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copertina AAA - Associazione Arma Aeronautica

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STORIA AERONAUTICA<br />

La “soffiata”<br />

Dopo il bombardamento della<br />

caserma di Bab El-Aziziya, malgrado<br />

le proteste e le minacce<br />

proferite dagli esponenti della<br />

Jamahiriya libica, Gheddafi non<br />

si fece né vedere né sentire, tanto<br />

che gli americani, in un primo<br />

momento, pensarono che fosse rimasto<br />

sotto le macerie della caserma. In<br />

realtà egli era sano e salvo e si era rifugiato<br />

in una tenda piantata in una<br />

località segreta del deserto libico, da<br />

dove, presumibilmente, non si mosse<br />

per alcuni giorni, onde evitare una<br />

possibile reiterazione dell’attacco<br />

americano. Egli si era salvato grazie<br />

ad una “soffiata” sull’imminenza dell’attacco<br />

americano.<br />

Sul quotidiano Il Giornale, del 31 ottobre<br />

2008, comparve un articolo, a<br />

firma di Livio Caputo, nel quale il ministro<br />

degli Esteri libico, Abdel Rahman<br />

Shalgam, rivelava che era stato<br />

Craxi a salvare Gheddafi dal bombardamento<br />

della caserma.<br />

Il velivolo da ricognizione trisonico,<br />

Lockheed SR-71, in grado di volare ad<br />

una quota di 24.000 m (78.740 ft), al di<br />

fuori della portata di qualsiasi aereo intercettore<br />

esistente.<br />

Il Giornale, inoltre, riportava anche<br />

che questa rivelazione era stata subito<br />

confermata da Giulio Andreotti,<br />

ministro degli Esteri al tempo dell’operazione<br />

americana, per cui non potevano<br />

esserci dubbi sulla veridicità<br />

della notizia. Era successo che il Governo<br />

italiano, nell’imminenza dell’attacco,<br />

aveva informato<br />

l’Ambasciata libica a Roma, la quale<br />

aveva trasmesso il messaggio al leader<br />

libico. Malgrado l’illazione riportata<br />

dal quotidiano di cui sopra, che<br />

l’Ambasciata libica fosse stata informata<br />

due giorni prima, la tempistica<br />

della catena informativa, con i suoi<br />

vari passaggi obbligati, non appaiono<br />

affatto chiari; molto probabilmente,<br />

i tempi furono di gran lunga<br />

più stretti. Le apparenze starebbero<br />

ad indicare che l’avviso arrivò sotto<br />

gli occhi di Gheddafi, quando i bombardieri<br />

americani erano già, più o<br />

meno, all’altezza di Capo Bon (l’estrema<br />

punta della Tunisia), per cui il<br />

Il titolo dell’articolo di Livio Caputo, comparso<br />

su “Il Giornale” del 31 ottobre 2008.<br />

leader libico, con la famiglia, ebbe<br />

solo qualche decina di minuti per lasciare<br />

frettolosamente la sua residenza,<br />

tanto e vero che, per motivi non<br />

noti, la figlia adottiva, rimasta uccisa,<br />

probabilmente non fece in tempo a<br />

seguire il padre. Questa supposizione<br />

sarebbe suffragata anche dal fatto<br />

che il sistema di difesa aerea libico fu<br />

colto praticamente di sorpresa, mentre<br />

Tripoli era uno sfolgorio di luci.<br />

Ciò significa che la catena di comando<br />

non ebbe il tempo necessario per<br />

allertare le postazioni radar, quelle<br />

dei missili SAM, le basi dei caccia intercettori<br />

e la difesa civile.<br />

Ma perché Craxi avvisò Gheddafi,<br />

venendo meno al vincolo<br />

di segretezza che lo legava<br />

agli alleati della NATO?<br />

Una generica risposta è stata<br />

fornita dallo stesso autore dell’articolo,<br />

che cita un brano di<br />

Indro Montanelli e di Mario<br />

Cervi, contenuto nel libro “L’Italia<br />

degli anni di fango”. Secondo<br />

tale citazione, la<br />

