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a cura di Giulia Albanese, daniela Luigia caglioti, Barbara curli ...

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68<br />

2. 1914-1945<br />

le riviste d e l 2008<br />

a <strong>cura</strong> <strong>di</strong> <strong>Giulia</strong> <strong>Albanese</strong>, <strong>daniela</strong> <strong>Luigia</strong> <strong>caglioti</strong>, <strong>Barbara</strong> <strong>curli</strong>,<br />

olindo de napoli, Antonio Ferrara, domenica La Banca, Marco Rovinello<br />

con ben 81 articoli, il trentennio compreso tra la prima e la seconda guerra mon<strong>di</strong>ale<br />

continua a essere il periodo a cui le riviste, e gli stu<strong>di</strong>osi italiani, de<strong>di</strong>cano la maggiore<br />

attenzione. Le guerre, ma soprattutto il fascismo, sono gli argomenti che la fanno da padrone.<br />

L’italia predomina anche se non mancano le aperture internazionali.<br />

Grande guerra<br />

La prima guerra mon<strong>di</strong>ale è il comune contesto cronologico <strong>di</strong> contributi assai <strong>di</strong>versi<br />

tra loro e che riguardano in prevalenza il caso italiano: mentre su RsR Malatesta<br />

analizza, in una prospettiva che incrocia la storia dell’architettura con l’histoire bataille,<br />

le opere fortificate italiane della grande guerra in Valtellina, gli articoli <strong>di</strong> ceschin e Kuprian,<br />

inseriti nel numero monografico <strong>di</strong> MR de<strong>di</strong>cato ad Armi e politica, indagano la<br />

<strong>di</strong>alettica tra potere politico e militare rispettivamente nell’italia intenta a sconfiggere il<br />

<strong>di</strong>sfattismo anti-bellicista successivo a caporetto e nell’impero asburgico delle <strong>di</strong>sposizioni<br />

straor<strong>di</strong>narie e della militarizzazione della società civile.<br />

nel contributo <strong>di</strong> Mazza, su cont, la guerra s’intreccia invece con la vicenda delle<br />

chiese cristiane <strong>di</strong> Gerusalemme, <strong>di</strong> cui l’a. ricostruisce lo stretto legame con il tessuto<br />

socio-politico citta<strong>di</strong>no in epoca pre-bellica, il ruolo nella competizione per la custo<strong>di</strong>a<br />

dei Luoghi santi e le strategie <strong>di</strong> sopravvivenza messe in atto negli anni del conflitto e del<br />

nascente pericolo sionista.<br />

<strong>di</strong> altro tenore è il saggio <strong>di</strong> caponi, su Mc, nel quale si <strong>di</strong>segna la parabola che portò<br />

Romolo Murri dal cattolicesimo democratico a posizioni filo-fasciste, ricostruendo in particolare<br />

la sua attività <strong>di</strong> pubblicista interventista durante il primo conflitto mon<strong>di</strong>ale.<br />

con un approccio più vicino alla tra<strong>di</strong>zionale storia delle relazioni internazionali e<br />

fruendo della documentazione conservata nell’Archivio segreto vaticano, Miranda analizza<br />

invece le tre fasi che caratterizzano i contatti tra la santa sede e gli stati uniti durante<br />

l’ultimo periodo della guerra e la conferenza <strong>di</strong> pace, mostrando come Benedetto XV sia<br />

stato tra i primi a riconoscere la preminenza degli usA nel quadro geopolitico internazionale<br />

delineatosi all’indomani del conflitto.<br />

Attorno al nodo della guerra sono infine da menzionare altri due saggi: quello <strong>di</strong><br />

cigliano su ss e quello <strong>di</strong> Bianchi su dep. nel primo si ricostruiscono le rappresentazioni<br />

del nemico e le definizioni della guerra così come esse si realizzarono nella Russia<br />

impegnata nel conflitto mon<strong>di</strong>ale. nel secondo si guarda alla guerra dal punto <strong>di</strong> vista


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pacifista <strong>di</strong> Anna Ruth Fry, responsabile del comitato per l’aiuto delle vittime della guerra<br />

dal 1914 al 1926. L’a., dopo una breve ricostruzione della vicenda personale della protagonista,<br />

pone al centro della ricerca l’attività svolta dal comitato, nato in Gran Bretagna<br />

proprio nell’anno <strong>di</strong> inizio del primo conflitto mon<strong>di</strong>ale, in vari paesi quali la Francia,<br />

durante la guerra, e in Russia, Austria e Germania nei primi anni ’20.<br />

Weimar<br />

Le ra<strong>di</strong>ci della «debolezza» <strong>di</strong> Weimar, questione storiografica ricorrente, sono indagate<br />

da angolazioni <strong>di</strong>verse: le contrad<strong>di</strong>zioni che attraversano la socialdemocrazia già in<br />

età guglielmina (natoli), la mancata modernizzazione politico-sociale delle classi <strong>di</strong>rigenti<br />

nel primo dopoguerra (Jahr), le <strong>di</strong>fficoltà ad affrontare la crisi economica montante sul<br />

finire degli anni ’20 (Fonzi). Allo scopo <strong>di</strong> recuperare una storiografia politica del movimento<br />

operaio a suo <strong>di</strong>re penalizzata dalla storiografia economica e sociale e della cultura<br />

della classe operaia, natoli riflette sullo sciopero politico <strong>di</strong> massa nel primo decennio del<br />

’900 attraverso un’analisi comparata del confronto interno alle socialdemocrazie tedesca<br />

e austriaca: fedele a una «prassi atten<strong>di</strong>stica e sostanzialmente moderata» (p. 87), <strong>di</strong> autoisolamento<br />

avverso alla conflittualità sociale, la prima; più propensa al coinvolgimento<br />

dei sindacati contro le leggi antisocialiste la seconda, che avrebbe fatto della lotta per<br />

il suffragio un aspetto del progetto <strong>di</strong> «trasformazione dell’intero assetto istituzionale»<br />

dell’impero (p. 94), prelu<strong>di</strong>o alla «Vienna rossa» del primo dopoguerra. in Germania, le<br />

<strong>di</strong>fficoltà tanto ad esautorare le vecchie élites imperiali quanto anche solo a riconciliarle<br />

con il nuovo or<strong>di</strong>ne democratico postbellico sono viste da Jahr attraverso lo snodo storiografico<br />

– già molto esplorato – della mancata «repubblicanizzazione» dell’esercito e della<br />

mancata imposizione del «primato della politica» (che, come <strong>di</strong>mostra l’a,. fu essa stessa<br />

una scelta politica), una questione che infatti si riproporrà nella <strong>di</strong>scussione della metà<br />

degli anni ’50 in occasione dell’ingresso della Germania occidentale nella nato.<br />

Stato ed economia nella grande crisi<br />

dopo avere lamentato, forse un po’ ingiustamente specie per quanto riguarda la storiografia<br />

anglosassone (non viene citato Aldcroft), la mancanza <strong>di</strong> interpretazioni sulla grande<br />

crisi del ’29 come cesura epocale del ’900, Fonzi ricostruisce il <strong>di</strong>battito scientifico interno<br />

agli economisti tedeschi sulle <strong>di</strong>rezioni da imprimere alla politica economica già prima<br />

del 1933, che avrebbe contribuito a ispirare intellettualmente, almeno in parte, la mano<br />

pubblica nazista. Questi temi, poco esplorati dalla storiografia italiana, offrono una serie<br />

<strong>di</strong> riflessioni sui tentativi <strong>di</strong> quegli anni (tedeschi, ma non solo) <strong>di</strong> ridurre la <strong>di</strong>pendenza<br />

dalla struttura liberale dell’economia mon<strong>di</strong>ale, intesa comunque negli anni del crepuscolo<br />

