ANNUARIO 2010 - CAI Sezione di Morbegno
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ANNUARIO 2010 CAI MORBEGNO I
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<strong>ANNUARIO</strong> <strong>2010</strong><br />
<strong>CAI</strong> MORBEGNO<br />
I
<strong>ANNUARIO</strong> <strong>2010</strong><br />
II <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 1
<strong>CAI</strong><br />
<strong>ANNUARIO</strong> <strong>2010</strong><br />
Club Alpino Italiano<br />
<strong>Sezione</strong> <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong><br />
Via San Marco<br />
Tel. e fax 0342 613803<br />
e-mail: info@caimorbegno.org<br />
www.caimorbegno.org<br />
Redazione:<br />
Riccardo Marchini, Lodovico Mottarella.<br />
Hanno collaborato:<br />
Alessandro-Carmen-Chiara,<br />
Maria Laura Bettega, Angelo De Donati,<br />
Andrea De Finis, Domenico Del Barba,<br />
Mari Del Monte, Elena Fattarelli, Riccardo<br />
Marchini, Lodovico Mottarella,<br />
Franco Scotti, Giulio Spini.<br />
Fotografie:<br />
Domenico Del Barba: 44, 45, 46, 47,<br />
48, 49<br />
Riccardo Marchini: 12, 13, 14, 15, 17, 18,<br />
19, 20-21, 26, 28, 31 (sotto), 33, 34, 35,<br />
39, 40, 41, 42, 43, 50, 51, 56, 57, 58, 59,<br />
60, 61, 66<br />
Lodovico Mottarella: copertina e II, 1, 2,<br />
4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 15 (sopra), 22,<br />
23, 24, 25, 27, 29, 30-31 (sopra), 37, 38,<br />
63, 65, 67<br />
Riccrdo Scotti: 53<br />
Guido Spini: 32<br />
Progetto grafico e<br />
realizzazione:<br />
Mottarella Stu<strong>di</strong>o Grafico<br />
www.mottarella.com<br />
Scialpinismo<br />
2 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 3<br />
Stampa:<br />
Tipografia Bonazzi<br />
Flora<br />
Ricor<strong>di</strong><br />
Storia<br />
Personaggi<br />
Narrativa<br />
Ambiente<br />
SOMMARIO<br />
Il mio corso <strong>di</strong> scialpinismo<br />
<strong>di</strong> ANDREA DE FINIS<br />
La genziana delle Tremogge<br />
<strong>di</strong> MARI DEL MONTE<br />
La gara <strong>di</strong> Olano<br />
<strong>di</strong> RICCARDO MARCHINI<br />
Su per la valle<br />
<strong>di</strong> GIULIO SPINI<br />
Natalino Bavo<br />
<strong>di</strong> ANGELO DE DONATI<br />
In valle<br />
<strong>di</strong> ELENA FATTARELLI<br />
SIC
E D I T O R I A L E<br />
<strong>di</strong> Domenico Del Barba<br />
E D I T O R I A L E<br />
Ci eravamo lasciati l’anno scorso alla vigilia del Vertice internazionale sul<br />
clima <strong>di</strong> Copenhagen. I potenti <strong>di</strong> tutto il mondo si erano riuniti attorno al<br />
capezzale della Terra ammalata. Il pianeta da tempo ha una febbriciattola<br />
insistente che non accenna a <strong>di</strong>minuire, cagionata dal surriscaldamento<br />
del pianeta.<br />
Chiare le cause, troppe le emissioni <strong>di</strong> Co2. Ma le nazioni che avevano causato<br />
la febbre e contribuiscono tuttora al suo mantenimento, dovevano affrontare<br />
sacrifici al pari <strong>di</strong> quelle che non avevano avuto parte attiva al fenomeno,<br />
al momento <strong>di</strong> applicare i rime<strong>di</strong> per vincere definitivamente il<br />
male?<br />
Difficile stabilire chi dovesse rinunciare a cosa, gli interessi <strong>di</strong> bottega <strong>di</strong><br />
ogni stato hanno avuto il sopravvento. il Vertice che aveva creato tante<br />
aspettative è stato un semi flop.<br />
Altro tema inquietante: fino al 1986 gli esseri umani hanno utilizzato per<br />
sod<strong>di</strong>sfare i loro bisogni gli interessi “del capitale natura”. Il momento in<br />
cui la domanda <strong>di</strong> servizi ecologici ha superato il tasso con cui la natura li<br />
rigenera, è stato toccato il 31 <strong>di</strong>cembre 1986 “l’overshoot day” (giorno in<br />
cui finiscono le risorse rinnovabili che la terra ha prodotto per quell’anno).<br />
Secondo il Global Footprint Network, il primo earth overshoot day dell’umanità<br />
è stato il 31 <strong>di</strong>cembre 1986.<br />
Nel 2008 lo troviamo il 23 settembre e nel <strong>2010</strong> il 22 agosto. Secondo una<br />
proiezione delle Nazioni Unite, nel 2030 cadrà il 1 luglio, a meno che non<br />
intervengano correttivi. La terra offre abbondantemente beni per la nostra<br />
vita comune, ma occorre tener presente che la rinnovabilità della natura<br />
ha bisogno <strong>di</strong> tempi lunghi.<br />
L’affermazione del Mahatma Gandhi, che “la terra possiede risorse sufficienti<br />
per provvedere ai bisogni <strong>di</strong> tutti, ma non all’avi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> alcuni” oltre che<br />
centrare il cuore del problema, mi sembra alquanto profetica.<br />
Aver pensato la natura come un accumulo <strong>di</strong> materie prime da trasformare<br />
in ricchezza ci ha portato ad un drammatico impoverimento delle risorse<br />
naturali.<br />
E’ in<strong>di</strong>spensabile pertanto invertire il senso della marcia intrapresa dall’economia<br />
<strong>di</strong> mercato, puntando alla conversione dell’economia stessa secondo<br />
una nuova filosofia che privilegi l’integrità del territorio e migliori la<br />
qualità della vita e della salute umana.<br />
La visione dell’ambiente come limite allo sviluppo fa parte ormai <strong>di</strong> un concetto<br />
superato e obsoleto, al quale bisogna contrapporre una visione che<br />
metta in primo piano la necessità della tutela dell’ambiente stesso.<br />
Gli abitanti della terra sono sei miliar<strong>di</strong> e fra trent’anni potrebbero essere nove<br />
miliar<strong>di</strong>, ne consegue che la sfida più grande che l’umanità si trova ad affrontare<br />
oggi è quella <strong>di</strong> riuscire a vivere sul nostro pianeta con un numero sempre<br />
crescente <strong>di</strong> persone in modo civile ed equo, senza <strong>di</strong>struggere i sistemi naturali<br />
dai quali traiamo risorse necessarie per vivere.<br />
Malgrado ciò solo in Italia, l’anno scorso, abbiamo buttato via più <strong>di</strong> venti milioni<br />
<strong>di</strong> tonnellate <strong>di</strong> derrate alimentari (avrebbero potuto mangiarci tre pasti<br />
al giorno quarantaquattromilioni <strong>di</strong> persone per un anno).<br />
Sempre l’anno scorso sette milioni e mezzo <strong>di</strong> tonnellate <strong>di</strong> frutta e verdura<br />
sono rimaste nei campi perché colpite da gran<strong>di</strong>ne o perché fuori pezzatura o<br />
semplicemente perché costava troppo raccoglierle.<br />
Ultima annotazione: affiora nell’oceano Pacifico al largo della California e si<br />
protende verso il Giappone l’isola dei rifiuti, il Pacific Trash Vortex. Si tratta<br />
<strong>di</strong> un enorme accumulo <strong>di</strong> spazzatura galleggiante, profonda trenta metri<br />
composta soprattutto da plastica. La sua superficie potrebbe essere superiore<br />
all’estensione della Spagna! Lascio a voi ogni considerazione.<br />
Non credo sia uno scenario ipotizzabile quanto affermato al 98° Congresso del<br />
Club Alpino Italiano (Predazzo 18/19 ottobre 2008) da Paolo Rumiz: “E verrà<br />
un giorno in cui i fiumi si svuoteranno, l’aria <strong>di</strong>verrà veleno, i villaggi saranno<br />
abbandonati come dopo una pestilenza, giorni in cui la neve e la pioggia smetteranno<br />
<strong>di</strong> cadere, gli uccelli migratori sbaglieranno stagione e gli orsi non andranno<br />
più in letargo. Verrà anche un tempo in cui gli uomini <strong>di</strong>verranno sor<strong>di</strong><br />
a tutto questo, <strong>di</strong>menticheranno l’erba, le piante e gli animali con cui sono<br />
vissuti per millenni.”<br />
E’ sufficiente sfogliare le pagine del nostro annuario per farci ritornare il sorriso<br />
e il buonumore e cancellare una visione tanto provocante quanto inquietante.<br />
Penso però che ciascun Socio Cai debba e possa essere sostenitore <strong>di</strong> uno stile<br />
<strong>di</strong> vita che abbia poco o nessun impatto sull’ambiente, <strong>di</strong>sponibile a cambiare<br />
l’atteggiamento nei confronti dell’ambiente stesso, dando maggiore rilevanza<br />
ai rapporti umani, maggiore attenzione alla qualità della vita, incluso il tempo<br />
per sé stessi e per le relazioni con gli altri.<br />
Le nostre scelte devono iniziare ad essere orientate a prospettive temporali<br />
e spaziali <strong>di</strong> lungo respiro, quello che accade oggi e che accadrà domani nel<br />
mondo riguarda anche noi.<br />
Noi non vedremo le conseguenze realizzarsi nel tempo, ma le vedranno figli e<br />
nipoti e non possiamo pensare <strong>di</strong> lasciare loro l’ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> un ambiente ipotizzato<br />
da Rumiz.<br />
4 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 5
CORSO BASE DI SCI ALPINISMO<br />
Direttore: Franco Scotti.<br />
Istruttori: Cesare De Donati, Enrico Bertoli,<br />
Marco Riva e Giulio Gadola<br />
Aiuto istruttori: Danilo Acquistapace, Moreno<br />
Libera, Gottardo Riva, Angelo Rossanese,<br />
Riccardo Scotti.<br />
Allievi: De Finis Andrea, Donadelli Tommaso,<br />
Faldarini Riccardo, Fognini Amos, Fognini<br />
Patrizia, Gusmeroli Luca, Gusmeroli Mirco, Magoni<br />
Carlomaria, Manni Giuseppe, Maxenti Manuela,<br />
Mazzoni Andrea, Nogara Ingrid, Perego Mauro, Sosio<br />
Cristina, Spreafico Laura, Todesco Roberto<br />
Per la prima volta hanno partecipato due allievi<br />
con la tavola.<br />
CORSO DI ARRAMPICATA<br />
Si è svolto nei mesi <strong>di</strong> settembre e <strong>di</strong> ottobre in<br />
collaborazione con il <strong>CAI</strong> <strong>di</strong> Chiavenna<br />
ed ha coinvolto 11 allievi.<br />
Direttore: Cesare De Donati.<br />
Istruttori: De Donati Cesare, Bongianni Mauro,<br />
Cason Gianfranco, Colombo Fabrizio, Del Curto Marco,<br />
Libera Moreno, Lucchinetti Paola, Martelletti Manuel,<br />
Scaramella Igor, Scaramella Pio, Spini Mario<br />
Allievi: Cucchi Monica, De Finis Andrea, Falcinella<br />
Maurizio, Giacoma Pin Rosanna, Giar<strong>di</strong>ello Giovanni,<br />
Gusmeroli Luca, Gusmeroli Mariella, Gusmeroli Mirco,<br />
Manzi Simone, Manzoni Lorella, Piffari Paolo<br />
6 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 7
IL MIO CORSO<br />
DI SCIALPINISMO<br />
Ho sempre nutrito una velata<br />
invi<strong>di</strong>a nei confronti <strong>di</strong> chi<br />
pratica lo scialpinismo, ma<br />
l’errata convinzione <strong>di</strong> dover<br />
essere in possesso <strong>di</strong> una<br />
tecnica sciistica sopraffina e<br />
una certa pigrizia mentale nel<br />
documentarmi al riguardo me<br />
ne hanno tenuto a <strong>di</strong>stanza.<br />
Alla fine della scorsa stagione<br />
invernale mi fa visita un amico<br />
fresco reduce, a suo <strong>di</strong>re in<br />
maniera brillante, dal corso<br />
<strong>di</strong> scialpinismo organizzato<br />
dalla sezione <strong>CAI</strong> della sua<br />
città: ce ne an<strong>di</strong>amo a Chiesa<br />
Valmalenco per una giornata<br />
<strong>di</strong> sci su pista, nel corso della<br />
quale realizzo <strong>di</strong> non essere poi<br />
così malaccio, o forse lui non<br />
é un fenomeno, ma tant’è...<br />
concludo che lo scialpinismo<br />
può essere alla mia portata.<br />
Gennaio <strong>2010</strong>: mi iscrivo al<br />
corso organizzato dalla sezione<br />
<strong>CAI</strong> <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong> vincendo,<br />
ancora, la mia avversione a far<br />
parte <strong>di</strong> club, organizzazioni,<br />
corporazioni o quant’altro.<br />
Il corso é sud<strong>di</strong>viso tra parte<br />
teorica, sei lezioni tenute il<br />
<strong>di</strong> Andrea De Finis<br />
venerdì sera, e altrettante<br />
escursioni guidate, decise<br />
<strong>di</strong> volta in volta in base alle<br />
previsioni meteo.<br />
La sede del <strong>CAI</strong> <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong><br />
ripropone l’ambiente montano:<br />
posta nella parte più alta<br />
della citta<strong>di</strong>na, é facilmente<br />
raggiungibile -a meno <strong>di</strong><br />
non aver appena fumato<br />
una sigaretta- ; il materiale<br />
predominante é il legno, <strong>di</strong> cui<br />
Angelo De Donati é pro<strong>di</strong>go<br />
<strong>di</strong> informazioni in merito a<br />
caratteristiche, provenienza<br />
e utilizzi; le immagini appese<br />
alle pareti ripropongono<br />
paesaggi alpini estivi e<br />
invernali, la biblioteca risulta<br />
ben fornita.<br />
Se devo trovare un <strong>di</strong>fetto<br />
alla struttura, questo è da<br />
in<strong>di</strong>viduarsi nella sua parte<br />
inferiore dove vengono tenute<br />
le lezioni: risulta talvolta<br />
fredda in quanto il calore sale<br />
verso l’area soppalcata. In tal<br />
modo, però, accende le anime<br />
dei Senatori dando luogo a<br />
piacevoli excursus del tipo:<br />
«se acquisto un terreno in<br />
pendenza, lo acquisto in toto<br />
o entro in possesso solo della<br />
sua proiezione sul piano?»,<br />
che fungono da piacevole<br />
intermezzo alle lezioni.<br />
L’ambiente risulta dunque<br />
informale e spesso goliar<strong>di</strong>co,<br />
la lingua ufficiale é l’italiano<br />
caratterizzato da marcato<br />
accendo montano, anche se al<br />
piano superiore spesso l’i<strong>di</strong>oma<br />
nazionale viene soppiantato dal<br />
8 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 9
<strong>di</strong>aletto della Bassa Valtellina.<br />
La prima lezione teorica ha<br />
per tema i materiali: sci,<br />
scarponi e pelli ovviamente,<br />
ma anche abbigliamento,<br />
strumenti e svariati utili<br />
accessori a corollario. Il<br />
sottoscritto si deve essere<br />
perso qualche spiegazione<br />
perché si presenta al successivo<br />
test in quel <strong>di</strong> Pescegallo<br />
privo <strong>di</strong> zaino (si immagini <strong>di</strong><br />
recarsi al supermercato per<br />
l’approvvigionamento mensile<br />
e <strong>di</strong> non fare uso del carrello...<br />
questo é il primo parallelo<br />
che mi é balenato per testa) e<br />
in maglione <strong>di</strong> lana, in barba<br />
alle varie raccomandazioni in<br />
merito al coprirsi a strati e alle<br />
cipolle!<br />
Ad ogni modo é un colpo <strong>di</strong><br />
fulmine: nevica, l’atmosfera é<br />
ovattata, Richi ci infarina delle<br />
prime nozioni <strong>di</strong> nivologia<br />
fin dal secondo pilone degli<br />
impianti <strong>di</strong> risalita che<br />
costeggiamo durante l’ascesa,<br />
Cesare sfoggia il suo paio <strong>di</strong><br />
sci virili e al terzo tornante<br />
della stra<strong>di</strong>na che conduce al<br />
Pianone mi accorgo <strong>di</strong> essere<br />
già assuefatto a questa nuova<br />
droga. La giornata si conclude<br />
con la <strong>di</strong>scesa che vaglia il<br />
livello tecnico degli aspiranti<br />
scialpinisti: tutti promossi! Se<br />
solo avessi intrapreso questa<br />
<strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong>eci anni fa avrei<br />
sperimentato l’ebbrezza <strong>di</strong><br />
una sciata in neve fresca con<br />
i capelli che ricadono sugli<br />
occhi!<br />
Fin dalla prima lezione viene<br />
posto l’accento, in maniera<br />
quasi maniacale, sulla sicurezza<br />
e sul pericolo valanghe: le<br />
proiezioni <strong>di</strong> filmati relativi,<br />
i resoconti dei volontari del<br />
Soccorso Alpino, il costante<br />
richiamo all’utilizzo dell’<br />
ARTVA possono in prima<br />
battuta spaventare, ma la<br />
finalità <strong>di</strong> tutto ciò è quella<br />
<strong>di</strong> rendere consapevoli che<br />
i rischi esistono e che il<br />
metodo migliore per evitarli<br />
è prevederli: i tre venerdì<br />
precedenti i tragici finesettimana,<br />
culminati con<br />
numerosi sepolti sotto le<br />
valanghe, mi reco presso<br />
la sede del <strong>CAI</strong> e alla mia<br />
domanda sulle possibili mete<br />
<strong>di</strong> una gita mi sento rispondere<br />
“Sali a Pescegallo a bordo<br />
pista o, ancor meglio, stattene<br />
a casa tua e leggiti un buon<br />
libro!”. Chi in possesso delle<br />
nozioni adeguate non abbozza<br />
nemmeno l’uscita: io la<br />
definisco Cultura.<br />
A sinistra: in vetta<br />
al Munt de Sura.<br />
A destra: uscita<br />
«fuoricorso» al<br />
Passo <strong>di</strong> Mello.<br />
In basso: alla Motta<br />
