Saggi - Accademia Nazionale dei Lincei
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<strong>Saggi</strong>
Quintino Sella: uno Scienziato StatiSta<br />
eD un italiano europeo *<br />
1. l’attualità di Quintino Sella meritava di essere valorizzata<br />
nell’ambito delle celebrazioni per i 150 anni dell’unità nazionale<br />
italiana. e così ha fatto l’accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei nel convegno<br />
«Quintino Sella scienziato e statista per l’unità d’italia» e<br />
nella mostra «Quintino Sella linceo», resi possibili anche grazie al<br />
supporto del comitato per le celebrazioni <strong>dei</strong> 150 anni dell’unità<br />
d’italia e della Fondazione Sella.<br />
il presidente della repubblica giorgio napolitano ha presenziato<br />
alla giornata inaugurale di entrambi gli eventi nell’ambito<br />
dell’impegno straordinario ch’egli ha profuso per rinnovare e rinforzare<br />
l’identità italiana, nella continuità degli ideali del risorgimento<br />
riaffermati con la nascita della nostra repubblica, innestata<br />
nella civiltà e nelle istituzioni europee dopo la tragedia della<br />
guerra e della dittatura fascista. per tutto ciò e per la sua presenza<br />
lo ringrazio sentitamente a nome di tutti i lincei, in particolare<br />
del presidente lamberto Maffei, che non ha potuto essere presente<br />
a causa di altri impegni accademici negli Stati uniti.<br />
con questa celebrazione l’accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei<br />
conclude solennemente le sue manifestazioni dedicate al 150° anniversario<br />
dell’unità d’italia, idealmente iniziate già nel febbraio<br />
del 2010 con la conferenza presso la nostra accademia del presidente<br />
della repubblica giorgio napolitano sul tema «Verso il<br />
* Questo saggio è premessa sia al presente catalogo sia al volume «Quintino Sella,<br />
scienziato e statista per l’unità d’italia», in corso di pubblicazione negli atti <strong>dei</strong><br />
convegni lincei.<br />
3
150° dell’italia unita: tra riflessione storica e nuove ragioni di impegno<br />
condiviso».<br />
noi leggiamo nell’apprezzamento del presidente della repubblica<br />
giorgio napolitano per l’accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei,<br />
così come in quello <strong>dei</strong> suoi predecessori, da einaudi a ciampi,<br />
la valorizzazione del ruolo di una istituzione dove dalla scienza<br />
si passa al sapere e dove entrambi si fondono nella saggezza che<br />
trae dalla storia senso di responsabilità e di discernimento per capire<br />
ed affrontare il presente e il futuro. in questa prospettiva la<br />
figura di Sella assume una grande attualità. Se, infatti, è vero che<br />
Sella non fu uno scienziato che portò a scoperte galileiane, è altrettanto<br />
vero che egli fu uno scienziato statista che diede un contributo<br />
determinante al progresso istituzionale delle scienze e del<br />
sapere, delle tecniche e dell’economia, della modernizzazione italiana<br />
in europa.<br />
2. per questo la personalità di Sella rappresenta ancora nel<br />
2011, a centoventisette anni dalla sua morte, un paradigma al quale<br />
l’accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei deve ispirarsi nello svolgere<br />
la sua missione nel rafforzamento dell’unità d’italia per l’incivilimento<br />
e per il bene comune nel contesto europeo. in questi centoventisette<br />
anni valutazioni autorevoli su Sella non lasciano dubbi<br />
sulla rilevanza della sua personalità e della sua azione.<br />
nel 1928, cento anni dopo la nascita di Sella, che visse solo<br />
cinquantasette anni (1827-1884), un grande linceo, Benedetto croce,<br />
scrisse che la destra storica, della quale Sella fu una delle personalità<br />
di maggiore spicco, era una «eletta di uomini […] da considerare<br />
a buon diritto esemplari per la purezza del loro amore di<br />
patria […] per la serietà e dignità del loro abito di vita, per l’interezza<br />
del loro disinteresse, per il vigore dell’animo e della mente».<br />
(1) Quanto a Sella egli scrisse che fu «l’eroe che impersonò la<br />
lotta per il pareggio [di bilancio, ndr …] con tenacia pari solo al<br />
(1) B. Cr o C e, Storia d’Italia. Dal 1871 al 1915, a cura di g. talamo, napoli<br />
2004, p. 13 (prima edizione 1928).<br />
4
coraggio di superare ogni sorta di ostacolo […]». (2) nel 1984, a<br />
cento anni dalla morte di Sella, rosario romeo, un grande storico<br />
linceo, affermò che se gli italiani «vorranno trarre ispirazioni dal<br />
passato per il loro avvenire, potranno […] riandare al suo progetto<br />
[di Sella, ndr] di un’italia più seria e più solida, più moderna e più<br />
fiduciosa in sé stessa e nel suo ruolo in europa e nel mondo». (3)<br />
giungendo al 2011, intendiamo sintetizzare la riflessione su<br />
Sella con quanto ci ha scritto il presidente emerito della repubblica<br />
carlo azeglio ciampi: «È con profondo rammarico che mi<br />
vedo costretto a mancare l’appuntamento che l’accademia nazionale<br />
<strong>dei</strong> lincei dedica alla straordinaria personalità di Quintino<br />
Sella: statista, politico, economista, scienziato, amministratore<br />
e organizzatore lungimirante, dalla cui vicenda pubblica l’italia<br />
contemporanea può ancora trarre insegnamento». (4)<br />
Questa è anche la nostra visione di Quintino Sella, la cui poliedrica<br />
e straordinaria personalità è stata esaminata, valutata e presentata<br />
in occasione del convegno e della mostra negli scritti di<br />
tanti illustri collaboratori e relatori, ai quali va il nostro più sentito<br />
ringraziamento, che si esprime innanzitutto nel richiamare qui<br />
il loro nome e il loro ruolo non come atto formale ma come apprezzamento<br />
convinto e sostanziale.<br />
3. il convegno «Quintino Sella, Scienziato e statista per l’unità<br />
d’italia» ha avuto un comitato d’onore costituito dal presidente<br />
emerito della repubblica carlo azeglio ciampi, dal presidente<br />
del comitato <strong>dei</strong> garanti per le celebrazioni del 150° anniversario<br />
dell’unità nazionale, giuliano amato, dai presidenti emeriti<br />
dell’accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei, giovanni conso, giorgio<br />
Salvini ed edoardo Vesentini, dal presidente in carica, lamberto<br />
Maffei. ad essi è stato affiancato luigi Sella, in rappresentan-<br />
(2) Ivi, p. 52.<br />
(3) r. ro m e o , Quintino Sella, in Quintino Sella, Giornata Lincea indetta in occasione<br />
del I Centenario della morte, roma 1984, p. 27.<br />
(4) lettera del Senatore carlo azeglio ciampi indirizzata ad alberto Quadrio<br />
curzio, roma, accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei, archivio.<br />
5
za della famiglia quale discendente diretto della personalità celebrata.<br />
il comitato ordinatore del convegno è stato costituito da alberto<br />
Quadrio curzio, linceo e coordinatore dello stesso, e dai soci<br />
lincei Michele caputo, Maria Bianca cita Sironi, carlo Doglioni,<br />
Franco gallo, annibale Mottana, antonio pedone, alessandro<br />
roncaglia. il comitato ordinatore, del quale sono stati chiamati<br />
a far parte anche giovanni paoloni (studioso che tante volte ha<br />
collaborato con i lincei) e lodovico Sella (presidente della Fondazione<br />
Sella), ha intensamente lavorato alla progettazione, condividendo,<br />
al di là della singola specializzazione scientifica, la valutazione<br />
della figura di Sella, così sinteticamente e unitariamente<br />
presentata:<br />
il convegno intende rivisitare l’eccezionale figura di Quintino Sella nei<br />
suoi diversi ruoli di statista, scienziato, tecnologo, personalità di alta cultura<br />
e di grande etica civile che ha contribuito alla unificazione nazionale<br />
italiana e alla configurazione istituzionale di roma come capitale<br />
del nuovo Stato. È raro nella storia <strong>dei</strong> 150 anni dello Stato italiano trovare<br />
una personalità che, muovendo da una rigorosa mentalità scientifica,<br />
abbia saputo mettere la stessa al servizio istituzionale della nuova<br />
nazione coronando la sua opera anche con la rifondazione della accademia<br />
<strong>dei</strong> lincei. Quella che Sella volle ricongiunta agli ideali <strong>dei</strong> primi<br />
fondatori che agli inizi del XVii secolo promossero l’affermarsi della<br />
nuova scienza soprattutto per opera del principe Federico cesi e del<br />
genio di galileo galilei. (5)<br />
nel volume degli atti inerenti al convegno compaiono ben diciannove<br />
saggi che confermano la serietà e il rigore con il quale l’iniziativa<br />
è stata progettata e realizzata. ne daremo conto nel seguito,<br />
ricordando qui che il convegno è stato aperto e chiuso dallo<br />
scrivente, mentre le quattro sessioni sono state presiedute da tullio<br />
gregory, edoardo Vesentini, Maria Bianca cita Sironi, Franco<br />
gallo.<br />
la Mostra «Quintino Sella linceo» è stata promossa e curata<br />
6<br />
(5) Si veda il programma del convegno.
da tullio gregory (coordinatore), da giovanni Ferraris, da giovanni<br />
paoloni, da ludovico Sella e da Marco guardo, che si sono avvalsi<br />
anche della collaborazione di alessandro romanello. il presente<br />
catalogo, segnato dalla sequenza storico-logica di tre sezioni<br />
(Sella scienziato, Sella statista, Sella linceo), comprende diversi<br />
saggi che toccano più aspetti. la mostra, allestita nella splendida<br />
cornice della Biblioteca dell’accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei<br />
e corsiniana sotto lo sguardo vigile di Sella (il cui busto, opera di<br />
emilio Dies, è stato restaurato per l’occasione e posto in apertura<br />
del percorso espositivo) si è tradotta in un catalogo di straordinaria<br />
efficacia.<br />
purtroppo non potremo intrattenerci, come vorremmo, su tutti<br />
gli scritti, perché questo non si addice ad una premessa. Verso<br />
ogni autore, tuttavia, sentiamo un dovere di riconoscente e convinto<br />
apprezzamento, così come l’abbiamo in particolare verso Maurizio<br />
Sella (il quale pubblica negli atti del convegno un interessante<br />
saggio che ripercorre tutti gli aspetti della personalità di Quintino<br />
Sella, che fu anche imprenditore innovatore) e verso lodovico<br />
Sella, che nel presente catalogo figura con un contributo sulla documentazione<br />
archivistica della Fondazione Sella, determinante ai<br />
fini del successo della mostra. cercheremo allora di dare un profilo<br />
della personalità, degli ideali e dell’opera di Sella rinviando<br />
agli atti del convegno e ai contributi del catalogo.<br />
4. Da ogni saggio emerge che Sella da un lato diede un contributo<br />
forte alla costruzione dell’unità d’italia e dall’altro esprime<br />
paradigmi di perdurante attualità per il progresso istituzionale,<br />
sociale, economico, scientifico e tecnologico dell’italia. nella<br />
relazione di apertura del convegno rosario Villari ha argomentato<br />
che Sella, nella costruzione dello Stato unitario nell’ambito della<br />
Destra storica<br />
ha acquistato e mantiene una permanente attualità storica nella coscienza<br />
civile del nostro paese per la profonda convinzione della necessità di<br />
superare lo squilibrio tra l’italia e le nazioni più sviluppate, per la subordinazione<br />
della fortuna politica personale all’interesse della comunità na-<br />
7
zionale, per la disposizione a verificare alla luce <strong>dei</strong> fatti la validità delle<br />
dottrine, per la novità dell’impegno sulla questione romana e sul rapporto<br />
tra lo Stato e la chiesa, per la concezione universalistica del ruolo di<br />
roma capitale, per il tentativo di collegare la riforma politica alle grandi<br />
tradizioni scientifiche della prima età moderna, per la considerazione<br />
non soltanto repressiva, infine, della emergente questione sociale.<br />
per comodità espositiva diamo un profilo della personalità di<br />
Sella sotto due aspetti: quello di scienziato e quello di statista. la<br />
distinzione è convenzionale in quanto egli fu uno scienziato statista<br />
e uno statista scienziato. talvolta nella sua vita prevaleva un<br />
aspetto sull’altro.<br />
come scienziato statista, dopo la laurea in ingegneria idraulica<br />
a torino nel 1847, si perfezionò in Francia, in germania e in<br />
inghilterra, dove si interessò anche della manifattura. Da qui verrà<br />
la sua attenzione anche alla tecnoscienza e all’economia, nonché la<br />
sua costante apertura europeista. ritornato a torino nel 1852, divenne<br />
docente al regio istituto tecnico e poi professore alla università.<br />
la sua dedizione alla scienza e alle sue applicazioni, dov’egli<br />
diede importanti contributi anche in matematica, mineralogia, cristallografia<br />
(di cui tratta Ferraris nel convegno) fu anche nella politica<br />
della scienza e della tecnica. egli infatti contribuì in vari<br />
modi diretti o indiretti anche alla nascita <strong>dei</strong> due politecnici di torino<br />
e di Milano (si vedano i contributi di Mario alberto chiorino<br />
e andrea Silvestri nel convegno) nonché al riordino della Facoltà<br />
di Scienze a roma (si rinvia agli interventi Mottana e Doglioni<br />
nel convegno). così come suo fu il merito dell’impostazione di un<br />
corpo tecnico statale e della carta geologica d’italia (di cui discutono<br />
giorgio Vittorio Dal piaz e pietro corsi nel convegno). egli<br />
aveva della scienza una visione non settoriale ma generale, ovvero<br />
istituzionale, ritenendo che solo facendo leva sulla stessa l’italia<br />
potesse recuperare rispetto alle altre nazioni europee più avanzate,<br />
come emerge da quasi tutti i saggi prima menzionati.<br />
in definitiva Sella concepì la scienza sia quale strumento di unificazione<br />
e progresso nazionale sia per una politica del territorio e<br />
8
delle risorse (come argomenta Dal piaz) sia verso entità politicoamministrative<br />
circoscritte (come governatore del Friuli: si veda a<br />
riguardo la relazione di Bruno londero presentata al convegno).<br />
Ma è interessante constatare come per Sella l’italia si costruisse<br />
anche con lo sviluppo della lingua italiana, con l’avvicinamento<br />
della lingua scritta a quella parlata intesa come «lingua di tutti»<br />
gli italiani, come argomenta Valeria Della Valle nel contributo<br />
edito nel presente catalogo.<br />
come statista-scienziato, Sella (la cui vita politica iniziò da deputato<br />
al parlamento subalpino nel 1860, dov’egli sedeva accanto<br />
a giuseppe Verdi, ch’ebbe per lui grande stima) divenne cruciale<br />
come Ministro delle Finanze per ben tre volte (marzo - dicembre<br />
1862, settembre 1864 - dicembre 1865, dicembre 1969 - luglio<br />
1873). Fu in quel ruolo che Sella assunse la caratura riconosciuta<br />
dello statista, determinante in quel periodo di enormi sfide e scelte<br />
dello Stato unitario. nel governo dell’economia il suo contributo<br />
al pareggio di bilancio, sia pure raggiunto dopo di lui, fu cruciale<br />
per il consolidamento dello Stato che, pur unificato, a giudizio di<br />
molti, in italia e all’estero, si sarebbe squalificato o disintegrato<br />
sulla finanza. (6) la sua politica fu innovativa e si caratterizzò per<br />
il taglio della spesa corrente e per l’aumento delle entrate senza<br />
penalizzare gli investimenti necessari al nuovo Stato. Questi portarono,<br />
anche a causa degli interessi e fino al 1870, a un aumento<br />
del debito pubblico sul pil, che poi fu ridotto di 15 punti percentuali<br />
già nel 1874.<br />
la sua politica fiscale, che improntò per un secolo il sistema<br />
tributario italiano, si fondò su varie (e talvolta nuove) imposte, tra<br />
le quali quella di ricchezza mobile e quella sul macinato, per la cui<br />
applicazione egli impiegò anche gli ingegneri. tassò anche i titoli<br />
del debito pubblico, allora in gran parte di benestanti. Sella era<br />
ben consapevole della complessità della materia fiscale, tant’è che<br />
in un discorso parlamentare del 1874 sulla riforma alle leggi d’imposta<br />
disse: «Spero anch’io che si ritocchino in guisa che ciascuno<br />
(6) B. Cr o C e, Storia d’Italia, cit., p. 51.<br />
9
abbia le minori noie possibili, e paghi ciò che deve pagare, e ne<br />
abbia vantaggio tanto la giustizia come l’erario […]». (7)<br />
Sella vendette beni demaniali a finalità non pubblica e beni<br />
confiscati all’asse ecclesiastico, dando anche in concessione privata<br />
taluni servizi. riuscì però a finanziare, con selettivo rigore,<br />
investimenti infrastrutturali per la crescita ed ebbe grande attenzione<br />
all’istruzione pubblica del nuovo Stato. la stessa gli fu sempre<br />
presente sino a spingerlo ad assumere l’interim del Ministero<br />
dell’istruzione tra il maggio e l’agosto del 1872, tra le dimissioni<br />
di cesare correnti e la nomina di antonio Scialoja, anch’egli<br />
linceo. in questo egli ebbe una chiara concezione dello sviluppo,<br />
traen do le sue convinzioni dall’essere anche uno scienziato che faceva<br />
del sapere la base dello sviluppo.<br />
Di questi temi, che vanno dalla politica tributaria a quella di<br />
bilancio a quella dello sviluppo economico, trattano con diversa<br />
enfasi nel convegno giovanni Marongiu, antonio pedone, Franco<br />
reviglio, pierluigi ciocca, mentre alessandro roncaglia mostra<br />
come non sia facile collocare Sella nella cultura economica del secondo<br />
ottocento, essendo appunto Sella non un economista ma uno<br />
scienziato statista. infine le sue caratteristiche di scienziato statista<br />
e statista scienziato culminarono con la rifondazione <strong>dei</strong> lincei,<br />
che va vista anche quale conseguenza della sua determinazione<br />
a portare la capitale del regno a roma. il suo grande prestigio<br />
gli consentirà infatti di rifondare nel 1874 e di presiedere fino alla<br />
sua morte, nel 1884, l’accademia <strong>dei</strong> lincei in roma capitale, che<br />
nella scienza doveva trovare un suo forte carattere distintivo. (8)<br />
Su questo tema si intrattiene in particolare tullio gregory, che<br />
nel saggio di apertura del presente catalogo (Quintino Sella, Roma,<br />
l’<strong>Accademia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong>) inizia la sua trattazione muovendo proprio<br />
dal discorso di Sella del 14 marzo 1881, nel quale lo statista scienziato<br />
ricorda un incontro del 1871 con theodor Mommsen, poco<br />
dopo il trasferimento del governo italiano a roma. Scrive Sella:<br />
10<br />
(7) Q. Se l l a, Discorsi parlamentari, V, roma 1890, p. 877 (18 ottobre 1874).<br />
(8) B. Cr o C e, Storia d’Italia, cit., p. 11.
una sera, nel calore della conversazione, dopo parlato di roma antica,<br />
di roma papale, di idealismo, di realismo e di non so quante cose,<br />
il fiero teutonico si alza e mi dice in tono concitato: ma che cosa intendete<br />
di fare a roma? Questo ci inquieta tutti; a roma non si sta senza<br />
avere <strong>dei</strong> propositi cosmopoliti. che cosa intendete di fare? io cercai di<br />
tranquillarlo (e credo che oggi si sarà tranquillato, visto che non abbiamo<br />
neppure la virtù di soffrire un tantino per arrivare a maggiore grandezza).<br />
Ma io gli dissi: sì, un proposito cosmopolita non possiamo non averlo a<br />
roma: quello della scienza. noi dobbiamo renderci conto della posizione<br />
che occupiamo davanti al mondo civile, da che siamo a roma. (9)<br />
Da qui gregory dimostra la determinazione, la coerenza e la concretezza<br />
di Sella per fare di roma la capitale non solo del nuovo<br />
Stato italiano ma anche della scienza e del pensiero moderno, una<br />
volta cessato il potere temporale e teocratico. (10)<br />
non più Ministro, Sella dedicò dunque alla rifondazione <strong>dei</strong><br />
lincei (di cui tratta paoloni nel convegno, anche in rapporto alla<br />
accademia <strong>dei</strong> Xl ed a quella pontificia) il suo ingegno per ricostruire<br />
in roma l’accademia sui principi fissati agli inizi del 1600<br />
da Federico cesi e galileo galilei (si veda il saggio di Marco guardo<br />
nel catalogo). egli volle inoltre che a fianco della classe di<br />
Scienze fisiche, matematiche e naturali dell’accademia <strong>dei</strong> lincei<br />
vi fosse anche la classe di Scienze morali, storiche e filologiche,<br />
denominazione complessa che in parte richiama l’impostazione di<br />
John Stuart Mill e una impostazione induttiva (come argomenta<br />
raffaella Simili nel contributo presentato al convegno) e in parte<br />
richiama la grande cultura umanistica italiana. Della nuova classe<br />
fu presidente, durante il primo decennio di vita dell’accademia,<br />
terenzio Mamiani della rovere, prestigioso letterato, grande figura<br />
del nostro risorgimento, che vedeva nell’istruzione e nella cultura<br />
una componente fondamentale dell’incivilimento.<br />
l’apertura europea ed internazionale di Sella, condivisa da Mamiani,<br />
portò anche all’istituzione presso i lincei della categoria <strong>dei</strong><br />
(9) Q. Se l l a, Discorsi parlamentari, cit., i, roma 1887, p. 292.<br />
(10) Ivi, p. 302.<br />
11
soci stranieri (si veda il già citato contributo della Simili), tra i primi<br />
charles Darwin e theodor Mommsen, verso i quali Sella nutriva<br />
una profonda ammirazione. in tal modo si confermava l’impostazione<br />
cesiana e galileiana.<br />
5. in conclusione. abbiamo sottolineato in questa prefazione<br />
l’impostazione risorgimentale di Quintino Sella per rilevare in particolare<br />
il suo contributo all’unità d’italia nella ricorrenza <strong>dei</strong> 150<br />
anni dell’unità nazionale. Ma l’insegnamento di Sella va oltre e<br />
risuona in questa sua affermazione tratta da un discorso pronunciato<br />
ai lincei nel 1880: «la grandezza e la prosperità d’un paese<br />
è indubbiamente una conseguenza diretta, o come i matematici<br />
direbbero, una funzione del progresso morale, intellettuale ed<br />
economico <strong>dei</strong> cittadini». (11) Questa «funzione» fu allora possibile<br />
perché parte rilevante della classe politica del tempo pose l’interesse<br />
nazionale sopra quello di parte e di partito, coniugando rigore<br />
civile e competenza professionale.<br />
12<br />
al B e rto Qu a d r i o Cu r z i o<br />
(11) Q. Se l l a, Discorso del presidente Quintino Sella (seduta del 19 dicembre<br />
1880), «atti della reale accademia <strong>dei</strong> lincei. transunti», V (1881), p. 39.
note Sulla DocuMentazione archiViStica<br />
Di uno Dei Fautori Della nuoVa italia<br />
nel celebrare i centocinquanta anni dell’unità d’italia l’accademia<br />
nazionale <strong>dei</strong> lincei ha ravvisato in Quintino Sella il restauratore<br />
delle sue sorti (secondo l’espressione di rosario romeo),<br />
lo scienziato acquisito alla politica, da molti ritenuto il principale<br />
uomo di Stato della generazione rinnovatrice dell’italia postunitaria.<br />
il convegno Quintino Sella scienziato e statista per l’Unità<br />
d’Italia e la mostra Quintino Sella Linceo del dicembre 2011 a<br />
roma hanno dato occasione alla Fondazione Sella di esporre nella<br />
Biblioteca accademica una parte cospicua della documentazione<br />
utile a evidenziare la tensione ideale, il percorso e le circostanze<br />
che condussero alla rinascita dell’accademia, divenuta con la<br />
presidenza Sella punto d’incontro cosmopolita in un’epoca di eccezionale<br />
sviluppo culturale, scientifico ed economico.<br />
a Sella non mancarono consensi pubblici e privati come pure<br />
attacchi ed opposizioni fortissimi, seppur attenuati nelle caricature<br />
del tempo, che lo raffigurano erto su simbolici scarponi da montanaro.<br />
egli fu autore di opere scientifiche, storiche, politiche, finanziarie<br />
ed economiche, molte delle quali tradotte in diverse lingue.<br />
poco dopo la sua scomparsa furono dati alle stampe, in 5<br />
volumi, i Discorsi Parlamentari di Quintino Sella raccolti e pubblicati<br />
per deliberazione della Camera <strong>dei</strong> Deputati e la biografia<br />
di alessandro guiccioli, segno di una stima affettuosa. Seguirono<br />
saggi di eminenti studiosi e altri scritti, editi nel 1927 in occasione<br />
del centenario della nascita. nel 1984, per il centenario della morte,<br />
Biella gli dedicò un’esaustiva mostra documentaria corredata<br />
13
da un catalogo; torino, a palazzo carignano, promosse un convegno<br />
nazionale di Studi, al quale seguì la pubblicazione degli atti;<br />
roma, infine, una giornata lincea con interventi di germano rigault<br />
su La figura scientifica di Quintino Sella e di rosario romeo<br />
su Quintino Sella uomo di Stato. nel 1980, nella collana storica<br />
dell’istituto della Storia del risorgimento italiano, fu stampato<br />
il primo volume (a cura di guido e Marisa Quazza) dell’Epistolario<br />
di Quintino Sella, oggi giunto all’ottavo, opera insigne per la<br />
consistenza numerica delle testimonianze epistolari contenute e per<br />
l’ampiezza e il rigore dell’apparato di note. le ricerche sottese per<br />
anni allo studio dell’epistolario resero possibile a guido Quazza<br />
un ulteriore, significativo, contributo: L’Utopia di Quintino Sella.<br />
La politica della scienza, volume edito nel 1992 dal comitato di<br />
torino dell’istituto per la Storia del risorgimento italiano e caratterizzato<br />
da un approfondito esame della formazione della personalità<br />
e dell’opera di Sella.<br />
la sua memoria fu onorata altresì da cospicue vestigia monumentali:<br />
Biella, torino, iglesias e roma innalzarono al grande statista<br />
monumenti commemorativi, così come gli furono dedicati numerosi<br />
busti e lapidi.<br />
inaugurata dal presidente della repubblica giorgio napolitano,<br />
la mostra lincea del 2011 ha riconsiderato con ampia prospettiva<br />
storica gli anni trascorsi dall’unità del nostro paese, avvalendosi<br />
di una cospicua messe di documenti originali, principalmente<br />
conservata presso la Fondazione Sella a Biella e la Biblioteca e<br />
l’archivio dell’accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei.<br />
per quanto attiene al corpus delle carte di Sella mette conto rilevare<br />
che esse sono custodite dalla Fondazione Sella accanto ad<br />
altri documenti aviti, risalenti a un lontano passato, chiara testimonianza<br />
del valore ad essi ascritto: Sella stesso, infatti, si era premurato<br />
di riporre nell’archivio di famiglia i suoi diplomi di nomina<br />
e di benemerenza. Si può supporre che ciò rispondesse a un’inclinazione<br />
propiziata sin dagli anni della giovinezza: da ragazzo,<br />
infatti, egli ebbe modo di occuparsi dell’archivio familiare, svolgendo<br />
uno <strong>dei</strong> primi incarichi di norma richiesti da una famiglia<br />
14
di imprenditori tessili. tale consuetudine, irrobustita dall’habitus<br />
scientifico acquisito durante gli studi e dall’ausilio della statistica,<br />
sarà destinata a tradursi in un metodo di fondamentale importanza<br />
per conoscere, progettare e, infine, agire. giova menzionare<br />
alcune serie delle sue carte, oltre a quelle «personali e di studio».<br />
citiamo a titolo di esempio: «carteggio» (ventisettemila lettere ricevute<br />
da ben cinquemilacinquecento corrispondenti, ordinate alfabeticamente);<br />
«attività scientifica»; «attività politica»; «Ministero<br />
rattazzi, 1862»; «Ministero la Marmora, 1864-1865»; «commissario<br />
Straordinario del re, udine 1866»; «Ministero lanza-Sella,<br />
1869-1873»; «casse postali di risparmio, 1870-1875» (queste<br />
ultime in un volume rilegato e corredato da un indice di suo pugno);<br />
«accademia <strong>dei</strong> lincei»; infine «originario», eloquente definizione<br />
che si riferisce a una raccolta di documenti medievali di<br />
comuni biellesi e non solo, che Sella custodiva nel suo studio per<br />
le ricerche in campo storico. l’insieme è cospicuo e conta circa<br />
duecento faldoni.<br />
una così vasta silloge di documenti consente di individuare il<br />
filo conduttore per conoscere gli ideali che ispirarono Sella nel corso<br />
di tutta la vita. un’indicazione preziosa può trarsi, ad esempio,<br />
dal Diario parigino del 1848, nel quale leggiamo: «il mio scopo,<br />
salvo le eccezioni straordinarie, è ora ben fisso davanti a me, ed è<br />
quello di cercare in ogni modo di formare la mia educazione prima<br />
per riescire atto alla specialità a cui mi sono dedicato, e quindi<br />
per poter servire al bene dell’italia dedicandomi all’insegnamento.<br />
infatti il miglior modo di far risorgere l’italia, e di renderla virtuosa<br />
e grande è senza dubbio quello di educare bene i figli».<br />
la sua opera di scienziato, inoltre, emerge assai chiaramente<br />
dagli appunti, ricchi di disegni di cristalli, contenuti nelle Note di<br />
mineralogia e litologia, vergate in una grafia fitta e minuta durante<br />
il corso seguito all’École des Mines di parigi. in una lettera alla<br />
madre del dicembre 1851 leggiamo: «una passione sola mi cagiona<br />
talvolta qualche conforto, è quella delle pietre. ho qua occasione<br />
di studiare delle bellissime pietre, e ciò mi fa passare qualche<br />
ora felice. non avrei mai creduto che lo studio della natura fos-<br />
15
se così allettevole». riguardo al fondatore del club alpino commuove<br />
ancora oggi il taccuino di appunti, nel quale il testo che descrive<br />
le escursioni, vergato a lapis, è giustapposto al disegno del<br />
profilo <strong>dei</strong> monti.<br />
l’uomo di industria, d’altra parte, è ben rappresentato dal taccuino<br />
Patrimonio di Quintino Sella e Clotilde Rey sua moglie, nel<br />
quale egli annota anno per anno la variazione dell’ammontare del<br />
patrimonio di famiglia dal 1846 al 1881. all’indicazione delle cifre<br />
si affiancano annotazioni puntuali e talora toccanti, stese, ad esempio,<br />
in occasione della morte di suoi cari (il padre, la madre, il fratello)<br />
o della donazione ai figli di quote del lanificio di famiglia.<br />
una indagine analoga può essere condotta attraverso l’esame<br />
<strong>dei</strong> suoi libri. anche in questo caso occorre prendere le mosse dalla<br />
biblioteca di famiglia, della quale rimangono elenchi, divisi nelle<br />
classificazioni bibliografiche proprie dell’epoca che precedette<br />
gli anni di Sella: sono circa seicento le opere di «Botanica», pubblicate<br />
tra il 1750 e il 1850; duemila le opere di «Medicina», comprendenti<br />
le scienze mediche, naturali e fisiche; tremilacinquecento<br />
le opere alla voce «letteratura», che annoverano i classici latini e<br />
greci, Dante e la letteratura moderna, i viaggi, le scoperte geografiche,<br />
la geografia universale, la storia, la religione, l’arte, la musica.<br />
grazie alla donazione, disposta da Sella e dal fratello giuseppe<br />
Venanzio, i volumi di questa biblioteca contribuirono a formare<br />
negli anni Settanta del XiX secolo il primo nucleo della Biblioteca<br />
civica di Biella. il catalogo della biblioteca personale di Sella non<br />
è pervenuto, tuttavia possiamo congetturarne il contenuto tramite i<br />
libri giunti sino a noi, come ad esempio i quaranta tomi della Biblioteca<br />
dell’Economista, pubblicata da pomba a torino dal 1854,<br />
e la raccolta <strong>dei</strong> Bullettini del Club Alpino (dal 1864), insieme alle<br />
prime annate della Rivista Alpina Italiana (dal 1875), che Sella<br />
ebbe la gioia di vedere. il genere delle letture consigliate dall’illustre<br />
statista emerge poi con chiarezza dai libri donati alla Società<br />
operaia di Mutuo Soccorso di tollegno nel Biellese: essi appartenevano<br />
tutti alla Raccolta di letture scientifiche popolari in Italia.<br />
La scienza del popolo, edita da treves a Milano.<br />
16
non possiamo inoltre trascurare i volumi conservati nella sua<br />
casa natale alla Sella di Mosso e appartenuti a sacerdoti di famiglia,<br />
dalle cinquecentine di contenuto religioso alle opere di stampo<br />
giansenista: sia l’episodio della lettura dell’Imitazione di Cristo<br />
(summa di etica cristiana leggibile anche in chiave laica), fatta<br />
al fratello giuseppe Venanzio in fin di vita, sia gli accenni a questioni<br />
religiose e morali, testimoniate negli scritti e nei discorsi,<br />
attestano il profondo rilievo di quel fondo librario.<br />
Spicca in modo assai significativo, anche sotto il profilo metodologico,<br />
la Miscellanea di opuscoli e manoscritti a cura di Sella<br />
e oggi custodita presso la Biblioteca civica di Biella: seicentosessanta<br />
corposi volumi (inerenti a sezioni dello scibile umano da<br />
lui stesso ideate), contenenti opuscoli e manoscritti, talora impreziositi<br />
da annotazioni autografe. essi danno origine a una raccolta<br />
concepita quale strumento essenziale per approfondire ricerche e<br />
progetti volti al consolidamento e al progresso dell’italia nei primi<br />
anni dell’unità.<br />
Da questo pur breve contributo emerge durante la vita di Sella<br />
una sostanziale coerenza tesa allo scopo prefissato sin dalla giovinezza,<br />
come quando, neo direttore del gabinetto di Mineralogia<br />
dell’istituto tecnico di torino, egli ricevette l’incarico di riordinarne<br />
la collezione di minerali: in quell’occasione, infatti, Sella non<br />
mancò di incrementarla con il dono della sua collezione personale<br />
di più di settemila esemplari, in modo da potenziarne la fruibilità.<br />
un eguale sentire condusse altresì all’acquisizione del manoscritto<br />
del Codex Astensis detto di Malabayla dall’imperatore d’austria,<br />
a Vienna, che Sella stesso pubblicò negli «atti della reale accademia<br />
<strong>dei</strong> lincei». Successivamente egli donava il prezioso volume<br />
ad asti, a testimonianza della ricca storia medievale di quella<br />
