dicembre 2011 - Comune di Brescia

More documents

Recommendations

Info

Oltre duemila i partecipanti alla “Festa alla Piazza verde dell’ex polveriera di Mompiano” La Delegazione FAI di Brescia ha organizzato, con il sostegno della Circoscrizione Nord, il 16 ottobre la “Festa alla Piazza verde dell’ex polveriera di Mompiano” aprendo per la prima volta al pubblico una zona ubicata nell’area urbana di Brescia, fino ad oggi inaccessibile, vasta area collinare che conserva importanti testimonianze della storia della città. Il FAI, aiutato per l’occasione da tante altre associazioni, l’ha presentata ai bresciani come “piazza”, I Festa alla piazza Verde dell’ex Polveriera di Mompiano cioè luogo privilegiato d’incontro, occasione per sentirsi cittadini e membri di un’unica comunità. Dopo il suo utilizzo a scopi militari, dopo i 25 anni di abbandono, è questa una proposta che ipotizza per l’area un grande futuro: esteso e prezioso spazio pubblico verde, dove bambini, adulti ed anziani possano incontrarsi e divertirsi, imparare e vivere esperienze costruttive. Domenica oltre 2000 persone hanno passeggiato e ascoltato i volontari del FAI illustrare la storia e la funzione delle ex strutture militari, le guide botaniche spiegare il bosco, insegnando a riconoscere le piante e la loro origine; 2000 visitatori che poi hanno ascoltato le proposte per la sistemazione futura dell’area e, infine, hanno goduto momenti di gioco, animazione teatrale, di ristoro sul grande prato ri- pulito per l’occasione dal Comune di Brescia, che dal 2007 ne è proprietario. L’Ex Polveriera, costruita il secolo scorso, infatti da qualche decennio non svolge più la sua funzione: il Comune, terminate le operazioni di bonifica dagli ordini bellici in essa giacenti, ha protetto ora l’area, che rientra in zona soggetta a vincolo paesaggistico, inserendola nel Parco delle Colline. Pregevole dal punto di vista naturalistico e ambientale, oltre che storico, è ora inutilizzata, inagibile per motivi di sicurezza, ma, viste l’ubicazione, le notevoli dimensioni del sito e la varietà delle attività possibili il Comune ha intenzione in essa di insediare attività di supporto al Parco (strutture ricreative e di ristoro, centri di studio, documentazione e ricerca, strutture agricole, ecc). Il comparto ha perciò le potenzialità per diventare una grande Agorà naturale 6 Periodico di Informazione della Circoscrizione NORD di Brescia N° 6 - Dicembre 2011 in cui si concretizzi l’essere, tutti insieme, cittadini, in cui l’idea dei singoli sia adattata ad un progetto collettivo attento a tutti. “Si ama ciò che si conosce e si difende ciò che si ama” è un motto che ispira tante azioni del FAI. Con questa apertura straordinaria la Delegazione ha offerto a tanti bresciani la possibilità di scoprire un’importante area verde della quale la città può riappropriarsi per goderla, rispettarla, tutelarla. Testo a cura della Delegazione FAI di Brescia Descrizione e storia della Polveriera in via valle di Mompiano l comparto verde dell’ex Polveriera di Mompiano, denominata anche “Ex Deposito munizioni di Val- persane” è locato in Val Fredda, oggi all’ingresso del Parco delle Colline; si estende per 146 510 mq di cui 2 390 mq di zone coperte e rappresenta un raro esempio sia di paesaggio collinare con vegetazione arbustiva e boschiva, con qualche porzione di prato, sia di architettura a funzione militare L’area fu destinata a polveriera e come tale attrezzata di idonee costruzioni durante la 2^ guerra mondiale, fra il 1938 e il ’40, espropriando un terreno privato: sopravvive ancora oggi la casa padronale poi usata come magazzino e deposito. Si tratta di un edificio su due piani, collocato, all’interno della recinzione, in posizione meridionale. Esso fu presumibilmente