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le lezioni leopardiane

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Giovanni Pascoli: <strong>le</strong> <strong>le</strong>zioni <strong>le</strong>opardiane<br />

stianesimo. Il professore rielabora <strong>le</strong> tesi della conferenza La Ginestra e definisce<br />

l’ultimo canto <strong>le</strong>opardiano il «poema, diciamo, dell’irreligione» 24 aggiungendo<br />

però subito dopo: «Il fatto che da queste premesse di irreligione il<br />

Leopardi ricava un risultato di moralità e di bontà, deve incoraggiarci, deve farci<br />

pensare che comunque il maestro o la maestra pensi, può sempre dare al bambino<br />

un insegnamento religioso» 25 . Un consiglio didattico che certo Pascoli era<br />

autorizzato a fornire in quella sede, ma che sembra potersi ben poco giustificare<br />

nell’ambito circostanziato di un esame <strong>le</strong>tterario dell’opera <strong>le</strong>opardiana.<br />

Significative per individuare il modo di procedere degli accostamenti pascoliani<br />

sono <strong>le</strong> due avvincenti digressioni comparative sull’Inno a Satana di Carducci ed<br />

Eureka di Poe.<br />

Nella <strong>le</strong>zione Giacomo Leopardi (anno accademico 1908-1909), già pubblicata<br />

da Giuseppe Nava nel 1987 26 , Pascoli mette a frutto la sua sapienza di cultore<br />

del<strong>le</strong> lingue classiche per instaurare un fitto rapporto di corrispondenze umane e<br />

<strong>le</strong>tterarie fra Lucrezio e il poeta di Recanati. I canti <strong>le</strong>opardiani sono passati in rassegna<br />

e scomposti per immagini poetiche come soltanto un artista abituato a inseguire<br />

i lampi della propria fantasia può fare, ma la ricognizione è anche nobilitata<br />

dall’uso accorto di affinati strumenti esegetici come rivelano soprattutto <strong>le</strong><br />

descrizioni del<strong>le</strong> analogie inconsapevoli «fra il poeta del dolore della nuova <strong>le</strong>tteratura<br />

italica e il poeta del dolore dell’antica <strong>le</strong>tteratura italica» 27 .<br />

A questo punto si ritrova la <strong>le</strong>zione La conclusione mora<strong>le</strong> della filosofia <strong>le</strong>opardiana<br />

che assume un valore di epilogo argomentativo sia per la sua natura di<br />

appuntamento fina<strong>le</strong> del corso dell’anno accademico 1908-1909 sia per la volontà<br />

testamentaria autobiografica che l’insegnante poeta vi diffonde. Nel presentare<br />

l’opportunità della <strong>le</strong>ttura di alcuni brani del<strong>le</strong> sue produzioni saggistiche,<br />

Pascoli si concede agli allievi nella speranza di farsi conoscere meglio, come già<br />

indicato in precedenza, e inoltre coglie l’occasione per smentire alcuni pregiudizi<br />

su quell’arte <strong>le</strong>tteraria che di solito amava tenere lontana dal<strong>le</strong> au<strong>le</strong> anche se<br />

solo apparentemente.<br />

Sebbene abbia fatto sempre professione di semplicità e di sincerità, sono un enigma vivente<br />

per la maggior parte degli Italiani, perché trovano me complicato, ma per colpa della complicazione<br />

del loro senso visivo. Questo è certo, che in tempi di simbolismo <strong>le</strong>tterario, di girando<strong>le</strong><br />

di sensi riposti e mistici, l’uomo che vuo<strong>le</strong> che s’intenda ciò che si scrive, diventa terribilmente<br />

oscuro perché il <strong>le</strong>ttore non si ferma alla buccia, vuo<strong>le</strong> andare oltre e naturalmente<br />

non trova quel che cerca e dice: non si capisce. Una volta trovai un paragone per questa man-<br />

24<br />

PASCOLI, Ad Arimane – La ginestra, in ID., Saggi e <strong>le</strong>zioni <strong>le</strong>opardiane, cit., p. 127.<br />

25 Ibid.<br />

26 G. NAVA, Una <strong>le</strong>zione inedita del Pascoli su Leopardi, in «Il Veltro», XXXI, n° 5-6,<br />

1987, p. 679.<br />

27<br />

PASCOLI, Giacomo Leopardi, in ID., Saggi e <strong>le</strong>zioni <strong>le</strong>opardiane, cit., p. 151.<br />

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