città, dimostrando in tal modo di non essere mosso dalla passione<br />
del collezionista bensì dal desiderio di diffondere maggiormente<br />
tali antiche memorie.<br />
in considerazione di tutto ciò, la mostra Quintino Sella Linceo<br />
ha inteso porre in luce le più significative tappe della sua vita e<br />
illustrare l’opera svolta per unire gli italiani in una coscienza na-<br />
17
zionale. a tale scopo nei suoi ultimi anni Sella farà assurgere al<br />
ruolo di coordinatore la reale accademia <strong>dei</strong> lincei, palestra di<br />
confronto tra i migliori ingegni dell’epoca in quella roma capitale<br />
d’italia, modello ideale di un passato comune.<br />
18<br />
lo d o v i C o Se l l a
Quintino Sella,<br />
roMa, l’accaDeMia Dei lincei<br />
in un memorabile discorso come relatore del disegno di legge<br />
per il concorso dello Stato nelle opere edilizie in roma, il 14 marzo<br />
1881, Quintino Sella ebbe a ricordare di un suo incontro con il<br />
grande storico theodor Mommsen del 1871, «poco dopo l’effettiva<br />
venuta del governo italiano a roma:<br />
una sera, nel calore della conversazione, dopo parlato di roma antica,<br />
di roma papale, di idealismo, di realismo e di non so quante cose, il fiero<br />
teutonico si alza e mi dice in tono concitato: ma che cosa intendete di<br />
fare a roma? Questo ci inquieta tutti; a roma non si sta senza avere <strong>dei</strong><br />
propositi cosmopoliti. che cosa intendete di fare? io cercai di tranquillarlo<br />
(e credo che oggi si sarà tranquillato, visto che non abbiamo neppure<br />
la virtù di soffrire un tantino per arrivare a maggiore grandezza).<br />
Ma io gli dissi: sì, un proposito cosmopolita non possiamo non averlo a<br />
roma: quello della scienza. noi dobbiamo renderci conto della posizione<br />
che occupiamo davanti al mondo civile, da che siamo a roma. (1)<br />
roma, restituita all’italia unita, capitale della scienza: promuovere<br />
la ricerca, confrontarsi con le altre nazioni sul piano del pensiero<br />
e del progresso scientifico; questa la missione della terza<br />
roma. l’idea di roma, che aveva animato i sogni e l’azione di<br />
mazziniani e garibaldini, di giobertiani e moderati, si concretizza<br />
per Sella in una roma come capitale del pensiero moderno, realizzando<br />
gli ideali di una cultura laica e positiva, unica alternativa<br />
alla roma <strong>dei</strong> papi, una volta messo fine non solo al potere tem-<br />
(1) Q. Se l l a, Discorsi parlamentari, i, roma 1887, p. 292.<br />
19
porale, ma alla «teocrazia papale», all’«imposizione della fede con<br />
la spada». (2)<br />
È noto come Sella fosse uno degli uomini politici della destra<br />
più fermi nel richiedere, dopo il 20 settembre, l’immediato<br />
trasferimento a roma della capitale, con il governo, il parlamento,<br />
la monarchia. contro quanti, anche alla camera, sostenevano<br />
che «l’idea di roma è un concetto rettorico, da antiquari istillato<br />
in menti puerili», (3) la posizione di Sella è fermissima:<br />
o signori io vi devo confessare […] che nella debole mia mente la questione<br />
di roma capitale, sin dai primi tempi in cui ebbi facoltà di pensare<br />
ai casi nostri, mi si è sempre affacciata in questi precisi termini: ‘o<br />
l’unità d’italia sarebbe riuscita ad uccidere il potere temporale, o il potere<br />
temporale avrebbe distrutta l’unità d’italia’ […] io inoltre non ho<br />
mai capito come si potesse ritenere abolito il potere temporale, qual’ora<br />
roma non fosse la capitale civile d’italia.<br />
così nel discorso pronunziato in Senato il 24 gennaio 1871,<br />
discutendo il disegno di legge per il trasferimento della sede del<br />
governo in roma. (4)<br />
tale trasferimento è strettamente connesso alla questione romana,<br />
al rapporto della nuova italia con la curia e il pontefice, che,<br />
come è noto, con l’enciclica Respicientes ea omnia (1 novembre<br />
1870), aveva scomunicato il re e quanti con lui avevano voluto e<br />
attuato l’occupazione, ovvero «la sacrilega spogliazione» di roma<br />
e la sua annessione all’italia: (5) se tale questione doveva trovare<br />
per Sella la sua soluzione nella legge delle guarentigie, della quale<br />
era deciso sostenitore, anche a costo di subire l’accusa di essere<br />
troppo debole e generoso nei confronti del papato, il problema di<br />
roma capitale si poneva per lui in termini diversi e più ampi. una<br />
volta assicurate alla chiesa cattolica la sua autonomia e la sua li-<br />
(2) Ivi, p. 302.<br />
(3) Ivi, p. 208.<br />
(4) Ivi, pp. 208-209.<br />
(5) Pio iX, Respicientes ea omnia, trad. it. in Tutte le encicliche <strong>dei</strong> Sommi Pontefici,<br />
Milano 1940, pp. 348-351.<br />
20
ertà nell’esercizio della sua missione spirituale, non essendo più<br />
roma la capitale dello Stato pontificio, essa doveva assumere una<br />
missione nuova, facendosi interprete e maestra del pensiero scientifico,<br />
contrassegno della modernità: al cosmopolitismo della religione<br />
cattolica doveva sostituirsi il cosmopolitismo della scienza<br />
positiva. compito della terza roma era assicurare all’italia quel<br />
primato europeo che aveva conquistato nell’età del rinascimento e<br />
della rivoluzione scientifica, riprendere la strada aperta da galilei,<br />
interrotta per la «violenza clericale» che ha «atrofizzato lo sviluppo<br />
scientifico». (6) era necessario fare di roma il «cervello» della<br />
nuova italia. tutte le strutture di ricerca andavano rinnovate nella<br />
capitale del regno. Significativo già il suo impegno, come ministro<br />
ad interim della pubblica istruzione, per assicurare adeguati<br />
laboratori scientifici all’università di roma. Discutendo il bilancio<br />
della pubblica istruzione il 9 giugno 1872, sottolineava come<br />
le scienze sperimentali, per essere vantaggiosamente insegnate, debbano<br />
essere munite di grandi laboratorii dove i giovani possano accorrere<br />
in parecchi e starci gran tempo per impratichirsi e acquisire tutte le cognizioni<br />
che occorrono per seguitare fortemente i loro studi; (7) mi pare<br />
che tutti gli italiani devono capire – insisterà nel discorso del 18 giugno<br />
1872 – come si abbia una ragione suprema di fare dell’università di<br />
roma qualche cosa di molto elevato, di splendido e speciale […]. credo<br />
però che ogni uomo, il quale pensi alle condizioni attuali di roma,<br />
sentirà che qui deve essere un centro scientifico di luce, una università<br />
principalissima, informata soprattutto ai principii delle osservazioni sperimentali<br />
che sono sempre imparziali e senza idee preconcette. ora questi<br />
principii si insegnano soltanto laddove sono i necessari laboratorii di<br />
chimica, di fisica e fisiologia. (8)<br />
era un momento di grande sviluppo, in europa, delle scienze<br />
pure e applicate, con prestigiosi centri di ricerca soprattutto in<br />
Francia, in inghilterra e in germania, al cui modello si volgevano<br />
molti uomini di cultura e politici italiani. era il trionfo della filoso-<br />
(6) Q. Se l l a, Dell’<strong>Accademia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong>, Bologna 1879, p. 15.<br />
(7) Q. Se l l a, Discorsi parlamentari, cit., p. 82.<br />
(8) Ivi, p. 220.<br />
21
fia positiva legata al metodo sperimentale che sembrava assicurare<br />
progressi infiniti e si presentava come essenziale per l’incivilimento<br />
delle nazioni. il metodo positivo si configurava altresì capace di<br />
unificare tutte le scienze, dalla geologia alla fisiologia, dalla chimica<br />
alla psicologia, dalla linguistica alla storiografia, dall’antropologia<br />
alla sociologia. il fascino <strong>dei</strong> successi e delle promesse della<br />
filosofia positiva ispira la politica culturale di Sella e la sua idea<br />
di roma come città della scienza capace, per il suo cosmopolitismo,<br />
di gareggiare con la città <strong>dei</strong> papi. tornando sull’argomento,<br />
il 21 giugno 1876, diceva:<br />
io credo che il migliore contrapposto al papato sia proprio la scienza<br />
come scienza. roma, signori è un gran nome, un nome terribile, noblesse<br />
oblige; in roma vi è un formidabile retaggio di nobiltà, io non so esprimere<br />
quello che sento in me davanti a questo nome […] non è soltanto<br />
per portarvi <strong>dei</strong> travet che siam venuti in roma, signori. (9)<br />
in questa prospettiva, ove le scienze sono indicate come il motore<br />
dello sviluppo civile ed economico del paese, si configurava<br />
il ruolo che doveva assumere l’accademia <strong>dei</strong> lincei. Diventatone<br />
socio corrispondente nel 1870, ordinario nel 1872, ne fu eletto<br />
presidente nel 1874, appena lasciati gli incarichi di governo,<br />
e a lui si deve la rinascita dell’accademia, che lungo l’ottocento<br />
aveva avuto alterne vicende sotto il regime pontificio, legata<br />
com’era all’ambiente romano – culturalmente periferico – e limitata<br />
alle sole discipline scientifiche. in un banchetto offerto il 22<br />
marzo 1874 alla presenza del presidente del consiglio Minghetti<br />
e di altri esponenti del governo e del parlamento, Sella deli nea va<br />
con estrema chiarezza la sua idea <strong>dei</strong> lincei, della loro missione<br />
nella nuova italia e ne proponeva una riforma che è ancora oggi<br />
alla base della nostra accademia. Questi i punti nodali: il carattere<br />
non più locale, romano, ma nazionale dell’accademia, la sua<br />
estensione alle scienze morali, storiche, filologiche, escluse dagli<br />
statuti pontifici, infine il carattere cosmopolita dell’accademia<br />
22<br />
(9) Ivi, pp. 229-230.
con l’elezione di soci stranieri equiparati nei lori diritti ai nazionali.<br />
libera dai compiti pratici, formativi e didattici delle università,<br />
l’accademia <strong>dei</strong> lincei sembra incarnare per Sella gli ideali<br />
di una città della scienza, centro propulsore della ricerca e baluardo<br />
laico della nuova filosofia positiva, assicurando a roma il suo<br />
posto nel consorzio internazionale. condizione prima era l’estensione<br />
dell’accademia a tutto l’universo delle scienze, riprendendo<br />
quelle che erano le iniziali prospettive di Federico cesi, fondando<br />
i lincei agli inizi del Seicento e che di recente erano state riproposte<br />
da terenzio Mamiani.<br />
può l’accademia delle scienze di roma, della capitale del regno, essere<br />
circoscritta alle scienze fisiche, matematiche e naturali? […] puossi<br />
dubitare dell’opportunità delle accademie di scienze morali e politiche?<br />
Forse il dubbio reggerebbe presso chi non credesse che il metodo seguito<br />
anche in queste scienze non si andasse ognor più accostando a quel<br />
metodo di osservazione e di induzione che fece la fortuna delle scienze<br />
naturali. Quante scienze morali e politiche non procedono oggi come le<br />
naturali? Quanta analogia nel modo d’indagine fra gli geologi e gli archeologi,<br />
fra i filologi e i botanici o zoologi? (10)<br />
ove andrà sottolineata l’ampia concezione prospettata da Sella<br />
del sapere scientifico, inteso anzitutto come metodo unificante<br />
le varie discipline, «metodo d’osservazione e di induzione», rifiutando<br />
quindi ogni contrapposizione fra scienze della natura e<br />
scienze dello spirito: «quante scienze <strong>dei</strong> due campi che sembravano<br />
separate da abissi, ed ora con il progredire delle osservazioni,<br />
si congiungono con saldi anelli?».<br />
Sono temi cari alla filosofia positivistica di quegli anni che<br />
contribuì, in italia, a far uscire la nostra cultura dalle fumose metafisiche<br />
di tanti pii predicatori, legando anche le discipline storiche,<br />
filologiche, politiche a un metodo di ricerca attento al particolare<br />
concreto, alle condizioni reali, alle varianti linguistiche e<br />
testuali. Del nuovo indirizzo positivo fu manifesto e quasi iniziato-<br />
(10) cfr. «atti della r. accademia <strong>dei</strong> lincei», s. 2a, ii (1871-1875), pp. X v i i i-<br />
X X; ivi, p. X X, il testo che segue.<br />
23
e da noi il saggio su La filosofia positiva e il metodo storico pubblicato<br />
da pasquale Villari sul «politecnico» nel gennaio 1866. Si<br />
definiva un positivismo metodologico assai fecondo, fuori da sistematiche<br />
costruzioni speculative: un metodo di ricerca analogo<br />
al metodo sperimentale galileiano, impegnato a cogliere le idee,<br />
scriveva Villari, come qualche cosa di concreto e di vivente, in un<br />
«mondo sensibile, reale, che voi potete osservare, studiare, esaminare,<br />
classificare, come fate di tutte le opere della natura»; (11) è<br />
uno studio «del mondo ideale che diventa reale», collocando «l’uomo<br />
[…] nella storia». il metodo sperimentale si configurava così<br />
come metodo storico:<br />
il positivismo […] si riduce all’applicazione del metodo storico alle<br />
scienze morali, dando ad esso l’importanza medesima che ha il metodo<br />
sperimentale nelle scienze naturali. (12) la filosofia positiva rinunzia, per<br />
ora, alla conoscenza assoluta dell’uomo, anzi a tutte le conoscenze assolute,<br />
senza però negare l’esistenza di ciò che ignora e ne studia solo<br />
i fatti e le leggi sociali e morali. il positivismo è un metodo, che vuol<br />
condurci a studiare i fatti, a trovare le relazioni che passano fra il nostro<br />
spirito e la società umana;<br />
si compie così nelle scienze umane una nuova rivoluzione galileiana,<br />
unendole strettamente alle scienze naturali: nasce «la scienza<br />
dell’uomo e delle sue idee». (13) Di qui un nuovo senso della storia,<br />
una nuova metodologia che si impone alle ricerche filologiche<br />
e linguistiche, alla storia <strong>dei</strong> popoli e delle arti.<br />
È una tematica che si ritrova anche fuori dalle più definite posizioni<br />
positivistiche per la sensazione diffusa che lo spirito positivo<br />
– anima del progresso delle scienze – è come l’espressione e<br />
la conquista della modernità. così l’economista angelo Messedaglia,<br />
amico di Sella e fra i primi soci lincei nella classe di scienze<br />
morali, nella sua prolusione all’università di padova del 1873,<br />
(11) P. vi l l a r i, La filosofia positiva e il metodo storico (1866), in <strong>Saggi</strong> di storia,<br />
di critica e di politica, Firenze 1868, p. 21.<br />
(12) Ivi, pp. 28-29.<br />
(13) Ivi, pp. 31-33.<br />
24
pubblicata l’anno seguente, Della scienza nell’età nostra, ossia <strong>dei</strong><br />
caratteri e dell’efficacia dell’odierna cultura scientifica, insisteva<br />
con forza sui fecondi progressi del metodo positivo nelle discipline<br />
storiche, dall’architettura alla linguistica, dalla filologia alla storia,<br />
indicando altresì nella scienza «la molla maestra di ogni civile progresso».<br />
(14) temi che tornano anche in uomini di altra cultura filosofica,<br />
come Francesco De Sanctis, che era stato maestro di Villari;<br />
discorrendo nel 1877 del realismo moderno scriveva:<br />
il nostro è un realismo scientifico, succeduto agli idealismi ideologici e<br />
metafisici, da’ quali si è scarcerato motteggiando il pensiero più adulto.<br />
il secolo decimonono cominciò con la risurrezione dell’ideale da quella<br />
fossa dove lo tenevano chiuso materialismo e scetticismo […]. l’ideale<br />
ha la stessa vita dell’umanità, e non muore se non con essa. non c’è<br />
di mutato se non questo, che oggi non viene dal prete, e non dal filosofo,<br />
viene dalla scienza;<br />
la scienza, dirà in Senato, è «il cammino stesso del pensiero umano».<br />
(15) Di qui anche la funzione politica della «scienza fondata<br />
sull’osservazione e sul reale» come forza di progresso, capace di<br />
determinare grandi eventi storici; in apertura dell’anno accademico<br />
del 1872-73 nell’ateneo napoletano De Sanctis poteva affermare:<br />
«la scienza ha prodotto presso di noi due grandi cose, l’unità della<br />
patria e la libertà. Dico la scienza, perché è lei che ha scosso le<br />
alte cime della società, e le ha messe in movimento, tirandosi appresso<br />
e galvanizzando la restante materia». (16)<br />
la scienza, la storia come progresso della ragione nell’assidua<br />
opera di ricerca sperimentale, ove ciascuno porta il proprio contributo<br />
per costruire un sapere positivo che rifiuta ogni tentazione<br />
metafisica («per combattere la metafisica, non si diventi meno<br />
(14) testo citato da C. di o n i S o t t i, Ricordo di Quintino Sella (1985), ora in Appunti<br />
sui moderni, Bologna 1988, p. 386.<br />
(15) F. de Sa n C t i S, Il realismo moderno (1877), in I partiti e l’educazione della<br />
nuova Italia, a cura di n. cortese, torino 1970, pp. 157-158; Il Consiglio Superiore<br />
della Pubblica Istruzione (1880), ivi, p. 339.<br />
(16) F. de Sa n C t i S, La scienza e la vita (1872), in L’arte, la scienza e la vita, a<br />
cura di M. t. lanza, torino 1982, p. 333.<br />
25
metafisici di quelli i quali si vogliono oppugnare») e che costituisce<br />
un bene supremo: «la lotta, scrive Sella, contro l’ignoto colle<br />
armi della osservazione e della deduzione sia scopo costante degli<br />
studiosi». (17)<br />
Di qui la necessità di un’accademia nazionale delle Scienze<br />
(nel linguaggio di Sella spesso questo sintagma prevale sui lincei)<br />
che mobiliti «un vero esercito di studiosi», ne promuova e diffonda<br />
i lavori, li renda noti al mondo intero; solo questo garantisce il<br />
«progresso del sapere». rivolto agli uomini di governo e ai parlamentari<br />
che l’ascoltavano, «i quali militano a prò della scienza<br />
non meno che della patria», concludeva perentorio:<br />
non ci può essere dissenso intorno all’opportunità di un sodalizio scientifico<br />
completo nella capitale del regno, intorno all’utilità di eccitare,<br />
di far vibrare le intelligenze italiane […]. l’uomo politico sarà, io credo,<br />
facilmente d’accordo collo scienziato, giacché niuno di noi teme la<br />
libertà»; «avanti adunque nella scienza, ora che le grandi questioni politiche<br />
sono risolute, a ciò il gelo dell’immobilità, della morte non ci<br />
ricolga. (18)<br />
esortazione che non ha perduto la sua attualità.<br />
emanato il nuovo Statuto dell’accademia (1875), ampliato il<br />
numero <strong>dei</strong> soci, costituita la classe delle scienze morali, chiamati<br />
i più eminenti studiosi italiani e stranieri, infittito il ritmo delle<br />
pubblicazioni, Sella si batte costantemente per un progressivo aumento<br />
del bilancio dell’accademia trovando, malgrado i tempi difficili,<br />
larghi appoggi nella classe politica sia della destra che della<br />
sinistra. Sella s’impegnerà anche sul problema della sede, allora ancora<br />
in modesti spazi, già concessi dal governo pontificio in campidoglio.<br />
contemporaneamente si trova a dover respingere, in parlamento<br />
e fuori, le accuse di centralismo, di prepotenza nel volere<br />
accentrare a roma gli investimenti per grandi e nuove strutture di<br />
ricerca e per un’accademia nazionale. a chi gli farà notare che nel<br />
26<br />
(17) Q. Se l l a, «atti della r. accademia <strong>dei</strong> lincei», cit., p. X i X.<br />
(18) Ivi, pp. X v i i i, X X i.
difendere gli stanziamenti per la scuola, l’università, l’accademia,<br />
sembrava dimenticato il ministro delle finanze, grande e rigoroso<br />
risparmiatore, Sella rispondeva che in questo caso era in gioco la<br />
missione dell’italia nel mondo e che gli investimenti di volta in<br />
volta richiesti erano ancora insufficienti per dotare il paese di moderne<br />
strutture scolastiche e di ricerca. evidentemente non si era<br />
ancora scoperta la teoria <strong>dei</strong> tagli lineari!<br />
in polemica con quanti, spesso per difendere interessi localistici,<br />
non vedevano con favore l’aumentato prestigio dell’accademia<br />
<strong>dei</strong> lincei, il suo riconoscimento di accademia nazionale,<br />
l’appoggio ottenuto dai vari governi, Sella tenne a Bologna, presso<br />
l’associazione costituzionale delle romagne, il 30 marzo 1879,<br />
un discorso che costituisce come il manifesto della sua politica<br />
culturale. ancora una volta sono l’italia e roma, la loro missione<br />
che giustifica, anzi impone, la creazione di un luogo ove i risultati<br />
delle più avanzate ricerche trovassero spazio, una libera discussione,<br />
una pronta pubblicazione e diffusione. Questo luogo è<br />
l’accademia <strong>dei</strong> lincei:<br />
desideriamo stimolare l’alto movimento scientifico in italia in guisa di<br />
portarlo all’altezza che si addice alla grandezza della patria nostra, e<br />
dell’ingegno <strong>dei</strong> suoi abitanti. una ragione particolare vi fu perché si<br />
desiderasse in roma un grande istituto scientifico, e tutti ne apprezzassero<br />
certamente la importanza. Davanti al Vaticano doveva la società<br />
civile e liberale star contenta a contrapporre nulla più che un insegnamento<br />
in molta parte professionale quale oggi quello delle università italiane<br />
o doveva anche aprire una palestra nella quale si agitassero le più<br />
alte questioni in ogni campo dello scibile umano?». «in roma – insiste<br />
– hanno sede il governo e il parlamento. giova ad essi, giova al paese,<br />
giova alla scienza, giova agli scienziati che vi siano aule nelle quali<br />
raccogliendosi le più recenti pubblicazioni scientifiche e radunandosi<br />
gli scienziati a dare conto delle loro scoperte, si crei e si costituisca nella<br />
capitale del regno un ambiente di alta scienza il quale abbia sull’ambiente<br />
politico, legislativo e amministrativo quella parte d’azione che<br />
meritatamente gli spetta. (19)<br />
(19) Q. Se l l a, Dell’<strong>Accademia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong>, cit., pp. 2-3.<br />
27
Si profila così quello che sarà un tema centrale del piano per<br />
gli investimenti edilizi nella capitale con il contributo dello Stato:<br />
«l’accademia <strong>dei</strong> lincei ha ora una sede anche troppo gloriosa,<br />
giacché può datare i suoi atti ex aedibus capitolinis, ma talmente<br />
esigua da essere ormai impossibile. noi facciamo perciò vive e ripetute<br />
istanze, a ciò anche roma abbia il suo palazzo dell’accademia<br />
delle scienze come lo hanno le metropoli delle nazioni civili».<br />
(20)<br />
la discussione del disegno di legge (1881) per il concorso dello<br />
Stato nelle opere edilizie e di ampliamento della capitale (presentato<br />
da agostino Depretis come ministro degli interni) permetterà<br />
a Sella, che ne era relatore, di diffondersi a lungo sull’accademia<br />
<strong>dei</strong> lincei e sulle altre infrastrutture scientifiche e culturali assolutamente<br />
necessarie per rispondere ai doveri dell’italia di fronte<br />
al mondo contemporaneo. proprio questo interessa qui sottoli neare,<br />
al di là <strong>dei</strong> limiti – messi in evidenza da storici dell’urbanistica<br />
e dell’architettura – di quella legge speciale per roma e del<br />
piano regolatore che ne seguì nel 1883: la riconosciuta priorità di<br />
un’edilizia destinata ad attività di ricerca e di cultura – il palazzo<br />
delle Scienze come il palazzo di belle arti – nella prospettiva<br />
di una politica che non fu solo di Sella ma di tutta una classe politica<br />
laica – di destra e di sinistra – che di roma voleva fare una<br />
capitale non solo amministrativa ma culturale, aperta alle grandi<br />
esperienze europee.<br />
la relazione di Sella e il discorso con il quale egli chiude l’amplissimo<br />
dibattito sono di eccezionale importanza per la loro ampiezza,<br />
per la gamma di problemi affrontati, e ci riporta ai tempi<br />
nei quali i lavori parlamentari erano una palestra di grandi personalità<br />
della cultura e della politica, toccando temi che in tempi a<br />
noi più vicini sembrerebbero eco di una lontana utopia, forse di<br />
un’ideale repubblica di platone.<br />
Sella difende con forza la necessità di un intervento dello Stato<br />
per avviare a soluzione i problemi urbanistici e edilizi in una città<br />
28<br />
(20) Ivi, p. 9.
arretrata, quasi dimentica del suo passato, senza attività industriali<br />
né commerciali di rilievo, con una classe impiegatizia modesta e<br />
una piccola borghesia provinciale, un’aristocrazia nera aggrappata<br />
alla curia, un clero burocraticamente scettico. ancora nel 1895<br />
carducci – che a roma era circondato di ogni attenzione, con proposte<br />
e incarichi importanti – dava un quadro forse troppo duro,<br />
ma significativo:<br />
una borghesia di affittacamere, di coronari, di antiquari, che vendono tutto,<br />
coscienza, santità, erudizione, reliquie di martiri, false reliquie di Scipioni,<br />
e donne vere; un ceto di monsignori e abati in mantelline e fogge<br />
di più colori, che anch’esso compra e vende e vive di tutto; un’aristocrazia<br />
di guardiaportoni; una società che in alto e in basso, nel sacro<br />
e nel profano, nel tempio e nel tribunale, nella famiglia e nella scuola<br />
vive […] come la più impudicamente scettica, la più squisitamente immorale,<br />
la più serenamente incredula e insensibile a tutto che di sublime,<br />
di virtuoso, d’umano possono credere, vagheggiare, adorare o sognare<br />
le altre genti. (21)<br />
e tuttavia città culturalmente vivace negli anni ottanta dell’ottocento<br />
(basterebbe pensare all’ambiente e al successo di «cronaca<br />
bizantina»), ma senza rapporti con le istituzioni che Sella cercava<br />
di restaurare e promuovere; peraltro, pur amante delle lettere<br />
classiche, egli guardava con qualche diffidenza verso possibili forme<br />
di nuove arcadie.<br />
cosa abbiamo fatto, si domandava Sella, perché roma «corrisponda<br />
all’alto ufficio a cui la storia […] le più alte ragioni di<br />
progresso […] fatalmente la chiamavano?». il quadro delineato da<br />
Sella è impietoso: fognature da rifare, un sistema viario arretrato<br />
(21) g. carducci nella Prefazione a u. pesci, Come siamo entrati a Roma. Ricordi,<br />
Milano 1895, cit. in v. vi d o t t o, Roma contemporanea, roma-Bari 2001, p. 36;<br />
qui anche pagine precise sul piano regolatore di cui si tratta; significativo che, secondo<br />
la convenzione fra il comune e lo Stato del 14 novembre 1880, fra le opere pubbliche<br />
che dovevano essere realizzate, al secondo posto, dopo il palazzo di giustizia,<br />
fosse previsto il palazzo dell’accademia delle scienze (ivi, p. 78). per i rapporti di<br />
carducci con gli ambienti romani, cfr. Carducci e Roma, roma 2001 (a cura dell’istituto<br />
nazionale di Studi romani).<br />
29
e incompleto, «difetto assoluto di ospedali», i tribunali in una situazione<br />
«assolutamente intollerabile» «materialmente ma soprattutto<br />
moralmente», un aumento ingiustificato del costo delle abitazioni,<br />
squallide condizioni delle case operaie. (22) Sono campi di<br />
intervento prioritario, ma di pari valore e urgenza sono per Sella, e<br />
per la commissione che egli presiedeva, gli interventi per l’università,<br />
l’accademia, il policlinico, le biblioteche, il palazzo di belle<br />
arti. l’università di roma, pur dotata recentemente di nuovi istituti<br />
e laboratori scientifici, resta estremamente arretrata: «quanto<br />
manca ancora per portarla all’altezza delle esigenze delle scienze<br />
odierne, al punto in cui sono le primarie università d’europa per<br />
non parlare degli Stati uniti ove tutto è gigantesco!»; soprattutto<br />
forte l’insistenza sulla<br />
necessità di una sede per la reale accademia <strong>dei</strong> lincei [che] non ha<br />
d’uopo di parole presso un parlamento il quale, elevandone all’unanimità<br />
la dotazione, dimostrò che vuole in roma, come esiste in tutte le capitali<br />
degli stati civili, un istituto il quale promuova ed incoraggi in tutto<br />
il regno l’indagine scientifica e la ricerca della verità.<br />
oggi manca di spazi adeguati per le sue attività e soprattutto<br />
per il ricco materiale bibliografico che è venuta accumulando attraverso<br />
gli scambi con le altre accademie del mondo: «sarebbe delitto<br />
di lesa civiltà il mantenere una siffatta biblioteca in una sede<br />
gloriosa, ma poco meno che inaccessibile al pubblico». (23)<br />
così nella relazione, ma nell’intervento conclusivo del dibattito<br />
(14 marzo 1881) Sella svolge assai più ampiamente il suo pensiero,<br />
riassumendo i temi fondamentali di tutta la sua lunga carriera<br />
e il senso della sua lotta politica:<br />
io vi confesso, o signori, che nel 1861, quando votavo l’ordine del giorno<br />
che acclamava roma capitale d’italia; quando nel 1867 […] fui credo<br />
il primo a presentare al banco della presidenza un ordine del giorno<br />
per confermare il voto del 1861 […] quando nel 1870 in tutti i modi mi<br />
30<br />
(22) Q. Se l l a, Discorsi parlamentari, cit., pp. 233, 283, 248, 284, 246.<br />
(23) Ivi, p. 248.
adoperai perché l’italia venisse a roma e vi portasse la sua capitale, ho<br />
sempre pensato non solo a dare all’italia la sua eterna capitale, ma agli<br />
effetti che nell’interesse della nazione e dell’umanità sarebbero derivati<br />
dall’abolizione del potere temporale e dalla creazione in roma di un<br />
centro scientifico. (24)<br />
non è un accentramento che danneggi altri istituti scientifici,<br />
altre accademie, altre università, ma roma ha una missione particolare<br />
e «fatale»: «la scienza, ma volete la scienza municipale?<br />
a roma poi?». non sono spese voluttuarie, come qualcuno insinua,<br />
ma assolutamente necessarie: «non è una spesa voluttuaria,<br />
onorevoli colleghi, la spesa per un edificio ad uso di accademia<br />
per le scienze; è una spesa dettata dai più alti interessi nazionali<br />
ed umanitari».<br />
il discorso di Sella non si limita a difendere i singoli aspetti<br />
del disegno di legge, bensì – con una lunga digressione della quale<br />
chiede venia agli ascoltatori – affronta il problema che più gli<br />
stava a cuore: la posizione di roma, dell’accademia <strong>dei</strong> lincei, di<br />
fronte alle attese del mondo civile. l’accademia <strong>dei</strong> lincei deve<br />
«aiutare […] il movimento scientifico in tutto il paese», non solo<br />
per riconquistare un perduto primato, ma per contribuire al progresso<br />
delle nazioni. in polemica con la non dimenticata condanna<br />
roussoiana, Sella torna ad affermare la sua illimitata fiducia nelle<br />
arti, nelle lettere, nelle scienze «uno <strong>dei</strong> più efficaci mezzi per rialzare<br />
il morale delle nazioni», per alleviare «le sofferenze dell’umanità»,<br />
per il progresso della vita politica, poiché «le scoperte della<br />
scienza vanno soprattutto a vantaggio della democrazia». (25)<br />
non siamo qui di fronte a problemi puramente amministrativi,<br />
insiste Sella, che amplia il suo discorso ai grandi temi <strong>dei</strong> rapporti<br />
fra scienza e fede, fra creazionismo ed evoluzionismo, fra Stato<br />
(24) Ivi, p. 304. Sella prosegue affermando di essersi dedicato alla creazione di<br />
questo centro scientifico soprattutto una volta che, lasciato il governo, era stato eletto<br />
presidente dell’accademia <strong>dei</strong> lincei: «non ho creduto che vi fosse ufficio più alto, al<br />
quale consacrarmi, se non quello dello sviluppo della scienza in roma. credo che questo<br />
sia un grande dovere non solo verso la mia patria, ma anche verso l’umanità».<br />
(25) Ivi, pp. 293-296.<br />
31
laico e curia romana, polemizzando con l’onorevole oliva «il quale<br />
disse che lo spettro del cattolicesimo teocratico è sparito». (26)<br />
Sella ha così modo di riproporre temi cari alla cultura positivistica<br />
dell’età sua, insistendo sul valore della scienza nel suo continuo<br />
progresso: «a misura che si avanza la scienza dell’osservazione,<br />
il Dio della religione deve per forza ritirarsi», senza però<br />
scomparire perché resta sempre un ignoto, «l’infinito, il fine delle<br />
cose», Dio che «non cade sotto la osservazione <strong>dei</strong> naturalisti».<br />
Dunque pieno rispetto del sentimento religioso e delle sue pratiche,<br />
ma insieme affermazione del primato della scienza e della libertà<br />
di ricerca. in questo campo si deve contrastare ogni forma di teocrazia<br />
papale: «per lunga pezza la curia romana credette di poter<br />
tenere la direzione del movimento scientifico, fu torturato galilei<br />
[…]». oggi, caduto il potere temporale, la chiesa ha accentuato<br />
la sua polemica contro il pensiero moderno: non solo assistiamo<br />
al sempre più radicale divaricarsi fra il progresso scientifico e le<br />
posizioni della chiesa («la scienza […] cammina così rapidamente<br />
in un senso ed una grande religione […] cammina fin’ora non<br />
meno rapidamente nell’altro»), ma soprattutto vediamo un chiaro<br />
irrigidimento della «teocrazia papale» con la proclamazione di<br />
nuovi dogmi, la moltiplicazione di eventi miracolosi;<br />
dopo che il potere temporale venne in pericolo, l’immacolata concezione,<br />
l’infallibilità del papa, il sillabo, l’apparizione delle vergini, le acque<br />
miracolose, tutto questo si è visto […] l’onorevole oliva dice che lo spirito<br />
cattolico teocratico è spirato. Ma è proprio vero? […] noi vediamo<br />
anzi che l’influenza del pontefice è in realtà maggiore oggi nel mondo<br />
di ciò che lo fosse quando aveva il potere temporale. (27)<br />
per questo non basta limitarsi a ripetere «libera chiesa in libero<br />
Stato» perché, una volta assicurata la piena autonomia della<br />
chiesa cattolica nell’esercizio della sua missione spirituale con la<br />
legge delle guarentigie, uno Stato laico, moderno, l’italia non può<br />
32<br />
(26) Ivi, pp. 296, 295.<br />
(27) Ivi, pp. 299, 300-302.
