto tra la variante<br />

antiquata e quella più moderna, oscillando, per esempio, tra quistione<br />

e questione, (29) niuno (30) e nessuno, sieno (31) e siano. Ma si<br />

tratta di oscillazioni «libere» nella prosa ottocentesca, (32) del tutto<br />

usuali sia in testi letterari sia in testi settoriali. allo stesso modo,<br />

la preferenza per le varianti ripetute chieggo e veggo non fanno<br />

che confermare un’abitudine ampiamente diffusa nell’ottocento,<br />

priva di connotazioni letterarie. (33) più interessanti, per valutare i<br />

caratteri della lingua di Sella, altri aspetti <strong>dei</strong> Discorsi parlamentari.<br />

Scritti per essere pronunciati, essi si basano su un’orditura<br />

forma sintetica, mentre Manzoni preferiva la variante analitica per il, per la, ecc. Si<br />

veda Se r i a n n i, Le varianti, cit., pp. 176-177.<br />

(26) la prostesi vocalica davanti a s complicata, quando la parola precedente terminasse<br />

per consonante, era la regola nell’italiano letterario ottocentesco. cfr. Se r i a nn<br />

i, Il secondo Ottocento, cit., p. 170.<br />

(27) Sull’uso di codesto «considerato la quintessenza della toscanità, e dunque<br />

dell’italiano modello» negli scritti dell’ottocento, cfr. l. Se r i a n n i, Gli epistolari ottocenteschi<br />

e la storia della lingua, in La cultura epistolare nell’Ottocento. Sondaggi<br />

sulle lettere del CEOD, a cura di g. antonelli, c. chiummo, M. palermo, roma<br />

2004, pp. 62-63.<br />

(28) Imperocché e imperciocché erano già registrate nel giorgini-Broglio come<br />

appartenenti all’uso letterario. per le forme imperocchè e fattamente, non do i numeri<br />

delle pagine perché frequentissime e ricorrenti nei Discorsi parlamentari.<br />

(29) Sull’oscillazione tra quistione e questione nell’ottocento e sul passaggio alle<br />

forme con e protonica nell’edizione quarantana <strong>dei</strong> Promessi Sposi si veda Se r i a n n i,<br />

Le varianti fonomorfologiche, cit., p. 154, n. 24, e pp. 177 e 207.<br />

(30) Niuno era estraneo all’uso manzoniano, ma ancora largamente presente nella<br />

prosa ottocentesca. cfr. Se r i a n n i, Le varianti fonomorfologiche, cit., p. 195.<br />

(31) Variante ancora molto comune nell’ottocento. cfr. Se r i a n n i, Il secondo Ottocento,<br />

cit., p. 233, n. 15.<br />

(32) così le definisce Se r i a n n i in Le varianti, cit., p. 161.<br />

(33) per le varianti fonomorfologiche verbali chiedo/chieggo e vedo/veggo rinvio<br />

a Se r i a n n i, Le varianti, cit., pp. 203-204.<br />

50


sintattica generale caratterizzata da un indice non troppo elevato<br />

di subordinazione, che conferisce ai testi un’elevata leggibilità.<br />

pur mantenendosi fedele agli ideali di decoro espressivo condivisi<br />

dall’oratoria, dalla pubblicistica, dalla saggistica del tempo, Sella<br />

introduce nei suoi discorsi, con moderazione, anche modi colloquiali.<br />

Qualche esempio: «non andrò cercando il pelo nell’uovo»<br />

16; «un ministro interinale non deve metter molto la mano in pasta»<br />

74; «io ne avrò certo fatto delle crude» 76; (34) «facciamo questo,<br />

facciamo quello»; «l’hanno ripetuta [la risoluzione] da tizio, a<br />

caio, a Martino» 209. rientrano nelle movenze colloquiali anche<br />

le interrogative didascaliche e i segnali discorsivi tipici dell’oralità,<br />

come quelli che seguono: «e perché questo?» 134; «Ma perché?»<br />

135; «ma che volete mai?»109; «Figuratevi!» 281; «no, no,<br />

meglio non farne nulla!» 342, ai quali possono essere aggiunti anche<br />

i frequenti e informali intercalari come «o che so io» 15; «mainò»<br />

98; «ma via» 228. nei Discorsi parlamentari Sella concede<br />

davvero poco al lessico aulico e alla retorica tribunizia, stemperata<br />

dall’uso di suffissi alterativi («adagino adagino» 23; «mi sono<br />

un tantino fermato» 75; «Scusate, un momentino» 202; «lasciate<br />

fare un pochino al tempo» 117), talvolta anche con funzione tra lo<br />

scherzoso e il sarcastico («in qualche comunello […] fui sorpreso<br />

di trovare una quantità di pergamene e di codici» 66; «damine<br />

contente anche di fare una marcia faticosa» 134; «il progettino di<br />

quattro articoli che il ministro delle finanze ci ha presentato» 144).<br />

Quasi del tutto assenti i forestierismi: nonostante la buona conoscenza<br />

di tre lingue straniere, Sella rifugge dall’esibizione di parole<br />

non italiane, tanto che nei suoi discorsi s’incontrano solo bazar<br />

305; monstre 221; spleen 11; travet 230, e l’espressione noblesse<br />

oblige 229, (35) più qualche termine d’ambito economico-finanzia-<br />

(34) È qui evidente il richiamo all’espressione «farne di cotte e di crude». cfr.<br />

GDLI, s.v. cotto.<br />

(35) le forme bazar, monstre, spleen e noblesse oblige erano di ampia circolazione<br />

nell’ottocento, condannate dai puristi e proprio per questo attestate nei loro repertori<br />

(al contrario, a. Pa n z i n i, nel Dizionario moderno cit., registra spleen e noblesse<br />

oblige senza alcun tipo di condanna). più interessante il caso di travet, diffuso grazie<br />

51


io che sarà citato più avanti. altrettanto raro e misurato è il ricorso<br />

alle similitudini: «il chiasso fatto per esempio attorno ad un ministro<br />

[…] è labile come l’onda prodotta dal tonfo di una pietra»<br />

831; «carte aride e fastidiose come il polverio che infesta le strade»<br />

567; «cervelli schiacciati a modo di fogli, le cui caselle siano<br />

distribuite a scacchiere, monotoni, direi, come le vie di torino»<br />

31. lontano per formazione e gusto personale dalle soluzioni<br />

metaforiche, il vocabolario di Sella è caratterizzato da una ricerca<br />

generale di precisione e da un uso molto scarso di tecnicismi, anche<br />

negli scritti di contenuto economico e finanziario. nei discorsi<br />

sull’istituzione delle casse di risparmio postali, per esempio, i<br />

tecnicismi sono ridotti al minimo: decentramento 350; (36) vaglia<br />

postale 351; (37) capitali infruttiferi 357; casse ordinarie 395; e i<br />

due anglicismi self government 350 (38) e legal tender 545. (39) anche<br />

quando l’argomento si concentra sulle questioni legate all’organizzazione<br />

del risparmio e degli istituti di credito, Sella tende a<br />

detecnicizzare il discorso, mantenendolo su un piano discorsivamente<br />

persuasivo, come nel brano che segue:<br />

Dunque, tornando alla questione del pericolo che possa correre lo Stato<br />

per questa legge, mi pare che si è detto abbastanza per tranquillare la<br />

camera, e indurla a permettere l’esperimento; se ci si dovrà tornare sopra,<br />

ci si tornerà. […] un paese di molto buon senso non ha tanta paura<br />

di andare avanti e, quando vede inconvenienti ragionevoli, ci torna<br />

sopra e vi mette rimedio con piena tranquillità, riservando le lotte alle<br />

al successo della commedia Le miserie di Monsù Travet di Vittorio Bersezio (1862) e<br />

attestato per la prima volta da P. Pe t r o C C h i nel Nòvo dizionàrio universale della lingua<br />

italiana, Milano 1887-1891. grazie al discorso pronunciato da Sella il 21 giugno<br />

1876 per l’alienazione dell’orto botanico di roma è ora possibile retrodatare la voce<br />

di qualche anno, a testimonianza della sua larga diffusione nell’uso comune.<br />

(36) Decentramento era voce di introduzione recente (1862). cfr. il nuovo Etimologico<br />

di m. Co rt e l a z z o e P. zo l l i, Bologna 1999 (d’ora in poi, DELI ), s.v. decentrare,<br />

e bibliografia ivi indicata.<br />

(37) anche vaglia postale era espressione di recente introduzione, attestata solo<br />

dal 1862. cfr. DELI, s.v. vaglia 2.<br />

(38) Self government ha una prima attestazione nel 1852. cfr. Deli s.v. auto- 1 .<br />

(39) l’anglicismo legal tender per ‘corso legale’ non ha avuto fortuna e non è<br />

registrato nei repertori lessicografici italiani.<br />

52


grandi occasioni, le quali sono quelle che realmente decidono dell’indirizzo<br />

politico del paese. (40)<br />

a testimoniare il tono discorsivo e poco magniloquente, più che<br />

il prelievo di singole forme, può essere utile la lettura di qualche<br />

passo. per esempio, quello nel quale, per convincere i parlamentari<br />

della necessità di un’accademia delle scienze a roma, il<br />

ministro racconta un aneddoto che ha per protagonista theodor<br />

Mommsen:<br />

Mi sia lecito di comportarmi come un cittadino molto libero, e quindi di<br />

ricordare un aneddoto. nel 1871, poco dopo l’effettiva venuta del governo<br />

italiano a roma, io aveva l’onore di ospitare un uomo illustre, un<br />

grande storico […] una sera, nel calore della conversazione, dopo parlato<br />

di roma antica, di roma papale, di idealismo, di realismo e di non<br />

so quante cose, il fiero teutonico si alza e mi dice in tuono concitato: ma<br />

che cosa intendete fare a roma? Questo ci inquieta tutti; a roma non<br />

si sta senza avere <strong>dei</strong> propositi cosmopoliti! che cosa intendete di fare?<br />

io cercai di tranquillarlo (e credo che oggi si sarà tranquillato, visto che<br />

non abbiamo neppure la virtù di soffrire un tantino per arrivare a maggiore<br />

grandezza). Ma io gli dissi: sì, un proposito cosmopolita non possiamo<br />

non averlo a roma; quello della scienza. noi dobbiamo renderci<br />

conto della posizione che occupiamo davanti al mondo civile, dacché<br />

siamo a roma. ebbene, signori, un palazzo per l’accademia delle scienze<br />

non è un lusso inutile … (41)<br />

il modo in cui l’episodio viene raccontato, grazie alla sintassi segmentata<br />

in periodi uniproposizionali, e al lessico semplice, quasi<br />

del tutto privo di arcaismi, (42) rappresenta bene l’andamento parlato<br />

e discorsivo <strong>dei</strong> discorsi ufficiali di Sella. andamento e stile<br />

testimoniati anche nel brano che segue, che ha per oggetto la co-<br />

(40) Discorso del 23 aprile 1875, in Discorsi parlamentari, cit., i, p. 548.<br />

(41) il brano è tratto dal discorso del 14 marzo 1881 sulle opere edilizie a roma.<br />

la citazione è tratta da Discorsi parlamentari, cit., i, p. 292.<br />

(42) il verbo tranquillare, segnalato nel GDLI come ant. e letter., era normalmente<br />

usato non solo da Manzoni e Verga, ma anche, nel novecento, da scrittori come giani<br />

Stuparich e Mario Soldati. Quanto alla variante letteraria dittongata tuono, si tratta<br />

di forma ancora usata da roberto longhi. cfr. Co n t i n i, Letteratura, cit., p. 529.<br />

53


struzione del palazzo delle esposizioni di via nazionale a roma,<br />

nel quale Sella commenta ironicamente l’attacco di una parte del<br />

parlamento al progetto:<br />

Si parla di un modesto palazzo, che sarà poi una piccola cosa, per l’esposizione<br />

permanente di belle arti. ebbene, qualche giovane esordiente avrà<br />

occasione di fare conoscere più presto qualche sua opera, qualche suo<br />

genere. la venuta di qualche artista in roma sarà la distruzione dell’arte<br />

italiana? no, no, no. tranquilli votiamo, e v’invitiamo a votare tranquilli.<br />

non sarà il palazzo dell’esposizione di belle arti che potrà far danno<br />

all’arte italiana. Signori, ho finito, ed in tutt’i casi voglio finire; ma prima<br />

di chiudere il mio discorso desidero sottoporvi un’altra osservazione<br />

da naturalista. Questa discussione ha dato luogo ad un fatto curioso, ad<br />

un conflitto tra i vecchi ed i giovani. non parlo di tutt’i giovani; perché<br />

vi sono giovani che, per la loro condotta in questa discussione, dovrei<br />

dire invecchiati […] non meravigliatevi se, quando si parla di roma, le<br />

nostre vecchie ossa si elettrizzano. (43)<br />

tono diverso hanno, ovviamente, i discorsi fatti in occasione di<br />

commemorazioni ufficiali, nei quali il dettato si fa più sostenuto,<br />

e Sella ricorre a stilemi tipici della tradizione oratoria e del gusto<br />

classicistico, come le dittologie e le terne: «un lavoro accuratissimo<br />

e coscienzioso» 167; (44) «un consiglio sempre sereno, sempre<br />

nobile, sempre benevolo» 170; (45) «l’instancabile operosità, il singolare<br />

acume, la profonda erudizione» 171; (46) «l’amicizia, la devozione,<br />

l’abnegazione» 171. la maggiore elevatezza del registro<br />

è presente nei discorsi che trattano temi particolarmente cari a Sella,<br />

per esempio quello pronunciato per l’allargamento della sfera<br />

d’azione dell’accademia <strong>dei</strong> lincei, «sia dandole maggiori mez-<br />

(43) cito sempre dal discorso del 14 marzo 1881, cfr. Discorsi parlamentari,<br />

cit., i, pp. 307 e 309.<br />

(44) commemorazione del deputato cesare Valerio, discorso del 17 marzo 1873,<br />

in Discorsi parlamentari, cit., i, p. 167.<br />

(45) commemorazione del senatore luigi Des ambrois, discorso del 4 dicembre<br />

1874, in Discorsi parlamentari, cit., i, p. 169.<br />

(46) Questo e l’esempio successivo sono tratti dalla commemorazione del deputato<br />

Matteo raeli, discorso del 27 novembre 1875, in Discorsi parlamentari, cit.,<br />

i, p. 171.<br />

54


zi per le scienze naturali, sia estendendola alle scienze morali e<br />

politiche», (47) in cui Sella esibisce più del solito le procedure retoriche<br />

tipiche della tradizione letteraria, come l’accumulo, attraverso<br />

le terne («eccitare … far vibrare … appassionare»; «e muova, e<br />

vibri, e viva»; «e immobile, e inerte, e morto») e le riprese simmetriche<br />

(«Si direbbe … Si direbbe …») ricorrendo insolitamente<br />

a immagini di forte presa ed effetto («acciò il gelo dell’immobilità,<br />

della morte non ci ricolga»):<br />

non ci può esser dissenso intorno all’opportunità di un sodalizio scientifico<br />

completo nella capitale del regno, intorno all’utilità di eccitare,<br />

di far vibrare le intelligenze italiane, di appassionare i cuori per il vero<br />

ed il bello. a qualunque parte dello scibile noi ci dedichiamo, per quella<br />

tale connessione che si va ogni dì stringendo fra le scienze, siamo certo<br />

tutti convinti che l’uomo è tanto più potente nelle singole parti, quanto<br />

più completo esso è. nell’uomo, nelle nazioni noi vediamo periodi in<br />

cui tutto si accascia, altri in cui è grande la forza materiale, l’operosità,<br />

l’acume dell’ingegno, la virtù morale. Si direbbe che ci ha concomitanza,<br />

armonia nell’esercizio di tutte le facoltà; si direbbe che tutto ad<br />

un tempo e muova, e vibri, e viva, ovvero tutto sia ad un tempo e immobile,<br />

e inerte, e morto. avanti dunque nella scienza, ora che le grandi<br />

quistioni politiche sono risolute, acciò il gelo dell’immobilità, della<br />

morte non ci ricolga.<br />

Sullo stesso tema Sella pronunciò nel 1880 un discorso appassionato,<br />

pur se formalmente contenuto nei toni, di fronte a umberto<br />

e Margherita di Savoia, nel quale esaltava il progresso scientifico<br />

della nazione e il ruolo dell’accademia delle scienze, ricorrendo<br />

non a citazioni, a immagini figurate, a moduli retorici, ma<br />

all’espressione «funzione di», tratta dal linguaggio <strong>dei</strong> matematici,<br />

a lui familiare: (48)<br />

(47) il brano è tratto dal discorso pronunciato da Sella nella Sessione straordinaria<br />

tenuta in Comitato segreto nei giorni 24 e 25 gennaio 1875, estratto dagli «atti<br />

della r. accademia <strong>dei</strong> lincei», s. 2, vol. ii, 1875, p. X X i, e ristampato in Discorsi<br />

parlamentari, cit., i, pp. 811-812.<br />

(48) Discorso del 19 dicembre 1880, estratto dagli «atti della r. accademia <strong>dei</strong><br />

lincei», s. 3, transunti, V (1881), p. 39, ripubblicato in Discorsi parlamentari, cit.,<br />

i, p. 833.<br />

55


ora lo scopo pratico, l’ideale nostro è quello che determinò il padre della<br />

patria, nel suo primo discorso reale dopo la liberazione di roma: fare<br />

grande e felice l’italia. a conseguire questo nobile scopo, per altri ostacoli<br />

non meno arduo, grandemente giova l’accademia delle scienze; imperocché<br />

la grandezza e la prosperità d’un paese è indubbiamente una<br />

conseguenza diretta, o come i matematici direbbero, una funzione del<br />

progresso morale, intellettuale ed economico <strong>dei</strong> cittadini. non v’è ormai<br />

chi non vegga, come senza un’alta coltura scientifica, scarso riesca<br />

lo sviluppo della ricchezza di un paese.<br />

e in un lungo discorso pronunciato il 14 marzo 1881 colpiscono i<br />

toni accesi con i quali Sella parla del difficile rapporto tra scienza<br />

e chiesa, ricorrendo all’esclamazione ripetuta «fuori i lumi!»,<br />

alla ripetizione ad effetto dell’espressione sprezzante «abbiamo a<br />

fare con gente … abbiamo a fare con gente …», (49) e al crescendo<br />

volutamente enfatico rappresentato da «Fari elettrici anzi devono<br />

essere»:<br />

l’italia […] ha un debito d’onore verso l’umanità: essa deve adoperarsi<br />

in tutti i modi perché appaia bene la verità, la quale risulta incontestabile<br />

dalle indagini scientifiche; la scienza per noi a roma è un dovere supremo.<br />

Fuori i lumi! Fari elettrici anzi devono essere; imperocché abbiamo<br />

a fare con gente che chiude gli occhi e si tappa le orecchie; abbiamo<br />

a fare con gente che vuol pigliare i giovani fino dalla infanzia, avviarli<br />

alle proprie scuole secondarie, e poi vuol dare a costoro i più alti uffici<br />

che si possono affidare all’umanità, come la direzione delle coscienze e<br />

l’educazione della gioventù. Dunque io dico: fuori i lumi! Questo deve<br />

essere il nostro intendimento, né solo a roma, ma in tutto il paese». (50)<br />

Ma una lettura degli scritti di Quintino Sella deve tener conto anche<br />

di altre pratiche di scrittura, rintracciabili in testi meno legati<br />

alle situazioni ufficiali <strong>dei</strong> discorsi parlamentari o lincei o delle<br />

(49) Sella si serve del costrutto «avere a fare con», variante ancora in uso nell’ottocento<br />

rispetto all’incombente e poi trionfante «avere a che fare con». Sul modulo<br />

e sulla sua evoluzione si veda o. Ca S t e l l a n i Po l l i d o r i, A proposito di un’a di troppo:<br />

