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copertina AAA - Associazione Arma Aeronautica

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torizzazione nazionale ad entrare<br />

nella pianificazione reale della<br />

Coalizione.<br />

Ciò provoca difficoltà al Reparto e<br />

disappunto nel comando alleato,<br />

che vorrebbe sapere quale sarà il<br />

nostro ruolo in caso di ordine di<br />

attacco, ritenuto imminente. L’addestramento<br />

viene in ogni caso<br />

completato, anche se la nostra singolare<br />

posizione non ci consente<br />

ancora pieno accesso a tutta l’intelligence<br />

operativa. Siamo in buona<br />

compagnia, perché anche i<br />

colleghi francesi si trovano nella<br />

medesima situazione. Il 16 gennaio,<br />

come previsto, scade l’ultimatum<br />

e la Coalizione si prepara<br />

al primo attacco. Noi non abbiamo<br />

ancora alcuna autorizzazione<br />

e, tra i sorrisetti degli alleati, stiamo<br />

a guardare. Nella stessa giornata,<br />

tuttavia, il Consiglio dei<br />

ministri decide la piena ottemperanza<br />

alla risoluzione 678 ed in<br />

Senato inizia il dibattito parlamentare<br />

per recepire la linea del<br />

governo. In patria, anche l’Esercito<br />

viene mobilitato, a presidio delle<br />

installazioni contro atti di<br />

terrorismo interno. Nella notte del<br />

17 gennaio 2.200 velivoli della<br />

Coalizione iniziano l’operazione<br />

Desert Storm, attaccando obiettivi<br />

militari e siti strategici in Baghdad.<br />

Noi siamo fermi a terra, ancora<br />

senza autorizzazione. Questa,<br />

dopo l’approvazione parlamentare,<br />

arriva il giorno successivo, appena<br />

in tempo per essere frettolosamente<br />

inseriti nel programma della seconda<br />

ondata.<br />

Una firma “saltata”<br />

AERONAUTICA 8-9/2010<br />

Una missione sfortunata<br />

Come noto, l’esito di questa nostra<br />

prima missione è sfortunato. Nella<br />

notte, decollano da al-Dhafra otto<br />

Tornado, armati con cinque bombe<br />

da 1.000 libbre ciascuno. Gli<br />

obiettivi sono una serie di depositi<br />

di munizioni, da colpire volando a<br />

bassissima quota. I nostri fanno<br />

parte di un pacchetto di una quarantina<br />

di velivoli, che devono agganciare<br />

gli aerei-cisterna per<br />

rifornirsi in un’area al largo di<br />

Kuwait City. La zona è temporalesca,<br />

in un fronte di nubi cumuliformi<br />

con forte turbolenza.<br />

Nessuno dei velivoli nazionali e alleati,<br />

nella notte, riesce ad agganciare<br />

il rifornitore e tutti, meno<br />

uno, ritornano alla base. Solo il<br />

maggiore Bellini, che aveva il capitano<br />

Cocciolone come navigatore,<br />

dopo vari tentativi riesce fortunosamente<br />

a rifornire. Prosegue isolato<br />

la sua missione, attacca e<br />

distrugge il deposito di munizioni<br />

volando, di notte, a mille chilometri<br />

all’ora a sessanta metri da terra<br />

– a questo i nostri piloti erano perfettamente<br />

addestrati – ma incappa<br />

in un nutrito fuoco di<br />

contraerea e viene abbattuto. Il resto,<br />

è storia nota. Tutte le successive<br />

225 sortite di attacco<br />

proseguono con successo, fino alla<br />

conclusione della campagna aerea<br />

il 24 febbraio, data in cui iniziano<br />

i quattro giorni di campagna terrestre<br />

che conducono alla vittoria finale<br />

con la liberazione del Kuwait.<br />

25<br />

VARIE<br />

L’epilogo è l’incontro tecnico per la<br />

cessazione del fuoco tra gli esponenti<br />

delle forze contrapposte sotto<br />

la tenda di Safwan, località<br />

irachena al confine con il Kuwait.<br />

E’ il 3 marzo 1991. L’11 marzo<br />

rientrano a Villafranca dalla Turchia<br />

gli RF-104, ed il 15 marzo atterrano<br />

a Gioia del Colle anche i<br />

Tornado.<br />

Desert Storm è terminata.<br />

Guerra vera, guerra<br />

dimenticata<br />

Questa è stata una guerra vera,<br />

senza troppe alterazioni semantiche,<br />

e forse per questo oggi è difficile<br />

leggerla negli innumerevoli<br />

elenchi di “operazioni di pace”.<br />

Guerra da “dimenticare”, scomoda,<br />

forse già dimenticata. Si, perché<br />

gli equipaggi decollavano ogni<br />

giorno da al-Dhafra con l’ordine di<br />

attaccare e distruggere le forze nemiche<br />

in territorio ostile, di giorno<br />

e di notte, a 1.500 chilometri di distanza.<br />

Non c’erano mezzi termini<br />

né caveat, tutto era chiaro, questa<br />

era la missione, e così è stata disciplinatamente<br />

eseguita. Per la Storia,<br />

dopo oltre 45 anni dalla fine<br />

della seconda guerra mondiale, è<br />

stata la prima volta in cui l’Italia<br />

ha deliberatamente deciso di coinvolgere<br />

in un conflitto le proprie<br />

forze armate. Tra di esse, è stata<br />

l’<strong>Aeronautica</strong> Militare ad avere il<br />

privilegio di affrontare per prima<br />

la prova del fuoco.<br />

Nel “cappello” all’articolo di Egisto Corradi “In picchiata sui ribelli Vietcong” pubblicato a pag. 14 di<br />

<strong>Aeronautica</strong> n. 7/2010 - per un banale slittamento dei testi in fase di impaginazione - è “saltata” la firma<br />

del suo autore, il noto giornalista ed apprezzato collaboratore Giorgio Torelli. Ce ne scusiamo vivamente<br />

con lui e con tutti i lettori, certi – comunque – che essi non avranno avuto dubbi nel<br />

riconoscerne l’inconfondibile stile.

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