inunciare al compito di una «istruzione civile» fondata sulla ragione<br />
e sulla scienza:<br />
ora in questa situazione io credo, o signori, che l’italia non solo è interessata<br />
per sé come nazione, ma ha un debito d’onore verso l’umanità: essa<br />
deve adoperarsi in tutti i modi perché appaia bene la verità, la quale risulta<br />
incontestabile dalle indagini scientifiche; la scienza per noi a roma<br />
è un dovere supremo. Fuori i lumi! Fari elettrici anzi devono essere; imperocché<br />
abbiamo a fare con gente che si chiude gli occhi e si tappa le<br />
orecchie; abbiamo a fare con gente che vuol pigliare i giovani fino dalla<br />
infanzia, avviarli alle proprie scuole secondarie, e poi vuol dare a costoro<br />
i più alti uffici che si possono affidare all’umanità, come la direzione<br />
delle coscienze e dell’educazione della gioventù. Dunque io dico: fuori i<br />
lumi. Questo deve essere il nostro intendimento, né solo a roma, ma in<br />
tutto il paese» […]. non si tratta qui di accentramento o decentramento,<br />
di piccole questioni; ma si tratta, signori, <strong>dei</strong> più grandi problemi che<br />
dalla loro origine affaticano l’umanità; problemi a cui, essendo a roma,<br />
io non credo che ci possiamo interamente disinteressare.<br />
per questo «proprio a roma ci ha da essere un grande istituto<br />
di insegnamento superiore, ci hanno da essere biblioteche, laboratorii,<br />
musei ed accademia delle scienze […]; è necessario questo<br />
per la nostra missione». (28)<br />
impegno culturale, passione civile che raramente troveranno<br />
nel nostro parlamento, nella sua lunga e tormentata storia, una pari<br />
intensità e dignità, forse solo in alcuni momenti solenni dell’assemblea<br />
costituente repubblicana.<br />
ricorrente in tutto il discorso – che è, si ricordi, sulle opere<br />
pubbliche da realizzare in roma, con il concorso dello Stato in collaborazione<br />
con il comune – la particolare funzione dell’accademia<br />
<strong>dei</strong> lincei: luogo ove i cultori delle scienze, naturali e morali,<br />
potessero portare i risultati delle loro ricerche perché venissero discussi,<br />
pubblicati e portati a conoscenza di un più ampio pubblico,<br />
delle altre accademie, delle università, degli istituti scolastici, indirizzandosi<br />
soprattutto ai giovani, sempre presenti nei programmi<br />
(28) Ivi, pp. 303-304.<br />
33
di Sella come i destinatari primi <strong>dei</strong> risultati delle ricerche scientifiche.<br />
Di qui anche l’insistenza di Sella sull’importanza delle varie<br />
serie di pubblicazioni che non solo documentavano le ricerche<br />
scientifiche in corso, ma che erano venute costituendo un reticolato<br />
di rapporti internazionali – con le accademie di tutti i paesi<br />
del mondo – nella precisa convinzione che il sapere si costituisce<br />
con la collaborazione di tutti, tutti operai, tutti muratori, che portano<br />
la loro opera individuale al progresso comune.<br />
l’accademia <strong>dei</strong> lincei si configura così, per Sella, come il<br />
luogo della modernità, centro propulsore del nuovo sapere positivo,<br />
laico e cosmopolita.<br />
il discorso di Sella fu subito oggetto di un durissimo attacco<br />
da parte della «civiltà cattolica» che coinvolgeva tutta la politica<br />
della classe liberale di governo: i liberali, scrive l’articolista, figli<br />
del giudaismo, «settari», «egoisti», «piaga e flagello di Dio»,<br />
«avendo voluto scuotere il pio diritto divino e della chiesa» sono<br />
venuti a roma non per compiere l’unità d’italia ma «per distruggere<br />
la fede della religione»; sono i «sacerdoti pagani» seguaci di<br />
giuliano l’apostata, i «giulianelli della camera» che hanno riaperto<br />
le antiche persecuzioni contro la chiesa. Da queste premesse<br />
discende l’analisi del discorso di Sella: «espressissima professione<br />
non solo di ateismo e di incredulità, ma di un odio vatiniano<br />
e giulianesco da vero apostata contro la religione e la fede cattolica»:<br />
confonde con il cattolicesimo le altre confessioni cristiane<br />
«le quali sono religioni false»; alla fede oppone «le armi della<br />
scienza, cioè dell’incredulità e dell’ateismo» e propone di «demolire<br />
roma papale e cristiana» e «fabbricare al più presto una nuova<br />
roma antipapale». «per questo solo, prosegue l’articolista, il Sella<br />
vuole il palazzo della Scienza; quasi come arsenale e università<br />
del diavolo». (29)<br />
alla «civiltà cattolica» faceva eco «la scuola cattolica» di Milano:<br />
«la scienza voluta [da Sella] è puramente e semplicemente la<br />
(29) G. or e G l i a, La scienza di Sella e l’ignoranza romana, «civiltà cattolica»,<br />
Vi (1881), pp. 141-156.<br />
34
negazione del cristianesimo» ed è l’esito necessario della «rivoluzione»,<br />
cioè del risorgimento italiano, «che per sua essenza è anticristiana».<br />
È la scienza «degli scolaretti degli enciclopedisti» che<br />
abusa «della licenza conceduta alla sfrenata negazione dalla rivoluzione<br />
che governa» e che diffonde – come nelle altre università<br />
europee – l’ateismo; scienza che, scrive l’articolista memore del<br />
Sillabo, è «flagello della società civile», «causa di rovina <strong>dei</strong> popoli<br />
e degli stati come fonte di disordine sociale e civile»: «è obbligo<br />
di roma [della roma <strong>dei</strong> pontefici] combatterla e nuovamente<br />
condannarla». (30)<br />
al di là della violenza polemica, gli articolisti vedevano con<br />
chiarezza che la sfida lanciata da Sella per fare di roma una capitale<br />
europea della scienza era l’esito di tutta l’epopea risorgimentale<br />
e che solo sulla strada di una cultura laica, moderna e cosmopolita<br />
poteva veramente consumarsi la teocrazia papale. Di lì a poco,<br />
Silvio Spaventa dirà che<br />
l’abolizione del potere temporale, che noi siamo stati capaci di compiere,<br />
è il segno incancellabile, è il suggello della modernità del nostro pensiero<br />
e dell’attitudine degli italiani a partecipare allo sviluppo della vita<br />
europea […]. ora l’italia è rientrata, si suol dire, come un elemento di<br />
civiltà nella vita europea […]. Sta a noi di provare che ne siamo degni<br />
e che ne sapremo adempiere i doveri. (31)<br />
il dibattito sulle opere pubbliche per roma capitale fu amplissimo:<br />
vi parteciparono, fra i molti, guido Baccelli, Francesco crispi,<br />
Ferdinando Martini, per ricordare solo alcuni <strong>dei</strong> più impegnati<br />
sugli aspetti culturali del programma selliano.<br />
in tutto il dibattito quel che è significativo è il ritorno costante<br />
dell’idea e della missione di roma, contro certo riaffiorante campanilismo<br />
regionalistico: roma come conclusione vera del risorgimento.<br />
noi non possiamo, non dobbiamo rinunciare alle «grandi<br />
(30) P. Ba l a n, La Roma delle scienze e la trasformazione di Roma capitale, «la<br />
scuola cattolica», XVii (1881), pp. 306-311.<br />
(31) S. SPav e n ta, Potere temporale e l’Italia nuova (1886), in La politica della<br />
Destra, scritti e discorsi raccolti da B. croce, Bari 1910, pp. 198-199.<br />
35
idee senza le quali non saremmo insorti», afferma crispi, per questo<br />
«noi dobbiamo costituire l’italia in roma se vogliamo restare<br />
in roma, in modo che la terza vita di questa grande città sia degna<br />
del suo passato»; appoggiando con molta decisione il disegno<br />
di legge e le proposte di Sella, crispi insiste sulla centralità di una<br />
politica della scienza per fare di roma una città moderna e collocarla<br />
degnamente nel consesso delle grandi capitali europee. guido<br />
Baccelli, ministro alla pubblica istruzione, afferma:<br />
noi abbiamo il debito di costituire fermamente la nuova grandezza di<br />
roma […]. ecco la terza roma: difatti è impossibile non avvedersi che,<br />
cessate una volta per sempre le guerre conquistatrici, le scienze sole costituiranno<br />
da oggi in poi l’unica aristocrazia possibile tra le nazioni. né<br />
la terza roma, né la roma vostra può ambire gloria diversa; né voi altra<br />
corona dovrete indurle sul capo che non sia la corona della scienza.<br />
e anche Ferdinando Martini, pur contrario a un palazzo delle<br />
belle arti (perché «roma non è un grande centro d’arte») non<br />
si sottrae all’esortazione «fate una roma grande, fatela degna del<br />
nuovo regno!». (32)<br />
Del palazzo delle scienze – ove insieme ai lincei sarebbero dovuti<br />
confluire altri istituti e musei scientifici – non se ne fece nulla,<br />
pur essendo stata individuata la sua collocazione nella zona di<br />
via panisperna, già sede di alcuni laboratori scientifici e più tardi<br />
divenuta celebre per le ricerche di Fermi. Ma l’assidua insistenza<br />
di Sella per assicurare una sede degna all’accademia <strong>dei</strong> lincei<br />
trovò infine un esito inatteso e felice: l’acquisto da parte dello<br />
Stato di palazzo corsini alla lungara (marzo 1883) e la sua assegnazione<br />
all’accademia <strong>dei</strong> lincei alla quale il principe tommaso<br />
corsini donava la storica biblioteca «corsiniana» con la ricchissima<br />
collezione di stampe. allo Stato donava la celebre pinacoteca.<br />
auspici di tutta l’operazione, attentamente seguita da Sella, furo-<br />
(32) per i testi citati: F. CriSPi, in Atti parlamentari - Camera <strong>dei</strong> Deputati, tornata<br />
del 10 marzo 1881, pp. 4252, 4254; G. Ba C C e l l i, in Atti parlamentari - Camera<br />
<strong>dei</strong> Deputati, tornata del 15 marzo 1881, p. 4371; F. ma rt i n i, in Atti Parmamentari -<br />
Camera <strong>dei</strong> Deputati, tornata del 12 marzo 1881, p. 4312.<br />
36
no, nel governo, il presidente del consiglio agostino Depretis e il<br />
Ministro della pubblica istruzione guido Baccelli.<br />
Dell’esito di una lunga battaglia per l’accademia Sella potrà<br />
ringraziare il governo con un messaggio letto nella seduta del 1°<br />
aprile del 1883, ancora nella sede del campidoglio: il governo ha<br />
assegnato all’accademia, scrive Sella, «un palazzo di cui non poteva<br />
attenderne altro più magnifico, il quale anche al suo aspetto<br />
mostra il culto della nazione per la scienza […]. un tempio il quale<br />
per la sua postura afferma come a lato della tradizione religiosa<br />
si sia oggi fatta grande e sicura la libera scienza». (33)<br />
È l’ultimo messaggio di Sella che riassume tutto il suo lungo<br />
impegno politico e culturale per l’accademia, riaffermandone<br />
la centralità, nella prospettiva di una nuova missione cosmopolita<br />
della terza roma come maestra di sapere scientifico, intrinsecamente<br />
laico, capace di rispondere alle grandi aspettative del risorgimento<br />
e collocare la capitale del regno nel grande contesto<br />
della scienza europea.<br />
Sarà il suo successore, il presidente Francesco Brioschi, a inaugurare<br />
la nuova sede dell’accademia, con la solenne seduta dell’11<br />
giugno 1885, alla presenza <strong>dei</strong> sovrani: seduta idealmente dedicata<br />
a Quintino Sella (scomparso l’anno precedente), «restauratore»<br />
dell’accademia <strong>dei</strong> lincei, unito al ricordo del suo fondatore Federico<br />
cesi, lungo una linea di continuità costituita – secondo uno<br />
schema storiografico forse semplicistico, ma non per questo meno<br />
significativo – dal metodo scientifico promosso da galileo galilei,<br />
eletto nel 1611 socio dell’accademia:<br />
il carattere speciale del genio di galileo – diceva Francesco Brioschi – è<br />
la critica <strong>dei</strong> fatti, l’opera sua la filosofia scientifica. non dobbiamo stancarci<br />
di ripeterlo perché il carattere del suo spirito non fu ben compreso,<br />
galileo non fu solamente un geometra, un astronomo, un fisico; ma egli<br />
fu il riformatore della filosofia naturale, alla quale diede per base l’osservazione,<br />
l’esperienza, l’induzione e nella quale introdusse per primo<br />
(33) Q. Se l l a, «atti dell’accademia <strong>dei</strong> lincei, 1882-1883, s. iii, transunti»,<br />
Vii, roma 1883, p. 178.<br />
37
lo spirito geometrico e la misura. ecco, Maestà, ecco signori, le nostre<br />
gloriose origini. la mente eletta di Quintino Sella intravide tosto che il<br />
portentoso movimento scientifico del nostro secolo era immediata conseguenza<br />
di quella libertà d’esame e di critica, era conseguenza della applicazione<br />
feconda di quel metodo di osservazione, di esperienza, di induzione,<br />
dalle quali nessuna scienza e forse nessuna arte può sottrarsi, e<br />
che pel trionfo di questa nuova filosofia naturale era stata creata da Federico<br />
cesi e dai suoi amici l’accademia <strong>dei</strong> lincei. (34)<br />
Brioschi confermava la fedeltà all’ideale di Sella, al suo modo<br />
di concepire la funzione dell’accademia <strong>dei</strong> lincei nella nuova<br />
italia, come centro promotore di un sapere legato tutto al metodo<br />
scientifico, all’esercizio della ragione critica, nella fondamentale<br />
unità di tutte le forme del sapere.<br />
nel decennio della presidenza Sella, l’accademia si era trasformata<br />
da locale in nazionale, ampliandosi alle scienze storiche, filosofiche,<br />
giuridiche, aveva acquisito una sede nobilissima, si era<br />
conquistata la stima di tutta la classe politica, di destra e di sinistra,<br />
si era affermata come luogo di dibattiti, di pubblicazioni, d’incontro,<br />
di promozione della ricerca. in questa prospettiva assumevano<br />
per Sella particolare significato i premi per pubblicazioni originali<br />
che l’accademia conferiva periodicamente: sei istituiti dal<br />
Ministro coppino della pubblica istruzione e due, i più prestigiosi,<br />
istituiti nel 1878 da re umberto di 10.000 lire ciascuno, quando<br />
il bilancio dell’accademia era di 100.000 lire annue.<br />
realizzata la riforma del 1875, furono eletti soci lincei studiosi<br />
fra i più significativi della cultura italiana ed europea, con un<br />
cospicuo numero di stranieri che costituivano per Sella la nota essenziale<br />
del carattere cosmopolita del sodalizio accademico e della<br />
nuova roma. Fra gli stranieri, già nei primi anni, charles Darwin<br />
e hermann helmholtz, rudolf Virchow e thomas huxley, Ferdinand<br />
gregorovius e theodor Mommsen, ernest renan e herbert<br />
Spencer, paul Janet e hyppolite taine. Fra gli italiani ersilia cae-<br />
(34) F. Br i o S C h i, «rendiconti delle Sedute della reale accademia <strong>dei</strong> lincei»,<br />
11 giugno 1885, p. 392.<br />
38
tani lovatelli e Domenico comparetti, Bertrando Spaventa e ruggero<br />
Bonghi, antonio Scialoja e giuseppe Ferrari, Michele amari<br />
e pasquale Villari, giosuè carducci, pasquale Stanislao Mancini,<br />
carlo Boncompagni, pietro Blaserna, Francesco Brioschi, camillo<br />
golgi.<br />
«Voi – aveva scritto a Sella pasquale Stanislao Mancini, sempre<br />
vicino all’accademia di cui divenne socio – uno de’ rarissimi<br />
uomini di Stato, che in italia credono, non a parole, ma sul serio,<br />
al potente impulso della Scienza su’ destini della nazione». (35)<br />
Sella era riuscito ad assicurare all’accademia un’universale stima<br />
presso tutta la classe politica in forza della propria personalità<br />
che aveva accompagnato i decenni decisivi del processo unitario.<br />
Significativa una lettera a lui indirizzata da agostino Depretis, presidente<br />
del consiglio, quando si ebbe sentore che Sella, ritenendosi<br />
sgradito al governo di sinistra, volesse rassegnare le dimissioni<br />
da presidente dell’accademia:<br />
io sono convinto della necessità di fondare in roma un grande istituto<br />
scientifico – scriveva agostino Depretis il 4 dicembre 1877 – che sono<br />
disposto a farne una questione personale, lasciatemi un po’ di tempo,<br />
questo solo vi chieggo. […] Voi dovete conoscermi, e stimarmi abbastanza<br />
per accordarmi una tregua quando vi offro la mia alleanza a vantaggio<br />
della scienza. (36)<br />
ancora una volta roma e la scienza, un ideale rapporto, una<br />
missione della terza italia accumunava uomini di diversa tendenza<br />
politica, ma ancora uniti da una forte eredità risorgimentale.<br />
pure, proprio lungo gli anni ottanta, l’idea di roma maestra di<br />
civiltà andava rapidamente declinando: Sella moriva il 14 marzo<br />
1884 e non dovette assistere al progressivo disfacimento dell’idea<br />
di roma – sua e degli uomini che avevano fatto l’unità d’italia –<br />
che da centro di progresso scientifico e civile si volgeva al recupero<br />
di sogni di potenza e di imperialismo colonialistico, mentre<br />
(35) lettera di p. S. Mancini, in P. zi l i a n i, Quintino Sella e la cultura napoletana.<br />
I <strong>Lincei</strong> nell’Archivio della Fondazione Sella, napoli 2000, p. 30.<br />
(36) Ivi, p. 83, n. 19.<br />
39
nella realtà della vita politica diversi fenomeni di corruzione indeboliranno<br />
anche il mito di roma capitale. con la morte di Sella<br />
tramontava la generosa utopia di fare di roma la città della scienza<br />
capace di competere con le grandi capitali europee: vennero meno<br />
gli uomini – malgrado la presenza di forti personalità sia presso i<br />
lincei sia all’università e in parlamento – mutarono le prospettive<br />
politiche, mancarono le risorse economiche; non v’era a roma<br />
un retroterra istituzionale, non una società civile in grado di supportare<br />
grandi progetti culturali. (37)<br />
l’accademia <strong>dei</strong> lincei proseguirà sulla strada indicata da Sella,<br />
pur in modi diversi secondo i tempi, e in mutate condizioni politiche,<br />
accentuandosi la distanza fra istituzioni culturali e classe<br />
politica. Della sua posizione eminente nella cultura italiana sarà ancora<br />
significativo riconoscimento l’incarico che ebbe dal ministro<br />
del tesoro paolo carcano nel dicembre 1909 di preparare – in vista<br />
del primo cinquantennio unitario – un’opera che «esponga quali<br />
progressi abbia fatto nel cinquantennio la nostra italia, in ogni<br />
campo dell’umana attività. Venga qui messo in piena luce il cammino<br />
percorso fin qui, e si additi quello da percorrere […]». (38)<br />
ne vennero tre volumi di grande formato pubblicati dall’accademia<br />
nel 1911 che non coprono tutti gli aspetti della storia del<br />
cinquantennio, presentando notevoli squilibri fra i vari capitoli e<br />
gravi omissioni (soprattutto nei settori dello sviluppo industriale):<br />
tuttavia comprendono saggi significativi per il realismo con il quale<br />
sono messi in luce la crisi del parlamentarismo, l’esito catastrofico<br />
(37) Sull’idea di roma negli anni post-unitari, si ricordino le classiche pagine di<br />
F. Ch a B o d, in Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, ii capitolo della<br />
i parte, roma-Bari 1990, in partic., per i cenni qui fatti, pp. 282-283 e pp. 289 sgg.<br />
cfr. anche a. Gi a r d i n a, a. va u C h e z, Il mito di Roma. Da Carlo Magno a Mussolini,<br />
roma-Bari 2000, in partic. pp. 189 sgg. Sull’ambiente culturale romano, a. Pe t r u C-<br />
C i, Cultura ed erudizione a Roma fra 1860 e 1880, «il Veltro» (Cent’anni di Roma<br />
capitale), XiV, 4-6 (1970), pp. 471-483; a. aS o r ro S a, a. Ci C C h e t t i, Roma, in Letteratura<br />
italiana - Storia e geografia, iii, L’età contemporanea, torino 1989, in partic.<br />
pp. 547-570.<br />
(38) Cinquanta anni di storia italiana, Milano 1911, i-iii; per il testo cit. cfr.<br />
i, p. 4.<br />
40
della politica colonialista, l’aggravarsi della questione meridionale,<br />
l’assenza di una programmazione economica capace di fermare<br />
la sempre più forte divaricazione fra nord e Sud, l’arretratezza<br />
delle strutture scolastiche, il persistente analfabetismo.<br />
Soggiacente a molti saggi la sensazione che di fronte a imprevisti<br />
gravissimi problemi politici, finanziari, strutturali e psicologici,<br />
il paese, soprattutto le varie classi politiche succedutesi negli anni,<br />
si fosse come ripiegato su se stesso, con la caduta della tensione<br />
ideale che aveva animato il risorgimento. Quella caduta di tensione,<br />
persino d’immaginazione, era avvertita da Quintino Sella (non<br />
meno che da crispi) nel corso del lungo dibattito sull’intervento<br />
dello Stato per le opere pubbliche in roma, nel secondo decennio<br />
unitario. Sella sentiva una frattura fra gli uomini che avevano fatto<br />
l’italia, ancora presenti in parlamento, e i giovani, frattura che<br />
si verificava proprio nel diverso atteggiamento di fronte al modo e<br />
alla necessità di affrontare i problemi di roma capitale. per i primi<br />
era stata roma a ispirare e catalizzare ogni azione patriottica, ogni<br />
impegno politico: «chi ci ha dunque fatto quali siamo – chiedeva<br />
Sella – chi ci insegnò a volere una patria? roma, niente altro che<br />
roma». i giovani, invece, nella nuova condizione post-unitaria, più<br />
attenti a particolari problemi di ordine pratico, anche alle difficoltà<br />
e alle sofferenze, hanno forse perduto «quei grandi concetti che<br />
commossero noi […]. noi eravamo pronti a bruciare mezza italia<br />
pur di averla una e libera; voialtri che l’avete trovata bella e fatta,<br />
vi occupate, e avete tutte le ragioni, di renderla più prospera».<br />
Ma non è il calcolo economico che muove la storia, sono i sentimenti,<br />
le attese, gli ideali: «non crediamo che una trasformazione<br />
come quella di roma sia, come fu detto, soltanto materiale; giacché<br />
essa è soprattutto morale […]. Questo sentimento ha importanza<br />
enorme per roma stessa […]. non dimentichiamo che siamo<br />
italiani per virtù di roma».<br />
Di qui la preoccupazione di Sella, rivolto ai più giovani parlamentari<br />
che non avevano vissuto le tensioni ideali del risorgimento:<br />
«nella discussione è parso a taluni che l’ideale vostro fosse<br />
un po’ meno elaborato del nostro. Ma se quelli che verranno<br />
41
dopo di voi avranno un ideale più depresso, dove si va?». (39) interrogativo<br />
inquietante – riconosce Sella, – ma ineludibile. tale forse<br />
resta anche per noi.<br />
42<br />
tu l l i o Gr e G o ry<br />
(39) Q. Se l l a, Discorsi parlamentari, cit., pp. 310, 308-309. nel corso dello stesso<br />
dibattito crispi aveva detto: «È un fatto che più noi ci allontaniamo dai giorni della<br />
grande rivoluzione e più gli animi diventano gelidi e meschini, quasi antipatriottici» e<br />
proseguiva concludendo, fra gli applausi <strong>dei</strong> deputati: «ritorniamo alle nostre origini,<br />
a quei concetti, a quelle grandi idee senza le quali non saremmo insorti, senza le quali<br />
non avremmo mai atterrato i setti principi, non avremmo atterrato il papato, non saremmo<br />
a roma» (Atti parlamentari, tornata del 10 marzo 1881, cit., pp. 4253-54).