«Avere a che fare», «Studi linguistici italiani», Xi (1985), pp. 27-49, ora in id, In<br />

riva al fiume della lingua. Studi di linguistica e filologia (1961-2002), roma 2004,<br />

pp. 425-450.<br />

(50) Discorso del 14 marzo 1881, in Discorsi parlamentari, cit., i, p. 303.<br />

56


commemorazioni pubbliche. Mi riferisco alla testimonianza offerta<br />

dai sei volumi dell’Epistolario. anche nella comunicazione epistolare,<br />

che abbraccia quasi quarant’anni (dal 1842 al 1881) sono<br />

presenti gli stessi caratteri di sobrietà e di rigore linguistico già<br />

osservati finora, con pochissime concessioni all’enfasi e alla retorica.<br />

le lettere di Sella rispettano le convenzioni della «grammatica<br />

epistolare» che nell’ottocento «regolavano i rapporti tra corrispondenti,<br />

anche quelli improntati a cordiale spontaneità», (51) e<br />

nello stesso tempo rivelano, com’è prevedibile, una maggiore libertà<br />

linguistica, una scrittura caratterizzata da un tasso più alto<br />

di espressività e colloquialità. pur essendo andate purtroppo perdute<br />

le lettere che più avrebbero rivelato la lingua usata da Sella<br />

nella quotidianità e nella vita affettiva, (52) possiamo estrarre qualche<br />

esempio dalle lettere scritte ad alcuni degli amici più cari, nelle<br />

quali affiorano con maggiore intensità, nella dimensione privata<br />

dello scambio epistolare, i modi colloquiali già notati nei discorsi<br />

ufficiali. tra i destinatari delle lettere occupa un posto importante<br />

proprio l’amico giorgini ricordato prima, il «carissimo Bista» al<br />

quale Sella scrive abbandonandosi a toni confidenziali:<br />

Quanto a me sono proprio felice del congedo avuto, ché mi atterriva non<br />

la prospettiva di rimanere alle finanze se mi fossero dati i mezzi occor-<br />

(51) l. Se r i a n n i, Spigolature linguistiche dal carteggio “Verdi-Ricordi”, in id.,<br />

Viaggiatori, musicisti, poeti, Milano 2002, p. 167. Sulla grammatica epistolare nell’ottocento<br />

si veda La cultura epistolare nell’Ottocento, cit.<br />

(52) i curatori dell’Epistolario cit., nell’Avvertenza, p. v, scrivono: «Fra le lacune<br />

più dannose alla conoscenza <strong>dei</strong> sentimenti dell’uomo, l’assenza della maggioranza<br />

delle lettere alla moglie clotilde rey, le quali, conservate in parte a torino presso<br />

la figlia Sita (altre erano state distrutte per disposizione testamentaria), si perdettero<br />

per un bombardamento aereo durante la seconda guerra mondiale». ciononostante,<br />

anche le pochissime lettere sopravissute indirizzate a clotilde presenti nel vol. i<br />

dell’Epistolario cit. permettono qualche notazione sul crescendo nel tempo delle formule<br />

d’apertura e di chiusura delle lettere: da «amatissima clotilde mia» 154 a «carissima<br />

Moglie» 177, 179, fino a «cara mogliuccia!» 186. e, nei saluti finali, da «il<br />

tuo bersagliato amico e fidanzato» 155, «il tutto tuo» 178, «il tuo caro marito» 187,<br />

fino a «ti bacia teneramente il tuo» 230. Sulla «prossemica epistolare» e sulle formule<br />

di esordio e congedo nei carteggi ottocenteschi rinvio ancora a Se r i a n n i, Spigolature,<br />

cit., p. 167 e G. an t o n e l l i, La grammatica epistolare nell’Ottocento, in La cultura<br />

epistolare, cit., pp. 31-38.<br />

57


enti, ma quella di rimanere bandiera ad una barca il cui timone non era<br />

in mano mia, ma nella mano di altri irresponsabili. potrò così tornare a<br />

qualche studio diletto, a qualche lettura geniale. Quanto mi duole non<br />

vivere in luogo dove ti avessi a tiro! Quanto desidererei leggere e gustare<br />

teco qualche classico! (53)<br />

era scritto che non ci vedessimo … direbbe un Musulmano. Mentre tu<br />

frugavi nella mia camera all’albergo io ero … al camerino adiacente.<br />

Qualche mezzo minuto dopo il cameriere correva giù per le scale, ed in<br />

piazza Maria novella onde agguantarti, ma invano. ti mando una lettera<br />

[di] cerri come elemento per il tuo dizionario. le distinzioni di mulini<br />

a gorile, a guedoccio, a gora, a margone tu le saprai fare meglio del<br />

carena. (54) a Biella trovai bene mia Madre mio fratello e tutti quanti, cosicché<br />

me ne tornai contento con clotilde ed i figli che costituiscono la<br />

mia capitale amministrativa e politica. (55)<br />

Diverso tasso di letterarietà presentano le lettere indirizzate a personalità<br />

della politica e della cultura del tempo. particolarmente<br />

interessanti, per il contenuto, il tono, la lingua usata, le due lettere<br />

scritte a giosue carducci su un tema che stava particolarmente a<br />

cuore a Sella, e che aveva visto il poeta schierato sul fronte opposto:<br />

il trasferimento a roma della capitale del regno. nella lettera<br />

spedita da Biella il 31 dicembre 1879 (56) Sella scriveva:<br />

certo siamo piccini e deboli, e soprattutto poco virtuosi. Ma bassi e vili<br />

come ci fa il vostro carme, no di certo. ned è per vendere i sacri resti<br />

(53) lettera del 26 giugno 1873, in Epistolario, cit., iV, pp. 508-509. proprio il<br />

26 giugno di quell’anno giovanni lanza aveva comunicato alla camera che il re aveva<br />

accettato le dimissioni presentate dal suo governo.<br />

(54) Sella fa qui riferimento a Faustino cerri, autore di scritti sulla tassa sul macinato.<br />

i termini legati alla terminologia <strong>dei</strong> mulini segnalati all’amico giorgini sono<br />

stati effettivamente registrati in buona parte s.v. mulino nel Novo Vocabolario, cit. Sella<br />

allude scherzosamente a giacinto carena, autore del già citato dizionario metodico<br />

pubblicato tra il 1846 e il 1853.<br />

(55) la lettera, in Epistolario, cit., iV, pp. 564-565, è datata 6-1874, senza indicazione<br />

del mese.<br />

(56) la lettera, in Epistolario, cit., Vi, pp. 136-137, si riferiva alla pubblicazione<br />

a Berlino di dieci poesie di carducci (la prima delle quali è il Canto dell’Italia<br />

che va in Campidoglio), tradotte in tedesco da theodor Mommsen e ulrich von Wilamowitz-Mollendorff.<br />

58


di un glorioso passato che si applicava, e si sostiene impavidi … persino<br />

il macinato!!! a meno che da vero vate voi prevedeste vicino il dominio<br />

<strong>dei</strong> progressisti!! Ma lasciamo correre. lapidati dai poeti e dai prosatori<br />

cademmo, e siamo morti, ed io sono abbastanza protervo da non<br />

domandare neppure il parce sepultis. io torno al solito argomento … ed<br />

è del male immenso che fate alla gioventù. Si va a roma dopo un millennio<br />

e mezzo di schiavitù, e la vostra Musa non vi ispira altri concetti<br />

che quelli del vostro carme? ed io baggiano che entravo in roma vivamente<br />

commosso, pieno la fantasia ed il cuore del passato del presente<br />

del futuro, e tanti minchioni come me della generazione la quale se ne<br />

va, e che in gioventù piena la mente di un alto ideale aveva appreso ad<br />

amare fortemente e santamente la patria.<br />

colpisce, nella lettera, la coesistenza di due registri diversi: da una<br />

parte la quasi parodistica connotazione aulica (che fa sospettare una<br />

voluta imitazione <strong>dei</strong> toni prosastici carducciani), ottenuta col forte<br />

arcaismo («ned» (57) ), con la struttura binaria («piccini e deboli»;<br />

«fortemente e santamente») e ternaria («del passato del presente<br />

del futuro»); con gli accusativi di relazione («pieno la fantasia<br />

ed il cuore»; «piena la mente»); con i termini volutamente elevati<br />

«vate» e «carme», con la citazione latina; dall’altra l’abbassamento<br />

del registro diafasico in funzione ironica («ed io baggiano»;<br />

«tanti minchioni»), completato dall’uso espressivo <strong>dei</strong> punti esclamativi<br />

intenzionalmente ripetuti e <strong>dei</strong> puntini di sospensione. (58) e<br />

nella lettera scritta a carducci da roma il 4 aprile 1880 (59) Sella<br />

tornava sullo stesso argomento, anche se con toni critici ma bonari<br />

e colloquiali («l’ha proprio fatta grossa»):<br />

non c’è che dire: l’ha proprio fatta grossa nel dipingere l’entrata a roma<br />

come fece nella sua poesia […] Se i vati che elevar dovrebbero la vita, e<br />

(57) proprio quel ned per ‘né’ davanti a vocale fa trasparire il tono ironico dello<br />

scrivente. Su ned «anticaglia grammaticale» di «sapore libresco» si veda Serianni,<br />

Il secondo Ottocento, cit., pp. 122 e 132.<br />

(58) Sull’uso del punto esclamativo triplicato come «marca di un’intonazione»<br />

e <strong>dei</strong> puntini “di esitazione” «per preparare il lettore a un motto di spirito, a un doppio<br />

senso, a un gioco di parole» si veda B. mo rta r a Ga r av e l l i, Prontuario di punteggiatura,<br />

roma-Bari 2003, pp. 131 e 113.<br />

(59) Epistolario, cit., Vi, p. 189.<br />

59


trattare gli ideali a cui ispirar si debbe vanno anche al di sotto della prosaica<br />

realtà, a quali nobili propositi si dedicherà la nostra gioventù?<br />

Modello di equilibrio linguistico bilanciato tra sobrietà e colloquialità<br />

sono gli scritti dedicati all’alpinismo, tema sfiorato anche nei<br />

discorsi parlamentari, in uno <strong>dei</strong> rari riferimenti personali («parlo<br />

come un alpinista solitario, il quale va pensando e fantasticando<br />

sulle cose del mondo»). (60) anche in questo caso Sella scrive pagine<br />

linguisticamente esemplari, senza ricorrere a nessun tipo di compiacimento<br />

letterario. nella lettera all’amico Bartolomeo gastaldi<br />

(61) si alternano parti descrittive e parti di narrazione fluida, dal<br />

tono poco libresco, quasi giornalistico. ecco, in successione, due<br />

esempi delle diverse modalità con le quali Sella riferisce la propria<br />

esperienza: nella prima, pur dichiarandosi estraneo alla scienza<br />

della botanica, riferisce l’esperienza vissuta con precisione da<br />

naturalista, (62) nella seconda si abbandona a una descrizione autoironica<br />

della scalata del Monviso:<br />

in fatto di botanica, ti dirà il conte Saint robert, che è botanico di molta<br />

vaglia, e che ha per giunta molto attentamente e lungamente erborizzato<br />

attorno al Monviso, quanto ci sia di particolare in queste vallate. come<br />

estraneo a questa scienza, soltanto ti dirò come la valle della Varaita sia<br />

una delle valli alpine che il viaggiatore percorre con maggiore piacere.<br />

infatti se il suo fondo venne recentemente depauperato <strong>dei</strong> noci colossali<br />

di cui andava altero, esso è tuttavia quasi ovunque verdeggiante di<br />

prati perennemente irrigati dalle acque della Varaita e <strong>dei</strong> torrenti laterali.<br />

la costa settentrionale è meno doviziosa di vegetazione, perché i cereali<br />

vi sono coltivati fino a grande altezza, ma il fianco meridionale è<br />

ricco di bellissime foreste di larici, le quali danno alla valle un aspetto<br />

verdeggiante fatto a bella posta per riposare l’occhio stanco dall’aridità<br />

che oggi travaglia l’italia settentrionale.<br />

(60) Discorso del 14 marzo 1881, in Discorsi, cit., i, p. 303.<br />

(61) la lettera è riportata nell’appendice ai Discorsi parlamentari, cit., i, pp.<br />

567-596 col titolo “una salita al Monviso”.<br />

(62) lo stesso tipo di osservazioni è presente nella descrizione della salita sul<br />

Vesuvio, nella lettera da napoli alla madre rosa Sella del 19 agosto 1861 (Epistolario,<br />

cit., i, p. 328).<br />

60


Dormimmo quindi sotto le tende. taluno di noi aveva spinto il sibaritismo<br />

fino al farsi trasportare un materasso a soffietto! io trovo che stendendo<br />

sulla terra un pastrano impermeabile all’umidità, ponendo come<br />

origliere il sacco a martelli da geologo, e gettando sul corpo un paio di<br />

coperte, si può dormire con tutto il confort desiderabile. però io esagererei<br />

di molto quando dicessi di aver fatto una buona nottata. il passaggio<br />

dalle discussioni parlamentari e dalla snervante vita sedentaria a questi<br />

faticosi esercizi era stato forse troppo repentino, ed il sangue aveva<br />

ricevuta una scossa subitanea, che mi dava una agitazione febbrile. Ma<br />

il mio amico Barracco, (63) che era presso a poco sulla nuda terra, sebbene<br />

allevato in mezzo alle delizie di napoli e fra tutti gli agi compatibili<br />

con una delle più grandi fortune d’italia, dormì saporitissimamente tutta<br />

la notte. e poi si discorra della mollezza <strong>dei</strong> meridionali!<br />

anche attraverso questi primi prelievi dai vari scritti è possibile<br />

osservare la generale uniformità della lingua usata da Sella. a<br />

rendere sostanzialmente omogenea la sua prosa concorrono, come<br />

s’è visto, alcuni caratteri: mancanza di enfasi, scarsissima presenza<br />

di figuralità retorica, aggettivazione sobria, prudente moderazione<br />

<strong>dei</strong> toni nell’oratoria politica, cautela e misura nell’uso del<br />

lessico. Si tratta degli stessi caratteri che connotano anche la prosa<br />

di cavour, di D’azeglio (64) e che caratterizzeranno, mezzo secolo<br />

dopo, quella di giolitti. (65) Se la tendenza antideclamatoria di Sella<br />

conferma l’esistenza di una linea linguistica ottocentesca mino-<br />

(63) giovanni Barracco, deputato e senatore calabrese, fu collezionista d’arte e<br />

mecenate, fondatore del Museo di scultura antica Barracco a roma. Dopo aver scalato<br />

il Monte Bianco, scalò il Monviso con Quintino Sella, col quale fondò, nel 1863, il<br />

club alpino italiano. Si veda C. mu l è, Giovanni Barracco, un barone calabrese. Alpinista,<br />

parlamentare, mecenate, Soveria Mannelli 2005.<br />

(64) la prosa di Massimo D’azeglio aveva impressionato molto il giovane Sella,<br />

che in una lettera scritta il 7 maggio 1846 da torino al fratello giuseppe Venanzio<br />

(Epistolario, cit., vol. i, p. 36), a proposito del libro Degli ultimi casi di Romagna.<br />

Riflessioni, colpito dalla censura, scriveva: «se per caso si vendesse a Biella ti prego<br />

caldamente a mandarmelo almeno una copia, perché vorrei farlo leggere ai miei amici,<br />

giacché è libro importantissimo ed interessante a leggersi».<br />

(65) Sul linguaggio di cavour, D’azeglio, giolitti si vedano e. le S o, Momenti<br />

di storia del linguaggio politico, in Storia della lingua italiana, a cura di l. Serianni<br />

e p. trifone, ii, Scritto e parlato, torino 1994, pp. 723-736 e r. Gu a l d o, Il linguaggio<br />

politico, in Lingua e identità. Una storia sociale dell’italiano, nuova edizione, a<br />

cura di p. trifone, roma 2009, pp. 237-246.<br />

61


itaria lontana dagli eccessi del lessico religioso mazziniano e della<br />

retorica risorgimentale, le sue predilezioni sintattiche e lessicali<br />

rappresentano, nonostante le prese di distanza rispetto alla soluzione<br />

manzoniana, un buon esempio del progressivo avvicinamento<br />

della lingua scritta a quella parlata, e la miglior dimostrazione che<br />

la lingua italiana si avviava davvero a diventare nel futuro, secondo<br />

le convinzioni lungimiranti del presidente dell’accademia <strong>dei</strong><br />

lincei, «la lingua di tutti». (66)<br />

62<br />

va l e r i a de l l a va l l e<br />

(66) l’espressione «la lingua di tutti» è ripresa dalla lettera-prefazione di giorgini<br />

al Novo Vocabolario, cit., p. i.


nel Solco Della traDizione.<br />

Da FeDerico ceSi a Quintino Sella<br />

la breve esistenza della prima accademia <strong>dei</strong> lincei (1603-<br />

1630) (1) ebbe termine con la morte, prematura, del suo fondatore,<br />

Federico cesi, (2) ma ciò non impedì che l’ordo Lynceorum infondesse<br />

in varie opere, manoscritte e stampate, gli ideali contenuti<br />

nello statuto del sodalizio, il Lynceographum. (3) lo studio della sa-<br />

(1) per la storia della prima accademia <strong>dei</strong> lincei cfr. B. od e S C a l C h i, Memorie<br />

istorico critiche dell’<strong>Accademia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong>, roma 1806; d. Ca r u t t i, Breve storia<br />

della <strong>Accademia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong>, roma 1883; G. Ga B r i e l i, Contributi alla storia della <strong>Accademia</strong><br />

<strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong>, i-ii, roma 1989 (i due volumi raccolgono gli scritti che gabrieli,<br />

bibliotecario dell’accademia dal 1903 al 1942, dedicò allo studio <strong>dei</strong> primi lincei), Il<br />

carteggio linceo, a cura di g. gabrieli, roma, accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei, 1996<br />

(il volume ristampa gli scritti pubblicati, tra il 1938 e il 1942, nelle «Memorie della<br />

classe di Scienze morali, storiche e filologiche»), i. Ba l d r i G a, L’occhio della lince.<br />

I primi <strong>Lincei</strong> tra arte, scienza e collezionismo (1603-1630), roma 2002; d. Fr e e d-<br />

B e r G, L’occhio della lince. Galileo, i suoi amici e gli inizi della moderna storia naturale,<br />

traduzione e cura di l. guerrini, Bologna 2007.<br />

(2) il sodalizio non fu in grado di sopravvivere a cesi per una serie di ragioni: in<br />

primo luogo esso perdette progressivamente il necessario appoggio curiale e il cardinale<br />

Francesco Barberini, nipote del pontefice urbano Viii, non succedette a cesi nel<br />

ruolo di Lynceorum Princeps. poco tempo dopo, inoltre, veniva condannato il più illustre<br />

sodale, galileo galilei. a ciò si aggiungano, infine, le sempre più gravi difficoltà<br />

finanziarie, dovute all’immediata decisione di isabella Salviati (consorte di cesi) di<br />

alienare le collezioni librarie e museali dell’accademia per provvedere le figlie di beni<br />

dotali. la vendita era stata propiziata dall’assenza di un testamento. Si veda a riguardo<br />

la lettera che il linceo Francesco Stelluti invia a galilei per comunicargli la «perdita<br />

fatta del nostro Sig.r principe […]; più mi duole che non ha disposto delle cose<br />

dell’accademia, alla quale voleva lasciare tutta la sua libraria, museo, manoscritti et<br />

altre belle cose, le quali non so in che mani capiteranno. era il povero Signore tanto<br />

afflitto del male c’haveva, del quale non sperava liberarsene, che non sentiva più gusto<br />

di cosa alcuna, né è stato possibile di persuaderlo a fare testamento». cfr. Il carteggio,<br />

cit., n. 1011, p. 1217.<br />

(3) il testo, alla cui stesura cesi e alcuni sodali attesero dal 1603, rimase mano-<br />