<strong>di</strong> Olano.<br />
Le altre lezioni si focalizzano<br />
su nivologia e meteorologia,<br />
topografia e cartografia,<br />
organizzazione della gita<br />
scialpinistica, pronto soccorso<br />
e protezione da freddo e sole,<br />
corretta alimentazione in<br />
vista dell’uscita e successiva<br />
alla stessa. Sottolineo che<br />
le <strong>di</strong>verse nozioni impartite<br />
sono da considerarsi come<br />
dei “La” a un successivo<br />
personale approfon<strong>di</strong>mento:<br />
tempi limitati e vastità dei<br />
temi trattati non concedono<br />
<strong>di</strong> entrare in ogni dettaglio.<br />
A ogni modo, almeno parte<br />
degli argomenti affrontati<br />
in sede teorica vengono<br />
supportati da prove pratiche<br />
effettuate nel corso delle varie<br />
escursioni, tra cui simulazioni<br />
<strong>di</strong> localizzazione del sepolto<br />
a mezzo dello strumento<br />
ARTVA, test <strong>di</strong> compatezza<br />
degli strati nevosi, prove <strong>di</strong><br />
carotaggio, identificazione<br />
delle zone ad alto rischio<br />
valanghe, spiegazioni<br />
sul campo dei fenomeni<br />
meteorologici e, da ultimo,<br />
un esempio pratico <strong>di</strong> come<br />
non ci si deve nutrire prima<br />
<strong>di</strong> una gita scialpinistica: la<br />
cena svizzera precedente la<br />
salita al Breithorn (Doc…<br />
questa non vuole essere una<br />
giustificazione al mio mancato<br />
raggiungimento della vetta!).<br />
Concludo.<br />
A mio avviso non si tratta <strong>di</strong><br />
sola pratica sportiva, ma <strong>di</strong> una<br />
Disciplina: occorre stu<strong>di</strong>arne<br />
l’ambiente in cui viene<br />
praticata, la storia, le tecniche<br />
e le regole e poi…quando salgo<br />
contemplo e me<strong>di</strong>to, quando<br />
scendo godo!<br />
10 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 11
LA GENZIANA<br />
DELLE<br />
TRE MOGGE<br />
Partiamo una<br />
domenica <strong>di</strong><br />
fine agosto con<br />
destinazione il Passo<br />
delle Tre Mogge<br />
in Valmalenco.<br />
An<strong>di</strong>amo a cercare<br />
un fiore, il<br />
Lomatogonium<br />
carinthiacum. Il<br />
suo nome scientifico è <strong>di</strong> quelli che richiedono un<br />
attimo <strong>di</strong> concentrazione prima <strong>di</strong> pronunciarlo,<br />
mentre più docile, ed anche più accattivante, è<br />
quello volgare: Genzianella della Carinzia, che<br />
tra<strong>di</strong>sce nella specificazione la sua provenienza<br />
dalla Alpi orientali dov’è largamente <strong>di</strong>ffusa. Perché<br />
un simile interesse per un unico fiore, tanto da<br />
giustificare una spe<strong>di</strong>zione alla sua ricerca? Per un<br />
appassionato <strong>di</strong> flora alpina che, oltre ad essere un<br />
naturalista è anche un po’ collezionista, la curiosità<br />
per una specie rara è un motivo più che sufficiente.<br />
Il Lomatogonium, rinvenuto nel 2009 per caso da<br />
un giovane ricercatore mentre scendeva dal passo<br />
suddetto, rappresenta infatti il primo ritrovamento<br />
<strong>di</strong> Mari Del Monte<br />
della specie in<br />
Lombar<strong>di</strong>a e, a<br />
giu<strong>di</strong>care dalle<br />
mappe botaniche,<br />
è quasi inesistente<br />
anche nella vicina<br />
Svizzera, dove<br />
la sua presenza<br />
è segnalata in<br />
un’area molto<br />
ristretta della Val d’Avers, tributaria della Valle<br />
del Reno. Eccoci allora ad arrancare lungo la<br />
traccia che dal Rifugio Longoni attraversa il<br />
Piano Superiore <strong>di</strong> Fora per risalire ai 3014<br />
metri del Passo delle Tre Mogge. Per fortuna<br />
abbiamo ottenuto il permesso <strong>di</strong> transito<br />
lungo la strada che da San Giuseppe conduce<br />
alle cave della Val Forasco e, più in alto, al<br />
Rifugio Entova-Scerscen, oramai inutilizzato<br />
da anni. E’ una rotabile dal fondo orrendo che<br />
mette a dura prova le sospensioni dei nostri<br />
mezzi fuoristrada, ma, almeno, ci consente <strong>di</strong><br />
risparmiare un bel po’ <strong>di</strong> metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>slivello.<br />
La compagnia è piuttosto eterogenea: ci<br />
12 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 13
sono Roberto e Giancarlo,<br />
botanici puri, alcuni amici<br />
<strong>di</strong> Sondrio, più interessati<br />
ad un’escursione ine<strong>di</strong>ta, e<br />
chi, come me, si <strong>di</strong>vide fra<br />
l’aspetto paesaggistico, qui<br />
indubbiamente meritevole<br />
<strong>di</strong> attenzione, e la ricerca<br />
floristica. Insperatamente si<br />
aggiunge al gruppo anche<br />
un altro Roberto, il giovane<br />
che l’anno scorso si è reso<br />
protagonista dell’eccezionale<br />
ritrovamento. Una fortuna,<br />
perché senza <strong>di</strong> lui non saremmo<br />
riusciti ad in<strong>di</strong>viduare il punto<br />
esatto in cui cercare.<br />
Diversi sono anche i ritmi<br />
<strong>di</strong> salita. Regolare e spe<strong>di</strong>to<br />
quello dei “laici”, lento ed<br />
interrotto da infinite soste<br />
quello degli “ortodossi”. Sì,<br />
perché, nonostante la stagione<br />
floristica sia già avanti, a<br />
quest’altezza e in questa zona<br />
c’è ancora molto da vedere. Le<br />
macchie gialle del Doronico si<br />
alternano a quelle lilla dell’Astro<br />
e a quelle bianche del Cerastio.<br />
Al riparo dei sassi spiccano il<br />
blu intenso <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse specie <strong>di</strong><br />
Genziana e i capolini stellati del<br />
Semprevivo. E’ anche la stagione<br />
del Genepì che avvistiamo sui<br />
detriti alluvionali alla base<br />
del Pizzo Malenco. E poi c’è il<br />
genere Carex: solo erba per me,<br />
ma <strong>di</strong> evidente interesse per<br />
i due Roberto e per Giancarlo<br />
che, aiutandosi con una lente<br />
<strong>di</strong> ingran<strong>di</strong>mento e un manuale,<br />
spesso ricurvi o accosciati,<br />
si perdono in comparazioni e<br />
classificazioni. La <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong><br />
tempo fra i primi e gli ultimi a<br />
raggiungere il passo sarà alla<br />
fine <strong>di</strong> più <strong>di</strong> un’ora.<br />
Finalmente verso i 2800<br />
metri, <strong>di</strong>scosta dal sentiero,<br />
inimmaginabile se qualcuno<br />
non ce l’avesse in<strong>di</strong>cata, la<br />
Genzianella della Carinzia, per<br />
la quale ci siamo sobbarcati<br />
la salita. Distribuiti sul ripido<br />
pen<strong>di</strong>o erboso lungo una fascia<br />
larga una decina <strong>di</strong> metri e alta<br />
una trentina, molti esemplari<br />
<strong>di</strong> questo piccolo fiore dal<br />
delicato colore celeste sembrano<br />
quasi defilarsi <strong>di</strong> fronte alla<br />
presenza prorompente delle<br />
Stelle alpine, delle Sassifraghe e<br />
delle Campanule. Evidentemente<br />
arriviamo con qualche giorno<br />
<strong>di</strong> anticipo rispetto alla piena<br />
fioritura, perché dei numerosi<br />
boccioli <strong>di</strong> cui sono ricche le<br />
piantine solo pochi sono aperti<br />
e fatichiamo a trovare gruppetti<br />
adatti ad essere fotografati.<br />
La ricerca, l’esame accurato<br />
e le riprese fotografiche ci<br />
impegnano per una mezz’ora.<br />
Intanto i nostri compagni, già<br />
arrivati al passo, ci chiamano<br />
al cellulare preoccupati per<br />
chiedere cosa <strong>di</strong>avolo stiamo<br />
facendo. Sarà nostra premura,<br />
al ritorno, renderli partecipi <strong>di</strong><br />
questa emozionante primizia.<br />
Finalmente anche noi arriviamo<br />
alla meta e, rilassati come<br />
studenti in pace con sé stessi<br />
perché sanno <strong>di</strong> avere eseguito<br />
<strong>di</strong>ligentemente il proprio<br />
dovere, possiamo de<strong>di</strong>carci ad<br />
altro. E qui <strong>di</strong> “altro” c’è molto.<br />
C’è innanzitutto un paesaggio<br />
mozzafiato, perché ci troviamo<br />
sulla cresta che collega il Pizzo<br />
delle Tre Mogge al Cappuccio<br />
e alla Sassa <strong>di</strong> Fora, visibile<br />
persino da alcuni angoli <strong>di</strong><br />
Sondrio. Al <strong>di</strong> là del passo<br />
la bellissima Val <strong>di</strong> Fex che<br />
dai pie<strong>di</strong> del Vadret da Fex si<br />
allunga verso Nord perdendosi<br />
nei laghi dell’Enga<strong>di</strong>na, alle<br />
nostre spalle la Valmalenco<br />
- ci eravamo <strong>di</strong>menticati <strong>di</strong><br />
guardarla salendo! - che,<br />
le foschie <strong>di</strong> una giornata<br />
agostana <strong>di</strong>ssolvono nelle<br />
<strong>di</strong>rimpettaie Orobie. Verso<br />
Est il profilo del Pizzo delle<br />
Tre Mogge sormontato da<br />
una calotta calcarea (ecco<br />
giustificata la presenza delle<br />
Stelle alpine), mentre a Sud-<br />
Ovest il Disgrazia, che comincia<br />
ad incappucciarsi, segnala un<br />
probabile cambiamento del<br />
tempo. E poi ci sono altri fiori.<br />
Siamo sopra i 3000 metri: qui<br />
possono sopravvivere solo le<br />
specie attrezzate alle <strong>di</strong>fficili<br />
con<strong>di</strong>zioni dell’alta montagna.<br />
Ecco, al riparo <strong>di</strong> alcune rocce,<br />
l’Eritrichio dall’azzurro intenso<br />
(è il Non ti scordar <strong>di</strong> me d’alta<br />
quota) che una <strong>di</strong>ffusa peluria<br />
<strong>di</strong>fende dai rigori del freddo<br />
e più in alto, sulla cresta<br />
spoglia spazzata dal vento, i<br />
cuscinetti <strong>di</strong> Andròsace alpina<br />
e <strong>di</strong> Sassifraga oppositifolia la<br />
cui <strong>di</strong>fesa è quella <strong>di</strong> stare il più<br />
appiattiti possibile sul terreno.<br />
Accanto qualche Ranuncolo<br />
dei ghiacciai si è arrampicato<br />
fin quassù. Scen<strong>di</strong>amo infine,<br />
non senza fermarci <strong>di</strong> nuovo ad<br />
ammirare la nostra protagonista.<br />
Passiamo dalla Capanna Longoni<br />
a salutare l’amico Elia, guida<br />
alpina gestore del rifugio,<br />
e ripercorriamo a ritroso la<br />
sterrata per San Giuseppe, che<br />
ci fa quasi sentire personaggi<br />
dell’Operazione Overland, la<br />
serie <strong>di</strong> spe<strong>di</strong>zioni organizzate<br />
qualche anno fa da Unicef Italia<br />
nei più sperduti angoli del<br />
pianeta.<br />
Sopra a sinistra: Genziana<br />
orbicularis.<br />
Sopra: sulla cresta in prossimità del<br />
Passo delle Tremogge, sul fondo il<br />
Monte Disgrazia.<br />
Sopra a sinistra: Lomatogonium.<br />
Sopra: Doronicum clusii.<br />
A sinistra: Artemisia umbelliformis.<br />
Nelle pagine precedenti: fioritura<br />
al Passo delle Tremogge e il<br />
Lomatogonium carinthiacum.<br />
14 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 15
C’ERA UNA VOLTA<br />
LA GARA DI<br />
Una lunga storia<br />
1948-1989. Sono le date<br />
della prima e dell’ultima<br />
e<strong>di</strong>zione della più longeva<br />
e nota competizione <strong>di</strong> sci<br />
alpino che si svolgeva in<br />
Bassa Valtellina: la Gara<br />
<strong>di</strong> Olano. Gara antica, dal<br />
sapore pionieristico, <strong>di</strong> scena<br />
in Valgerola, sui pen<strong>di</strong>i del<br />
comprensorio Corte, Tagliate,<br />
Alpe Olano. Nessun impianto<br />
<strong>di</strong> risalita. D’altra parte<br />
nei primi anni ‘50 funivie,<br />
seggiovie e ski-lift erano<br />
appannaggio delle stazioni<br />
turistiche più rinomate, come<br />
Madesimo, Aprica e Bormio<br />
(Pescegallo entrerà in funzione<br />
solo nel 1964). Da Rasura<br />
(o da <strong>Morbegno</strong>) si doveva<br />
affrontare, sci in spalla, la<br />
salita fino alla Corte e da qui,<br />
calzati i legni, come si usava<br />
<strong>di</strong>re allora, si proseguiva<br />
OLANO<br />
<strong>di</strong> Riccardo Marchini<br />
Chiesa <strong>di</strong> San Giovanni, messa prima.<br />
Fuori fa bella mostra <strong>di</strong> sé una lunga<br />
infilata <strong>di</strong> paia <strong>di</strong> sci. Tutti capiscono che<br />
è il giorno della Gara <strong>di</strong> Olano<br />
fino alla partenza della gara.<br />
Il tutto si traduceva in una<br />
marcia che, a seconda dei casi,<br />
richiedeva da un’ora e mezza<br />
a due ore e mezza, per un<br />
<strong>di</strong>slivello variabile fra i 700 e i<br />
1000 metri. La competizione,<br />
nel corso delle sue 38 e<strong>di</strong>zioni<br />
(tre non vennero effettuate<br />
per mancanza <strong>di</strong> neve),<br />
ebbe <strong>di</strong>verse denominazioni,<br />
ma per tutti, nell’ambiente<br />
sportivo provinciale, era solo<br />
e semplicemente la “Gara <strong>di</strong><br />
Olano”, appuntamento fisso<br />
<strong>di</strong> fine <strong>di</strong> febbraio che faceva<br />
sistematicamente registrare<br />
la presenza <strong>di</strong> un centinaio <strong>di</strong><br />
concorrenti (ad<strong>di</strong>rittura 180<br />
nel 1982) e un ragguardevole<br />
numero <strong>di</strong> spettatori plaudenti.<br />
La prima e<strong>di</strong>zione venne<br />
organizzata nel 1948, sull’onda<br />
della voglia <strong>di</strong> ritrovare<br />
la normalità <strong>di</strong> una vita<br />
segnata in modo indelebile<br />
dalla guerra terminata<br />
traumaticamente solo tre anni<br />
prima. Oggi la chiameremmo<br />
rally sci-alpinistico, perché<br />
i concorrenti salivano fino<br />
alla Casera <strong>di</strong> Olano con<br />
gli sci attrezzati con pelli<br />
<strong>di</strong> foca (autentica pelle <strong>di</strong><br />
foca), i più abbienti, o, più<br />
frequentemente, impacchettati<br />
con cor<strong>di</strong>ni intrecciati secondo<br />
la tecnica usata per legare<br />
i salami. Qui era fissata la<br />
partenza a cronometro. Di<br />
porte <strong>di</strong>rezionali neanche a<br />
parlarne; seguendo le tracce<br />
lasciate in salita si scendeva<br />
il più velocemente possibile<br />
ai prati della Corte, dove era<br />
fissato il traguardo.<br />
Dopo un paio <strong>di</strong> queste e<strong>di</strong>zioni<br />
avventurose, si arrivò alla<br />
conclusione che il percorso,<br />
così com’era, mal si adattava ad<br />
16 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 17
una competizione che voleva<br />
essere <strong>di</strong> <strong>di</strong>scesa. Il tratto<br />
dalla Casera alla Motta era,<br />
infatti, troppo pianeggiante<br />
e le solette dell’epoca, in<br />
legno più o meno laccato, non<br />
consentivano <strong>di</strong> acquistare<br />
velocità. Anzi, non era escluso<br />
che facessero “zoccolo”,<br />
costringendo i concorrenti<br />
a lavorare <strong>di</strong> braccia e <strong>di</strong><br />
bastoncini. Così lo start<br />
venne spostato alla Motta.<br />
Per qualche anno ancora il<br />
tracciato fu lasciato alla libera<br />
creatività dei <strong>di</strong>scesisti, per<br />
cui chi aveva capacità e fegato<br />
<strong>di</strong> buttarsi giù per i pen<strong>di</strong>i<br />
secondo le linee più brevi si<br />
piazzava ai primi posti.<br />
Miglioramenti significativi<br />
non tardarono ad arrivare.<br />
Si cominciò a preparare una<br />
vera pista <strong>di</strong> gara, spianata,<br />
pressata e segnalata con porte<br />
<strong>di</strong>rezionali obbligatorie: teli<br />
rossi e blu alternati, <strong>di</strong>stesi fra<br />
due paletti <strong>di</strong> bambù, leggeri<br />
e facilmente trasportabili.<br />
Naturalmente la battitura<br />
doveva essere eseguita senza<br />
mezzi meccanici. Volontari<br />
del C.A.I., a volte numerosi,<br />
ma a volte ridotti a due sole<br />
persone, il sabato precedente<br />
risalivano tutto il tracciato<br />
“a scaletta”, spianando quel<br />
tanto che bastava a consentire<br />
il passaggio degli sciatori. Per<br />
il consolidamento del fondo si<br />
confidava nel gelo della notte.<br />
Era inevitabile, però, che gli<br />
ultimi concorrenti a partire<br />
fossero costretti a scendere<br />
lungo una specie <strong>di</strong> pista<br />
<strong>di</strong> bob creata dai passaggi<br />
precedenti, ma <strong>di</strong> meglio<br />
non si poteva pretendere.<br />
La regolarità della gara era,<br />
comunque, assicurata, perché<br />
gli atleti che correvano per<br />
vincere, le cosiddette teste <strong>di</strong><br />
serie, venivano fatti scendere<br />