realizzato nell’Ottocento come abitazione poderale; la posizione di questa costruzione ci porta a riflettere sull’originale conformazione dell’area: evidentemente la casa, oggi in ombra, in origine non era circondata dagli alberi, ma si trovava, si presume, esposta al sole. La servitù Militare arrivava fino alla Cascina Saresera, ovvero ad una distanza di circa 100 metri dal Deposito. Questa area fu adibita dapprima (forse dal 1926, fonte: Balestrini) all’Addestramento militare, successivamente, con la realizzazione delle riservette coperte, fu adibita a deposito di esplosivi e munizioni e, nelle aree coperte, venivano eseguite, spesso da donne, gli assemblaggi delle munizioni. Fu scelta la Val Fredda per vari motivi: la valle è stretta ed è a ridosso del Monte Maddalena per cui la sua conformazione è adatta a contenere eventuali esplosioni, senza che l’onda di detonazione si propaghi senza ostacoli; era inoltre, chiusa fra i colli circostanti, difficile da bombardare, poiché non facilmente individuabile dagli aerei che avrebbero, soprattutto, avuto difficoltà nel risalire oltre il crinale della Maddalena dopo aver colpito le riservette. Purtroppo però il 31 gennaio 1945, come ricorda il monumento all’entrata, una squadriglia di aerei inglesi riuscì a penetrare nella Val Fredda, scendendo radente alla cima della Maddalena; con una doppia incursione bombardò l’area; all’epoca la Polveriera era gestita da militari tedeschi (dell’organizzazione TODT) e italiani. Il sottoufficiale tedesco di comando quel giorno impedì agli abitanti di Mompiano, accorsi allo scoppio, di entrare nella Polveriera, interdetta ai civili, e grande fu la disperazione dei parenti che sentivano i gemiti dei feriti senza poter intervenire. Fu una tragedia che portò alla morte di 21 persone, 17 delle quali di Mompino; molte fra le vittime furono le donne, fra esse Rosa ed Elsa di soli 15 anni. Una seconda esplosione avvenne il 7 luglio 1946, causando vittime fra i militari: per lo scoppio di 10 bombe andarono distrutte due riservette contenenti proiettili e materiale di lancio, una casermetta contenente tritolo ed un capannone. Grazie alla tipica conformazione a conca dell’area e l’isolamento di ogni deposito l’uno dall’altro, grazie ai terrapieni costruiti attorno, l’allarme iniziale poté rientrare nel giro di 24 ore. Dai sopralluoghi eseguiti dal Colonnello Quirico risultò che si era trattato di un incidente di autocombustione, simile a quello sventato pochi istanti prima. Proprio l’allarme lanciato per il fumogeno innescato, aveva permesso di intervenire immediatamente dopo lo scoppio; secondo alcuni l’ordigno fu invece attivato con l’intento di far esplodere la Polveriera. Negli anni 80 la Polveriera dipendeva dalla Direzione Artiglieria di Verona prima e, in un secondo momento, dal Primo Reparto Rifornimento di Alessandria; la Brigata Brescia effettuava solo il servizio di guardia. I soldati vivevano nella casa rossa di fronte all’ingresso. La Polveriera fu dismessa nel 1992; il personale presente, al momento della dismissione, era di circa 38 militari e la struttura aveva esclusivamente funzione di deposito e non più di assemblaggio. Altri Depositi di Munizioni a Brescia si trovano ad Ome e Serle, la Polveriera di Ghedi è di proprietà del Reperto Aviazione. Solo a partire dal 2007 il Comune di Brescia acquistò l’area dal Ministero della Difesa. Per questioni burocratiche sarà necessario aspettare ancora fino al novembre del 2010, per portare a termine gli interventi di bonifica e di messa in sicurezza dell’area; superficie che dai sopralluoghi risulta abbandonata da almeno 25 anni. Risale all’ottobre del 2009 il brillamento dell’ultimo grande ordigno trovato nell’ex polveriera di Mompiano, che è stato fatto