63


pientia presupponeva l’attenta osservazione <strong>dei</strong> fenomeni naturali,<br />

della terra e del cielo, puntualmente accompagnata dall’illustrazione,<br />

che si considerava necessario corredo iconografico di ogni testo<br />

scientifico. all’observare <strong>dei</strong> sodali dovevano seguire lo scribere,<br />

l’imprimere e l’edere, come stabiliscono le Praescriptiones<br />

Lynceae, stampate nel 1624 a cura del cancelliere dell’accademia<br />

Joannes Faber: In Sapientiae autem pio semper et in Dei Optimi<br />

Maximi laudes studio, observationi primum et contemplationi, post<br />

scriptioni ac inde tandem editioni incumbendum. (4)<br />

Sin dal 1605 il linceo olandese Joannes van heeck, con il trattato<br />

De nova stella, (5) inaugurò la felice stagione <strong>dei</strong> libri impressi<br />

scritto per quasi quattrocento anni. l’edizione critica del volume, resa possibile grazie<br />

alla trascrizione di ada alessandrini e armando petrucci, fu stampata nel 2001 e<br />

inaugurò la nutrita serie delle pubblicazioni edite nell’ambito delle celebrazioni per<br />

il quarto centenario della fondazione dell’accademia <strong>dei</strong> lincei. cfr. Lynceographum<br />

quo norma studiosae vitae Lynceorum philosophorum exponitur, a cura di a. nicolò<br />

ricci, roma 2001. il testo statutario è all’interno del manoscritto miscellaneo archivio<br />

linceo iV conservato presso la Biblioteca dell’accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei<br />

e corsiniana. cfr. i. Ba l d r i G a, Lynceographum quo norma studiosae vitae Lynceorum<br />

philosophorum exponitur, in Il trionfo sul tempo. Manoscritti illustrati dell’<strong>Accademia</strong><br />

<strong>Nazionale</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong>, a cura di a. ca<strong>dei</strong>, Modena 2002, pp. 71-73 (catalogo<br />

della mostra omonima, tenutasi a roma, presso palazzo Fontana di trevi, dal 27 novembre<br />

2002 al 26 gennaio 2003) e m. Gu a r d o, La sapientia e il suo specchio nella<br />

libraria di Federico Cesi: nota su una particula del lynceographum, in Le mille<br />

e una cultura. Scrittura e libri fra Oriente e Occidente, a cura di M. c. Misiti, Bari<br />

2007, pp. 25-39.<br />

(4) cfr. J. Fa B e r, Praescriptiones Lynceae Academiae, terni 1624. il volume fu<br />

ristampato a roma nel 1745. Quest’ultima edizione fu riprodotta in anastatica in Celebrazioni<br />

per il IV centenario della fondazione dell’<strong>Accademia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong>, a cura di<br />

V. pirro, arrone (tr) 2003, pp. 21-32. per la citazione cfr. p. 22.<br />

(5) cfr. G. Fi n o C C h i a r o, Intorno a due libri ‘<strong>Lincei</strong>’: il ‘De nova stella’ di Ioannes<br />

Heckius emendato dall’autore e il ‘compendium’ di Cristophorus Clavius già<br />

della Biblioteca cesiana, «rendiconti dell’accademia <strong>dei</strong> lincei. classe di Scienze<br />

morali, storiche e filologiche», XiV (2003), pp. 89-97 e m. Gu a r d o, caelestia e naturalia<br />

nel segno della lince, in Favelleran di te sempre le stelle. Galileo, i primi <strong>Lincei</strong><br />

e l’astronomia, a cura di e. antetomaso, a. romanello, a. trentini, roma, accademia<br />

nazionale <strong>dei</strong> lincei, 2012, pp. 13-20, in particolare p. 16: «il volume trae<br />

origine dalla nova che nel 1604 attraversa il cielo nella costellazione del Sagittario,<br />

causando accesi dibattiti e sollecitando la pubblicazione di molteplici libelli. il sodale<br />

d’oltralpe aveva osservato e descritto il fenomeno sotto il cielo di praga […]». Molto<br />

opportunamente S. ri C C i, Federico Cesi e la nova del 1604. La teoria della fluidità<br />

del cielo e un opuscolo dimenticato di Joannes van Heeck, «atti dell’accademia<br />

64


nel segno della lince, che darà i suoi frutti più maturi dopo l’ascrizione<br />

del sodale forse più illustre, galileo galilei. nel 1613 seguirono<br />

le Macchie solari e, dieci anni più tardi, Il saggiatore,<br />

volume, quest’ultimo, studiatamente dedicato al pontefice urbano<br />

Viii. (6) uomo di scienza e di lettere, ma anche abile diplomatico<br />

ed esperto di strategia editoriale, il Lynceorum Princeps comprese<br />

che il giubileo urbaniano del 1625 avrebbe potuto costituire<br />

una grande occasione per il proprio sodalizio, alla costante ricerca<br />

di appoggi e di patroni. ne sortì un trattato entomologico dello<br />

stesso cesi, l’Apiarium: (7) nello scritto, in folio magno espanso,<br />

per citare l’espressione di leone allacci, (8) l’ape trascendeva<br />

l’emblema araldico del potentato barberiniano per divenire simbolo<br />

di collaborazione tra gli studiosi e, nel contempo, di una nuova<br />

scienza, fortificata da strumenti nuovi e straordinari, quali il telescopio<br />

e il microscopio. (9)<br />

nel 1630 il Persio tradotto in verso sciolto del linceo Francesco<br />

Stelluti concludeva l’attività editoriale accademica; il cosiddetto<br />

Tesoro messicano, monumentale volume sui naturalia messicani,<br />

impreziosito da circa ottocento immagini xilografiche, sarebbe<br />

nazionale <strong>dei</strong> lincei. rendiconti della classe di Scienze morali, storiche e filologiche»,<br />

s. Viii, Xliii (1988), pp. 111-133, p. 115, rileva che i lincei «uscirono per la<br />

prima volta allo scoperto con una pubblicazione che affrontava uno scottante problema<br />

di astronomia e di cosmologia, scienze che non entrarono, quindi, nell’accademia,<br />

solo nel 1611, con galileo».<br />

(6) la lettera dedicatoria, redatta dal linceo Virginio cesarini, contiene nella chiusa<br />

la supplica <strong>dei</strong> sodali al neoletto pontefice: «[…] la supplichiamo a mantener favoriti<br />

i nostri studi co’ cortesi raggi e vigoroso calore della sua benignissima protezzione».<br />

cfr. Il carteggio, cit., n. 690, p. 822.<br />

(7) F. Ce S i, apiarium. Testo e traduzione, i, a cura di l. guerrini, traduzione di<br />

M. guardo, roma, accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei, 2005. Sul sito dell’accademia<br />

nazionale <strong>dei</strong> lincei (www.lincei.it) è disponibile l’edizione digitale del documento,<br />

promossa nel 2005 dalla suddetta accademia in collaborazione con l’istituto e Museo<br />

di Storia della Scienza di Firenze (oggi Museo galileo). cfr. anche G. Fi n o C C h i a r o,<br />

Dall’apiarium alla ΜΕΛΙΣΣΟΓΡΑΦΙΑ. Una vicenda editoriale tra propaganda scientifica<br />

e strategia culturale, «atti dell’accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei. rendiconti della<br />

classe di Scienze morali, storiche e filologiche», s. iX, XV (2004), pp. 767-779.<br />

(8) l. al l a C C i, Apes urbanae, roma 1633, p. 90.<br />

(9) cfr. m. Gu a r d o, L’Ape e le Api: il paratesto linceo e l’omaggio ai Barberini,<br />

«paratesto», 1 (2004), pp. 121-136.<br />

65


stato pubblicato nella sua interezza solo nel 1651, (10) oltre vent’anni<br />

dopo la morte di cesi, e dedicato al monarca spagnolo Filippo<br />

iV.<br />

Frammentari ed episodici i tentativi di fare risorgere l’accademia,<br />

a cominciare da quello del medico riminese giovanni Bianchi,<br />

il quale nel XViii secolo fu per brevissimo torno di tempo Lynceorum<br />

restitutor. (11) Miglior fortuna non arrise a coloro che nei primi<br />

anni del secolo successivo tentarono di consolidarne le sorti. (12)<br />

occorrerà attendere l’unità d’italia e la breccia di porta pia, quando<br />

avrà assunto la presidenza Quintino Sella, (13) lo statista piemontese<br />

che nell’arco di un decennio (1874-1884) darà all’accademia<br />

<strong>dei</strong> lincei la riforma che ancora oggi ne costituisce la base. (14)<br />

Fin dal discorso pronunciato durante il banchetto offerto il 22<br />

marzo 1874 alla presenza del presidente del consiglio Marco Min-<br />

(10) i naturalia riguardano la botanica, la zoologia e la mineralogia del nuovo<br />

Mondo. la silloge naturalistica prende le mosse dalle ampie relationes manoscritte<br />

di Francisco hernández, protomedico di Filippo ii, il cui testo fu compendiato dal<br />

successore del medico spagnolo, nardo antonio recchi di Montecorvino (presso Salerno).<br />

il manoscritto del compendio, ereditato dal nipote di recchi, il giurista-bibliofilo<br />

Marco antonio petilio, fu acquisito da cesi nel 1610 circa. nel 1992 l’accademia<br />

nazionale <strong>dei</strong> lincei ha riprodotto (per i tipi dell’istituto poligrafico e zecca<br />

dello Stato) l’esemplare del Tesoro messicano conservato presso la propria Biblioteca<br />

con segnatura archivio linceo 31 (si tratta dello stampato appartenuto a cesi, il<br />

quale vergò diverse carte del libro con postille di argomento botanico); la riproduzione<br />

ha visto la curatela del linceo g. B. Marini Bettòlo, autore del commentario (Una<br />

guida alla lettura del tesoro messicano). cfr. anche El Tesoro mexicano. La <strong>Accademia</strong><br />

<strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong> y las maravillas del Nuevo Mundo. catálogo de la exposición a cargo<br />

de e. antetomaso, a. romanello y a. trentini, coordinación científica de M. guardo,<br />

roma 2010 (cfr. in particolare la bibliografia alle pp. 91-94) e Il Tesoro messicano.<br />

Libri e saperi tra Europa e Nuovo Mondo, a cura di M. e. cadeddu e M. guardo,<br />

in corso di stampa (atti del convegno tenutosi a roma presso l’accademia nazionale<br />

<strong>dei</strong> lincei, 30-31 maggio 2011).<br />

(11) cfr. a. Fa B i, Bianchi, Giovanni, in Dizionario Biografico degli Italiani,<br />

roma, 10, 1968, pp. 104-112.<br />

(12) d. Ca r u t t i, Breve storia, cit., pp. 104-132.<br />

(13) cfr. I <strong>Lincei</strong> nell’Italia unita. Mostra storico-documentaria sotto l’alto patronato<br />

del presidente della repubblica (roma, 22 novembre 2003-10 gennaio 2004),<br />

a cura di g. paoloni e r. Simili, roma 2004, pp. 13-24.<br />

(14) cfr. t. Gr e G o ry, Quintino Sella, Roma, l’<strong>Accademia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong>, saggio contenuto<br />

nel presente catalogo.<br />

66


ghetti e di altri esponenti del governo e del parlamento, (15) Sella,<br />

come rileva tullio gregory, «delineava con estrema chiarezza la<br />

sua idea <strong>dei</strong> lincei, della loro missione nella nuova italia», ponendosi<br />

in una linea di continuità con il fondatore del sodalizio. (16)<br />

con altrettanta «estrema chiarezza» cesi, nel corso di un celebre<br />

banchetto romano tenutosi sul colle del gianicolo il 14 aprile del<br />

1611 (la «filosofica ragunata, che fu fatta nel Janicolo, che durò<br />

dalle 20 hore sino alla mezza notte, tutta consumata in dispute e<br />

colloquii dottissimi […] col principe cesi»), (17) aveva delineato assai<br />

efficacemente la sua idea dell’accademia. Quella sera galilei,<br />

al cospetto di scienziati, di alti prelati e di un ristretto novero di<br />

sodali, aveva dimostrato le straordinarie potenzialità del telescopio,<br />

consentendo al Lynceorum Princeps di spiegare nel modo più<br />

immediato il senso della missione lincea, legata alla «lettione del<br />

libro dell’universo» e ai saperi della nuova scienza. (18) Due settimane<br />

più tardi galilei era linceo.<br />

nella sua prolusione Sella sostiene in primo luogo che «in questi<br />

anni la face del sapere italiano non brillò di tutta la luce che si<br />

vorrebbe» a causa di «taluni fatti transitorii», quali l’«educazione<br />

sotto gli antichi reggimenti; le necessità o le utilità della patria, le<br />

quali distolsero troppi sapienti dagli studi», e conclude che «la libertà<br />

e la sicurezza della patria sono le prime condizioni per l’incremento<br />

della scienza». cinque anni dopo egli insisterà ancora<br />

(15) cfr. «atti della reale accademia <strong>dei</strong> lincei», s. ii, vol. ii (1874-1875),<br />

pp. X v i i-X X i i.<br />

(16) cfr. Gr e G o ry, Quintino Sella, cit.<br />

(17) cfr. Biblioteca dell’accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei e corsiniana, archivio<br />

linceo iV, c. 347v. la fonte è attestata nel fascicolo che riguarda la biografia del linceo<br />

antonio persio. cfr. G. Ga B r i e l i, Notizia della vita e degli scritti di Antonio Persio<br />

Linceo, in id., Contributi, cit., i, pp. 865-887, p. 877. una lettera del linceo d’oltralpe<br />

Marco Welser a paolo gualdo informa che nel corso del banchetto galilei mostrò<br />

ai convitati, «diversi theologi, filosofi, matematici ed altri […] quei compagni di giove,<br />

con parecchie altre meraviglie celesti» e «fece vedere col suo stromento la loggia<br />

della Beneditione di S. giovanni in laterano, con le lettere dell’inscrittione di Sisto<br />

V, espressissimamente […]». cfr. Il carteggio, cit., n. 61, p. 157.<br />

(18) cfr. m. Gu a r d o, Galilei e il Tesoro messicano, «l’ellisse», Vi (2011), in<br />

corso di stampa.<br />

67


una volta sugli studi talora impediti dalle «necessità della patria»,<br />

pur senza delineare una figura di scienziato avulso dalla politica:<br />

la generazione nostra e quella che ci precedette, furono molto distratte da<br />

un grande compito, quello di fare l’italia. ora che l’italia è fatta, possono<br />

i fortissimi ingegni rivolgersi agli studi. non è che io consigli ai cultori<br />

del sapere l’abbandono della cosa pubblica: ciò sarebbe la decadenza<br />

della nazione: anzi quanto più cresce la civiltà <strong>dei</strong> popoli, di tanto, e<br />

così fattamente si aumentano i compiti e le difficoltà del governo, infatti<br />

ovunque oggidì si lamenta la insufficienza <strong>dei</strong> governanti. Ma quando<br />

un giovane senta spirare nell’animo suo il fuoco sacro della indagine<br />

dell’ignoto […] aggredisca impavido le altezze della scienza.<br />

il presidente, inoltre, non mancava di rammentare ai «giovani»<br />

l’antitesi tra la vanitas dell’attività politica e la fama eterna del<br />

grande scienziato:<br />

[…] ricordino i giovani, che la gloria di chi fa salde scoperte scientifiche<br />

non è piccola presso i contemporanei, e dura nel tempo, giacché la scienza<br />

non è ingrata, ed ha altari eterni per i suoi benemeriti; mentre il chiasso<br />

fatto per esempio attorno ad un ministro, salvo pochissime straordinarie<br />

eccezioni, è labile come l’onda prodotta dal tonfo di una pietra. (19)<br />

cesi, a sua volta, nel suo discorso istituzionale e programmatico<br />

Del natural desiderio di sapere, aveva esordito affermando che<br />

l’«ordinarie brighe e faccende» e i «molti negotii» contribuiscono<br />

a spegnere il «nativo desiderio» di sapere e per tale ragione intendeva<br />

che la sua accademia fosse «provista di quanto e per il vitto<br />

e per la professione l’è necessario, scarica et esente d’ogni altra<br />

cura, ambitione o interesse». (20) anche il Lynceographum, d’altra<br />

(19) Q. Se l l a, Dell’<strong>Accademia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong>, Bologna 1879, pp. 19-20. lo scritto<br />

di Sella è ristampato integralmente nel presente catalogo.<br />

(20) F. Ce S i, Del natural desiderio di sapere et Instituzione de’ <strong>Lincei</strong> per adempimento<br />

di esso, in Galileo e gli scienziati del Seicento, ii. Scienziati del Seicento, a<br />

cura di M. l. altieri Biagi-B. Basile, Milano-napoli 1980, pp. 39-70, in particolare<br />

pp. 42 e 70. il discorso di cesi fu edito per la prima volta da G. Go v i, Intorno alla<br />

data di un discorso inedito pronunciato da Federico Cesi fondatore dell’<strong>Accademia</strong><br />

de’ <strong>Lincei</strong> e da esso intitolato: Del natural desiderio di sapere et instituzione de’ lincei<br />

per adempimento di esso, «atti della r. accademia de’ lincei. Memorie della clas-<br />

68


parte, sanciva nettamente la distanza <strong>dei</strong> lincei dalla sfera politica<br />

(Politicam numquam aut scriptis aut factis profiteantur), divieto<br />

ribadito nelle Praescriptiones Lynceae (Politicas controversias,<br />

immo rixas omnes et adversus alios verbosas contentiones praesertim<br />

spontaneas, et quae simultatem, odium et inimicitias movere<br />

posse videbuntur, alto silentio prateribunt […]). (21)<br />

cesi e Sella, successivamente, toccano l’argomento della religione:<br />

il Lynceographum, con abile prudenza tattica, esorta: Colatur<br />

Theologia in ecclesiasticis viris sacerdotibusque, a quibus<br />

necessaria ad salutem bonosque mores dogmata in nos emanare<br />

poterunt, non enim ad hanc divinam Scientiam Lynceos in Lyceis<br />

viventes incumbere opus erit, pur ammettendo che un sodale<br />

particolarmente versato nel campo teologico sarà degno di lode e<br />

di stima. (22) Sella, invece, con tono più assertivo sostiene che «le<br />

religioni certo non entrano nel programma delle accademie», ma<br />

per specificare subito dopo che «ove le discussioni filosofiche si<br />

estendessero a quistioni di comune dominio […] niuna discussione<br />

sarebbe da un lato più libera, dall’altro più innocua di quelle<br />

delle accademie».<br />

Sia Sella sia il fondatore dell’accademia, inoltre, esaltano il<br />

ruolo dell’osservazione diretta sottesa all’indagine scientifica e al<br />

«vero»: il primo pone più volte l’accento sulle «innumerevoli osservazioni»,<br />

indirizzando lo studioso alla «coscienziosa osservazione<br />

e indagine di ciò che ancora non si conosce». «la lotta contro<br />

l’ignoto colle armi dell’osservazione e della deduzione sia scopo<br />

costante degli studiosi» (23) esorta il presidente, convinto che il «so-<br />

se di scienze morali, storiche e filologiche», s. iii, vol. V (1879-1880), pp. 244-261.<br />

Sella al momento del suo discorso del 1874 non conosceva il testo cesiano, conservato<br />

presso la Biblioteca nazionale di napoli (segnatura Xii e 4).<br />

(21) Lynceographum, cit., p. 69 e Fa B e r, Praescriptiones Lynceae, cit., p. 25.<br />

(22) Lynceographum, cit., pp. 68-69.<br />

(23) nella decorazione a tempera dell’attuale Sala di lettura della Biblioteca<br />

dell’accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei e corsiniana (un tempo Salone delle adunanze<br />

solenni), al primo piano di palazzo corsini, un cartiglio del soffitto reca un’iscrizione<br />

che cita parzialmente la frase di Sella («la lotta contro l’ignoto sia scopo costante<br />

degli studiosi»), indicandone l’autore sul margine inferiore. la suddetta decorazio-<br />