per primi. Solo in un’occasione,<br />
nel 1988, si riuscì a trasportare<br />
in loco un “gatto”, non senza<br />
qualche brivido fra il tragico<br />
e il comico, perché il mezzo,<br />
evidentemente legato male sul<br />
cassone del camion, rischiò a<br />
più riprese <strong>di</strong> essere perso per<br />
strada.<br />
Nel 1961 fu inserita<br />
nel regolamento della<br />
manifestazione una novità: la<br />
gara <strong>di</strong>venne trofeo a squadre<br />
e venne intitolata a Giulio<br />
Lavizzari, in ricordo dell’amico<br />
e socio del C.A.I. <strong>Morbegno</strong>,<br />
morto l’anno prima durante<br />
il servizio militare in un<br />
incidente <strong>di</strong> montagna.<br />
La somma dei tempi dei<br />
primi tre arrivati <strong>di</strong> ogni<br />
squadra avrebbe determinato<br />
la graduatoria. A questo<br />
prestigioso premio venne<br />
abbinata, nel 1962, la Targa<br />
Gino Cornaggia, morto per una<br />
brutta malattia l’anno prima,<br />
da assegnare al realizzatore<br />
del miglior tempo assoluto. La<br />
formula piacque e numerosi sci<br />
club <strong>di</strong>edero la loro adesione.<br />
Arrivavano da tutta la<br />
provincia. Oltre che da Rasura<br />
e Gerola, fucine <strong>di</strong> campioni, si<br />
registrò la presenza <strong>di</strong> squadre<br />
provenienti da Madesimo,<br />
da Sondrio, da Tirano e da<br />
Poschiavo. E proprio da<br />
quest’ultimo centro svizzero<br />
proveniva la Polisportiva<br />
Palù, compagine che negli<br />
anni si <strong>di</strong>mostrò protagonista<br />
in<strong>di</strong>scussa. A rendere più<br />
giocosa e movimentata la<br />
manifestazione ci pensavano<br />
le sfide nelle categorie<br />
giovanili, maschili e femminili,<br />
partecipate e combattute<br />
più della gara principale,<br />
soprattutto da parte dei<br />
genitori.<br />
Sopra: nell’ultima e<strong>di</strong>zione della<br />
gara è apparso anche il gatto delle<br />
nevi.<br />
In alto: un momento <strong>di</strong> relax<br />
durante la vigilia de<strong>di</strong>cata alla<br />
battitura della pista.<br />
A sinistra: impegnati nella<br />
tracciatura.<br />
18 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 19
Con il trascorrere degli anni<br />
le tecniche <strong>di</strong> <strong>di</strong>scesa e i<br />
materiali impiegati avevano<br />
subito notevoli miglioramenti.<br />
Conseguentemente gli sciatori,<br />
soprattutto quelli che si<br />
de<strong>di</strong>cavano all’agonismo, erano<br />
<strong>di</strong>ventati sempre più bravi, ma<br />
anche più esigenti. Da parte<br />
del C.A.I. venne fatto lo sforzo<br />
<strong>di</strong> adeguare la manifestazione<br />
alle nuove richieste: tracciati<br />
più larghi, più filanti e, nei<br />
limiti del possibile, più ritmici.<br />
Era necessario ampliare il<br />
terreno <strong>di</strong> gara. Grazie alla<br />
collaborazione e all’assistenza<br />
del Corpo Forestale dello<br />
Stato, fu possibile abbattere<br />
alcuni alberi che rendevano<br />
problematici certi passaggi<br />
nel bosco, così che si riuscì<br />
a realizzare un corridoio<br />
sufficientemente largo e adatto<br />
alla competizione. Ad<strong>di</strong>rittura,<br />
si poté creare nella parte<br />
terminale, a destra, scendendo,<br />
della chiesetta della Corte,<br />
un lungo e ripido scivolo che<br />
chiudesse in modo spettacolare<br />
la gara. Lo scüss della Corte,<br />
come veniva pomposamente<br />
chiamato, era assai temuto: lì<br />
si potevano valutare tecnica<br />
e coraggio dei concorrenti.<br />
Ma era anche pericoloso per<br />
sciatori non <strong>di</strong> primo rango,<br />
per cui fu utilizzato in poche<br />
occasioni, quando le con<strong>di</strong>zioni<br />
<strong>di</strong> innevamento lo rendevano<br />
ragionevolmente sicuro. La<br />
ricerca <strong>di</strong> un tracciato più<br />
moderno indusse anche ad<br />
abbassare la partenza, prima<br />
alle Tagliate <strong>di</strong> Sopra, così<br />
da evitare il canale a valle<br />
del Piede <strong>di</strong> Olano, sempre<br />
troppo angusto e chiuso dalla<br />
vegetazione, poi, negli anni<br />
Ottanta, in cima alle Tagliate<br />
<strong>di</strong> Mezzo.<br />
Nel 1977 ci fu un ulteriore<br />
cambio <strong>di</strong> formula. Il nuovo<br />
Trofeo, intitolato a Guido<br />
Cenini, giovane consigliere del<br />
C.A.I. <strong>Morbegno</strong> deceduto in<br />
un incidente stradale, <strong>di</strong>venne<br />
“biennale non consecutivo”.<br />
Per aggiu<strong>di</strong>carselo una squadra<br />
doveva vincerlo due volte,<br />
anche non <strong>di</strong> seguito.<br />
Conclusisi i cicli Lavizzari e<br />
Cenini, dal 1979 fino 1989 la<br />
gara prese la denominazione<br />
<strong>di</strong> “Trofeo Monte OIano”, che<br />
venne <strong>di</strong>sputato per quattro<br />
e<strong>di</strong>zioni.<br />
Lentamente, però, cominciò<br />
la parabola <strong>di</strong>scendente.<br />
Dall’inizio degli anni Ottanta<br />
le precipitazioni nevose,<br />
non più abbondanti come in<br />
passato (le e<strong>di</strong>zioni annullate<br />
riguardano, infatti, gli anni<br />
1981, 1983 e 1989) resero<br />
sempre più <strong>di</strong>fficoltosa la<br />
preparazione della pista, così<br />
nel 1989, a causa <strong>di</strong> un’annata<br />
particolarmente sfavorevole<br />
(nevicò solo alla fine <strong>di</strong><br />
febbraio), la Gara <strong>di</strong> Olano si<br />
estinse per morte naturale.<br />
Molti furono i personaggi legati<br />
a quell’epopea. Li ricorda tutti<br />
Giovanni Donadelli, che della<br />
Gara <strong>di</strong> Olano fu ispiratore<br />
e anima, in un simpatico<br />
componimento <strong>di</strong>alettale<br />
Bisogna mia desmentegà in questa storia<br />
I premm sciaduu che ià faa la gloria<br />
De sta gara vivüda cun pasiun,<br />
per el (Decubertèn) l’era sicur na su<strong>di</strong>sfaziun.<br />
El Giacum de Resura se peö mia desmentegà,<br />
anca l’Efrem che el sciava cula giachèta<br />
sempri aprida, che el la fava sventulà,<br />
a vedèl a scià l’èra na slavinèta.<br />
Ghèra el Ginu Curnagia, nasüü a Sacch<br />
El Tom Curnali che el sciava cume un matt<br />
Anca el Gino Curtoni de Gereula, grant sciaduu<br />
E peö el vegniva el Dunadèll dopo de luur.<br />
El Bavu Natalino e anca el Miliètu,<br />
el Lumbèla i Maccani, un bèl terzètu<br />
de Resura, in due vegnifa faa la premiaziun<br />
e le se fava i cüünt e anca i <strong>di</strong>scusiun.<br />
Peö lè rivaa i Riva i Gusmereu<br />
De l’architètt Rumegial anca i so fieu,<br />
i Galbusera <strong>di</strong> biscòtt, ghèra anca luur<br />
e per finì i Rumegiai, fieu del dutur.<br />
Tra i tanti persunacc che i fasiva la gara<br />
Da Madesim a Tiran l’èra mia na roba rara,<br />
i svizzer de Pus’sciaaf ghèra anca luur<br />
el Cutèli che l’è peö staa un grant alenaduur.<br />
Una curiosità: nel 1962 la gara<br />
venne vinta ex-aequo da Piero<br />
Lombella, futuro <strong>di</strong>rettore della<br />
scuola <strong>di</strong> Sci del Pescegallo, e da<br />
Mario Cotelli, che <strong>di</strong>venterà negli<br />
anni ’70 allenatore della valanga<br />
azzurra <strong>di</strong> Thoeni e Gros.<br />
20 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 21
Tempo <strong>di</strong> vigilia<br />
La gara si consumava nell’arco<br />
<strong>di</strong> una domenica mattina, ma la<br />
sua organizzazione richiedeva<br />
lunghi preparativi che<br />
impegnavano il Consiglio del<br />
C.A.I. nei tre mesi precedenti.<br />
Si iniziava a <strong>di</strong>cembre con il<br />
sopralluogo alla pista, prima<br />
che nevicasse o, comunque,<br />
prima che la quantità <strong>di</strong><br />
neve al suolo impe<strong>di</strong>sse <strong>di</strong><br />
intervenire per eliminare gli<br />
eventuali ostacoli, solitamente<br />
costituiti da alberi abbattuti e<br />
dalla ramaglia <strong>di</strong> sbroccatura.<br />
Inoltre si controllava che i pali<br />
e i teli delle porte, depositati<br />
nel solaio del ristoro contiguo<br />
alla chiesetta, fossero in or<strong>di</strong>ne<br />
e in numero sufficiente. Ma,<br />
in realtà, il sopralluogo era un<br />
pretesto per una gita che si<br />
concludeva sistematicamente<br />
in baita attorno al fuoco.<br />
Le cose da fare erano tante.<br />
Andavano ricontattati gli<br />
sponsor, bisognava provvedere<br />
all’acquisto delle coppe e delle<br />
medaglie, c’era da riprogettare<br />
e far stampare il programma<br />
della manifestazione. Poi si<br />
doveva organizzare il gruppo<br />
operativo, una ventina <strong>di</strong><br />
persone che avrebbero dovuto<br />
garantire l’assistenza logistica<br />
il giorno della gara e dare<br />
una sistemata ai pettorali<br />
dei concorrenti, rimasti in<br />
<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne dall’anno prima<br />
(chissà perché, ma ne mancava<br />
sempre qualcuno).<br />
Il venerdì precedente la<br />
gara si trasformava in un<br />
appuntamento delicatissimo:<br />
alla sera, nella sede del<br />
C.A.I., si pre<strong>di</strong>sponeva<br />
l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> partenza. Sotto<br />
l’occhio attento e sospettoso<br />
dei responsabili dei gruppi<br />
sportivi iscritti, si procedeva al<br />
sorteggio della successione con<br />
la quale le squadre sarebbero<br />
scese. Solo allora era possibile<br />
inserire i nomi dei concorrenti:<br />
nel rispetto della sequenza<br />
stabilita, prima i numeri uno<br />
delle liste presentate dagli sci<br />
club, poi, ripetendo la stessa<br />
procedura, i numeri due, i<br />
numeri tre e così via fino ad<br />
esaurimento degli elenchi.<br />
La tensione era palpabile e<br />
comprensibile, perché era<br />
scontato che partire per primi<br />
su un tracciato facilmente<br />
deteriorabile garantiva un<br />
sicuro vantaggio. Tutto si<br />
svolgeva con la massima<br />
pubblicità e trasparenza,<br />
ma anche così qualche<br />
mugugno non mancava. Si<br />
sa, la competizione genera<br />
anche reazioni irrazionali<br />
e il dubbio che venissero<br />
commessi sotterfugi a<br />
vantaggio <strong>di</strong> questa o quella<br />
squadra era all’or<strong>di</strong>ne del<br />
giorno, soprattutto da parte<br />
<strong>di</strong> chi era stato sfavorito dalla<br />
sorte. Qualcuno faceva buon<br />
viso, ma qualcun altro, a fine<br />
gara, magari in seguito ad<br />
un risultato negativo, dava<br />
sfogo al proprio <strong>di</strong>sappunto,<br />
ipotizzando brogli o combine.<br />
Ed ecco finalmente il sabato,<br />
In alto: la chiesetta della Corte, con<br />
annesso rifugio, come appare oggi.<br />
In alto a sinistra: le seconde Tagliate<br />
dopo un’abbondante nevicata negli<br />
anni ottanta.<br />
Sopra: alcuni depliant della<br />
manifestazione.<br />
Nella pagina precedente: la fontana<br />
delle Terze Tagliate.<br />
22 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 23
vigilia <strong>di</strong> gara impegnativa e<br />
faticosa, ma anche momento<br />
<strong>di</strong> festa, atteso e pregustato.<br />
Si saliva in gruppo alla Corte:<br />
la base operativa era il ristoro<br />
retrostante la chiesetta,<br />
aperto per l’avvenimento.<br />
Mitico questo ristoro! Negozio<br />
alimentare ed osteria nel<br />
periodo estivo, in occasione<br />
della gara si trasformava in<br />
luogo <strong>di</strong> intrattenimento<br />
brulicante, dentro e fuori, del<br />
popolo festante dei concorrenti<br />
e degli spettatori. Il suo<br />
gestore, il “Girumin”, era anche<br />
il titolare della teleferica che<br />
dalla strada <strong>di</strong> Gerola, fra<br />
Sacco e Rasura, ” tirava su”<br />
materiale fino alla Corte. In<br />
un’epoca in cui ra<strong>di</strong>otelefoni<br />
e cellulari erano ancora <strong>di</strong> là<br />
da venire, ingegnoso era il<br />
sistema <strong>di</strong> comunicazione fra<br />
le stazioni a valle e a monte,<br />
sistema “a picà”, usato un po’<br />
dappertutto, in montagna,<br />
nelle operazioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>sbosco da<br />
parte dei “burelée”: gli addetti<br />
all’impianto, percuotendo<br />
con un grosso bastone la<br />
fune, producevano un moto<br />
vibratorio che si trasmetteva<br />
lungo il cavo da un capo<br />
all’altro. Un colpo dal basso: ci<br />
sono, metti in moto; due colpi<br />
dal basso: ho caricato, tira su;<br />
tre colpi dall’alto: ho finito, ti<br />
rimando il carrello. E, a quanto<br />
pare, la cosa funzionava<br />
egregiamente.<br />
Una breve sosta, poi via<br />
verso le Tagliate. A scaletta,<br />
<strong>di</strong>cevamo, con tanta pazienza,<br />
cercando <strong>di</strong> rendere il più<br />
compatto e liscio possibile il<br />
nastro della pista. Ai battitori<br />
seguiva il gruppetto dei<br />
rifinitori, fra i quali c’erano<br />
gli “esperti” con il compito<br />
<strong>di</strong> collocare le ban<strong>di</strong>erine.<br />
E questo finiva a volte per<br />
<strong>di</strong>ventare fonte <strong>di</strong> polemiche.<br />
Infatti fra i tracciatori c’era<br />
spesso anche qualcuno che<br />
avrebbe gareggiato il giorno<br />
seguente, il quale, ovviamente,<br />
cercava <strong>di</strong> adattare la pista<br />
alle proprie caratteristiche.<br />
Non solo. Siccome il<br />
posizionamento delle<br />
ban<strong>di</strong>ere richiedeva ripetuti<br />
aggiustamenti e poiché gli<br />
aggiustamenti andavano<br />
verificati provandoli, a fine<br />
giornata c’era chi conosceva<br />
la pista a memoria, con tutti<br />
i suoi possibili trabocchetti.<br />
La cosa finiva per essere<br />
risaputa e il giorno seguente,<br />
soprattutto se il vincitore era<br />
uno <strong>di</strong> questi, al momento<br />
delle premiazioni volavano<br />
gli stracci. Ma erano solo<br />
polemiche robuste <strong>di</strong> una gara<br />
ruspante ed autenticamente<br />
popolare.<br />
A metà giornata si cominciava<br />
a guardare l’orologio e ad<br />
essere inquieti. Giù dal<br />
“Girumin” era pronta una<br />
sontuosa polentata. La pausa<br />
ristoratrice costituiva un<br />
momento impagabile, in<br />
particolare in quegli anni<br />
nei quali un tiepido sole<br />
primaverile consentiva <strong>di</strong> stare<br />
all’aperto. Allora, allungati<br />
come lucertole a ridosso<br />
del muro della chiesa, si<br />
chiacchierava piacevolmente<br />
piluccando (e sorseggiando)<br />
“generi <strong>di</strong> conforto vari”. Tutti<br />
i pensieri del viver quoti<strong>di</strong>ano<br />
erano per un momento alle<br />
spalle, meglio che trovarsi sul<br />
lettino dello psicanalista.<br />
Il pomeriggio veniva de<strong>di</strong>cato<br />
alla rifinitura del tracciato<br />
e all’allestimento dell’area<br />
traguardo. All’imbrunire,<br />
tutti in baita dal Giovanni,<br />
alle Tagliate <strong>di</strong> Sotto. Era il<br />
secondo momento conviviale<br />
della giornata, atteso tanto<br />
quanto e forse <strong>di</strong> più <strong>di</strong> quello<br />
del mezzogiorno. La cena era<br />
tutto sommato frugale. Il<br />
bello veniva più tar<strong>di</strong> attorno<br />
al fuoco, quando iniziava<br />
quel rito che, pur ripetendosi<br />
<strong>di</strong> anno in anno, era sempre<br />
nuovo. Prese in giro reciproche,<br />
racconti <strong>di</strong> aneddoti, ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
episo<strong>di</strong> delle e<strong>di</strong>zioni passate,<br />
barzellette e canti. Il tutto<br />
accompagnato dal “nobil licore<br />
<strong>di</strong> Noè” che faceva il giro dei<br />
presenti nel classico “ciapèl”.<br />
Intanto le case del circondario<br />
si erano riempite, perché la<br />
Gara <strong>di</strong> Olano era anche un<br />
avvenimento mondano. E<br />
accadeva spesso <strong>di</strong> ricevere la<br />
visita <strong>di</strong> cortesia dei vicini. Ci<br />
In alto: lungo l’itinerario che<br />
da Mellarolo sale alla Corte.<br />
Sopra: l’arrivo alla chiesetta<br />
della Corte.<br />
A sinistra: mare <strong>di</strong> nebbia dalle<br />
Terze Tagliate.<br />
24 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 25
A destra: le Terze Tagliate dopo<br />
una nevicata autunnale nei primi<br />
anni ottanta.<br />
Sotto: ultime porte prima<br />
del traguardo.<br />
si stringeva un po’ e la serata<br />
proseguiva con più animazione.<br />