la «lingua Di tutti» Di Quintino Sella<br />
Secondo un pregiudizio di antica data, gli esempi di buona lingua<br />
e di lingua modello sono rappresentati, nella storia della lingua<br />
italiana, esclusivamente da testi letterari, in prosa e in poesia.<br />
a contrastare questo luogo comune basterebbero gli esempi della<br />
prosa di altissimo livello rintracciabili in molti trattati scientifici.<br />
Filologi e storici della lingua italiana hanno avviato già da tempo<br />
una revisione che ha contribuito a collocare tra i grandi scrittori<br />
della lingua italiana non solo gli scienziati, (1) ma anche storici della<br />
letteratura e dell’arte, filosofi, economisti. (2)<br />
Quintino Sella, noto agli specialisti come studioso di matematica,<br />
cristallografia e mineralogia, ma conosciuto dagli italiani solo<br />
come temibile ministro delle Finanze in tre governi fra il 1862 e<br />
il 1873, non è mai citato nelle storie della lingua e della letteratura<br />
italiana per gli aspetti linguistici <strong>dei</strong> suoi scritti, né è stato mai<br />
preso in considerazione dai lessicografi nei repertori novecente-<br />
(1) m. l. alt i e r i Bi a G i, L’Avventura della mente. Studi sulla lingua scientifica,<br />
napoli 1990 e ea d., Fra lingua scientifica e lingua letteraria, pisa-roma-Venezia-Vienna<br />
1998.<br />
(2) Sulla lingua di Francesco De Sanctis, Benedetto croce, giovanni gentile si<br />
veda G. Co n t i n i, Letteratura dell’Italia unita (1861-1968), Firenze 1968, pp. 3-61;<br />
423-426; 486. Sulla lingua di croce anche d. Co l u S S i, Tra grammatica e logica. <strong>Saggi</strong>o<br />
sulla lingua di Benedetto Croce, pisa-roma 2007; su roberto longhi cfr. G. Co nt<br />
i n i, Altri esercizi (1942-1971), torino 1972, pp. 111-122 e P. v. me n G a l d o, Il Novecento,<br />
Bologna 1994, pp. 185-190; su raffaele Mattioli si veda m. Co rt i, I vuoti del<br />
tempo, Milano 2003, p. 106; su luigi einaudi, P. zo l l i, Luigi Einaudi e la lingua italiana,<br />
«lingua nostra», Xli (1980), 1, pp. 89-99; v. de l l a va l l e, La lingua di Luigi<br />
Einaudi fra classicismo e pathos, in Luigi Einaudi: libertà economica e coesione<br />
sociale, a cura di a. gigliobianco, roma-Bari 2010, pp. 138-154. osservazioni sulla<br />
lingua di Michele lessona, di antonio labriola, di graziadio isaia ascoli, in l. Ser<br />
i a n n i, Il secondo Ottocento, Bologna 1990, pp. 121-125 e 220-225.<br />
43
schi. (3) in realtà, la produzione dell’«operoso tessitor di Biella», (4)<br />
come testimoniato dai documenti esposti nella mostra oggetto di<br />
questo catalogo, è vastissima e copre gli ambiti più disparati: dalla<br />
matematica alla cristallografia e alla mineralogia, dall’econmia<br />
all’istruzione pubblica, fino alla manifattura e all’alpinismo.<br />
Di fronte a una pratica di scrittura tanto vasta e caratterizzata da<br />
interessi così diversi, è legittimo chiedersi di quale lingua italiana<br />
si servisse lo statista, piemontese di nascita ma vissuto anche a<br />
parigi, a londra, in germania, e poi trasferito a roma per gli incarichi<br />
governativi. per affrontare e valutare le sue scelte di scrittura<br />
e di stile è necessario ricordare preliminarmente le posizioni<br />
di Quintino Sella sulla questione della lingua. a testimoniarle è la<br />
prefazione di giovan Battista giorgini al Novo Vocabolario della<br />
lingua italiana secondo l’uso di Firenze. (5) la riforma linguistica<br />
manzoniana aveva avviato il progressivo processo di riduzione della<br />
distanza tra scritto e parlato e di diffusione di un tipo linguistico<br />
unitario, (6) ma non tutti avevano condiviso col Manzoni i modi<br />
e le strategie attraverso le quali avrebbe dovuto raggiungersi l’unità<br />
della lingua nazionale. Secondo Sella, diversamente da Manzoni,<br />
sarebbe stata sufficiente l’unità politica, (7) dalla quale sarebbe<br />
(3) Sella non compare tra gli autori presi in considerazione dal Grande Dizionario<br />
della Lingua Italiana diretto da S. Battaglia e poi da g. Bàrberi Squarotti, torino<br />
1961-2002 (d’ora in poi GDLI), ove viene nominato solo s.v. sèlla ‘tipo di sigaro’,<br />
con la citazione della voce ripresa dal Nòvo Dizionàrio Universale della lingua<br />
italiana di P. Pe t r o C C h i, Milano 1887-1891. nel dizionario di petrocchi viene registrata<br />
anche la voce del minerale sellaite «chiamata così in onore del Sella». il GDLI,<br />
s.v. economia, 2, per documentare l’espressione «economia all’osso», cita a. Pa n z i n i,<br />
Dizionario moderno. Supplemento ai dizionari italiani, Milano 1905, in cui l’espressione<br />
era stata registrata come «economie fino all’osso: frase di Quintino Sella, ministro,<br />
pronunciata alla camera (15 dicembre 1869): divenuta dell’uso e familiare», in<br />
seguito riprodotta da tutti i dizionari della lingua italiana.<br />
(4) così carducci definiva ironicamente Sella nel v. 7 di Roma (Odi barbare,<br />
1881). cfr. Se r i a n n i, Il secondo Ottocento, cit., pp. 139-140.<br />
(5) G. B. Gi o r G i n i - e. Br o G l i o, Novo vocabolario della lingua italiana secondo<br />
l’uso di Firenze, rist. anastatica dell’ed. 1870-97, i-iV, Firenze 1979.<br />
(6) cfr. l. Se r i a n n i, La prosa, in Storia della lingua italiana, a cura di l. Serian<br />
ni e p. trifone, i, I luoghi della codificazione, torino 1993, p. 561.<br />
(7) cfr. m. vi ta l e, La questione della lingua, palermo 1984, p. 448.<br />
44
scaturita anche l’unità linguistica della nazione. e giovan Battista<br />
giorgini concepì la prefazione al Novo Vocabolario come una<br />
lunga lettera indirizzata proprio all’amico Quintino. È singolare<br />
che il vocabolario più innovativo dell’ottocento, al quale spetta un<br />
posto importante nella storia della lessicografia italiana, (8) si apra<br />
con uno scritto nel quale giorgini, partendo dal ricordo di una lite<br />
tra Sella e Manzoni («ti ricordi d’una gita, che facesti l’autunno<br />
passato a Brusuglio, e della lite sulla lingua, che attaccasti subito<br />
col Manzoni, quel terribile attaccalite che tutti sanno in materia di<br />
lingua?») (9) espone le proprie idee, contrapposte a quelle di Sella.<br />
il resoconto dell’episodio fu utilizzato da giorgini per chiarire i<br />
principi manzoniani sui quali si fondava il Novo Vocabolario, ma<br />
è prezioso anche per ricostruire attraverso una testimonianza sicura<br />
le idee di Quintino Sella in ambito linguistico. giorgini, infatti,<br />
rivolgendosi all’amico ricorda:<br />
tu sostenevi una tesi nova e curiosa. Dicevi, mi pare, che l’unità della lingua,<br />
impossibile finché l’italia era divisa in più Stati, con poche relazioni<br />
tra loro, e l’uno all’altro poco meno che ignoti, sarebbe ora venuta naturalmente,<br />
da sé, e come una conseguenza della riunione di tutti questi Stati<br />
in uno solo. Dalla mescolanza delle tante Diverse lingue, orribili favelle (10)<br />
che in italia si parlano, si formerà, dicevi, una lingua nova, una lingua media,<br />
che non sarà né il piemontese, né il lombardo, né il romagnolo, né<br />
il toscano (sebbene tu assegni anche in questa il primo luogo al toscano),<br />
ma sarà un po’ di tutto, e diventerà col tempo la lingua di tutti.<br />
attraverso il racconto della gita alla villa manzoniana di Brusuglio,<br />
la posizione di Quintino Sella risulta dunque diversa da quella<br />
condivisa dall’illustre ospite e dall’amico giorgini: più vicina,<br />
nella sostanza, a quella di carlo cattaneo, (11) e soprattutto a quella<br />
(8) cfr. v. de l l a va l l e, La lessicografia, in Storia della lingua italiana, a cura di<br />
l. Serianni e p. trifone, i, I luoghi della codificazione, torino 1993, pp. 83-84 e C. mar<br />
a z z i n i, L’ordine delle parole. Storia di vocabolari italiani, Bologna 2009, p. 305.<br />
(9) Gi o r G i n i - Br o G l i o, Novo vocabolario, cit., p. i.<br />
(10) la citazione dantesca (Inferno, iii, v. 25) è in corsivo nel testo.<br />
(11) Secondo il quale «il patrimonio della lingua deve raccogliersi da tutti i libri,<br />
da tutti i labbri, senza distinzione di secoli e di provincie». Si veda C. Cat t a -<br />
45
di graziadio isaia ascoli, il maggior linguista italiano dell’ottocento,<br />
secondo il quale l’unità della lingua sarebbe stata raggiunta<br />
soltanto attraverso il «moto complessivo delle menti» conseguente<br />
allo scambio e all’organizzazione culturale raggiunta dalla nuova<br />
società civile della nuova nazione. (12) la sostanziale coincidenza<br />
tra le idee di ascoli e quelle di Sella trova conferma in una lettera<br />
del ministro al glottologo, che gli aveva inviato una copia del<br />
famoso Proemio all’Archivio glottologico italiano. (13) Sella lo ringraziò<br />
con queste parole:<br />
le sono gratissimo dell’onore che mi volle fare col Suo archivio veramente<br />
interessante. Duolmi che le troppe occupazioni d’ufficio dalle quali<br />
sono ora sequestrato mi impediscano di studiare attentamente i concetti<br />
che ella svolge. la formazione della lingua è problema che interessa<br />
tutti, anche i naturalisti, e da quanto ne intesi sfogliando rapidamente la<br />
prefazione (ché nulla più potei fare) mi pare che io mi trovi molto più<br />
coll’ordine delle Sue idee che non con quelle che mi permisi di combattere<br />
a Brusuglio non ostante la venerazione immensa di cui è meritevole<br />
chi le professava. (14)<br />
le idee sulla lingua di Quintino Sella, pur non affidate a scritti di<br />
argomento propriamente linguistico, si possono rintracciare, ol-<br />
n e o, Scritti letterari, a cura di a. Bertani, Firenze 1948, ii, p. 174, cit. da m. Co rt i,<br />
Il problema della lingua nel romanticismo italiano, in ea d., Metodi e fantasmi, Milano<br />
1969, p. 178.<br />
(12) cfr. m. da r d a n o, G. I. Ascoli e la questione della lingua, roma 1974, p. 3.<br />
Sulla questione si veda ora quanto scrivono i curatori in a. ma n z o n i, Dell’unità della<br />
lingua e <strong>dei</strong> mezzi per diffonderla. Edizione critica del ms. Varia 30 della Biblioteca<br />
Reale di Torino, a cura di c. Marazzini e l. Maconi, roma 2011, p. 19: «Manzoni e<br />
ascoli, messi a confronto, mostrano dunque di appartenere a due diverse italie: Manzoni<br />
si colloca nella fase eroica del risorgimento, impegnato nella creazione di una<br />
coscienza comune animata dalla passione per gli ideali unitari; ascoli è invece impegnato<br />
nella modernizzazione delle strutture burocratiche […] per questa generazione<br />
di tecnici, le differenze sociali, economiche, strutturali diventavano l’oggetto principale<br />
di intervento: la lingua risultava la conseguenza, non più la premessa, del processo<br />
unitario».<br />
(13) G. i. aS C o l i, Scritti sulla questione della lingua, a cura di c. grassi, torino<br />
1975.<br />
(14) lettera spedita da roma il 1° febbraio 1873, in Epistolario di Quintino Sella,<br />
a cura di g. e M. Quazza, roma 1995, iV, p. 387.<br />
46
tre che in questo accenno indirizzato all’ascoli, importante per la<br />
conferma dell’identità di vedute con il glottologo goriziano, anche<br />
in osservazioni sparse presenti nei discorsi del ministro. per<br />
esempio, in quello pronunciato nel 1862 a proposito degli istituti<br />
tecnici, (15) Sella insisteva sull’importanza di una buona conoscenza<br />
della lingua italiana anche per gli iscritti agli istituti tecnici e<br />
alle facoltà scientifiche:<br />
quanto a me, io ve lo dico chiaramente: vorrei che coloro i quali vengono<br />
ad un’università per seguitare il corso di matematica avessero studiato<br />
per bene il latino, l’italiano, e, se si crede, anche il greco […] datemi<br />
giovani che sappiano bene l’italiano ed il latino.<br />
e in un discorso pronunciato nel 1864 (16) ribadiva con forza la base<br />
linguistica e letteraria unitaria sulla quale si fondava la nazione:<br />
l’italia non era più una espressione geografica, cioè mi correggo: questa<br />
italia ha la ventura di essere stata fatta una dalla natura, con quei nettissimi<br />
limiti che son le alpi ed il mare: di essere stata creata una nella sua<br />
lingua da quei nostri poeti, che per noi furono veramente vati divini<br />
la conferma delle convinzioni linguistiche del ministro, così ben<br />
descritte, come s’è visto, da giovanbattista giorgini nella prefazione<br />
citata al Novo Vocabolario, è contenuta, inoltre, in un discorso<br />
del 1876, nel quale Sella affronta la questione della continuazione<br />
del Vocabolario della crusca. (17) Sorprendono, per modernità<br />
e acutezza, le sue osservazioni sull’inevitabilità della trasformazione<br />
della lingua italiana, diretta conseguenza del cambiamento<br />
della società del tempo, e la definizione del vocabolario come<br />
specchio della società contemporanea. per di più, l’esempio citato<br />
da Sella a proposito <strong>dei</strong> tre termini differenti in uso per indica-<br />
(15) Passaggio degli istituti tecnici al Ministero di agricoltura, industria e commercio,<br />
Discorso pronunziato nella Camera <strong>dei</strong> Deputati il 27 gennaio 1862, in Discorsi<br />
parlamentari di Quintino Sella, raccolti e pubblicati per deliberazione della camera<br />
<strong>dei</strong> deputati, roma 1887, i, p. 52.<br />
(16) Discorso d’apertura del congresso <strong>dei</strong> naturalisti in Biella pronunciato nella<br />
tornata del 3 settembre 1864, in Discorsi parlamentari, cit., i, p. 675.<br />
(17) Discorsi parlamentari, cit., i, pp. 97-98.<br />
47
e un unico referente è in totale sintonia, questa volta, con le idee<br />
manzoniane, (18) e richiama immediatamente alla memoria la critica<br />
rivolta da Manzoni a giacinto carena nella famosa lettera del<br />
1847, che costituisce la prima pubblica esposizione del pensiero<br />
linguistico manzoniano, (19) nella quale l’autore <strong>dei</strong> Promessi Sposi<br />
sosteneva la necessità di eliminare i geosinonimi. (20) Sella si sofferma<br />
sulla stessa questione con queste parole:<br />
anche la lingua si va trasformando nei tempi odierni; certe parti rimarranno<br />
per avventura immutabili, ma per parecchie altre una trasformazione<br />
è inevitabile, quando mutano tanto le condizioni della vita. allorché<br />
una nazione civile in una data epoca compila un vocabolario, essa<br />
ha per obbietto di stereotipare, fotografare la sua lingua in quel dato periodo<br />
[…] se il vocabolario avesse potuto essere ultimato più presto, io<br />
dico che anche negli stessi primordi in cui le varie parti d’italia si sono<br />
fuse, il vocabolario stesso avrebbe contribuito all’unificazione della lingua.<br />
Se ciò fosse, o signori, io tengo per fermo che non avverrebbe, a<br />
cagione di esempio, ciò che vede uno straniero che viene oggidì in italia,<br />
nelle diverse stazioni: qua sortita, là egresso, in un altro luogo usci-<br />
(18) l’adesione alle idee manzoniane è rintracciabile, del resto, anche in altri<br />
passi <strong>dei</strong> discorsi parlamentari. in quello pronunciato il 12 giugno 1860, per esempio,<br />
Sella dichiarava: «Se vi debbo dire la mia opinione, da Siena vorrei ci venissero quelli<br />
che debbono insegnare la lingua italiana. Questa è l’opinione mia, che forse non sarà<br />
divisa da altri, ma è evidente che Siena, per esempio, ha un elemento suo proprio di<br />
vita, che rispetto a Sassari non esiste, giacché non ho mai sentito celebrare la purezza<br />
del dialetto sassarese». cfr. Discorsi parlamentari, cit., i, p. 19.<br />
(19) cfr. l. Se r i a n n i, Il primo Ottocento, Bologna 1989, p. 138.<br />
(20) a proposito <strong>dei</strong> quali Manzoni scriveva: «cosa ci giova, in questo caso,<br />
d’avere un’abile e esperta guida, se ci conduce a un crocicchio, e ci dice: prendete per<br />
dove vi piace?». cito il passo della lettera pubblicata nella Parte seconda del Vocabolario<br />
metodico d’arti e mestieri, napoli, Stamperia e cartiere del Fibreno, 1854, p. X X.<br />
Del resto, le sintonie tra Sella e Manzoni in materia di scelte linguistiche superavano<br />
le divergenze. ne era consapevole il giorgini, che in un passo della prefazione citata<br />
scriveva a Sella: «l’unità politica non è dunque una causa che possa operare da sé, o<br />
che ci dispensi dall’obbligo di volere, di cercare, di scegliere. Se poi tu intendi dire<br />
che questa unità renderà la scelta più facile; che la lingua parlata nella città, dove avrà<br />
sede il governo, o, se vuoi il miscuglio che si farà dentro le mura, la lingua insomma<br />
della capitale, più o meno alterata, prenderà vantaggio su tutte l’altre, e a lungo andare<br />
diventerà la lingua comune della nazione (quanto è possibile avere una lingua comune<br />
tra persone, che avendone molte per nascita, devono acquistare quest’una per isforzo<br />
d’elezione e di studio), allora dirai cosa, che non ti sarà in tutto contradetta dal Manzoni,<br />
né da altri». cfr. Prefazione al Novo Vocabolario, cit., p. iv.<br />
48
ta; come se fossimo incerti del come si debba indicare la porta per cui<br />
si esce dal recinto della stazione. (21)<br />
Queste, dunque, le convinzioni linguistiche di Quintino Sella.<br />
Quanto alla sua prassi scrittoria, la moderata patina arcaizzante<br />
presente nei suoi scritti è pienamente riconducibile entro i confini<br />
delle abitudini linguistiche della prosa del tempo. tra gli arcaismi<br />
sintattici, basti citare (22) l’enclisi pronominale, ancora in uso nel secondo<br />
ottocento (abbiansi 13, debbansi 66, devesi 72, havvi 17,<br />
puossi 77, siansi 12, trovasi 8, voglionsi 30, vuolsi 18, ecc.); (23) rientrano<br />
nella tradizione aulica anche i casi di proposizioni infinitive<br />
latineggianti («egli pensa esser meglio sopprimere l’università<br />
di Sassari» 6; «cominciò il relatore della Sotto-commissione legale<br />
a dire essere tante le innovazioni» 7; «io non credo essere necessario»<br />
19; «il ministro delle finanze afferma essere uno scandalo»<br />
11, ecc.). Sella sembra mostrare qualche resistenza nell’accogliere<br />
la prima persona dell’imperfetto indicativo in -o, e infatti ricorre<br />
più frequentemente al tipo etimologico tradizionale io desiderava<br />
78, io diceva 202, io non dubitava 135, io era 93, io poteva<br />
155, io ricordava 204, io mi trovava 107, ecc., (24) ma si serve anche<br />
del tipo analogico in -o: io ignoravo 160; io gli chiedevo 815.<br />
Sopravvive qualche raro caso di variante sintetica della preposizione<br />
articolata pel rispetto alla forma analitica per il (pel nuovo<br />
regno 144; pel fianco sinistro 568; pel culto del bello 149) (25) e di<br />
(21) Discorsi parlamentari, cit., i, pp. 97-98.<br />
(22) D’ora in poi i singoli prelievi con le indicazioni di pagina dai Discorsi parlamentari<br />
senz’altra indicazione si riferiscono all’edizione citata. l’esemplificazione<br />
non intende essere sistematica: si rimanda, nel riportare le citazioni, solo ad alcune<br />
delle ricorrenze utili rinvenute negli scritti di Quintino Sella.<br />
(23) Sull’enclisi pronominale, tratto presente, nel secondo ottocento, nella sintassi<br />
giornalistica e nella lingua letteraria più sostenuta, cfr. Se r i a n n i, Il secondo Ottocento,<br />
cit., pp. 36-37.<br />
(24) le forme etimologiche in -a erano decisamente prevalenti all’inizio del secolo,<br />
mentre nella seconda metà dell’ottocento, pur essendo in regresso, godevano<br />
tuttavia di qualche diffusione. cfr. l. Se r i a n n i, Le varianti fonomorfologiche <strong>dei</strong> Promessi<br />
Sposi 1840 nel quadro dell’italiano ottocentesco, in id., <strong>Saggi</strong> di Storia Linguistica<br />
Italiana, napoli 1989, pp. 199-200.<br />
(25) per questa microvariante fonetico-ortografica Sella mostra di preferire la<br />
49
prostesi di i davanti a s complicata (per iscopo 90; nell’interesse<br />
istesso 215; in istato sì triste 10). (26) la presenza di toscanismi è<br />
moderata, rappresentata dall’abitudine all’uso di codesto con valore<br />
anaforico (codesti monumenti 67; codesti esperimenti 79; codeste<br />
determinazioni 107; codesta esposizione 152). (27) altri tratti<br />
arcaizzanti rientranti nella tradizione scrittoria ottocentesca sono<br />
l’uso costante della congiunzione imperocché e dell’avverbio fattamente.<br />
(28) in altri casi, invece, Sella sembra incerto tra la variante<br />
antiquata e quella più moderna, oscillando, per esempio, tra quistione<br />
e questione, (29) niuno (30) e nessuno, sieno (31) e siano. Ma si<br />
tratta di oscillazioni «libere» nella prosa ottocentesca, (32) del tutto<br />
usuali sia in testi letterari sia in testi settoriali. allo stesso modo,<br />
la preferenza per le varianti ripetute chieggo e veggo non fanno<br />
che confermare un’abitudine ampiamente diffusa nell’ottocento,<br />
priva di connotazioni letterarie. (33) più interessanti, per valutare i<br />
caratteri della lingua di Sella, altri aspetti <strong>dei</strong> Discorsi parlamentari.<br />
Scritti per essere pronunciati, essi si basano su un’orditura<br />
forma sintetica, mentre Manzoni preferiva la variante analitica per il, per la, ecc. Si<br />
veda Se r i a n n i, Le varianti, cit., pp. 176-177.<br />
(26) la prostesi vocalica davanti a s complicata, quando la parola precedente terminasse<br />
per consonante, era la regola nell’italiano letterario ottocentesco. cfr. Se r i a nn<br />
i, Il secondo Ottocento, cit., p. 170.<br />
(27) Sull’uso di codesto «considerato la quintessenza della toscanità, e dunque<br />
dell’italiano modello» negli scritti dell’ottocento, cfr. l. Se r i a n n i, Gli epistolari ottocenteschi<br />
e la storia della lingua, in La cultura epistolare nell’Ottocento. Sondaggi<br />
sulle lettere del CEOD, a cura di g. antonelli, c. chiummo, M. palermo, roma<br />
2004, pp. 62-63.<br />
(28) Imperocché e imperciocché erano già registrate nel giorgini-Broglio come<br />
appartenenti all’uso letterario. per le forme imperocchè e fattamente, non do i numeri<br />
delle pagine perché frequentissime e ricorrenti nei Discorsi parlamentari.<br />
(29) Sull’oscillazione tra quistione e questione nell’ottocento e sul passaggio alle<br />
forme con e protonica nell’edizione quarantana <strong>dei</strong> Promessi Sposi si veda Se r i a n n i,<br />
Le varianti fonomorfologiche, cit., p. 154, n. 24, e pp. 177 e 207.<br />
(30) Niuno era estraneo all’uso manzoniano, ma ancora largamente presente nella<br />
prosa ottocentesca. cfr. Se r i a n n i, Le varianti fonomorfologiche, cit., p. 195.<br />
(31) Variante ancora molto comune nell’ottocento. cfr. Se r i a n n i, Il secondo Ottocento,<br />
cit., p. 233, n. 15.<br />
(32) così le definisce Se r i a n n i in Le varianti, cit., p. 161.<br />
(33) per le varianti fonomorfologiche verbali chiedo/chieggo e vedo/veggo rinvio<br />
a Se r i a n n i, Le varianti, cit., pp. 203-204.<br />
50
sintattica generale caratterizzata da un indice non troppo elevato<br />
di subordinazione, che conferisce ai testi un’elevata leggibilità.<br />
pur mantenendosi fedele agli ideali di decoro espressivo condivisi<br />
dall’oratoria, dalla pubblicistica, dalla saggistica del tempo, Sella<br />
introduce nei suoi discorsi, con moderazione, anche modi colloquiali.<br />
Qualche esempio: «non andrò cercando il pelo nell’uovo»<br />
16; «un ministro interinale non deve metter molto la mano in pasta»<br />
74; «io ne avrò certo fatto delle crude» 76; (34) «facciamo questo,<br />
facciamo quello»; «l’hanno ripetuta [la risoluzione] da tizio, a<br />
caio, a Martino» 209. rientrano nelle movenze colloquiali anche<br />
le interrogative didascaliche e i segnali discorsivi tipici dell’oralità,<br />
come quelli che seguono: «e perché questo?» 134; «Ma perché?»<br />
135; «ma che volete mai?»109; «Figuratevi!» 281; «no, no,<br />
meglio non farne nulla!» 342, ai quali possono essere aggiunti anche<br />
i frequenti e informali intercalari come «o che so io» 15; «mainò»<br />
98; «ma via» 228. nei Discorsi parlamentari Sella concede<br />
davvero poco al lessico aulico e alla retorica tribunizia, stemperata<br />
dall’uso di suffissi alterativi («adagino adagino» 23; «mi sono<br />
un tantino fermato» 75; «Scusate, un momentino» 202; «lasciate<br />
fare un pochino al tempo» 117), talvolta anche con funzione tra lo<br />
scherzoso e il sarcastico («in qualche comunello […] fui sorpreso<br />
di trovare una quantità di pergamene e di codici» 66; «damine<br />
contente anche di fare una marcia faticosa» 134; «il progettino di<br />
quattro articoli che il ministro delle finanze ci ha presentato» 144).<br />
Quasi del tutto assenti i forestierismi: nonostante la buona conoscenza<br />
di tre lingue straniere, Sella rifugge dall’esibizione di parole<br />
non italiane, tanto che nei suoi discorsi s’incontrano solo bazar<br />
305; monstre 221; spleen 11; travet 230, e l’espressione noblesse<br />
oblige 229, (35) più qualche termine d’ambito economico-finanzia-<br />
(34) È qui evidente il richiamo all’espressione «farne di cotte e di crude». cfr.<br />
GDLI, s.v. cotto.<br />
(35) le forme bazar, monstre, spleen e noblesse oblige erano di ampia circolazione<br />
nell’ottocento, condannate dai puristi e proprio per questo attestate nei loro repertori<br />
(al contrario, a. Pa n z i n i, nel Dizionario moderno cit., registra spleen e noblesse<br />
oblige senza alcun tipo di condanna). più interessante il caso di travet, diffuso grazie<br />
51
io che sarà citato più avanti. altrettanto raro e misurato è il ricorso<br />
alle similitudini: «il chiasso fatto per esempio attorno ad un ministro<br />
[…] è labile come l’onda prodotta dal tonfo di una pietra»<br />
831; «carte aride e fastidiose come il polverio che infesta le strade»<br />
567; «cervelli schiacciati a modo di fogli, le cui caselle siano<br />
distribuite a scacchiere, monotoni, direi, come le vie di torino»<br />
31. lontano per formazione e gusto personale dalle soluzioni<br />
metaforiche, il vocabolario di Sella è caratterizzato da una ricerca<br />
generale di precisione e da un uso molto scarso di tecnicismi, anche<br />
negli scritti di contenuto economico e finanziario. nei discorsi<br />
sull’istituzione delle casse di risparmio postali, per esempio, i<br />
tecnicismi sono ridotti al minimo: decentramento 350; (36) vaglia<br />
postale 351; (37) capitali infruttiferi 357; casse ordinarie 395; e i<br />
due anglicismi self government 350 (38) e legal tender 545. (39) anche<br />
quando l’argomento si concentra sulle questioni legate all’organizzazione<br />
del risparmio e degli istituti di credito, Sella tende a<br />
detecnicizzare il discorso, mantenendolo su un piano discorsivamente<br />
persuasivo, come nel brano che segue:<br />
Dunque, tornando alla questione del pericolo che possa correre lo Stato<br />
per questa legge, mi pare che si è detto abbastanza per tranquillare la<br />
camera, e indurla a permettere l’esperimento; se ci si dovrà tornare sopra,<br />
ci si tornerà. […] un paese di molto buon senso non ha tanta paura<br />
di andare avanti e, quando vede inconvenienti ragionevoli, ci torna<br />
sopra e vi mette rimedio con piena tranquillità, riservando le lotte alle<br />
al successo della commedia Le miserie di Monsù Travet di Vittorio Bersezio (1862) e<br />
attestato per la prima volta da P. Pe t r o C C h i nel Nòvo dizionàrio universale della lingua<br />
italiana, Milano 1887-1891. grazie al discorso pronunciato da Sella il 21 giugno<br />
1876 per l’alienazione dell’orto botanico di roma è ora possibile retrodatare la voce<br />
di qualche anno, a testimonianza della sua larga diffusione nell’uso comune.<br />
(36) Decentramento era voce di introduzione recente (1862). cfr. il nuovo Etimologico<br />
di m. Co rt e l a z z o e P. zo l l i, Bologna 1999 (d’ora in poi, DELI ), s.v. decentrare,<br />
e bibliografia ivi indicata.<br />
(37) anche vaglia postale era espressione di recente introduzione, attestata solo<br />
dal 1862. cfr. DELI, s.v. vaglia 2.<br />
(38) Self government ha una prima attestazione nel 1852. cfr. Deli s.v. auto- 1 .<br />
(39) l’anglicismo legal tender per ‘corso legale’ non ha avuto fortuna e non è<br />
registrato nei repertori lessicografici italiani.<br />
52
grandi occasioni, le quali sono quelle che realmente decidono dell’indirizzo<br />
politico del paese. (40)<br />
a testimoniare il tono discorsivo e poco magniloquente, più che<br />
il prelievo di singole forme, può essere utile la lettura di qualche<br />
passo. per esempio, quello nel quale, per convincere i parlamentari<br />
della necessità di un’accademia delle scienze a roma, il<br />
ministro racconta un aneddoto che ha per protagonista theodor<br />
Mommsen:<br />
Mi sia lecito di comportarmi come un cittadino molto libero, e quindi di<br />
ricordare un aneddoto. nel 1871, poco dopo l’effettiva venuta del governo<br />
italiano a roma, io aveva l’onore di ospitare un uomo illustre, un<br />
grande storico […] una sera, nel calore della conversazione, dopo parlato<br />
di roma antica, di roma papale, di idealismo, di realismo e di non<br />
so quante cose, il fiero teutonico si alza e mi dice in tuono concitato: ma<br />
che cosa intendete fare a roma? Questo ci inquieta tutti; a roma non<br />
si sta senza avere <strong>dei</strong> propositi cosmopoliti! che cosa intendete di fare?<br />
io cercai di tranquillarlo (e credo che oggi si sarà tranquillato, visto che<br />
non abbiamo neppure la virtù di soffrire un tantino per arrivare a maggiore<br />
grandezza). Ma io gli dissi: sì, un proposito cosmopolita non possiamo<br />
non averlo a roma; quello della scienza. noi dobbiamo renderci<br />
conto della posizione che occupiamo davanti al mondo civile, dacché<br />
siamo a roma. ebbene, signori, un palazzo per l’accademia delle scienze<br />
non è un lusso inutile … (41)<br />
il modo in cui l’episodio viene raccontato, grazie alla sintassi segmentata<br />
in periodi uniproposizionali, e al lessico semplice, quasi<br />
del tutto privo di arcaismi, (42) rappresenta bene l’andamento parlato<br />
e discorsivo <strong>dei</strong> discorsi ufficiali di Sella. andamento e stile<br />
testimoniati anche nel brano che segue, che ha per oggetto la co-<br />
(40) Discorso del 23 aprile 1875, in Discorsi parlamentari, cit., i, p. 548.<br />
(41) il brano è tratto dal discorso del 14 marzo 1881 sulle opere edilizie a roma.<br />
la citazione è tratta da Discorsi parlamentari, cit., i, p. 292.<br />
(42) il verbo tranquillare, segnalato nel GDLI come ant. e letter., era normalmente<br />
usato non solo da Manzoni e Verga, ma anche, nel novecento, da scrittori come giani<br />
Stuparich e Mario Soldati. Quanto alla variante letteraria dittongata tuono, si tratta<br />
di forma ancora usata da roberto longhi. cfr. Co n t i n i, Letteratura, cit., p. 529.<br />
53
struzione del palazzo delle esposizioni di via nazionale a roma,<br />
nel quale Sella commenta ironicamente l’attacco di una parte del<br />
parlamento al progetto:<br />
Si parla di un modesto palazzo, che sarà poi una piccola cosa, per l’esposizione<br />
permanente di belle arti. ebbene, qualche giovane esordiente avrà<br />
occasione di fare conoscere più presto qualche sua opera, qualche suo<br />
genere. la venuta di qualche artista in roma sarà la distruzione dell’arte<br />
italiana? no, no, no. tranquilli votiamo, e v’invitiamo a votare tranquilli.<br />
non sarà il palazzo dell’esposizione di belle arti che potrà far danno<br />
all’arte italiana. Signori, ho finito, ed in tutt’i casi voglio finire; ma prima<br />
di chiudere il mio discorso desidero sottoporvi un’altra osservazione<br />
da naturalista. Questa discussione ha dato luogo ad un fatto curioso, ad<br />
un conflitto tra i vecchi ed i giovani. non parlo di tutt’i giovani; perché<br />
vi sono giovani che, per la loro condotta in questa discussione, dovrei<br />
dire invecchiati […] non meravigliatevi se, quando si parla di roma, le<br />
nostre vecchie ossa si elettrizzano. (43)<br />
tono diverso hanno, ovviamente, i discorsi fatti in occasione di<br />
commemorazioni ufficiali, nei quali il dettato si fa più sostenuto,<br />
e Sella ricorre a stilemi tipici della tradizione oratoria e del gusto<br />
classicistico, come le dittologie e le terne: «un lavoro accuratissimo<br />
e coscienzioso» 167; (44) «un consiglio sempre sereno, sempre<br />
nobile, sempre benevolo» 170; (45) «l’instancabile operosità, il singolare<br />
acume, la profonda erudizione» 171; (46) «l’amicizia, la devozione,<br />
l’abnegazione» 171. la maggiore elevatezza del registro<br />
è presente nei discorsi che trattano temi particolarmente cari a Sella,<br />
per esempio quello pronunciato per l’allargamento della sfera<br />
d’azione dell’accademia <strong>dei</strong> lincei, «sia dandole maggiori mez-<br />
(43) cito sempre dal discorso del 14 marzo 1881, cfr. Discorsi parlamentari,<br />
cit., i, pp. 307 e 309.<br />
(44) commemorazione del deputato cesare Valerio, discorso del 17 marzo 1873,<br />
in Discorsi parlamentari, cit., i, p. 167.<br />
(45) commemorazione del senatore luigi Des ambrois, discorso del 4 dicembre<br />
1874, in Discorsi parlamentari, cit., i, p. 169.<br />
(46) Questo e l’esempio successivo sono tratti dalla commemorazione del deputato<br />
Matteo raeli, discorso del 27 novembre 1875, in Discorsi parlamentari, cit.,<br />
i, p. 171.<br />
54
zi per le scienze naturali, sia estendendola alle scienze morali e<br />
politiche», (47) in cui Sella esibisce più del solito le procedure retoriche<br />
tipiche della tradizione letteraria, come l’accumulo, attraverso<br />
le terne («eccitare … far vibrare … appassionare»; «e muova, e<br />
vibri, e viva»; «e immobile, e inerte, e morto») e le riprese simmetriche<br />
(«Si direbbe … Si direbbe …») ricorrendo insolitamente<br />
a immagini di forte presa ed effetto («acciò il gelo dell’immobilità,<br />
della morte non ci ricolga»):<br />
non ci può esser dissenso intorno all’opportunità di un sodalizio scientifico<br />
completo nella capitale del regno, intorno all’utilità di eccitare,<br />
di far vibrare le intelligenze italiane, di appassionare i cuori per il vero<br />
ed il bello. a qualunque parte dello scibile noi ci dedichiamo, per quella<br />
tale connessione che si va ogni dì stringendo fra le scienze, siamo certo<br />
tutti convinti che l’uomo è tanto più potente nelle singole parti, quanto<br />
più completo esso è. nell’uomo, nelle nazioni noi vediamo periodi in<br />
cui tutto si accascia, altri in cui è grande la forza materiale, l’operosità,<br />
l’acume dell’ingegno, la virtù morale. Si direbbe che ci ha concomitanza,<br />
armonia nell’esercizio di tutte le facoltà; si direbbe che tutto ad<br />
un tempo e muova, e vibri, e viva, ovvero tutto sia ad un tempo e immobile,<br />
e inerte, e morto. avanti dunque nella scienza, ora che le grandi<br />
quistioni politiche sono risolute, acciò il gelo dell’immobilità, della<br />
morte non ci ricolga.<br />
Sullo stesso tema Sella pronunciò nel 1880 un discorso appassionato,<br />