69


dalizio scientifico completo nella capitale del regno» deve «appassionare<br />

i cuori per il vero».<br />

in modo analogo cesi si soffermava sull’«acuta e profonda contemplatione»<br />

e sull’«essercitio universale di contemplatione e prattica»,<br />

così che i sodali potessero «appigliarsi al bramato vero». (24)<br />

un’eguale analogia si rileva non solo sotto il profilo concettuale,<br />

ma anche sotto quello terminologico: al «vero esercito di studiosi»,<br />

che secondo Sella ha il compito di attendere a un «paziente e<br />

scrupoloso lavoro», corrisponde nel discorso cesiano la metafora<br />

della «militia filosofica», (25) peraltro già apparsa in una celebre lettera<br />

scritta dal fondatore dell’accademia a galilei nel maggio del<br />

1612: «habbiamo bisogno di capitani e anco di soldati nella nostra<br />

filosofica militia, se ben molto meno de’ primi, poiché abbiamo gli<br />

ottimi, e pochi bastano a guidar grand’esercito». (26)<br />

anche Sella, sul solco di cesi, che alla fase dell’observatio faceva<br />

seguire quella dell’editio, nutre il fermo convincimento che le<br />

«pubblicazioni accademiche sono il vero archivio di codeste nuove<br />

coscienziose severe osservazioni». ancora: il presidente, giudicando<br />

l’«efficacia» dell’accademia dalla capacità di «illustrare<br />

con stampe gli oggetti che si descrivono», conferma la sua fedeltà<br />

a un dettato cesiano attestato sin dalle origini, allorché il fondatore<br />

dell’accademia sosteneva il binomio testo scritto-immagine sia nel<br />

carteggio («utilissimo sarà il disegnatore in rame per il nostro ordine,<br />

poiché nel stampar i componimenti delli lyn caei la maggior<br />

spesa sarebbe nelle figure, onde avanzeremo questo et potremo figurare<br />

ogni nostra osservazione et capriccio») sia nel Lynceographum,<br />

che afferma la necessità di un pictor ad naturalia observata<br />

effingenda et figuras delineandas ad impressiones all’interno<br />

dell’ordine linceo. (27)<br />

ne è opera del perugino Domenico Bruschi, firmata e datata 1885 (cfr. e. Bo r S e l l i n o,<br />

Palazzo Corsini, roma 2002, p. 89).<br />

(24) Ce S i, Del natural desiderio, cit., pp. 44, 54, 46.<br />

(25) Ivi, p. 53.<br />

(26) Il carteggio, cit., n. 352, p. 353.<br />

(27) Ivi, n. 34, pp. 67-68 e Lynceographum, cit., p. 91. a riguardo si veda altre-<br />

70


il presidente dell’accademia e il Lynceorum Princeps affrontano<br />

di seguito il tema delle università: cesi, con notevole sincerità<br />

di accenti, muovendo dalla necessità dell’osservazione diretta <strong>dei</strong><br />

naturalia, rivolgeva un atto di accusa alla «laurea». infatti essa:<br />

indifferentemente corona tutti quelli che finiscono il corso senza riguardo<br />

alcuno né dell’arrivare né del zoppicare o andar dritto […]. così il<br />

dottorato suole a molti troncar la via del sapere […] si serve all’autorità<br />

di questo e quello dell’antichi, si sostiene questa e quella setta. onde,<br />

mentre solo s’apprendono le cose filosofate d’altri e si godono i frutti<br />

dell’intelletti altrui, con la pigritia e sterilità de’ nostri propri, ben si riduciamo<br />

ad esser filodossi invece de filosofi.<br />

la causa di tutto ciò, secondo cesi, andava individuata nell’operato<br />

degli «aristotelici», i che impediscono «non solo la necessaria<br />

lettione del libro dell’universo, ma anco di qualsivoglia libro che<br />

non sia uscito dalla favorita setta e da’ cari maestri». (28)<br />

Sella, dal canto suo, ritiene che le accademie segnino una tappa<br />

precedente rispetto a quella delle università: le une, infatti, rappresentano<br />

lo stadio delle «prime osservazioni», mentre le altre<br />

quello delle «leggi»:<br />

in generale solo quando le novelle osservazioni si poterono collegare con<br />

una nuova legge o con una correzione alle antiche se ne può discorrere<br />

dalla cattedra. Solo quando si giunse a conclusioni generali le quali interessino<br />

quante occorrono ad un giornale, se ne può trattare nei periodici<br />

ordinari. ora la registrazione delle prime osservazioni importa che<br />

sia fatta indipendentemente dall’interesse che possa eccitare nell’uditorio<br />

scolastico o nei lettori del diario. giova grandemente alla severa veri-<br />

sì il seguente invito che lo statuto rivolge ai sodali (p. 71): Quia vero fugax occasio<br />

est, stilo et pugillaribus numquam careant ut scripto arripere omnia servareque possint<br />

quae ad quascumque Scientias et Lyncea studia ac officia pertinentia viderint observaverintque<br />

[…].<br />

(28) Ce S i, Del natural desiderio di sapere, cit., p. 47. cfr. anche e. ve S e n t in<br />

i, Federico Cesi, Quintino Sella, Vito Volterra. Il ruolo delle Accademie nella storia<br />

d’Italia, in corso di stampa (il contributo sarà pubblicato negli atti del convegno<br />

«le accademie nazionali e la Storia d’italia», napoli, accademia pontaniana, 9-10<br />

dicembre 2011). il video della conferenza di Vesentini è disponibili in rete (www.lincei.it,<br />

sezione focus).<br />

71


tà delle osservazioni il non essere quasi astretti a trarne conclusioni premature,<br />

onde aver mezzo di farle conoscere.<br />

cantiere di «osservazioni», dunque, l’accademia, «bello e duraturo<br />

edificio» l’università. Secondo Sella nella prima opera il «cultore<br />

serio delle scienze», il quale «deve sapersi rassegnare alla parte<br />

dell’operaio e preparare i materiali, i mattoni», nella seconda<br />

«esso stesso o altro più felice architetto» potrà elevare il palazzo<br />

dell’università: il presidente è infatti consapevole che «i momenti<br />

felici in cui le leggi si scoprono non sono molti» e che «l’indispensabile<br />

lavoro quotidiano è più arduo».<br />

Fissati compiti e funzioni dell’accademia in un ambito non più<br />

romano, ma nazionale, Sella concepisce un programma di espansione<br />

universalistica, guardando con favore al moltiplicarsi degli<br />

istituti scientifici d’oltreoceano:<br />

importanti accademie hanno […] gl’inglesi nell’india, nell’australia,<br />

senza parlare degli Stati-uniti, ove, tutto essendo gigantesco, vi sono<br />

accademie scientifiche ed annessi osservatorii, Musei […] in scala letteralmente<br />

colossale. egli è che questi popoli energici hanno molto bene<br />

inteso quale indescrivibile utilità si ritragga per il progresso intellettuale<br />

e materiale della nazione, eccitando nell’individuo lo spirito di osservazione<br />

e di indagine.<br />

più di tre secoli prima lo statuto della prima accademia esortava i<br />

sodali a diffondere i «licei» oltre l’urbe, nell’ottica di un medesimo<br />

spirito di osservazione e di indagine (Construamus […] Lycea<br />

(ita Lynceorum domos appellantes) in maioribus Mundi civitatibus,<br />

in quibus plurimi maneant ac conveniant studiosi doctique; plura<br />

praebeantur physicis speculationibus apta; plurima innotescant ad<br />

scientias attinentia; propinqua multa et adiacentia observari queant)<br />

che coinvolgesse, oltre roma Roma igitur olim Orbis domina<br />

Lyceum habeat, quod medium obtineat Italiae) città italiane e<br />

straniere come napoli (In Neapolitana <strong>dei</strong>nde urbe Lyceum orientalem<br />

Itliae partem habeat, quae studiorum commoditatibus optimis<br />

praedita est et antiquo ac recenti philosophiae splendore illustris),<br />

padova, Vienna, colonia, parigi, ma anche l’asia, l’africa<br />

72


e le indie ([…] poterunt et alia plura studiis et Naturae inspectionibus<br />

deligi loca in ipsa etiam Asia, Aphrica Indiisque pro ut res<br />

et occasio tuberi […]). (29)<br />

Muovendo dal programma universalistico, sia Sella sia cesi ritengono<br />

che l’«esercito di studiosi» e la «filosofica militia» debbano<br />

annoverare i cultori delle humanae litterae. a proposito del<br />

presidente ottocentesco, che nel 1875 riforma lo statuto accademico,<br />

istituendo la classe di Scienze morali, storiche e filologiche, (30)<br />

gregory sottolinea «l’ampia concezione […] del sapere scientifico,<br />

inteso anzitutto come metodo unificante le varie discipline, metodo<br />

d’osservazione e di induzione, rifiutando quindi ogni contrapposizione<br />

fra scienze della natura e scienze dello spirito». (31) Sella,<br />

infatti, nel discorso del 1874 pone una serie di domande, frutto<br />

del pensiero positivistico:<br />

può l’accademia delle scienze di roma, della capitale del regno, essere<br />

circoscritta alle scienze fisiche, matematiche e naturali? […] ammessa<br />

la utilità delle accademie per le scienze naturali, non puossi dubitare<br />

dell’opportunità delle accademie di scienze morali e politiche? Forse<br />

il dubbio reggerebbe presso chi non credesse che il metodo seguito anche<br />

in queste scienze non si andasse ognor più accostando a quel metodo<br />

d’osservazione e di induzione che fece la fortuna delle scienze naturali.<br />

Quante scienze morali e politiche non procedono oggi come le naturali?<br />

Quanta analogia nel modo d’indagine fra i geologi e gli archeologi,<br />

fra i filologi ed i botanici o zoologi? […] Quante scienze <strong>dei</strong> due campi<br />

che sembravano separate da abissi, ed ora col progredire delle osser-<br />

(29) Lynceographum, cit., pp. 86-87. cesi riuscì a istituire solo il liceo di napoli:<br />

cfr. G. Ga B r i e l i, Il «Liceo» di Napoli. <strong>Lincei</strong> e linceabili napoletani. Amici e corrispondenti<br />

della vecchia <strong>Accademia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong> nel Mezzogiorno d’Italia, in Contributi,<br />

cit., ii, pp. 1497-1548.<br />

(30) cfr. Ca r u t t i, Breve storia, cit., pp. 139 ss. e 237 ss.<br />

(31) Gr e G o ry, Quintino Sella, cit. Spia degli interessi umanistici di Sella è la<br />

sua curatela dell’edizione del Codex Astensis qui de Malabayla communiter nuncupatur,<br />

«atti della r. accademia <strong>dei</strong> lincei. transunti», s. ii, 1880-1887, iniziata durante<br />

la sua presidenza. cfr. Ca r u t t i, Breve storia cit., pp. 143-144: «S. M. l’imperatore<br />

d’austria-ungheria avendo con regia munificenza fatto dono all’on. Sella, andato a<br />

Vienna in missione diplomatica, dell’antico codice astense Malabayla, il nostro presidente<br />

[…] presentò il prezioso manoscritto all’accademia, e questa ne deliberò la<br />

stampa a benefizio degli studi storici».<br />

73


vazioni si congiungono con saldi anelli! chi avrebbe detto pochi anni fa<br />

che gli archeologi, i geologi e i paleontologi avrebbero trovato un campo<br />

comune nei trogloditi?<br />

egualmente nella prima accademia si esortavano alcuni «soldati»<br />

del drappello linceo a dedicarsi agli studi filologici e antiquari:<br />

Philologiam <strong>dei</strong>nde nullo pacto spernant, sed ex ea et antiquitatum<br />

eruditionibus se exornari sibi persuadeant, ammonisce infatti<br />

una particula del Lynceographum. anche la lettera cesiana a galilei<br />

sopra menzionata non esclude lo studio della filologia in seno<br />

al sodalizio, «dove molti saranno dediti alle profonde speculazioni<br />

fisiche e matematiche, nostre più proprie, ve ne starà molto bene<br />

e utilmente alcun filologo, non però puro»; qualche anno dopo, il<br />

discorso Del natural desiderio di sapere insiste in più punti sulle<br />

«filologiche e poetiche erudizioni», «sul buono et utile della filologia»<br />

e sull’«ornamento della filologia»; infine, anche le Praescriptiones<br />

Lynceae invitano i sodali a congiungere la conoscenza delle<br />

discipline naturali e matematiche con quelle umanistiche: […]<br />

disciplinis naturalibus praesertim ac mathematicis se dedant […]<br />

non neglectis interim amoeniorum Musarum et Philologiae ornamentis,<br />

usque ad instar elegantissimae vestis reliquum totum scientiarum<br />

corpus condecorent […]. (32) Di conseguenza il Lynceorum<br />

Princeps ammetteva lo studio della poesia, che sosteneva sin dal<br />

1604, un anno dopo la fondazione dell’accademia, scrivendo a<br />

Stelluti: «lodo anco grandemente lo studio della poesia, quale essendo<br />

per se stessa vagabonda, sarà necessario che il suo Saturno<br />

l’ingravischa, che non più un verso in qua et uno in là (come è solito<br />

delli altri poeti), ma si bene qualche operetta eseguita di materie<br />

lincee o pur di successi lincei ordisca». (33)<br />

(32) Lynceographum, cit., p. 69, Il carteggio, cit., n. 238, p. 353, e Ce S i, Del natural<br />

desiderio, cit., pp. 49, 53, 70, Fa B e r, Praescriptiones, cit., pp. 21-22.<br />

(33) Il carteggio, cit., n. 15, pp. 39-40. l’ideale di gravitas stilistica nella poesia<br />

di stampo didascalico-scientifico spiega la presenza del poema lucreziano nella biblioteca<br />

di cesi: cfr. m. t. Bi a G e t t i, La biblioteca di Federico Cesi, roma 2008, p. 249.<br />

a riguardo rileviamo, infine, le poco benevole osservazioni di cesi su omero, poeta<br />

«lodatissimo», ma nel quale a suo giudizio «non vi si scorge né bella tessitura, né de-<br />

74


la prima accademia metteva dunque in campo un poeta che<br />

versificasse in modo scientifico e didascalico, mentre la res antiquaria<br />

lincea sottendeva l’osservazione del reperto archeologico,<br />

diretta o filtrata attraverso le fonti letterarie. non stupisce, allora,<br />

l’ascrizione di Josse de ricke (iustus riquius), il filologo «non<br />

però puro» del sodalizio cesiano, giunto a roma sul volgere del<br />

1624. proprio quest’ultimo celebra l’ape barberiniana nelle Apes<br />

Dianiae, un’elegia che accoppia novità filologiche e numismatiche<br />

(il titolo del carme è infatti De apibus Dianiis in veterum monimentis<br />

noviter observatis), corregge e lima l’incerta prosa latina<br />

<strong>dei</strong> sodali (34) e, infine, ha il compito di stendere con elegantiae Latinae<br />

le biografie degli accademici defunti, consuetudine, quest’ultima,<br />

ripresa dall’accademia nel XiX secolo. (35)<br />

Stabilito il programma universalistico e compiuta la riforma<br />

del 1875, rileva gregory, «furono eletti soci lincei studiosi fra i<br />

più significativi della cultura italiana ed europea, con un cospicuo<br />

numero di stranieri che costituivano per Sella la nota essenziale<br />

del carattere cosmopolita del sodalizio accademico e della nuova<br />

roma»: tra essi citiamo almeno charles Darwin, Fernand gregorovius,<br />

theodor Mommsen ed herbert Spencer. non diversamente,<br />

anche cesi aveva ascritto all’ordo Lynceorum scienziati d’oltralpe,<br />

coro, né ornamenti, né molta varietà, ma solo come primo, come pieno d’inventioni,<br />

come ricco di materie e fecondo di lingua, viene celebrato». a questo proposito gabrieli<br />

chiosa: «Questo giudizio su omero non ispira lusinghiera impressione sul gusto,<br />

o cultura poetica del giudicante; che del resto non nascondeva la sua scarsa sensibilità<br />

o coltura poetica». cfr. Il carteggio, cit., n. 760, p. 896.<br />

(34) Faber, che aveva propiziato il soggiorno romano di riquius, a servizio del<br />

Lynceorum Princeps, scriveva a quest’ultimo che il poeta doctus belga non avrebbe<br />

avuto rivali nel «mettere in essere tutte le compositioni lyncee et abbellirle». lo<br />

stesso Faber riteneva che i propri scritti avessero bisogno di una «strupicciata bona»,<br />

in particolare per ciò che concerneva «le molte parole greche et altre d’eruditione,<br />

che ricevono qualche lima o spongia» cfr. il carteggio, cit., n. 808, p. 976, n. 858, p.<br />

1055, n. 886, p. 1084.<br />

(35) cfr. a. Ga llo tti n i - m. Gu a r d o, Le apes Dianiae di Iustus Riquius. Poesia e<br />

antiquaria nella prima <strong>Accademia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong>, «l’ellisse», iii (2008), pp. 51-83. cfr. anche<br />

GiuSePPe Ga B r i e l i, Giusto Ricchio Belga: i suoi scritti editi ed inediti, in id., Contributi<br />

cit., ii, pp. 1133-1164 e id., Ancora di Josse Rycke (Giusto Ricchio) panegirista<br />

o encomiatore ufficiale <strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong> defunti nella prima <strong>Accademia</strong>, Ivi, ii, pp. 1165-1175.<br />

75


quali, ad esempio, Joannes van heeck, uno <strong>dei</strong> fondatori della prima<br />

accademia, Joannes Faber e Joannes Schreeck, il terrentius, al<br />

quale dobbiamo il primo lavoro linceo sul Tesoro messicano. (36)<br />

un ultimo aspetto, infine, accomuna i due protagonisti della<br />

fondazione e della rinascita dell’accademia: l’attenzione nei<br />

confronti della biblioteca, pur se nel pensiero cesiano essa assolve<br />

a un ruolo meramente strumentale rispetto agli studi dell’ordine<br />

linceo: l’ideale del publicum commodum ne è infatti escluso, e<br />

ciò contribuisce a spiegare la dispersione del corpus librario della<br />

prima accademia alla morte del suo istitutore. (37) Diversi passi<br />

del Lynceographum si soffermano sulla biblioteca e sul ruolo del<br />

bibliotecario, (38) in primo luogo Lynceorum studio rum ac laborum<br />

[…] adiutor ac praeses. egli, infatti, oltre a curare la stesura del<br />

duplice indice, per autori e per materie, offre il proprio aiuto ai sodali,<br />

giovando loro consilio et monitis che in senso lato attengano<br />

alla scribendi methodus. il bibliotecario è altresì censor librorum,<br />

giacché ha il compito di studiare se l’aspetto contenutistico delle<br />

pubblicazioni risponda al dettato dello statuto linceo, ed è infine<br />

esperto nell’arte tipografica.<br />

D’altra parte il discorso Del natural desiderio di sapere menziona<br />

entusiasticamente le «biblioteche che ci danno tutti i libri letti<br />

e giudicati, o li vogliamo per ordine dell’autori, o delle materie»,<br />

annoverando i molteplici e importanti strumenti bibliografici («le<br />

belle e buone comodità del XVii secolo») <strong>dei</strong> quali si può disporre<br />

e privilegiando l’impiego della tavola sinottica in virtù della sua<br />

evidentia piegata ai fini della persuasione scientifica:<br />

ci sono gl’indici e repertori copiosissimi, dittionari, lessici di tutte le<br />

professioni, sono digesti li migliori scrittori in luoghi comuni. Vi sono<br />

le raccolte di fiori, di sentenze, d’attioni, e theatri e poliantee e giardini<br />

(36) cfr. Ga B r i e l i, Contributi, cit., ii, cap. iV, interamente dedicato alle figure e<br />

agli scritti <strong>dei</strong> lincei stranieri.<br />

(37) cfr. Bi a G e t t i, La biblioteca di Federico Cesi, cit.<br />

(38) Lynceographum, cit., pp. 125-130 e pp. 158-160. cfr. m. Gu a r d o, Il «ristretto»<br />

delle Costituzioni lincee del 1612: fonti, stile e funzioni, «Studia Borromaica»,<br />