scoppiare nella cava Rezzola di Rezzato. Il sentiero d’accesso alla Polveriera conduce fino alla Maddalena ed è totalmente praticabile a piedi o in bicicletta. Si biforca in due sentieri, a destra e a sinistra (il Sentiero dei Brüsat), che, con un tratto più lungo, giungono entrambi a Cascina Margherita, da cui si scende verso Nave. Un altro percorso si arrampica sul Colle di San Giuseppe fino al Conicchio. Salendo si raggiunge anche la trattoria “Casina”, metà della quale è un rifugio autogestito dai Gnàri dè Mumpià. Edificio del Corpo di Guardia si trova all’esterno del cancello d’ingresso ed è costituito da un fabbricato rosso su due piani: l’area abitativa provvista di servizi e di corrente elettrica, unico edificio del complesso ad esserne dotato, poiché si preferiva evitare la corrente elettrica all’interno della Polveriera vera e propria per questioni di sicurezza. A destra del cancello principale si trova ancora la garitta, dove una Sentinella fissa controllava l’ingresso. In totale ci sono 5 garitte sul lato sud non protetto dal Colle. Sempre sul perimetro meridionale è tuttora visibile la doppia recinzione che, creando un corridoio, permetteva al militare di guardia con cane di eseguire un efficace giro di ronda attivo 24 ore su 24. Il perimetro totale di 1380 metri era coperto da questa protezione; dietro al corridoio, è costruito un terrapieno, costruito per limitare i danni provocati da un’eventuale esplosione all’interno dell’area. Riservette. Un fabbricato è collocato presso l’ingresso ovest con funzione di deposito e all’interno dell’area sono presenti 15 costruzioni chiamate “Riservette” di dimensioni variabili, tutte con copertura ingabbiata in strutture metalliche con funzione di parafulmini. Ogni casermetta presenta pareti leggere, realizzate in forato del 15 e tetto di eternit, caratteristiche che garantivano, in caso di esplosioni un danno non troppo elevato, poiché la friabilità del materiale realizzativo comportava una distruzione in mille pezzi, ma non si opponeva alla forza dell’esplosione che veniva invece contenuta dalla barricata in cemento. Nelle Riservette più piccole si teneva la polvere da sparo, mentre in quelle più grandi (es. la n° 7) erano convogliati gli armamenti (proiettili con bossoli in ottone, munizioni da artiglieria, per armi portatili, razzi per contraerea, bazooka). Le Casermette poste più in alto in disparte contenevano il fosforo bianco (esplosivo WP) che brucia a contatto con l’aria. I vari panetti erano separati fra loro da intercapedini di cemento contenenti acqua per spegnere gli eventuali incendi. I cartelli rossi, bianchi e blu all’esterno delle Riservette indicano la tipologia degli esplosivi contenuti all’interno, numerati da 1 a 4, per segnalare la pericolosità. C’erano anche 4 depositi di munizioni, detti Nissen in lamiera a forma di Igloo crollati a seguito della nevicata del 1985. Lungo il percorso si trovano armadietti e rastrelliere contenenti manichette, estintori e l’occorrente per sventare pericoli d’incendio, frequenti in presenza di esplosivi. Le casette in legno erano magazzini per il legname. Nella realizzazione delle Riservette è stato spostato il materiale organico creando terrapieni naturali, oggi integrati nella conformazione del Parco, anche se già i canali che si immettevano nel torrente Garzetta avevano plasmato e corroso la zona. Il terrapieno accanto al torrente Garzetta fungeva anch’esso da trincea in caso di attacchi nemici. Il Garzetta, che attraversa da est a ovest l’area della Ex- Polveriera, proviene da una sorgente posta sul versante est della Maddalena. Tale acqua venne utilizzata quale alimentazione di una cisterna da 120 metri cubi, necessaria per bloccare sul nascere eventuali incendi. In seguito venne