Il mestiere <strong>di</strong> storico, I / 2, 2009


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le riviste d e l 2008<br />

<strong>di</strong> Weimar come soluzione temporanea e reversibile alla grande crisi, poi invece caricata <strong>di</strong><br />

contenuti ideologico-imperialisti e militaristi nella seconda metà degli anni ’30, anche in<br />

seguito alla «crisi» interna del regime nazista del 1934 (p. 57), le cui priorità <strong>di</strong> consenso<br />

con<strong>di</strong>zionarono anche la politica monetaria, ispirata al timore dell’inflazione, per cui la<br />

stabilità dei salari <strong>di</strong>veniva «elemento consistente dell’equilibrio sociale su cui si fondava<br />

il nazionalsocialismo» (p. 95). sempre sul nodo dell’intervento dello stato nell’economia<br />

come risposta alla grande crisi, cerretano propone il paragone – piuttosto inusuale, ma<br />

stimolante – tra i casi inglese e italiano, in merito al ruolo delle banche centrali nei «salvataggi<br />

industriali». in entrambi i casi, all’origine dell’intervento statale stavano i timori<br />

per la <strong>di</strong>soccupazione in quei settori strategici e ad elevata intensità <strong>di</strong> capitale cresciuti in<br />

seguito alla guerra, per cui furono i governi a trasformare le banche centrali in strumenti <strong>di</strong><br />

intervento (p. 91) riducendone l’autonomia, un fenomeno (non esclusivamente italiano,<br />

dunque, anche se il caso italiano ha sue peculiarità) le cui ra<strong>di</strong>ci affondano nel mutamento<br />

del rapporto tra governi e banche centrali in seguito alla grande guerra.<br />

Fascismi e razzismi<br />

Alcuni <strong>di</strong> questi stessi temi sul rapporto tra stato e società si ritrovano nel saggio<br />

<strong>di</strong> Thomann, che ricostruisce il <strong>di</strong>battito storiografico sul «fascismo giapponese», criticandone<br />

la <strong>di</strong>mensione (molto con<strong>di</strong>zionata dalla storiografia marxista) <strong>di</strong> ricerca delle<br />

pre-con<strong>di</strong>zioni nel riformismo sociale tra fine ’800 e primi anni ’30. Questo, secondo l’a.,<br />

sarebbe stato invece ispirato a modelli <strong>di</strong>versi, dallo stato sociale bismarckiano all’igienismo<br />

positivista alle poor laws inglesi, al movimento transnazionale <strong>di</strong> riforme incentrato<br />

sull’oil, del quale il Giappone era membro, il tutto filtrato attraverso le concezioni tra<strong>di</strong>zionali<br />

giapponesi della solidarietà, i cui echi l’a. rinviene ancora nel corporativismo<br />

imperiale <strong>di</strong> guerra, secondo una visione <strong>di</strong> lungo periodo senza la quale non si capirebbe<br />

la costruzione del welfare giapponese postbellico.<br />

Alle concezioni del mondo «in termini <strong>di</strong> razze» sono de<strong>di</strong>cati i saggi <strong>di</strong> nanta sulla<br />

figura <strong>di</strong> Kiyono Kenji, antropologo e archeologo protagonista del <strong>di</strong>battito tra le due guerre<br />

sull’etnogenesi del popolo giapponese (ma il cui «legame» con l’unità 731 in Manciuria è<br />

curiosamente nominato solo en passant senza ulteriori specificazioni, p. 193); e quello <strong>di</strong><br />

Reggiani su Alexis carrel, me<strong>di</strong>co e umanista cattolico francese, premio nobel, recentemente<br />

oggetto <strong>di</strong> una polemica pubblica sul suo collaborazionismo negli anni <strong>di</strong> Vichy. se nella<br />

«via giapponese» al <strong>di</strong>battito sulla razza <strong>di</strong> quegli anni si mescolavano le suggestioni tanto<br />

<strong>di</strong> una «archeologia nazionale» volta a <strong>di</strong>mostrare l’identità tra razza e territorio, quanto <strong>di</strong><br />

un’antropologia coloniale che nell’idea <strong>di</strong> «meticciato» rinveniva invece le origini comuni<br />

delle popolazioni dell’arcipelago e dunque l’armoniosa multietnicità del progressivo dominio<br />

giapponese, si trattava anche <strong>di</strong> affermare un’autonoma identità etno-politico-culturale<br />

giapponese nei confronti dell’occidente. Mentre proprio all’idea <strong>di</strong> declino dell’occidente


le riviste d e l 2008 71<br />

tra le due guerre sono ispirate le posizioni eugenetiche <strong>di</strong> carrel – «i popoli moderni si<br />

potranno salvare sviluppando i forti, non proteggendo i deboli», scriveva nel 1938 (p. 12) –<br />

che l’avrebbero portato a una lettura «biologica» della stessa caduta della Francia.<br />

Il primo dopoguerra in Italia<br />

Al primo dopoguerra in italia e alla transizione dalla guerra al fascismo sono de<strong>di</strong>cati<br />

pochi saggi che si concentrano su movimenti, conflitti e organizzazioni e guardano in<br />

particolare al rapporto tra l’italia e il comunismo sia da un punto <strong>di</strong> vista ideologico che<br />

politico. Al centro <strong>di</strong> queste riflessioni, come nello scorso anno, la figura <strong>di</strong> Antonio Gramsci<br />

che non cessa <strong>di</strong> attirare l’attenzione degli stu<strong>di</strong>osi. d’orsi ne ripercorre la produzione<br />

giornalistica intorno al tema della prima guerra mon<strong>di</strong>ale soffermandosi su alcuni no<strong>di</strong><br />

centrali tra cui «la neutralità attiva e operante», il ruolo dell’intelligenza «tanto quella perversa<br />

volta a scatenare e giustificare la guerra, ricorrendo a menzogne e mezze verità; tanto<br />

quella salutare, necessaria per <strong>di</strong>svelare le ideologie dei ceti al potere» (p. 62), il 1917 come<br />

anno <strong>di</strong> «non ritorno» e il dopoguerra che, per Gramsci, «implica un mutamento ra<strong>di</strong>cale<br />

della situazione politico-sociale: nulla potrà essere come prima, né dovrà essere come prima;<br />

lo stato liberale è in mora: la guerra ha causato uno sconvolgimento troppo generale<br />

e profondo perché la situazione generale non ne risenta pesantemente» (p. 66). Auletta, su<br />

ss, invece, guarda al <strong>di</strong>alogo tra Antonio Gramsci e Piero sraffa, e la cifra <strong>di</strong> tale indagine<br />

si <strong>di</strong>pana principalmente intorno a tre articoli che il giovane economista pubblica nel 1921<br />

sull’«or<strong>di</strong>ne nuovo». denominatore comune dei tre lavori è l’analisi degli attacchi della<br />

classe capitalista a quella operaia con riferimento alla situazione inglese e americana. ne<br />

emerge: «un <strong>di</strong>alogo complesso e caratterizzato da fasi e momenti <strong>di</strong>versi, in cui affiorano<br />

anche le <strong>di</strong>fferenti posizioni tra i due su singoli problemi, ma che evidenzia inequivocabilmente<br />

la natura politica del loro rapporto, oltre quella amicale» (p. 207).<br />

Gramsci e il suo concetto <strong>di</strong> egemonia sono al centro anche <strong>di</strong> un saggio <strong>di</strong> <strong>di</strong> Biagio su<br />

PP che si occupa <strong>di</strong> rintracciare le fonti d’ispirazione del concetto gramsciano <strong>di</strong> egemonia e<br />

che per far questo ne indaga soprattutto il rapporto con l’opera e il pensiero leninista. Questo<br />

saggio ci introduce ad un’altro tema frequentato dalla storiografia italiana nello scorso anno<br />

e cioè quello dei rapporti ideologici tra italia, rivoluzione bolscevica e urss: Graziani analizza<br />

l’atteggiamento de «il Popolo d’italia» <strong>di</strong> fronte ai fatti avvenuti in Russia tra il 1917 e il<br />

1922 e sottolinea l’atteggiamento camaleontico del giornale che gradualmente si sposta da<br />

una posizione filo rivoluzionaria ad una <strong>di</strong> netta opposizione al modello russo post-rivoluzionario<br />

descritto come regime <strong>di</strong> «morte, terrore e <strong>di</strong>spotismo» (p. 85); drake in nsc de<strong>di</strong>ca<br />

un articolo a Palmiro Togliatti e soprattutto al suo ruolo <strong>di</strong> propagan<strong>di</strong>sta della rivoluzione<br />

bolscevica e <strong>di</strong> fedele alleato dell’urss, due ruoli entrambi giocati anche sul terreno dell’organizzazione<br />

culturale negli anni tra le due guerre ma soprattutto nel secondo dopoguerra.<br />