19 (2005), pp. 491-517, pp. 501-505.<br />

76


et officine varie […]; vi è il metodo e l’arte stessa sinoptica che, con i<br />

suoi tipi, ci rappresenta insieme e le materie tutte e le loro dipendenze,<br />

congiontioni, divisioni, et unioni et condizioni tutte […]. (39)<br />

a sua volta Sella, pur ritenendo «anche troppo gloriosa» la sede<br />

dell’accademia in campidoglio, rileva l’esigenza di un nuovo palazzo<br />

per più ragioni, una delle quali è il recente accumulo del patrimonio<br />

librario. Sella, infatti, muove «vive e ripetute istanze, acciò<br />

anche roma abbia il suo palazzo dell’accademia delle scienze<br />

come lo hanno le metropoli delle nazioni civili», in ansia per «il<br />

doviziosissimo materiale scientifico che rapidamente si accumula<br />

nella nostra biblioteca, e che non può utilizzarsi se acconciamente<br />

non si dispone». (40) con l’acquisto, nel 1883, di palazzo corsini<br />

alla lungara, (41) destinato a ospitare l’accademia <strong>dei</strong> lincei, ad<br />

essa giungeva per donazione la biblioteca corsiniana: la preziosa<br />

«libraria», che trae la sua denominazione dalla famiglia toscana <strong>dei</strong><br />

corsini, era stata aperta al pubblico il 1 maggio 1754 dal cardinale<br />

neri corsini junior, nipote del pontefice clemente Xii (1730-<br />

1740). la raccolta libraria, ricca di manoscritti (molti <strong>dei</strong> quali miniati),<br />

incunaboli, cinquecentine, disegni e stampe, sin dal XViii<br />

secolo aveva costituito, assieme alla quadreria, uno <strong>dei</strong> vanti della<br />

«regione transtiberina» e aveva ricevuto illustri visitatori: per citare<br />

un solo esempio, Benedetto XiV, papa bibliofilo per eccellenza,<br />

successore di clemente Xii, che vi si recò tre volte. (42)<br />

Sella, spentosi in quell’anno, non avrebbe assistito all’inaugurazione<br />

della nuova sede, avvenuta il giorno 11 giugno 1885 alla<br />

presenza di re umberto i e della regina Margherita. (43)<br />

(39) Ce S i, Del natural desiderio di sapere, cit., p. 48.<br />

(40) Se l l a, Dell’<strong>Accademia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong>, cit., p. 9.<br />

(41) cfr. e. Bo r S e l l i n o, Palazzo Corsini alla Lungara. Storia di un cantiere,<br />

Fasano (Br) 1988.<br />

(42) cfr. m. Gu a r d o, La «sceltissima biblioteca» e il «grandioso palazzo»: libri<br />

e luoghi della Biblioteca corsiniana, in La collezione del Principe da Leonardo a<br />

Goya. Disegni e stampe della raccolta Corsini, a cura di e. antetomaso e g. Mariani,<br />

roma 2004, pp. 2-15.<br />

(43) cfr. la parte iniziale della relazione del presidente Brioschi in «atti della<br />

reale accademia <strong>dei</strong> lincei», 1884-1885, s. iV, rendiconti, i, p. 391: «Sire, gra-<br />

77


giustamente il discorso commemorativo pronunciato dal suo<br />

successore, il presidente Francesco Brioschi, dopo aver esordito<br />

con la «grave sciagura che colpiva la nostra accademia colla inaspettata<br />

perdita del suo illustre presidente», ricordava in primo<br />

luogo la rettitudine di Sella, che non aveva speso «un centesimo<br />

[…] nel procacciare all’accademia alcun lustro esteriore». (44) inoltre<br />

egli rammentava l’instancabile attività del predecessore, legata<br />

alla stampa delle pubblicazioni accademiche e all’incremento della<br />

Biblioteca lincea, «sia col favorire i cambi fra le nostre pubblicazioni<br />

e quelle delle più cospicue accademie del mondo sia coll’acquisto<br />

diretto di quelle che difficilmente possono rinvenirsi in altre<br />

biblioteche»: grazie al suo operato la biblioteca aveva «triplicato<br />

in questo decennio il numero <strong>dei</strong> suoi volumi e <strong>dei</strong> suoi opuscoli».<br />

(45) Brioschi, allora, a ragione ne elogiava il «materiale prezio-<br />

ziosissima regina, l’accademia <strong>dei</strong> lincei onorata e lieta della vostra presenza nella<br />

propria sede, Vi è sommamente grata. essa commemora oggi il restauratore delle sue<br />

sorti, inaugura la novella residenza che la sollecitudine di lui ed il favore del governo<br />

e del parlamento le hanno assegnato. Questa nostra accademia […] ha un carattere<br />

speciale, tutto suo e degno di nota, mentre essa può considerarsi siccome la più antica<br />

quanto la più moderna fra le accademie scientifiche d’europa. Fra i busti di uomini<br />

illustri che adornano questa sala, voi potete scorgere collocati l’uno accanto all’altro<br />

in prossimità di una stessa parete, quelli <strong>dei</strong> due uomini i quali fanno ora a noi,<br />

e lo faranno ai nostri successori, testimonianza di questo carattere: i busti di Federico<br />

cesi e di Quintino Sella». il busto marmoreo di Sella, opera dello scultore emilio<br />

Dies (1884) è stato restaurato in occasione della mostra accademica. cfr. il saggio di<br />

e. antetomaso nel presente catalogo.<br />

(44) cfr. a. Sa i t ta, Il cammino umano, Firenze, iii, 1975, p. 274 e ss.: «Si trattava<br />

di un gruppo politico-dirigente insigne per disinteresse personale, per dedizione alla<br />

cosa pubblica, per scrupolosa onestà, quale purtroppo la successiva storia d’italia non<br />

conoscerà più: soprattutto negli uomini della destra, quali un ricasoli, un Farini, un<br />

Silvio Spaventa, tali qualità toccarono il sublime e l’eroico, sì che il loro disinteresse<br />

politico rende meno odioso o meno gretto il loro conservatorismo, che non era sfruttamento<br />

cosciente delle classi popolari, ma solo il limite oggettivo di una classe politica<br />

fondamentalmente borghese […]. al Ministero delle Finanze stava […] Quintino Sella,<br />

un ingegnere minerario ed industriale di Biella, inflessibile tassatore, ma non meno deciso<br />

assertore della necessità di uno stato economo e di un bilancio in equilibrio; sotto<br />

le sue esperte mani il problema finanziario, che minacciava di corrodere il regno d’italia,<br />

poteva essere avviato a rapida soluzione». cfr. anche a. Qu a d r i o Cu r z i o, Il fisco<br />

rigoroso di Quintino Sella, «il corriere della sera», 21 feb braio 2012, p. 47.<br />

(45) cfr. «atti della reale accademia <strong>dei</strong> lincei», 1883-1884, s. iii, transunti,<br />

Viii, pp. 247-250.<br />

78


sissimo, che permette allo studioso di tenersi al corrente del progresso<br />

in ormai tutti i rami delle scienze». a riguardo delle unità<br />

documentarie, connesse con la presidenza di Sella e attualmente<br />

conservate presso la Biblioteca accademica, senz’altro «preziosissimo»<br />

è il manoscritto archivio linceo 60 che, come scrive nel<br />

1902 giuseppe gabrieli, «contiene il Linceografo moderno ideato<br />

dal Sella e proseguito con molte lacune fino all’anno 1886 in cui<br />

fu sospeso, rifiutandosi molti Soci di sottoscrivere la formula di<br />

sottoscrizione del Sella e […] la stessa di galileo nel Linceografo<br />

antico». (46) pertanto non soltanto le costituzioni di Sella «ritraevano<br />

interamente i concetti delli antichi lincei sotto il principato<br />

di Federico cesi», (47) ma anche la facies grafica dell’albo linceo<br />

confermava nel presidente la volontà di rinnovare l’accademia,<br />

durante il decennio del suo mandato, seguendo da presso le tracce<br />

del fondatore.<br />

ma r C o Gu a r d o<br />

(46) cfr. G. Ga B r i e l i, Inventario <strong>dei</strong> manoscritti esistenti nella Biblioteca dell’<strong>Accademia</strong><br />

<strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong>, 1902. l’inventario, manoscritto, si conserva presso la Biblioteca<br />

dell’accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei e corsiniana (la citazione è in corrispondenza<br />

del numero 60). Si vedano le schede nn. 50 e 51 del presente catalogo.<br />

(47) Ca r u t t i, Breve storia, cit., p. 140.<br />

79


Quintino Sella: una Storia per iMMagini.<br />

teStiMonianze tra celeBrazione e Satira<br />

la mostra «Quintino Sella linceo», promossa dall’accademia<br />

nazionale <strong>dei</strong> lincei, è stata un’occasione preziosa di studio e di<br />

approfondimento sull’opera dello statista e dello scienziato piemontese.<br />

l’iniziativa offre, già dalla scelta del titolo e del logo (il<br />

busto di emilio Dies del 1884), alcuni spunti di riflessione.<br />

Se con il termine «linceo» si è inteso sottolineare la particolare<br />

attenzione al ruolo svolto da Sella nell’ambito della storia dell’accademia,<br />

il sottotitolo «mostra storico-documentaria» indica la natura<br />

dell’esposizione, necessariamente orientata verso un certo genere<br />

di materiali e impreziosita da molti cimeli. accanto alle lettere,<br />

alle relazioni e ad appunti vari, tuttavia, una ricca sezione è dedicata<br />

alle immagini, o meglio all’immagine di Sella, celebrato come<br />

politico, oggetto di satira irriverente quale Ministro delle Finanze,<br />

inserito tra i protagonisti di storici avvenimenti, ricordato, infine,<br />

come alpinista. la necessità di dare un volto e fattezze precise a<br />

un nome associato alla storia del nostro risorgimento e alle vicende<br />

economiche <strong>dei</strong> primi decenni dell’unità fu presente fin dall’inizio,<br />

e tale necessità è costante in ogni mostra documentaria, laddove<br />

le immagini e i ritratti <strong>dei</strong> protagonisti molto contribuiscono alla<br />

comprensione e alla chiarezza <strong>dei</strong> percorsi espositivi.<br />

È nata così l’idea di lavorare intorno alle immagini di Sella<br />

che avevano arricchito la mostra, senza dubbio parte di una storia<br />

più ampia e articolata, che coinvolge l’intera penisola. Solo alcuni<br />

esempi: il monumento in piazza Duomo a Biella (1) (1888), quel-<br />

(1) realizzato dallo scultore antonio Bortone (1844-1938), raffigura lo statista<br />

81


lo eretto a torino (1894), (2) il busto dello statista posto su un basamento<br />

roccioso con la statua di un minatore nella piazza Quintino<br />

Sella ad iglesias (1885), (3) il noto monumento romano concepito<br />

per il Ministero delle Finanze (1893) e poi spostato in via cernaia<br />

nel 1927, (4) tutti frammenti di una volontà celebrativa, fiorita perlopiù<br />

dopo il 1884, l’anno della morte.<br />

più intima (e meno retorica) è d’altra parte l’immagine del<br />

quadro di Domenico Morelli (Museo nazionale del risorgimento,<br />

torino), (5) che ritrae un uomo sobrio, vestito con semplicità, al<br />

lavoro, tra le carte, forse in una stanza del Ministero, e quella del<br />

dipinto (esposto in mostra) che Francesco Folli dipinge nel 1884<br />

su commissione dell’industria laniera italiana (Fig. 1). (6)<br />

ancora più suggestive, né poteva essere altrimenti, le fotografie.<br />

intense quelle scattate in età più giovanile, come quella che lo<br />

ritrae nel 1857, a trent’anni, in una posa disinvolta, con un cilindro<br />

in mano, (7) e quella fatta dal fratello giuseppe Venanzio tre anni<br />

più tardi (cfr. scheda n. 9 del presente catalogo).<br />

in piedi su un alto basamento con le figure allegoriche della politica e della Scienza.<br />

Su Bortone cfr. r. Bat ta G l i n i di Sta S i o, in Dizionario biografico degli italiani, Xiii,<br />

roma 1971, pp. 152-153.<br />

(2) la statua privilegia il ricordo dello scienziato. Sella è raffigurato dallo scultore<br />

cesare reduzzi mentre osserva attentamente e studia un minerale. il monumento<br />

venne inaugurato nella sede universitaria del castello del Valentino e poi spostato nel<br />

1932 all’interno del parco. Su cesare reduzzi (1857-19119 cfr. Enciclopedia Italiana<br />

Treccani, XXVii, roma 1935, p. 975<br />

(3) opera dello scultore giuseppe Sartorio (1854-1922), fu inaugurato nel 1885<br />

e poi spostato nell’odierna posizione nel 1909. Su giuseppe Sartorio cfr. a. de Gu-<br />

B e r n at i S, Dizionario degli artisti italiani viventi, Firenze 1906, p. 456.<br />

(4) cfr. a. ri C C i, Il monumento Sella in Roma, in Quintino Sella tra politica e<br />

cultura 1827-1884. atti del convegno nazionale di Studi, torino, palazzo carignano,<br />

24-26 ottobre 1984, pp. 321-333, e l. Be r G G r e n - l. SJ o S t e d t, L’ombra <strong>dei</strong> Grandi.<br />

Monumenti e politica monumentale a Roma (1870-1895), roma 1996, in part. pp.<br />

111-117 e 211-214.<br />

(5) Su Domenico Morelli (1826-1901) esiste una ricca bibliografia. per le notizie<br />

essenziali cfr. Dizionario enciclopedico Bolaffi <strong>dei</strong> pittori e degli incisori italiani,<br />

Viii, torino 1975, pp. 10-12.<br />

(6) Su Francesco Folli (1843-1921) cfr. a. M. Co m a n d u C C i, I pittori italiani<br />

dell’Ottocento, ii, Milano 1962 3 , p. ••••<br />

(7) la foto, proprietà privata, è pubblicata in Quintino Sella. 1827-1884. Mostra<br />

documentaria, Vercelli 1984, p. 38.<br />

82


Fig. 1<br />

83


icca e varia, quindi, questa storia da cui si è scelto di trarre<br />

solo alcune immagini, pochi ma significativi fotogrammi. non<br />

solo esigenze di completezza ed esaustività (un censimento delle<br />

memorie di Sella, tra busti, statue, lapidi, ritratti non è studio lieve)<br />

o pratiche (il solo materiale presente in mostra) hanno indirizzato<br />

la scelta, ma anche una precisa volontà di approfondire ruoli<br />

e momenti della vicenda privata e pubblica del personaggio: testimone<br />

di episodi precisi, bersaglio di satira nel suo operare, protagonista<br />

di omaggi e commemorazioni, con particolare riferimento<br />

al suo ruolo di presidente <strong>dei</strong> lincei. e proprio all’accademia<br />

<strong>dei</strong> lincei termina questo breve percorso, alla memoria dedicata a<br />

Sella presidente, alle modalità, ai tempi, alle intenzioni che ruotano<br />

intorno a questo ricordo.<br />

le novità che emergono sia dai documenti consultati sia dai<br />

materiali ritrovati (entrambi conservati presso palazzo corsini) e<br />

le riflessioni sull’immagine di Sella nelle sale di via della lungara<br />

– il busto di ettore Dies ma anche gli inediti bozzetti – riportano<br />

l’attenzione proprio sull’aggettivo «linceo» e sul busto voluto<br />

dagli accademici per omaggiare il loro presidente: la parola<br />

e l’immagine che hanno caratterizzato e pubblicizzato la mostra e<br />

che insieme contribuiscono a raccontare e documentare un breve<br />

ma intensissimo periodo della vita accademica.<br />

«Stupendi avvenimenti che passano sotto i nostri occhi»: l’immagine<br />

di Sella tra i testimoni di una nuova epoca<br />

Quando nell’autunno del 1870 Sella giunge a roma (dopo un<br />

breve soggiorno nel 1864) comincia un lungo lavoro diplomatico<br />

di avvicinamento, mediazione, integrazione, costruzione e ricostruzione<br />

di una città annessa all’italia politicamente ma ancora lontana<br />

e diffidente. (8)<br />

(8) cfr. F. Ba rt o C C i n i, Quintino Sella e Roma: idea, mito e realtà in Quintino<br />

Sella tra politica e cultura 1827-1884., cit., pp. 245-265.<br />

84


Fig. 2<br />

il 2 luglio del 1871 Vittorio emanuele ii fa il suo ingresso trionfale<br />

ed ufficiale in città, insediandosi al Quirinale. la tela del pittore<br />

luigi Serra (9) (Fig. 2), datata al 1875 circa, conserva la memoria<br />

di quell’avvenimento. in questo quadro Quintino Sella, a dispetto<br />

<strong>dei</strong> sostegni documentari oggi disponibili e più oltre menzionati,<br />

figura inaspettatamente, testimone attento di un avvenimento im-<br />

(9) Sul pittore luigi Serra cfr. L’artista e l’amico. Ritorno a Luigi Serra. Opere<br />

e documenti dalla raccolta di Enrico Guizzardi, a cura di S. pezzoli - o. piraccini,<br />

Bologna 2008 (catalogo della mostra dedicata a luigi Serra, Bologna, Biblioteca<br />

dell’archiginnasio, dicembre 2008 - marzo 2009). la tela misura cm. 181 × 192 ed è<br />

oggi conservata presso la Fondazione Sella a Biella.<br />

85


portante. in realtà il sovrano aveva già visitato roma in forma privata<br />

in occasione della rovinosa piena del tevere nel dicembre del<br />

1870. Sella, come apprendiamo dall’epistolario, in quell’occasione<br />

si trovava a roma. (10) il soggetto della tela è stato generalmente<br />

riferito proprio a quella visita. una lettura attenta delle fonti e<br />

considerazioni di carattere generale, soprattutto sull’opportunità di<br />

ricordare in queste forme un avvenimento non ufficiale, consentono<br />

tuttavia di riferire la scena agli avvenimenti dell’estate 1871. (11)<br />

inoltre il dipinto fa parte di un ciclo di opere tutte dello stesso Serra<br />

e tutte oggi conservate presso la Fondazione Sella di Biella, rappresentanti<br />

l’ingresso di Vittorio emanuele in altre città, tra le quali<br />

Venezia, Firenze, napoli. (12)<br />

la cronaca dell’episodio attraverso i resoconti ufficiali e le parole<br />

dello stesso Sella suggeriscono alcune considerazioni sull’iconografia<br />

del dipinto. nelle lettere al fratello giuseppe Venanzio<br />

e alla sorella lucrezia cogliamo un’idea dell’atmosfera festosa e<br />

trionfale che accompagna l’evento. Scrive Sella il 1 luglio: «eccomi<br />

a roma col Ministero nelle camere del Santo uffizio dell’inquisizione»<br />

e poi ancora il 3 luglio alla sorella:<br />

ci volle tutto il tuo affetto per me onde ricordare in questi giorni la mia<br />

cooperazione agli stupendi avvenimenti che passano sotto i nostri occhi.<br />

Se le cose andassero male molto probabilmente se ne ricorderebbero<br />

tutti, e sarei forse il solo responsabile od almeno il capro emissario.<br />

invece le cose vanno bene e quindi … ben pochi si ricordano di me […]<br />

l’accoglienza al re non poteva essere più splendida e più cordiale. Si<br />

vede nella facce <strong>dei</strong> romani, si vede alla bandiera di ogni casipola che<br />

la grande massa <strong>dei</strong> cittadini è contenta. (13)<br />

(10) Epistolario di Quintino Sella, a cura di g. e M. Quazza, roma 1991, iii, p.<br />