scavato un pozzo che attingeva acqua ad una profondità di circa 80 metri, ma verso gli anni ‘80 questo si esaurì e la polveriera fu allacciata all’acquedotto cittadino per rifornire di acqua potabile il corpo di guardia e i servizi igienici. Conformazione geologica e microclima della Val Fredda L’ex Polveriera si colloca nell’area del Parco delle Colline la cui conformazione geologica è individuabile nel contesto sud delle Alpi dovuta alla sedimentazione di materiale risalente a circa 250 milioni di anni fa come conseguenza della collisione tra placca europea e africana. Tale scontro ha provocato la chiusura del tratto marino tropicale preesistente all’area alpina. Attraverso l’erosione dell’acqua, fenomeno del carsismo, si è verificata la formazione di cunicoli e caverne sotterranee, che nella zona del Parco delle Colline è annoverabile a circa 52 cavità, la più grande delle quali è lunga 24 metri. La roccia calcarea stratificata presente a Brescia è detta Corna. Gli strati più esterni sono: il Corso che raggiunge circa 100 m di spessore e che è comunemente noto come Marmo di Botticino e il Medolo. A Mompiano si trovano ancora numerose cave abbandonate d’estrazione del Medolo. Il nome significa “concio di pietra squadrata” ed è composto da materiale calcareo più scuro in profondità e più chiaro nella fascia esterna. L’ex Polveriera è inserita nel microclima della Val Fredda, una conca protetta dal Colle di San Giuseppe e dalla Maddalena, una valle appunto “contenitiva” in caso di deflagrazione di materiale esplosivo e che si rivela, proprio per la sua conformazione, più fredda rispetto al circondario. Il terreno è acido perché qui, da millenni, sono confluiti vari detriti. Questo tipo di terra è adatta al castagno, nocciolo, olmo montano, platano, luppolo. Il particolare clima freddo ha permesso la coltiva- zione dei castagni, solitamente individuabili a quote più alte: circa 600 m sul livello del mare, mentre qui ci troviamo a circa 150 m d’altitudine. Il bosco di castagni che copre la Val Fredda non è sorto spontaneamente, ma è stato voluto dall’uomo ed è andato a sostituire il biosistema di querce, carpini, betulle e faggi. Ciò che è comunque importante, per la particolarità del luogo, è che i castagni siano sopravvissuti in questa zona. Oltre al Castagno originario del sud-est del Mediterraneo, si possono individuare anche il Frassino, il Nocciolo, giunto in Italia grazie ai Romani, e la recente Robinia, d’origine americana, che è comunque ormai da 600 anni presente nell’ecosistema del Parco risultando, però, deleteria per la sopravvivenza del Castagno e l’Olmo Montano spontaneo. Solitamente si trovano i più comuni Olmi Campestri. A queste varietà si aggiunge uno speciale tipo di Platano: un ibrido tra un Platano spontaneo d’origine siciliana ed uno coltivato nell’area sud-est del Mediterraneo e il Luppolo di cui si usano le efflorescenze femminili perché hanno proprietà amaricanti e conservative. Infatti il Luppolo blocca la fermentazione di acqua, zucchero e malto della birra. I germogli invece sono i famosi “loertis” che si raccolgono in primavera e con cui si condiscono risotti e minestre o si mangiano in frittata. Il Comune di Brescia coadiuvato dal Dipsa (Dipartimento Scienze Ambientali) delle Università di Agraria e di Biologia di Milano intende riqualificare il bosco, dal 1992 area abbandonata, landa incolta che non ha avuto nessuna manutenzione. I castagni hanno lasciato spazio (e luce) a specie più forti in particolare la robinia, il rovo e il sambuco. Questo tipo di vegetazione tuttavia crea caos e rende il luogo inaccessibile. Pensando dunque a criteri di fruibilità e di promozione della biodiversità il Comune ha deciso, su alcune aree pregiate, di riconvertire il bosco