Restando in tema <strong>di</strong> socialdemocrazia, <strong>di</strong> comunismo e <strong>di</strong> movimento operaio, merita una<br />

Il mestiere <strong>di</strong> storico, I / 2, 2009


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le riviste d e l 2008<br />

segnalazione la ricerca sulle associazioni per ragazzi promosse dal movimento operaio <strong>di</strong> Fincar<strong>di</strong>,<br />

che si <strong>di</strong>stingue per l’ampiezza della bibliografia e il respiro internazionale.<br />

A un dopoguerra tutto italiano tornano Tobia con un saggio de<strong>di</strong>cato agli scioperi<br />

ferroviari nel 1920 e <strong>di</strong> Rienzo con un breve saggio de<strong>di</strong>cato alla marcia su Roma. il<br />

saggio è costruito intorno al «memoriale apologetico» presentato da cesare M. de Vecchi<br />

a sua <strong>di</strong>fesa davanti alla corte d’Assise <strong>di</strong> Roma nel 1947. secondo quanto contenuto<br />

nell’atto, l’ex gerarca fascista si sarebbe arrogato il merito <strong>di</strong> aver evitato che la marcia,<br />

così come pensata per il mese <strong>di</strong> agosto del 1922, <strong>di</strong>venisse una vera e propria guerra civile<br />

riuscendo a smontare quello che avrebbe dovuto essere «un or<strong>di</strong>gno <strong>di</strong> rivolta armato<br />

contro lo stato e contro il Re» (p. 415).<br />

Fascismo<br />

i contributi sul fascismo nelle riviste 2008 riguardano aspetti molto <strong>di</strong>versi, ma è<br />

possibile notare una convergenza significativa attorno ad alcuni temi: il principale sembra<br />

essere quello della nazionalizzazione fascista. Esposito riflette in Mc su una realtà periferica<br />

e particolare quale quella dell’Alto A<strong>di</strong>ge, mostrando l’incapacità e l’impossibilità del<br />

fascismo <strong>di</strong> sopprimere quoti<strong>di</strong>ani e perio<strong>di</strong>ci cattolici in lingua tedesca nel corso degli<br />

anni ’20 e fino al 1933. L’articolo, seppure in alcuni tratti un po’ scolastico, definisce, con<br />

completezza <strong>di</strong> dati e anche con un felice incrocio tra <strong>di</strong>mensione locale e nazionale, la<br />

situazione della stampa atesina (in italiano e in tedesco) e ricostruisce sia la concorrenzialità<br />

tra stampa cattolica e fascista nel corso dei primi anni del regime, che la capacità del<br />

clero tedesco atesino <strong>di</strong> resistere all’offensiva fascista, riuscendo a tutelare spazi <strong>di</strong> autonomia<br />

linguistica e culturale, caso raro nel ventennio. La Banca affronta, su cont, il ruolo<br />

della federazione napoletana dell’onmi nei suoi rapporti con la sede centrale, nonché le<br />

politiche provinciali <strong>di</strong> questa istituzione, ed evidenzia come, anche in questo ambito, sia<br />

necessario riscontrare i limiti delle politiche nazionali, orientate soprattutto ad azioni <strong>di</strong><br />

tipo propagan<strong>di</strong>stico –tema su cui si sofferma, in maniera ancora maggiore, in un secondo<br />

articolo pubblicato su Gen e de<strong>di</strong>cato alla giornata della madre e del fanciullo. sul fronte<br />

locale invece La Banca rileva da una parte l’attivismo della federazione napoletana rispetto<br />

ad altre realtà meri<strong>di</strong>onali, e dall’altra l’estrema lentezza dell’affermazione dell’onmi, per<br />

assenza <strong>di</strong> fon<strong>di</strong> e per la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> fascistizzazione della zona. Anche <strong>di</strong> Bartolo, in Mer,<br />

prende in considerazione il tema della fascistizzazione del meri<strong>di</strong>one, e della sicilia in<br />

particolare, attraverso l’analisi del ruolo dell’opera nazionale combattenti nella bonifica<br />

agraria, a partire dal riconoscimento che l’unica sede decentrata, a parte quella dell’Agro<br />

pontino, è proprio quella siciliana. Gli sventramenti dell’area dei Fori imperiali e il tentativo<br />

<strong>di</strong> rimodellare la capitale in maniera rispondente all’immaginario politico e culturale<br />

del fascismo sono analizzati da salsano, in cs, in un articolo attento agli effetti sociali <strong>di</strong><br />

queste politiche. salsano si occupa delle famiglie, appartenenti a vari strati sociali, costrette


le riviste d e l 2008 73<br />

a cambiare casa a causa delle politiche <strong>di</strong> sventramento nell’area dei Fori imperiali ed evidenzia<br />

come in ragione delle scelte urbanistiche del fascismo si assista a una ridefinizione<br />

sociale della capitale, <strong>di</strong> cui sarebbe interessante conoscere anche le conseguenze politiche.<br />

L’articolo <strong>di</strong> Ponzio, in Mc, approfon<strong>di</strong>sce, invece, la questione della formazione dei quadri<br />

dell’onb e la formazione e l’evoluzione dell’Accademia Fascista <strong>di</strong> Educazione Fisica<br />

(nome che più a lungo ha definito questa istituzione) a partire dal 1928. oltre a costituire<br />

un buon esempio <strong>di</strong> storia istituzionale, l’articolo offre la possibilità <strong>di</strong> verificare il significato<br />

<strong>di</strong> questa istituzione – anche attraverso la percezione <strong>di</strong>versa che ne ebbero i nazisti<br />

rispetto ai fascisti italiani –, e l’efficacia della costruzione dell’italiano nuovo attraverso<br />

uno degli aspetti chiave: la formazione dei quadri preposti a quest’attività. Emerge anche<br />

in questo caso l’importanza dell’appuntamento bellico come chiave <strong>di</strong> riflessione sulla<br />

sostanziale inefficacia <strong>di</strong> questo modello. sempre alla politica sportiva del regime è de<strong>di</strong>cato<br />

l’articolo <strong>di</strong> carli in MR che si occupa della rivista «olimpionica», pubblicata tra la<br />

primavera del 1927 e l’estate del 1928 per fare il punto sulla preparazione delle olimpia<strong>di</strong><br />

e degli atleti che vi avrebbero partecipato. <strong>di</strong> Peio infine riflette, in nsc, sul rapporto tra<br />

storia risorgimentale e fascismo a partire dalla cerimonia per i caduti per la causa <strong>di</strong> Roma<br />

italiana sul Gianicolo nel novembre 1941 – in piena guerra – e sulla monumentalizzazione<br />

della figura <strong>di</strong> Garibal<strong>di</strong> come elemento unificante delle politiche mussoliniane, fin dal<br />

viaggio del presidente del consiglio a caprera nel giugno 1923. La vicenda va pensata per<br />

<strong>di</strong> Peio non solo in relazione al ruolo <strong>di</strong> Garibal<strong>di</strong> nella storia d’italia e nelle continuità<br />

possibili tra fascismo e risorgimento, ma anche guardando al ruolo della famiglia Garibal<strong>di</strong><br />

e alle contese al suo interno – tra quella parte <strong>di</strong>ventata fascista e quella antifascista –, soprattutto<br />

all’indomani dell’inizio della guerra, una guerra combattuta anche, e con grande<br />

<strong>di</strong>fficoltà per gli ere<strong>di</strong> fascisti <strong>di</strong> Garibal<strong>di</strong>, contro la Francia.<br />