Poi tutti a dormire. Srotolati<br />
i sacchi a pelo, si cercava <strong>di</strong><br />
trovare la posizione meno<br />
scomoda e <strong>di</strong> trascorrere<br />
la nottata, per la verità<br />
abbastanza gelida, alla bell’e<br />
meglio. Ma anche questo faceva<br />
parte del gioco.<br />
Finalmente si gareggia<br />
La domenica iniziava presto.<br />
La sveglia era alle sette, per<br />
chi era riuscito a dormire,<br />
si procedeva ad una toletta<br />
sommaria, si trangugiava<br />
una frettolosa colazione, in<br />
un ambiente reso gelido dal<br />
rigore notturno, neppure<br />
il lontano ricordo <strong>di</strong> quello<br />
della sera precedente, e ci<br />
si trasferiva alla Corte ad<br />
accogliere i concorrenti, che<br />
verso le otto cominciavano ad<br />
arrivare. Nell’arco <strong>di</strong> un’ora il<br />
piccolo spiazzo antistante il<br />
ristoro era tutto un brulicare<br />
<strong>di</strong> sciatori, un’esposizione <strong>di</strong><br />
sci e un deposito <strong>di</strong> sacchi<br />
da montagna. Dentro, nella<br />
stanza accanto alla cucina, il<br />
Giovanni faticava non poco a<br />
mettere un po’ d’or<strong>di</strong>ne nello<br />
stuolo <strong>di</strong> persone vocianti<br />
che chiedevano ragguagli,<br />
elenchi e i pettorali <strong>di</strong> gara<br />
dei rispettivi gruppi. Alle nove,<br />
come per incanto, tutto si<br />
normalizzava: i concorrenti, a<br />
pie<strong>di</strong>, a scaletta o a resca <strong>di</strong><br />
pesce, risalivano la pista in<br />
una lunga fila. Procedevano<br />
lentamente, stu<strong>di</strong>ando con<br />
grande attenzione il tracciato<br />
e cercando <strong>di</strong> memorizzare la<br />
<strong>di</strong>sposizione delle porte per<br />
in<strong>di</strong>viduare la strategia <strong>di</strong><br />
gara migliore. I commissari <strong>di</strong><br />
percorso si sistemavano nelle<br />
postazioni loro assegnate<br />
provvisti <strong>di</strong> notes e matita<br />
(a doppia punta per ogni<br />
evenienza) e della “ razione<br />
<strong>di</strong> sopravvivenza” (pacchetto<br />
<strong>di</strong> biscotti e grappino). I<br />
cronometristi, anche loro<br />
scarpinando, prendevano<br />
posto alla partenza e all’arrivo<br />
e tutto poteva avere inizio.<br />
Cominciavano i big, quelli<br />
che correvano per vincere.<br />
La tensione agonistica era<br />
alle stelle. Alcuni, ricorrendo<br />
a quella che definivano<br />
“partenza atletica”, una<br />
specie <strong>di</strong> dondolio avanti<br />
e in<strong>di</strong>etro ritmato sulla<br />
scansione dei secon<strong>di</strong>,<br />
riuscivano furbescamente,<br />
prima del “via” ufficiale,<br />
a sfilarsi dalla mano dello<br />
starter che li teneva per una<br />
spalla, rubacchiando qualche<br />
attimo. Ovviamente venivano<br />
penalizzati, e, altrettanto<br />
ovviamente, la penalizzazione,<br />
ritenuta immeritata, entrava<br />
nel computo delle <strong>di</strong>scussioni<br />
e delle polemiche serali<br />
assieme a tutte le altre. Poi<br />
toccava ai meno esperti, che<br />
correvano decoubertianamente<br />
solo per partecipare, e infine<br />
ai giovani, sud<strong>di</strong>visi nelle<br />
loro categorie. Questi ultimi<br />
erano costretti a gareggiare<br />
su una pista <strong>di</strong>ventata un<br />
campo <strong>di</strong> battaglia, tanto era<br />
piena <strong>di</strong> buche e <strong>di</strong> solchi.<br />
I più piccoli, ad<strong>di</strong>rittura,<br />
sparivano letteralmente in<br />
trincee più alte <strong>di</strong> loro. Ai<br />
bor<strong>di</strong> dell’intero tracciato<br />
tanti spettatori, attenti e<br />
competenti, applau<strong>di</strong>vano i<br />
bravi e incoraggiavano i più<br />
imbranati. Gli incitamenti<br />
dei supporter si facevano<br />
sentire, soprattutto quando a<br />
scendere erano i concorrenti<br />
delle categorie giovanili.<br />
Allora i genitori, correndo<br />
per un breve tratto <strong>di</strong>etro i<br />
loro ragazzi, si producevano<br />
in un tifo in<strong>di</strong>avolato con<br />
incoraggiamenti, consigli ed<br />
informazioni riguardanti le<br />
con<strong>di</strong>zioni della pista. E anche,<br />
fortunatamente <strong>di</strong> rado, con<br />
qualche rimprovero: chissà se<br />
qualche promettente carriera<br />
agonistica è stata interrotta<br />
da questi atteggiamenti<br />
sbagliati?<br />
La sarabanda durava dalle<br />
due alle tre ore. Al termine,<br />
tutti a Rasura per la cerimonia<br />
delle premiazioni. I vincitori<br />
esultavano, gli sconfitti, per<br />
utilizzare un neologismo<br />
rime<strong>di</strong>ato dal calcio, rosicavano<br />
per un po’, magari incolpando<br />
la sfortuna o polemizzando per<br />
presunte ingiustizie, ma, per<br />
<strong>di</strong>rla ancora con Giovanni,<br />
L’andava peö a finì che teut el se quietava,<br />
e ala premiaziun tücc i se presentava<br />
e peö tra canta<strong>di</strong>, bevü<strong>di</strong> e <strong>di</strong>scusiun<br />
ognun el se tegniva la sua resun.<br />
ALBO D’ORO<br />
TROFEO GIULIO LAVIZZARI<br />
1961 – G.S. Valgerola (1° Giudes Mario – C.A.I. Tirano)<br />
1962 - G.S. Valgerola (1° Lombella Piero – Cotelli Mario)<br />
1963 - G.S. Valgerola (1°Bavo Giovanni – G.S. Valgerola)<br />
1964 - G.S. Valgerola (1° Lombella Piero – G.S. Valgerola)<br />
1965 – G. S. Valgerola (1° Lombella Piero – G.S. Valgerola)<br />
1966 – C.A.I. <strong>Morbegno</strong> (1° Maccani Valeriano – S.C. Rasura)<br />
1967 – G.S. Valgerola (1° Bavo Natalino – G.S. Valgerola)<br />
1968 – G.S. Valgerola (1°Bavo Pinuccio – G.S. Valgerola)<br />
1969 – Pol. Palù (1° Lanfranchi Valerio – Pol. Palù)<br />
1970 – Pol. Palù (1° Lanfranchi Valerio – Pol. Palù)<br />
1971 – G.S. Valgerola (1° Belotti Riccardo – G.S. Valgerola)<br />
1972 – S.C. Delebio (1° Lanfranchi Valerio – Pol. Palù)<br />
1973 – Pol. Palù (1° Lanfranchi valerio – Pol. Palù)<br />
1974 – G.S. Valgerola (1° Magri Luigi – C.A.I. Sondrio)<br />
1975 – G.S. Valgerola (1° Zugnoni Marco – G.S. Valgerola)<br />
1976 – S.C. Gran Slalom (1° Sassella Gianni – S.C. Gran Slalom)<br />
TROFEO GUIDO CENINI<br />
1977 – Pol. Palù (1° Galbusera Fulvio – C.A.I. <strong>Morbegno</strong>)<br />
1978 – Pol. Palù (1° Triacca Sandro – Pol. Palù)<br />
1° TROFEO MONTE OLANO (Pol. Palù)<br />
1979 – S.C. Sport Domani (1° Zugnoni Marco – S.C. Sport Domani)<br />
1980 – Pol. Palù (1° Costa Silvio – pol. Palù)<br />
1981 – non effettuato<br />
1982 – Pol. Palù (1° Luzzi Attilio – S.C. Talamona)<br />
2° TROFEO MONTE OLANO (Pol. Palù)<br />
1983 – non effettuato<br />
1984 – Pol. Palù (1° Rada Franco – Pol. Palù)<br />
1985 – Pol. Palù (1° Costa Silvio – Pol. Palù)<br />
3° TROFEO MONTE OLANO (Pol. Palù)<br />
1986 – Pol. Palù (1° Zugnoni Marco – G.S. Valgerola)<br />
1987 – Pol. Palù (1° Monti Marcello – C.A.I. <strong>Morbegno</strong>)<br />
4° TROFEO MONTE OLANO<br />
1988 – Pol. Palù (1° Zugnoni Massimo – G.S. Mellarolo)<br />
1989 – non effettuato<br />
(Il 4° Trofeo Monte Olano non è più stato condotto a termine)<br />
26 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 27
LA VALLE<br />
DEL FABIOLO<br />
La valle che non c’è (più)<br />
I forti temporali del<br />
luglio 2008 hanno<br />
sconvolto la morfologia<br />
della Val Fabiòlo. Una<br />
frana staccatasi nella<br />
parte alta della valle si<br />
è riversata nel torrente<br />
e, aumentando via<br />
via <strong>di</strong> consistenza,<br />
ha cancellato lunghi<br />
tratti della mulattiera<br />
e <strong>di</strong>strutto alcuni<br />
ponti. L’intervento <strong>di</strong><br />
bonifica programmato,<br />
anche se rispettoso<br />
delle caratteristiche<br />
geografiche e storiche<br />
della valle, <strong>di</strong>fficilmente<br />
la potrà riportare allo<br />
stato preesistente.<br />
<strong>di</strong> Riccardo Marchini<br />
Lo so. E’ privo <strong>di</strong> senso<br />
proporre una gita in una valle<br />
come se fosse ancora integra<br />
e vitale, ma ciò deriva dalla<br />
speranza <strong>di</strong> veder rinascere uno<br />
degli ambienti più suggestivi<br />
ed inquietanti della Valtellina,<br />
la Valle del Fabiòlo (con<br />
l’accento grave rigorosamente<br />
collocato sulla prima o) che<br />
certamente, nonostante i<br />
lavori <strong>di</strong> recupero in fase <strong>di</strong><br />
realizzazione, non potrà mai<br />
più essere come prima.<br />
Immaginando <strong>di</strong> essere davanti<br />
a un computer, annulliamo<br />
con un semplice clic del<br />
mouse l’ultima operazione,<br />
vale a <strong>di</strong>re l’alluvione che ha<br />
sconvolto per lunghi tratti<br />
la valle, e ritorniamo a due<br />
anni fa, quando la mulattiera,<br />
accuratamente acciottolata,<br />
ancora risaliva il corso del<br />
torrente.<br />
Valle del Fabiòlo, si <strong>di</strong>ceva,<br />
italianizzazione, forse, del<br />
toponimo <strong>di</strong>alettale Fabgiöl,<br />
cioè faggiòlo, ovvero piccolo<br />
faggio. E in effetti qui i<br />
faggi sono <strong>di</strong> casa. “D’una<br />
sottospecie storcignata e<br />
cespugliosa – scriveva nel 1979<br />
Giulio Spini, che della valle<br />
è stato cultore e cantore –<br />
presenti tutt’ora e un tempo<br />
molto fitti in una località<br />
chiamata, appunto, Fabiòlo,<br />
che il torrente lambisce nel<br />
primo sta<strong>di</strong>o del suo corso,<br />
28 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 29
quando precipita, ripido borro<br />
ancora, dai pascoli dell’Alpe<br />
Dàssola, prima <strong>di</strong> cadere, <strong>di</strong><br />
tònfano in tònfano, nella<br />
Puzzana (Grande Pozza) e <strong>di</strong><br />
prendere, più tranquillamente,<br />
giù per la valle”.<br />
Geograficamente la valle nasce<br />
alla sella prativa <strong>di</strong> Campo e<br />
scende per ottocento metri,<br />
con uno sviluppo <strong>di</strong> oltre<br />
quattro chilometri, compiendo<br />
un ampio giro da destra a<br />
sinistra attorno alla Culmen <strong>di</strong><br />
Campo, prima <strong>di</strong> assumere un<br />
andamento più rettilineo e <strong>di</strong><br />
sbucare da una profonda gola<br />
sul piano in corrispondenza <strong>di</strong><br />
Sirta.<br />
Per chi la risale, invece, la<br />
mulattiera parte dall’abitato <strong>di</strong><br />
Sirta appunto, fra il torrente<br />
e la chiesa parrocchiale, la<br />
cui imponente cupola attira<br />
l’attenzione <strong>di</strong> chi transita<br />
lungo la Statale 38. E’ la via<br />
‘Alla Sostila’ che collega il<br />
paesello orobico a Campo e,<br />
quin<strong>di</strong>, a Tartano.<br />
La rampa ben acciottolata si<br />
inerpica sul pen<strong>di</strong>o boscoso,<br />
lambisce una cappella e, dopo<br />
un’inversione <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione,<br />
raggiunge, con una sequenza<br />
<strong>di</strong> gra<strong>di</strong>ni scavati nella viva<br />
roccia, la località ‘Il Baak’ (Le<br />
Panche), balcone panoramico<br />
senza uguali su Sirta e sulla<br />
campagna <strong>di</strong> Ardenno, prima<br />
<strong>di</strong> spianare e <strong>di</strong> iniziare a<br />
penetrare gradualmente nella<br />
valle. A destra spuntoni <strong>di</strong><br />
roccia alternati a brandelli<br />
<strong>di</strong> terra sui quali riescono<br />
a trovare sostentamento<br />
instabili castagni, a sinistra<br />
la forra angusta e profonda<br />
del torrente. Poi la Valtellina<br />
scompare <strong>di</strong> colpo e si entra in<br />
un altro mondo. L’isolamento<br />
<strong>di</strong>venta totale: fisico e<br />
psicologico. Ma proprio qui<br />
sta il fascino del luogo. Anzi,<br />
osservava ancora Giulio Spini,<br />
“L’autunno e l’inverno più che<br />
le belle stagioni, la sera e<br />
la notte più che il giorno si<br />
ad<strong>di</strong>cono alla Valle del Fabiòlo,<br />
il tempo piovoso e l’uggia<br />
della nebbia più dell’azzurro e<br />
del sole”. Non so se sia stato<br />
voluto o, semplicemente,<br />
se sia stato uno scherzo<br />
inconsapevole, ma qualche<br />
buontempone, ravvisando nella<br />
conformazione <strong>di</strong> una roccia<br />
le sembianze <strong>di</strong> una creatura<br />
anti<strong>di</strong>luviana, ha voluto<br />
qualche anno fa renderla più<br />
verosimile con alcuni ritocchi<br />
<strong>di</strong> vernice bianca e rossa.<br />
Certo è che quel lucertolone<br />
mineralizzato che ci accoglieva<br />
all’ingresso della valle (ora<br />
le tracce <strong>di</strong> colore sono quasi<br />
completamente sbia<strong>di</strong>te), ben<br />
si adattava a rappresentare<br />
l’atmosfera da Jurassic Park che<br />
la pervade. Voleva essere forse,<br />
nelle intenzioni degli ideatori<br />
un richiamo al ‘baselésk’<br />
(basilisco), il drago crestato<br />
che, assieme agli spiriti e alle<br />
streghe, popolava le leggende<br />
del luogo?<br />
Ci troviamo a ‘Iném la Val’,<br />
possibile volgarizzazione del<br />
latino ‘in imo vallis’, cioè ‘nel<br />
profondo della valle’, dove<br />
una cappellina affianca il<br />
ponticello che immette sul<br />
sentiero per Livisolo. Versanti<br />
ripi<strong>di</strong>ssimi incombenti su un<br />
fondovalle angusto, appena<br />
sufficiente a contenere il letto<br />
del torrente e la mulattiera,<br />
sembrano chiudersi sopra <strong>di</strong> noi<br />
per schiacciarci sul selciato.<br />
Purtroppo da questo punto<br />
dovremmo cominciare ad usare<br />
i verbi all’imperfetto, perché<br />
al posto del bel lastricato<br />
risalente parallelo al torrente,<br />
ora alla sua destra ora alla sua<br />
sinistra, ci si trova <strong>di</strong> fronte<br />
ad un ammasso caotico <strong>di</strong><br />
detriti più o meno grossolani<br />
fra i quali chi, per necessità<br />
In alto: panoramica dalla terrazza<br />
prativa della Ca’ Redunda.<br />
Sopra: Jurassic-Val Fabiolo.<br />
A fianco: la Val Fabiolo dal sentiero per<br />
Livisolo.<br />
Nelle pagine precedenti: la mulattiera<br />
alla Sponda e Sostila.<br />
Nelle pagine seguenti: il Maurizio dei<br />
Bures con Giulio Spini e i prati della<br />
Sponda con la sella <strong>di</strong> Campo.<br />
30 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 31
o per <strong>di</strong>porto, ha continuato<br />
a transitare, ha cominciato a<br />
lasciare una timida traccia.<br />
Superiamo con un balzo<br />
ideale questo tratto oramai<br />
compromesso affidandoci <strong>di</strong><br />
nuovo alle immagini proposteci<br />
da Giulio Spini: ” Ciò non<br />
significa che le stagioni vive<br />
non abbiano nulla da <strong>di</strong>re<br />
in questo regno destinato,<br />
per vocazione ambientale,<br />
allo squallore e al grigio<br />
delle nebbie e delle ombre.<br />
A primavera, il verde sbuca e<br />
affiora dappertutto, in ogni<br />
angolo, in basso e in alto.<br />
Ogni crepa ha la sua zolla,<br />
ogni greppo i suoi cespugli,<br />
ogni anfratto il suo rovo. Il<br />
castagno fino a metà valle,<br />
e poi il faggio, il nocciòlo,<br />
l’ontano s’inerpicano <strong>di</strong> rupe in<br />
rupe, si sporgono da picchi su<br />
pugni <strong>di</strong> terra … Sui margini<br />
e le pen<strong>di</strong>ci appena spalmate<br />
<strong>di</strong> terra, sul greto stesso, a<br />
portata <strong>di</strong> mano, mettono<br />
foglie e fiori il sambuco e<br />
il biancospino, il crespino<br />
e il cinorro<strong>di</strong>o, fra ciuffi <strong>di</strong><br />
festuche e steli <strong>di</strong> sassifraga e<br />
<strong>di</strong> lupinella. E’ una intrusione<br />
<strong>di</strong> verde e <strong>di</strong> tinte policrome<br />
che il paesaggio, però, sembra<br />
ospitare con <strong>di</strong>stacco, senza<br />
intima assimilazione, così come<br />
accetta il sole, per una festa<br />
provvisoria <strong>di</strong> colori e <strong>di</strong> luci”.<br />
Eccoci così arrivati ai ‘Bures’,<br />
altro luogo <strong>di</strong> suggestione<br />
intensa, dove la valle, che si<br />
allarga in una <strong>di</strong>stesa <strong>di</strong> prati,<br />
dà un po’ <strong>di</strong> respiro prima <strong>di</strong><br />
ri<strong>di</strong>ventare cupa incuneandosi<br />
con una lunga esse fra gli<br />
scoscen<strong>di</strong>menti della ‘Culmen’ e<br />
della ‘Muta’.<br />
Una cappelletta, la terza,<br />
alcuni fienili, qualche casa<br />
