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copertina AAA - Associazione Arma Aeronautica

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SUL FILO DEI RICORDI<br />

Il racconto che segue - tratto da “Storia di Famiglia“ scritto dal maresciallo pilota Vincenzo Nostro, diario che il figlio,<br />

maresciallo in congedo Claudio ha ritrovato dopo la scomparsa del padre – costituisce il seguito e il completamento di<br />

quanto pubblicato a pag. 18 di <strong>Aeronautica</strong> n. 12/2009 con il titolo «Il Cant.Z.501 “Gabbiano” protagonista della mia fuga<br />

dall’isola di Lero (9 ottobre 1943-24maggio 1944)».<br />

Idroscalo militare di Siracusa 24 maggio 1944<br />

Siracusa, dove ero giunto con il 1° av. mot. Radi, era un<br />

idroscalo inattivo: vi esisteva solo un piccolo presidio comandato<br />

da un sottufficiale marconista con alcuni avieri di<br />

governo. Tale sottufficiale, al mio arrivo sotto la banchina di<br />

alaggio, mi venne incontro con un dispaccio di Marinavia<br />

che già il giorno prima aveva segnalato il mio arrivo in quella<br />

base ordinando il rifornimento dell’aereo e il mio proseguimento<br />

per l’idroscalo di Brindisi.<br />

Trascorremmo la notte a Siracusa e l’indomani mattina decollammo<br />

per Brindisi che raggiungemmo in un paio d’ore<br />

navigando a manetta ridotta.<br />

Brindisi, al contrario di Siracusa, era un idroscalo armato e<br />

assolutamente efficiente; vi erano dislocate due squadriglie<br />

di Cant.Z.506 e di Cant.Z.501 comandate dal colonnello Michele<br />

Palmiotti. Il nostro arrivo fu un vero avvenimento e<br />

suscitò la curiosità di tutto il personale perché<br />

il nostro “501” era stato… camuffato dagli<br />

inglesi di Abukir i quali gli avevano<br />

disegnato a vivaci colori sulla prua la testa<br />

di un drago con le fauci spalancate, il che gli<br />

dava l’aspetto di uno strano mostro volante.<br />

Il col. Palmiotti ci chiamò nel suo ufficio<br />

ove gli feci la relazione del mio volo di trasferimento<br />

in Italia; lui volle conoscere tutti<br />

i particolari della nostra avventura in Egitto,<br />

ma non mi seppe dire ove fosse il Ten. Vasc.<br />

Osservatore Bruni che avremmo rivisto molto<br />

volentieri.<br />

Il col. Palmiotti ci comunicò che per disposizione<br />

di Marinavia eravamo stati assegnati<br />

alla base di Taranto, base che avremmo dovuto<br />

raggiungere in treno lasciando il nostro<br />

“501” a Brindisi.<br />

A Radi e a me dispiacque molto dover abbandonare<br />

il nostro fidatissimo “Mammaiuto” che ci era<br />

stato compagno in quella straordinaria avventura.<br />

Taranto: 25 maggio 1944<br />

Il giorno dopo arrivammo a Taranto che, come quella di<br />

Brindisi, era una base in piena attività; fummo accolti festosamente<br />

da vecchi amici e camerati di un tempo ed il primo<br />

a venirmi incontro e ad abbracciarmi fu l’amico Dario Tomassi<br />

col quale andai a sistemarmi nella sua camera che disponeva<br />

di un secondo letto libero.<br />

L’idroscalo di Taranto era allora comandato dal ten. col.<br />

Pezzani di Levanto e l’attività che vi si svolgeva non era più<br />

quella di un tempo di carattere prettamente militare: vi era<br />

un Gruppo di “506” e di “501” che venivano impiegati nel<br />

servizio civile. Avevamo, ad esempio, collegamenti bisettimanali<br />

con l’aeroporto di Elmas in Sardegna, qualche volta<br />

facevamo trasporti a Vigna di Valle sul Lago di Bracciano e,<br />

20<br />

Ancora ricordi della mia vita in grigio-azzurro<br />

Dal rientro in Italia col Cant.Z.501 al collocamento in congedo per i limiti di età. (24 maggio 1944 - 20 maggio 1955).<br />

di Vincenzo Nostro<br />

L’autore prima di un volo<br />

tanto ad Elmas che a Bracciano, si trasportava personale<br />

militare e civile, posta e merci varie poiché le linee aeree civili<br />

in quel tempo erano state interrotte.<br />

La guerra che era passata in quelle zone del sud d’Italia e in<br />

Sardegna aveva lasciato i suoi tragici segni e drammatiche<br />

conseguenze come per esempio la carenza assoluta di viveri<br />

e di prodotti alimentari in genere oltre a medicinali e articoli<br />

di prima necessità; le carenze ospedaliere poi erano notevoli<br />

ovunque e così più volte ci capitò di trasportare malati<br />

o feriti per incidenti dalla Sardegna, ove gli ospedali erano<br />

più dissestati che altrove, a Taranto, a Catania o addirittura<br />

a Vigna di Valle per essere poi ricoverati negli ospedali romani.<br />

In sintesi eravamo a disposizione per tutti quegli impieghi<br />

rapidi e primari di cui le regioni del Sud necessitavano; altri<br />

reparti, come quello di Brindisi, avevano il nostro stesso impiego.<br />

Ricordo che in quel periodo istruimmo un<br />

numeroso gruppo di allievi ufficiali dell’ultimo<br />

corso dell’Accademia <strong>Aeronautica</strong> di Nisida<br />

che vennero a Taranto per effettuare il<br />

passaggio sugli idrovolanti.<br />

Si svolgeva tutta questa attività con vero spirito<br />

di sacrificio e di abnegazione, ma ciò che<br />

era più a terra era il morale di buona parte<br />

del personale nel pensare alle proprie famiglie<br />

residenti in regioni del nord Italia ancora<br />

occupate dai tedeschi ed ove continuava la<br />

guerra di liberazione e, pertanto, conoscendone<br />

i pericoli e i disagi eravamo in angosciosa<br />

attesa che gli alleati liberassero quelle<br />

regioni al più presto.<br />

Anche la Toscana era fra le zone più “calde”<br />

perché i tedeschi si erano attestati anche sui<br />

monti pisani contribuendo a tener salda nelle<br />

proprie mani la famosa “linea Gotica”.<br />

Venne finalmente il giorno in cui si seppe che essi erano in<br />

ritirata e che anche la Toscana era stata liberata. Pochi giorni<br />

dopo si diffuse la buona novella che il ten. col. Risaliti, un<br />

livornese, stava organizzando un viaggio su autocarri per<br />

quel personale avente le famiglie nelle zone liberate ed ora<br />

occupate dagli alleati.<br />

Anch’io venni incluso in quel fortunato elenco di nomi ed<br />

una bella mattina partimmo su un convoglio di due autocarri<br />

al comando dello stesso ten. col. Risaliti.<br />

Percorremmo la Penisola a tappe diurne e notturne e man<br />

mano che si risaliva verso nord, attraverso le diverse regioni,<br />

si faceva scendere il personale nei pressi della località<br />

dove era residente la famiglia e si proseguiva il viaggio; l’ultima<br />

regione era la Toscana e l’ultima tappa era Livorno, dove<br />

appunto risiedeva la famiglia di Risaliti.<br />

Ricordo che sull’ultimo tratto del lungo percorso, oltre a Risaliti,<br />

eravamo rimasti in tre.<br />

Avevamo sette giorni da trascorrere in famiglia e per il ritor-<br />

AERONAUTICA 8-9/2010

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