pur se formalmente contenuto nei toni, di fronte a umberto<br />
e Margherita di Savoia, nel quale esaltava il progresso scientifico<br />
della nazione e il ruolo dell’accademia delle scienze, ricorrendo<br />
non a citazioni, a immagini figurate, a moduli retorici, ma<br />
all’espressione «funzione di», tratta dal linguaggio <strong>dei</strong> matematici,<br />
a lui familiare: (48)<br />
(47) il brano è tratto dal discorso pronunciato da Sella nella Sessione straordinaria<br />
tenuta in Comitato segreto nei giorni 24 e 25 gennaio 1875, estratto dagli «atti<br />
della r. accademia <strong>dei</strong> lincei», s. 2, vol. ii, 1875, p. X X i, e ristampato in Discorsi<br />
parlamentari, cit., i, pp. 811-812.<br />
(48) Discorso del 19 dicembre 1880, estratto dagli «atti della r. accademia <strong>dei</strong><br />
lincei», s. 3, transunti, V (1881), p. 39, ripubblicato in Discorsi parlamentari, cit.,<br />
i, p. 833.<br />
55
ora lo scopo pratico, l’ideale nostro è quello che determinò il padre della<br />
patria, nel suo primo discorso reale dopo la liberazione di roma: fare<br />
grande e felice l’italia. a conseguire questo nobile scopo, per altri ostacoli<br />
non meno arduo, grandemente giova l’accademia delle scienze; imperocché<br />
la grandezza e la prosperità d’un paese è indubbiamente una<br />
conseguenza diretta, o come i matematici direbbero, una funzione del<br />
progresso morale, intellettuale ed economico <strong>dei</strong> cittadini. non v’è ormai<br />
chi non vegga, come senza un’alta coltura scientifica, scarso riesca<br />
lo sviluppo della ricchezza di un paese.<br />
e in un lungo discorso pronunciato il 14 marzo 1881 colpiscono i<br />
toni accesi con i quali Sella parla del difficile rapporto tra scienza<br />
e chiesa, ricorrendo all’esclamazione ripetuta «fuori i lumi!»,<br />
alla ripetizione ad effetto dell’espressione sprezzante «abbiamo a<br />
fare con gente … abbiamo a fare con gente …», (49) e al crescendo<br />
volutamente enfatico rappresentato da «Fari elettrici anzi devono<br />
essere»:<br />
l’italia […] ha un debito d’onore verso l’umanità: essa deve adoperarsi<br />
in tutti i modi perché appaia bene la verità, la quale risulta incontestabile<br />
dalle indagini scientifiche; la scienza per noi a roma è un dovere supremo.<br />
Fuori i lumi! Fari elettrici anzi devono essere; imperocché abbiamo<br />
a fare con gente che chiude gli occhi e si tappa le orecchie; abbiamo<br />
a fare con gente che vuol pigliare i giovani fino dalla infanzia, avviarli<br />
alle proprie scuole secondarie, e poi vuol dare a costoro i più alti uffici<br />
che si possono affidare all’umanità, come la direzione delle coscienze e<br />
l’educazione della gioventù. Dunque io dico: fuori i lumi! Questo deve<br />
essere il nostro intendimento, né solo a roma, ma in tutto il paese». (50)<br />
Ma una lettura degli scritti di Quintino Sella deve tener conto anche<br />
di altre pratiche di scrittura, rintracciabili in testi meno legati<br />
alle situazioni ufficiali <strong>dei</strong> discorsi parlamentari o lincei o delle<br />
(49) Sella si serve del costrutto «avere a fare con», variante ancora in uso nell’ottocento<br />
rispetto all’incombente e poi trionfante «avere a che fare con». Sul modulo<br />
e sulla sua evoluzione si veda o. Ca S t e l l a n i Po l l i d o r i, A proposito di un’a di troppo:<br />
«Avere a che fare», «Studi linguistici italiani», Xi (1985), pp. 27-49, ora in id, In<br />
riva al fiume della lingua. Studi di linguistica e filologia (1961-2002), roma 2004,<br />
pp. 425-450.<br />
(50) Discorso del 14 marzo 1881, in Discorsi parlamentari, cit., i, p. 303.<br />
56
commemorazioni pubbliche. Mi riferisco alla testimonianza offerta<br />
dai sei volumi dell’Epistolario. anche nella comunicazione epistolare,<br />
che abbraccia quasi quarant’anni (dal 1842 al 1881) sono<br />
presenti gli stessi caratteri di sobrietà e di rigore linguistico già<br />
osservati finora, con pochissime concessioni all’enfasi e alla retorica.<br />
le lettere di Sella rispettano le convenzioni della «grammatica<br />
epistolare» che nell’ottocento «regolavano i rapporti tra corrispondenti,<br />
anche quelli improntati a cordiale spontaneità», (51) e<br />
nello stesso tempo rivelano, com’è prevedibile, una maggiore libertà<br />
linguistica, una scrittura caratterizzata da un tasso più alto<br />
di espressività e colloquialità. pur essendo andate purtroppo perdute<br />
le lettere che più avrebbero rivelato la lingua usata da Sella<br />
nella quotidianità e nella vita affettiva, (52) possiamo estrarre qualche<br />
esempio dalle lettere scritte ad alcuni degli amici più cari, nelle<br />
quali affiorano con maggiore intensità, nella dimensione privata<br />
dello scambio epistolare, i modi colloquiali già notati nei discorsi<br />
ufficiali. tra i destinatari delle lettere occupa un posto importante<br />
proprio l’amico giorgini ricordato prima, il «carissimo Bista» al<br />
quale Sella scrive abbandonandosi a toni confidenziali:<br />
Quanto a me sono proprio felice del congedo avuto, ché mi atterriva non<br />
la prospettiva di rimanere alle finanze se mi fossero dati i mezzi occor-<br />
(51) l. Se r i a n n i, Spigolature linguistiche dal carteggio “Verdi-Ricordi”, in id.,<br />
Viaggiatori, musicisti, poeti, Milano 2002, p. 167. Sulla grammatica epistolare nell’ottocento<br />
si veda La cultura epistolare nell’Ottocento, cit.<br />
(52) i curatori dell’Epistolario cit., nell’Avvertenza, p. v, scrivono: «Fra le lacune<br />
più dannose alla conoscenza <strong>dei</strong> sentimenti dell’uomo, l’assenza della maggioranza<br />
delle lettere alla moglie clotilde rey, le quali, conservate in parte a torino presso<br />
la figlia Sita (altre erano state distrutte per disposizione testamentaria), si perdettero<br />
per un bombardamento aereo durante la seconda guerra mondiale». ciononostante,<br />
anche le pochissime lettere sopravissute indirizzate a clotilde presenti nel vol. i<br />
dell’Epistolario cit. permettono qualche notazione sul crescendo nel tempo delle formule<br />
d’apertura e di chiusura delle lettere: da «amatissima clotilde mia» 154 a «carissima<br />
Moglie» 177, 179, fino a «cara mogliuccia!» 186. e, nei saluti finali, da «il<br />
tuo bersagliato amico e fidanzato» 155, «il tutto tuo» 178, «il tuo caro marito» 187,<br />
fino a «ti bacia teneramente il tuo» 230. Sulla «prossemica epistolare» e sulle formule<br />
di esordio e congedo nei carteggi ottocenteschi rinvio ancora a Se r i a n n i, Spigolature,<br />
cit., p. 167 e G. an t o n e l l i, La grammatica epistolare nell’Ottocento, in La cultura<br />
epistolare, cit., pp. 31-38.<br />
57
enti, ma quella di rimanere bandiera ad una barca il cui timone non era<br />
in mano mia, ma nella mano di altri irresponsabili. potrò così tornare a<br />
qualche studio diletto, a qualche lettura geniale. Quanto mi duole non<br />
vivere in luogo dove ti avessi a tiro! Quanto desidererei leggere e gustare<br />
teco qualche classico! (53)<br />
era scritto che non ci vedessimo … direbbe un Musulmano. Mentre tu<br />
frugavi nella mia camera all’albergo io ero … al camerino adiacente.<br />
Qualche mezzo minuto dopo il cameriere correva giù per le scale, ed in<br />
piazza Maria novella onde agguantarti, ma invano. ti mando una lettera<br />
[di] cerri come elemento per il tuo dizionario. le distinzioni di mulini<br />
a gorile, a guedoccio, a gora, a margone tu le saprai fare meglio del<br />
carena. (54) a Biella trovai bene mia Madre mio fratello e tutti quanti, cosicché<br />
me ne tornai contento con clotilde ed i figli che costituiscono la<br />
mia capitale amministrativa e politica. (55)<br />
Diverso tasso di letterarietà presentano le lettere indirizzate a personalità<br />
della politica e della cultura del tempo. particolarmente<br />
interessanti, per il contenuto, il tono, la lingua usata, le due lettere<br />
scritte a giosue carducci su un tema che stava particolarmente a<br />
cuore a Sella, e che aveva visto il poeta schierato sul fronte opposto:<br />
il trasferimento a roma della capitale del regno. nella lettera<br />
spedita da Biella il 31 dicembre 1879 (56) Sella scriveva:<br />
certo siamo piccini e deboli, e soprattutto poco virtuosi. Ma bassi e vili<br />
come ci fa il vostro carme, no di certo. ned è per vendere i sacri resti<br />
(53) lettera del 26 giugno 1873, in Epistolario, cit., iV, pp. 508-509. proprio il<br />
26 giugno di quell’anno giovanni lanza aveva comunicato alla camera che il re aveva<br />
accettato le dimissioni presentate dal suo governo.<br />
(54) Sella fa qui riferimento a Faustino cerri, autore di scritti sulla tassa sul macinato.<br />
i termini legati alla terminologia <strong>dei</strong> mulini segnalati all’amico giorgini sono<br />
stati effettivamente registrati in buona parte s.v. mulino nel Novo Vocabolario, cit. Sella<br />
allude scherzosamente a giacinto carena, autore del già citato dizionario metodico<br />
pubblicato tra il 1846 e il 1853.<br />
(55) la lettera, in Epistolario, cit., iV, pp. 564-565, è datata 6-1874, senza indicazione<br />
del mese.<br />
(56) la lettera, in Epistolario, cit., Vi, pp. 136-137, si riferiva alla pubblicazione<br />
a Berlino di dieci poesie di carducci (la prima delle quali è il Canto dell’Italia<br />
che va in Campidoglio), tradotte in tedesco da theodor Mommsen e ulrich von Wilamowitz-Mollendorff.<br />
58
di un glorioso passato che si applicava, e si sostiene impavidi … persino<br />
il macinato!!! a meno che da vero vate voi prevedeste vicino il dominio<br />
<strong>dei</strong> progressisti!! Ma lasciamo correre. lapidati dai poeti e dai prosatori<br />
cademmo, e siamo morti, ed io sono abbastanza protervo da non<br />
domandare neppure il parce sepultis. io torno al solito argomento … ed<br />
è del male immenso che fate alla gioventù. Si va a roma dopo un millennio<br />
e mezzo di schiavitù, e la vostra Musa non vi ispira altri concetti<br />
che quelli del vostro carme? ed io baggiano che entravo in roma vivamente<br />
commosso, pieno la fantasia ed il cuore del passato del presente<br />
del futuro, e tanti minchioni come me della generazione la quale se ne<br />
va, e che in gioventù piena la mente di un alto ideale aveva appreso ad<br />
amare fortemente e santamente la patria.<br />
colpisce, nella lettera, la coesistenza di due registri diversi: da una<br />
parte la quasi parodistica connotazione aulica (che fa sospettare una<br />
voluta imitazione <strong>dei</strong> toni prosastici carducciani), ottenuta col forte<br />
arcaismo («ned» (57) ), con la struttura binaria («piccini e deboli»;<br />
«fortemente e santamente») e ternaria («del passato del presente<br />
del futuro»); con gli accusativi di relazione («pieno la fantasia<br />
ed il cuore»; «piena la mente»); con i termini volutamente elevati<br />
«vate» e «carme», con la citazione latina; dall’altra l’abbassamento<br />
del registro diafasico in funzione ironica («ed io baggiano»;<br />
«tanti minchioni»), completato dall’uso espressivo <strong>dei</strong> punti esclamativi<br />
intenzionalmente ripetuti e <strong>dei</strong> puntini di sospensione. (58) e<br />
nella lettera scritta a carducci da roma il 4 aprile 1880 (59) Sella<br />
tornava sullo stesso argomento, anche se con toni critici ma bonari<br />
e colloquiali («l’ha proprio fatta grossa»):<br />
non c’è che dire: l’ha proprio fatta grossa nel dipingere l’entrata a roma<br />
come fece nella sua poesia […] Se i vati che elevar dovrebbero la vita, e<br />
(57) proprio quel ned per ‘né’ davanti a vocale fa trasparire il tono ironico dello<br />
scrivente. Su ned «anticaglia grammaticale» di «sapore libresco» si veda Serianni,<br />
Il secondo Ottocento, cit., pp. 122 e 132.<br />
(58) Sull’uso del punto esclamativo triplicato come «marca di un’intonazione»<br />
e <strong>dei</strong> puntini “di esitazione” «per preparare il lettore a un motto di spirito, a un doppio<br />
senso, a un gioco di parole» si veda B. mo rta r a Ga r av e l l i, Prontuario di punteggiatura,<br />
roma-Bari 2003, pp. 131 e 113.<br />
(59) Epistolario, cit., Vi, p. 189.<br />
59
trattare gli ideali a cui ispirar si debbe vanno anche al di sotto della prosaica<br />
realtà, a quali nobili propositi si dedicherà la nostra gioventù?<br />
Modello di equilibrio linguistico bilanciato tra sobrietà e colloquialità<br />
sono gli scritti dedicati all’alpinismo, tema sfiorato anche nei<br />
discorsi parlamentari, in uno <strong>dei</strong> rari riferimenti personali («parlo<br />
come un alpinista solitario, il quale va pensando e fantasticando<br />
sulle cose del mondo»). (60) anche in questo caso Sella scrive pagine<br />
linguisticamente esemplari, senza ricorrere a nessun tipo di compiacimento<br />
letterario. nella lettera all’amico Bartolomeo gastaldi<br />
(61) si alternano parti descrittive e parti di narrazione fluida, dal<br />
tono poco libresco, quasi giornalistico. ecco, in successione, due<br />
esempi delle diverse modalità con le quali Sella riferisce la propria<br />
esperienza: nella prima, pur dichiarandosi estraneo alla scienza<br />
della botanica, riferisce l’esperienza vissuta con precisione da<br />
naturalista, (62) nella seconda si abbandona a una descrizione autoironica<br />
della scalata del Monviso:<br />
in fatto di botanica, ti dirà il conte Saint robert, che è botanico di molta<br />
vaglia, e che ha per giunta molto attentamente e lungamente erborizzato<br />
attorno al Monviso, quanto ci sia di particolare in queste vallate. come<br />
estraneo a questa scienza, soltanto ti dirò come la valle della Varaita sia<br />
una delle valli alpine che il viaggiatore percorre con maggiore piacere.<br />
infatti se il suo fondo venne recentemente depauperato <strong>dei</strong> noci colossali<br />
di cui andava altero, esso è tuttavia quasi ovunque verdeggiante di<br />
prati perennemente irrigati dalle acque della Varaita e <strong>dei</strong> torrenti laterali.<br />
la costa settentrionale è meno doviziosa di vegetazione, perché i cereali<br />
vi sono coltivati fino a grande altezza, ma il fianco meridionale è<br />
ricco di bellissime foreste di larici, le quali danno alla valle un aspetto<br />
verdeggiante fatto a bella posta per riposare l’occhio stanco dall’aridità<br />
che oggi travaglia l’italia settentrionale.<br />
(60) Discorso del 14 marzo 1881, in Discorsi, cit., i, p. 303.<br />
(61) la lettera è riportata nell’appendice ai Discorsi parlamentari, cit., i, pp.<br />
567-596 col titolo “una salita al Monviso”.<br />
(62) lo stesso tipo di osservazioni è presente nella descrizione della salita sul<br />
Vesuvio, nella lettera da napoli alla madre rosa Sella del 19 agosto 1861 (Epistolario,<br />
cit., i, p. 328).<br />
60
Dormimmo quindi sotto le tende. taluno di noi aveva spinto il sibaritismo<br />
fino al farsi trasportare un materasso a soffietto! io trovo che stendendo<br />
sulla terra un pastrano impermeabile all’umidità, ponendo come<br />
origliere il sacco a martelli da geologo, e gettando sul corpo un paio di<br />
coperte, si può dormire con tutto il confort desiderabile. però io esagererei<br />
di molto quando dicessi di aver fatto una buona nottata. il passaggio<br />
dalle discussioni parlamentari e dalla snervante vita sedentaria a questi<br />
faticosi esercizi era stato forse troppo repentino, ed il sangue aveva<br />
ricevuta una scossa subitanea, che mi dava una agitazione febbrile. Ma<br />
il mio amico Barracco, (63) che era presso a poco sulla nuda terra, sebbene<br />
allevato in mezzo alle delizie di napoli e fra tutti gli agi compatibili<br />
con una delle più grandi fortune d’italia, dormì saporitissimamente tutta<br />
la notte. e poi si discorra della mollezza <strong>dei</strong> meridionali!<br />
anche attraverso questi primi prelievi dai vari scritti è possibile<br />
osservare la generale uniformità della lingua usata da Sella. a<br />
rendere sostanzialmente omogenea la sua prosa concorrono, come<br />
s’è visto, alcuni caratteri: mancanza di enfasi, scarsissima presenza<br />
di figuralità retorica, aggettivazione sobria, prudente moderazione<br />
<strong>dei</strong> toni nell’oratoria politica, cautela e misura nell’uso del<br />
lessico. Si tratta degli stessi caratteri che connotano anche la prosa<br />
di cavour, di D’azeglio (64) e che caratterizzeranno, mezzo secolo<br />
dopo, quella di giolitti. (65) Se la tendenza antideclamatoria di Sella<br />
conferma l’esistenza di una linea linguistica ottocentesca mino-<br />
(63) giovanni Barracco, deputato e senatore calabrese, fu collezionista d’arte e<br />
mecenate, fondatore del Museo di scultura antica Barracco a roma. Dopo aver scalato<br />
il Monte Bianco, scalò il Monviso con Quintino Sella, col quale fondò, nel 1863, il<br />
club alpino italiano. Si veda C. mu l è, Giovanni Barracco, un barone calabrese. Alpinista,<br />
parlamentare, mecenate, Soveria Mannelli 2005.<br />
(64) la prosa di Massimo D’azeglio aveva impressionato molto il giovane Sella,<br />
che in una lettera scritta il 7 maggio 1846 da torino al fratello giuseppe Venanzio<br />
(Epistolario, cit., vol. i, p. 36), a proposito del libro Degli ultimi casi di Romagna.<br />
Riflessioni, colpito dalla censura, scriveva: «se per caso si vendesse a Biella ti prego<br />
caldamente a mandarmelo almeno una copia, perché vorrei farlo leggere ai miei amici,<br />
giacché è libro importantissimo ed interessante a leggersi».<br />
(65) Sul linguaggio di cavour, D’azeglio, giolitti si vedano e. le S o, Momenti<br />
di storia del linguaggio politico, in Storia della lingua italiana, a cura di l. Serianni<br />
e p. trifone, ii, Scritto e parlato, torino 1994, pp. 723-736 e r. Gu a l d o, Il linguaggio<br />
politico, in Lingua e identità. Una storia sociale dell’italiano, nuova edizione, a<br />
cura di p. trifone, roma 2009, pp. 237-246.<br />
61
itaria lontana dagli eccessi del lessico religioso mazziniano e della<br />
retorica risorgimentale, le sue predilezioni sintattiche e lessicali<br />
rappresentano, nonostante le prese di distanza rispetto alla soluzione<br />
manzoniana, un buon esempio del progressivo avvicinamento<br />
della lingua scritta a quella parlata, e la miglior dimostrazione che<br />
la lingua italiana si avviava davvero a diventare nel futuro, secondo<br />
le convinzioni lungimiranti del presidente dell’accademia <strong>dei</strong><br />
lincei, «la lingua di tutti». (66)<br />
62<br />
va l e r i a de l l a va l l e<br />
(66) l’espressione «la lingua di tutti» è ripresa dalla lettera-prefazione di giorgini<br />
al Novo Vocabolario, cit., p. i.
nel Solco Della traDizione.<br />
Da FeDerico ceSi a Quintino Sella<br />
la breve esistenza della prima accademia <strong>dei</strong> lincei (1603-<br />
1630) (1) ebbe termine con la morte, prematura, del suo fondatore,<br />
Federico cesi, (2) ma ciò non impedì che l’ordo Lynceorum infondesse<br />
in varie opere, manoscritte e stampate, gli ideali contenuti<br />
nello statuto del sodalizio, il Lynceographum. (3) lo studio della sa-<br />
(1) per la storia della prima accademia <strong>dei</strong> lincei cfr. B. od e S C a l C h i, Memorie<br />
istorico critiche dell’<strong>Accademia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong>, roma 1806; d. Ca r u t t i, Breve storia<br />
della <strong>Accademia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong>, roma 1883; G. Ga B r i e l i, Contributi alla storia della <strong>Accademia</strong><br />
<strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong>, i-ii, roma 1989 (i due volumi raccolgono gli scritti che gabrieli,<br />
bibliotecario dell’accademia dal 1903 al 1942, dedicò allo studio <strong>dei</strong> primi lincei), Il<br />
carteggio linceo, a cura di g. gabrieli, roma, accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei, 1996<br />
(il volume ristampa gli scritti pubblicati, tra il 1938 e il 1942, nelle «Memorie della<br />
classe di Scienze morali, storiche e filologiche»), i. Ba l d r i G a, L’occhio della lince.<br />
I primi <strong>Lincei</strong> tra arte, scienza e collezionismo (1603-1630), roma 2002; d. Fr e e d-<br />
B e r G, L’occhio della lince. Galileo, i suoi amici e gli inizi della moderna storia naturale,<br />
traduzione e cura di l. guerrini, Bologna 2007.<br />
(2) il sodalizio non fu in grado di sopravvivere a cesi per una serie di ragioni: in<br />
primo luogo esso perdette progressivamente il necessario appoggio curiale e il cardinale<br />
Francesco Barberini, nipote del pontefice urbano Viii, non succedette a cesi nel<br />
ruolo di Lynceorum Princeps. poco tempo dopo, inoltre, veniva condannato il più illustre<br />
sodale, galileo galilei. a ciò si aggiungano, infine, le sempre più gravi difficoltà<br />
finanziarie, dovute all’immediata decisione di isabella Salviati (consorte di cesi) di<br />
alienare le collezioni librarie e museali dell’accademia per provvedere le figlie di beni<br />
dotali. la vendita era stata propiziata dall’assenza di un testamento. Si veda a riguardo<br />
la lettera che il linceo Francesco Stelluti invia a galilei per comunicargli la «perdita<br />
fatta del nostro Sig.r principe […]; più mi duole che non ha disposto delle cose<br />
dell’accademia, alla quale voleva lasciare tutta la sua libraria, museo, manoscritti et<br />
altre belle cose, le quali non so in che mani capiteranno. era il povero Signore tanto<br />
afflitto del male c’haveva, del quale non sperava liberarsene, che non sentiva più gusto<br />
di cosa alcuna, né è stato possibile di persuaderlo a fare testamento». cfr. Il carteggio,<br />
cit., n. 1011, p. 1217.<br />
(3) il testo, alla cui stesura cesi e alcuni sodali attesero dal 1603, rimase mano-<br />
63
pientia presupponeva l’attenta osservazione <strong>dei</strong> fenomeni naturali,<br />
della terra e del cielo, puntualmente accompagnata dall’illustrazione,<br />
che si considerava necessario corredo iconografico di ogni testo<br />
scientifico. all’observare <strong>dei</strong> sodali dovevano seguire lo scribere,<br />
l’imprimere e l’edere, come stabiliscono le Praescriptiones<br />
Lynceae, stampate nel 1624 a cura del cancelliere dell’accademia<br />
Joannes Faber: In Sapientiae autem pio semper et in Dei Optimi<br />
Maximi laudes studio, observationi primum et contemplationi, post<br />
scriptioni ac inde tandem editioni incumbendum. (4)<br />
Sin dal 1605 il linceo olandese Joannes van heeck, con il trattato<br />
De nova stella, (5) inaugurò la felice stagione <strong>dei</strong> libri impressi<br />
scritto per quasi quattrocento anni. l’edizione critica del volume, resa possibile grazie<br />
alla trascrizione di ada alessandrini e armando petrucci, fu stampata nel 2001 e<br />
inaugurò la nutrita serie delle pubblicazioni edite nell’ambito delle celebrazioni per<br />
il quarto centenario della fondazione dell’accademia <strong>dei</strong> lincei. cfr. Lynceographum<br />
quo norma studiosae vitae Lynceorum philosophorum exponitur, a cura di a. nicolò<br />
ricci, roma 2001. il testo statutario è all’interno del manoscritto miscellaneo archivio<br />
linceo iV conservato presso la Biblioteca dell’accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei<br />
e corsiniana. cfr. i. Ba l d r i G a, Lynceographum quo norma studiosae vitae Lynceorum<br />
philosophorum exponitur, in Il trionfo sul tempo. Manoscritti illustrati dell’<strong>Accademia</strong><br />
<strong>Nazionale</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong>, a cura di a. ca<strong>dei</strong>, Modena 2002, pp. 71-73 (catalogo<br />
della mostra omonima, tenutasi a roma, presso palazzo Fontana di trevi, dal 27 novembre<br />
2002 al 26 gennaio 2003) e m. Gu a r d o, La sapientia e il suo specchio nella<br />
libraria di Federico Cesi: nota su una particula del lynceographum, in Le mille<br />
e una cultura. Scrittura e libri fra Oriente e Occidente, a cura di M. c. Misiti, Bari<br />
2007, pp. 25-39.<br />
(4) cfr. J. Fa B e r, Praescriptiones Lynceae Academiae, terni 1624. il volume fu<br />
ristampato a roma nel 1745. Quest’ultima edizione fu riprodotta in anastatica in Celebrazioni<br />
per il IV centenario della fondazione dell’<strong>Accademia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong>, a cura di<br />
V. pirro, arrone (tr) 2003, pp. 21-32. per la citazione cfr. p. 22.<br />
(5) cfr. G. Fi n o C C h i a r o, Intorno a due libri ‘<strong>Lincei</strong>’: il ‘De nova stella’ di Ioannes<br />
Heckius emendato dall’autore e il ‘compendium’ di Cristophorus Clavius già<br />
della Biblioteca cesiana, «rendiconti dell’accademia <strong>dei</strong> lincei. classe di Scienze<br />
morali, storiche e filologiche», XiV (2003), pp. 89-97 e m. Gu a r d o, caelestia e naturalia<br />
nel segno della lince, in Favelleran di te sempre le stelle. Galileo, i primi <strong>Lincei</strong><br />
e l’astronomia, a cura di e. antetomaso, a. romanello, a. trentini, roma, accademia<br />
nazionale <strong>dei</strong> lincei, 2012, pp. 13-20, in particolare p. 16: «il volume trae<br />
origine dalla nova che nel 1604 attraversa il cielo nella costellazione del Sagittario,<br />
causando accesi dibattiti e sollecitando la pubblicazione di molteplici libelli. il sodale<br />
d’oltralpe aveva osservato e descritto il fenomeno sotto il cielo di praga […]». Molto<br />
opportunamente S. ri C C i, Federico Cesi e la nova del 1604. La teoria della fluidità<br />
del cielo e un opuscolo dimenticato di Joannes van Heeck, «atti dell’accademia<br />
64
nel segno della lince, che darà i suoi frutti più maturi dopo l’ascrizione<br />
del sodale forse più illustre, galileo galilei. nel 1613 seguirono<br />
le Macchie solari e, dieci anni più tardi, Il saggiatore,<br />
volume, quest’ultimo, studiatamente dedicato al pontefice urbano<br />
Viii. (6) uomo di scienza e di lettere, ma anche abile diplomatico<br />
ed esperto di strategia editoriale, il Lynceorum Princeps comprese<br />
che il giubileo urbaniano del 1625 avrebbe potuto costituire<br />
una grande occasione per il proprio sodalizio, alla costante ricerca<br />
di appoggi e di patroni. ne sortì un trattato entomologico dello<br />
stesso cesi, l’Apiarium: (7) nello scritto, in folio magno espanso,<br />
per citare l’espressione di leone allacci, (8) l’ape trascendeva<br />
l’emblema araldico del potentato barberiniano per divenire simbolo<br />
di collaborazione tra gli studiosi e, nel contempo, di una nuova<br />
scienza, fortificata da strumenti nuovi e straordinari, quali il telescopio<br />
e il microscopio. (9)<br />
nel 1630 il Persio tradotto in verso sciolto del linceo Francesco<br />
Stelluti concludeva l’attività editoriale accademica; il cosiddetto<br />
Tesoro messicano, monumentale volume sui naturalia messicani,<br />
impreziosito da circa ottocento immagini xilografiche, sarebbe<br />
nazionale <strong>dei</strong> lincei. rendiconti della classe di Scienze morali, storiche e filologiche»,<br />
s. Viii, Xliii (1988), pp. 111-133, p. 115, rileva che i lincei «uscirono per la<br />
prima volta allo scoperto con una pubblicazione che affrontava uno scottante problema<br />
di astronomia e di cosmologia, scienze che non entrarono, quindi, nell’accademia,<br />
solo nel 1611, con galileo».<br />
(6) la lettera dedicatoria, redatta dal linceo Virginio cesarini, contiene nella chiusa<br />
la supplica <strong>dei</strong> sodali al neoletto pontefice: «[…] la supplichiamo a mantener favoriti<br />
i nostri studi co’ cortesi raggi e vigoroso calore della sua benignissima protezzione».<br />
cfr. Il carteggio, cit., n. 690, p. 822.<br />
(7) F. Ce S i, apiarium. Testo e traduzione, i, a cura di l. guerrini, traduzione di<br />
M. guardo, roma, accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei, 2005. Sul sito dell’accademia<br />
nazionale <strong>dei</strong> lincei (www.lincei.it) è disponibile l’edizione digitale del documento,<br />
promossa nel 2005 dalla suddetta accademia in collaborazione con l’istituto e Museo<br />
di Storia della Scienza di Firenze (oggi Museo galileo). cfr. anche G. Fi n o C C h i a r o,<br />
Dall’apiarium alla ΜΕΛΙΣΣΟΓΡΑΦΙΑ. Una vicenda editoriale tra propaganda scientifica<br />
e strategia culturale, «atti dell’accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei. rendiconti della<br />
classe di Scienze morali, storiche e filologiche», s. iX, XV (2004), pp. 767-779.<br />
(8) l. al l a C C i, Apes urbanae, roma 1633, p. 90.<br />
(9) cfr. m. Gu a r d o, L’Ape e le Api: il paratesto linceo e l’omaggio ai Barberini,<br />
«paratesto», 1 (2004), pp. 121-136.<br />
65
stato pubblicato nella sua interezza solo nel 1651, (10) oltre vent’anni<br />
dopo la morte di cesi, e dedicato al monarca spagnolo Filippo<br />
iV.<br />
Frammentari ed episodici i tentativi di fare risorgere l’accademia,<br />
a cominciare da quello del medico riminese giovanni Bianchi,<br />
il quale nel XViii secolo fu per brevissimo torno di tempo Lynceorum<br />
restitutor. (11) Miglior fortuna non arrise a coloro che nei primi<br />
anni del secolo successivo tentarono di consolidarne le sorti. (12)<br />
occorrerà attendere l’unità d’italia e la breccia di porta pia, quando<br />
avrà assunto la presidenza Quintino Sella, (13) lo statista piemontese<br />
che nell’arco di un decennio (1874-1884) darà all’accademia<br />
<strong>dei</strong> lincei la riforma che ancora oggi ne costituisce la base. (14)<br />
Fin dal discorso pronunciato durante il banchetto offerto il 22<br />
marzo 1874 alla presenza del presidente del consiglio Marco Min-<br />
(10) i naturalia riguardano la botanica, la zoologia e la mineralogia del nuovo<br />
Mondo. la silloge naturalistica prende le mosse dalle ampie relationes manoscritte<br />
di Francisco hernández, protomedico di Filippo ii, il cui testo fu compendiato dal<br />
successore del medico spagnolo, nardo antonio recchi di Montecorvino (presso Salerno).<br />
il manoscritto del compendio, ereditato dal nipote di recchi, il giurista-bibliofilo<br />
Marco antonio petilio, fu acquisito da cesi nel 1610 circa. nel 1992 l’accademia<br />
nazionale <strong>dei</strong> lincei ha riprodotto (per i tipi dell’istituto poligrafico e zecca<br />
dello Stato) l’esemplare del Tesoro messicano conservato presso la propria Biblioteca<br />
con segnatura archivio linceo 31 (si tratta dello stampato appartenuto a cesi, il<br />
quale vergò diverse carte del libro con postille di argomento botanico); la riproduzione<br />
ha visto la curatela del linceo g. B. Marini Bettòlo, autore del commentario (Una<br />
guida alla lettura del tesoro messicano). cfr. anche El Tesoro mexicano. La <strong>Accademia</strong><br />
<strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong> y las maravillas del Nuevo Mundo. catálogo de la exposición a cargo<br />
de e. antetomaso, a. romanello y a. trentini, coordinación científica de M. guardo,<br />
roma 2010 (cfr. in particolare la bibliografia alle pp. 91-94) e Il Tesoro messicano.<br />
Libri e saperi tra Europa e Nuovo Mondo, a cura di M. e. cadeddu e M. guardo,<br />
in corso di stampa (atti del convegno tenutosi a roma presso l’accademia nazionale<br />
<strong>dei</strong> lincei, 30-31 maggio 2011).<br />
(11) cfr. a. Fa B i, Bianchi, Giovanni, in Dizionario Biografico degli Italiani,<br />
roma, 10, 1968, pp. 104-112.<br />
(12) d. Ca r u t t i, Breve storia, cit., pp. 104-132.<br />
(13) cfr. I <strong>Lincei</strong> nell’Italia unita. Mostra storico-documentaria sotto l’alto patronato<br />
del presidente della repubblica (roma, 22 novembre 2003-10 gennaio 2004),<br />
a cura di g. paoloni e r. Simili, roma 2004, pp. 13-24.<br />
(14) cfr. t. Gr e G o ry, Quintino Sella, Roma, l’<strong>Accademia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong>, saggio contenuto<br />
nel presente catalogo.<br />
66
ghetti e di altri esponenti del governo e del parlamento, (15) Sella,<br />
come rileva tullio gregory, «delineava con estrema chiarezza la<br />
sua idea <strong>dei</strong> lincei, della loro missione nella nuova italia», ponendosi<br />
in una linea di continuità con il fondatore del sodalizio. (16)<br />
con altrettanta «estrema chiarezza» cesi, nel corso di un celebre<br />
banchetto romano tenutosi sul colle del gianicolo il 14 aprile del<br />
1611 (la «filosofica ragunata, che fu fatta nel Janicolo, che durò<br />
dalle 20 hore sino alla mezza notte, tutta consumata in dispute e<br />
colloquii dottissimi […] col principe cesi»), (17) aveva delineato assai<br />
efficacemente la sua idea dell’accademia. Quella sera galilei,<br />
al cospetto di scienziati, di alti prelati e di un ristretto novero di<br />
sodali, aveva dimostrato le straordinarie potenzialità del telescopio,<br />
consentendo al Lynceorum Princeps di spiegare nel modo più<br />
immediato il senso della missione lincea, legata alla «lettione del<br />
libro dell’universo» e ai saperi della nuova scienza. (18) Due settimane<br />
più tardi galilei era linceo.<br />
nella sua prolusione Sella sostiene in primo luogo che «in questi<br />
anni la face del sapere italiano non brillò di tutta la luce che si<br />
vorrebbe» a causa di «taluni fatti transitorii», quali l’«educazione<br />
sotto gli antichi reggimenti; le necessità o le utilità della patria, le<br />
quali distolsero troppi sapienti dagli studi», e conclude che «la libertà<br />
e la sicurezza della patria sono le prime condizioni per l’incremento<br />
della scienza». cinque anni dopo egli insisterà ancora<br />
(15) cfr. «atti della reale accademia <strong>dei</strong> lincei», s. ii, vol. ii (1874-1875),<br />
pp. X v i i-X X i i.<br />
(16) cfr. Gr e G o ry, Quintino Sella, cit.<br />
(17) cfr. Biblioteca dell’accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei e corsiniana, archivio<br />
linceo iV, c. 347v. la fonte è attestata nel fascicolo che riguarda la biografia del linceo<br />
antonio persio. cfr. G. Ga B r i e l i, Notizia della vita e degli scritti di Antonio Persio<br />
Linceo, in id., Contributi, cit., i, pp. 865-887, p. 877. una lettera del linceo d’oltralpe<br />
Marco Welser a paolo gualdo informa che nel corso del banchetto galilei mostrò<br />
ai convitati, «diversi theologi, filosofi, matematici ed altri […] quei compagni di giove,<br />
con parecchie altre meraviglie celesti» e «fece vedere col suo stromento la loggia<br />
della Beneditione di S. giovanni in laterano, con le lettere dell’inscrittione di Sisto<br />
V, espressissimamente […]». cfr. Il carteggio, cit., n. 61, p. 157.<br />
(18) cfr. m. Gu a r d o, Galilei e il Tesoro messicano, «l’ellisse», Vi (2011), in<br />
corso di stampa.<br />
67
una volta sugli studi talora impediti dalle «necessità della patria»,<br />
pur senza delineare una figura di scienziato avulso dalla politica:<br />
la generazione nostra e quella che ci precedette, furono molto distratte da<br />
un grande compito, quello di fare l’italia. ora che l’italia è fatta, possono<br />
i fortissimi ingegni rivolgersi agli studi. non è che io consigli ai cultori<br />
