RICCARDO III di William Shakespeare Traduzione di J ... - enricojob

RICCARDO III
di William Shakespeare
Traduzione di J. Rodolfo Wilcock
Torino
TEATRO ALFIERI
12 febbraio 1968
Studi per
Riccardo III
“Pensai a dei materiali forti: dalle pelli di capra, al cuoio, ai metalli e alle corde
così frequenti in marina, riferendomi a un’Inghilterra elisabettiana e invernale.
Le corde, poi, una accostata all’altra, formavano come dei tessuti rigati e le
righe sono un motivo ricorrente degli abiti elisabettiani. Montate una vicina
all’altra come a costituire un tessuto, e aprendosi e chiudendosi col movimento,
potevano anche sembrare tiracche cinquecentesche. Quei cortigiani inglesi
li disegnai come grassi, ricchi e ben pasciuti selvaggi. Certi stivali di cuoio
modellati anatomicamente all’altezza dei polpacci, delle ginocchia e delle
cosce, ne svelavano anche una fisicità oscena. Le pellicce le feci montare contropelo
così che risultassero spettinate. Questo non indifferente dettaglio, era
il segno di un mondo torvo e aspro sempre immerso nel gelo dell’inverno.
Qua e là poi, su ogni costume balenava la luce di qualche metallo: medaglie,
Re Edoardo IV Carlo Montagna
Edoardo, Principe di Galles Marzio Margine
Riccardo, Duca di York Marzio Margine
Giorgio, Duca di Clarence Mario Erpichini
Riccardo, Duca di Gloucester Vittorio Gassman
Un bambino, figlio di Clarence Giorgio Locuratolo
Il Conte di Richmond Giacomo Piperno
L’Arcivescovo di York Edoardo Florio
Il Vescovo di Ely Franco Ferrari
Il Duca di Buckingham Mario Carotenuto
Il Duca di Norfolk Gianni Bertoncini
Il Conte di Surrey Edoardo Florio
Il Conte di Rivers, fratello di Elisabetta Remo Varisco
Il Marchese di Dorset, figlio di Elisabetta Ezio Busso
Lord Grey, figlio di Elisabetta Pierangelo Civera
Lord Hastings Umberto D’Orsi
Lord Stanley Attilio Cucari
Sir Richard Ratcliff Emilio Marchesini
Sir William Catesby Ugo Maria Morosi
Sir James Tyrrel Virgilio Zernitz
Sir James Blunt Giorgio Ferrara
Sir Robert Brakenbury Enzo Fisichella
Un prete Mario Ventura
Tressel Toni Rossati
Berkeley Mario Ventura
Il Lord Sindaco di Londra Enzo Garinei
Lo Sceriffo del Wiltshire Carlo Baroni
Primo assassino Duilio Del Prete
Secondo assassino Franco Giacobini
Un carceriere Edoardo Borioli
Primo londinese Edoardo Borioli
Secondo londinese Giorgio Ferrara
Terzo londinese Oreste Rizzini
Un messaggero Toni Rossati
Un messaggero di Stanley Gianni Guerrieri
Un paggio Oreste Rizzini
Primo messaggero Gianni Guerrieri
Secondo messaggero Toni Rossati
Terzo messaggero Edoardo Borioli
La Regina Elisabetta Marisa Fabbri
La Regina Margherita Edda Albertini
La Duchessa di York Marisa Fabbri
Lady Anna Edmonda Aldini
Una bambina, figlia di Clarence Daniela Sandrone
Scene Mario Ceroli
Costumi Enrico Job
Musiche Fiorenzo Carpi
Regia Luca Ronconi
“Strong materials came to mind: goatskins, leather, metal and the ropes used in
shipping tackle, conjuring up a wintry, seafaring Elizabethan England. And these
ropes, laid side by side, formed a kind of striped material, and stripes are a recurring
motif in Elizabethan costume. And mounted one alongside the other, as if to form a
material which opened and closed with movement, they could also look like sixteenthcentury
slashed sleeves. I drew the English courtiers as fat, rich, well-nourished
savages. A certain kind of leather boot, anatomically modelled to fit snugly around
calves, knees and thighs, also revealed in them an obscene physicality. I had the furs
fitted upside down, so that they looked matted.This important detail was the sign of
a grim, harsh world, ever submerged in the frost of winter. And here and there, on
every costume, glinted some piece of metal: medals, necklaces, collars, breastplates”
(Dante Cappelletti meets Enrico Job, ibid., p. 466).