330, telegramma a giuseppe giacomelli del 30 dicembre 1870.<br />

(11) il quadro è riferito a questa visita in Quintino Sella: 1827-1884, cit., tav.<br />

n.n. tra p. 112 e p. 113. già in occasione della mostra «Quintino Sella linceo» il comitato<br />

scientifico e i curatori hanno riferito l’immagine all’ingresso ufficiale di Vittorio<br />

emanuele ii a roma il 2 luglio 1871.<br />

(12) Devo alla cortesia del dottor andrea pivotto della Fondazione Sella e del<br />

dott. ludovico Sella le immagini e le notizie su queste tele.<br />

(13) Epistolario, cit., pp. 439-443.<br />

86


l’atmosfera descritta è quella rappresentata nella tela, cronaca<br />

dunque di un avvenimento solenne. Dalla lettera trapela invece<br />

un’amarezza non troppo celata.<br />

Dalla gazzetta ufficiale del 1 luglio 1871 apprendiamo inoltre<br />

il percorso del corteo reale: dalla stazione, lungo via di Santa Susanna,<br />

piazza Barberini, via del tritone, via Due Macelli, piazza di<br />

Spagna, via condotti, fino al corso, poi via delle Muratte, via SS.<br />

Vincenzo e anastasio, via della Dataria, fino al Quirinale. la stessa<br />

fonte, il 2 luglio, ci informa sulla composizione del corteo reale<br />

e sugli occupanti della carrozza che insieme a Vittorio emanuele<br />

giungevano in una piazza del Quirinale festante ed affollata:<br />

apriva il real corteo uno squadrone della guardia nazionale a cavallo<br />

di roma ed un altro delle cento guardie del re. con S.M. stavano, alla<br />

sinistra S.e. il principe pallavicini, sindaco di roma, di fronte S.e. il<br />

presidente del consiglio <strong>dei</strong> Ministri e il generale De Sonnaz. (14) S.a.r.<br />

il principe umberto cavalcava alla destra della carrozza di S.M., alla sinistra<br />

il comandante generale della guardia nazionale di roma.<br />

Seguivano altre quattro carrozze, con varie personalità, tra cui i<br />

Ministri, i presidenti del Senato e della camera, i sindaci di Firenze,<br />

Milano, napoli. tra ali di folla festanti, scortato da militari<br />

a cavallo, Vittorio emanuele ii attraversa la piazza antistante al<br />

palazzo seduto in carrozza insieme a tre personaggi. la cronaca<br />

appena citata, unitamente a un confronto con le immagini <strong>dei</strong> personaggi<br />

nominati, ci consente di riconoscere il principe Francesco<br />

pallavicini (1828-1887), sindaco di roma tra il maggio e l’ottobre<br />

1871, e giovanni lanza (1810-1882), presidente del consiglio <strong>dei</strong><br />

Ministri tra il 1869 e il 1873. Sull’identità del terzo personaggio<br />

che siede in carrozza con il re è possibile avanzare alcune ipotesi.<br />

Stando a quanto riportano le cronache si tratterebbe del generale<br />

giuseppe gerbaix De Sonnaz (1828-1905), militare di valore<br />

nelle campagne del 1848-49 e nella guerra di crimea, aiutante<br />

di campo del principe umberto i, senatore del regno dal 1884. in<br />

(14) Si tratta del generale giuseppe gerbaix De Sonnaz (1828-1905).<br />

87


ealtà nel quadro in mostra il personaggio seduto di fronte al re è<br />

con ogni verosimiglianza Quintino Sella. (15)<br />

il quadro è oggi conservato presso la Fondazione Sella e proviene<br />

dalla collezione privata dell’avvocato pietro paolo trompeo<br />

(1824-1897), amico e compagno di studi di Sella, con il quale entrerà<br />

tuttavia in conflitto quando nell’ottobre del 1876 sostituirà<br />

lamarmora nella canditura al collegio elettorale di Biella, schierandosi<br />

però con Dèpretis. (16) trompeo prenderà parte attiva alle<br />

celebrazioni di Sella dopo la morte, a testimonianza di un forte legame:<br />

nella seduta commemorativa tenuta presso l’accademia <strong>dei</strong><br />

lincei il giorno 11 giugno 1885 consegna al presidente Brioschi<br />

due medaglie, in argento e in bronzo, coniate in onore dell’illustre<br />

scomparso (Fig. 3). (17)<br />

la lettura stilistica dell’opera consente di riconoscere molto<br />

del linguaggio figurativo di luigi Serra. innanzitutto il taglio teatrale<br />

della composizione: il palazzo del Quirinale come fondale, il<br />

gruppo scultoreo <strong>dei</strong> Dioscuri con l’obelisco a destra e il palazzo<br />

(15) Molto indicativo è, ad esempio il confronto con l’immagine presente nell’archivio<br />

alinari, datata al 1870 (archivio storico alinari, aca-F-00140M-0000 9).<br />

(16) Epistolario, cit., pp. 298-299.<br />

(17) «atti della reale accademia <strong>dei</strong> lincei», s. iV (1885), p. 400.<br />

88<br />

Fig. 3


a sinistra, quinte di un palcoscenico, il corteo con la carrozza del<br />

re che attraversa la scena, da destra a sinistra, il gruppo di persone<br />

con le bandiere a sinistra, quasi in un immaginario proscenio.<br />

con il tema delle scenografie teatrali del resto luigi Serra si<br />

era confrontato negli anni tra il 1872 e il 1875, quando decora il<br />

sipario del teatro di Fabriano, realizzando una composizione articolata<br />

con edifici imponenti sullo sfondo, una colonna e un basamento<br />

a destra, figure in primo piano. (18)<br />

la folla rappresentata in forma indistinta in un’ambientazione<br />

cittadina, spesso romana, è presente anche in una serie di disegni<br />

oggi conservati a Bologna. (19) in particolare quello che raffigura<br />

La folla in Piazza del Gesù in occasione dell’illuminazione<br />

della Chiesa […] ricorda molto l’impostazione generale del quadro,<br />

con gli edifici sullo sfondo e sui lati, mentre la folla al centro<br />

riempie il vuoto. (20)<br />

il tema della rappresentazione di avvenimenti storici è poi affrontato<br />

nell’Entrata dell’esercito cattolico a Praga nell’abside<br />

della chiesa di Santa Maria della Vittoria a roma: maestoso e<br />

imponente corteo di cavalieri, popolo con bandiere, soldati, dove<br />

la folla non è così indistinta e dove è possibile riconoscere anche<br />

alcuni volti simili (nelle fisionomie, nell’impostazione generale,<br />

nelle espressioni) a quelli del quadro con Vittorio emanuele ii:<br />

l’uomo con la barba scura a sinistra in basso, la donna con il copricapo<br />

bianco che ricorda le popolane praghesi. (21)<br />

nel quadro esposto in mostra gli occupanti della carrozza sembrano<br />

quasi essere in posa, rivolti come sono, in modo innaturale,<br />

verso lo spettatore. in particolare proprio la figura di Sella è effigiata<br />

di fronte, con lo sguardo rivolto verso sinistra: il volto, la<br />

foggia della capigliatura, la barba è quella che conosciamo dalle<br />

(18) per la vicenda artistica di luigi Serra cfr. Il segno e il colore. Nell’atelier<br />

di Luigi Serra, a cura di c. poppi, cinisello Balsamo, 2003.<br />

(19) Ivi, cat. 28, cat. 41.<br />

(20) Ivi, cat. 39.<br />

(21) cfr. a. za C C h i, Temi sacri storici ed allegorici in Il segno e il colore, cit.,<br />

pp. 109-111.<br />

89


fotografie. l’occasione è senza dubbio ufficiale e l’immagine, nel<br />

contesto dell’evento rappresentato, è sommaria e alquanto fredda:<br />

Sella a questa data ha quarantaquattro anni e il suo ruolo è quello<br />

di un testimone, di un’icona (la fissità e la rigidità della figura<br />

sono evidenti) che prende parte a un avvenimento storico, come<br />

comprimario del sovrano.<br />

Quintino Sella nella letteratura e nella ritrattistica satirica<br />

Molto più vivaci, briose e caratterizzate le immagini di Quintino<br />

Sella, non più muto e compassato testimone, ma oggetto di<br />

satira pungente, soprattutto in relazione alla sua attività di ministro<br />

delle Finanze. casimiro teja (22) (1830-1897), importante scrittore,<br />

disegnatore satirico e giornalista, tra il 1869 ed il 1871 dedica<br />

al tema delle imposte volute da Sella alcune tavole pubblicate<br />

nella rivista «pasquino. rivista umoristica delle settimana», fondata<br />

dallo stesso teja.<br />

nei disegni del 1869 un neonato urla disperato perché desidera<br />

un giocattolo (il neonato rappresenta la tassa sul macinato, da<br />

poco introdotta, e il giocattolo è il contatore, che serve a calcolare<br />

l’importo in denaro). nei panni della balia del neonato, che lo<br />

zittisce severamente, con ogni verosimiglianza riconosciamo giovanni<br />

lanza. la madre, infine, agita il giocattolo, mentre in secondo<br />

piano il padre (un riconoscibile Sella) passeggia fumando<br />

un sigaro (Fig. 4).<br />

nelle due tavole, intitolate Carnevale e Quaresima e pubblicate<br />

nel 1871, l’italia, nei panni di una giovane donna, balla spensierata<br />

con alcune maschere della tradizione italiana durante il carnevale,<br />

ma viene sorpresa durante la Messa quaresimale da un prete questuante<br />

(Sella che reclama le imposte), mentre un predicatore dal<br />

pulpito (ancora giovanni lanza) arringa la folla (Fig. 5).<br />

(22) Su casimiro teja cfr. a. M. Co m a n d u C C i, I pittori italiani, ii, Milano 1934,<br />

p. 354.<br />

90


Fig. 4<br />

Fig. 5<br />

91


una litografia del 1876, su disegno di F. Bianco, rappresenta<br />

Sella in tenuta d’alpinista, circondato da vette che hanno nomi<br />

eloquenti e significativi: monte del macinato, tassa di successione,<br />

catena di ricchezza mobile, picco di registro e bollo, terreni e<br />

fabbricati. Sullo sfondo le alpi Selliche (Fig. 6).<br />

elementi comuni alla rappresentazione satirica del Ministro<br />

delle Finanze sono la lunga e fluente barba e, soprattutto, gli immancabili<br />

scarponi chiodati da montanaro che accompagnano la tenuta<br />

elegante (con cilindro e cappotto) del padre del neonato, spuntano<br />

dalle sottane del prete, trionfano in primo piano nella tenuta<br />

da alpinista. il linguaggio satirico dunque caratterizza la figura di<br />

Sella in pochi ma evidenti tratti che illustrano la sua personalità:<br />

la caparbietà da vero montanaro che usa anche nelle azioni di governo,<br />

la caratteristica fisionomia barbuta, severa e sobria.<br />

«Ottimo lavoro è quello dello scultore Dies»: storia di una committenza<br />

lincea<br />

il breve percorso documentario che si propone di intraprendere<br />

nei due seguenti paragrafi ha lo scopo di rintracciare, nelle carte<br />

d’archivio, ma anche negli ambienti, più o meno noti del palazzo<br />

corsini di via della lungara, i modi e i luoghi della memoria di<br />

Sella. un piccolo viaggio, dunque, alla ricerca del materiale documentario,<br />

nelle stanze che lo stesso Sella (23) aveva voluto cornice<br />

della rinascita lincea e che hanno visto non la sua azione e il suo<br />

pensiero ma il suo ricordo, la sua muta presenza nel corso <strong>dei</strong> decenni<br />

che seguirono la morte il 14 marzo 1884.<br />

appena due giorni dopo, nella solenne riunione accademica del<br />

16 marzo, l’accademico Domenico carutti, a nome del consiglio<br />

di presidenza propone di dedicare al defunto presidente un busto<br />

(23) Su palazzo corsini e in particolare sulle modifiche e sui lavori di adattamento<br />

ottocenteschi cfr. e. Bo r S e l l i n o, Palazzo Corsini alla Lungara. Storia di un cantiere.<br />

Fasano 1988, in part. pp. 109-139 e il ricchissimo apparato documentario.<br />

92


Fig. 6<br />

93


da collocare in accademia, dove già si trova quello del fondatore<br />

Federico cesi: (24) il busto dovrà essere il frutto di un contributo<br />

spontaneo da parte di tutti i soci. la proposta viene approvata<br />

all’unanimità e comunicata alla vedova di Sella nel telegramma<br />

di condoglianze del 20 marzo. (25) nell’adunanza del 15 giugno il<br />

presidente Francesco Brioschi comunica che il consiglio ha scelto<br />

l’opera dello scultore emilio Dies, (26) incaricandolo di eseguire<br />

un busto in marmo entro la fine del mese di ottobre. (27)<br />

nei tre mesi intercorsi tra la morte di Sella e l’annuncio della<br />

commissione a Dies si registra in ambiente accademico un certo<br />

fervore di iniziative per rendere omaggio al defunto presidente.<br />

la lettura di alcune carte d’archivio e <strong>dei</strong> verbali delle riunioni accademiche<br />

consente di seguire in parte questo fenomeno e di proporre<br />

alcune considerazioni. (28) la volontà di celebrare la memoria<br />

dell’illustre statista scomparso non riguarda solo l’ambiente accademico,<br />

ma coinvolge anche altri luoghi romani nei mesi del 1884<br />

che seguirono la morte. le notizie <strong>dei</strong> quotidiani dell’epoca, di seguito<br />

riportate, aiutano a descrivere questo clima.<br />

il 21 marzo il pittore enrico capocci scrive al Segretario del<br />

consiglio di amministrazione della reale accademia <strong>dei</strong> lincei,<br />

proponendo di eseguire a fronte di «un modesto compenso» un ritratto<br />

ad olio dell’illustre scomparso. la lettera cita la delibera-<br />

(24) Di una scultura raffigurante cesi oggi in accademia non vi è traccia. l’esistenza<br />

di un busto dedicato al fondatore del sodalizio linceo è costantemente ricordata<br />

nei documenti ottocenteschi che riguardano l’immagine di Sella. Mi riservo ulteriori<br />

approfondimenti a riguardo.<br />

(25) «atti della reale accademia <strong>dei</strong> lincei», s. iii, transunti, Viii (1883-1884),<br />

pp. 183-184.<br />

(26) Su emilio Dies cfr. l. ma rt i, in Dizionario Biografico degli Italiani, 39,<br />

roma 1991, pp. 790-791.<br />

(27) atti della reale accademia <strong>dei</strong> lincei», s. iii, transunti, Viii (1883-1884),<br />

p. 351.<br />

(28) i documenti citati a proposito di questo fervore d’iniziative che si registra<br />

nella primavera del 1884 sono conservati a roma, archivio storico dell’accademia<br />

nazionale <strong>dei</strong> lincei, archivio della reale accademia <strong>dei</strong> lincei, titolo 3, busta 1,<br />

fascicolo 10. i verbali delle riunioni accademiche sono contenuti in tre volumi, ordinati<br />

cronologicamente. Di seguito si farà rifermento alle riunioni con l’indicazione<br />

della data.<br />

94


zione accademica di eseguire un busto (evidentemente già nota<br />

ampiamente nell’ambiente artistico romano, a pochi giorni dalla<br />

morte di Sella e dalla seduta del 16 marzo) e specifica che il ritratto<br />

sarebbe destinato ad «adornare convenientemente la biblioteca».<br />

Dunque un primo cenno a un luogo indicato per celebrare<br />

la memoria di Sella, la biblioteca accademica. ci si riferisce, con<br />

ogni verosimiglianza, agli ambienti di palazzo corsini che gli accademici<br />

non abitano ancora, ma nel quale si trasferiranno nel dicembre<br />

del 1884.<br />

enrico capocci è a questa data professore onorario del reale<br />

istituto di Belle arti di napoli e nella sua lettera ricorda di aver<br />

lavorato a Firenze, a napoli, a roma, in varie sedi istituzionali.<br />

egli inoltre è figlio di un accademico, studioso di astronomia,<br />

come apprendiamo anche dalla missiva a pietro Blaserna, nella<br />

quale il suo nome e la sua proposta vengono caldamente appoggiate<br />

dal prof. annibale De gasparis. (29) nel complesso i toni della<br />

lettera sono improntati a retorica ed autocelebrazione, ma per<br />

noi alcune circostanze risultano interessanti: l’esplicito riferimento<br />

alla biblioteca, (30) luogo che veniva sentito più degno per celebrare<br />

la memoria del Sella scienziato, e l’accenno alla necessità<br />

di «tramandare vera e inalterata la memoria dell’estinto». il pittore<br />

scrive esplicitamente di aver conosciuto Sella e di essere quindi<br />

in grado di eseguire un ritratto molto somigliante.<br />

la richiesta di capocci ha un riscontro immediato. nella riunione<br />

del consiglio di presidenza del 31 marzo 1884 si discute delle<br />

onoranze da rendere al defunto presidente e il segretario Domenico<br />

carutti presenta due domande pervenute in accademia, una<br />

per eseguire un ritratto «in grande formato» (è la lettera di capocci),<br />

l’altra per un busto. le domande sono messe agli atti.<br />

il 10 aprile lo scultore F. Ferraresi, con studio e domicilio a<br />

roma, in piazza campitelli 10, scrive al presidente dell’accade-<br />

ca.<br />

(29) la lettera è datata 19 marzo.<br />

(30) anche nella citata lettera di De gasparis si allude alle sale della Bibliote-<br />