del sapere l’abbandono della cosa pubblica: ciò sarebbe la decadenza<br />
della nazione: anzi quanto più cresce la civiltà <strong>dei</strong> popoli, di tanto, e<br />
così fattamente si aumentano i compiti e le difficoltà del governo, infatti<br />
ovunque oggidì si lamenta la insufficienza <strong>dei</strong> governanti. Ma quando<br />
un giovane senta spirare nell’animo suo il fuoco sacro della indagine<br />
dell’ignoto […] aggredisca impavido le altezze della scienza.<br />
il presidente, inoltre, non mancava di rammentare ai «giovani»<br />
l’antitesi tra la vanitas dell’attività politica e la fama eterna del<br />
grande scienziato:<br />
[…] ricordino i giovani, che la gloria di chi fa salde scoperte scientifiche<br />
non è piccola presso i contemporanei, e dura nel tempo, giacché la scienza<br />
non è ingrata, ed ha altari eterni per i suoi benemeriti; mentre il chiasso<br />
fatto per esempio attorno ad un ministro, salvo pochissime straordinarie<br />
eccezioni, è labile come l’onda prodotta dal tonfo di una pietra. (19)<br />
cesi, a sua volta, nel suo discorso istituzionale e programmatico<br />
Del natural desiderio di sapere, aveva esordito affermando che<br />
l’«ordinarie brighe e faccende» e i «molti negotii» contribuiscono<br />
a spegnere il «nativo desiderio» di sapere e per tale ragione intendeva<br />
che la sua accademia fosse «provista di quanto e per il vitto<br />
e per la professione l’è necessario, scarica et esente d’ogni altra<br />
cura, ambitione o interesse». (20) anche il Lynceographum, d’altra<br />
(19) Q. Se l l a, Dell’<strong>Accademia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong>, Bologna 1879, pp. 19-20. lo scritto<br />
di Sella è ristampato integralmente nel presente catalogo.<br />
(20) F. Ce S i, Del natural desiderio di sapere et Instituzione de’ <strong>Lincei</strong> per adempimento<br />
di esso, in Galileo e gli scienziati del Seicento, ii. Scienziati del Seicento, a<br />
cura di M. l. altieri Biagi-B. Basile, Milano-napoli 1980, pp. 39-70, in particolare<br />
pp. 42 e 70. il discorso di cesi fu edito per la prima volta da G. Go v i, Intorno alla<br />
data di un discorso inedito pronunciato da Federico Cesi fondatore dell’<strong>Accademia</strong><br />
de’ <strong>Lincei</strong> e da esso intitolato: Del natural desiderio di sapere et instituzione de’ lincei<br />
per adempimento di esso, «atti della r. accademia de’ lincei. Memorie della clas-<br />
68
parte, sanciva nettamente la distanza <strong>dei</strong> lincei dalla sfera politica<br />
(Politicam numquam aut scriptis aut factis profiteantur), divieto<br />
ribadito nelle Praescriptiones Lynceae (Politicas controversias,<br />
immo rixas omnes et adversus alios verbosas contentiones praesertim<br />
spontaneas, et quae simultatem, odium et inimicitias movere<br />
posse videbuntur, alto silentio prateribunt […]). (21)<br />
cesi e Sella, successivamente, toccano l’argomento della religione:<br />
il Lynceographum, con abile prudenza tattica, esorta: Colatur<br />
Theologia in ecclesiasticis viris sacerdotibusque, a quibus<br />
necessaria ad salutem bonosque mores dogmata in nos emanare<br />
poterunt, non enim ad hanc divinam Scientiam Lynceos in Lyceis<br />
viventes incumbere opus erit, pur ammettendo che un sodale<br />
particolarmente versato nel campo teologico sarà degno di lode e<br />
di stima. (22) Sella, invece, con tono più assertivo sostiene che «le<br />
religioni certo non entrano nel programma delle accademie», ma<br />
per specificare subito dopo che «ove le discussioni filosofiche si<br />
estendessero a quistioni di comune dominio […] niuna discussione<br />
sarebbe da un lato più libera, dall’altro più innocua di quelle<br />
delle accademie».<br />
Sia Sella sia il fondatore dell’accademia, inoltre, esaltano il<br />
ruolo dell’osservazione diretta sottesa all’indagine scientifica e al<br />
«vero»: il primo pone più volte l’accento sulle «innumerevoli osservazioni»,<br />
indirizzando lo studioso alla «coscienziosa osservazione<br />
e indagine di ciò che ancora non si conosce». «la lotta contro<br />
l’ignoto colle armi dell’osservazione e della deduzione sia scopo<br />
costante degli studiosi» (23) esorta il presidente, convinto che il «so-<br />
se di scienze morali, storiche e filologiche», s. iii, vol. V (1879-1880), pp. 244-261.<br />
Sella al momento del suo discorso del 1874 non conosceva il testo cesiano, conservato<br />
presso la Biblioteca nazionale di napoli (segnatura Xii e 4).<br />
(21) Lynceographum, cit., p. 69 e Fa B e r, Praescriptiones Lynceae, cit., p. 25.<br />
(22) Lynceographum, cit., pp. 68-69.<br />
(23) nella decorazione a tempera dell’attuale Sala di lettura della Biblioteca<br />
dell’accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei e corsiniana (un tempo Salone delle adunanze<br />
solenni), al primo piano di palazzo corsini, un cartiglio del soffitto reca un’iscrizione<br />
che cita parzialmente la frase di Sella («la lotta contro l’ignoto sia scopo costante<br />
degli studiosi»), indicandone l’autore sul margine inferiore. la suddetta decorazio-<br />
69
dalizio scientifico completo nella capitale del regno» deve «appassionare<br />
i cuori per il vero».<br />
in modo analogo cesi si soffermava sull’«acuta e profonda contemplatione»<br />
e sull’«essercitio universale di contemplatione e prattica»,<br />
così che i sodali potessero «appigliarsi al bramato vero». (24)<br />
un’eguale analogia si rileva non solo sotto il profilo concettuale,<br />
ma anche sotto quello terminologico: al «vero esercito di studiosi»,<br />
che secondo Sella ha il compito di attendere a un «paziente e<br />
scrupoloso lavoro», corrisponde nel discorso cesiano la metafora<br />
della «militia filosofica», (25) peraltro già apparsa in una celebre lettera<br />
scritta dal fondatore dell’accademia a galilei nel maggio del<br />
1612: «habbiamo bisogno di capitani e anco di soldati nella nostra<br />
filosofica militia, se ben molto meno de’ primi, poiché abbiamo gli<br />
ottimi, e pochi bastano a guidar grand’esercito». (26)<br />
anche Sella, sul solco di cesi, che alla fase dell’observatio faceva<br />
seguire quella dell’editio, nutre il fermo convincimento che le<br />
«pubblicazioni accademiche sono il vero archivio di codeste nuove<br />
coscienziose severe osservazioni». ancora: il presidente, giudicando<br />
l’«efficacia» dell’accademia dalla capacità di «illustrare<br />
con stampe gli oggetti che si descrivono», conferma la sua fedeltà<br />
a un dettato cesiano attestato sin dalle origini, allorché il fondatore<br />
dell’accademia sosteneva il binomio testo scritto-immagine sia nel<br />
carteggio («utilissimo sarà il disegnatore in rame per il nostro ordine,<br />
poiché nel stampar i componimenti delli lyn caei la maggior<br />
spesa sarebbe nelle figure, onde avanzeremo questo et potremo figurare<br />
ogni nostra osservazione et capriccio») sia nel Lynceographum,<br />
che afferma la necessità di un pictor ad naturalia observata<br />
effingenda et figuras delineandas ad impressiones all’interno<br />
dell’ordine linceo. (27)<br />
ne è opera del perugino Domenico Bruschi, firmata e datata 1885 (cfr. e. Bo r S e l l i n o,<br />
Palazzo Corsini, roma 2002, p. 89).<br />
(24) Ce S i, Del natural desiderio, cit., pp. 44, 54, 46.<br />
(25) Ivi, p. 53.<br />
(26) Il carteggio, cit., n. 352, p. 353.<br />
(27) Ivi, n. 34, pp. 67-68 e Lynceographum, cit., p. 91. a riguardo si veda altre-<br />
70
il presidente dell’accademia e il Lynceorum Princeps affrontano<br />
di seguito il tema delle università: cesi, con notevole sincerità<br />
di accenti, muovendo dalla necessità dell’osservazione diretta <strong>dei</strong><br />
naturalia, rivolgeva un atto di accusa alla «laurea». infatti essa:<br />
indifferentemente corona tutti quelli che finiscono il corso senza riguardo<br />
alcuno né dell’arrivare né del zoppicare o andar dritto […]. così il<br />
dottorato suole a molti troncar la via del sapere […] si serve all’autorità<br />
di questo e quello dell’antichi, si sostiene questa e quella setta. onde,<br />
mentre solo s’apprendono le cose filosofate d’altri e si godono i frutti<br />
dell’intelletti altrui, con la pigritia e sterilità de’ nostri propri, ben si riduciamo<br />
ad esser filodossi invece de filosofi.<br />
la causa di tutto ciò, secondo cesi, andava individuata nell’operato<br />
degli «aristotelici», i che impediscono «non solo la necessaria<br />
lettione del libro dell’universo, ma anco di qualsivoglia libro che<br />
non sia uscito dalla favorita setta e da’ cari maestri». (28)<br />
Sella, dal canto suo, ritiene che le accademie segnino una tappa<br />
precedente rispetto a quella delle università: le une, infatti, rappresentano<br />
lo stadio delle «prime osservazioni», mentre le altre<br />
quello delle «leggi»:<br />
in generale solo quando le novelle osservazioni si poterono collegare con<br />
una nuova legge o con una correzione alle antiche se ne può discorrere<br />
dalla cattedra. Solo quando si giunse a conclusioni generali le quali interessino<br />
quante occorrono ad un giornale, se ne può trattare nei periodici<br />
ordinari. ora la registrazione delle prime osservazioni importa che<br />
sia fatta indipendentemente dall’interesse che possa eccitare nell’uditorio<br />
scolastico o nei lettori del diario. giova grandemente alla severa veri-<br />
sì il seguente invito che lo statuto rivolge ai sodali (p. 71): Quia vero fugax occasio<br />
est, stilo et pugillaribus numquam careant ut scripto arripere omnia servareque possint<br />
quae ad quascumque Scientias et Lyncea studia ac officia pertinentia viderint observaverintque<br />
[…].<br />
(28) Ce S i, Del natural desiderio di sapere, cit., p. 47. cfr. anche e. ve S e n t in<br />
i, Federico Cesi, Quintino Sella, Vito Volterra. Il ruolo delle Accademie nella storia<br />
d’Italia, in corso di stampa (il contributo sarà pubblicato negli atti del convegno<br />
«le accademie nazionali e la Storia d’italia», napoli, accademia pontaniana, 9-10<br />
dicembre 2011). il video della conferenza di Vesentini è disponibili in rete (www.lincei.it,<br />
sezione focus).<br />
71
tà delle osservazioni il non essere quasi astretti a trarne conclusioni premature,<br />
onde aver mezzo di farle conoscere.<br />
cantiere di «osservazioni», dunque, l’accademia, «bello e duraturo<br />
edificio» l’università. Secondo Sella nella prima opera il «cultore<br />
serio delle scienze», il quale «deve sapersi rassegnare alla parte<br />
dell’operaio e preparare i materiali, i mattoni», nella seconda<br />
«esso stesso o altro più felice architetto» potrà elevare il palazzo<br />
dell’università: il presidente è infatti consapevole che «i momenti<br />
felici in cui le leggi si scoprono non sono molti» e che «l’indispensabile<br />
lavoro quotidiano è più arduo».<br />
Fissati compiti e funzioni dell’accademia in un ambito non più<br />
romano, ma nazionale, Sella concepisce un programma di espansione<br />
universalistica, guardando con favore al moltiplicarsi degli<br />
istituti scientifici d’oltreoceano:<br />
importanti accademie hanno […] gl’inglesi nell’india, nell’australia,<br />
senza parlare degli Stati-uniti, ove, tutto essendo gigantesco, vi sono<br />
accademie scientifiche ed annessi osservatorii, Musei […] in scala letteralmente<br />
colossale. egli è che questi popoli energici hanno molto bene<br />
inteso quale indescrivibile utilità si ritragga per il progresso intellettuale<br />
e materiale della nazione, eccitando nell’individuo lo spirito di osservazione<br />
e di indagine.<br />
più di tre secoli prima lo statuto della prima accademia esortava i<br />
sodali a diffondere i «licei» oltre l’urbe, nell’ottica di un medesimo<br />
spirito di osservazione e di indagine (Construamus […] Lycea<br />
(ita Lynceorum domos appellantes) in maioribus Mundi civitatibus,<br />
in quibus plurimi maneant ac conveniant studiosi doctique; plura<br />
praebeantur physicis speculationibus apta; plurima innotescant ad<br />
scientias attinentia; propinqua multa et adiacentia observari queant)<br />
che coinvolgesse, oltre roma Roma igitur olim Orbis domina<br />
Lyceum habeat, quod medium obtineat Italiae) città italiane e<br />
straniere come napoli (In Neapolitana <strong>dei</strong>nde urbe Lyceum orientalem<br />
Itliae partem habeat, quae studiorum commoditatibus optimis<br />
praedita est et antiquo ac recenti philosophiae splendore illustris),<br />
padova, Vienna, colonia, parigi, ma anche l’asia, l’africa<br />
72
e le indie ([…] poterunt et alia plura studiis et Naturae inspectionibus<br />
deligi loca in ipsa etiam Asia, Aphrica Indiisque pro ut res<br />
et occasio tuberi […]). (29)<br />
Muovendo dal programma universalistico, sia Sella sia cesi ritengono<br />
che l’«esercito di studiosi» e la «filosofica militia» debbano<br />
annoverare i cultori delle humanae litterae. a proposito del<br />
presidente ottocentesco, che nel 1875 riforma lo statuto accademico,<br />
istituendo la classe di Scienze morali, storiche e filologiche, (30)<br />
gregory sottolinea «l’ampia concezione […] del sapere scientifico,<br />
inteso anzitutto come metodo unificante le varie discipline, metodo<br />
d’osservazione e di induzione, rifiutando quindi ogni contrapposizione<br />
fra scienze della natura e scienze dello spirito». (31) Sella,<br />
infatti, nel discorso del 1874 pone una serie di domande, frutto<br />
del pensiero positivistico:<br />
può l’accademia delle scienze di roma, della capitale del regno, essere<br />
circoscritta alle scienze fisiche, matematiche e naturali? […] ammessa<br />
la utilità delle accademie per le scienze naturali, non puossi dubitare<br />
dell’opportunità delle accademie di scienze morali e politiche? Forse<br />
il dubbio reggerebbe presso chi non credesse che il metodo seguito anche<br />
in queste scienze non si andasse ognor più accostando a quel metodo<br />
d’osservazione e di induzione che fece la fortuna delle scienze naturali.<br />
Quante scienze morali e politiche non procedono oggi come le naturali?<br />
Quanta analogia nel modo d’indagine fra i geologi e gli archeologi,<br />
fra i filologi ed i botanici o zoologi? […] Quante scienze <strong>dei</strong> due campi<br />
che sembravano separate da abissi, ed ora col progredire delle osser-<br />
(29) Lynceographum, cit., pp. 86-87. cesi riuscì a istituire solo il liceo di napoli:<br />
cfr. G. Ga B r i e l i, Il «Liceo» di Napoli. <strong>Lincei</strong> e linceabili napoletani. Amici e corrispondenti<br />
della vecchia <strong>Accademia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong> nel Mezzogiorno d’Italia, in Contributi,<br />
cit., ii, pp. 1497-1548.<br />
(30) cfr. Ca r u t t i, Breve storia, cit., pp. 139 ss. e 237 ss.<br />
(31) Gr e G o ry, Quintino Sella, cit. Spia degli interessi umanistici di Sella è la<br />
sua curatela dell’edizione del Codex Astensis qui de Malabayla communiter nuncupatur,<br />
«atti della r. accademia <strong>dei</strong> lincei. transunti», s. ii, 1880-1887, iniziata durante<br />
la sua presidenza. cfr. Ca r u t t i, Breve storia cit., pp. 143-144: «S. M. l’imperatore<br />
d’austria-ungheria avendo con regia munificenza fatto dono all’on. Sella, andato a<br />
Vienna in missione diplomatica, dell’antico codice astense Malabayla, il nostro presidente<br />
[…] presentò il prezioso manoscritto all’accademia, e questa ne deliberò la<br />
stampa a benefizio degli studi storici».<br />
73
vazioni si congiungono con saldi anelli! chi avrebbe detto pochi anni fa<br />
che gli archeologi, i geologi e i paleontologi avrebbero trovato un campo<br />
comune nei trogloditi?<br />
egualmente nella prima accademia si esortavano alcuni «soldati»<br />
del drappello linceo a dedicarsi agli studi filologici e antiquari:<br />
Philologiam <strong>dei</strong>nde nullo pacto spernant, sed ex ea et antiquitatum<br />
eruditionibus se exornari sibi persuadeant, ammonisce infatti<br />
una particula del Lynceographum. anche la lettera cesiana a galilei<br />
sopra menzionata non esclude lo studio della filologia in seno<br />
al sodalizio, «dove molti saranno dediti alle profonde speculazioni<br />
fisiche e matematiche, nostre più proprie, ve ne starà molto bene<br />
e utilmente alcun filologo, non però puro»; qualche anno dopo, il<br />
discorso Del natural desiderio di sapere insiste in più punti sulle<br />
«filologiche e poetiche erudizioni», «sul buono et utile della filologia»<br />
e sull’«ornamento della filologia»; infine, anche le Praescriptiones<br />
Lynceae invitano i sodali a congiungere la conoscenza delle<br />
discipline naturali e matematiche con quelle umanistiche: […]<br />
disciplinis naturalibus praesertim ac mathematicis se dedant […]<br />
non neglectis interim amoeniorum Musarum et Philologiae ornamentis,<br />
usque ad instar elegantissimae vestis reliquum totum scientiarum<br />
corpus condecorent […]. (32) Di conseguenza il Lynceorum<br />
Princeps ammetteva lo studio della poesia, che sosteneva sin dal<br />
1604, un anno dopo la fondazione dell’accademia, scrivendo a<br />
Stelluti: «lodo anco grandemente lo studio della poesia, quale essendo<br />
per se stessa vagabonda, sarà necessario che il suo Saturno<br />
l’ingravischa, che non più un verso in qua et uno in là (come è solito<br />
delli altri poeti), ma si bene qualche operetta eseguita di materie<br />
lincee o pur di successi lincei ordisca». (33)<br />
(32) Lynceographum, cit., p. 69, Il carteggio, cit., n. 238, p. 353, e Ce S i, Del natural<br />
desiderio, cit., pp. 49, 53, 70, Fa B e r, Praescriptiones, cit., pp. 21-22.<br />
(33) Il carteggio, cit., n. 15, pp. 39-40. l’ideale di gravitas stilistica nella poesia<br />
di stampo didascalico-scientifico spiega la presenza del poema lucreziano nella biblioteca<br />
di cesi: cfr. m. t. Bi a G e t t i, La biblioteca di Federico Cesi, roma 2008, p. 249.<br />
a riguardo rileviamo, infine, le poco benevole osservazioni di cesi su omero, poeta<br />
«lodatissimo», ma nel quale a suo giudizio «non vi si scorge né bella tessitura, né de-<br />
74
la prima accademia metteva dunque in campo un poeta che<br />
versificasse in modo scientifico e didascalico, mentre la res antiquaria<br />
lincea sottendeva l’osservazione del reperto archeologico,<br />
diretta o filtrata attraverso le fonti letterarie. non stupisce, allora,<br />
l’ascrizione di Josse de ricke (iustus riquius), il filologo «non<br />
però puro» del sodalizio cesiano, giunto a roma sul volgere del<br />
1624. proprio quest’ultimo celebra l’ape barberiniana nelle Apes<br />
Dianiae, un’elegia che accoppia novità filologiche e numismatiche<br />
(il titolo del carme è infatti De apibus Dianiis in veterum monimentis<br />
noviter observatis), corregge e lima l’incerta prosa latina<br />
<strong>dei</strong> sodali (34) e, infine, ha il compito di stendere con elegantiae Latinae<br />
le biografie degli accademici defunti, consuetudine, quest’ultima,<br />
ripresa dall’accademia nel XiX secolo. (35)<br />
Stabilito il programma universalistico e compiuta la riforma<br />
del 1875, rileva gregory, «furono eletti soci lincei studiosi fra i<br />
più significativi della cultura italiana ed europea, con un cospicuo<br />
numero di stranieri che costituivano per Sella la nota essenziale<br />
del carattere cosmopolita del sodalizio accademico e della nuova<br />
roma»: tra essi citiamo almeno charles Darwin, Fernand gregorovius,<br />
theodor Mommsen ed herbert Spencer. non diversamente,<br />
anche cesi aveva ascritto all’ordo Lynceorum scienziati d’oltralpe,<br />
coro, né ornamenti, né molta varietà, ma solo come primo, come pieno d’inventioni,<br />
come ricco di materie e fecondo di lingua, viene celebrato». a questo proposito gabrieli<br />
chiosa: «Questo giudizio su omero non ispira lusinghiera impressione sul gusto,<br />
o cultura poetica del giudicante; che del resto non nascondeva la sua scarsa sensibilità<br />
o coltura poetica». cfr. Il carteggio, cit., n. 760, p. 896.<br />
(34) Faber, che aveva propiziato il soggiorno romano di riquius, a servizio del<br />
Lynceorum Princeps, scriveva a quest’ultimo che il poeta doctus belga non avrebbe<br />
avuto rivali nel «mettere in essere tutte le compositioni lyncee et abbellirle». lo<br />
stesso Faber riteneva che i propri scritti avessero bisogno di una «strupicciata bona»,<br />
in particolare per ciò che concerneva «le molte parole greche et altre d’eruditione,<br />
che ricevono qualche lima o spongia» cfr. il carteggio, cit., n. 808, p. 976, n. 858, p.<br />
1055, n. 886, p. 1084.<br />
(35) cfr. a. Ga llo tti n i - m. Gu a r d o, Le apes Dianiae di Iustus Riquius. Poesia e<br />
antiquaria nella prima <strong>Accademia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong>, «l’ellisse», iii (2008), pp. 51-83. cfr. anche<br />
GiuSePPe Ga B r i e l i, Giusto Ricchio Belga: i suoi scritti editi ed inediti, in id., Contributi<br />
cit., ii, pp. 1133-1164 e id., Ancora di Josse Rycke (Giusto Ricchio) panegirista<br />
o encomiatore ufficiale <strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong> defunti nella prima <strong>Accademia</strong>, Ivi, ii, pp. 1165-1175.<br />
75
quali, ad esempio, Joannes van heeck, uno <strong>dei</strong> fondatori della prima<br />
accademia, Joannes Faber e Joannes Schreeck, il terrentius, al<br />
quale dobbiamo il primo lavoro linceo sul Tesoro messicano. (36)<br />
un ultimo aspetto, infine, accomuna i due protagonisti della<br />
fondazione e della rinascita dell’accademia: l’attenzione nei<br />
confronti della biblioteca, pur se nel pensiero cesiano essa assolve<br />
a un ruolo meramente strumentale rispetto agli studi dell’ordine<br />
linceo: l’ideale del publicum commodum ne è infatti escluso, e<br />
ciò contribuisce a spiegare la dispersione del corpus librario della<br />
prima accademia alla morte del suo istitutore. (37) Diversi passi<br />
del Lynceographum si soffermano sulla biblioteca e sul ruolo del<br />
bibliotecario, (38) in primo luogo Lynceorum studio rum ac laborum<br />
[…] adiutor ac praeses. egli, infatti, oltre a curare la stesura del<br />
duplice indice, per autori e per materie, offre il proprio aiuto ai sodali,<br />
giovando loro consilio et monitis che in senso lato attengano<br />
alla scribendi methodus. il bibliotecario è altresì censor librorum,<br />
giacché ha il compito di studiare se l’aspetto contenutistico delle<br />
pubblicazioni risponda al dettato dello statuto linceo, ed è infine<br />
esperto nell’arte tipografica.<br />
D’altra parte il discorso Del natural desiderio di sapere menziona<br />
entusiasticamente le «biblioteche che ci danno tutti i libri letti<br />
e giudicati, o li vogliamo per ordine dell’autori, o delle materie»,<br />
annoverando i molteplici e importanti strumenti bibliografici («le<br />
belle e buone comodità del XVii secolo») <strong>dei</strong> quali si può disporre<br />
e privilegiando l’impiego della tavola sinottica in virtù della sua<br />
evidentia piegata ai fini della persuasione scientifica:<br />
ci sono gl’indici e repertori copiosissimi, dittionari, lessici di tutte le<br />
professioni, sono digesti li migliori scrittori in luoghi comuni. Vi sono<br />
le raccolte di fiori, di sentenze, d’attioni, e theatri e poliantee e giardini<br />
(36) cfr. Ga B r i e l i, Contributi, cit., ii, cap. iV, interamente dedicato alle figure e<br />
agli scritti <strong>dei</strong> lincei stranieri.<br />
(37) cfr. Bi a G e t t i, La biblioteca di Federico Cesi, cit.<br />
(38) Lynceographum, cit., pp. 125-130 e pp. 158-160. cfr. m. Gu a r d o, Il «ristretto»<br />
delle Costituzioni lincee del 1612: fonti, stile e funzioni, «Studia Borromaica»,<br />
19 (2005), pp. 491-517, pp. 501-505.<br />
76
et officine varie […]; vi è il metodo e l’arte stessa sinoptica che, con i<br />
suoi tipi, ci rappresenta insieme e le materie tutte e le loro dipendenze,<br />
congiontioni, divisioni, et unioni et condizioni tutte […]. (39)<br />
a sua volta Sella, pur ritenendo «anche troppo gloriosa» la sede<br />
dell’accademia in campidoglio, rileva l’esigenza di un nuovo palazzo<br />
per più ragioni, una delle quali è il recente accumulo del patrimonio<br />
librario. Sella, infatti, muove «vive e ripetute istanze, acciò<br />
anche roma abbia il suo palazzo dell’accademia delle scienze<br />
come lo hanno le metropoli delle nazioni civili», in ansia per «il<br />
doviziosissimo materiale scientifico che rapidamente si accumula<br />
nella nostra biblioteca, e che non può utilizzarsi se acconciamente<br />
non si dispone». (40) con l’acquisto, nel 1883, di palazzo corsini<br />
alla lungara, (41) destinato a ospitare l’accademia <strong>dei</strong> lincei, ad<br />
essa giungeva per donazione la biblioteca corsiniana: la preziosa<br />
«libraria», che trae la sua denominazione dalla famiglia toscana <strong>dei</strong><br />
corsini, era stata aperta al pubblico il 1 maggio 1754 dal cardinale<br />
neri corsini junior, nipote del pontefice clemente Xii (1730-<br />
1740). la raccolta libraria, ricca di manoscritti (molti <strong>dei</strong> quali miniati),<br />
incunaboli, cinquecentine, disegni e stampe, sin dal XViii<br />
secolo aveva costituito, assieme alla quadreria, uno <strong>dei</strong> vanti della<br />
«regione transtiberina» e aveva ricevuto illustri visitatori: per citare<br />
un solo esempio, Benedetto XiV, papa bibliofilo per eccellenza,<br />
successore di clemente Xii, che vi si recò tre volte. (42)<br />
Sella, spentosi in quell’anno, non avrebbe assistito all’inaugurazione<br />
della nuova sede, avvenuta il giorno 11 giugno 1885 alla<br />
presenza di re umberto i e della regina Margherita. (43)<br />
(39) Ce S i, Del natural desiderio di sapere, cit., p. 48.<br />
(40) Se l l a, Dell’<strong>Accademia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong>, cit., p. 9.<br />
(41) cfr. e. Bo r S e l l i n o, Palazzo Corsini alla Lungara. Storia di un cantiere,<br />
Fasano (Br) 1988.<br />
(42) cfr. m. Gu a r d o, La «sceltissima biblioteca» e il «grandioso palazzo»: libri<br />
e luoghi della Biblioteca corsiniana, in La collezione del Principe da Leonardo a<br />
Goya. Disegni e stampe della raccolta Corsini, a cura di e. antetomaso e g. Mariani,<br />
roma 2004, pp. 2-15.<br />
(43) cfr. la parte iniziale della relazione del presidente Brioschi in «atti della<br />
reale accademia <strong>dei</strong> lincei», 1884-1885, s. iV, rendiconti, i, p. 391: «Sire, gra-<br />
77
giustamente il discorso commemorativo pronunciato dal suo<br />
successore, il presidente Francesco Brioschi, dopo aver esordito<br />
con la «grave sciagura che colpiva la nostra accademia colla inaspettata<br />
perdita del suo illustre presidente», ricordava in primo<br />
luogo la rettitudine di Sella, che non aveva speso «un centesimo<br />
[…] nel procacciare all’accademia alcun lustro esteriore». (44) inoltre<br />
egli rammentava l’instancabile attività del predecessore, legata<br />
alla stampa delle pubblicazioni accademiche e all’incremento della<br />
Biblioteca lincea, «sia col favorire i cambi fra le nostre pubblicazioni<br />
e quelle delle più cospicue accademie del mondo sia coll’acquisto<br />
diretto di quelle che difficilmente possono rinvenirsi in altre<br />
biblioteche»: grazie al suo operato la biblioteca aveva «triplicato<br />
in questo decennio il numero <strong>dei</strong> suoi volumi e <strong>dei</strong> suoi opuscoli».<br />
(45) Brioschi, allora, a ragione ne elogiava il «materiale prezio-<br />
ziosissima regina, l’accademia <strong>dei</strong> lincei onorata e lieta della vostra presenza nella<br />
propria sede, Vi è sommamente grata. essa commemora oggi il restauratore delle sue<br />
sorti, inaugura la novella residenza che la sollecitudine di lui ed il favore del governo<br />
e del parlamento le hanno assegnato. Questa nostra accademia […] ha un carattere<br />
speciale, tutto suo e degno di nota, mentre essa può considerarsi siccome la più antica<br />
quanto la più moderna fra le accademie scientifiche d’europa. Fra i busti di uomini<br />
illustri che adornano questa sala, voi potete scorgere collocati l’uno accanto all’altro<br />
in prossimità di una stessa parete, quelli <strong>dei</strong> due uomini i quali fanno ora a noi,<br />
e lo faranno ai nostri successori, testimonianza di questo carattere: i busti di Federico<br />
cesi e di Quintino Sella». il busto marmoreo di Sella, opera dello scultore emilio<br />
Dies (1884) è stato restaurato in occasione della mostra accademica. cfr. il saggio di<br />
e. antetomaso nel presente catalogo.<br />
(44) cfr. a. Sa i t ta, Il cammino umano, Firenze, iii, 1975, p. 274 e ss.: «Si trattava<br />
di un gruppo politico-dirigente insigne per disinteresse personale, per dedizione alla<br />
cosa pubblica, per scrupolosa onestà, quale purtroppo la successiva storia d’italia non<br />
conoscerà più: soprattutto negli uomini della destra, quali un ricasoli, un Farini, un<br />
Silvio Spaventa, tali qualità toccarono il sublime e l’eroico, sì che il loro disinteresse<br />
politico rende meno odioso o meno gretto il loro conservatorismo, che non era sfruttamento<br />
cosciente delle classi popolari, ma solo il limite oggettivo di una classe politica<br />
fondamentalmente borghese […]. al Ministero delle Finanze stava […] Quintino Sella,<br />
un ingegnere minerario ed industriale di Biella, inflessibile tassatore, ma non meno deciso<br />
assertore della necessità di uno stato economo e di un bilancio in equilibrio; sotto<br />
le sue esperte mani il problema finanziario, che minacciava di corrodere il regno d’italia,<br />
poteva essere avviato a rapida soluzione». cfr. anche a. Qu a d r i o Cu r z i o, Il fisco<br />
rigoroso di Quintino Sella, «il corriere della sera», 21 feb braio 2012, p. 47.<br />
(45) cfr. «atti della reale accademia <strong>dei</strong> lincei», 1883-1884, s. iii, transunti,<br />
Viii, pp. 247-250.<br />
78
sissimo, che permette allo studioso di tenersi al corrente del progresso<br />
in ormai tutti i rami delle scienze». a riguardo delle unità<br />
documentarie, connesse con la presidenza di Sella e attualmente<br />
conservate presso la Biblioteca accademica, senz’altro «preziosissimo»<br />
è il manoscritto archivio linceo 60 che, come scrive nel<br />
1902 giuseppe gabrieli, «contiene il Linceografo moderno ideato<br />
dal Sella e proseguito con molte lacune fino all’anno 1886 in cui<br />
fu sospeso, rifiutandosi molti Soci di sottoscrivere la formula di<br />
sottoscrizione del Sella e […] la stessa di galileo nel Linceografo<br />
antico». (46) pertanto non soltanto le costituzioni di Sella «ritraevano<br />
interamente i concetti delli antichi lincei sotto il principato<br />
di Federico cesi», (47) ma anche la facies grafica dell’albo linceo<br />
confermava nel presidente la volontà di rinnovare l’accademia,<br />
durante il decennio del suo mandato, seguendo da presso le tracce<br />
del fondatore.<br />
ma r C o Gu a r d o<br />
(46) cfr. G. Ga B r i e l i, Inventario <strong>dei</strong> manoscritti esistenti nella Biblioteca dell’<strong>Accademia</strong><br />
<strong>dei</strong> <strong>Lincei</strong>, 1902. l’inventario, manoscritto, si conserva presso la Biblioteca<br />
dell’accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei e corsiniana (la citazione è in corrispondenza<br />
del numero 60). Si vedano le schede nn. 50 e 51 del presente catalogo.<br />
(47) Ca r u t t i, Breve storia, cit., p. 140.<br />
79
Quintino Sella: una Storia per iMMagini.<br />
teStiMonianze tra celeBrazione e Satira<br />
la mostra «Quintino Sella linceo», promossa dall’accademia<br />
nazionale <strong>dei</strong> lincei, è stata un’occasione preziosa di studio e di<br />
approfondimento sull’opera dello statista e dello scienziato piemontese.<br />
l’iniziativa offre, già dalla scelta del titolo e del logo (il<br />
busto di emilio Dies del 1884), alcuni spunti di riflessione.<br />
Se con il termine «linceo» si è inteso sottolineare la particolare<br />
attenzione al ruolo svolto da Sella nell’ambito della storia dell’accademia,<br />
il sottotitolo «mostra storico-documentaria» indica la natura<br />
dell’esposizione, necessariamente orientata verso un certo genere<br />
di materiali e impreziosita da molti cimeli. accanto alle lettere,<br />
alle relazioni e ad appunti vari, tuttavia, una ricca sezione è dedicata<br />
alle immagini, o meglio all’immagine di Sella, celebrato come<br />
politico, oggetto di satira irriverente quale Ministro delle Finanze,<br />
inserito tra i protagonisti di storici avvenimenti, ricordato, infine,<br />
come alpinista. la necessità di dare un volto e fattezze precise a<br />
un nome associato alla storia del nostro risorgimento e alle vicende<br />
economiche <strong>dei</strong> primi decenni dell’unità fu presente fin dall’inizio,<br />
e tale necessità è costante in ogni mostra documentaria, laddove<br />
le immagini e i ritratti <strong>dei</strong> protagonisti molto contribuiscono alla<br />
comprensione e alla chiarezza <strong>dei</strong> percorsi espositivi.<br />
È nata così l’idea di lavorare intorno alle immagini di Sella<br />
che avevano arricchito la mostra, senza dubbio parte di una storia<br />
più ampia e articolata, che coinvolge l’intera penisola. Solo alcuni<br />
esempi: il monumento in piazza Duomo a Biella (1) (1888), quel-<br />
(1) realizzato dallo scultore antonio Bortone (1844-1938), raffigura lo statista<br />
81
lo eretto a torino (1894), (2) il busto dello statista posto su un basamento<br />
roccioso con la statua di un minatore nella piazza Quintino<br />
Sella ad iglesias (1885), (3) il noto monumento romano concepito<br />
per il Ministero delle Finanze (1893) e poi spostato in via cernaia<br />
nel 1927, (4) tutti frammenti di una volontà celebrativa, fiorita perlopiù<br />
dopo il 1884, l’anno della morte.<br />
più intima (e meno retorica) è d’altra parte l’immagine del<br />
quadro di Domenico Morelli (Museo nazionale del risorgimento,<br />
torino), (5) che ritrae un uomo sobrio, vestito con semplicità, al<br />
lavoro, tra le carte, forse in una stanza del Ministero, e quella del<br />
dipinto (esposto in mostra) che Francesco Folli dipinge nel 1884<br />
su commissione dell’industria laniera italiana (Fig. 1). (6)<br />
ancora più suggestive, né poteva essere altrimenti, le fotografie.<br />
intense quelle scattate in età più giovanile, come quella che lo<br />
ritrae nel 1857, a trent’anni, in una posa disinvolta, con un cilindro<br />
in mano, (7) e quella fatta dal fratello giuseppe Venanzio tre anni<br />
più tardi (cfr. scheda n. 9 del presente catalogo).<br />
in piedi su un alto basamento con le figure allegoriche della politica e della Scienza.<br />
Su Bortone cfr. r. Bat ta G l i n i di Sta S i o, in Dizionario biografico degli italiani, Xiii,<br />
roma 1971, pp. 152-153.<br />
(2) la statua privilegia il ricordo dello scienziato. Sella è raffigurato dallo scultore<br />
cesare reduzzi mentre osserva attentamente e studia un minerale. il monumento<br />