ripiantumando specie autoctone: quercia, castagno, carpino. Questo piano di intervento ha coinvolto due comparti: la Maddalena e l’area dell’ex Polveriera. Si dovrebbe ripristinarne l’originale composizione biologica realizzando un sistema che sarà in grado di autosostenersi, con un processo lungo 10 anni. È già stato fatto un iniziale intervento di pulitura del materiale organico in eccesso. Per prima cosa si vuole estirpare la Robinia, pianta terribilmente infestante con radici che si propagano a lunga distanza, fino a 30 metri, e per evitare la ricrescita dei nuovi germogli, i “Ricacci”, si intende utilizzare il sistema di decespugliamento più naturale e vecchio del mondo ovvero il pascolamento degli ovini! In ultimo una volta eliminato il problema Robinia si procederà al ripiantumamento dei Castagni. Con la ricostituzione del bosco, e del sottobosco, la Robinia troverà notevole difficoltà a farsi spazio tra i Castagni, che si spera di proteggere anche dal “Cancro del Castagno” mediante un particolare medicamento, una specie di vaccino (un ceppo del cancro non troppo aggressivo) sparato con la carabina ad aria compressa all’interno dei tronchi sani. A cura delle dott.sse Federica Novali e Roberta Zani, da informazioni e notizie avute dal dott. Benedetto Rebecchi e dal maresciallo Rocco Balestra. Bibliografia: GUZZONI E., Alle fonti di Mompiano: storia della frazione e della sua comunità parrocchiale, Poncarale, Litografica bagnolese, 1987.
Insediamento nuovi parroci Due importanti novità riguardano le parrocchie di Santa Maria Immacolata e San Barnaba, la prima l’avvicendamento dei parroci e dei vicari alla guida della chiesa e degli organismi parrocchiali, e la seconda l’unione di queste due realtà in una sola unità pastorale. Se da un lato l’avvicendamento dei sacerdoti a capo delle parrocchie è una prassi consolidata della Chiesa cattolica, dall’altro la riunione di due parrocchie in una sola unità pastorale è una modalità inconsueta dovuta alla carenza di sacerdoti, ed ancor più inconsueta se si pensa che la parrocchia di Maria Immacolata appartiene alla Congregazione religiosa dei figli di Maria Immacolata detti Pavoniani e la chiesa di san Barnaba alla diocesi di Brescia. Le due novità, quindi, si intersecano, in quanto le parrocchie faranno capo ad un unico servizio pastorale composto però da due padri Pavoniani e da un sacerdote diocesano, nello specifico: il parroco padre Walter Mattevi e i vicari padre Antonio Frison per la Pavoniana e don Diego La Spina per san Barnaba. I nuovi sacerdoti, accompagnati dal vicario zonale don Luciano Bianchi, sono stati accolti ufficialmente nelle parrocchie durante due cerimonie religiose avvenute sabato 24 e domenica 25 settembre, alla presenza festosa di tutta la comunità, della banda comunale di Roncadelle e di una folta rappresentanza di Lumezzanesi di sant’Apollonio, dove prestava servizio come vicario don Diego. Alle cerimonie erano presenti, in qualità di rappresentanti delle istituzioni cittadine, il Presidente della Circoscrizione Nord Marco Rossi e il consigliere Battista Orizio, e l’assessore alla Famiglia, alla Persona e ai Servizi Sociali Giorgio Maione, il quale era in duplice veste di rappresentante del sindaco di Brescia e di parrocchiano di san Barnaba. Il Presidente della Circoscrizione Nord Marco Rossi, nel porgere il saluto di benvenuto ai sacerdoti, ha ricordato i buoni rapporti di collaborazione che intercorrono tra l’istituzione cittadina e la parrocchia di santa Maria Immacolata, ed anche la circostanza che vede il beato Lodovico Pavoni, fondatore della Congregazione dei Figli di Maria Immacolata, quale patrono della Circoscrizione Nord e garante dell’amicizia tra le due istituzioni. L’assessore Giorgio Maione, ha portato