politica estera dell’Italia del periodo<br />

craxiano fu contraddistinta da una:<br />

«fedeltà generica e costante all’Occidente,<br />

però con sbandamenti terzomondisti<br />

e una inguaribile riluttanza<br />

ad approvare senza riserve i gesti di<br />

forza degli amici». L’anima terzomondista<br />

di Craxi, quindi, aveva consentito,<br />

al ministro degli Esteri del<br />

suo governo, di stringere un rapporto<br />

di “amicizia” con il leader dell’OLP,<br />

Yasser Arafat, e di avere un occhio di<br />

riguardo anche per la Libia, che, oltre<br />

ad ospitare una nutrita comunità<br />

In questa immagine pittorica sono raffigurati<br />

due veicoli trasportatori-lanciatori di<br />

missili LRINF sovietici SS-20.<br />

italiana, era una grande fornitrice<br />

di petrolio all’Italia; questo atteggiamento,<br />

quindi, spiegava<br />

anche l’episodio di Sigonella. La<br />

Casa Bianca mal tollerava tale<br />

atteggiamento, ma chiudeva un<br />

occhio, in quanto essa apprezzava<br />

la ferma posizione anticomunista<br />

di Craxi; inoltre, gli Stati<br />

Uniti, assieme agli altri alleati della<br />

NATO, avevano apprezzato moltissimo<br />

il fatto che il Governo Craxi, nel<br />

settembre 1983, fosse riuscito a far<br />

approvare dal Parlamento l’installazione<br />

dei missili nucleari LRINF<br />

(Longer-Range Intermediate Nuclear<br />

Force) e GLCM (Ground Launched<br />

Cruise Missile) a Comiso, in Sicilia,<br />

pur sapendo di dover affrontare, come<br />

conseguenza, delle dure reazioni<br />

dei comunisti e dei cosiddetti “pacifisti<br />

a senso unico”. Tale installazione,<br />

infatti, assieme ad altri GLCM in<br />

Gran Bretagna e ai missili balistici<br />

“Pershing II” in Germania, contribuiva<br />

a bilanciare la minaccia dello<br />

schieramento di oltre 300 missili balistici<br />

LRINF SS-20 sovietici, ciascuno<br />

con tre testate nucleari, puntati<br />

contro i paesi europei. Questo schieramento<br />

fu l’ultimo sforzo dell’Unione<br />

Sovietica, prima del crollo, per<br />

cercare di impaurire le popolazioni<br />

di tali paesi e provocare un cambiamento,<br />

a proprio favore, dello “status<br />

quo” politico, in modo da accedere<br />

alle loro economie, alle loro tecnologie<br />

e ai loro commerci.<br />

La fine della storia<br />

Immediatamente dopo l’attacco americano,<br />

il regime libico spese molte<br />

parole per minacciare gli Stati Uniti.<br />

La sera del 15 aprile, dalla Libia furono<br />

lanciati due missili balistici a corto<br />

raggio “Scud”, di fabbricazione<br />

sovietica, verso l’isola italiana di<br />

Lampedusa, distante 330 km dalle<br />

coste libiche, con l’intento di colpire<br />

una stazione “LORAN” (LOng RAnge<br />

Navigation - Sistema di navigazione a<br />

lungo raggio), gestita dalla Guardia<br />

Costiera degli Stati Uniti. A causa<br />

della nota imprecisone di tali missili,<br />

essi esplosero in mare al largo di Capo<br />

Ponente, la punta occidentale dell’isola,<br />

causando solo paura tra la<br />

popolazione. La Libia rivendicò l’azione,<br />

spacciandola per “un avvertimento”,<br />

per cui il Governo italiano<br />

presentò a quello libico un’energica<br />

nota di protesta e, per via aerea, inviò<br />

immediatamente delle truppe a Lampedusa,<br />

per timore di un colpo di mano<br />

dell’infido “amico” libico. Inoltre,<br />

per prudenza, il 31 maggio 1986 la<br />

stazione “LORAN” di Lampedursa<br />

passò sotto il controllo dei militari<br />

italiani, con due anni di anticipo rispetto<br />

al previsto.<br />

14 AERONAUTICA 8-9/2010

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