venne inaugurato nella sede universitaria del castello del Valentino e poi spostato nel<br />
1932 all’interno del parco. Su cesare reduzzi (1857-19119 cfr. Enciclopedia Italiana<br />
Treccani, XXVii, roma 1935, p. 975<br />
(3) opera dello scultore giuseppe Sartorio (1854-1922), fu inaugurato nel 1885<br />
e poi spostato nell’odierna posizione nel 1909. Su giuseppe Sartorio cfr. a. de Gu-<br />
B e r n at i S, Dizionario degli artisti italiani viventi, Firenze 1906, p. 456.<br />
(4) cfr. a. ri C C i, Il monumento Sella in Roma, in Quintino Sella tra politica e<br />
cultura 1827-1884. atti del convegno nazionale di Studi, torino, palazzo carignano,<br />
24-26 ottobre 1984, pp. 321-333, e l. Be r G G r e n - l. SJ o S t e d t, L’ombra <strong>dei</strong> Grandi.<br />
Monumenti e politica monumentale a Roma (1870-1895), roma 1996, in part. pp.<br />
111-117 e 211-214.<br />
(5) Su Domenico Morelli (1826-1901) esiste una ricca bibliografia. per le notizie<br />
essenziali cfr. Dizionario enciclopedico Bolaffi <strong>dei</strong> pittori e degli incisori italiani,<br />
Viii, torino 1975, pp. 10-12.<br />
(6) Su Francesco Folli (1843-1921) cfr. a. M. Co m a n d u C C i, I pittori italiani<br />
dell’Ottocento, ii, Milano 1962 3 , p. ••••<br />
(7) la foto, proprietà privata, è pubblicata in Quintino Sella. 1827-1884. Mostra<br />
documentaria, Vercelli 1984, p. 38.<br />
82
Fig. 1<br />
83
icca e varia, quindi, questa storia da cui si è scelto di trarre<br />
solo alcune immagini, pochi ma significativi fotogrammi. non<br />
solo esigenze di completezza ed esaustività (un censimento delle<br />
memorie di Sella, tra busti, statue, lapidi, ritratti non è studio lieve)<br />
o pratiche (il solo materiale presente in mostra) hanno indirizzato<br />
la scelta, ma anche una precisa volontà di approfondire ruoli<br />
e momenti della vicenda privata e pubblica del personaggio: testimone<br />
di episodi precisi, bersaglio di satira nel suo operare, protagonista<br />
di omaggi e commemorazioni, con particolare riferimento<br />
al suo ruolo di presidente <strong>dei</strong> lincei. e proprio all’accademia<br />
<strong>dei</strong> lincei termina questo breve percorso, alla memoria dedicata a<br />
Sella presidente, alle modalità, ai tempi, alle intenzioni che ruotano<br />
intorno a questo ricordo.<br />
le novità che emergono sia dai documenti consultati sia dai<br />
materiali ritrovati (entrambi conservati presso palazzo corsini) e<br />
le riflessioni sull’immagine di Sella nelle sale di via della lungara<br />
– il busto di ettore Dies ma anche gli inediti bozzetti – riportano<br />
l’attenzione proprio sull’aggettivo «linceo» e sul busto voluto<br />
dagli accademici per omaggiare il loro presidente: la parola<br />
e l’immagine che hanno caratterizzato e pubblicizzato la mostra e<br />
che insieme contribuiscono a raccontare e documentare un breve<br />
ma intensissimo periodo della vita accademica.<br />
«Stupendi avvenimenti che passano sotto i nostri occhi»: l’immagine<br />
di Sella tra i testimoni di una nuova epoca<br />
Quando nell’autunno del 1870 Sella giunge a roma (dopo un<br />
breve soggiorno nel 1864) comincia un lungo lavoro diplomatico<br />
di avvicinamento, mediazione, integrazione, costruzione e ricostruzione<br />
di una città annessa all’italia politicamente ma ancora lontana<br />
e diffidente. (8)<br />
(8) cfr. F. Ba rt o C C i n i, Quintino Sella e Roma: idea, mito e realtà in Quintino<br />
Sella tra politica e cultura 1827-1884., cit., pp. 245-265.<br />
84
Fig. 2<br />
il 2 luglio del 1871 Vittorio emanuele ii fa il suo ingresso trionfale<br />
ed ufficiale in città, insediandosi al Quirinale. la tela del pittore<br />
luigi Serra (9) (Fig. 2), datata al 1875 circa, conserva la memoria<br />
di quell’avvenimento. in questo quadro Quintino Sella, a dispetto<br />
<strong>dei</strong> sostegni documentari oggi disponibili e più oltre menzionati,<br />
figura inaspettatamente, testimone attento di un avvenimento im-<br />
(9) Sul pittore luigi Serra cfr. L’artista e l’amico. Ritorno a Luigi Serra. Opere<br />
e documenti dalla raccolta di Enrico Guizzardi, a cura di S. pezzoli - o. piraccini,<br />
Bologna 2008 (catalogo della mostra dedicata a luigi Serra, Bologna, Biblioteca<br />
dell’archiginnasio, dicembre 2008 - marzo 2009). la tela misura cm. 181 × 192 ed è<br />
oggi conservata presso la Fondazione Sella a Biella.<br />
85
portante. in realtà il sovrano aveva già visitato roma in forma privata<br />
in occasione della rovinosa piena del tevere nel dicembre del<br />
1870. Sella, come apprendiamo dall’epistolario, in quell’occasione<br />
si trovava a roma. (10) il soggetto della tela è stato generalmente<br />
riferito proprio a quella visita. una lettura attenta delle fonti e<br />
considerazioni di carattere generale, soprattutto sull’opportunità di<br />
ricordare in queste forme un avvenimento non ufficiale, consentono<br />
tuttavia di riferire la scena agli avvenimenti dell’estate 1871. (11)<br />
inoltre il dipinto fa parte di un ciclo di opere tutte dello stesso Serra<br />
e tutte oggi conservate presso la Fondazione Sella di Biella, rappresentanti<br />
l’ingresso di Vittorio emanuele in altre città, tra le quali<br />
Venezia, Firenze, napoli. (12)<br />
la cronaca dell’episodio attraverso i resoconti ufficiali e le parole<br />
dello stesso Sella suggeriscono alcune considerazioni sull’iconografia<br />
del dipinto. nelle lettere al fratello giuseppe Venanzio<br />
e alla sorella lucrezia cogliamo un’idea dell’atmosfera festosa e<br />
trionfale che accompagna l’evento. Scrive Sella il 1 luglio: «eccomi<br />
a roma col Ministero nelle camere del Santo uffizio dell’inquisizione»<br />
e poi ancora il 3 luglio alla sorella:<br />
ci volle tutto il tuo affetto per me onde ricordare in questi giorni la mia<br />
cooperazione agli stupendi avvenimenti che passano sotto i nostri occhi.<br />
Se le cose andassero male molto probabilmente se ne ricorderebbero<br />
tutti, e sarei forse il solo responsabile od almeno il capro emissario.<br />
invece le cose vanno bene e quindi … ben pochi si ricordano di me […]<br />
l’accoglienza al re non poteva essere più splendida e più cordiale. Si<br />
vede nella facce <strong>dei</strong> romani, si vede alla bandiera di ogni casipola che<br />
la grande massa <strong>dei</strong> cittadini è contenta. (13)<br />
(10) Epistolario di Quintino Sella, a cura di g. e M. Quazza, roma 1991, iii, p.<br />
330, telegramma a giuseppe giacomelli del 30 dicembre 1870.<br />
(11) il quadro è riferito a questa visita in Quintino Sella: 1827-1884, cit., tav.<br />
n.n. tra p. 112 e p. 113. già in occasione della mostra «Quintino Sella linceo» il comitato<br />
scientifico e i curatori hanno riferito l’immagine all’ingresso ufficiale di Vittorio<br />
emanuele ii a roma il 2 luglio 1871.<br />
(12) Devo alla cortesia del dottor andrea pivotto della Fondazione Sella e del<br />
dott. ludovico Sella le immagini e le notizie su queste tele.<br />
(13) Epistolario, cit., pp. 439-443.<br />
86
l’atmosfera descritta è quella rappresentata nella tela, cronaca<br />
dunque di un avvenimento solenne. Dalla lettera trapela invece<br />
un’amarezza non troppo celata.<br />
Dalla gazzetta ufficiale del 1 luglio 1871 apprendiamo inoltre<br />
il percorso del corteo reale: dalla stazione, lungo via di Santa Susanna,<br />
piazza Barberini, via del tritone, via Due Macelli, piazza di<br />
Spagna, via condotti, fino al corso, poi via delle Muratte, via SS.<br />
Vincenzo e anastasio, via della Dataria, fino al Quirinale. la stessa<br />
fonte, il 2 luglio, ci informa sulla composizione del corteo reale<br />
e sugli occupanti della carrozza che insieme a Vittorio emanuele<br />
giungevano in una piazza del Quirinale festante ed affollata:<br />
apriva il real corteo uno squadrone della guardia nazionale a cavallo<br />
di roma ed un altro delle cento guardie del re. con S.M. stavano, alla<br />
sinistra S.e. il principe pallavicini, sindaco di roma, di fronte S.e. il<br />
presidente del consiglio <strong>dei</strong> Ministri e il generale De Sonnaz. (14) S.a.r.<br />
il principe umberto cavalcava alla destra della carrozza di S.M., alla sinistra<br />
il comandante generale della guardia nazionale di roma.<br />
Seguivano altre quattro carrozze, con varie personalità, tra cui i<br />
Ministri, i presidenti del Senato e della camera, i sindaci di Firenze,<br />
Milano, napoli. tra ali di folla festanti, scortato da militari<br />
a cavallo, Vittorio emanuele ii attraversa la piazza antistante al<br />
palazzo seduto in carrozza insieme a tre personaggi. la cronaca<br />
appena citata, unitamente a un confronto con le immagini <strong>dei</strong> personaggi<br />
nominati, ci consente di riconoscere il principe Francesco<br />
pallavicini (1828-1887), sindaco di roma tra il maggio e l’ottobre<br />
1871, e giovanni lanza (1810-1882), presidente del consiglio <strong>dei</strong><br />
Ministri tra il 1869 e il 1873. Sull’identità del terzo personaggio<br />
che siede in carrozza con il re è possibile avanzare alcune ipotesi.<br />
Stando a quanto riportano le cronache si tratterebbe del generale<br />
giuseppe gerbaix De Sonnaz (1828-1905), militare di valore<br />
nelle campagne del 1848-49 e nella guerra di crimea, aiutante<br />
di campo del principe umberto i, senatore del regno dal 1884. in<br />
(14) Si tratta del generale giuseppe gerbaix De Sonnaz (1828-1905).<br />
87
ealtà nel quadro in mostra il personaggio seduto di fronte al re è<br />
con ogni verosimiglianza Quintino Sella. (15)<br />
il quadro è oggi conservato presso la Fondazione Sella e proviene<br />
dalla collezione privata dell’avvocato pietro paolo trompeo<br />
(1824-1897), amico e compagno di studi di Sella, con il quale entrerà<br />
tuttavia in conflitto quando nell’ottobre del 1876 sostituirà<br />
lamarmora nella canditura al collegio elettorale di Biella, schierandosi<br />
però con Dèpretis. (16) trompeo prenderà parte attiva alle<br />
celebrazioni di Sella dopo la morte, a testimonianza di un forte legame:<br />
nella seduta commemorativa tenuta presso l’accademia <strong>dei</strong><br />
lincei il giorno 11 giugno 1885 consegna al presidente Brioschi<br />
due medaglie, in argento e in bronzo, coniate in onore dell’illustre<br />
scomparso (Fig. 3). (17)<br />
la lettura stilistica dell’opera consente di riconoscere molto<br />
del linguaggio figurativo di luigi Serra. innanzitutto il taglio teatrale<br />
della composizione: il palazzo del Quirinale come fondale, il<br />
gruppo scultoreo <strong>dei</strong> Dioscuri con l’obelisco a destra e il palazzo<br />
(15) Molto indicativo è, ad esempio il confronto con l’immagine presente nell’archivio<br />
alinari, datata al 1870 (archivio storico alinari, aca-F-00140M-0000 9).<br />
(16) Epistolario, cit., pp. 298-299.<br />
(17) «atti della reale accademia <strong>dei</strong> lincei», s. iV (1885), p. 400.<br />
88<br />
Fig. 3
a sinistra, quinte di un palcoscenico, il corteo con la carrozza del<br />
re che attraversa la scena, da destra a sinistra, il gruppo di persone<br />
con le bandiere a sinistra, quasi in un immaginario proscenio.<br />
con il tema delle scenografie teatrali del resto luigi Serra si<br />
era confrontato negli anni tra il 1872 e il 1875, quando decora il<br />
sipario del teatro di Fabriano, realizzando una composizione articolata<br />
con edifici imponenti sullo sfondo, una colonna e un basamento<br />
a destra, figure in primo piano. (18)<br />
la folla rappresentata in forma indistinta in un’ambientazione<br />
cittadina, spesso romana, è presente anche in una serie di disegni<br />
oggi conservati a Bologna. (19) in particolare quello che raffigura<br />
La folla in Piazza del Gesù in occasione dell’illuminazione<br />
della Chiesa […] ricorda molto l’impostazione generale del quadro,<br />
con gli edifici sullo sfondo e sui lati, mentre la folla al centro<br />
riempie il vuoto. (20)<br />
il tema della rappresentazione di avvenimenti storici è poi affrontato<br />
nell’Entrata dell’esercito cattolico a Praga nell’abside<br />
della chiesa di Santa Maria della Vittoria a roma: maestoso e<br />
imponente corteo di cavalieri, popolo con bandiere, soldati, dove<br />
la folla non è così indistinta e dove è possibile riconoscere anche<br />
alcuni volti simili (nelle fisionomie, nell’impostazione generale,<br />
nelle espressioni) a quelli del quadro con Vittorio emanuele ii:<br />
l’uomo con la barba scura a sinistra in basso, la donna con il copricapo<br />
bianco che ricorda le popolane praghesi. (21)<br />
nel quadro esposto in mostra gli occupanti della carrozza sembrano<br />
quasi essere in posa, rivolti come sono, in modo innaturale,<br />
verso lo spettatore. in particolare proprio la figura di Sella è effigiata<br />
di fronte, con lo sguardo rivolto verso sinistra: il volto, la<br />
foggia della capigliatura, la barba è quella che conosciamo dalle<br />
(18) per la vicenda artistica di luigi Serra cfr. Il segno e il colore. Nell’atelier<br />
di Luigi Serra, a cura di c. poppi, cinisello Balsamo, 2003.<br />
(19) Ivi, cat. 28, cat. 41.<br />
(20) Ivi, cat. 39.<br />
(21) cfr. a. za C C h i, Temi sacri storici ed allegorici in Il segno e il colore, cit.,<br />
pp. 109-111.<br />
89
fotografie. l’occasione è senza dubbio ufficiale e l’immagine, nel<br />
contesto dell’evento rappresentato, è sommaria e alquanto fredda:<br />
Sella a questa data ha quarantaquattro anni e il suo ruolo è quello<br />
di un testimone, di un’icona (la fissità e la rigidità della figura<br />
sono evidenti) che prende parte a un avvenimento storico, come<br />
comprimario del sovrano.<br />
Quintino Sella nella letteratura e nella ritrattistica satirica<br />
Molto più vivaci, briose e caratterizzate le immagini di Quintino<br />
Sella, non più muto e compassato testimone, ma oggetto di<br />
satira pungente, soprattutto in relazione alla sua attività di ministro<br />
delle Finanze. casimiro teja (22) (1830-1897), importante scrittore,<br />
disegnatore satirico e giornalista, tra il 1869 ed il 1871 dedica<br />
al tema delle imposte volute da Sella alcune tavole pubblicate<br />
nella rivista «pasquino. rivista umoristica delle settimana», fondata<br />
dallo stesso teja.<br />
nei disegni del 1869 un neonato urla disperato perché desidera<br />
un giocattolo (il neonato rappresenta la tassa sul macinato, da<br />
poco introdotta, e il giocattolo è il contatore, che serve a calcolare<br />
l’importo in denaro). nei panni della balia del neonato, che lo<br />
zittisce severamente, con ogni verosimiglianza riconosciamo giovanni<br />
lanza. la madre, infine, agita il giocattolo, mentre in secondo<br />
piano il padre (un riconoscibile Sella) passeggia fumando<br />
un sigaro (Fig. 4).<br />
nelle due tavole, intitolate Carnevale e Quaresima e pubblicate<br />
nel 1871, l’italia, nei panni di una giovane donna, balla spensierata<br />
con alcune maschere della tradizione italiana durante il carnevale,<br />
ma viene sorpresa durante la Messa quaresimale da un prete questuante<br />
(Sella che reclama le imposte), mentre un predicatore dal<br />
pulpito (ancora giovanni lanza) arringa la folla (Fig. 5).<br />
(22) Su casimiro teja cfr. a. M. Co m a n d u C C i, I pittori italiani, ii, Milano 1934,<br />
p. 354.<br />
90
Fig. 4<br />
Fig. 5<br />
91
una litografia del 1876, su disegno di F. Bianco, rappresenta<br />
Sella in tenuta d’alpinista, circondato da vette che hanno nomi<br />
eloquenti e significativi: monte del macinato, tassa di successione,<br />
catena di ricchezza mobile, picco di registro e bollo, terreni e<br />
fabbricati. Sullo sfondo le alpi Selliche (Fig. 6).<br />
elementi comuni alla rappresentazione satirica del Ministro<br />
delle Finanze sono la lunga e fluente barba e, soprattutto, gli immancabili<br />
scarponi chiodati da montanaro che accompagnano la tenuta<br />
elegante (con cilindro e cappotto) del padre del neonato, spuntano<br />
dalle sottane del prete, trionfano in primo piano nella tenuta<br />
da alpinista. il linguaggio satirico dunque caratterizza la figura di<br />
Sella in pochi ma evidenti tratti che illustrano la sua personalità:<br />
la caparbietà da vero montanaro che usa anche nelle azioni di governo,<br />
la caratteristica fisionomia barbuta, severa e sobria.<br />
«Ottimo lavoro è quello dello scultore Dies»: storia di una committenza<br />
lincea<br />
il breve percorso documentario che si propone di intraprendere<br />
nei due seguenti paragrafi ha lo scopo di rintracciare, nelle carte<br />
d’archivio, ma anche negli ambienti, più o meno noti del palazzo<br />
corsini di via della lungara, i modi e i luoghi della memoria di<br />
Sella. un piccolo viaggio, dunque, alla ricerca del materiale documentario,<br />
nelle stanze che lo stesso Sella (23) aveva voluto cornice<br />
della rinascita lincea e che hanno visto non la sua azione e il suo<br />
pensiero ma il suo ricordo, la sua muta presenza nel corso <strong>dei</strong> decenni<br />
che seguirono la morte il 14 marzo 1884.<br />
appena due giorni dopo, nella solenne riunione accademica del<br />
16 marzo, l’accademico Domenico carutti, a nome del consiglio<br />
di presidenza propone di dedicare al defunto presidente un busto<br />
(23) Su palazzo corsini e in particolare sulle modifiche e sui lavori di adattamento<br />
ottocenteschi cfr. e. Bo r S e l l i n o, Palazzo Corsini alla Lungara. Storia di un cantiere.<br />
Fasano 1988, in part. pp. 109-139 e il ricchissimo apparato documentario.<br />
92
Fig. 6<br />
93
da collocare in accademia, dove già si trova quello del fondatore<br />
Federico cesi: (24) il busto dovrà essere il frutto di un contributo<br />
spontaneo da parte di tutti i soci. la proposta viene approvata<br />
all’unanimità e comunicata alla vedova di Sella nel telegramma<br />
di condoglianze del 20 marzo. (25) nell’adunanza del 15 giugno il<br />
presidente Francesco Brioschi comunica che il consiglio ha scelto<br />
l’opera dello scultore emilio Dies, (26) incaricandolo di eseguire<br />
un busto in marmo entro la fine del mese di ottobre. (27)<br />
nei tre mesi intercorsi tra la morte di Sella e l’annuncio della<br />
commissione a Dies si registra in ambiente accademico un certo<br />
fervore di iniziative per rendere omaggio al defunto presidente.<br />
la lettura di alcune carte d’archivio e <strong>dei</strong> verbali delle riunioni accademiche<br />
consente di seguire in parte questo fenomeno e di proporre<br />
alcune considerazioni. (28) la volontà di celebrare la memoria<br />
dell’illustre statista scomparso non riguarda solo l’ambiente accademico,<br />
ma coinvolge anche altri luoghi romani nei mesi del 1884<br />
che seguirono la morte. le notizie <strong>dei</strong> quotidiani dell’epoca, di seguito<br />
riportate, aiutano a descrivere questo clima.<br />
il 21 marzo il pittore enrico capocci scrive al Segretario del<br />
consiglio di amministrazione della reale accademia <strong>dei</strong> lincei,<br />
proponendo di eseguire a fronte di «un modesto compenso» un ritratto<br />
ad olio dell’illustre scomparso. la lettera cita la delibera-<br />
(24) Di una scultura raffigurante cesi oggi in accademia non vi è traccia. l’esistenza<br />
di un busto dedicato al fondatore del sodalizio linceo è costantemente ricordata<br />
nei documenti ottocenteschi che riguardano l’immagine di Sella. Mi riservo ulteriori<br />
approfondimenti a riguardo.<br />
(25) «atti della reale accademia <strong>dei</strong> lincei», s. iii, transunti, Viii (1883-1884),<br />
pp. 183-184.<br />
(26) Su emilio Dies cfr. l. ma rt i, in Dizionario Biografico degli Italiani, 39,<br />
roma 1991, pp. 790-791.<br />
(27) atti della reale accademia <strong>dei</strong> lincei», s. iii, transunti, Viii (1883-1884),<br />
p. 351.<br />
(28) i documenti citati a proposito di questo fervore d’iniziative che si registra<br />
nella primavera del 1884 sono conservati a roma, archivio storico dell’accademia<br />
nazionale <strong>dei</strong> lincei, archivio della reale accademia <strong>dei</strong> lincei, titolo 3, busta 1,<br />
fascicolo 10. i verbali delle riunioni accademiche sono contenuti in tre volumi, ordinati<br />
cronologicamente. Di seguito si farà rifermento alle riunioni con l’indicazione<br />
della data.<br />
94
zione accademica di eseguire un busto (evidentemente già nota<br />
ampiamente nell’ambiente artistico romano, a pochi giorni dalla<br />
morte di Sella e dalla seduta del 16 marzo) e specifica che il ritratto<br />
sarebbe destinato ad «adornare convenientemente la biblioteca».<br />
Dunque un primo cenno a un luogo indicato per celebrare<br />
la memoria di Sella, la biblioteca accademica. ci si riferisce, con<br />
ogni verosimiglianza, agli ambienti di palazzo corsini che gli accademici<br />
non abitano ancora, ma nel quale si trasferiranno nel dicembre<br />
del 1884.<br />
enrico capocci è a questa data professore onorario del reale<br />
istituto di Belle arti di napoli e nella sua lettera ricorda di aver<br />
lavorato a Firenze, a napoli, a roma, in varie sedi istituzionali.<br />
egli inoltre è figlio di un accademico, studioso di astronomia,<br />
come apprendiamo anche dalla missiva a pietro Blaserna, nella<br />
quale il suo nome e la sua proposta vengono caldamente appoggiate<br />
dal prof. annibale De gasparis. (29) nel complesso i toni della<br />
lettera sono improntati a retorica ed autocelebrazione, ma per<br />
noi alcune circostanze risultano interessanti: l’esplicito riferimento<br />
alla biblioteca, (30) luogo che veniva sentito più degno per celebrare<br />
la memoria del Sella scienziato, e l’accenno alla necessità<br />
di «tramandare vera e inalterata la memoria dell’estinto». il pittore<br />
scrive esplicitamente di aver conosciuto Sella e di essere quindi<br />
in grado di eseguire un ritratto molto somigliante.<br />
la richiesta di capocci ha un riscontro immediato. nella riunione<br />
del consiglio di presidenza del 31 marzo 1884 si discute delle<br />
onoranze da rendere al defunto presidente e il segretario Domenico<br />
carutti presenta due domande pervenute in accademia, una<br />
per eseguire un ritratto «in grande formato» (è la lettera di capocci),<br />
l’altra per un busto. le domande sono messe agli atti.<br />
il 10 aprile lo scultore F. Ferraresi, con studio e domicilio a<br />
roma, in piazza campitelli 10, scrive al presidente dell’accade-<br />
ca.<br />
(29) la lettera è datata 19 marzo.<br />
(30) anche nella citata lettera di De gasparis si allude alle sale della Bibliote-<br />
95
mia di aver eseguito un busto di Sella (una certa urgenza traspare<br />
dalle parole dell’artista, ansioso di fare buona impressione ed aggiudicarsi<br />
la commissione) da sottoporre agli accademici, del quale<br />
invia una riproduzione fotografica, oggi dispersa.<br />
un altro busto viene precipitosamente eseguito per essere sottoposto<br />
al giudizio degli accademici da adolfo pantaresi, che acclude<br />
alla sua lettera del 20 aprile una fotografia (Fig. 7) ed un<br />
ritaglio del giornale «l’opinione», dove si dà notizia dell’esposizione<br />
del busto «riuscito somigliantissimo» ed «egregiamente modellato»<br />
nell’ufficio annunci della gazzetta d’italia.<br />
nella riunione accademica del 3 maggio, esaminate le sottoscrizioni<br />
<strong>dei</strong> soci che ammontano a novantasette (ne mancano ventitré),<br />
si delibera l’esecuzione del busto e «siccome gli scultori guglielmi,<br />
Dies e pantaresi hanno fatto conoscere di aver già eseguito<br />
un busto del Sella, si dà incarico al sig. Blaserna e all’amministratore<br />
tommasini di vedere se uno d’essi convenga e di prendere essi<br />
gli opportuni accordi per ordinarlo ad altri in caso contrario». il<br />
busto sarà poi inaugurato solennemente con una commemorazione<br />
di Quintino Sella da parte del socio luigi cossa.<br />
la lettera di pantaresi è quella citata, mentre non è presso l’archivio<br />
accademico quella di guglielmi; (31) nessuna menzione, invece,<br />
della lettera di F. Ferraresi.<br />
la lettera di Dies è in realtà datata 30 maggio: egli scrive al<br />
presidente dell’accademia per invitarlo nel suo studio, a roma<br />
in via delle Quattro Fontane 154, a vedere il modello di un busto,<br />
«una volta e mezzo il vero», raffigurante Sella. nella lettera<br />
si legge che diverse persone, che furono vicine a Sella e lo conobbero,<br />
hanno già visto la scultura, dando parere favorevole soprattutto<br />
sulla somiglianza. tra i nomi elencati figurano molti politici<br />
vicini allo statista scomparso (costantino perazzi, camillo Ferrati,<br />
cesare rosmini, giuseppe Boitani), scienziati e professionisti<br />
(lamberto De Marchi, l’alpinista e geologo Felice giordano, i ma-<br />
(31) Si tratta probabilmente dello scultore luigi guglielmi (1834-1907). cfr. a.<br />
de Gu B e r n at i S, Dizionario degli artisti, cit., pp. 243-244.<br />
96
Fig. 7<br />
97
tematici giuseppe Battaglini e luigi perozzo, l’ingegnere leopoldo<br />
Mansueti) e, infine, forse decisivi per il successo di Dies, gli<br />
accademici oreste tomassini, pietro Blaserna e Filippo Ma riot ti.<br />
ancora una volta, come nel caso del pittore capocci e dello scultore<br />
pantaresi, si sottolinea la somiglianza delle sculture con le fattezze<br />
del defunto.<br />
nella riunione del 31 maggio 1884 Blaserna e tommasini riferiscono<br />
di aver visto tre busti di Sella e convengono di aver scelto<br />
quello di Dies (Fig. 8). lo scultore ha chiesto un compenso di<br />
2500 lire e allora viene deciso, su richiesta <strong>dei</strong> due soci, che si farà<br />
una controproposta per l’esecuzione del busto in marmo «ridotto a<br />
5/4 per il prezzo di 1500 lire».<br />
98<br />
Fig. 8
nella riunione del 9 giugno «constatatosi che il busto del compianto<br />
presidente Sella, eseguito dal Dies, è perfettamente rassomigliante<br />
e migliore di quanti altri furono finora eseguiti, il consiglio<br />
incarica il Segretario Blaserna a commetterne l’esecuzione in<br />
marmo per il prezzo di 1600 lire». Qualche giorno più tardi Brioschi<br />
incarica ufficialmente Dies e nella riunione del 16 giugno si<br />
comunica che il contratto è stato stipulato e che si darà un anticipo<br />
di 600 lire.<br />
nella primavera del 1884, a poche settimane dalla morte, la<br />
volontà di ricordare Sella coinvolge anche altre istituzioni e palazzi<br />
romani. Dal quotidiano «l’opinione» del 22 aprile 1884 apprendiamo<br />
che in campidoglio, nella Sala degli arazzi a palazzo<br />
<strong>dei</strong> conservatori, viene scoperto un busto «somigliantissimo»,<br />
opera dello scultore odoardo tabacchi. Dalla stessa fonte apprendiamo<br />
che la Sezione romana del club alpino italiano il 29 marzo<br />
ha deciso di collocare permanentemente nella sua sede un’effigie<br />
di Quintino Sella.<br />
torniamo ai lincei. in ottobre il socio cossa chiede notizie<br />
sulla data di inaugurazione del busto commissionato a Dies. Si<br />
prevede che esso sarà pronto per la metà di gennaio e per quella<br />
data dovrebbero tenersi la solenne seduta di inaugurazione della<br />
nuova sede e la commemorazione di Sella. (32) in realtà il busto era<br />
già terminato nell’autunno del 1884. un articolo del 25 novembre<br />
sul quotidiano «l’opinione» informa infatti che Dies ha portato<br />
a termine la scultura e che è possibile ammirarla fino alla fine<br />
del mese nello studio dell’artista, da dove sarà portata nel palazzo<br />
a via della lungara. Qui, il 14 dicembre del 1884, si trasferiranno<br />
definitivamente i lincei per dare inizio al nuovo anno accademico.<br />
a concludere la storia di questa committenza cogliamo un’eco<br />
della passione per l’evento commemorativo in quei giorni del 1884.<br />
la decisione di affidare a Dies una commissione tanto prestigiosa<br />
(32) riunione del 27 ottobre.<br />
99
viene confermata anche dal successo che l’artista riscuote nell’autunno<br />
del 1884, quando partecipa ad una «specie di concorso» proprio<br />
per la realizzazione di un busto di Sella da destinare al palazzo<br />
del Ministero delle Finanze, un altro edificio romano coinvolto<br />
nel rito della celebrazione cittadina di Sella.<br />
ancora dal quotidiano «l’opinione» del 18 novembre 1884<br />
apprendiamo che<br />
trovasi in questi giorni esposti al Ministero delle Finanze e precisamente<br />
all’ingresso del 1° piano vari busti di Quintino Sella. È una specie di<br />
concorso al quale hanno preso parte i signori Benini, Dies, genua e tabacchi.<br />
ci siamo recati a visitare questi busti; non vogliamo parlare particolarmente<br />
di uno di essi per non cadere in facili critiche su ciò che si<br />
riferisce alla somiglianza col compianto Sella. È giustizia però riconoscere<br />
che veramente ottimo lavoro è quello dello scultore Dies, che in<br />
modo felicissimo ha superato l’ardua questione delle somiglianze esponendo<br />
due busti <strong>dei</strong> quali il più grande a questo primo pregio aggiunge<br />
quello di un insieme veramente artistico.<br />
grande successo, dunque, per Dies, che nello stesso periodo esegue<br />
i busti di Sella per il Ministero delle Finanze e per i lincei,<br />
entrambi esposti al giudizio del pubblico e della critica, espresso in<br />
termini lusinghieri, sia per il valore artistico sia per la somiglianza,<br />
del resto già ricercata e lodata dagli accademici che gli accordano,<br />
proprio per questo motivo, la loro preferenza. (33)<br />
in quel mese di novembre del 1884 infine un altro busto di<br />
Sella viene collocato nella Sala gialla della camera <strong>dei</strong> Deputati,<br />
opera dello scultore riccardo grifoni. (34)<br />
(33) Dies eseguirà otto repliche di questa scultura oltre a quella per il Ministero<br />
delle Finanze. Sappiamo che un busto in bronzo viene eseguito sul modello di Dies dal<br />
reale comitato geologico per destinarlo al Museo dell’ufficio geologico, cfr. «Bollettino<br />
del reale comitato geologico d’italia», XV (1884), p. 141 e XViii (1886), p. 30.<br />
un altro busto raffigurante Sella, eseguito da Dies, si trova oggi nell’atrio di palazzo<br />
antonini Belgrado ad udine, sede dal 1891 dell’amministrazione provinciale.<br />
(34) «l’opinione», 6 novembre 1884. Su grifoni cfr. e. Bi a n C h i in Dizionario<br />
biografico degli Italiani, 59, roma 2003, pp. 407-409.<br />
100
Palazzo Corsini: la storia e i luoghi dell’omaggio linceo a Quintino<br />
Sella<br />
individuati l’esecutore materiale e le modalità per l’omaggio<br />
al defunto presidente, tracciare una breve panoramica <strong>dei</strong> luoghi<br />
che, all’interno del monumentale palazzo corsini, avrebbero ospitato<br />
questo omaggio, ci sembra degno di interesse.<br />
l’attività <strong>dei</strong> lincei è ormai nel 1885 stabilmente svolta nella<br />
nuova sede di via della lungara e per la solenne adunanza di<br />
chiusura dell’anno accademico, in giugno, si intende commemorare<br />
Sella alla presenza del re umberto i e della regina Margherita.<br />
nella riunione del 5 maggio il presidente Brioschi osserva che<br />
è opportuno collocare nella Sala per le Sedute reali solo i busti<br />
del re, di cesi e di Sella, spostando gli altri «nelle sale esterne».<br />
Si provvede in quel periodo all’allestimento della sala: le sculture<br />
di cesi e di Sella sono più grandi delle altre e per prendere una<br />
decisione si aspetta di avere un’idea più completa della sistemazione<br />
generale. (35)<br />
Finalmente, il giorno 11 giugno 1885, Brioschi, alla presenza<br />
del re, parla nel Salone al primo piano di palazzo corsini (ambiente<br />
che da allora verrà denominato «Salone delle adunanze solenni»);<br />
accanto a diversi busti di uomini illustri che adornano la sala,<br />
anche quelli di cesi e di Sella, «collocati l’uno accanto all’altro, in<br />
prossimità di una stessa parete». (36) Si era scelto evidentemente di<br />
non spostare gli altri busti, come proposto in un primo momento:<br />
un articolo de «l’opinione» riporta che nella grande sala<br />
ad una delle parete minore sta il busto del re umberto e presso la parete<br />
opposta su due piedistalli di marmo sono collocati i busti del principe<br />
F. cesi e di Quintino Sella, quest’ultimo opera pregevolissima dello<br />
(35) Siamo alla vigilia della solenne inaugurazione dell’11 giugno e fervono i<br />
preparativi per la decorazione del grande ambiente al primo piano che la ospiterà: nel<br />
verbale della stessa seduta si discute se sostituire il nome di Muratori a quello di tacito<br />
sotto l’allegoria della Storia nella volta.<br />
(36) «atti della reale accademia <strong>dei</strong> lincei» s. 4 (1885), pp. 391-400.<br />
101
scultore Dies. alle pareti laterali stanno altri busti di accademici e precisamente<br />
quelli di galileo, Della porta, Boschovich, cavalieri, calandrelli<br />
e Scarpellini. (37)<br />
Si tratta delle sculture oggi poste nel corridoio d’accesso al secondo<br />
piano di palazzo corsini: omogenee per caratteri stilistici e dimensioni,<br />
esse raffigurano i più celebri tra i lincei, da quelli della<br />
prima accademia cesiana (galileo galilei e giovambattista Della<br />
porta) ai protagonisti della scienza matematica (ignazio calandrelli,<br />
ruggiero giuseppe Boschovich, Feliciano Scarpellini, quest’ultimo<br />
restitutor <strong>dei</strong> lincei); si aggiunge, infine, l’effigie di nicola<br />
cavalieri di San Bertolo. una galleria di busti, pertanto, tra i quali<br />
sicuramente avrebbe spiccato per dimensioni e monumentalità<br />
quello dedicato a Sella. in questo contesto comprendiamo l’osservazione<br />
di Brioschi sull’opportunità di differenziare le sculture di<br />
cesi e Sella da quelle degli altri accademici.<br />
la scelta di collocare l’immagine di Sella all’interno di questa<br />
ideale galleria di glorie accademiche, non solo lincee, nella sala<br />
che avrebbe visto da allora in poi i momenti più solenni della vita<br />
accademica, sembrerebbe indicativa di una volontà celebrativa tesa<br />
a sottolineare la memoria di Sella scienziato e studioso, rispetto<br />
all’uomo politico. in questo senso la «geografia» <strong>dei</strong> luoghi dedicati<br />
all’omaggio acquista significato e in questa direzione sembra<br />
che vada anche l’iconografia del busto realizzato da Dies. nel<br />
particolare <strong>dei</strong> libri sovrapposti che sorreggono la scultura e del<br />
ramo d’alloro – non presente nella replica della scultura realizzata<br />
per il Ministero delle Finanze (Fig. 9) – è possibile leggere infatti<br />
ancora un riferimento al valore della cultura e della scienza, campi<br />
nei quali si intende sottolineare il ruolo del personaggio effigiato.<br />
un paio di mesi dopo la solenne cerimonia si provvede a un<br />
basamento per i busti di Sella e di cesi. ancora una volta alle due<br />
sculture si pensa in uno stesso momento: non solo similitudine nel-<br />
102<br />
(37) «l’opinione», 11 giugno 1884.