Riccardo III

Giorgio duca di Clarence
Il vescovo di Ely
Il conte di Rivers Lord Hastings

collane, gorgiere, corazze” (Dante Cappelletti incontra Enrico Job, ivi, pag. 423).
“Quando si cerca di battere strade nuove, queste strade se pur stimolanti, sono
sempre difficili, come nel caso di questi costumi che Enrico Job ha inventato
per il Riccardo III. Struttura di forza, materia nuova, funzionale, descrittiva, narrativamente
antistorica. Corde, acciaio, plastica, pelliccia, schiacciano imprigionano
gli attori che deformati danno vita a cortigiani, re, regine, mostri abnormi
nell’ingordigia della loro feroce ambizione, grotteschi simboli di un’ambizione
che li avviluppa nella morte e nel tradimento gli uni degli altri, senza
speranza. Non vittime del più mostro, il deforme orrendo Riccardo, non peggiore
di loro, ma solo più abile e sottile, creature tutte già dannate, cieche crudeli
ruote insanguinate del grande meccanismo” (Luca Ronconi, dal catalogo
per l’esposizione alla Galleria “La nuova pesa”, Roma, maggio 1968: Enrico
Job, Studi e bozzetti di costume per il “Riccardo III” di William Shakespeare).
“In questi bozzetti, disegni esecutivi, mezzi di lavoro, è sottolineata puntigliosamente
proprio la strada tecnica di un taglio, di un bottone, o dell’effetto carnoso
di un ginocchio assurdo, ma si ha l’impressione che nella loro insolita
proposta di una ricreata, inesistente moda Elisabettiana, improbabile nel suo
realismo, l’invenzione di una linea possa diventare espressione di una situazione
storica, sociale, economica e perfino psicologica, e, senza dimenticare niente
della cultura che un passato così ricco di messaggi estetici ci tramanda, tentar
di fare del nuovo” (Vittorio Gassman, dal catalogo per l’esposizione alla
Galleria “La nuova pesa”, Roma, maggio 1968: Enrico Job, Studi e bozzetti di
costumi per il “Riccardo III” di William Shakespeare).
La scena è “una semplice e imponente costruzione di geometrie lignee dove
il materiale grezzo e le luci hanno una fondamentale funzione espressiva nel
suggerire l’idea di un universo chiuso e ossessivo che non ha più rapporti con
la realtà: e i costumi di Enrico Job, carichi di intenzioni deformanti, concorrono
ad accentuare l’idea di stravolgimento grottesco e ironico che è una delle
direttrici dello spettacolo” (R. Tian, Gassman “mattatore” alla rovescia nel
“Riccardo III” diretto da Ronconi, Il Messaggero, 11 marzo 1968).
“ ‘Scene e costumi – afferma Ronconi – come tutta l’interpretazione, mirano a
suggerire l’idea di un universo elementare, primitivo, prevalentemente fisico e
non civile. In ciò, secondo me, deve cercarsi la forza del testo shakespeariano
riletto oggi’… Ronconi fa dei suoi personaggi dei mostri, nel senso più fisico
della parola, secondo un canone espressionista, cioè oggettivando le interiori
deformità, ed esasperando quelle esteriori. Ecco Riccardo III ridotto a una
immagine pubblicitaria di un istituto ortopedico: protesi dovunque, busto in
evidenza per contenere la gobba, tiranti e lacci sul bianco lucido e sordo degli
apparecchi. È un simbolo perché in realtà Riccardo si muove benissimo. Ed ecco
le donne,Anna, Margherita, Elisabetta, la duchessa di York, deformate dai pesanti
costumi di Enrico Job, urlanti come streghe” (Giorgio Prosperi, Come una corte
dei miracoli il “Riccardo III” di Gassman e Ronconi, Il Tempo, 11 marzo 1968).
Gli attori “tutti, chi più, chi meno, oppressi da vestiti non già di volgare stoffa,
che sarebbe potuta essere quella – orrore! – dei sogni, ma di pelle, di corda
e persino di metallo”(Vincenzo Talarico, “Il mio regno per un cavallo (a dondolo)!”,
Momento Sera, 12 marzo 1968).
“Concorrono... a rendere marcato questo senso di svuotante e tragica realtà i
grotteschi costumi di Enrico Job, perfettamente intonati a quella selvaggia primitività
cui si alludeva; e la recitazione ‘urlata’ degli attori, costretti entro un
serrato concatenamento di gesti e movenze, d’un automatismo, nella sua esasperazione,
a tratti efficacissimo”(Pier Giorgio Gili, Il Riccardo III di
Shakespeare, Arcoscenico n. 3, marzo 1968).
“È lo spettacolo di un formidabile pupazzo circondato da altri grossi pupazzi
deformi, idropici, con regine dispeptiche e cattive come nelle carte da gioco
di Alice nel paese delle meraviglie, una folla densa, spessa di apparizioni deformi
come nei grotteschi, nelle Tentazioni di Bosch, ricoperte di pelli di capra, di
cuoi, di panni cordonati, una corte barbarica, nevrotica, vagamente oscena e
animalesca, e ingabbiata nel legno delle scene di Mario Ceroli” (Sandro De
Feo, In cerca di teatro, Longanesi, Milano, 1972, vol. I, pagg. 247-250).