Anche la politica estera e le relazioni internazionali sono oggetto <strong>di</strong> un numero<br />

consistente <strong>di</strong> ricerche e riflessioni. si concentra specificamente sul rapporto <strong>di</strong>plomatico<br />

tra italia e Francia l’articolo <strong>di</strong> cecini su nsc, nel quale l’a. cerca <strong>di</strong> ricostruire le ragioni<br />

della mancata alleanza tra i due paesi nei primi anni ’30, attribuendone la completa<br />

responsabilità alla Francia e facendo ricadere su questa mancata alleanza le ragioni dello<br />

schieramento italiano nella guerra mon<strong>di</strong>ale, avanzando la <strong>di</strong>scutibile interpretazione secondo<br />

la quale l’italia si sarebbe trovata invischiata in un’alleanza che non le rispondeva<br />

pienamente e in una guerra che avrebbe voluto e potuto evitare. Pretelli, su cont, riflette<br />

sulle finalità e le forme della propaganda all’estero, e in particolare sull’efficacia dell’investimento<br />

fascista – che in conclusione viene definito «labile» – e quin<strong>di</strong> sulla ricezione<br />

e sui luoghi della propaganda più che sulla sua costruzione. i gruppi oggetto <strong>di</strong> questo<br />

ingente sforzo del regime sono gli emigranti italiani e le élite non italiane, queste ultime<br />

in vista <strong>di</strong> un possibile sostegno della politica estera fascista. Ad un analogo argomento è<br />

de<strong>di</strong>cato il saggio <strong>di</strong> cavarocchi che ricostruisce le attività svoltesi attorno alla casa italiana<br />

<strong>di</strong> Parigi e che aggiunge un ulteriore tassello al quadro dell’iperattivismo fascista alla<br />

ricerca del consenso nelle comunità italiane all’estero, del consolidamento delle relazioni<br />

Il mestiere <strong>di</strong> storico, I / 2, 2009


74<br />

le riviste d e l 2008<br />

tra emigrati e madre patria come parte della strategia <strong>di</strong> politica estera del regime, e dello<br />

sviluppo delle relazioni internazionali. Più volto all’osservazione degli investimenti politici<br />

del fascismo all’estero è l’articolo <strong>di</strong> chini, sempre in cont, de<strong>di</strong>cato ai finanziamenti<br />

italiani al partito <strong>di</strong> Mosley negli anni ’30. chini riesce a <strong>di</strong>mostrare alcuni dei canali del<br />

finanziamento fascista, oltre che ad in<strong>di</strong>carne l’entità e la variazione, in relazione all’evolversi<br />

delle relazioni politiche del regime con questo movimento (e viceversa). La vicenda<br />

del Buf è piuttosto nota, l’a., attraverso la questione dei finanziamenti, riflette sulla concorrenzialità<br />

tra italia fascista e Germania nazista, ma anche sull’importanza attribuita<br />

dal fascismo alla conquista politica alla propria ideologia del paese liberale per eccellenza.<br />

Baldoli analizza invece in Mi il ruolo dei fasci a Malta, uno <strong>di</strong> quei luoghi in cui l’azione<br />

nei confronti degli emigrati si confronta e confonde con la politica estera e <strong>di</strong> potenza<br />

italiana e con una contesa esplicita nei confronti della politica britannica sull’isola me<strong>di</strong>terranea.<br />

La contesa tra i due paesi a Malta avviene soprattutto sul piano culturale, storico<br />

e linguistico: l’italia ne esce sconfitta, anche se il processo è <strong>di</strong> lunga durata, e non basta la<br />

guerra a definire la vittoria della Gran Bretagna nel controllo culturale dell’isola.<br />

Appiattisce, invece, la <strong>di</strong>scussione sulla comparabilità e la comparazione del fascismo<br />

e quella sul totalitarismo fascista, <strong>di</strong> Rienzo che, nel suo articolo nella nRs, tenta <strong>di</strong><br />

banalizzare e derubricare il fascismo a «<strong>di</strong>ttatura morbida» ed attribuire a tutti quelli che<br />

la pensano <strong>di</strong>versamente da lui l’accusa <strong>di</strong> ideologismo. Per farlo, e soprattutto in opposizione<br />

a Emilio Gentile, <strong>di</strong> Rienzo basa la sua argomentazione sulla natura del progetto<br />

politico fascista sulle considerazioni <strong>di</strong> G. Volpe e G. Gentile.<br />

Alcuni stu<strong>di</strong> poi prendono in considerazione percorsi biografici che si <strong>di</strong>panano dentro<br />

il fascismo, a cavallo tra italia liberale e fascismo, ma anche tra fascismo e repubblica. Lo stu<strong>di</strong>o<br />

<strong>di</strong> Giorgi, in cs, sui funzionari coloniali fa luce sui <strong>di</strong>versi profili degli amministratori,<br />

tracciando un articolato percorso prosopografico, che evidenzia al tempo stesso le trasformazioni<br />

nell’amministrazione coloniale fascista, ma anche l’esigenza <strong>di</strong> ricorrere a competenze<br />

elaborate in periodo liberale, malgrado la <strong>di</strong>versità dei presupposti presenti. È così che categorie<br />

come quella <strong>di</strong> «intellettuale funzionario» e «intellettuale militante» ritrovano una loro<br />

ragion d’essere in ambito coloniale, e permettono <strong>di</strong> mostrare l’eterogeneità delle presenze e<br />

delle mentalità presenti nelle colonie. L’analisi del percorso biografico del giurista Piola caselli<br />

fatta da Melloni, in cs, mostra il ruolo svolto da quest’ultimo sia in italia, sia in Egitto.<br />

Piola caselli in italia fu uno dei principali esperti <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto d’autore e proprietà intellettuale,<br />

ma lavorò a lungo (quasi <strong>di</strong>ciotto anni) in Egitto con incarichi <strong>di</strong> vario tipo. L’a. mette in<br />

luce l’importanza del retroterra internazionale e il suo ruolo significativo, mentre – in linea<br />

con le riflessioni del giurista – scarsa attenzione viene data alle trasformazioni anche del<br />

contesto professionale <strong>di</strong> Piola caselli sotto il regime, e neppure si inquadra la legislazione<br />

sul <strong>di</strong>ritto d’autore nell’ambito <strong>di</strong> più vasti progetti <strong>di</strong> riforma in ambito nazionale (mentre<br />

gli aspetti internazionali, sono, anche in questo caso, ben evidenziati). scarantino ricostruisce<br />

invece in Mc il rapporto <strong>di</strong> amicizia che legò Papini a de Luca, riflettendo soprattutto<br />

sull’importanza che per il Papini da poco convertito ebbe il <strong>di</strong>alogo con de Luca. L’articolo


le riviste d e l 2008 75<br />

offre all’a. l’occasione per riflettere sul rapporto tra cattolicesimo e fascismo negli anni ’30 –<br />

letto però alla luce <strong>di</strong> un confronto sulla tra<strong>di</strong>zione italiana – e sui <strong>di</strong>versi approcci dei due<br />

protagonisti a questo confronto. L’articolo permette anche <strong>di</strong> <strong>di</strong>scutere anche il tema del<br />

rapporto tra intellettuali e potere durante il fascismo.<br />

Tra gli altri articoli da segnalare, quello <strong>di</strong> Farese in ses guarda allo sviluppo industriale<br />

nel fascismo a partire dalle politiche dell’imi negli anni ’30. in questo articolo<br />

vengono analizzati i maggiori ambiti in cui viene concesso il cre<strong>di</strong>to industriale e viene<br />

proposta una visione unitaria della crescita del paese quale fu quella del fascismo, una<br />

crescita che non presupponeva un ruolo <strong>di</strong> sostegno dello stato solo in fase iniziale, ma<br />

anzi ne rafforzava complessivamente la presenza nel processo industriale.<br />

su un tema completamente <strong>di</strong>verso, quello della propaganda e della rappresentazione<br />

del regime si sofferma cesari che su Zap analizza la produzione cartellonistica <strong>di</strong> Gino<br />

Boccasile.<br />

Pochi i contributi apparsi quest’anno sulle vicende coloniali: in cs, Pignataro ricostruisce<br />

la storia e l’organizzazione dell’archivio del governo italiano nel dodecaneso<br />

tra fascismo e storia repubblicana, mostrandoci nuove strade <strong>di</strong> ricerca su aspetti ancora<br />

troppo poco approfon<strong>di</strong>ti della storia coloniale italiana; Pierri in nsc si concentra sugli<br />

effetti dell’occupazione italiana dell’Etiopia sulle relazioni internazionali; parte invece<br />

dall’attualità politica, e specificamente dall’accordo <strong>di</strong> amicizia italo-libico firmato nel<br />

2008, Labanca, in ic, per riflettere su i crimini coloniali italiani in Libia e sull’elaborazione<br />