rustica, un affresco sbia<strong>di</strong>to<br />
sui resti <strong>di</strong> una stalla stanno<br />
a testimoniare la presenza<br />
in passato <strong>di</strong> una civiltà<br />
rurale <strong>di</strong> sussistenza, ma<br />
profondamente ancorata ai<br />
valori della religione. Qui, in<br />
un poverissimo ricovero, fino a<br />
venticinque anni fa conduceva<br />
la sua vita appartata il mite e<br />
schivo Maurizio (el Maurizi <strong>di</strong><br />
Bures), figura emblematica <strong>di</strong><br />
moderno eremita in perfetta<br />
simbiosi con l’ambiente.<br />
Sul pen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> destra “Oltre uno<br />
sbarramento <strong>di</strong> vecchi castagni<br />
scuri, grossi, ischeletriti, dal<br />
tronco corroso o sventrato,<br />
eppure ancora vivi e vigorosi, -<br />
è ancora Giulio Spini che scrive<br />
– sorge l’unico villaggio della<br />
Valle del Fabiòlo, Sostila, in<br />
cima, quasi, a un manto prativo<br />
che dal fondovalle raggiunge,<br />
a dossi e foppe, il crinale della<br />
Val Tartano … Non c’è più<br />
anima viva, se non per qualche<br />
settimana d’estate, delle venti<br />
famiglie e più che riempivano<br />
in permanenza le due contrade,<br />
esposta la principale con la sua<br />
chiesetta chiara e semplice,<br />
sulla curvatura centrale del<br />
pen<strong>di</strong>o, seminascosta l’altra<br />
e mimetizzata con il sasso<br />
vicino. Casolari antichi, più che<br />
vecchi, neri molti <strong>di</strong> fuliggine,<br />
soli<strong>di</strong> nella muratura fine e<br />
curata, da cui traspaiono la<br />
‘profonda civiltà della casa’<br />
e l’or<strong>di</strong>ne istintivo <strong>di</strong> una<br />
popolazione abituata ad un<br />
maturo equilibrato rapporto<br />
con le cose. Stra<strong>di</strong>ne selciate,<br />
strette gra<strong>di</strong>nate <strong>di</strong> pietra,<br />
piccole piazzole con se<strong>di</strong>li<br />
bassi intorno, le porte vicine<br />
le une alle altre con stipiti<br />
e architravi in sasso vivo,<br />
loggette e scale <strong>di</strong> legno<br />
lungo le facciate, parlano<br />
della gente, ne evocano la<br />
presenza, ne raccontano<br />
il lavoro e la fatica nello<br />
scorrere delle generazioni”. A<br />
conferma <strong>di</strong> quanto l’ambiente<br />
possa invogliare ad una vita<br />
appartata e ad un rapporto<br />
più <strong>di</strong>retto con la montagna,<br />
da qualche anno quassù a<br />
‘Larèt’, la più settentrionale<br />
delle due contrade, ha<br />
stabilito la propria <strong>di</strong>mora<br />
fissa l’amico Fausto, quasi a<br />
32 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 33
voler raccogliere il testimone<br />
dal “Maurizio dei Bures” che <strong>di</strong><br />
Fausto era zio. A metà strada<br />
fra i due nuclei il piccolo<br />
cimitero, oramai abbandonato,<br />
con sulla facciata alcune<br />
vecchie lapi<strong>di</strong> le cui epigrafi,<br />
semplici ma intense,<br />
fotografano con pochissime<br />
parole, ma come meglio non si<br />
potrebbe, l’esistenza terrena<br />
delle persone defunte. “Portò<br />
in vita una selva <strong>di</strong> croci”<br />
recita una <strong>di</strong> queste. Pensate!<br />
Non una croce, ma ad<strong>di</strong>rittura<br />
una selva!<br />
Dicevamo che dai Bures la<br />
valle si fa <strong>di</strong> nuovo angusta e<br />
cupa, stretta com’è fra le due<br />
sponde ripide, <strong>di</strong>rupata quella<br />
<strong>di</strong> destra, più boscosa ma<br />
ugualmente scoscesa quella <strong>di</strong><br />
sinistra, e solo dopo un buon<br />
tratto riacquista un aspetto<br />
meno opprimente. Anche qui il<br />
<strong>di</strong>ssesto causato dall’alluvione<br />
ha lasciato il segno: cancellata<br />
la mulattiera, <strong>di</strong>strutto il ‘Puut<br />
de la Palanga’ che traghettava<br />
sul versante destro orografico.<br />
Trascuriamo la deviazione<br />
che, a sinistra, in<strong>di</strong>rizza,<br />
in alto, al maggengo de ‘La<br />
Muta’ e, poco sopra, alla ‘Ca’<br />
Redunda’, curiosa costruzione,<br />
cucina e stanza sovrapposte,<br />
voluta a pianta circolare<br />
dall’anticonformismo del<br />
proprietario. Proseguiamo<br />
lungo la mulattiera, in questo<br />
tratto risparmiata dalla frana,<br />
e raggiungiamo ‘La Spunda’,<br />
<strong>di</strong>stesa prativa, che si inerpica<br />
a sinistra su per il ripido<br />
pen<strong>di</strong>o, dove le stalle, <strong>di</strong>sposte<br />
trasversalmente a schiera,<br />
somigliano a una muraglia<br />
<strong>di</strong>fensiva. L’acciottolato si<br />
snoda verso l’alto affondato<br />
fra due ‘murache’ che lo<br />
tengono ben separato dai prati,<br />
troppo preziosi per poter essere<br />
invasi anche involontariamente<br />
dai viandanti. Prati ancora ben<br />
tenuti che nascondono alcune<br />
rarità botaniche: a maggio qui<br />
è possibile trovare, assieme<br />
ad alcune piccole orchidee,<br />
il ‘Tùlipa australis’, un bel<br />
tulipano giallo segnalato, per<br />
quanto riguarda la provincia<br />
<strong>di</strong> Sondrio, solo in Val Fabiòlo.<br />
Accanto alle case, affacciata<br />
sulla via, la penultima delle<br />
cinque cappelle che scan<strong>di</strong>vano<br />
il cammino <strong>di</strong> quanti avevano<br />
necessità <strong>di</strong> scendere a valle<br />
prima che venisse costruita la<br />
rotabile. L’ultima la si vede,<br />
alzando lo sguardo, al ‘Zapél<br />
de Val’, in cima al terrapieno<br />
che sbarra la valle e si raccorda<br />
con l’ampia sella erbosa<br />
adagiata fra Case e Somvalle,<br />
due delle contrade <strong>di</strong> Campo,<br />
meta della nostra gita alla<br />
ricerca <strong>di</strong> sensazioni ine<strong>di</strong>te.<br />
A sinistra: foto piccola,<br />
Tùlipa australis e, foto<br />
grande, Sostila nella neve.<br />
Ha dovuto aspettare d’essere<br />
abbandonata, Sostila, per ispirare<br />
poeticamente un turista che consegnò,<br />
una trentina <strong>di</strong> anni fa, a un conta<strong>di</strong>no<br />
oriundo del villaggio, questo can<strong>di</strong>do<br />
sonetto.<br />
SOSTILA NELLA NEVE<br />
Sul forte pen<strong>di</strong>o della Val Fabiòlo<br />
guardata da castagni secolari<br />
scuri, nocchiuti, conficcati al suolo<br />
a vegliare i deserti casolari,<br />
Sostila, bianca dentro il grande lenzuolo<br />
<strong>di</strong> neve, nella fredda sera appari<br />
col tuo profilo, povero poggiuolo<br />
aperto a le velate ombre lunari.<br />
L’antico zoccolìo della tua gente<br />
più non cede al riposo della sera,<br />
né il parlare si spegne lentamente<br />
insieme ai fuochi, dopo la preghiera:<br />
gentile cimitero opalescente<br />
<strong>di</strong> un mondo conta<strong>di</strong>no e della sua éra.<br />
(Anonimo - 1977)<br />
34 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 35
SU PER<br />
LA VALLE<br />
2 marzo 1927<br />
…<br />
Un formicaio conico <strong>di</strong> case<br />
Per entrare nel paese <strong>di</strong><br />
Sirta, addossato allo sbocco<br />
della Valle per cui devo<br />
salire, si supera il fiume su<br />
un vecchio e grosso ponte <strong>di</strong><br />
legno. Un formicaio conico<br />
<strong>di</strong> case affollate sotto la<br />
chiesa ottocentesca, che,<br />
sovrastandole col cupolone<br />
spropositato, non riesce<br />
a nascondere l’innocente<br />
vanagloria parrocchiale <strong>di</strong> chi<br />
l’ha voluta e pagata, a costo<br />
<strong>di</strong> non pochi sacrifici. Fede<br />
e appariscenza, mi viene da<br />
pensare, <strong>di</strong> questo abitato<br />
conta<strong>di</strong>no ra<strong>di</strong>catissimo anche<br />
nei campanilismi, rannicchiato<br />
al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong> balze scure,<br />
vertiginose, incombenti, privo<br />
<strong>di</strong> sole da ottobre a marzo e<br />
non visitato dal chiaro <strong>di</strong> luna<br />
nei mesi cal<strong>di</strong>. “D’inverno senza<br />
<strong>di</strong> Giulio Spini<br />
Anno 1927. Ripercorriamo la Valle del Fabiòlo in<br />
compagnia <strong>di</strong> Don Beniamino, all’epoca parroco<br />
<strong>di</strong> Campo. Lo scritto è tratto dal DIARIO DI UN<br />
PARROCO DI MONTAGNA, pubblicato a puntate con<br />
lo pseudonimo <strong>di</strong> Elio Rupi sulla rivista trimestrale<br />
‘Quaderni Valtellinesi’.<br />
sole e d’estate senza luna” mi<br />
<strong>di</strong>ce rassegnata una vecchietta,<br />
che incontro sul sagrato<br />
umido quasi sempre brinato<br />
per settimane e settimane,<br />
afoso d’estate, eppure <strong>di</strong> una<br />
suggestione singolare.<br />
Questo luogo terribile<br />
Mi fermo a guardare la chiesa.<br />
Sul frontone della facciata si<br />
legge: ‘Metuendus est locus<br />
iste”. “‘E’ terribile questo<br />
luogo”’, mi spiega la vecchietta<br />
che però vi entra serena<br />
e tranquilla, spingendo la<br />
porta con l’aria <strong>di</strong> chiedere un<br />
permesso confidenziale, come<br />
fosse una casa amica. E dentro<br />
la chiesa è sì molto alta e<br />
solenne, ma non ispira proprio<br />
timore.<br />
Una posatezza severa<br />
Prima <strong>di</strong> mettermi in cammino<br />
su per la valle, mi reco a<br />
salutare Don Cirillo, il parroco,<br />
che non ho ancora incontrato.<br />
Mi colpisce, come <strong>di</strong>re?, la sua<br />
posatezza severa, la lentezza<br />
liturgica dei suoi gesti come se<br />
indossasse il piviale, il modo<br />
oratorio, ma a voce contenuta,<br />
<strong>di</strong> parlare senza quasi muovere<br />
le labbra strette e lo sguardo<br />
scrutatore. La sua ospitalità<br />
è però sostanziosa e sincera.<br />
Se mai bisogna vincere la<br />
soggezione che ispira, fatta<br />
com’è, apparentemente, <strong>di</strong><br />
coman<strong>di</strong> più che <strong>di</strong> cortesia.<br />
“Adesso devo lasciarla,<br />
altrimenti mi viene notte e<br />
sono senza lanterna. E poi non<br />
ho ancora recitato neppure il<br />
mattutino.”<br />
… c’è rime<strong>di</strong>o anche alla<br />
paura<br />
“La lanterna gliela presto io<br />
e il mattutino lo recitiamo<br />
insieme. O ha timore anche<br />
36 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 37
Sotto: portali a Sostila.<br />
Nella pagina a fronte: la mulattiera della Val<br />
Fabiolonel tratto, ora <strong>di</strong>strutto, a Iném la Val.<br />
lei <strong>di</strong> affrontare la ‘valle<br />
degli spiriti’? Sa che il<br />
mio predecessore, povero<br />
<strong>di</strong>avolo,dopo una <strong>di</strong>scesa <strong>di</strong><br />
notte da Sostila, dove era stato<br />
chiamato per un moribondo,<br />
non è più stato lui? Ed è morto<br />
al manicomio …”<br />
“Don Cirillo, non vorrà spero<br />
dar cre<strong>di</strong>to a …”<br />
“Cre<strong>di</strong>to, cre<strong>di</strong>to – mi<br />
interrompe brusco – io<br />
riferisco. Se anche lei ha i<br />
nervi deboli, è bene che lo<br />
sappia …”<br />
“Per la verità, temo <strong>di</strong> più <strong>di</strong><br />
incespicare …”<br />
“Bè bè, c’è rime<strong>di</strong>o anche alla<br />
paura.”<br />
“Che paura!” faccio io.<br />
“Voglio <strong>di</strong>re che basta avere<br />
qualcuno insieme. Se non altro,<br />
la strada sembra più corta. Ho<br />
visto proprio un momento fa un<br />
suo parrocchiano, il Daniele <strong>di</strong><br />
Somvalle. Gli mando a <strong>di</strong>re che<br />
si ferma a cena e che l’aspetta<br />
qui per salire insieme.”<br />
Nel mistero del vecchio<br />
testamento<br />
Non sarei riuscito a respingere,<br />
senza offenderlo, quell’invito.<br />
Mandò la Perpetua a cercare<br />
il mio parrocchiano e così<br />
passammo insieme il resto del<br />
pomeriggio.<br />
Il suo ostentato <strong>di</strong>stacco<br />
non riusciva a nascondere<br />
il desiderio <strong>di</strong> stare con un<br />
confratello, <strong>di</strong> parlare con<br />
qualcuno.<br />
Fu una conversazione un po’<br />
deprimente. Sembrava che<br />
avesse un secchio d’acqua<br />
gelida per ognuna delle mie<br />
speranze e dei miei propositi.<br />
Riuscimmo a recitare il<br />
mattutino e le lo<strong>di</strong>. Lui senza<br />
aprire il Breviario, che in<br />
vent’anni <strong>di</strong> pratica sapeva a<br />
memoria, almeno i Salmi, gli<br />
inni e le parti fisse.<br />
Recitati da lui, assumevano<br />
una remota gravità, si<br />
invecchiavano fino a perdersi<br />
nel mistero del vecchio<br />
testamento.<br />
5 marzo 1927<br />
Su per la Valle<br />
La sera, dunque, <strong>di</strong> quattro<br />
giorni fa, <strong>di</strong> ritorno da<br />
Sondrio lasciai Sirta che<br />
ormai era scuro. Don Cirillo mi<br />
accompagnò fin sul ponticello<br />
<strong>di</strong> sasso, che solca il torrente,<br />
a pochi passi dalla porta <strong>di</strong><br />
casa, mi salutò compassato,<br />
eppure, ne ero sicuro, cor<strong>di</strong>ale.<br />
Daniele, il mio parrocchiano, mi<br />
aspettava paziente, seduto su<br />
un muricciolo nella piazzetta<br />
della latteria, con la lanterna<br />
in mano come fosse <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a.<br />
Si alzò rispettosamente in<br />
pie<strong>di</strong> a salutarci, togliendosi il<br />
cappello, ma il parroco si era<br />
già voltato e camminava, lento<br />
e solenne, come in processione,<br />
verso l’uscio rimasto aperto.<br />
Lo scroscio vicino dell’acqua,<br />
nello sboccare risentito fra i<br />
massi faceva parte del silenzio,<br />
ma il rotolìo <strong>di</strong> un carro<br />
sull’acciottolato, giù in mezzo<br />
al paese e il fischio lontano del<br />
treno traversavano da intrusi<br />
quella intensa sera delle cose e<br />
dell’animo.<br />
Prendemmo su per la salita<br />
che dal campanile cadevano<br />
i tocchi e i rintocchi delle<br />
ventuno, passammo un<br />
piccolo mulino sulla sinistra,<br />
arrivammo, con un tornante<br />
faticoso a un breve tratto<br />
pianeggiante: “ ‘Le panche’ –<br />
mi informò il mio compagno<br />
–’Il baak’, in <strong>di</strong>aletto”. Un<br />
balcone quasi a strapiombo<br />
su Sirta, rannicchiata sotto <strong>di</strong><br />
noi sull’Adda, sui prati della<br />
pianura.<br />
Dai paesi e villaggi ai pie<strong>di</strong> e<br />
sulle pen<strong>di</strong>ci trasparivano qua<br />
e là deboli lumicini; l’altissima<br />
barriera nera delle Retiche<br />
38 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 39
si alzava a tagliare l’azzurro<br />
primaverile. Mi appoggiai al<br />
parapetto <strong>di</strong> sasso a cercare<br />
con gli occhi la piccola<br />
vecchia canonica, confusa<br />
nella macchia <strong>di</strong> tetti, quasi<br />
a voler riprendere contatto<br />
col mio confratello, che avevo<br />
visto e sentito, seduti insieme<br />
a tavola, ma che non avevo<br />
potuto avvicinare. Immagine<br />
inquietante <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, <strong>di</strong><br />
isolamento, forse <strong>di</strong> solitu<strong>di</strong>ne.<br />
Mi bastarono quattro passi<br />
sul viottolo, in momentanea<br />
<strong>di</strong>scesa, prima <strong>di</strong> impennarsi,<br />
per trovarmi inghiottito dalla<br />
valle e sentirmi chiuso in un<br />
altro mondo.<br />
Nel mezzo del Cammin …<br />
“Nel mezzo del cammin <strong>di</strong><br />
nostra vita<br />
mi ritrovai per una selva oscura<br />
che la <strong>di</strong>ritta via era smarrita.<br />
Ahi! Quanto a <strong>di</strong>r qual’era …”<br />
Fino a quel momento non<br />
m’ero quasi accorto della mia<br />
guida, così gentile e <strong>di</strong>screta,<br />
e adesso era lui che recitava<br />
quasi fra sé i primi versi<br />
dell’Inferno <strong>di</strong> Dante, col suo<br />
sacco non proprio leggero sulla<br />
testa e sulle spalle (e voleva<br />
portarsi anche la mia borsa <strong>di</strong><br />
pelle, regalo <strong>di</strong> prima messa<br />
dei miei coscritti).<br />
Recitava i versi a voce<br />
sommessa, per nulla<br />
declamatoria, come li avesse<br />
incorporati nei suoi pensieri, e<br />
intanto saliva leggero, elastico,<br />
sulla punta dei peduli <strong>di</strong> pezza,<br />
sfiorando appena i sassi, nei<br />
quali io invece ciampicavo,<br />
senza mai spezzare la cadenza<br />
misurata e regolare:<br />
“Che nel pensier rinnova la<br />