When there is an attempt to explore new paths, these paths are always difficult, even
though they may be stimulating.This is true of the costumes which Enrico Job has
invented for Riccardo III.The structure is strong and the material is new, functional,
descriptive, narrative and anti-historical. Ropes, steel, plastic and furs crush and
imprison the actors, who, thus deformed, give life to courtiers, kings and queens,
abnormal monsters in the voracity of their fierce ambition, grotesque symbols of an
ambition which hopelessly wraps itself around them, in death and in their betrayal of
each other. They are not victims of the most monstrous character - the horrible,
deformed Richard, who is no worse than them, but simply more able and subtle.They
are all creatures who are already condemned - blind, cruel, bloody wheels of the great
mechanism” (Luca Ronconi, from the catalogue of the exhibition at the Gallery “La
nuova pesa”, Rome, May 1968: Enrico Job, Studi e bozzetti di costume per il
“Riccardo III” di William Shakespeare).
“In these sketches, drawings to be executed, tools of work, there is a precise illustration
of the exact technical function of a cut, a button, or of the fleshy effect of an absurd
knee, but one has the impression that in their unusual offering of a recreated, nonexistent
Elizabethan fashion, improbable in its realism, the invention of a ‘line’ may
turn into the expression of a historical, social, economic or even psychological
situation, and, without forgetting anything of the culture which we have inherited
from a past so rich in aesthetic messages, may try to create something new” (Vittorio
Gassman, from the catalogue of the exhibition at the Gallery “La nuova pesa”,
Rome, May 1968: Enrico Job, Studi e bozzetti di costume per il “Riccardo III”
di William Shakespeare).
“The set is a simple, imposing construction of wooden geometrical shapes, in which
the crude material and lighting play a fundamental expressive part in suggesting the
idea of a closed, obsessive universe which has lost all contact with reality: and the
costumes by Enrico Job, full of deforming intentions, also stress the idea of grotesque
and ironical contortion which is one of the guiding principles of the production” (R.
Tian, Gassman “mattatore” alla rovescia nel “Riccardo III” diretto da
Ronconi, Il Messaggero, 11 March 1968).
“‘The set design and costumes’, Ronconi maintains,‘like the rest of the production,
aim to suggest the idea of an elementary, primitive universe, mainly physical and not
civilized. I think that it is here that the force of Shakespeare’s text, reread today, is
to be found’... Ronconi turns his characters into monsters, in the most physical sense
of the word, according to an expressionist canon, ie objectifying interior deformities
and exaggerating exterior ones. So Richard III is reduced to an advertising image for
manufacturer of orthopaedic instruments: prostheses from head to foot, his hump
visibly contained by a corset, the shiny, impervious, white devices covered in stays and
laces. It is symbolic, because Richard actually has no mobility problems. And the
women, Anne, Margaret, Elizabeth, the Duchess of York, are likewise deformed by
Enrico Job’s heavy costumes and shriek like witches” (Giorgio Prosperi, Come una
corte dei miracoli il “Riccardo III” di Gassman e Ronconi, Il Tempo, 11
March 1968).
The actors “are all to varying extents weighed down by clothing not of vulgar
material, which could - horror of horrors! - have been fantastically sumptuous, but of
leather, rope and even metal” (Vincenzo Talarico, “Il mio regno per un cavallo (a
dondolo)!”, Momento Sera, 12 March 1968).
“Enrico Job’s costumes contribute to highlighting this sense of empty, tragic reality and
harmonize perfectly with this wild primitivity.The actors “scream” their performance,
obliged to follow a fast concatenation of gestures and movements, in an automatism
which is sometimes extremely effective in its exasperation” (Pier Giorgio Gili, Il
Riccardo III di Shakespeare, Arcoscenico no. 3, March 1968).
“The play is about a formidable puppet surrounded by other big, deformed, dropsical
puppets, with nasty dyspeptic queens like the playing cards in Alice in
Wonderland, a dense crowd, full of deformed apparitions akin to the grotesques of
Bosch’s Temptations, covered in goatskin, leather and cord. A barbaric, neurotic,
vaguely obscene and animalesque court, caged in by the wooden structures of Mario
Ceroli’s set” (Sandro De Feo, In cerca di teatro, Longanesi, Milan 1972, vol. 1,
pp. 247-250).

Sir James Tirrel
Un assassino
La Regina Elisabetta La Regina Elisabetta in lutto

La Regina Margherita