(mancata) della memoria italiana su questo tema.<br />

Persecuzioni antiebraiche e leggi razziali<br />

il settantesimo anniversario delle leggi antiebraiche fasciste ha visto l’uscita <strong>di</strong> un<br />

certo numero <strong>di</strong> saggi sulle persecuzioni e sull’antisemitismo italiano. il fascicolo monografico<br />

<strong>di</strong> Vs de<strong>di</strong>cato al tema è introdotto da un quadro storiografico <strong>di</strong> dell’Era che ha<br />

i pregi della sintesi e della chiarezza su una materia che può contare ormai una letteratura<br />

vasta. il fascismo era geneticamente razzista? Quale ruolo ebbe all’alleanza con la Germania?<br />

il razzismo italiano era spiritualista o biologico? sono queste alcune delle questioni<br />

attorno a cui ruota la ricerca che, dagli anni ’80, ha messo in <strong>di</strong>scussione l’interpretazione<br />

<strong>di</strong> Renzo de Felice, che insisteva soprattutto sull’incompatibilità tra la mentalità degli<br />

italiani e il razzismo. dell’Era propone un reale superamento <strong>di</strong> questa interpretazione<br />

che passi attraverso «una ricostruzione concretamente storica della persecuzione fascista<br />

degli ebrei» (p. 12) e che tenga insieme i <strong>di</strong>versi fattori intervenuti nel processo. Mazzini,<br />

nello stesso fascicolo, analizza il problema della memoria del 1938 nella stampa ebraica<br />

nel primo ventennio <strong>di</strong> vita repubblicana, un periodo segnato dalla rimozione della partecipazione<br />

italiana alla vicenda della Shoah. La tesi principale è che <strong>di</strong> fronte ai tanti silenzi<br />

sul quinquennio persecutorio italiano ci sia sempre stato il contraltare della riflessione<br />

Il mestiere <strong>di</strong> storico, I / 2, 2009


76<br />

le riviste d e l 2008<br />

ebraica. in un clima politico che insisteva sulla necessità della riconciliazione nazionale,<br />

la stampa ebraica nel decennale delle leggi razziali, in <strong>di</strong>ssonanza alla retorica dominante<br />

del tempo, denunciava il «reinserimento placido» dei maestri del ventennio. Perin invece<br />

analizza la stampa <strong>di</strong>ocesana ufficiale, che, essendo alle <strong>di</strong>rette <strong>di</strong>pendenze del vescovo,<br />

rappresenta un canale <strong>di</strong> comunicazione privilegiato tra la gerarchia e i fedeli. si sofferma<br />

soprattutto sull’atteggiamento della stampa <strong>di</strong>ocesana del Triveneto a partire dalla polemica<br />

sulla rivoluzione russa fino alla fine della seconda guerra mon<strong>di</strong>ale, passando attraverso<br />

tutti i momenti nodali che portarono all’istituzione del razzismo <strong>di</strong> stato in italia.<br />

Pavan si concentra sulla cultura penalistica e sul <strong>di</strong>battito sul razzismo in italia negli anni<br />

’30. È relativamente da poco tempo che l’attenzione degli stu<strong>di</strong>osi si è appuntata sul tema<br />

della cultura giuri<strong>di</strong>ca razzista. il termine «razza» circolava nella cultura penale ben prima<br />

delle leggi contro gli ebrei. del resto, i termini <strong>di</strong> razza e stirpe sono caratterizzati da «un<br />

continuo intersecarsi e sovrapporsi», senza che si giunga mai ad una chiara <strong>di</strong>stinzione.<br />

Michman appunta la sua attenzione sulla funzione degli Judenräte, le amministrazioni<br />

ebraiche dei ghetti istituite dalle ss e contesta il nesso tra istituzione dei ghetti, istituzione<br />

degli Judenräte e «soluzione finale», secondo quella che è definita una visione linearegraduale.<br />

È una questione tutt’altro secondaria nel <strong>di</strong>battito storiografico sulla Shoah, e<br />

ben contestualizzata dall’a., che lamenta come gli stimoli provenienti dalla storiografia<br />

degli ultimi due decenni non siano riusciti a mo<strong>di</strong>ficare la prospettiva storiografica sul<br />

concepimento e l’implementazione della «soluzione finale». Questo fascicolo monografico<br />

<strong>di</strong> Vs, ricco <strong>di</strong> interesse, è presentato da un e<strong>di</strong>toriale <strong>di</strong> Gaetano Quagliariello e Victor<br />

Zaslavsky che suscita più <strong>di</strong> una perplessità per il collegamento stabilito tra rimozione<br />

della responsabilità italiana dell’antisemitismo e cultura del ’68.<br />

E proprio sulle forzature dell’oblio del dopoguerra verte il saggio <strong>di</strong> se<strong>di</strong>ta, che analizza<br />

le vicende della reintegrazione in ruolo dei professori universitari firmatari del documento<br />

noto come Manifesto degli scienziati razzisti. Focus particolare è posto sulla vicenda<br />

processuale dell’endocrinologo nicola Pende nei suoi vari gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio. il processo <strong>di</strong><br />

epurazione postfascista fallì perché non fu coerente con il principio <strong>di</strong>chiarato <strong>di</strong> «colpire<br />

in alto indulgere in basso»; per cui alla fine «ci si accanì con gli uscieri» (p. 106).<br />

Rigano, su stor, ponendosi il problema dell’antisemitismo italiano prima del 1938,<br />

analizza due casi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> letterati: Emilio cecchi e Gaetano de sanctis. secondo l’a.<br />

nel periodo postunitario c’è un «antisemitismo invisibile» sotterraneo, impolitico, spesso<br />

veicolato da riferimenti polemici a elementi quali sionismo, comunismo e massoneria.<br />

negli anni ’30 questo tipo <strong>di</strong> antisemitismo passerà progressivamente ad avere carattere<br />

politico. L’antisemitismo, così, nella storia italiana sarebbe tutto sommato non meno<br />

presente come fattore culturale e sociale rispetto al periodo in cui <strong>di</strong>viene istanza politica<br />

esplicita. Roberto Finzi infine analizza, su ss, un tema già oggetto delle sue ricerche,<br />

quello della cultura italiana <strong>di</strong> fronte alle leggi antiebraiche. L’antisemitismo prima dello<br />

sterminio nazista è visto come non indecoroso né incompatibile con la cultura moderna;<br />

proprio questo atteggiamento fece sì che il mondo della cultura non produsse gli anticor-


le riviste d e l 2008 77<br />

pi necessari. il fine del saggio è, in ultima istanza, confutare l’assunto defeliciano <strong>di</strong> una<br />

frattura tra regime e società causata dal razzismo <strong>di</strong> stato.<br />

Antifascismo<br />

il rapporto tra intellettuali e politica appare centrale nell’analisi dell’antifascismo,<br />

se si guarda a questo tema a partire dai pochi interventi pubblicati sulle riviste del 2008.<br />

d’Elia, in Rsi, approfitta dell’uscita <strong>di</strong> un volume, ine<strong>di</strong>to in italiano, <strong>di</strong> salvemini su<br />

Democrazia e <strong>di</strong>ttatura – pubblicato nel cinquantesimo anniversario della morte dell’intellettuale<br />

pugliese – per riflettere sull’evoluzione della riflessione salveminiana su fascismo<br />

e democrazia, a partire dagli interventi pubblicati nel volume, tutti pensati e scritti nel<br />

corso degli anni ’30. ne emerge il quadro <strong>di</strong> un salvemini inquieto e che mo<strong>di</strong>fica le<br />

sue idee con l’evoluzione della politica internazionale cui assiste, ma che si schiera, pur<br />

riconoscendone i limiti, – è questa la tesi centrale dell’a. – dalla parte della democrazia,<br />

senza esitazioni nella condanna e nelle <strong>di</strong>stanze con chi sosteneva la causa dell’unione<br />

sovietica. L’articolo <strong>di</strong> Gilbert, in cont, analizza invece il ruolo e le prospettive politiche<br />

in<strong>di</strong>viduate da un gruppo <strong>di</strong> intellettuali inglesi definiti come «progressisti» a cavallo tra<br />

la guerra d’Etiopia e la fine della seconda guerra mon<strong>di</strong>ale. obiettivo principale è situare<br />

all’interno <strong>di</strong> un contesto più complesso la posizione <strong>di</strong> questi intellettuali nei confronti<br />

dell’unione sovietica, a lungo oggetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>battito e critica. La riflessione <strong>di</strong> Gilbert punta<br />

invece a <strong>di</strong>mostrare che questa posizione vada considerata all’interno <strong>di</strong> una prospettiva<br />

più ampia, quella dell’utopico e problematico desiderio <strong>di</strong> costruire una federazione europea<br />

che in qualche modo riesca a sconfiggere le prospettive nazional-nazionaliste <strong>di</strong> gran<br />

parte dell’Europa, coinvolgendo anche l’unione sovietica in questo progetto. Progetto,<br />

questo, chiaramente utopistico e destinato a fallire, ma che Gilbert situa all’interno <strong>di</strong> un<br />