paura” …” Scusi, Signor curato,<br />
se l’annoio, ma questa valle mi<br />
suggerisce sempre il viaggio <strong>di</strong><br />
Dante all’Inferno”.<br />
“Avete stu<strong>di</strong>ato?”<br />
“Stu<strong>di</strong>ato io?! Ho il certificato<br />
<strong>di</strong> seconda elementare … Sono<br />
andato a scuola dal povero Don<br />
Foppoli. Si cominciava dopo i<br />
Morti, <strong>di</strong> ritorno dal maggengo<br />
A sinistra: i prati <strong>di</strong> Sostila.<br />
Sotto: il nucleo <strong>di</strong> case <strong>di</strong> Larét.<br />
e si smetteva in marzo a S.<br />
Giuseppe, quando sul maggengo<br />
bisognava risalirci, dopo aver<br />
pulito i prati dai sassi”.<br />
“E avete stu<strong>di</strong>ato qualche verso<br />
dell’Inferno?”<br />
“Anche del Purgatorio, Signor<br />
curato, e del Para<strong>di</strong>so …”<br />
“Come mai?”<br />
“Mio nonno, vede, aveva la<br />
Divina Comme<strong>di</strong>a e me la regalò<br />
quando ricevetti la cresima.<br />
L’aveva portata dal servizio<br />
militare, regalatagli dal suo<br />
capitano. La teneva in uno<br />
scrigno, dentro una cassettina<br />
<strong>di</strong> legno. Ho cominciato a<br />
leggerla, nelle sere d’inverno,<br />
nella stalla, e la domenica<br />
dopo i vespri. Per molto tempo<br />
non ci capivo nulla, ma ci<br />
sentivo dentro qualcosa <strong>di</strong><br />
importante e <strong>di</strong> bello, che<br />
non mi dava pace … A furia<br />
<strong>di</strong> leggerla me n’è rimasta in<br />
mente molta e adesso che sono<br />
quasi vecchio mi pare proprio<br />
<strong>di</strong> capirci meglio. Ma è un<br />
mare”.<br />
40 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 41
Fatta insieme a quel conta<strong>di</strong>no,<br />
fine, ricco <strong>di</strong> sensibilità, la<br />
strada mi si era trasformata in<br />
un’avventura straor<strong>di</strong>naria.<br />
Un primo risultato fu il bisogno<br />
<strong>di</strong> riprendere la lettura delle<br />
tre Cantiche, ritrovate ora<br />
come nuove, <strong>di</strong>ssotterrate<br />
dal grigiore scolastico,<br />
riscattate dall’immaturità della<br />
giovinezza.<br />
Un ambiente simile …<br />
Dante doveva aver<br />
raccolto nella memoria<br />
dell’immaginazione un<br />
ambiente simile a quello<br />
che ci incombeva, infossato<br />
fra rupi, deserto, spartito,<br />
dall’andamento dei versanti,<br />
in cavità fonde come crateri,<br />
con la sola possibile fuga degli<br />
occhi verso il cielo stellato.<br />
“Capisco che <strong>di</strong>cano questa<br />
valle frequentata dagli spiriti”<br />
osservai a Daniele.<br />
Non ebbi risposta. Intanto<br />
eravamo giunti in una piccola<br />
piazzola con una ru<strong>di</strong>mentale<br />
piattaforma <strong>di</strong> grossi pietroni,<br />
su un lato.<br />
… Vi depose il sacco<br />
Vi si avvicinò, vi depose il<br />
sacco e spense il lumino della<br />
lanterna, per non consumarlo<br />
inutilmente.<br />
“Questa è la ‘sosta dei mulini’<br />
– mi <strong>di</strong>sse. – La prima che<br />
abbiamo fatta al secondo<br />
tabernacolo è la ‘sosta <strong>di</strong><br />
inizio valle’. ‘Posa <strong>di</strong> iném-laval’<br />
– precisò - La sosta noi<br />
la chiamiamo ‘posa’ (con la<br />
esse sorda), posto <strong>di</strong> riposo.<br />
Con tutti i pesi che si devono<br />
portare su e giù, non si<br />
reggerebbe tutta la strada,<br />
senza sgravarsi qualche volta<br />
del carico. I nostri vecchi ci<br />
hanno lasciati i punti giusti,<br />
dove fermarsi. Ne abbiamo<br />
ancora quattro e poi siamo a<br />
casa”.<br />
“Quanto pesa il vostro sacco?”<br />
“Non molto. Sono venticinque<br />
chili <strong>di</strong> crusca, per una mucca<br />
ammalata”.<br />
Un <strong>di</strong>eci minuti dopo, riaccese<br />
la lanterna e ci rimettemmo a<br />
salire. A un ponticello <strong>di</strong> legno,<br />
deviammo su un sentiero in<br />
mezzo ai prati, che rasenta<br />
un gruppetto <strong>di</strong> baite con una<br />
cappella (la terza) e prosegue<br />
a ricongiungersi con il viottolo<br />
principale. Una scorciatoia.<br />
“Vede, Signor curato, in cima a<br />
questi prati sta l’unico paese <strong>di</strong><br />
questa valle, Sostila, <strong>di</strong> cento<br />
anime circa. L’ultimo prete morì<br />
all’inizio del secolo. Io l’ho<br />
conosciuto. Era alto, magro e<br />
sempre triste. Dicevano che vi<br />
fosse stato mandato, perché<br />
modernista”.<br />
“Sapete cosa significa<br />
modernista?”<br />
“Il povero curato mi spiegò<br />
una volta che modernista è<br />
un cattolico secondo il quale<br />
le verità della fede possono<br />
benissimo cambiare coi tempi”.<br />
Tacque per un po’ e concluse:<br />
“Che cosa ci resterebbe, nella<br />
vita fra queste montagne, se<br />
non fossimo più sicuri neppure<br />
della dottrina” (E pensare alla<br />
fatica mia e dei miei compagni<br />
<strong>di</strong> seminario, per rispondere<br />
all’interrogazione <strong>di</strong> dogmatica<br />
sull’argomento).<br />
Il campanaccio degli spiriti<br />
Alla sosta successiva, deposto<br />
il sacco sul muradello, mentre<br />
riposavamo, mi fece cenno <strong>di</strong><br />
tendere l’orecchio. Si u<strong>di</strong>va un<br />
<strong>di</strong>n<strong>di</strong>n roco <strong>di</strong> campanaccio da<br />
capre, inuguale, ora corto, ora<br />
prolungato, ora fievole, ora più<br />
forte.<br />
“Ecco, Signor curato, qui<br />
posso raccogliere la sua<br />
osservazione <strong>di</strong> mezz’ora fa<br />
sugli spiriti. Immagini <strong>di</strong><br />
essere qui da solo, a quest’ora<br />
o sul mezzo della notte, con<br />
tutte le storie che da bambini<br />
si sentono raccontare nelle<br />
veglie d’inverno. E insieme<br />
col rumore del vento e questo<br />
silenzio … Qualche pecora o<br />
capra che si muove <strong>di</strong>venta uno<br />
spirito … Non c’è poi tanto da<br />
meravigliarsi. Sa la risposta<br />
che mi dette mio padre, al<br />
quale chiedevo se ‘giù per la<br />
valle’ ci sono gli spiriti? Sì,<br />
ma dentro <strong>di</strong> te. Vuol credere?<br />
Da allora non ne ho più avuto<br />
paura. Avrò avuto <strong>di</strong>eci-do<strong>di</strong>ci<br />
anni”. Fra una fermata e l’altra,<br />
una preghiera e l’altra d’obbligo<br />
davanti ai tabernacoli (lasciavo<br />
a Daniele iniziarla, per seguire<br />
la regola certamente fissata<br />
dalla tra<strong>di</strong>zione), dopo<br />
un’estrema salita piuttosto<br />
sfiatante, arrivammo a Campo<br />
verso le ventitré. Ci lasciammo,<br />
lui per salire alla contrada<br />
a sinistra della sella, io per<br />
raggiungere, sull’orlo della<br />
valle maggiore, la chiesa, il<br />
A fianco: a Larèt il sentiero passa in<br />
galleria.<br />
Sotto: la cappelletta del Zapél de Val<br />
sulla sella <strong>di</strong> Campo.<br />
Nella pagina a fronte: la Val Fabiolo<br />
ripresa dall’Alpe Granda.<br />
sagrato, la mia casa, sepolti<br />
ormai nella notte.<br />
Pensavo nel camminare ormai<br />
in piano, calmo e fiducioso,<br />
al sereno equilibrio <strong>di</strong> quel<br />
conta<strong>di</strong>no cinquantenne,<br />
che da giovane (mi raccontò<br />
lungo la strada, col tono<br />
più naturale) era emigrato,<br />
come molti compaesani, in<br />
Argentina, ma aveva fatto<br />
a pie<strong>di</strong> il percorso dalla<br />
Valtellina al porto francese<br />
<strong>di</strong> Le Havre, per risparmiare i<br />
sol<strong>di</strong> del treno (aveva anche lui<br />
dovuto prestare l’importo del<br />
viaggio).<br />
Mia sorella Bambina, che mi<br />
aspettava in cucina, assonnata<br />
e ansiosa, voleva sapere <strong>di</strong><br />
Sondrio e delle pratiche, ma le<br />
raccontai <strong>di</strong> Don Cirillo e della<br />
salita con Daniele ‘su per la<br />
valle’.<br />
42 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 43
<strong>di</strong> Franco Scotti<br />
Piz Julier<br />
«...il sentiero è abbastanza lunga, perchè più soleggiata<br />
ci lasciamo guidare dalle<br />
esposto e benchè i punti ma soprattutto più interessante<br />
abbondanti segnalazioni<br />
maggiormente impegnativi paesaggisticamente. Un motivo<br />
sulle rocce, dalle catene,<br />
siano attrezzati con catene e <strong>di</strong> interesse è sicuramente<br />
dagli scalini artificiali,<br />
parapetti metallici, è richiesto l’aggressivo rock glacier che,<br />
dalle ringhiere in ferro che<br />
passo sicuro e assenza <strong>di</strong> nel suo silenzioso movimento,<br />
addomesticano il percorso<br />
vertigini»<br />
ha sbarrato il torrente <strong>di</strong><br />
(ma era proprio il caso?...)<br />
Questa premessa nella mail fondovalle e invaso il sentiero,<br />
serpeggiando sui due lati della<br />
<strong>di</strong> invito alla gita, con i ritracciato più a monte.<br />
cresta che offre spettacolari<br />
dati <strong>di</strong> tempi e <strong>di</strong>slivello, Confortati dall’aver lasciato un<br />
scorci sulle pareti e sul piccolo<br />
deve aver causato un pò <strong>di</strong> tempo grigio in Valtellina, su<br />
ghiacciaio sospeso sul lato<br />
preoccupazione, infatti ho ottimo sentiero raggiungiamo<br />
NE. Talvolta l’esposizione crea<br />
ricevuto parecchie telefonate la fuorcla Albana.<br />
qualche emozione, mitigata<br />
per ulteriori chiarimenti e Il Piz Julier, 3380 m, è la<br />
dall’aiuto reciproco.<br />
rassicurazioni.<br />
vetta più alta della zona ed ha<br />
In vetta i cumuli limitano<br />
Sommando anche le incertezze un aspetto imponente. Dalla<br />
il panorama alle montagne<br />
della meteo temevo una fuorcla possiamo osservare<br />
dell’Enga<strong>di</strong>na, comunque<br />
scarsa partecipazione invece, la lunga cresta rocciosa,<br />
gran<strong>di</strong>oso, e la sod<strong>di</strong>sfazione è<br />
a sorpresa, ci ritroviamo al all’apparenza impraticabile, che<br />
generale.<br />
parcheggio del Suvretta in 14 si snoda fino alla vetta.<br />
La <strong>di</strong>scesa è lunga e laboriosa,<br />
con ben 7 rappresentanti del Un’altro gruppone <strong>CAI</strong>, salito<br />
e, dopo i 1400 m <strong>di</strong> <strong>di</strong>slivello,<br />
gentil sesso.<br />
dall’ombroso versante opposto,<br />
in pochi rinunciano a un<br />
Abbiamo scelto la salita dal ci precede <strong>di</strong> un buon tratto.<br />
corroborante pe<strong>di</strong>luvio nelle<br />
versante est, sebbene più Abbandonati i bastoncini<br />
gelide acque del torrente.<br />
44 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 45
STUBAI<br />
tre giorni, un agosto<br />
A fine agosto una quarantina<br />
<strong>di</strong> persone hanno partecipato<br />
all’ormai tra<strong>di</strong>zionale gita in<br />
Austria organizzata dal Cai <strong>di</strong><br />
<strong>Morbegno</strong>,<br />
Quest’anno oltre alla novità<br />
della località Fulpmes nella<br />
valle dello Stubai,<br />
parallela alla Oetztal, siamo<br />
stati allietati dalla presenza <strong>di</strong><br />
cinque ragazzini dai sette ai<br />
<strong>di</strong>eci anni.<br />
Si sono <strong>di</strong>vertiti visibilmente<br />
nelle pozzanghere che la<br />
pioggia abbondante nelle prime<br />
due mattinate aveva formato;<br />
rumorosamente nei tragitti<br />
sul bus nonostante avessero<br />
ricevuto minacce <strong>di</strong> morte.<br />
A tavola avevano posti<br />
riservati e vicini, si gestivano<br />
senza mettere a dura prova gli<br />
altri commensali con la loro<br />
vivacità e con le loro trovate<br />
non sempre e<strong>di</strong>ficanti.<br />
Durante le escursioni, si<br />
sono comportati in modo<br />
irreprensibile, affrontando ogni<br />
tragitto con abilità e senso<br />
<strong>di</strong> responsabilità e, inutile<br />
<strong>di</strong>rlo, senza accusare fatica, da<br />
provetti soci Cai!<br />
Trovavano anche il tempo <strong>di</strong><br />
cercare funghi con successo.<br />
La convivenza è stata allegra,<br />
sopperendo alla uggiosità<br />
del tempo che però non ci ha<br />
impe<strong>di</strong>to <strong>di</strong> fare ogni giorno<br />
delle escursioni, anche se<br />
necessariamente si è dovuto<br />
mo<strong>di</strong>ficare il programma.<br />
Il primo pomeriggio, quello<br />
del giorno <strong>di</strong> arrivo, ci siamo<br />
recati al rifugio Galtalm<br />
attraverso una strada sterrata<br />
tra i boschi. Abbiamo gustato<br />
lo strudel e poi siamo tornati,<br />
alcuni dal tragitto più breve,<br />
i più ar<strong>di</strong>mentosi concludendo<br />
l’anello.<br />
La mattina del secondo giorno,<br />
data la pioggia, siamo andati<br />
col bus a Innsbruck, e ogni<br />
gruppetto ha effettuato la<br />
<strong>di</strong> Alessandro, Carmen, Chiara<br />
visita della splen<strong>di</strong>da città,<br />
come meglio credeva.<br />
Non poteva mancare la sosta al<br />
“tettuccio d’oro” emblema della<br />
città, coperto da 2657 scandole<br />
dorate, ma molto gettonati<br />
sono stati i negozi <strong>di</strong> articoli<br />
sportivi. Nel primo pomeriggio<br />
la pioggia ha concesso una<br />
tregua consentendoci <strong>di</strong><br />
effettuare una bella gita al<br />
Calvario nella Pinnisbachtal.<br />
Un “sentiero spirituale”,<br />
contrassegnato da statue in<br />
legno a soggetto religioso e<br />
recanti le scritte <strong>di</strong> versetti<br />
dei Salmi, immerso in un<br />
bosco da favola. Il percorso,<br />
caratterizzato dalle stazioni<br />
della Via Crucis, proseguiva<br />
raggiungendo il rifugio<br />
Issenangeralm dove abbiamo<br />
fatto sosta e merenda.<br />
Il terzo giorno, finalmente<br />
bel tempo, abbiamo percorso<br />
l’alta via dello Stubai<br />
(Stubaierhöhenweg). Raggiunta<br />
Mutterbergalm ci siamo <strong>di</strong>visi<br />
in tre gruppi, chi a pie<strong>di</strong> chi<br />
in funivia siamo arrivati alla<br />
Dresdnerhütte, quin<strong>di</strong> attraverso<br />
il passo <strong>di</strong> Peil (Peiljoch)<br />
siamo scesi, lasciando sulla<br />
destra il ghiacciaio dello<br />
Sulzenauferner e la cima dello<br />
Zuckerhütl (3507), dapprima alla<br />
Sulzenauhütte (ristorazione) e<br />
quin<strong>di</strong> abbiamo concluso l’anello<br />
a Grabalm. L’altro gruppetto, il<br />
terzo, ha scelto un giro molto<br />
panoramico, anche se meno<br />
impegnativo dal punto <strong>di</strong> vista<br />
alpinistico.<br />
Un percorso comunque<br />
sod<strong>di</strong>sfacente per la bellezza<br />
del paesaggio e per il piacere<br />
<strong>di</strong> camminare su sentieri molto<br />
curati o su strade altrettanto<br />
agevoli.<br />
All’arrivo abbiamo trovato il<br />
pullman pronto per il rientro che<br />
è stato piacevole.<br />
Eravamo tutti, fuori <strong>di</strong> retorica,<br />
stanchi, ma felici.<br />
46 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 47
In gita all’isola<br />
<strong>di</strong> Maria Laura Bettega<br />
PALMARIA<br />
Anche quest’anno non poteva<br />
mancare la tra<strong>di</strong>zionale gita<br />
settembrina in Liguria: meta<br />
prescelta Portovenere e l’isola<br />
Palmaria.<br />
Domenica 19 settembre, dopo<br />
un sabato autunnale e ricco <strong>di</strong><br />
pioggia, ci si trova in partenza<br />
alle sei del mattino, sotto un<br />
cielo terso e con una arietta<br />
frizzante che fanno ben sperare<br />
in una bella giornata che<br />
si rivelerà poi decisamente<br />
estiva.<br />
Il viaggio si svolge<br />
regolarmente: qualche pisolino,<br />
qualche chiacchiericcio, la<br />
solita “ questua” del Presidente<br />
Cai con Segretario, la fermata<br />
d’obbligo e poi…. Eccoci<br />
al porto <strong>di</strong> La Spezia per<br />
l’imbarco verso Portovenere.<br />
Da qui proseguiamo per altri<br />
cinque minuti fino all’isola<br />
Palmaria, proprio antistante a<br />
Portovenere. Palmaria, meno<br />
<strong>di</strong> due chilometri quadrati, fa<br />
parte dell’arcipelago spezzino,<br />
nel comune <strong>di</strong> Portovenere, ed<br />
è patrimonio dell’Unesco dal<br />
1997.<br />
Iniziamo il periplo<br />
percorrendo una strada<br />
immersa nella vegetazione<br />
tipica me<strong>di</strong>terranea, ricca <strong>di</strong><br />
bacche colorate e <strong>di</strong> profumi,<br />
raggiungiamo una cava, ora<br />
abbandonata, <strong>di</strong> marmo nero.<br />
Poi, per esigenze <strong>di</strong> orario<br />
(ultimo traghetto dopo circa<br />
