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che si presentano le cose ai bambini, quando sono piccoli. La
cosa importante allora è rendere possibile quest’esperienza
per il bambino, assicurargliela in tutti i momenti della giornata
nei quali non è impegnato a mangiare o riposare… Questo può
capire meglio un adulto quando si mette al livello del bambino e
gioca con lui.
Ma anche altro. “La mia nonna spagnola ripeteva sempre che i
bambini devono giocare in presenza degli adulti, ma gli adulti
non devono giocare con loro, ciò impedirebbe loro di sognare,
come se giocando con loro rompessero l’incantesimo, come se
occorresse essere presenti, ma invisibili”.
(Moro, 2008, p.160)
Queste parole riportano un opinione diversa sul giocare con
i bambini, interessante perché ci ricorda che ci sono, a tal
proposito, posizioni culturali e generazionali molto diverse. Ci
sono nonni che non hanno mai giocato con i propri nipoti, non
era nelle abitudini di un tempo, i nonni di oggi lo fanno invece e
molti raccontano di quanta soddisfazione ne ricavano.
Le parole della nonna spagnola dicono però una cosa molto
importante, che sicuramente i genitori hanno sperimentato nei
momenti di gioco con i loro bambini: parlano dell’importanza
della presenza, dell’esserci, anche un po’ invisibili. Sembra una
contraddizione ma non lo è. Significa avere uno sguardo curioso,
attento, intervenire quando è richiesto, non interrompere il gioco
del bambino, provare un interesse autentico per le cose nelle
quali egli è impegnato ad agire, a fare, che può scoprire.
Ma c’è anche un’altra presenza adulta in queste momenti di
gioco: quella delle educatrici, che sono impegnate a offrire spunti
o situazioni che rendono possibile questo avvicinamento, tra i
bambini e i loro genitori, ma anche tra loro stesse e i genitori.
Qual è il loro compito? Quello di insegnare a mamme e papà
come giocare con i propri bambini o magari fargli capire che
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