i saluti del sindaco di Brescia e di tutta l’amministrazione cittadina e ha posto l’accento sul servizio che le parrocchie offrono alla comunità con la gestione di attività collaterali di aggregazione, sia per i giovani che per i meno giovani, e di assistenza ai bisognosi tramite l’associazione San Vincenzo. Maione ha sottolineando come quest’ultima benemerita attività di volontariato agisca in sinergia proprio con il suo assessorato alla Famiglia, alla Persona e ai Servizi Sociali, in quanto oltre a fornire direttamente assistenza a chi è nel bisogno, agisce da monitor del territorio segnalando all’amministrazione comunale i casi più gravi di indigenza e disagio. La cerimonia di incardinamento dei nuovi sacerdoti è avvenuta sotto i migliori auspici, in un clima festoso e di gratitudine soprattutto da parte dei fedeli di san Barnaba che da qualche mese avevano sperimentato l’assenza di un pastore. Da parte dei sacerdoti è stato espresso il desiderio di amalgamare le due realtà, un compito che speriamo sia facilitato dal legame iniziale esistente tra le due chiese ed avvenga nel segno della continuità storica e pastorale. La chiesa di san Barnaba, infatti, fu eretta dalla Congregazione pavoniana e la dedicazione all’apostolo non è casuale, ma ricorda la chiesa di san Barnaba in corso Magenta attorno la quale il beato Lodovico Pavoni realizzò pienamente la sua opera di raccolta, aggregazione e formazione dei giovani meno abbienti della città di Brescia. La Circoscrizione Nord rinnova il benvenuto ai sacerdoti e augura loro buona messe. Mara Colonello Il Presidente della Circoscrizione Nord porge i saluti ai nuovi parroci Periodico di Informazione della Circoscrizione NORD di Brescia S ono N° 6 - Dicembre 2011 Padre Walter Mattevi, religioso pavoniano e sacerdote nato nel 1951 in un paesino del Trentino dove ho vissuto una infanzia felice. Nel 1962 sono entrato nel seminario pavoniano a Susà di Pergine e ho concluso il corso di studi con la maturità classica presso il nostro Liceo ginnasio L. Pavoni a Lonigo (VI) nel 1971. Nel periodo tra il 1971-72 ho vissuto l’anno di Noviziato a San Sebastiàn (Spagna), emettendo la prima professione temporale il 15 settembre del ‘72 a Valladolid. Ho frequentato quindi la teologia presso i seminari di Saronno e Venegono, intervallando lo studio con esperienze educative proprie dei Pavoniani. Ho ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 16 giugno 1979 a Susà di Pergine. Tra il 1979 e il 1987, ho ricoperto le funzioni di insegnante ed educatore nel nostro Istituto di Monza e ho collaborato felicemente con la Parrocchia diocesana di S. Giuseppe, conoscendo personalità come don Luigi Serenthà (scomparso nel 1986) e l’attuale mons. Franco Giulio Brambilla. Dal 1987 al 1996 sono stato assistente dell’Oratorio della nostra Parrocchia di S. Giovanni Evangelista a Milano. Negli anni seguenti, 1996 - 1999 ho collaborato alle attività che si svolgevano nella scuola L. Pavoni Zentrum a Stommeln, presso Colonia (Germania). Eletto nel Consiglio Provinciale italiano, sono rientrato in Italia e dal 1999 al 2011 ho svolto la mia attività nell’Istituto Grafico Artigianelli di Trento, ed ho ricoperto anche il ruolo di Superiore della relativa comunità religiosa. Con gioia mi appresto a collaborare nella scia del Pavoni con la diocesi di Brescia in veste di parroco della nuova unità pastorale costituita dalle parrocchie cittadine di san Barnaba e dell’Immacolata. S ono Padre Antonio Frison, religioso pavoniano e sacerdote padre Antonio Frison e sono stato chiamato ad essere, insieme a don Diego, il nuovo vicario parrocchiale degli oratori di san Barnaba e dell’Immacolata. Sono di origine veneta, di Urbana un paesino della bassa padovana, vicino a Montagnana dove ho