due ore) e per l’irrinunciabile<br />
bagno in mare, il ritmo <strong>di</strong> salita<br />
fino alla sommità dell’isola<br />
si fa più concitato, seguito<br />
da una <strong>di</strong>scesa su sentiero<br />
abbastanza insi<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> rocce<br />
lisce come marmo e <strong>di</strong> terra<br />
umida, rossiccia e scivolosa<br />
come borotalco.<br />
Comunque il paesaggio è<br />
bellissimo e quando la visuale<br />
si apre sul promontorio <strong>di</strong><br />
Portovenere … è stupendo.<br />
Anch’io, forse la più… o meglio<br />
“la meno giovane” del gruppo,<br />
arrivo sod<strong>di</strong>sfatta e appagata<br />
da questo mare meraviglioso.<br />
Concluso il giro dell’isola<br />
in località Terrizzo, dove<br />
lo stabilimento balneare è<br />
ancora ben frequentato, e<br />
fatto il bagno tanto agognato,<br />
ripren<strong>di</strong>amo il traghetto per<br />
sbarcare a Portovenere e<br />
visitare la località da turisti<br />
rilassati e sod<strong>di</strong>sfatti; la<br />
chiesa <strong>di</strong> san Pietro, proprio<br />
all’estremità del promontorio a<br />
strisce bianche e nere con un<br />
campanile a bifore; la chiesa<br />
<strong>di</strong> san Lorenzo originariamente<br />
in stile romanico, ma ora con<br />
influenze gotiche e classiche;<br />
il castello Doria che domina<br />
dall’alto e il susseguirsi <strong>di</strong><br />
case alte e strette, addossate<br />
le une alle altre e variamente<br />
colorate, ne fanno un centro<br />
caratteristico e pittoresco.<br />
Tranquillamente percorriamo le<br />
viuzze strette e affascinanti,<br />
ricche <strong>di</strong> colori, <strong>di</strong> profumi<br />
e <strong>di</strong> sapori che invitano a<br />
gustare un bel piatto <strong>di</strong> pesce<br />
o <strong>di</strong> trenette al pesto o un bel<br />
gelato con la panna.<br />
La giornata si sta concludendo:<br />
alle 17.30 si parte per<br />
<strong>Morbegno</strong>.<br />
Grazie al Cai <strong>Morbegno</strong>, grazie<br />
al tempo bello e caldo, grazie<br />
alla compagnia e... arrivederci<br />
al prossimo anno.<br />
48 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 49
Oramai sono una realtà consolidata del<br />
C.A.I. <strong>Morbegno</strong>: sono le escursioni del<br />
mercoledì organizzate dal Gruppo U99. Non<br />
allarmatevi, la sigla non nasconde nulla <strong>di</strong><br />
strano, sta semplicemente per “Under 99”<br />
e significa che le gite sono rivolte a tutte<br />
le persone con un’età inferiore ai 99 anni.<br />
Siamo però fermamente intenzionati ad<br />
aprirle anche agli ultracentenari.<br />
Per la verità non tutti sono d’accordo<br />
sulla denominazione; c’è chi, rifiutando<br />
gli inglesismi, preferirebbe il più classico<br />
“Gruppo Seniores” che ad altri pare, al<br />
contrario, troppo limitante ed anche<br />
un po’ triste. Nell’attesa <strong>di</strong> <strong>di</strong>rimere la<br />
questione, non rimane che autocertificarci<br />
come “Quelli-del-mercoledì”. Così, infatti,<br />
veniamo ad<strong>di</strong>tati con una certa malcelata<br />
invi<strong>di</strong>a dal resto degli umani.<br />
Il Gruppo, che è nato nel 2008, non è<br />
strutturato, ha un presidente onorario<br />
eletto a furor <strong>di</strong> soci nella persona <strong>di</strong><br />
Antonio, ma per il resto siamo tutti<br />
consiglieri.<br />
Nello svolgimento dell’attività, concordata<br />
mensilmente con il contributo <strong>di</strong> chi<br />
vuole, c’è un nucleo storico, il famoso<br />
zoccolo duro, formato da alcuni soci<br />
che, secondo la felice definizione <strong>di</strong><br />
un autorevole esponente del Gruppo,<br />
sono “programmatori <strong>di</strong> tempo libero”,<br />
affiancati <strong>di</strong> volta in volta da quanti,<br />
senza <strong>di</strong>stinzione <strong>di</strong> età e <strong>di</strong> sesso,<br />
saltuariamente o in modo continuativo,<br />
riescono a ritagliarsi il mercoledì libero da<br />
impegni lavorativi.<br />
Nel <strong>2010</strong> l’attività è stata decisamente<br />
buona: importante per quantità e qualità<br />
delle escursioni, sod<strong>di</strong>sfacente per la loro<br />
varietà, confortante come partecipazione.<br />
Abbiamo effettuato 13 gite sci-ciaspolo<br />
alpinistiche fino ad aprile e 22 uscite<br />
estive/autunnali (ma la stagione non è<br />
ancora finita). Mentre la programmazione<br />
invernale richiederà in futuro qualche<br />
aggiustamento per accontentare sia gli<br />
sci alpinisti sia i ciaspolatori, le cui<br />
esigenze sono a volte incompatibili, quella<br />
estiva/autunnale si sta <strong>di</strong>mostrando<br />
rispondente alle aspettative. Si è cercato<br />
<strong>di</strong> non limitare le gite alle valli attorno<br />
a <strong>Morbegno</strong>, ma <strong>di</strong> estenderle all’intera<br />
provincia e alle montagne del Lario, con un<br />
buon rapporto <strong>di</strong>slivello-lunghezza-tempi,<br />
senza trascurare l’aspetto conviviale che<br />
è un elemento fondamentale della “slow<br />
mountain”, anzi della “montagna a misura<br />
d’uomo”, che tutti vogliamo praticare.<br />
50 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 51
NATALINO BAVO<br />
Un grande atleta<br />
<strong>di</strong> Angelo De Donati<br />
L’ostetrica della Valgerola<br />
è molto indaffarata nel<br />
giorno <strong>di</strong> Natale del 1943:<br />
ci sono 3 partorienti quasi<br />
contemporaneamente a<br />
Fenile, a Valle <strong>di</strong> Gerola e a<br />
Gerola Alta.<br />
A complicare le cose c’è<br />
anche molta neve, ma le<br />
ostetriche <strong>di</strong> una volta non<br />
si scoraggiano facilmente<br />
e questa, con grande<br />
professionalità e tenacia,<br />
riesce a far vedere la luce a<br />
tutti e tre i bambini. Non sa<br />
ancora che uno dei tre farà<br />
della neve, che quel giorno<br />
scendeva copiosa, l’elemento<br />
forse più importante della<br />
sua vita: infatti nasce<br />
quel giorno Natalino che<br />
ha nel suo DNA gran<strong>di</strong> ed<br />
incomparabili doti atletiche<br />
ed agonistiche.<br />
Si può <strong>di</strong>re che muove i primi<br />
passi, anzi no, le prime<br />
sciate nella sua Valgerola e<br />
precisamente sui prati del<br />
“Magat” senza impianti <strong>di</strong><br />
risalita e con attrezzi semplici<br />
<strong>di</strong> frassino o <strong>di</strong> hickory.<br />
Passano gli anni e Natalino<br />
partecipa a numerose gare<br />
nelle quattro specialità <strong>di</strong> sci<br />
slpino riportando sempre dei<br />
successi: si piazza nei primi<br />
posti nel ’59 a Bormio e nel<br />
’60 a Bardonecchia gareggiando<br />
per i Campionati Italiani<br />
Juniores organizzati dal C.S.I..<br />
Il suo spirito agonistico lo<br />
porta negli anni 1960/61 in<br />
Valmalenco, precisamente<br />
sul Ventina con un gruppo<br />
sociale della Valgerola<br />
capitanato con maestria da<br />
Gino Curtoni, grande pioniere<br />
dello sci e nonno delle attuali<br />
campionesse Irene ed Elena,<br />
atlete che parteciperanno alla<br />
Coppa del Mondo <strong>2010</strong>/11.<br />
Le gare che seguiranno saranno<br />
sempre più impegnative come<br />
ad esempio l’Azzurrissimo a<br />
Cervinia dove, in 6’ e 10”,<br />
<strong>di</strong>sputa la <strong>di</strong>scesa <strong>di</strong> slalom<br />
gigante piazzandosi al primo<br />
posto. Guadagnerà il primo<br />
posto per tre anni consecutivi,<br />
quin<strong>di</strong> il secondo per due<br />
consecutivi ed il terzo per un<br />
ulteriore anno.<br />
Dopo tanti successi<br />
decide <strong>di</strong> de<strong>di</strong>carsi anche<br />
all’insegnamento per cui<br />
negli anni 1964/65 e 1965/66<br />
intraprende la strada per<br />
<strong>di</strong>ventare maestro <strong>di</strong> sci.<br />
Terminati i due anni <strong>di</strong><br />
tirocinio obbligatorio da allievo<br />
maestro, nel 1967 rientra in<br />
Valgerola aprendo, con Piero<br />
Lombella e Valeriano Maccani<br />
<strong>di</strong> Rasura, la Scuola <strong>di</strong> sci<br />
“Pescegallo” valorizzando<br />
ancora <strong>di</strong> più la Valle. Insegna<br />
a sciare e successivamente<br />
allena fino a portarlo in<br />
coppa del mondo il <strong>di</strong>scesista<br />
comasco Giuliano Giar<strong>di</strong>ni.<br />
Come capita ai gran<strong>di</strong><br />
campioni, ad un certo punto gli<br />
sembra giusto de<strong>di</strong>carsi anche<br />
a qualcosa che non sia solo<br />
sci, montagne e neve. Insieme<br />
alla moglie Silvana apre nel<br />
1976 a <strong>Morbegno</strong> un ristorante<br />
che avrà molto successo; del<br />
resto in ogni cosa che fa mette<br />
impegno, professionalità e<br />
de<strong>di</strong>zione. Ma dopo 14 anni<br />
il richiamo della neve e delle<br />
gare si fa più forte per cui<br />
riprende a competere in gare<br />
nazionali ed internazionali<br />
entrando nel circuito Master.<br />
Inanella 10 titoli regionali in<br />
S e GS arrivando ad ottenere<br />
nel 2003 il 1° titolo Italiano<br />
in S.<br />
Nel 2004 a Scuol in Svizzera<br />
ottiene due medaglie d’oro in<br />
GS e SG ai campionati mon<strong>di</strong>ali<br />
Master.<br />
La sua Valgerola però gli offre<br />
altre possibilità agonistiche<br />
per cui, per 5 anni consecutivi,<br />
partecipa e vince il Gran Prix<br />
Valgerola.<br />
Natalino è un uomo dalle<br />
molteplici doti quin<strong>di</strong> si fa<br />
onore anche nella Protezione<br />
52 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 53
Civile <strong>di</strong> cui fa parte ed ottiene,<br />
in questo gruppo, 4 vittorie<br />
consecutive nei Campionati<br />
italiani in GS e Combinata con<br />
sci <strong>di</strong> fondo.<br />
I successi continuano: la sua<br />
tenacia e le sue straor<strong>di</strong>narie<br />
doti sportive gli consentono <strong>di</strong><br />
brillare anche nella stagione<br />
2008/09 vincendo 22 gare su 32<br />
<strong>di</strong>sputate sempre nel circuito<br />
Master.<br />
Ottiene, se ancora non<br />
bastasse, nel Campionato<br />
Italiano <strong>di</strong> categoria Maestri<br />
<strong>di</strong> Sci 2 titoli in GS. Un altro<br />
grande successo arriva nel<br />
2009: in Slovenia partecipa<br />
alle prime Olimpia<strong>di</strong> Master<br />
ed ottiene 3 ori (in S - GS –<br />
SG) e un bronzo ai mon<strong>di</strong>ali in<br />
slamon sulle piste dell’Oberland<br />
Bernese.<br />
Il suo “Curriculum vitae” non<br />
sarebbe stato completo se nel<br />
1992 non avesse partecipato<br />
ad una spe<strong>di</strong>zione Himalayana<br />
sull’Everest.<br />
Quest’uomo che insieme a due<br />
amici è stato fra i primi ad<br />
utilizzare l’impianto <strong>di</strong> risalita<br />
dell’allora Società Orobia, che<br />
si è sempre allenato da solo<br />
senza il supporto dello Skiman,<br />
che ha mantenuto in tutti<br />
questi anni un fisico atletico<br />
e sportivo,che ha dato lustro<br />
alla Valle, alla categoria e che<br />
il C.A.I. <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong> è onorato<br />
<strong>di</strong> annoverare fra i suoi soci è il<br />
maestro <strong>di</strong> sci Natalino Bavo.<br />
A lui vanno il rispetto, il<br />
ringraziamento e l’affetto <strong>di</strong><br />
un’intera Provincia che si sente<br />
orgogliosa <strong>di</strong> avergli dato i<br />
natali.<br />
Auguri, continua così per tanti<br />
tanti anni ancora e speriamo<br />
che tu sia da esempio per molti<br />
altri atleti.<br />
54 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 55
In Valle<br />
Il viaggio<br />
A giugno la Pinina, partita<br />
da Colico, era sulla strada per<br />
Teggiate. Si era fermata come<br />
<strong>di</strong> consueto a Chiavenna. Nella<br />
merceria della Prima aveva<br />
comperato varie cose che le<br />
sarebbero servite. Stava già<br />
per uscire dal piccolo negozio<br />
quando i sui occhi caddero su<br />
una matassa bianca. “La seta”,<br />
sospirò. Dopo un rapido calcolo<br />
su ciò che le restava nel<br />
borsellino:“la compero”, <strong>di</strong>sse.<br />
In un sussulto <strong>di</strong> gioia, quando<br />
uscì dal negozio, pensava<br />
che avrebbe potuto ricamare<br />
lo scialletto da mettere<br />
incrociato sul corpino. E ne<br />
avanzava anche per la frangia.<br />
Una bella frangia, annodata<br />
a intreccio, come lei sapeva<br />
fare. Lenta si avviò verso il<br />
carro dove il Gos (Agostino),<br />
suo marito, l’aspettava. Salì,<br />
si sedette sull’asse, accanto<br />
all’uomo e non <strong>di</strong>sse una<br />
I racconti <strong>di</strong> Elena Fattarelli<br />
parola. Sorrise lievemente,<br />
pensando al bell’ornamento<br />
e poi guardò la strada e fu<br />
presa da tutti i problemi<br />
del momento. Incominciò la<br />
“muntada” (salita) <strong>di</strong> Bette.<br />
L’andatura del cavallo rallentò,<br />
ma non era niente in confronto<br />
a quello che sarebbe capitato<br />
sui “crang”. Là suo marito<br />
sarebbe sceso, per risparmiare<br />
fatica all’animale. In certi<br />
punti sarebbe scesa anche lei.<br />
Non erano ancora giunti alla<br />
Madonna <strong>di</strong> Gallivaggio, quando<br />
sentirono qualcuno gridare:<br />
“Sü, sü, asasìn, sü” (alzati,<br />
alzati, assassino, alzati).<br />
Si fermarono. Sul tornante<br />
superiore videro un carro<br />
stracolmo, fermo. Il cavallo era<br />
inginocchiato. Il suo padrone<br />
lo strattonava, lo tirava, lo<br />
supplicava per farlo rialzare.<br />
La povera bestia muoveva il<br />
collo, oscillava il capo, ma<br />
non riusciva ad alzarsi. “E’ il<br />
Gusto; ha caricato troppo”,<br />
<strong>di</strong>sse il Gos. Intanto che erano<br />
lì fermi a considerare la scena,<br />
l’uomo si raddrizzò; con due<br />
<strong>di</strong>ta rimise a posto il logoro<br />
cappello. Poi lentamente sfilò<br />
dalla tasca il borsellino. Lo<br />
aprì con circospezione e ne<br />
tolse un piccolo biglietto da<br />
... (una lira, forse). L’accarezzò<br />
per lisciarlo. Poi l’alzò e<br />
solennemente promise “l’è per<br />
la Madona de l’alp, s’el caval el<br />
56 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 57
va ineenz” (e’ per la Madonna<br />
<strong>di</strong> Gallivaggio se il cavallo<br />
andrà avanti). L’animale, forse<br />
intuendo che il suo padrone si<br />
era acquietato, forse perché<br />
lasciato un po’ in pace, riuscì a<br />
mettersi in pie<strong>di</strong>. Lentamente<br />
fece qualche passo. Il<br />
Gusto, prima incredulo, poi<br />
nuovamente in preda all’ira,<br />
prese il cavallo per la cavezza,<br />
gli sventolò sotto il naso il<br />
povero biglietto sdrucito e<br />
urlò: “To’, brütt ügiulun de<br />
San Casèn, te fee bri ‘n pass, u<br />
te se paghièd” (Tieni! Brutto<br />
occhiolone <strong>di</strong> San Cassiano,<br />
non fai un passo se non vieni<br />
pagato). I due silenziosi<br />
testimoni si guardarono<br />
sorpresi e poi cominciarono<br />
a ridere. Anch’essi presero il<br />
loro cavallo per la cavezza,<br />
raggiunsero il loro conoscente,<br />
lo rianimarono e assieme risero<br />
ancora. Lo sconforto del Gusto<br />
scomparve. Giunto alla chiesa,<br />
si affrettò a mettere nella<br />
bussola <strong>di</strong> pietra la sua lira<br />
miracolosa. Anche la Madonna<br />
dell’Alpe avrà sorriso a veder<br />
la sua povera gente, un po’<br />
<strong>di</strong>sperata, un po’ fiduciosa.<br />
Certamente l’avrà guardata<br />
con misericor<strong>di</strong>a. La donna<br />
si fece il segno della croce e<br />
iniziò: “Ave Maria...” “Santa<br />
Maria mater Dei...” risposero<br />
gli uomini. Intanto il buio si<br />
era fatto intenso. I cavalli<br />
andavano con il capo chino,<br />
seguendo il bianco della strada.<br />
Quando giunsero in vista <strong>di</strong><br />
Campodolcino, la donna era<br />
stanca. L’unico sollievo era<br />
quella matassa <strong>di</strong> seta. Il<br />
sogno dello scialletto ricamato,<br />
con la frangia, la sosteneva.<br />
I viandanti si sarebbero<br />
fermati per la notte. Prima<br />
dell’alba avrebbero ripreso il<br />
cammino. Infatti, appena la<br />
prima luce scolorì il cielo, la<br />
Pinina, infreddolita, prese<br />
posto accanto al marito sul<br />
carro, che si avviò, lentamente,<br />
sulle ruote cigolanti. La<br />
donna avvertiva una certa<br />