<strong>di</strong>battito intellettuale <strong>di</strong> grande rilievo e <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>mostra anche gli effetti – nefasti – sulle<br />

politiche <strong>di</strong> più lungo periodo della sinistra britannica.<br />

Famiglia, lavoro e percorsi femminili<br />

in un interessante saggio, schirinzi utilizza le statistiche giu<strong>di</strong>ziarie su separazione<br />

coniugale, dote, inter<strong>di</strong>zione, tutela e patria potestà per <strong>di</strong>segnare un ritratto della famiglia<br />

italiana tra il 1911 e il 1928.<br />

ceamanos rinviene nella storiografia sociale e operaia francese e spagnola un’analoga<br />

matrice <strong>di</strong> inizio ’900 associata alla riflessione sulla «questione sociale», più ispirata dalle<br />

lotte sociali nelle campagne nel caso spagnolo, dalla costruzione del proletariato industriale<br />

nel caso francese. si tratta <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> che entrano nelle università negli anni tra le due<br />

guerre, ma la cui evoluzione è poi con<strong>di</strong>zionata dalle <strong>di</strong>verse vicende politiche dei due<br />

Il mestiere <strong>di</strong> storico, I / 2, 2009


78<br />

le riviste d e l 2008<br />

paesi. La guerra civile e il franchismo in pratica fermano il percorso <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> storiografia<br />

nel caso spagnolo, che riprende timidamente sul finire degli anni ’60 o si nutre<br />

<strong>di</strong> ricerche «dall’esilio», mentre in Francia nel secondo dopoguerra assume ampia <strong>di</strong>gnità<br />

accademica e scientifica. solo negli anni ’80 le due strade si ricompongono, dopo una<br />

serie <strong>di</strong> colloqui e pubblicazioni anche congiunte, e grazie all’apertura <strong>di</strong> nuovi percorsi,<br />

come la storia delle donne e la storia orale.<br />

Tra storia delle donne e storia del lavoro si muove il saggio <strong>di</strong> della sudda, meritoriamente<br />

pubblicato in francese ma con molti refusi, anche nelle citazioni in italiano e nella<br />

grafia dei nomi. secondo l’a., nel cattolicesimo del XX secolo si può rinvenire una posizione<br />

ideologica che avrebbe favorito l’accesso delle donne non soltanto a certi mestieri<br />

considerati conformi al destino materno, ma anche a professioni liberali e intellettuali,<br />

legate alla <strong>di</strong>ffusione dell’istruzione superiore e tecnica, funzionale anche alla formazione<br />

<strong>di</strong> élites femminili cattoliche. i casi delle istitutrici e delle infermiere, occupazioni costruite<br />

storicamente come provenienti dall’assistenza religiosa, sono analizzati infatti nei casi<br />

italiano e francese anche attraverso il ruolo svolto dalle associazioni cattoliche (come la Ligue<br />

patriotique des françaises e l’Unione donne cattoliche italiane). Gli anni tra le due guerre<br />

furono anche quelli <strong>di</strong> altre «pioniere», come le definisce casalena, in campi professionali<br />

sempre legati all’accesso delle donne all’istruzione e all’emergere <strong>di</strong> nuovi modelli culturali.<br />

Tra le scrittrici-traduttrici, espressione della crescente femminilizzazione della pratica<br />

professionale delle lingue straniere, casalena ricostruisce l’itinerario affascinante della milanese<br />

Lavinia Mazzucchetti, docente universitaria <strong>di</strong> letteratura e lingua tedesca, emarginata<br />

dal fascismo, sensibile alle suggestioni della storia e della psicanalisi, incuriosita dalla<br />

nuova letteratura «rosa» tedesca dell’epoca, e anche dalle sue lettrici, espressione <strong>di</strong> una<br />

società – anche femminile, specialmente urbana – in trasformazione, meno provinciale<br />

<strong>di</strong> quella italiana. L’impegno civile e politico <strong>di</strong> questa «formidabile me<strong>di</strong>atrice» (p. 115),<br />

che riferendosi alla Germania non esitava nel 1934 a denunciare su «il Leonardo» «quel<br />

sintomo <strong>di</strong> insufficiente compagine e <strong>di</strong> scarsa <strong>di</strong>gnità nazionale che è l’antisemitismo»,<br />

sono aspetti che la rendono un’esponente troppo a lungo <strong>di</strong>menticata dell’intelligenza<br />

anticonformista europea del ’900. Alla quale, pure in mo<strong>di</strong> molto <strong>di</strong>versi, appartiene<br />

iris origo, scrittrice e stu<strong>di</strong>osa in<strong>di</strong>pendente vissuta tra «l’arca<strong>di</strong>a anglo-fiorentina», Bloomsbury<br />

e gli usa, che ha attraversato il fascismo, la guerra e la resistenza in val d’orcia,<br />

e della quale Pomata valorizza sensibilità e talento, specie come autrice dell’innovativo Il<br />

Mercante <strong>di</strong> Prato, che molto ha insegnato (o avrebbe dovuto) alla storiografia italiana,<br />

come esempio <strong>di</strong> unione virtuosa tra storia economica e sociale, della famiglia, <strong>di</strong> genere<br />

e del matrimonio.<br />

intorno ad una figura femminile <strong>di</strong> tutt’altra natura gravita il corposo lavoro <strong>di</strong><br />

Billanovich sul caso della «falsa santa» padovana Lina salvagnini. La vicenda della donna,<br />

ac<strong>cura</strong>tamente inserita dall’a. nella grande tensione che investì la <strong>di</strong>ocesi padovana agli<br />

inizi degli anni ’20, rientra in quella fattispecie della «simulata santità», che trova in padre<br />

Pio da Pietrelcina (p. 140) uno dei casi più significativi.


le riviste d e l 2008 79<br />

Esilio<br />

La <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> genere è ulteriormente sviluppata in un gruppo <strong>di</strong> saggi sull’esilio cui<br />

è de<strong>di</strong>cato un numero monografico <strong>di</strong> dep. Tra i temi principali quelli del «doppio esilio»<br />

e dell’«esilio perenne». La doppiezza, a sua volta, non costituisce una <strong>di</strong>mensione unica e<br />

standar<strong>di</strong>zzata, ma assume varie e <strong>di</strong>versificate declinazioni. così, nel saggio della Lotto si<br />

evidenzia la <strong>di</strong>mensione devastante dell’esilio interno rispetto a quello esterno attraverso<br />

la vicenda personale <strong>di</strong> una artista nazionale del calibro <strong>di</strong> Käthe Kollwitz, che per il suo<br />

intransigente rifiuto del nazionalsocialismo è costretta a vivere da esule in patria durante il<br />

Reich hitleriano; nel caso, invece, della scrittrice irene némirovsky, percorso nel lavoro <strong>di</strong><br />

