copertina AAA - Associazione Arma Aeronautica
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SUL FILO DEI RICORDI<br />
Sempre all’erta, specie se in volo con un altro pilota<br />
Aeroporto di Galatina (Lecce), Autunno 1964; Corso<br />
istruttori di volo su MB.326.<br />
Un pomeriggio decollo “sotto tendina” (sorta di coperta<br />
di tela per evitare che il pilota guardi fuori e<br />
possa quindi dimostrare di essere in grado di condurre<br />
il volo soltanto con gli strumenti di bordo) dal posto<br />
posteriore. L’istruttore, persona preparata e capace,<br />
sedeva in quello anteriore, sia per valutare la mia capacità<br />
nel volo strumentale (compreso il decollo) sia per<br />
guardare fuori, onde evitare eventuali collisioni con altri<br />
aerei. La missione prevedeva una navigazione alla quota<br />
di 20.000 piedi e ritorno all’aeroporto di partenza. Il cielo<br />
era completamente coperto da nubi tranquille quindi<br />
non temporalesche.<br />
La navigazione proseguiva senza errori significativi da<br />
parte mia: impegnandomi al meglio, ero soddisfatto perché<br />
l’istruttore, esigente e attento al mio pilotaggio tanto<br />
che mi segnalava, via radio, anche piccoli errori di quota<br />
come la perdita o il guadagno di 30/40 piedi (circa 10/13<br />
m): i richiami erano giusti perché eravamo ormai immersi<br />
nelle nubi fin dal decollo, e quindi il mantenimento<br />
della prevista quota era necessario.<br />
All’inizio del secondo tratto della navigazione, che era<br />
dalla verticale del Radiofaro dell’aeroporto di Brindisi a<br />
quella del Radiofaro di Galatina, tendevo ancora a non<br />
mantenere perfettamente l’altitudine prevista: ero sempre<br />
sotto esame e quindi c’era un coinvolgimento emotivo.<br />
Però il mio esigente istruttore non mi richiamava più<br />
per gli errori.<br />
Cominciai perciò a chiamarlo più volte, incuriosito del<br />
suo silenzio e feci anche della argute battute, tipo «Ehi,<br />
cosa fai, non mi correggi più?»<br />
Ma niente, non ottenevo risposta. Continuai a chiamarlo,<br />
insistendo con voce alta e concitata, né potevo battere le<br />
ali con violenza (manovra da evitare nel volo strumentale)<br />
per fargli capire che c’era qualcosa che non andava<br />
per il suo verso.<br />
Intanto lo strumento ADF (per la ricerca automatica della<br />
direzione di volo) mi indicava di essere sulla verticale<br />
di Galatina e quindi era necessario chiedere ed ottenere<br />
dalla Torre di Controllo l’ora esatta per iniziare la procedura<br />
di discesa e l’avvicinamento per l’atterraggio. A quel<br />
punto, ritenendo ormai che l’istruttore fosse svenuto – o<br />
in una situazione peggiore – informai la Torre di quanto<br />
mi accadeva e, tentando di sollevare a stento un lembo<br />
della tendina, rilevai che eravamo ancora nelle nubi. Dichiarai<br />
perciò di essere in “emergenza”, chiedendo l’immediato<br />
inizio della discesa. Avevo intanto superato la<br />
di Umberto Formisano<br />
verticale del Radiofaro e mentre la Torre accelerava la<br />
discesa di un altro velivolo sotto di me mantenendone in<br />
quota un altro al di sopra, mi autorizzò ad eseguire una<br />
virata a destra di 360° (come da procedura di emergenza)<br />
per tenermi nell’area della verticale del Radiofaro:<br />
subito iniziai la discesa a 270 nodi (486 km/h) con aerofreni<br />
fuori. Ma la preoccupazione aumentava perché l’istruttore<br />
non dava segni di vita (vi era stato un vivace<br />
scambio di messaggi tra me e la Torre mentre lui non interveniva)<br />
stante il suo doppio dovere di valutare la mia<br />
condotta di volo e di guardare avanti per evitare collisioni<br />
aeree e, ancora, di badare alle rotte di allontanamento<br />
e di avvicinamento all’aeroporto.<br />
Non potevo ancora lasciare i comandi di volo per tentare<br />
di tirare un po’ indietro la tendina, ma finalmente, con il<br />
Radiofaro in prua ed in volo livellato, riuscii a sbirciare<br />
sotto di essa e vidi nubi a strati e, tra alcuni squarci, lembi<br />
del terreno. Così mi rincuorai, mi protesi in avanti<br />
con ambo le mani riuscendo a portare indietro – a metà<br />
– la tendina: ormai riuscivo a vedere davanti, e, quale<br />
reazione alla forte ansia vissuta, diedi due o tre violenti<br />
sbattimenti d’ala chiamando per nome ad alta voce nell’interfono<br />
il mio “assente” compagno di volo.<br />
Fu così che, mentre estraevo il carrello ed i flaps per l’atterraggio,<br />
sentii una flebile voce – come quando uno viene<br />
invitato a svegliarsi, ma non ne vuol sapere: «Sono<br />
qui, che c’è?»<br />
Ammetto di essermi scaricato a parolacce mentre rullavo<br />
verso il parcheggio e parimenti nel segnare e firmare i<br />
dati del volo sul libretto dell’aereo. A niente valsero, per<br />
me, le sue scuse: «Ma io c’ero». «Già – risposi - certo che<br />
c’eri, ma dormivi profondamente e sappi che non volerò<br />
più con te!»<br />
A sera, con la mia famiglia, eravamo ospiti per la cena a<br />
casa di mia suocera. Avvicinandomi alla tavola, notai che<br />
mia moglie mi guardava in modo insolito dicendo poi:<br />
«Cosa è successo ai tuoi capelli?» (a quel tempo, ne avevo<br />
molti e qualche segno di brizzolatura). «Perché? – risposi<br />
- cosa c’è?»<br />
«Perché sono più brizzolati del solito!» «Ma no, cosa dici,<br />
sono quei pochi accenni di grigio che già avevo».<br />
Forse era vero? Non ricordo se feci poi un controllo allo<br />
specchio. E cominciai a cenare, ma non potevo fare a<br />
meno di pensare all’angoscia provata durante l’ultima<br />
parte del volo pomeridiano, per lunghi minuti di volo:<br />
cosa certamente diversa da altri emozionanti voli in cui,<br />
considerati i pochi secondi del pericolo o dello spavento,<br />
non c’era stato nemmeno il tempo per pensarci. Ma in<br />
quei casi istantanei, dopo e con i piedi per terra, eccome<br />
ci si pensa!<br />
18 AERONAUTICA 8-9/2010