95


mia di aver eseguito un busto di Sella (una certa urgenza traspare<br />

dalle parole dell’artista, ansioso di fare buona impressione ed aggiudicarsi<br />

la commissione) da sottoporre agli accademici, del quale<br />

invia una riproduzione fotografica, oggi dispersa.<br />

un altro busto viene precipitosamente eseguito per essere sottoposto<br />

al giudizio degli accademici da adolfo pantaresi, che acclude<br />

alla sua lettera del 20 aprile una fotografia (Fig. 7) ed un<br />

ritaglio del giornale «l’opinione», dove si dà notizia dell’esposizione<br />

del busto «riuscito somigliantissimo» ed «egregiamente modellato»<br />

nell’ufficio annunci della gazzetta d’italia.<br />

nella riunione accademica del 3 maggio, esaminate le sottoscrizioni<br />

<strong>dei</strong> soci che ammontano a novantasette (ne mancano ventitré),<br />

si delibera l’esecuzione del busto e «siccome gli scultori guglielmi,<br />

Dies e pantaresi hanno fatto conoscere di aver già eseguito<br />

un busto del Sella, si dà incarico al sig. Blaserna e all’amministratore<br />

tommasini di vedere se uno d’essi convenga e di prendere essi<br />

gli opportuni accordi per ordinarlo ad altri in caso contrario». il<br />

busto sarà poi inaugurato solennemente con una commemorazione<br />

di Quintino Sella da parte del socio luigi cossa.<br />

la lettera di pantaresi è quella citata, mentre non è presso l’archivio<br />

accademico quella di guglielmi; (31) nessuna menzione, invece,<br />

della lettera di F. Ferraresi.<br />

la lettera di Dies è in realtà datata 30 maggio: egli scrive al<br />

presidente dell’accademia per invitarlo nel suo studio, a roma<br />

in via delle Quattro Fontane 154, a vedere il modello di un busto,<br />

«una volta e mezzo il vero», raffigurante Sella. nella lettera<br />

si legge che diverse persone, che furono vicine a Sella e lo conobbero,<br />

hanno già visto la scultura, dando parere favorevole soprattutto<br />

sulla somiglianza. tra i nomi elencati figurano molti politici<br />

vicini allo statista scomparso (costantino perazzi, camillo Ferrati,<br />

cesare rosmini, giuseppe Boitani), scienziati e professionisti<br />

(lamberto De Marchi, l’alpinista e geologo Felice giordano, i ma-<br />

(31) Si tratta probabilmente dello scultore luigi guglielmi (1834-1907). cfr. a.<br />

de Gu B e r n at i S, Dizionario degli artisti, cit., pp. 243-244.<br />

96


Fig. 7<br />

97


tematici giuseppe Battaglini e luigi perozzo, l’ingegnere leopoldo<br />

Mansueti) e, infine, forse decisivi per il successo di Dies, gli<br />

accademici oreste tomassini, pietro Blaserna e Filippo Ma riot ti.<br />

ancora una volta, come nel caso del pittore capocci e dello scultore<br />

pantaresi, si sottolinea la somiglianza delle sculture con le fattezze<br />

del defunto.<br />

nella riunione del 31 maggio 1884 Blaserna e tommasini riferiscono<br />

di aver visto tre busti di Sella e convengono di aver scelto<br />

quello di Dies (Fig. 8). lo scultore ha chiesto un compenso di<br />

2500 lire e allora viene deciso, su richiesta <strong>dei</strong> due soci, che si farà<br />

una controproposta per l’esecuzione del busto in marmo «ridotto a<br />

5/4 per il prezzo di 1500 lire».<br />

98<br />

Fig. 8


nella riunione del 9 giugno «constatatosi che il busto del compianto<br />

presidente Sella, eseguito dal Dies, è perfettamente rassomigliante<br />

e migliore di quanti altri furono finora eseguiti, il consiglio<br />

incarica il Segretario Blaserna a commetterne l’esecuzione in<br />

marmo per il prezzo di 1600 lire». Qualche giorno più tardi Brioschi<br />

incarica ufficialmente Dies e nella riunione del 16 giugno si<br />

comunica che il contratto è stato stipulato e che si darà un anticipo<br />

di 600 lire.<br />

nella primavera del 1884, a poche settimane dalla morte, la<br />

volontà di ricordare Sella coinvolge anche altre istituzioni e palazzi<br />

romani. Dal quotidiano «l’opinione» del 22 aprile 1884 apprendiamo<br />

che in campidoglio, nella Sala degli arazzi a palazzo<br />

<strong>dei</strong> conservatori, viene scoperto un busto «somigliantissimo»,<br />

opera dello scultore odoardo tabacchi. Dalla stessa fonte apprendiamo<br />

che la Sezione romana del club alpino italiano il 29 marzo<br />

ha deciso di collocare permanentemente nella sua sede un’effigie<br />

di Quintino Sella.<br />

torniamo ai lincei. in ottobre il socio cossa chiede notizie<br />

sulla data di inaugurazione del busto commissionato a Dies. Si<br />

prevede che esso sarà pronto per la metà di gennaio e per quella<br />

data dovrebbero tenersi la solenne seduta di inaugurazione della<br />

nuova sede e la commemorazione di Sella. (32) in realtà il busto era<br />

già terminato nell’autunno del 1884. un articolo del 25 novembre<br />

sul quotidiano «l’opinione» informa infatti che Dies ha portato<br />

a termine la scultura e che è possibile ammirarla fino alla fine<br />

del mese nello studio dell’artista, da dove sarà portata nel palazzo<br />

a via della lungara. Qui, il 14 dicembre del 1884, si trasferiranno<br />

definitivamente i lincei per dare inizio al nuovo anno accademico.<br />

a concludere la storia di questa committenza cogliamo un’eco<br />

della passione per l’evento commemorativo in quei giorni del 1884.<br />

la decisione di affidare a Dies una commissione tanto prestigiosa<br />

(32) riunione del 27 ottobre.<br />

99


viene confermata anche dal successo che l’artista riscuote nell’autunno<br />

del 1884, quando partecipa ad una «specie di concorso» proprio<br />

per la realizzazione di un busto di Sella da destinare al palazzo<br />

del Ministero delle Finanze, un altro edificio romano coinvolto<br />

nel rito della celebrazione cittadina di Sella.<br />

ancora dal quotidiano «l’opinione» del 18 novembre 1884<br />

apprendiamo che<br />

trovasi in questi giorni esposti al Ministero delle Finanze e precisamente<br />

all’ingresso del 1° piano vari busti di Quintino Sella. È una specie di<br />

concorso al quale hanno preso parte i signori Benini, Dies, genua e tabacchi.<br />

ci siamo recati a visitare questi busti; non vogliamo parlare particolarmente<br />

di uno di essi per non cadere in facili critiche su ciò che si<br />

riferisce alla somiglianza col compianto Sella. È giustizia però riconoscere<br />

che veramente ottimo lavoro è quello dello scultore Dies, che in<br />

modo felicissimo ha superato l’ardua questione delle somiglianze esponendo<br />

due busti <strong>dei</strong> quali il più grande a questo primo pregio aggiunge<br />

quello di un insieme veramente artistico.<br />

grande successo, dunque, per Dies, che nello stesso periodo esegue<br />

i busti di Sella per il Ministero delle Finanze e per i lincei,<br />

entrambi esposti al giudizio del pubblico e della critica, espresso in<br />

termini lusinghieri, sia per il valore artistico sia per la somiglianza,<br />

del resto già ricercata e lodata dagli accademici che gli accordano,<br />

proprio per questo motivo, la loro preferenza. (33)<br />

in quel mese di novembre del 1884 infine un altro busto di<br />

Sella viene collocato nella Sala gialla della camera <strong>dei</strong> Deputati,<br />

opera dello scultore riccardo grifoni. (34)<br />

(33) Dies eseguirà otto repliche di questa scultura oltre a quella per il Ministero<br />

delle Finanze. Sappiamo che un busto in bronzo viene eseguito sul modello di Dies dal<br />

reale comitato geologico per destinarlo al Museo dell’ufficio geologico, cfr. «Bollettino<br />

del reale comitato geologico d’italia», XV (1884), p. 141 e XViii (1886), p. 30.<br />

un altro busto raffigurante Sella, eseguito da Dies, si trova oggi nell’atrio di palazzo<br />

antonini Belgrado ad udine, sede dal 1891 dell’amministrazione provinciale.<br />

(34) «l’opinione», 6 novembre 1884. Su grifoni cfr. e. Bi a n C h i in Dizionario<br />

biografico degli Italiani, 59, roma 2003, pp. 407-409.<br />

100


Palazzo Corsini: la storia e i luoghi dell’omaggio linceo a Quintino<br />

Sella<br />

individuati l’esecutore materiale e le modalità per l’omaggio<br />

al defunto presidente, tracciare una breve panoramica <strong>dei</strong> luoghi<br />

che, all’interno del monumentale palazzo corsini, avrebbero ospitato<br />

questo omaggio, ci sembra degno di interesse.<br />

l’attività <strong>dei</strong> lincei è ormai nel 1885 stabilmente svolta nella<br />

nuova sede di via della lungara e per la solenne adunanza di<br />

chiusura dell’anno accademico, in giugno, si intende commemorare<br />

Sella alla presenza del re umberto i e della regina Margherita.<br />

nella riunione del 5 maggio il presidente Brioschi osserva che<br />

è opportuno collocare nella Sala per le Sedute reali solo i busti<br />

del re, di cesi e di Sella, spostando gli altri «nelle sale esterne».<br />

Si provvede in quel periodo all’allestimento della sala: le sculture<br />

di cesi e di Sella sono più grandi delle altre e per prendere una<br />

decisione si aspetta di avere un’idea più completa della sistemazione<br />

generale. (35)<br />

Finalmente, il giorno 11 giugno 1885, Brioschi, alla presenza<br />

del re, parla nel Salone al primo piano di palazzo corsini (ambiente<br />

che da allora verrà denominato «Salone delle adunanze solenni»);<br />

accanto a diversi busti di uomini illustri che adornano la sala,<br />

anche quelli di cesi e di Sella, «collocati l’uno accanto all’altro, in<br />

prossimità di una stessa parete». (36) Si era scelto evidentemente di<br />

non spostare gli altri busti, come proposto in un primo momento:<br />

un articolo de «l’opinione» riporta che nella grande sala<br />

ad una delle parete minore sta il busto del re umberto e presso la parete<br />

opposta su due piedistalli di marmo sono collocati i busti del principe<br />

F. cesi e di Quintino Sella, quest’ultimo opera pregevolissima dello<br />

(35) Siamo alla vigilia della solenne inaugurazione dell’11 giugno e fervono i<br />

preparativi per la decorazione del grande ambiente al primo piano che la ospiterà: nel<br />

verbale della stessa seduta si discute se sostituire il nome di Muratori a quello di tacito<br />

sotto l’allegoria della Storia nella volta.<br />

(36) «atti della reale accademia <strong>dei</strong> lincei» s. 4 (1885), pp. 391-400.<br />

101


scultore Dies. alle pareti laterali stanno altri busti di accademici e precisamente<br />

quelli di galileo, Della porta, Boschovich, cavalieri, calandrelli<br />

e Scarpellini. (37)<br />

Si tratta delle sculture oggi poste nel corridoio d’accesso al secondo<br />

piano di palazzo corsini: omogenee per caratteri stilistici e dimensioni,<br />

esse raffigurano i più celebri tra i lincei, da quelli della<br />

prima accademia cesiana (galileo galilei e giovambattista Della<br />

porta) ai protagonisti della scienza matematica (ignazio calandrelli,<br />

ruggiero giuseppe Boschovich, Feliciano Scarpellini, quest’ultimo<br />

restitutor <strong>dei</strong> lincei); si aggiunge, infine, l’effigie di nicola<br />

cavalieri di San Bertolo. una galleria di busti, pertanto, tra i quali<br />

sicuramente avrebbe spiccato per dimensioni e monumentalità<br />

quello dedicato a Sella. in questo contesto comprendiamo l’osservazione<br />

di Brioschi sull’opportunità di differenziare le sculture di<br />

cesi e Sella da quelle degli altri accademici.<br />

la scelta di collocare l’immagine di Sella all’interno di questa<br />

ideale galleria di glorie accademiche, non solo lincee, nella sala<br />

che avrebbe visto da allora in poi i momenti più solenni della vita<br />

accademica, sembrerebbe indicativa di una volontà celebrativa tesa<br />

a sottolineare la memoria di Sella scienziato e studioso, rispetto<br />

all’uomo politico. in questo senso la «geografia» <strong>dei</strong> luoghi dedicati<br />

all’omaggio acquista significato e in questa direzione sembra<br />

che vada anche l’iconografia del busto realizzato da Dies. nel<br />

particolare <strong>dei</strong> libri sovrapposti che sorreggono la scultura e del<br />

ramo d’alloro – non presente nella replica della scultura realizzata<br />

per il Ministero delle Finanze (Fig. 9) – è possibile leggere infatti<br />

ancora un riferimento al valore della cultura e della scienza, campi<br />

nei quali si intende sottolineare il ruolo del personaggio effigiato.<br />

un paio di mesi dopo la solenne cerimonia si provvede a un<br />

basamento per i busti di Sella e di cesi. ancora una volta alle due<br />

sculture si pensa in uno stesso momento: non solo similitudine nel-<br />

102<br />

(37) «l’opinione», 11 giugno 1884.


le dimensioni, ma anche, con ogni verosimiglianza, chiaro legame<br />

ideologico tra il fondatore del sodalizio accademico e il presidente<br />

appena scomparso.<br />

Fig. 9<br />

il consiglio superiore <strong>dei</strong> lavori pubblici, con parere dell’11<br />

settembre 1885, affida al signor emanuele Bruni il lavoro di riduzione<br />

di una colonna di granito in due rocchi per servire da base<br />

ai due busti di Sella e di cesi. nella documentazione si legge che<br />

i due busti sono da collocarsi nel palazzo dell’accademia <strong>dei</strong> lincei,<br />

senza specificare dove. il contratto con la ditta Bruni per questo<br />

lavoro risale al 3 agosto 1886. un anno dopo, il 19 luglio 1887,<br />

l’architetto podesti chiede al Ministero di concedere al Bruni un<br />

103


aumento di 450 lire rispetto alla somma preventivata di 812 lire in<br />

seguito alle difficoltà incontrate. (38)<br />

le difficoltà incontrate dalla ditta Bruni potrebbero verosimilmente<br />

riferirsi alla sistemazione <strong>dei</strong> due rocchi di colonna nel «Salone<br />

delle adunanze solenni», dove non solo considerazioni estetiche,<br />

ma anche strutturali, ne sconsigliavano il posizionamento, che<br />

venne però, nonostante tutto, realizzato. in un inventario di arredi<br />

e suppellettili stilato cinquanta anni dopo, il 30 settembre 1935, (39)<br />

nel «Salone delle cerimonie» al primo piano (si tratta del «Salone<br />

delle adunanze solenni» che aveva ospitato la cerimonia del giugno<br />

1885) sono presenti nove busti in marmo (privi di indicazione<br />

specifica).<br />

cinque anni più tardi, nell’estate del 1940, si provvede ad<br />

adattare il grande salone alle esigenze della biblioteca, con la costruzione<br />

degli scaffali lignei destinati ad ospitare i volumi della<br />

Fondazione caetani: in quell’occasione, ancora una volta, la movimentazione<br />

delle due pesanti colonne di granito dal primo piano<br />

all’atrio crea problemi e fa aumentare il preventivo di spesa. (40) nello<br />

scarno elenco di mobili e suppellettili del 1935 vengono menzionate<br />

nella Sala delle adunanze al secondo piano (l’odierna Sala<br />

per le adunanze della classe di scienze fisiche) una «statua in gesso<br />

di Quintino Sella» e una «cornice con quadro ad olio di Federico<br />

cesi». Su questo gesso che raffigura Sella si tornerà tra poco.<br />

occorre poi allargare il discorso sulle celebrazioni dedicate alla<br />

memoria di Sella al resto della città, e in particolare al monumen-<br />

(38) roma, archivio centrale dello Stato (d’ora in avanti citato con la sigla acS),<br />

Ministero <strong>dei</strong> lavori pubblici, Segretariato generale opere governative ed edilizie per<br />

roma, busta 157, fascicolo 449. per il contratto di Bruni cfr. roma, archivio Storico<br />

capitolino, piano regolatore, pos. 5 B. 46, fasc. 2 e<br />

(39) roma, accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei, archivio storico, reale accademia<br />

<strong>dei</strong> lincei, economato, busta 2, fascicolo 5.<br />

(40) roma, archivio della reale accademia d’italia, ufficio tecnico, Busta 3,<br />

fasc. 15. Di fronte al busto di Sella, nel corridoio che conduce al giardino di palazzo<br />

corsini, sulla mezza colonna destinata presumibilmente ad ospitare il busto di cesi è<br />

oggi sistemata una scultura antica rappresentante una testa di heracles del tipo Farnese.<br />

cfr. g. de lu C a, I monumenti antichi di Palazzo Corsini in Roma, roma 1976,<br />

i, p. 25.<br />

104


to inaugurato nella primavera del 1893 davanti al Ministero delle<br />

Finanze, citando una fonte inedita del 1894.<br />

la storia del monumento di ettore Ferrari, ampiamente nota<br />

e documentata, (41) certamente esula dalle finalità di questo contributo,<br />

ma proprio in margine ad un argomento così studiato, anche<br />

recentemente, troviamo notizie decisamente rilevanti nel quadro di<br />

quella «geografia» <strong>dei</strong> luoghi dell’omaggio a Sella all’interno di<br />

palazzo corsini che ci siamo proposti di approfondire.<br />

tra i documenti della commissione istituita dal governo per<br />

seguire i lavori del monumento è attestato un verbale di consegna<br />

ai lincei inerente a due bozzetti. (42) esso è datato 9 aprile 1894 e<br />

documenta la consegna ai lincei, nella persona dell’ingegner ernesto<br />

Mancini, segretario d’ufficio dell’accademia, di due bozzetti in<br />

gesso, uno del monumento completo, l’altro solo della statua, entrambi<br />

di Ferrari. l’ingegner Mancini dichiara che i bozzetti sono<br />

delle seguenti misure: quello completo del monumento ha altezza<br />

di m. 1,65 e base di m. 1,05 × 0,95, quello della statua ha altezza<br />

di m. 1,06, compreso il basamento.<br />

per il nostro percorso nelle stanze di palazzo corsini è molto<br />

interessante quanto si legge in seguito: «tutti e due i bozzetti<br />

come sopra specificato sono stati collocati al 2° piano, quello del<br />

monumento nella sala che precede il grande salone delle sedute ordinarie<br />

che si tengono all’accademia e quello della statua nel precitato<br />

salone delle adunanze, dietro il banco della presidenza». (43)<br />

Quest’ultimo, il bozzetto in gesso della sola statua, si trovava ancora<br />

al suo posto nel 1935, quando viene ricordato nell’inventario<br />

citato, (44) mentre dell’altro, sistemato nel 1894 «nella sala che precede<br />

il grande salone delle sedute ordinarie» (l’odierna sala del-<br />

(41) cfr. nota 4.<br />

(42) acS, presidenza consiglio <strong>dei</strong> Ministri, commissione reale per il monumento<br />

a Q. Sella 1884-1894, fascicolo 7.<br />

(43) il «grande salone» è la sala dove avvengono le riunioni della classe di<br />

Scienze Fisiche, mentre l’ambiente che lo precede potrebbe essere la sala per le riunioni<br />

della classe di Scienze Morali.<br />

(44) cfr. nota 40.<br />

105


le adunanze di Scienze Morali) nel 1935 non c’era più traccia. Si<br />

trattava di una scultura abbastanza grande, se, come credo, dalla<br />

descrizione del verbale ottocentesco citato dobbiamo congetturare<br />

un’altezza complessiva (la statua poggiata sul basamento con le<br />

due statue della Legge e del Genio della Finanza) di m. 1,65.<br />

Dunque, quando nel 1894 le due statue in gesso giungono a<br />

palazzo corsini, i luoghi del ricordo di Sella nell’edificio si moltiplicano:<br />

dal primo piano, dove poco meno di dieci anni prima il<br />

re aveva ammirato il busto di Dies al secondo, nelle aule che vedono<br />

l’attività ordinaria, quotidiana degli scienziati e <strong>dei</strong> letterati<br />

che si riuniscono e lavorano qui; dalla celebrazione nel grande<br />

e imponente salone, sull’onda dell’emozione della morte e del solenne<br />

discorso di Brioschi un anno dopo, al ricordo vero e proprio,<br />

forse più intimo ed attento, nelle stanze del secondo piano, dove<br />

dopo un decennio vengono posti i due bozzetti.<br />

la celebrazione, voluta dai lincei con il busto commissionato<br />

a Dies, è fin dall’inizio legata all’accostamento simbolico con<br />

cesi in una vicinanza fisica e concettuale (il discorso di Brioschi,<br />

ma anche la semplice lettera circolare (45) nella quale il segretario<br />

tommasini il 20 marzo 1884 chiede a tutti i soci di contribuire alla<br />

sottoscrizione e dove si accostano esplicitamente il busto di Sella,<br />

non ancora realizzato, a quello di cesi) che dà sostanza e significato<br />

al linguaggio e al codice di comunicazione delle immagini.<br />

il ricordo, che ci parla attraverso i due bozzetti sistemati al<br />

secondo piano, nelle stanze di lavoro, è probabilmente mosso da<br />

un’iniziativa esterna, quella del ministro della pubblica istruzione,<br />

il quale in una lettera al presidente del consiglio scrive che<br />

«in nessun altro luogo meglio che nelle sale dell’accademia stessa<br />

possa essere collocato e conservato il bozzetto del monumento<br />

eretto testé in roma dallo scultore ercole Ferrari». la lettera continua<br />

con la richiesta del ministro di «farne consegna al senatore<br />

(45) roma, accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei, archivio storico, reale accademia<br />

<strong>dei</strong> lincei, economato, busta 2, fascicolo 5.<br />

106


Francesco Brioschi, presidente dell’accademia <strong>dei</strong> lincei, al quale<br />

io farò subito conoscere questo mio desiderio». (46)<br />

la celebrazione e il ricordo sono dunque caratterizzati da cambiamenti,<br />

spostamenti e migrazioni. Se infatti il busto di Dies viene<br />

spostato dal luogo originario, non subiscono una diversa sorte<br />

i due bozzetti. Quello dell’intero monumento, oggi non rintracciabile,<br />

viene spostato dal primo luogo di collocazione in un momento<br />

imprecisato prima del 1935, mentre l’altro, più piccolo, è ancora<br />

al suo posto a questa data (Fig. 10). (47) lo spostamento e la<br />

sostituzione con una statua in bronzo di quest’ultimo rappresentano<br />

una storia molto più recente (Fig. 11).<br />

nella riunione accademica del 24 giugno 1969 il presidente<br />

dell’accademia Beniamino Segre informa il consiglio che il<br />

socio giulio cesare pupilli (1893-1973) ha proposto di sostituire<br />

con una statua di Quintino Sella in bronzo quella in gesso esistente<br />

(si allude al bozzetto della statua collocato al secondo piano<br />

del palazzo nel 1894). Segre aggiunge anche la proposta di utilizzare<br />

per la fusione in bronzo un «calco diverso dall’attuale», pertanto<br />

non quello in gesso di Ferrari, ma uno nuovo appositamente<br />

realizzato (Fig. 12). (48) il proposito viene realizzato e nell’Inventario<br />

<strong>dei</strong> mobili dell’accademia <strong>dei</strong> lincei, al numero 3417, si legge<br />