Zecchi, l’esilio è doppio perché la protagonista già esule dalla natia ucraina, lo sarà nuovamente<br />

nella tanto vagheggiata «terre d’accueil», la Francia, quando il governo <strong>di</strong> Vichy conferirà<br />

ai prefetti il potere <strong>di</strong> internare i fuoriusciti stranieri <strong>di</strong> razza ebraica. nel saggio della<br />

scarzanella doppio è il modo in cui viene vissuto l’esilio da parte <strong>di</strong> due protagoniste della<br />

repubblica spagnola: clara campoamor, esule emarginata in Argentina (pipistrello), e isabel<br />

de Palencia, che vive, invece, il suo esilio inserita in una fitta rete relazionale fatta <strong>di</strong> esuli<br />

della repubblica trasferitisi in Messico e <strong>di</strong> legami famigliari che riesce a portare nella terra<br />

ospite (colomba). Ed è proprio la presenza o meno della famiglia nell’esperienza dell’esilio a<br />

tratteggiarne una ulteriore duplicità. ciò è quanto fa Venza nel suo lavoro ripercorrendo la<br />

vita <strong>di</strong> esule dell’anarchico camillo Berneri, accompagnato in questa esperienza dal calore<br />

familiare. da siffatta vicinanza Berneri trarrà forza e sostegno tali da superare verosimilmente<br />

l’idea anarchica della famiglia come «menzogna convenzionale» per farla ascendere, per<br />

converso, a quella <strong>di</strong> entità <strong>di</strong> resistenza sociale al potere e non <strong>di</strong> sostanziale riproduzione<br />

dello stesso. L’ultimo dei saggi qui preso in esame sottolinea, invece, l’altrettanto puntuta<br />

<strong>di</strong>stinzione tra esilio materiale ed esilio spirituale e contin la sviluppa attraverso l’esperienza<br />

dell’esilio delle donne armene. L’esilio appare qui come «un’esperienza materiale, per<br />

cui l’in<strong>di</strong>viduo viene strappato dalla sua terra madre, ed è al tempo stesso un’esperienza<br />

spirituale/’metafisica’, per cui l’in<strong>di</strong>viduo patisce una situazione <strong>di</strong> esilio dell’anima dalla<br />

patria, riecheggiata e ricreata nel proprio immaginario» (p. 81).<br />

Culture politiche e identità collettive<br />

L’influenza politico-pedagogica del cattolicesimo (l’insistenza sui «doveri elettorali dei<br />

cristiani», p. 84) è sottolineata da déloye a proposito dei manuali elettorali nella Francia<br />

della Terza Repubblica, orientati a combattere l’astensionismo, a comunicare competenze<br />

tecniche e organizzative, a costruire «l’elettore moderno» (p. 89). si tratta <strong>di</strong> forme <strong>di</strong> comunicazione<br />

funzionali a un apprentissage politico, sottolinea Galimi – che oltre ai manuali<br />

analizza materiale vario (professions de foi, volantini, <strong>di</strong>rettive per i militanti, vademecum<br />

elettoriali) della campagna che portò alla vittoria del Fronte popolare – che mescolano ele-<br />

Il mestiere <strong>di</strong> storico, I / 2, 2009


80<br />

le riviste d e l 2008<br />

menti <strong>di</strong> modernità e novità che poi si svilupperanno nel secondo dopoguerra (la centralità<br />

della propaganda del partito <strong>di</strong> massa, gli elementi <strong>di</strong> “immagine”, anche fisica, del can<strong>di</strong>dato),<br />

con forme <strong>di</strong> continuità «notabilari» ottocentesche (il legame dei can<strong>di</strong>dati con il territorio<br />

locale). sempre sulle forme della comunicazione e sul rapporto tra spettacolo e identità<br />

collettive tra anni ’30 e secondo dopoguerra si colloca il saggio <strong>di</strong> Fontaine sul Racing club<br />

<strong>di</strong> Lens, la squadra <strong>di</strong> calcio dei «Musi neri» in uno dei centri minerari del nord della Francia.<br />

se il vero e proprio boom del calcio negli anni ’50 scalza le altre attività ricreative e associative<br />

dell’entre-les-deux-guerres, la modernizzazione postbellica delle tecniche del lavoro<br />

minerario (ad esempio, il lavoro delle squadre nelle gallerie profonde) comincia a mo<strong>di</strong>ficare<br />

la stessa identità operaia locale, mentre si avvia la crisi dell’intera industria carbonifera. E<br />

una serie <strong>di</strong> riflessioni originali sulle ere<strong>di</strong>tà degli anni ’30 sul «sentire» collettivo anni ’50<br />

è proposta da overy, che analizza come la paura dei bombardamenti abbia con<strong>di</strong>zionato<br />

tanto i piani inglesi <strong>di</strong> riarmo nella seconda metà degli anni ’30 quanto le correnti pacifiste<br />

(come il cambridge scientists’ Anti-War Group) e alimentato un <strong>di</strong>scorso pubblico sulla<br />

vulnerabilità fisica <strong>di</strong> un territorio inglese a lungo inviolato, ma ormai esposto ai moderni<br />

mezzi <strong>di</strong> warfare, chimici o provenienti dal cielo, che eliminavano definitivamente il confine<br />

– la trincea – tra pubblico e privato, tra fronte bellico e morte <strong>di</strong> civili: temi che attraverseranno,<br />

sia pure in altre forme, le paure nucleari degli anni ’50 e ’60.<br />

La seconda guerra mon<strong>di</strong>ale<br />

Fra quelli de<strong>di</strong>cati al periodo della seconda guerra mon<strong>di</strong>ale, l’articolo <strong>di</strong> Minerbi<br />

per nsc spicca per la tematica poco frequentata, ma molto interessante, che affronta gli<br />

sforzi compiuti nel 1939-40 da due <strong>di</strong>plomatici italiani <strong>di</strong> stanza in Polonia per agevolare,<br />

talvolta anche in maniera illegale, l’emigrazione <strong>di</strong> ebrei polacchi. Tre altri articoli –<br />

quelli <strong>di</strong> cappellano, Fabei (su nsc) e Hodzic (per Vs) – s’inseriscono invece nel filone<br />

ormai relativamente corposo degli stu<strong>di</strong> sulla storia delle occupazioni italiane. Hodzic<br />

compie un’utile rassegna della più recente storiografia – in lingua inglese, croata e serba<br />

– sull’occupazione italiana della croazia, ed evidenzia come quest’ultima venga stu<strong>di</strong>ata<br />

soprattutto in quanto «pezzo» della storia nazionale tanto in italia quanto in croazia e in<br />

serbia. cappellano e Fabei esaminano invece rispettivamente l’occupazione della Grecia e<br />

il reclutamento <strong>di</strong> milizie ausiliarie in dalmazia. Entrambi si affidano principalmente (se<br />

non esclusivamente) a fonti militari italiane: una scelta, questa, in parte inevitabile e probabilmente<br />

motivata da ragioni linguistiche, ma non<strong>di</strong>meno limitante per la conseguente<br />

<strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> integrare nell’interpretazione un punto <strong>di</strong> vista «altro» rispetto a quello italiano.<br />

Affrontando un tema parzialmente affine, l’articolo <strong>di</strong> ishida per ic esamina invece in<br />

parallelo i crimini <strong>di</strong> guerra italiani e giapponesi, in particolare quelli commessi in ambito<br />

coloniale, nonché l’atteggiamento degli intellettuali dei due paesi al riguardo e le ragioni<br />

per cui ben pochi perpetratori vennero perseguiti dalle rispettive autorità giu<strong>di</strong>ziarie.


le riviste d e l 2008 81<br />

Tre altri contributi estremamente <strong>di</strong>versi tra loro con<strong>di</strong>vidono però un carattere in<br />

qualche modo «eccentrico» rispetto agli altri presi in considerazione. L’articolo <strong>di</strong> Tornabene<br />

esamina le varie categorie <strong>di</strong> persone «ristrette» nell’ospedale neuropsichiatrico <strong>di</strong><br />

Racconigi tra il 1938 e il 1947 – tra cui antifascisti (nel periodo prebellico) e vittime <strong>di</strong><br />

guerra, civili e militari, <strong>di</strong> ogni genere a partire dal 1940. Quello <strong>di</strong> Friedman per dep<br />

esamina invece la sorte dei civili giapponesi, italiani e tedeschi (questi ultimi i più numerosi)<br />

rinchiusi in campi <strong>di</strong> detenzione statunitensi nel deserto texano durante il conflitto<br />

perché sospetti <strong>di</strong> spionaggio o sabotaggio, ma in ultima analisi a causa <strong>di</strong> preoccupazioni<br />

securitarie legate alla loro stessa identità. Quello <strong>di</strong> Rognoni su dep guarda invece alla<br />

deportazione in Asia centrale dell’intera popolazione ceceno-inguscia, accusata <strong>di</strong> collaborazionismo<br />

con l’occupante tedesco e realizzata in soli 5 giorni, dal 23 al 28 febbraio<br />