conosciuto i Pavoniani. Dopo gli studi liceali a Lonigo (VI), sono stato a Tradate, in Diocesi di Milano, per integrare la mia formazione pavoniana con gli studi di teologia nel seminario di Milano. Sono un religioso pavoniano, un sacerdote che ha già scritto qualche pagina del suo libro della vita: ho trascorso 10 anni nell’oratorio Pavoni di Milano, 14 anni nel mondo scolastico educativo, 24 anni di vita religiosa pavoniana, 17 anni di ordinazione sacerdotale vissuti con i ragazzi e per i ragazzi. Mi è stato chiesto di continuare a stare con loro ed io con gioia ed entusiasmo sono qui con voi, “per concepire le più belle speranze su i giovani”, nel mondo dell’oratorio un luogo che fa da ponte tra la strada e la chiesa. Sono stato chiamato, mandato qui per essere un dono, voglio dare una mano, voglio leggere la realtà in modo positivo, voglio vedere il bicchiere mezzo pieno, voglio fare proposte, spero di essere capace di ascoltare, voglio amare la realtà che mi circonda, sono chiamato dal Signore ad amare il giardino dove vivo. È vero, lo riconosco, ho fatto fatica a lasciare la comunità pavoniana e la realtà scolastico-educativa di Lonigo dove mi trovavo, tra l’altro a pochi chilometri dalla mia famiglia d’origine. Ma è vero anche che il Signore Gesù ci invita ad aprire nuove porte, a prendere il largo, a non aver paura, a guardare sempre più in là verso nuovi orizzonti. Per cui sono qui in mezzo a voi con una speranza, un desiderio nel cuore: voglio fare gioco di squadra, vivere lo spirito di famiglia che è proprio del nostro fondatore L. Pavoni, fare amicizia con i miei fratelli dell’unica comunità pavoniana, voglio essere un fratello e un amico per chi incontro nella nuova unità pastorale di San Barnaba e dell’Immacolata. Credo che questo sia il desiderio di tutti: avere tra le persone relazioni vere, vitali, umane, calde. Credo in modo particolare che questo sia il desiderio e la preghiera di Gesù: Fa che siano tutti una cosa sola, come tu o Padre sei in me ed io in te, anch’essi siano in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. S ono I nuovi sacerdoti si presentano ai cittadini della Nord Don Diego La Spina, sacerdote diocesano don Diego La Spina, la mia parrocchia di origine è Gardone Val Trompia. Dopo il liceo scientifico e due anni di studi di medicina sono entrato in seminario e sono stato ordinato sacerdote nel 1992 dal vescovo Bruno Foresti. Ho svolto il mio servizio pastorale come curato di oratorio in alcune parrocchie della nostra diocesi, quali Sarezzo, Lovere e, ultima destinazione, la parrocchia di sant’Apollonio di Lumezzane, dove mi sono fermato per sette anni. Finora mi sono occupato prevalentemente di pastorale familiare, seguendo le famiglie della nuova iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi e i loro catechisti. Ho seguito anche le associazioni ecclesiali come gli scout, il gruppo missionario, l’azione cattolica, il gruppo culturale, ecc... Ora il vescovo Luciano Monari mi ha chiesto il servizio di vicario parrocchiale, che condivido con padre Antonio, delle parrocchie cittadine di san Barnaba e dell’Immacolata per la costruzione di una nuova unità pastorale, è iniziata, quindi, un’importante collaborazione con i Pavoniani per la formazione di una nuova realtà pastorale. 7
Page 1 and 2: P er N°6 Dicembre 2011 Anno III -
Page 3 and 4: Il progetto ideato dal Comune di Br
Page 5: Anni INSIEME 1931 2011 CRESCIUTI BR
Page 9 and 10: N° 6 - Dicembre 2011 Iniziative na
Page 11 and 12: N° 6 - Dicembre 2011 18 novembre 2
Page 13 and 14: N° 6 - Dicembre 2011 scorci di Cir
Page 15 and 16: Dicono verde, scrivono cemento ecco

dicembre 2011 - Comune di Brescia

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

Delete template?

Save as template?