Paura e carne - Sardegna Cultura
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di frugare nella borsa, si raddrizza come un bambù, si<br />
avvicina a Belasco, lo fissa con gli occhi di carboncino e<br />
solleva l’indice in alto: – Maggiore, io qui sono, al momento,<br />
l’autorità. Decido io, secondo il mio senso della<br />
pietà e secondo le mie conoscenze, cosa fare e in quale<br />
ordine. Voi ignorate le difficoltà del mio compito… cosa<br />
ne sapete? Sono qui per comprendere e per riacciuffare<br />
l’avvocato che è sprofondato da molte ore nell’eternità.<br />
Ecco, ecco il punto che non deve sfuggirvi: noi<br />
siamo davanti all’eternità e questo corpo bianco e peloso<br />
potrebbe diventare un minerale inalterabile e trattenuto<br />
da questa parte, tra di noi…<br />
Questo indice al cielo ha su Belasco lo stesso effetto<br />
del rosso sui tori, ma Efisio, prima che il maggiore replichi,<br />
ha già iniziato a passare il filo nero che riunisce<br />
braccio e spalla dell’avvocato Làconi con uno zig zag<br />
luttuoso che zittisce il militare.<br />
Quando finisce col braccio, guarda Belasco e poi impugna<br />
la lancetta. Equilibrio, equilibrio serve.<br />
– Ora, maggiore, il torace.<br />
Efisio affonda la lama nella fossetta del giugulo, poi<br />
fa forza, e disegna un taglio grigio sino al pube desolato<br />
dell’avvocato. Con le cesoie divide lo sterno, lo divarica<br />
e veloce - al maggiore sembra un cannibale - estrae il<br />
cuore. Lo lava, lo asciuga e lo appoggia sul piano di<br />
marmo dove lo taglia a fette mantenendole attaccate<br />
l’una all’altra per un lembo: un libro che lui apre e chiude<br />
più di una volta proprio come se ci leggesse dentro.<br />
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Lo esamina con una lente, lo rimette nella sua cavità<br />
buia che ricuce con velocità operosa.<br />
Poi si affaccia al finestrone della sala di sezione, in silenzio,<br />
e aspira tutta l’aria che può.<br />
Controlla l’orologio: ha impiegato venti minuti per<br />
aprire e chiudere Giovanni.<br />
Accende un sigaretto: – Maggiore, ho finito e ora rimetto<br />
in ordine l’avvocato, come ha chiesto sua madre.<br />
Più veloce del dottor Sau. Mandatemi il necroforo.<br />
Dobbiamo mettere il cadavere a bagno. Io aspetto qui e<br />
respiro, voglio respirare un poco alla finestra.<br />
Belasco è fiacco per quell’odore, quel tagliare, il rumore<br />
di <strong>carne</strong> e ossa, quello scivolio di organi, ed è contento<br />
di uscire dalla sala.<br />
Arriva il necroforo Matteo, un lazzaro contento che è<br />
anche campanaro della cattedrale, e quando vede l’avvocato<br />
rimesso in sesto borbotta: – Qui c’è un imbroglio,<br />
qui c’è un imbroglio.<br />
– Bene, Matteo, dobbiamo mettere Làconi in quella<br />
vasca… tutto qui. E sistemarlo con dei pesi che lo spingano<br />
a fondo. Prima, però, c’è questa fronte sfondata<br />
da rimettere a posto. Era una bella fronte e noi la rifaremo<br />
curva e pensierosa com’era.<br />
Dalla borsa prende un trapano e pratica un foro sulla<br />
tempia, nascosto dai capelli, mentre Matteo, concentrato,<br />
tiene la testa del morto. Poi infila nel foro una leva<br />
di metallo con la quale dall’interno spinge le ossa<br />
deformate, la fronte riprende la sua naturale curvatura<br />
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