le dimensioni, ma anche, con ogni verosimiglianza, chiaro legame<br />
ideologico tra il fondatore del sodalizio accademico e il presidente<br />
appena scomparso.<br />
Fig. 9<br />
il consiglio superiore <strong>dei</strong> lavori pubblici, con parere dell’11<br />
settembre 1885, affida al signor emanuele Bruni il lavoro di riduzione<br />
di una colonna di granito in due rocchi per servire da base<br />
ai due busti di Sella e di cesi. nella documentazione si legge che<br />
i due busti sono da collocarsi nel palazzo dell’accademia <strong>dei</strong> lincei,<br />
senza specificare dove. il contratto con la ditta Bruni per questo<br />
lavoro risale al 3 agosto 1886. un anno dopo, il 19 luglio 1887,<br />
l’architetto podesti chiede al Ministero di concedere al Bruni un<br />
103
aumento di 450 lire rispetto alla somma preventivata di 812 lire in<br />
seguito alle difficoltà incontrate. (38)<br />
le difficoltà incontrate dalla ditta Bruni potrebbero verosimilmente<br />
riferirsi alla sistemazione <strong>dei</strong> due rocchi di colonna nel «Salone<br />
delle adunanze solenni», dove non solo considerazioni estetiche,<br />
ma anche strutturali, ne sconsigliavano il posizionamento, che<br />
venne però, nonostante tutto, realizzato. in un inventario di arredi<br />
e suppellettili stilato cinquanta anni dopo, il 30 settembre 1935, (39)<br />
nel «Salone delle cerimonie» al primo piano (si tratta del «Salone<br />
delle adunanze solenni» che aveva ospitato la cerimonia del giugno<br />
1885) sono presenti nove busti in marmo (privi di indicazione<br />
specifica).<br />
cinque anni più tardi, nell’estate del 1940, si provvede ad<br />
adattare il grande salone alle esigenze della biblioteca, con la costruzione<br />
degli scaffali lignei destinati ad ospitare i volumi della<br />
Fondazione caetani: in quell’occasione, ancora una volta, la movimentazione<br />
delle due pesanti colonne di granito dal primo piano<br />
all’atrio crea problemi e fa aumentare il preventivo di spesa. (40) nello<br />
scarno elenco di mobili e suppellettili del 1935 vengono menzionate<br />
nella Sala delle adunanze al secondo piano (l’odierna Sala<br />
per le adunanze della classe di scienze fisiche) una «statua in gesso<br />
di Quintino Sella» e una «cornice con quadro ad olio di Federico<br />
cesi». Su questo gesso che raffigura Sella si tornerà tra poco.<br />
occorre poi allargare il discorso sulle celebrazioni dedicate alla<br />
memoria di Sella al resto della città, e in particolare al monumen-<br />
(38) roma, archivio centrale dello Stato (d’ora in avanti citato con la sigla acS),<br />
Ministero <strong>dei</strong> lavori pubblici, Segretariato generale opere governative ed edilizie per<br />
roma, busta 157, fascicolo 449. per il contratto di Bruni cfr. roma, archivio Storico<br />
capitolino, piano regolatore, pos. 5 B. 46, fasc. 2 e<br />
(39) roma, accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei, archivio storico, reale accademia<br />
<strong>dei</strong> lincei, economato, busta 2, fascicolo 5.<br />
(40) roma, archivio della reale accademia d’italia, ufficio tecnico, Busta 3,<br />
fasc. 15. Di fronte al busto di Sella, nel corridoio che conduce al giardino di palazzo<br />
corsini, sulla mezza colonna destinata presumibilmente ad ospitare il busto di cesi è<br />
oggi sistemata una scultura antica rappresentante una testa di heracles del tipo Farnese.<br />
cfr. g. de lu C a, I monumenti antichi di Palazzo Corsini in Roma, roma 1976,<br />
i, p. 25.<br />
104
to inaugurato nella primavera del 1893 davanti al Ministero delle<br />
Finanze, citando una fonte inedita del 1894.<br />
la storia del monumento di ettore Ferrari, ampiamente nota<br />
e documentata, (41) certamente esula dalle finalità di questo contributo,<br />
ma proprio in margine ad un argomento così studiato, anche<br />
recentemente, troviamo notizie decisamente rilevanti nel quadro di<br />
quella «geografia» <strong>dei</strong> luoghi dell’omaggio a Sella all’interno di<br />
palazzo corsini che ci siamo proposti di approfondire.<br />
tra i documenti della commissione istituita dal governo per<br />
seguire i lavori del monumento è attestato un verbale di consegna<br />
ai lincei inerente a due bozzetti. (42) esso è datato 9 aprile 1894 e<br />
documenta la consegna ai lincei, nella persona dell’ingegner ernesto<br />
Mancini, segretario d’ufficio dell’accademia, di due bozzetti in<br />
gesso, uno del monumento completo, l’altro solo della statua, entrambi<br />
di Ferrari. l’ingegner Mancini dichiara che i bozzetti sono<br />
delle seguenti misure: quello completo del monumento ha altezza<br />
di m. 1,65 e base di m. 1,05 × 0,95, quello della statua ha altezza<br />
di m. 1,06, compreso il basamento.<br />
per il nostro percorso nelle stanze di palazzo corsini è molto<br />
interessante quanto si legge in seguito: «tutti e due i bozzetti<br />
come sopra specificato sono stati collocati al 2° piano, quello del<br />
monumento nella sala che precede il grande salone delle sedute ordinarie<br />
che si tengono all’accademia e quello della statua nel precitato<br />
salone delle adunanze, dietro il banco della presidenza». (43)<br />
Quest’ultimo, il bozzetto in gesso della sola statua, si trovava ancora<br />
al suo posto nel 1935, quando viene ricordato nell’inventario<br />
citato, (44) mentre dell’altro, sistemato nel 1894 «nella sala che precede<br />
il grande salone delle sedute ordinarie» (l’odierna sala del-<br />
(41) cfr. nota 4.<br />
(42) acS, presidenza consiglio <strong>dei</strong> Ministri, commissione reale per il monumento<br />
a Q. Sella 1884-1894, fascicolo 7.<br />
(43) il «grande salone» è la sala dove avvengono le riunioni della classe di<br />
Scienze Fisiche, mentre l’ambiente che lo precede potrebbe essere la sala per le riunioni<br />
della classe di Scienze Morali.<br />
(44) cfr. nota 40.<br />
105
le adunanze di Scienze Morali) nel 1935 non c’era più traccia. Si<br />
trattava di una scultura abbastanza grande, se, come credo, dalla<br />
descrizione del verbale ottocentesco citato dobbiamo congetturare<br />
un’altezza complessiva (la statua poggiata sul basamento con le<br />
due statue della Legge e del Genio della Finanza) di m. 1,65.<br />
Dunque, quando nel 1894 le due statue in gesso giungono a<br />
palazzo corsini, i luoghi del ricordo di Sella nell’edificio si moltiplicano:<br />
dal primo piano, dove poco meno di dieci anni prima il<br />
re aveva ammirato il busto di Dies al secondo, nelle aule che vedono<br />
l’attività ordinaria, quotidiana degli scienziati e <strong>dei</strong> letterati<br />
che si riuniscono e lavorano qui; dalla celebrazione nel grande<br />
e imponente salone, sull’onda dell’emozione della morte e del solenne<br />
discorso di Brioschi un anno dopo, al ricordo vero e proprio,<br />
forse più intimo ed attento, nelle stanze del secondo piano, dove<br />
dopo un decennio vengono posti i due bozzetti.<br />
la celebrazione, voluta dai lincei con il busto commissionato<br />
a Dies, è fin dall’inizio legata all’accostamento simbolico con<br />
cesi in una vicinanza fisica e concettuale (il discorso di Brioschi,<br />
ma anche la semplice lettera circolare (45) nella quale il segretario<br />
tommasini il 20 marzo 1884 chiede a tutti i soci di contribuire alla<br />
sottoscrizione e dove si accostano esplicitamente il busto di Sella,<br />
non ancora realizzato, a quello di cesi) che dà sostanza e significato<br />
al linguaggio e al codice di comunicazione delle immagini.<br />
il ricordo, che ci parla attraverso i due bozzetti sistemati al<br />
secondo piano, nelle stanze di lavoro, è probabilmente mosso da<br />
un’iniziativa esterna, quella del ministro della pubblica istruzione,<br />
il quale in una lettera al presidente del consiglio scrive che<br />
«in nessun altro luogo meglio che nelle sale dell’accademia stessa<br />
possa essere collocato e conservato il bozzetto del monumento<br />
eretto testé in roma dallo scultore ercole Ferrari». la lettera continua<br />
con la richiesta del ministro di «farne consegna al senatore<br />
(45) roma, accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei, archivio storico, reale accademia<br />
<strong>dei</strong> lincei, economato, busta 2, fascicolo 5.<br />
106
Francesco Brioschi, presidente dell’accademia <strong>dei</strong> lincei, al quale<br />
io farò subito conoscere questo mio desiderio». (46)<br />
la celebrazione e il ricordo sono dunque caratterizzati da cambiamenti,<br />
spostamenti e migrazioni. Se infatti il busto di Dies viene<br />
spostato dal luogo originario, non subiscono una diversa sorte<br />
i due bozzetti. Quello dell’intero monumento, oggi non rintracciabile,<br />
viene spostato dal primo luogo di collocazione in un momento<br />
imprecisato prima del 1935, mentre l’altro, più piccolo, è ancora<br />
al suo posto a questa data (Fig. 10). (47) lo spostamento e la<br />
sostituzione con una statua in bronzo di quest’ultimo rappresentano<br />
una storia molto più recente (Fig. 11).<br />
nella riunione accademica del 24 giugno 1969 il presidente<br />
dell’accademia Beniamino Segre informa il consiglio che il<br />
socio giulio cesare pupilli (1893-1973) ha proposto di sostituire<br />
con una statua di Quintino Sella in bronzo quella in gesso esistente<br />
(si allude al bozzetto della statua collocato al secondo piano<br />
del palazzo nel 1894). Segre aggiunge anche la proposta di utilizzare<br />
per la fusione in bronzo un «calco diverso dall’attuale», pertanto<br />
non quello in gesso di Ferrari, ma uno nuovo appositamente<br />
realizzato (Fig. 12). (48) il proposito viene realizzato e nell’Inventario<br />
<strong>dei</strong> mobili dell’accademia <strong>dei</strong> lincei, al numero 3417, si legge<br />
«Statua in bronzo raffigurante Quintino Sella alta circa un metro».<br />
la scultura, con un valore stimato di 400.000 lire, viene presa<br />
in carico con verbale del 30 /11 /1970 e si trova oggi nella Sala<br />
di Scienze Fisiche.<br />
ancora una sorpresa per il nostro percorso nei luoghi della memoria<br />
di Sella riserva la lettura del verbale del consiglio di presidenza<br />
del 31 ottobre 1969: dopo l’approvazione di un preventivo<br />
(46) acS, presidenza consiglio <strong>dei</strong> Ministri, commissione reale per il monumento<br />
a Q. Sella 1884-1894, fascicolo 7.<br />
(47) oggi il bozzetto di gesso si conserva al secondo piano di palazzo corsini<br />
(«Sala verde»).<br />
(48) roma, accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei, archivio, Verbale <strong>dei</strong> consigli di<br />
presidenza del 1969. il gesso utilizzato per il calco si conserva nei depositi di Villa<br />
Farnesina.<br />
107
108<br />
Fig. 10
Fig. 11<br />
109
110<br />
Fig. 12
di 600.000 lire per la riproduzione in bronzo <strong>dei</strong> busti in gesso <strong>dei</strong><br />
presidenti eugenio Beltrami, Francesco Brioschi e angelo Messedaglia,<br />
si legge anche dell’intenzione di «collocare nel fondo della<br />
sala di Scienze Fisiche la statua in marmo di Quintino Sella». (49)<br />
Si tratta del busto di Dies (a quella data collocato al piano terra),<br />
l’unica statua «in marmo» di Sella. Si pensò forse ad uno spostamento<br />
dalla galleria di accesso al giardino, in seguito non realizzato<br />
presumibilmente per motivi logistici.<br />
la lacunosità della documentazione non consente risposte precise,<br />
ma resta comunque la testimonianza di una memoria celebrativa<br />
e di un ricordo ancora vivi, della necessità di comprendere<br />
l’effigie di Sella tra i numi tutelari ed ispiratori <strong>dei</strong> lavori e delle<br />
fatiche lincei, nelle sale dove i Soci si riuniscono, come già nel<br />
lontano 1884 aveva vagamente intuito il pittore capocci con la sua<br />
proposta di un quadro ad olio per la biblioteca, altro luogo di lavoro<br />
per gli studiosi. l’intento non era stato ottenuto con il busto di<br />
Dies, monumentale, somigliante, celebrativo, ma, per una serie di<br />
ragioni, soprattutto pratiche, non adatto a quello scopo, raggiunto<br />
alla fine solo quasi cento anni dopo, quando i lincei, ormai pienamente<br />
ambientati nel palazzo di via della lungara, ne abitano gli<br />
spazi e ne interpretano i luoghi più consapevolmente.<br />
ancora un’osservazione, per concludere un ideale cerchio che<br />
va dalla memoria romana in Via XX settembre (collocazione originariamente<br />
decisa e posta in essere) al cortile di palazzo corsini,<br />
dove secondo le intenzioni di alcuni deputati, nel dibattito che<br />
accompagnò la stesura e l’approvazione del progetto di legge, il<br />
monumento avrebbe dovuto essere collocato fin dall’inizio. (50)<br />
Quasi un ideale incrocio di intenzioni e di intenti sembra guidare<br />
il dipanarsi di questa «storia per immagini». il bozzetto dell’opera<br />
di Dies (e poi la sua successiva versione in bronzo, più grande<br />
e monumentale, promossa dalla presidenza Segre), immagine<br />
(49) Ivi, 31 ottobre 1969.<br />
(50) l’intera questione è stata studiata e documentata in l. Be r G G r e n - l. SJo-<br />
S t e d t, L’ombra <strong>dei</strong> Grandi, cit., pp. 111-117.<br />
111
dell’uomo di stato, offerta all’omaggio pubblico nell’ambiente urbano<br />
di roma, è collocata all’interno del palazzo, nelle stanze di<br />
lavoro al secondo piano, in una dimensione «privata», poco accessibile<br />
dall’esterno.<br />
D’altra parte il busto di Dies, per il quale molti aggettivi ne<br />
sottolineano l’eccezionalità («grande più del vero», «somigliantissimo»),<br />
ricordo dello scienziato (la presenza <strong>dei</strong> libri che fanno da<br />
base) voluto dai lincei, fu offerto fin dall’inizio alla vista del pubblico,<br />
negli spazi aperti del Salone delle adunanze Solenni, visibile<br />
dalla stampa periodica (fin dal giorno 11 giugno 1885) e poi<br />
collocato in posizione tale da essere notato anche da chi sostava<br />
nell’atrio del palazzo.<br />
l’immagine del politico (voluta e finanziata dallo Stato) che<br />
abita e caratterizza i luoghi dello scienziato, le stanze che l’avrebbero<br />
visto lavorare se una morte tutto sommato prematura e inaspettata<br />
non l’avesse fermato, la figura dello scienziato (commissionata<br />
da altri studiosi) che si offre alla vista e al ricordo di un<br />
pubblico più vasto: singolare e forse non casuale commistione di<br />
pubblico e privato per una figura così significativa come quella di<br />
Quintino Sella.<br />
112<br />
eB e an t e t o m a S o
le ragioni Di una MoStra<br />
il 5 dicembre 2011 si apriva a palazzo corsini, nell’ambito delle<br />
celebrazioni per il centocinquantesimo anniversario dell’unificazione<br />
del paese, il convegno «Quintino sella scienziato e statista<br />
per l’unità D’italia»: nel corso di due fitte giornate, numerosi<br />
interventi di economisti, scienziati, storici insigni hanno dimostrato<br />
l’interesse profondo che ancora suscitano nella migliore cultura<br />
italiana la figura e l’operato dello scienziato e statista biellese.<br />
nel tardo pomeriggio dello stesso giorno, alla presenza del capo<br />
dello Stato, veniva inaugurata negli splendide sale della Biblioteca<br />
accademica la mostra storico-documentaria «Quintino Sella linceo»,<br />
realizzata in collaborazione con la Fondazione Sella di Biella<br />
e altre istituzioni. Quali dunque le ragioni di questa esposizione,<br />
al di là della ricorrenza celebrativa? non è superfluo sottolineare<br />
che l’accademia <strong>dei</strong> lincei non poteva festeggiare in modo più appropriato<br />
il centocinquantesimo anniversario dell’unità d’italia se,<br />
come vedremo, l’accademia fu di fatto rifondata durante la presidenza<br />
Sella (1874-1884), in una roma ormai annessa al paese<br />
grazie in primo luogo alla sagacia politica dello statista piemontese.<br />
tale motivazione sarebbe più che sufficiente ma ritengo che<br />
l’importanza e l’attualità della lezione di Sella, lungo una carriera<br />
complessa e multiforme ma di rara coerenza, siano già state sottolineate<br />
in modo magistrale nel 1985 da carlo Dionisotti nel suo<br />
Ricordo di Quintino Sella:<br />
il Sella capì l’urgenza di una riforma scientifica dell’alta cultura italiana,<br />
promossa e diretta dallo Stato. non c’era rischio che in italia si esaurisse<br />
il flusso poetico e retorico a uso interno; c’era invece, che venisse<br />
113
meno l’informazione del progresso scientifico altrui e con ciò la collaborazione<br />
italiana a quel progresso. (1)<br />
Queste parole di Dionisotti lumeggiano a mio avviso l’intera<br />
carriera di Sella, dagli studi giovanili alla presidenza dell’accademia<br />
<strong>dei</strong> lincei. e proprio tale mirabile carriera costituisce l’oggetto<br />
di questa mostra. costante fu in lui, fin dai primi bilanci delle<br />
esperienze fatte a parigi attorno al 1848, una preoccupazione: evitare<br />
l’eccessiva influenza francese sulla politica e la cultura italiana<br />
e, allo stesso tempo, rendere l’italia partecipe dell’impressionante<br />
progresso tecnico e scientifico che aveva luogo allora in<br />
inghilterra e soprattutto in germania, paesi ammirati e visitati da<br />
Sella nei suoi giovanili anni di peregrinazione e di apprendistato<br />
(1851-52). Fin dal 1849 infatti il suo giudizio sulla Francia e sui<br />
Francesi è severo:<br />
gli scienziati e i letterati per la massima parte non hanno altro idolo che<br />
i posti, e le rendite […]. giammai io vidi la dignità umana tanto abbassata<br />
quanto in questa parigi che pur ha la pretensione d’essere la capitale<br />
d’ogni umano progresso. Quindi è che noi italiani siamo ben semplici,<br />
anzi minchioni e stolti assai quando aspettiamo aiuto e soccorso<br />
dalla Francia per liberarci. (2)<br />
Quella Francia che, almeno dalla seconda metà del XVii secolo,<br />
era stata il veicolo privilegiato della cultura moderna per l’italia,<br />
finiva per essere pesantemente ridimensionata già nel pensiero<br />
giovanile di Sella e associata, in ultima analisi, a un’idea di cultura<br />
retorica, letteraria, intimamente corrotta e decadente, assai simile<br />
a quella cultura deteriore, «arcadica», che egli si proponeva<br />
di combattere in italia: si avvertono già in nuce le considerazioni<br />
che lo avrebbero portato a perorare la neutralità italiana nella guerra<br />
franco-prussiana durante la fatale estate del 1870.<br />
(1) Ca r l o di o n i S o t t i, Ricordo di Quintino Sella (1985), in Appunti sui moderni.<br />
Foscolo, Leopardi, Manzoni e altri, Bologna 1988, p. 379.<br />
(2) Quintino Sella a giuseppe Venanzio Sella [parigi, luglio 1849], in Epistolario<br />
di Quintino Sella, a cura di guido e Marisa Quazza, vol. i, 1842-1865, roma<br />
1980, p. 108.<br />
114
Muovendo da questo assunto, è possibile individuare la profonda<br />
coerenza sottesa all’intera carriera di Sella, una coerenza che<br />
ha ispirato a guido Quazza il titolo della sua monografia maggiore:<br />
L’utopia di Quintino Sella. La politica della scienza. (3) già, la<br />
politica della scienza: un ideale regolativo che Sella formula compiutamente<br />
piuttosto tardi, negli anni della presidenza dell’accademia<br />
<strong>dei</strong> lincei, ma che in fondo è già presente in un appunto<br />
del 24 maggio 1848 conservato a Biella presso la Fondazione Sella<br />
ed esposto nella mostra lincea: «[…] il mio scopo, salvo le eccezioni<br />
straordinarie, è ora fisso davanti a me, ed è quello di cercare<br />
in ogni modo di formare la mia educazione prima per riescire<br />
atto alla specialità a cui mi sono dedicato, e quindi per poter servire<br />
al bene dell’italia dedicandomi all’insegnamento»: (4) il bene<br />
del paese passa dunque attraverso l’insegnamento, la diffusione e<br />
la promozione della scienza. ed è questo lo scopo al quale tende<br />
già tutta la prima fase della carriera di Sella, dalla laurea in ingegneria<br />
idraulica a torino (1847) al suo ingresso in politica, dopo<br />
non pochi ripensamenti, nel 1860. in fase di allestimento della mostra<br />
ci si è inoltre resi conto di come la carriera dello statista biellese<br />
potesse essere idealmente suddivisa in tre fasi, che sembrano<br />
corrispondere ai momenti cardine della dialettica hegeliana (un’altra<br />
forma di «scienza» ottocentesca, se vogliamo, e soprattutto se<br />
consideriamo la semantica storica delle parole): a una «tesi» (il<br />
giovanile impegno scientifico e universitario) segue un’«antitesi»,<br />
un calarsi nel «negativo» della realtà concreta (l’impegno politico<br />
dal 1860 alla caduta del ministero lanza-Sella nel 1873), e infine<br />
una «sintesi», un’Aufhebung, ossia un «superamento» dialettico<br />
di entrambe le posizioni precedenti (la presidenza dell’accademia<br />
<strong>dei</strong> lincei, dal 1874 alla morte, e la connessa «utopia» della «politica<br />
della scienza», tesa a trasformare roma in un centro scientifico<br />
di rilievo internazionale e a promuovere in tutto il paese il<br />
(3) Gu i d o Qu a z z a, L’utopia di Quintino Sella. La politica della scienza, torino<br />
1992.<br />
(4) cfr. la scheda n. 5 del presente catalogo.<br />
115
progresso tramite la diffusione delle competenze tecnico-scientifiche).<br />
Questa tripartizione ha consentito di suddividere agevolmente<br />
la mostra in tre sezioni cronologiche e tematiche, denominate<br />
appunto «Sella scienziato», «Sella statista» e «Sella linceo», alle<br />
quali è stata aggiunta una piccola sezione iconografica (caricature,<br />
dipinti, documenti, giornali d’epoca ecc.) a conclusione del percorso<br />
espositivo. Fin dalla prima sezione è evidente lo straordinario<br />
impegno di Sella in ambito scientifico e culturale: eminente studioso<br />
di mineralogia, e in particolare di cristallografia, egli fece suo<br />
da subito un ideale educativo che comprendesse, secondo l’esempio<br />
degli amati classici, la cura strenua del corpo. il Sella alpinista<br />
e futuro fondatore del club alpino italiano (5) fa infatti tutt’uno<br />
con il Sella studioso, docente e organizzatore di cultura lato sensu<br />
(si potrebbe quasi affermare che egli intuisca e prefiguri in qualche<br />
modo la moderna organizzazione del leisure time, propria delle<br />
società capitalistiche avanzate).<br />
Di fronte alla richiesta rivoltagli da cavour ai primi del 1860<br />
di entrare nella vita politica attiva, il professor Sella dapprima vacilla,<br />
preda di dubbi e incertezze: «Del resto io mi terrei per venturato<br />
se le cose si aggiustassero in guisa che non venissi punto<br />
proposto a candidato. […] le occupazioni politiche mi trascinerebbero<br />
poco a poco lungi dallo studio, e questo è ciò che più mi<br />
spaventa». (6) eppure, superate le prime titubanze, Sella seppe rivelarsi<br />
politico risoluto e dalle idee chiare e distinte: il rigore etico<br />
consustanziale alla sua formazione scientifica lo portò sempre<br />
ad assumere posizioni nette, rigorose, dalle proverbiali «economie<br />
fino all’osso» alla costruzione – provvista di alto valore simbolico<br />
– del palazzo del Ministero delle Finanze, (7) solo per citare, tra<br />
(5) Qu a z z a, L’utopia di Quintino Sella, cit., pp. 339-345.<br />
(6) Quintino Sella a giuseppe Venanzio Sella (torino, 28 febbraio 1860), in<br />
Epistolario, cit., i, pp. 248-249. Si veda anche, per un approfondimento, la scheda n.<br />
31 del presente catalogo.<br />
(7) Qu i n t i n o Se l l a, Discorsi parlamentari, i, roma 1887, p. 313: «io prendo<br />
la responsabilità della costruzione del palazzo per il Ministero delle finanze […]<br />
116
i tanti possibili, due esempi preclari del suo operato politico. Ma<br />
l’ora topica di Quintino Sella, il suo momento più alto, doveva arrivare<br />
in quell’estate del 1870, quando l’antica diffidenza (e disistima)<br />
verso i Francesi, l’acquisita esperienza politica, il prestigio<br />
personale, l’ammirazione per il mondo scientifico e istituzionale tedesco<br />
dovevano contribuire tutti a quel capolavoro politico e diplomatico<br />
che fu la neutralità italiana nella guerra franco-prussiana, (8)<br />
alla quale seguì l’annessione di roma allo Stato unitario. a questo<br />
trionfo personale succedettero tuttavia varie delusioni politiche<br />
(il ritardato ingresso in roma del sovrano, (9) la caduta del governo<br />
Sella-lanza nel giugno del 1873, proprio a causa del rigore finanziario<br />
da lui perseguito), alle quali Sella seppe reagire moltiplicando<br />
il suo impegno per l’accademia <strong>dei</strong> lincei.<br />
e proprio nell’ultimo decennio della sua vita Sella combatté<br />
la sua battaglia più impegnativa: la «nuova» accademia <strong>dei</strong> lincei,<br />
provvista dopo la riforma dello statuto del 1875 anche di una<br />
classe di Scienze Morali, avrebbe dovuto trasformarsi in un centro<br />
di propagazione della cultura nazionale, che promuovesse il sapere<br />
in tutto il paese e contribuisse a trasformare roma in una «città<br />
della scienza», ove l’universalismo laico avrebbe dovuto competere<br />
con quello dell’autorità pontificia. (10) generosa utopia, sorretta<br />
dall’eccezionale energia e dalla tenacia di Sella, ma destinata a<br />
scontrarsi da subito con la difficoltà a reperire finanziamenti adeguati<br />
da parte <strong>dei</strong> Ministeri della Sinistra, che sentiva a lui personalmente<br />
ostili, (11) come pure con l’oggettiva arretratezza culturale<br />
di roma e del paese tutto. ciò nonostante, le nomine a socio<br />
una volta decisa la costruzione del Ministero, per parte mia mi limitai a fissarne la<br />
capacità, la disposizione […]. insomma determinai la pianta dell’edificio ed il genere<br />
di costruzione […]. Ma quanto alla decorazione esterna, all’architettura, siccome<br />
è il Ministero <strong>dei</strong> lavori pubblici che s’incarica degli edifizi demaniali, io non volli<br />
mai vedere nulla».<br />
(8) cfr. la scheda n. 38 del presente catalogo.<br />
(9) cfr. la scheda n. 41 del presente catalogo.<br />
(10) cfr. in merito i saggi di tullio gregory e di Marco guardo in questo catalogo.<br />
(11) cfr. la scheda n. 61 del presente catalogo.<br />
117
di charles Darwin o di herbert Spencer nel biennio 1875-76 testimoniano<br />
in modo eloquente la direzione auspicata da Sella per<br />
la scienza italiana. ormai sfibrato dalle troppe fatiche e delusioni,<br />
nell’ultima fotografia Sella ha l’aspetto di un vecchio; il 28 dicembre<br />
1883 egli scrive da Biella a luigi Blaserna: «Quando si<br />
comincia ad essere in uggia alla gente, è proprio meglio togliersi<br />
d’innanzi immediatamente. Si sta subito meglio tutti, e chi va e chi<br />
resta». (12) Quintino Sella moriva a Biella il 14 marzo 1884: come<br />
ebbe a dire Dionisotti, «certo visse e morí nella fede di una pacifica<br />
e civile competizione internazionale, aperta anche alla nuova<br />
italia. Morí prima che questa italia scegliesse l’altra via, retorica<br />
piuttosto che scientifica, del nazionalismo, del colonialismo e della<br />
guerra». (13) non saprei trovare miglior epitaffio per la figura di<br />
Quintino Sella, nei confronti del quale questa mostra storico-documentaria<br />
intende essere rispettoso e deferente omaggio.<br />
118<br />
al e S S a n d r o ro m a n e l l o<br />
(12) cfr. Qu a z z a, L’utopia di Quintino Sella, cit., p. 568. Questa lettera di Sella<br />
a Blaserna è conservata presso la Biblioteca dell’accademia nazionale <strong>dei</strong> lincei<br />
e corsiniana, archivio linceo 134, carteggio Blaserna.<br />
(13) di o n i S o t t i, Ricordo di Quintino Sella, cit., p. 388.