«Statua in bronzo raffigurante Quintino Sella alta circa un metro».<br />

la scultura, con un valore stimato di 400.000 lire, viene presa<br />

in carico con verbale del 30 /11 /1970 e si trova oggi nella Sala<br />

di Scienze Fisiche.<br />

ancora una sorpresa per il nostro percorso nei luoghi della memoria<br />

di Sella riserva la lettura del verbale del consiglio di presidenza<br />

del 31 ottobre 1969: dopo l’approvazione di un preventivo<br />

(46) acS, presidenza consiglio <strong>dei</strong> Ministri, commissione reale per il monumento<br />

a Q. Sella 1884-1894, fascicolo 7.<br />

(47) oggi il bozzetto di gesso si conserva al secondo piano di palazzo corsini<br />

(«Sala verde»).<br />

(48) roma, accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei, archivio, Verbale <strong>dei</strong> consigli di<br />

presidenza del 1969. il gesso utilizzato per il calco si conserva nei depositi di Villa<br />

Farnesina.<br />

107


108<br />

Fig. 10


Fig. 11<br />

109


110<br />

Fig. 12


di 600.000 lire per la riproduzione in bronzo <strong>dei</strong> busti in gesso <strong>dei</strong><br />

presidenti eugenio Beltrami, Francesco Brioschi e angelo Messedaglia,<br />

si legge anche dell’intenzione di «collocare nel fondo della<br />

sala di Scienze Fisiche la statua in marmo di Quintino Sella». (49)<br />

Si tratta del busto di Dies (a quella data collocato al piano terra),<br />

l’unica statua «in marmo» di Sella. Si pensò forse ad uno spostamento<br />

dalla galleria di accesso al giardino, in seguito non realizzato<br />

presumibilmente per motivi logistici.<br />

la lacunosità della documentazione non consente risposte precise,<br />

ma resta comunque la testimonianza di una memoria celebrativa<br />

e di un ricordo ancora vivi, della necessità di comprendere<br />

l’effigie di Sella tra i numi tutelari ed ispiratori <strong>dei</strong> lavori e delle<br />

fatiche lincei, nelle sale dove i Soci si riuniscono, come già nel<br />

lontano 1884 aveva vagamente intuito il pittore capocci con la sua<br />

proposta di un quadro ad olio per la biblioteca, altro luogo di lavoro<br />

per gli studiosi. l’intento non era stato ottenuto con il busto di<br />

Dies, monumentale, somigliante, celebrativo, ma, per una serie di<br />

ragioni, soprattutto pratiche, non adatto a quello scopo, raggiunto<br />

alla fine solo quasi cento anni dopo, quando i lincei, ormai pienamente<br />

ambientati nel palazzo di via della lungara, ne abitano gli<br />

spazi e ne interpretano i luoghi più consapevolmente.<br />

ancora un’osservazione, per concludere un ideale cerchio che<br />

va dalla memoria romana in Via XX settembre (collocazione originariamente<br />

decisa e posta in essere) al cortile di palazzo corsini,<br />

dove secondo le intenzioni di alcuni deputati, nel dibattito che<br />

accompagnò la stesura e l’approvazione del progetto di legge, il<br />

monumento avrebbe dovuto essere collocato fin dall’inizio. (50)<br />

Quasi un ideale incrocio di intenzioni e di intenti sembra guidare<br />

il dipanarsi di questa «storia per immagini». il bozzetto dell’opera<br />

di Dies (e poi la sua successiva versione in bronzo, più grande<br />

e monumentale, promossa dalla presidenza Segre), immagine<br />

(49) Ivi, 31 ottobre 1969.<br />

(50) l’intera questione è stata studiata e documentata in l. Be r G G r e n - l. SJo-<br />

S t e d t, L’ombra <strong>dei</strong> Grandi, cit., pp. 111-117.<br />

111


dell’uomo di stato, offerta all’omaggio pubblico nell’ambiente urbano<br />

di roma, è collocata all’interno del palazzo, nelle stanze di<br />

lavoro al secondo piano, in una dimensione «privata», poco accessibile<br />

dall’esterno.<br />

D’altra parte il busto di Dies, per il quale molti aggettivi ne<br />

sottolineano l’eccezionalità («grande più del vero», «somigliantissimo»),<br />

ricordo dello scienziato (la presenza <strong>dei</strong> libri che fanno da<br />

base) voluto dai lincei, fu offerto fin dall’inizio alla vista del pubblico,<br />

negli spazi aperti del Salone delle adunanze Solenni, visibile<br />

dalla stampa periodica (fin dal giorno 11 giugno 1885) e poi<br />

collocato in posizione tale da essere notato anche da chi sostava<br />

nell’atrio del palazzo.<br />

l’immagine del politico (voluta e finanziata dallo Stato) che<br />

abita e caratterizza i luoghi dello scienziato, le stanze che l’avrebbero<br />

visto lavorare se una morte tutto sommato prematura e inaspettata<br />

non l’avesse fermato, la figura dello scienziato (commissionata<br />

da altri studiosi) che si offre alla vista e al ricordo di un<br />

pubblico più vasto: singolare e forse non casuale commistione di<br />

pubblico e privato per una figura così significativa come quella di<br />

Quintino Sella.<br />

112<br />

eB e an t e t o m a S o


le ragioni Di una MoStra<br />

il 5 dicembre 2011 si apriva a palazzo corsini, nell’ambito delle<br />

celebrazioni per il centocinquantesimo anniversario dell’unificazione<br />

del paese, il convegno «Quintino sella scienziato e statista<br />

per l’unità D’italia»: nel corso di due fitte giornate, numerosi<br />

interventi di economisti, scienziati, storici insigni hanno dimostrato<br />

l’interesse profondo che ancora suscitano nella migliore cultura<br />

italiana la figura e l’operato dello scienziato e statista biellese.<br />

nel tardo pomeriggio dello stesso giorno, alla presenza del capo<br />

dello Stato, veniva inaugurata negli splendide sale della Biblioteca<br />

accademica la mostra storico-documentaria «Quintino Sella linceo»,<br />

realizzata in collaborazione con la Fondazione Sella di Biella<br />

e altre istituzioni. Quali dunque le ragioni di questa esposizione,<br />

al di là della ricorrenza celebrativa? non è superfluo sottolineare<br />

che l’accademia <strong>dei</strong> lincei non poteva festeggiare in modo più appropriato<br />

il centocinquantesimo anniversario dell’unità d’italia se,<br />

come vedremo, l’accademia fu di fatto rifondata durante la presidenza<br />

Sella (1874-1884), in una roma ormai annessa al paese<br />

grazie in primo luogo alla sagacia politica dello statista piemontese.<br />

tale motivazione sarebbe più che sufficiente ma ritengo che<br />

l’importanza e l’attualità della lezione di Sella, lungo una carriera<br />

complessa e multiforme ma di rara coerenza, siano già state sottolineate<br />

in modo magistrale nel 1985 da carlo Dionisotti nel suo<br />

Ricordo di Quintino Sella:<br />

il Sella capì l’urgenza di una riforma scientifica dell’alta cultura italiana,<br />

promossa e diretta dallo Stato. non c’era rischio che in italia si esaurisse<br />

il flusso poetico e retorico a uso interno; c’era invece, che venisse<br />

113


meno l’informazione del progresso scientifico altrui e con ciò la collaborazione<br />

italiana a quel progresso. (1)<br />

Queste parole di Dionisotti lumeggiano a mio avviso l’intera<br />

carriera di Sella, dagli studi giovanili alla presidenza dell’accademia<br />

<strong>dei</strong> lincei. e proprio tale mirabile carriera costituisce l’oggetto<br />

di questa mostra. costante fu in lui, fin dai primi bilanci delle<br />

esperienze fatte a parigi attorno al 1848, una preoccupazione: evitare<br />

l’eccessiva influenza francese sulla politica e la cultura italiana<br />

e, allo stesso tempo, rendere l’italia partecipe dell’impressionante<br />

progresso tecnico e scientifico che aveva luogo allora in<br />

inghilterra e soprattutto in germania, paesi ammirati e visitati da<br />

Sella nei suoi giovanili anni di peregrinazione e di apprendistato<br />

(1851-52). Fin dal 1849 infatti il suo giudizio sulla Francia e sui<br />

Francesi è severo:<br />

gli scienziati e i letterati per la massima parte non hanno altro idolo che<br />

i posti, e le rendite […]. giammai io vidi la dignità umana tanto abbassata<br />

quanto in questa parigi che pur ha la pretensione d’essere la capitale<br />

d’ogni umano progresso. Quindi è che noi italiani siamo ben semplici,<br />

anzi minchioni e stolti assai quando aspettiamo aiuto e soccorso<br />

dalla Francia per liberarci. (2)<br />

Quella Francia che, almeno dalla seconda metà del XVii secolo,<br />

era stata il veicolo privilegiato della cultura moderna per l’italia,<br />

finiva per essere pesantemente ridimensionata già nel pensiero<br />

giovanile di Sella e associata, in ultima analisi, a un’idea di cultura<br />

retorica, letteraria, intimamente corrotta e decadente, assai simile<br />

a quella cultura deteriore, «arcadica», che egli si proponeva<br />

di combattere in italia: si avvertono già in nuce le considerazioni<br />

che lo avrebbero portato a perorare la neutralità italiana nella guerra<br />

franco-prussiana durante la fatale estate del 1870.<br />

(1) Ca r l o di o n i S o t t i, Ricordo di Quintino Sella (1985), in Appunti sui moderni.<br />

Foscolo, Leopardi, Manzoni e altri, Bologna 1988, p. 379.<br />

(2) Quintino Sella a giuseppe Venanzio Sella [parigi, luglio 1849], in Epistolario<br />

di Quintino Sella, a cura di guido e Marisa Quazza, vol. i, 1842-1865, roma<br />

1980, p. 108.<br />

114


Muovendo da questo assunto, è possibile individuare la profonda<br />

coerenza sottesa all’intera carriera di Sella, una coerenza che<br />

ha ispirato a guido Quazza il titolo della sua monografia maggiore:<br />

L’utopia di Quintino Sella. La politica della scienza. (3) già, la<br />

politica della scienza: un ideale regolativo che Sella formula compiutamente<br />

piuttosto tardi, negli anni della presidenza dell’accademia<br />

<strong>dei</strong> lincei, ma che in fondo è già presente in un appunto<br />

del 24 maggio 1848 conservato a Biella presso la Fondazione Sella<br />

ed esposto nella mostra lincea: «[…] il mio scopo, salvo le eccezioni<br />

straordinarie, è ora fisso davanti a me, ed è quello di cercare<br />

in ogni modo di formare la mia educazione prima per riescire<br />

atto alla specialità a cui mi sono dedicato, e quindi per poter servire<br />

al bene dell’italia dedicandomi all’insegnamento»: (4) il bene<br />

del paese passa dunque attraverso l’insegnamento, la diffusione e<br />

la promozione della scienza. ed è questo lo scopo al quale tende<br />

già tutta la prima fase della carriera di Sella, dalla laurea in ingegneria<br />

idraulica a torino (1847) al suo ingresso in politica, dopo<br />

non pochi ripensamenti, nel 1860. in fase di allestimento della mostra<br />

ci si è inoltre resi conto di come la carriera dello statista biellese<br />

potesse essere idealmente suddivisa in tre fasi, che sembrano<br />

corrispondere ai momenti cardine della dialettica hegeliana (un’altra<br />

forma di «scienza» ottocentesca, se vogliamo, e soprattutto se<br />

consideriamo la semantica storica delle parole): a una «tesi» (il<br />

giovanile impegno scientifico e universitario) segue un’«antitesi»,<br />

un calarsi nel «negativo» della realtà concreta (l’impegno politico<br />

dal 1860 alla caduta del ministero lanza-Sella nel 1873), e infine<br />

una «sintesi», un’Aufhebung, ossia un «superamento» dialettico<br />

di entrambe le posizioni precedenti (la presidenza dell’accademia<br />

<strong>dei</strong> lincei, dal 1874 alla morte, e la connessa «utopia» della «politica<br />

della scienza», tesa a trasformare roma in un centro scientifico<br />

di rilievo internazionale e a promuovere in tutto il paese il<br />

(3) Gu i d o Qu a z z a, L’utopia di Quintino Sella. La politica della scienza, torino<br />

1992.<br />

(4) cfr. la scheda n. 5 del presente catalogo.<br />

115


progresso tramite la diffusione delle competenze tecnico-scientifiche).<br />

Questa tripartizione ha consentito di suddividere agevolmente<br />

la mostra in tre sezioni cronologiche e tematiche, denominate<br />

appunto «Sella scienziato», «Sella statista» e «Sella linceo», alle<br />

quali è stata aggiunta una piccola sezione iconografica (caricature,<br />

dipinti, documenti, giornali d’epoca ecc.) a conclusione del percorso<br />

espositivo. Fin dalla prima sezione è evidente lo straordinario<br />

impegno di Sella in ambito scientifico e culturale: eminente studioso<br />

di mineralogia, e in particolare di cristallografia, egli fece suo<br />

da subito un ideale educativo che comprendesse, secondo l’esempio<br />

degli amati classici, la cura strenua del corpo. il Sella alpinista<br />

e futuro fondatore del club alpino italiano (5) fa infatti tutt’uno<br />

con il Sella studioso, docente e organizzatore di cultura lato sensu<br />

(si potrebbe quasi affermare che egli intuisca e prefiguri in qualche<br />

modo la moderna organizzazione del leisure time, propria delle<br />

società capitalistiche avanzate).<br />

Di fronte alla richiesta rivoltagli da cavour ai primi del 1860<br />

di entrare nella vita politica attiva, il professor Sella dapprima vacilla,<br />

preda di dubbi e incertezze: «Del resto io mi terrei per venturato<br />

se le cose si aggiustassero in guisa che non venissi punto<br />

proposto a candidato. […] le occupazioni politiche mi trascinerebbero<br />

poco a poco lungi dallo studio, e questo è ciò che più mi<br />

spaventa». (6) eppure, superate le prime titubanze, Sella seppe rivelarsi<br />

politico risoluto e dalle idee chiare e distinte: il rigore etico<br />

consustanziale alla sua formazione scientifica lo portò sempre<br />

ad assumere posizioni nette, rigorose, dalle proverbiali «economie<br />

fino all’osso» alla costruzione – provvista di alto valore simbolico<br />

– del palazzo del Ministero delle Finanze, (7) solo per citare, tra<br />

(5) Qu a z z a, L’utopia di Quintino Sella, cit., pp. 339-345.<br />

(6) Quintino Sella a giuseppe Venanzio Sella (torino, 28 febbraio 1860), in<br />

Epistolario, cit., i, pp. 248-249. Si veda anche, per un approfondimento, la scheda n.<br />

31 del presente catalogo.<br />

(7) Qu i n t i n o Se l l a, Discorsi parlamentari, i, roma 1887, p. 313: «io prendo<br />

la responsabilità della costruzione del palazzo per il Ministero delle finanze […]<br />

116


i tanti possibili, due esempi preclari del suo operato politico. Ma<br />

l’ora topica di Quintino Sella, il suo momento più alto, doveva arrivare<br />

in quell’estate del 1870, quando l’antica diffidenza (e disistima)<br />

verso i Francesi, l’acquisita esperienza politica, il prestigio<br />

personale, l’ammirazione per il mondo scientifico e istituzionale tedesco<br />

dovevano contribuire tutti a quel capolavoro politico e diplomatico<br />

che fu la neutralità italiana nella guerra franco-prussiana, (8)<br />

alla quale seguì l’annessione di roma allo Stato unitario. a questo<br />

trionfo personale succedettero tuttavia varie delusioni politiche<br />

(il ritardato ingresso in roma del sovrano, (9) la caduta del governo<br />

Sella-lanza nel giugno del 1873, proprio a causa del rigore finanziario<br />

da lui perseguito), alle quali Sella seppe reagire moltiplicando<br />

il suo impegno per l’accademia <strong>dei</strong> lincei.<br />

e proprio nell’ultimo decennio della sua vita Sella combatté<br />

la sua battaglia più impegnativa: la «nuova» accademia <strong>dei</strong> lincei,<br />

provvista dopo la riforma dello statuto del 1875 anche di una<br />

classe di Scienze Morali, avrebbe dovuto trasformarsi in un centro<br />

di propagazione della cultura nazionale, che promuovesse il sapere<br />

in tutto il paese e contribuisse a trasformare roma in una «città<br />

della scienza», ove l’universalismo laico avrebbe dovuto competere<br />

con quello dell’autorità pontificia. (10) generosa utopia, sorretta<br />

dall’eccezionale energia e dalla tenacia di Sella, ma destinata a<br />

scontrarsi da subito con la difficoltà a reperire finanziamenti adeguati<br />

da parte <strong>dei</strong> Ministeri della Sinistra, che sentiva a lui personalmente<br />

ostili, (11) come pure con l’oggettiva arretratezza culturale<br />

di roma e del paese tutto. ciò nonostante, le nomine a socio<br />

una volta decisa la costruzione del Ministero, per parte mia mi limitai a fissarne la<br />

capacità, la disposizione […]. insomma determinai la pianta dell’edificio ed il genere<br />

di costruzione […]. Ma quanto alla decorazione esterna, all’architettura, siccome<br />

è il Ministero <strong>dei</strong> lavori pubblici che s’incarica degli edifizi demaniali, io non volli<br />

mai vedere nulla».<br />

(8) cfr. la scheda n. 38 del presente catalogo.<br />

(9) cfr. la scheda n. 41 del presente catalogo.<br />

(10) cfr. in merito i saggi di tullio gregory e di Marco guardo in questo catalogo.<br />

(11) cfr. la scheda n. 61 del presente catalogo.<br />

117


di charles Darwin o di herbert Spencer nel biennio 1875-76 testimoniano<br />

in modo eloquente la direzione auspicata da Sella per<br />

la scienza italiana. ormai sfibrato dalle troppe fatiche e delusioni,<br />

nell’ultima fotografia Sella ha l’aspetto di un vecchio; il 28 dicembre<br />

1883 egli scrive da Biella a luigi Blaserna: «Quando si<br />

comincia ad essere in uggia alla gente, è proprio meglio togliersi<br />

d’innanzi immediatamente. Si sta subito meglio tutti, e chi va e chi<br />

resta». (12) Quintino Sella moriva a Biella il 14 marzo 1884: come<br />

ebbe a dire Dionisotti, «certo visse e morí nella fede di una pacifica<br />

e civile competizione internazionale, aperta anche alla nuova<br />

italia. Morí prima che questa italia scegliesse l’altra via, retorica<br />

piuttosto che scientifica, del nazionalismo, del colonialismo e della<br />

guerra». (13) non saprei trovare miglior epitaffio per la figura di<br />

Quintino Sella, nei confronti del quale questa mostra storico-documentaria<br />

intende essere rispettoso e deferente omaggio.<br />

118<br />

al e S S a n d r o ro m a n e l l o<br />

(12) cfr. Qu a z z a, L’utopia di Quintino Sella, cit., p. 568. Questa lettera di Sella<br />

a Blaserna è conservata presso la Biblioteca dell’accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei<br />

e corsiniana, archivio linceo 134, carteggio Blaserna.<br />

(13) di o n i S o t t i, Ricordo di Quintino Sella, cit., p. 388.

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!