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Alberto Bolognesi IL CODICE CELESTE

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trascendenza, questa deve trovarsi all'interno del Mondo”. *17<br />

Non sappiamo nulla?<br />

Questa inevitabile escursione nella vita che esplora la vita evidenzia l'intreccio di preconcetti che<br />

coinvolge atei, panteisti e religiosi che operano nell'ambito scientifico. Con le dovute sfumature, per<br />

i primi i secondi sono mistici e i terzi fanatici. Per i secondi i primi sono gretti e i terzi sono utopisti<br />

e per i terzi i primi sono diabolici e i secondi eretici. Ancora, per i primi e per i terzi il fenomeno<br />

della vita potrebbe benissimo essere un fatto unico che è accaduto solo qui a causa della sua estrema<br />

improbabilità o per via dell'intervento divino, mentre per i secondi, con tutto l'universo a<br />

disposizione, sarebbe assurdo se la vita fosse comparsa soltanto qui. E poiché l'assenza della prova<br />

non coincide con la prova dell'assenza, solo i primi e i terzi rischierebbero pesanti revisioni dei loro<br />

schemi concettuali in caso di scoperta di forme di vita extraterrestri.<br />

Il problema più spettacolare è che un universo “darwiniano” da solo non sta in piedi. Lo rileva in<br />

modo del tutto inatteso lo stesso Dawkins, che in un passaggio ben dissimulato del suo “L'Illusione<br />

di Dio” tradisce le ambizioni del riduzionismo di risolvere il mondo con il solo caso e la selezione<br />

naturale: “Quando si tratta di spiegare prodigi di improbabilità come una foresta pluviale, una<br />

barriera corallina o un universo – scrive testualmente il più grande zoologo del mondo – non è<br />

detto che si tratti della selezione naturale”. E' davvero un'ammissione clamorosa, che scuote tutto<br />

lo scientismo sbruffone del momento e i delicati equilibri interdisciplinari faticosamente raggiunti.<br />

Dunque anche Dawkins sa, o almeno teme, che il caso e la pressione selettiva sono solo compagni<br />

di viaggio che tutt'al più gestiscono ma di sicuro non generano il Sistema del Mondo! Dunque la<br />

mente – di un uomo, di un gorilla, di una balenottera o di una zanzara – con buona pace di alcuni<br />

neuroscienziati che adesso potrebbero rischiare il posto, non è stata originata ma solo mediata dalla<br />

selezione naturale. Ma allora essenzialmente cos'è? Cos'è dunque per Dawkins l'occhio che<br />

tormentava Darwin? Cos'è la vita, cos'è una foresta pluviale, cos'è una barriera corallina? Come<br />

sono apparse? E che diavolo è l'intero universo? Come si fa a definirlo un “fenomeno naturale”? È<br />

forse un problema di fisica o di meccanica quantistica? È un incidente? È un oscuro miracolo?<br />

Alla fine – avvertiva il filosofo Hans Gadamer - “viene pure il momento in cui dobbiamo confessare<br />

che non sappiamo nulla”. Cioè in pratica che non sappiamo dove siamo, non sappiamo chi siamo e<br />

nemmeno da dove veniamo. Dire che veniamo dall'universo e che andiamo con l'universo non aiuta<br />

gran che: alla sua massima distanza dalla mente, la materia cosmica mostra titaniche storie di gas e<br />

polveri, plasmi ad alta energia, stelle nascenti e talora esplodenti in un intreccio ininterrotto di<br />

ammassi e ammassi di galassie ... Allora dove siamo? Forse sul terzo pianeta di un sistema solare<br />

periferico di una galassia di medie dimensioni? Già, ma che significa? Anche liquidando l'assurda<br />

dilatazione dello spazio, gli universi paralleli e la puerile mitologia dell'esplosione del tempo, il<br />

macrocosmo ripropone un'ampiezza di scala che è irriducibile ai concetti antropomorfi di “origine”<br />

o di “significato” e rafforza il sospetto che ciò che chiamiamo materia sia intenta a sperimentare<br />

tutte le sue potenzialità.<br />

E' un fatto osservativo finora non smentito che le stelle più antiche che siamo in grado di studiare<br />

nell'universo non superino i circa 15-19 miliardi di anni. Anche se non si vede una ragione di ordine<br />

superiore che faccia coincidere la loro età con quella dell' “intero” universo, resta da comprendere<br />

qual'è il destino che le accomuna e che al di là della cosiddetta “sequenza principale” coinvolge l'età<br />

stessa delle galassie. Le età delle stelle vengono di norma stabilite in base a modelli teorici della<br />

loro struttura interna attraverso misurazioni di sezioni d'urto di interazioni atomiche effettuate in<br />

laboratorio, che poi sono integrate da stime sistematiche delle temperature e delle luminosità. Ed è<br />

pur vero che sebbene l'età dell'universo sia “risolta” dalle scansioni effettuate dal satellite WMAP<br />

sulla “temperatura fossile” di 2,7 K° in ragione di 13,7 miliardi di anni, molti astrofisici indicano<br />

con forza un limite inferiore di 16 miliardi di anni per le stelle più vecchie della nostra Galassia più<br />

*17 “La Natura dell'Universo”, F. Hoyle, 1952.<br />

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