1944 dalle autorità sovietiche. dalle testimonianze orali emergono i meccanismi della<br />

deportazione, la <strong>di</strong>scriminazione, e le strategie <strong>di</strong> adattamento sociale, ma anche l’evoluzione<br />

dei costumi familiari. il matrimonio misto e il <strong>di</strong>vorzio, prima tollerati, vennero<br />

vietati dagli anziani per proteggere l’etnia. il rafforzamento dei legami parentali e il culto<br />

degli avi mantennero viva una memoria sociale che ostacolava l’inserimento, stimolando<br />

l’attesa del ritorno reso possibile dalla morte <strong>di</strong> stalin.<br />

Per quanto riguarda i più «tra<strong>di</strong>zionali» stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> storia <strong>di</strong>plomatica e militare, <strong>di</strong> particolare<br />

interesse è l’articolo <strong>di</strong> santoni per nsc che, facendo uso <strong>di</strong> nuova documentazione<br />

proveniente dagli archivi del Regno unito, retrodata al 1936 la violazione da parte britannica<br />

dei co<strong>di</strong>ci cifrati usati dall’aviazione e dalla marina italiane (destinata ad avere conseguenze<br />

<strong>di</strong>sastrose durante la seconda guerra mon<strong>di</strong>ale). sempre facendo uso <strong>di</strong> documentazione<br />

britannica, su nsc Berrettini affronta invece l’azione dello Special Operations Executive in<br />

italia tra il 25 luglio e l’8 settembre 1943, e in particolare i colloqui tra agenti britannici<br />

ed esponenti dell’antifascismo come il principe Filippo caracciolo. invece l’articolo <strong>di</strong> de’<br />

Robertis esamina i piani per il dopoguerra elaborati nel 1942-43 da apposite commissioni<br />

a Londra, Mosca e Washington, facendo particolare attenzione tanto all’evoluzione delle<br />

posizioni americane, britanniche e sovietiche quanto all’interazione tra <strong>di</strong> esse.<br />

L’Italia e il confine orientale<br />

i problemi connessi con la storia del confine orientale italiano sono affrontati in un<br />

numero monografico <strong>di</strong> Vs nel quale compaiono, oltre il già citato articolo <strong>di</strong> Hodzic, il<br />

contributo storiografico <strong>di</strong> cattaruzza e Moscarda e uno stu<strong>di</strong>o più consistente <strong>di</strong> Giusti<br />

sui prigionieri <strong>di</strong> guerra italiani in Jugoslavia dopo l’8 settembre 1943, che segnala come la<br />

detenzione <strong>di</strong> questi ultimi sia stata usata a mo’ <strong>di</strong> strumento <strong>di</strong> pressione per ottenere, tra<br />

l’altro, che venissero sod<strong>di</strong>sfatte le riven<strong>di</strong>cazioni territoriali jugoslave. cattaruzza e Moscarda<br />

esaminano invece la storiografia e il <strong>di</strong>battito politico-culturale sull’esodo istriano in italia,<br />

croazia e slovenia tra il 1991 e il 2006, giungendo alla conclusione che il secondo non<br />

Il mestiere <strong>di</strong> storico, I / 2, 2009


82<br />

le riviste d e l 2008<br />

ha, in sostanza, tenuto il passo della prima, che è ormai in buona parte riuscita a superare<br />

le contrapposizioni ideologiche e nazionali, anche grazie al lavoro <strong>di</strong> commissioni bilaterali<br />

come quella italo-slovena. Karlsen, sempre in Vs, de<strong>di</strong>ca un saggio all’atteggiamento del Pci<br />

riguardo il confine orientale italiano negli anni 1941-1944, esaminato anche alla luce delle<br />

posizioni assunte in proposito dai comunisti sloveni, dal comintern e dalla <strong>di</strong>rigenza sovietica<br />

e con la dovuta attenzione al ruolo ricoperto dall’ideologia nel determinare le posizioni<br />

dei vari attori. infine, su nsc Ricci esamina le informazioni relative alla situazione triestina<br />

a <strong>di</strong>sposizione dei governi Bonomi, Parri e de Gasperi: malgrado fossero notizie affidabili<br />

e dettagliate, la situazione politica interna e internazionale fece sì che esse rimanessero «urla<br />

del silenzio» e non si traducessero in azioni politiche conseguenti.<br />

Articoli citati:<br />

Auletta, Francesco, Piero Sraffa e Antonio Gramsci: l’«Or<strong>di</strong>ne nuovo» e le lotte operaie in Inghilterra e<br />

America (1921), ss, n. 1, pp. 177-208.<br />

Baldoli, clau<strong>di</strong>a, The «Northern Dominator» and the Mare Nostrum: Fascist Italy’s «Cultural War» in<br />

Malta, Mi, n. 1, pp. 5-20.<br />

Berrettini, Mireno, Gli inglesi, la <strong>di</strong>plomazia clandestina e l’Italia badogliana. Lo «Special Operations<br />

Executive» e la missione <strong>di</strong> Filippo Caracciolo, nsc, n. 1, pp. 31-44.<br />

Bianchi, Bruna, Anna Ruth Fry e il relief work (1914-1926), dep, n. 9, pp. 23-56.<br />

Billanovich, Liliana, Fra Sant’Ufficio e conflitti intraecclesiali: la mistica Lina Salvagnini, il confessore Leopoldo<br />

Man<strong>di</strong>c e il vescovo Elia Della Costa nella Padova degli anni venti, RssR, n. 73, pp. 65-156.<br />

Boscolo, Alfredo, Nuove forme <strong>di</strong> inse<strong>di</strong>amento collettivo nel ventennio tra le due guerre mon<strong>di</strong>ali: il<br />

caso <strong>di</strong> Varsavia, ses, n. 120, pp. 309-347<br />

caponi, Matteo, Combattere sul fronte interno. Romolo Murri e la propaganda per lo Stato Nuovo<br />

(1916-1918), Mc, n. 1, pp. 5-34.<br />

cappellano, Filippo, L’occupazione italiana della Grecia (1941-43), nsc, n. 4, pp. 19-46.<br />

carli, Maddalena, «Olimpionica». Tra «fascistizzazione» e «italianizzazione» dello sport nella propaganda<br />

fascista dei tar<strong>di</strong> anni Venti, MR, n. 27, pp. 79-89.<br />

casalena, Maria Pia, Contrabban<strong>di</strong>era <strong>di</strong> cultura. Lavinia Mazzucchetti e la letteratura tedesca tra le<br />

due guerre, Gen, n. 1, pp. 91-116.<br />

cattaruzza, Marina, Moscarda, orietta, L’esodo istriano nella storiografia e nel <strong>di</strong>battito pubblico in<br />

Italia, Slovenia e Croazia: 1991-2006, Vs, n. 16, pp. 9-29.<br />

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3. Dal 1945 ad oggi<br />

a <strong>cura</strong> <strong>di</strong> salvatore Adorno, stefano Bottoni, <strong>daniela</strong> <strong>Luigia</strong> <strong>caglioti</strong>, <strong>Barbara</strong><br />

<strong>curli</strong>, Massimo de Giuseppe, Arturo Marzano, Francesco Petrini, carmine Pinto<br />

i contributi riguardanti il secondo dopoguerra sono incentrati sulla storia politica dell’italia<br />

repubblicana, compreso un certo numero <strong>di</strong> riflessioni sulla transizione alla «seconda» Repubblica.<br />

Mentre lo sguardo storiografico sull’Europa occidentale è prevalentemente «trasversale»,<br />

riguardante cioè i movimenti degli anni ’60 e ’70, i riflessi della decolonizzazione,<br />

le culture e la violenza politica, notevole interesse è de<strong>di</strong>cato a esperienze politiche e culturali<br />

apparentemente «ai margini» delle vicende occidentali (la spagna, a settant’anni dalla fine<br />

della guerra civile; l’Est europeo, a vent’anni dalla caduta del muro), ma assai significative<br />

per capire le <strong>di</strong>namiche <strong>di</strong> sviluppo storico dell’Europa nel suo complesso.<br />

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