apprensione. Era la prima<br />
volta che si avviava verso la<br />
baita del marito. Le nozze<br />
erano avvenute a gennaio.<br />
Ora aveva cambiato la zona <strong>di</strong><br />
transumanza estiva. Non più<br />
Madesimo e gli Andossi, ma<br />
Teggiate.<br />
Il vitello ferito<br />
Un mattino la Pinina aprì<br />
la porta e guardò la valle:<br />
i torrenti scendevano dalle<br />
montagne <strong>di</strong> fronte con un<br />
mormorio uguale. Le vette<br />
erano <strong>di</strong>segnate nel cielo<br />
immobile. Neanche un nube.<br />
La donna chiamò il Tino, il<br />
pastorello, perché venisse a<br />
mangiare lo “scotamüs” (latte<br />
bollente con la polenta del<br />
giorno prima) e si affrettasse<br />
poi a portare le mucche<br />
sull’alpe. Venne <strong>di</strong> corsa il<br />
ragazzetto, tutto contento.<br />
Intanto chiamava le mucche:<br />
“too, Chièrina! Too, Lena! Too,<br />
Fula!” e i vitelli, soprattutto<br />
il Güs (guscio), così svelto<br />
e leggero, sempre fuori dal<br />
gruppo. Il pastore, col suo<br />
bastone lisciato si avviò verso<br />
il pen<strong>di</strong>o, attento e rapido.<br />
Fischiettava felice. Gli piaceva<br />
stare lì sull’alpe. La Pinina era<br />
buona, allegra: un po’ sorella,<br />
un po’ mamma. Lo lasciava<br />
riposare, gli dava da mangiare<br />
finché ne voleva. Beninteso,<br />
non doveva sciupare niente.<br />
Doveva <strong>di</strong>re le preghiere sera e<br />
mattina. Per il resto era libero<br />
<strong>di</strong> ridere e scherzare. Non era<br />
così in tutte le case. Lui aveva<br />
nostalgia della sua famiglia,<br />
ma a Teggiate si trovava bene.<br />
Quel mattino era allegro,<br />
sentiva la forza della montagna<br />
nelle gambe. Poteva correre,<br />
superare la mandria, tornare<br />
in<strong>di</strong>etro e superarla <strong>di</strong> nuovo,<br />
sul pen<strong>di</strong>o ripido, senza il<br />
minimo sforzo. Aveva le gambe<br />
<strong>di</strong> elastico. Così <strong>di</strong>cevano<br />
<strong>di</strong> lui. “Oggi vado sopra i<br />
Cascestri” <strong>di</strong>sse. Chiamò ad una<br />
ad una le sue bestie: “si va in<br />
alto, dove l’erba è più bella”,<br />
le informava. I campanacci<br />
oscillavano veloci, i rintocchi<br />
si spandevano nella valle e<br />
l’eco lontana rispondeva. Su,<br />
su, tutto il dosso era fiorito.<br />
Il ragazzo girò la cengia. Su<br />
ancora. Poi si sdraiò a guardare<br />
il cielo, mentre le mucche<br />
brucavano sod<strong>di</strong>sfatte. Vide<br />
una nube bianca che passava<br />
veloce sopra i suoi occhi.<br />
“Schiuma <strong>di</strong> latte” <strong>di</strong>sse. Ed<br />
ebbe sete. Intanto sentiva il<br />
richiamo degli altri pastorelli.<br />
Li vedeva più in basso, e li<br />
raggiunse. Incominciarono a<br />
<strong>di</strong>scutere per preparare il gioco<br />
della “zòca”. Si <strong>di</strong>vertirono per<br />
un buon tempo.<br />
Nelle pagine precedenti: «barech»<br />
sugli Andossi e il monti Legnone e<br />
Berlinghera dalla Valle Spluga.<br />
Nella pagina a fronte: la Valle<br />
Spluga, sullo sfondo il Legnone e a<br />
destra il Pizzo Quadro.<br />
A fianco: rododendri sullo sfondo<br />
del Suretta.<br />
Sopra: al pascolo nei pressi della<br />
<strong>di</strong>ga <strong>di</strong> Montespluga.<br />
58 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 59
Quando le mucche si<br />
sdraiarono, i ragazzi scesero<br />
<strong>di</strong> corsa verso le baite, per<br />
consumare il pasto. Non<br />
vedevano neanche i dossi, non<br />
erano intimi<strong>di</strong>ti da nessun<br />
pen<strong>di</strong>o, da nessuna sporgenza<br />
rocciosa. Il Tino, sudato, entrò<br />
nella baita, si sedette sulla<br />
panca, intanto che la Pinina<br />
gli dava la scodella. Con la<br />
fame <strong>di</strong> chi vuol saziarsi in un<br />
boccone, mangiò la polenta col<br />
formaggio. Poi un altro pezzo,<br />
e un altro ancora. Alla fine<br />
mangiò quel che restava. Era<br />
pronto, già sulla porta, vigile<br />
al richiamo dei compagni.<br />
Ora insieme salivano lenti,<br />
si giravano, parlavano <strong>di</strong> chi<br />
era appena arrivato dal piano,<br />
<strong>di</strong> quel che avevano u<strong>di</strong>to.<br />
Il pomeriggio passò uguale<br />
agli altri. Ma quando fu l’ora<br />
<strong>di</strong> radunare gli armenti, per<br />
scendere, il Tino ebbe un tuffo<br />
al cuore. Mancava il Güs. Lo<br />
chiamò e lo richiamò con la<br />
mano alla bocca per dare più<br />
forza alla voce. Salì sui dossi<br />
interni e su quelli esterni.<br />
Anche i compagni, coinvolti<br />
nella ricerca, intuirono la<br />
sua pena. Il Güs mancava. Il<br />
Tino affidò le sue mucche agli<br />
amici e corse sulla cengia.<br />
Non respirava neanche, tanto<br />
intensa era la sua ansia. Guardò<br />
giù. Niente. Guardò tra una<br />
roccia rotta e una scarpata: il<br />
Güs era lì. Sollevava la testa,<br />
ma era immobile. “Oh Güs,<br />
Güsìn” supplicava il ragazzo,<br />
“cos’hai fatto? Vieni!” Il Vitello<br />
era lì, gli occhi umi<strong>di</strong>, velati.<br />
A fatica il ragazzo scese la<br />
rampa. Guardò la bestia, la<br />
toccò e vide la ferita: una<br />
lacerazione <strong>di</strong>ritta, dall’anca<br />
al ginocchio. Allora corse giù<br />
fino al sentiero e cominciò a<br />
gridare aiuto. Corsero quelli<br />
delle baite vicine, lì ai Casìn.<br />
Arrivarono prima le donne,<br />
poi due uomini. Uno, deciso,<br />
andò a prendere il carro. Quin<strong>di</strong><br />
staccò una sponda: sarebbe<br />
servita da barella. Bisognava<br />
far arrivare il vitello sul<br />
sentiero, ai pie<strong>di</strong> della cengia.<br />
Il Tino piangendo andò ad<br />
avvertire la Pinina. La incontrò<br />
poco sotto. Aveva già sentito<br />
dagli altri ragazzi l’accaduto.<br />
Non conosceva i particolari.<br />
Le donne la incoraggiavano,<br />
gli uomini la rassicuravano: la<br />
ferita non era grave, il vitello<br />
non era da macellare. Nel modo<br />
ingegnoso dei montanari, con<br />
l’aiuto <strong>di</strong> tutti, la bestia venne<br />
caricata sulla barella e portata<br />
al carro. E poi giù fino alla<br />
baita della Pinina. Il Güs venne<br />
messo su una lettiera fresca.<br />
Si pulì la ferita con degli<br />
asciugamani intinti nell’acqua<br />
fresca e ben ritorti. Si <strong>di</strong>ede<br />
da bere al vitello, da bere<br />
quello che le donne sapevano<br />
preparare sia per le bestie<br />
sia per i cristiani. La Pinina,<br />
intanto, con decisione, attuò<br />
il suo piano. Prese un lungo<br />
ago, la lesina e la sua bella<br />
matassa <strong>di</strong> seta bianca, quella<br />
per la frangia dello scialle della<br />
festa. Si inginocchiò vicino<br />
al vitello, chiamò il Tino e gli<br />
chiese <strong>di</strong> portare dell’acqua<br />
pulita, gli asciugamani e tutto<br />
l’aceto. Decisa, <strong>di</strong>sinfettò<br />
la ferita e incominciò ad<br />
accostare i lembi <strong>di</strong> pelle,<br />
con precisione, vicini. Con la<br />
lesina bucava la forte cote e<br />
poi introduceva l’ago e col filo<br />
<strong>di</strong> seta cuciva, un punto <strong>di</strong>etro<br />
l’altro. Il vitello immobile. Gli<br />
occhi velati, sembrava capire<br />
Sopra: la chiesetta <strong>di</strong> Teggiate.<br />
A fianco: il Ferrè dagli Andossi.<br />
che lo volessero aiutare. Non<br />
un gemito, non una mossa.<br />
La Pinina andava avanti nel<br />
suo lavoro, mentre il sudore<br />
la avvertiva della fatica e<br />
dell’ansia. I vicini, senza<br />
far rumore, si erano messi<br />
intorno, per vedere e restavano<br />
meravigliati per l’energia della<br />
giovane, e per la mansuetu<strong>di</strong>ne<br />
del vitello. Alla fine espressero<br />
la loro approvazione e nella<br />
voce c’era la gioia <strong>di</strong> chi<br />
ha vinto un pericolo, una<br />
minaccia. Era la vittoria<br />
<strong>di</strong> tutti. Tutti si sentivano<br />
partecipi <strong>di</strong> quella riuscita.<br />
“Brava Pinina, bravo Güsin”.<br />
Così era la solidarietà nelle<br />
case sulla montagna: il male e<br />
il bene <strong>di</strong> uno, lo era <strong>di</strong> tutti. Il<br />
vitello guarì e la vita continuò.<br />
Ps: i fatti narrati risalgono alla<br />
seconda metà del XIX secolo e<br />
sono stati tramandati in famiglia<br />
fino a noi.<br />
60 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 61
Nel più che fitto elenco <strong>di</strong> gare <strong>di</strong> sci, ciaspolate e rally sci alpinistici<br />
organizzati durante l’inverno, <strong>di</strong> camminate, cronoscalate, skyraces,<br />
biciclettate, feste d’alpe, raduni degli alpini che hanno<br />
caratterizzato la stagione estiva, segnaliamo alcuni eventi che ci<br />
sembrano meritevoli <strong>di</strong> attenzione.<br />
GENNAIO<br />
L’orso della Valmasino<br />
Il plantigrado segnalato lo scorso autunno in Valmasino non è, come<br />
ipotizzato, JJ5, la cui presenza, come hanno confermato i responsabili<br />
del Parco Adamello-Brenta, è invece documentata come continua<br />
in quell’area da circa sei mesi. L’orso avvistato in Valmasino, in Val<br />
Bregaglia e in Alta Val Brembana è, quin<strong>di</strong>, un nuovo esemplare <strong>di</strong><br />
cui si cerca <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare la provenienza. La domanda è: dove sta<br />
svernando, dal momento che <strong>di</strong> lui si è persa ogni traccia?<br />
Nuove regole per i rifugi<br />
Tre milioni <strong>di</strong> euro da qui al 2012 e cinque anni <strong>di</strong> tempo per<br />
adeguarsi alle nuove regole: i 150 rifui alpini della Lombar<strong>di</strong>a hanno<br />
il nuovo regolamento che rende operativa la legge approvata l’anno<br />
scorso (ve<strong>di</strong> Annuario 2009). Verranno privilegiati i rifugi che<br />
svolgeranno un servizio utile per il territorio montano. Per ottenere<br />
gli aiuti regionali, i rifugi dovranno essere iscritti all’albo e saranno<br />
<strong>di</strong>stinti in “alpini” (oltre 1000 m <strong>di</strong> quota, non raggiungibili in<br />
auto) ed “escursionistici” (oltre i 700 m e raggiunti da strade). E’<br />
raccomandato che ogni rifugista segua ogni due anni un corso <strong>di</strong><br />
primo soccorso.<br />
FEBBRAIO<br />
Nuova <strong>di</strong>sgrazia sul<br />
Monte Olano<br />
E’ morta la ventottenne francese<br />
travolta da una valanga il giorno<br />
21 sulle pen<strong>di</strong>ci del Monte Olano<br />
in Valgerola. La sci alpinista stava<br />
effettuando un’escursione con il<br />
marito quando, a causa <strong>di</strong> un errore<br />
<strong>di</strong> valutazione nella scelta della<br />
traccia <strong>di</strong> <strong>di</strong>scesa, si è avventurata<br />
su un pen<strong>di</strong>o dal quale si è staccata<br />
una massa <strong>di</strong> neve che l’ha investita.<br />
Trasportata al San Raffaele <strong>di</strong><br />
Milano, le sue con<strong>di</strong>zioni sono<br />
andate via via peggiorando fino al<br />
decesso.<br />
Si è spenta Vera Cenini<br />
Alla fine del mese si è spenta Vera<br />
Cenini, la “Signora della Valmasino”.<br />
Nel 1956 aveva assunto la <strong>di</strong>rezione<br />
dell’Albergo Bagni Masino che da<br />
quel momento <strong>di</strong>ventò il cuore e<br />
la centrale operativa del Soccorso<br />
Alpino della valle. Da questa<br />
posizione strategica coor<strong>di</strong>nò fino<br />
al 1991 le operazioni riguardanti<br />
i fatti più drammatici della storia<br />
alpinistica del Masino-Bregaglia.<br />
Aveva conosciuto tutti i gran<strong>di</strong><br />
alpinisti che hanno reso celebri<br />
queste montagne e con essi aveva<br />
intessuto rapporti <strong>di</strong> collaborazione<br />
e <strong>di</strong> amicizia. “La montagna mi<br />
ha sempre dato molto, – <strong>di</strong>ceva<br />
sempre – ho arrampicato, ma chi<br />
ama la montagna la frequenta<br />
in<strong>di</strong>pendentemente dal primo,<br />
secondo o terzo grado”. Nel 1972 le<br />
venne de<strong>di</strong>cata la “Via Vera” sulla<br />
pasrete Sud-Est del Ba<strong>di</strong>le da parte<br />
degli alpinisti C. Corti e C. Gilar<strong>di</strong>.<br />
Regolamentare la<br />
frequentazione della<br />
montagna?<br />
Le <strong>di</strong>sgrazie sull’arco alpino, con<br />
9 morti travolti da valanga nel<br />
week-end dal 6 all’8 febbraio,<br />
hanno indotto il Governo a<br />
porre in <strong>di</strong>scussione al Senato<br />
un regolamento per limitare la<br />
frequentazione della montagna.<br />
Netta presa <strong>di</strong> posizione contraria<br />
del C.A.I. tramite il Presidente<br />
generale Annibale Salsa.<br />
La proposta del Governo non<br />
può essere accettabile, perché<br />
la montagna è e deve continuare<br />
ad essere uno spazio <strong>di</strong> libertà e non<br />
<strong>di</strong> coercizione, la cui frequentazione<br />
deve <strong>di</strong>pendere unicamente dal<br />
senso <strong>di</strong> responsabilità dei fruitori.<br />
Contrari anche Reinhold Messner,<br />
per il quale l’iniziativa è una reazione<br />
isterica che rischia <strong>di</strong> uccidere<br />
l’alpinismo, e il Codacons, che<br />
giu<strong>di</strong>ca il provve<strong>di</strong>mento ri<strong>di</strong>colo,<br />
in quanto, in caso <strong>di</strong> incidente,<br />
esistono già il co<strong>di</strong>ce penale e civile.<br />
UN ANNO DI MONTAGNA<br />
Incarico prestigioso<br />
Il 4 marzo, con decreto firmato dal Ministro<br />
dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, Oscar Del<br />
Barba è stato nominato membro del Consiglio<br />
Nazionale per l’Ambiente. Oscar Del Barba,<br />
architetto e urbanista la cui famiglia è originaria<br />
<strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong>, è nato a Lecco nel 1950 e dal 1967<br />
è iscritto al <strong>CAI</strong>. Diplomato all’Ecole Nationale<br />
d’Administration <strong>di</strong> Parigi, ha ricoperto <strong>di</strong>versi<br />
incarichi a livello regionale riguardanti il territorio<br />
e l’ambiente. Dal 2008 è presidente <strong>di</strong> CIPRA, la<br />
Commissione Internazionale per la Protezione<br />
delle Alpi.<br />
MARZO<br />
62 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 63
APRILE<br />
E’ tornato il lupo sulle Orobie<br />
Dopo più <strong>di</strong> 100 anni il lupo pare essere tornato sulle Orobie, più precisamente nel settore<br />
bergamasco Beviso – Barbellino. La conferma arriva dal Dipartimento <strong>di</strong> Biologia animale<br />
dell’Università <strong>di</strong> Pavia sulla base <strong>di</strong> numerosi segni: orme nella neve e nel fango, peli e feci.<br />
Si ipotizza che i primi esemplari siano arrivati dalla Svizzera attraverso la Val <strong>di</strong> Scalve.<br />
Arte e graffiti<br />
Un writer <strong>di</strong> Milano si trova sotto processo con l’accusa <strong>di</strong> aver imbrattato alcuni e<strong>di</strong>fici con<br />
i suoi graffiti. Ne è nata una polemica accesa fra chi afferma che i graffiti sono una forma<br />
d’arte che abbellisce la città e chi, invece, fa appello all’art. 42 della Costituzione che tutela<br />
la proprietà. Chi imbratta e<strong>di</strong>fici pubblici o privati senza alcuna autorizzazione commette una<br />
violazione. Che lo faccia un se<strong>di</strong>cente artista poco importa. Noi siamo d’accordo con questa<br />
tesi. Ma allora non <strong>di</strong>ciamo proprio nulla <strong>di</strong> fronte alle sculture che sono comparse negli<br />
ultimi anni in Valmasino e in Valgerola? Non sono anche queste assimilabili ai graffiti che<br />
imperversano nelle nostre città e nei nostri paesi?<br />
Ri<strong>di</strong>mensionato il parco<br />
eolico a San Marco?<br />
Il progetto del parco eolico del Passo San Marco, deplorato anche sulle pagine del nostro<br />
annuario, sarà con tutta probabilità ri<strong>di</strong>mensionato. Sarà ridotto da 6 a 4 il numero delle pale<br />
e <strong>di</strong>mezzata la loro altezza che non potrà superare i 50 m. Favorevoli al progetto Provincia <strong>di</strong><br />
Sondrio, CM <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong>, Parco delle Orobie valtellinesi e Comuni <strong>di</strong> Albaredo e <strong>di</strong> Bema.<br />
Purtroppo il parere contrario del Parco delle Orobie bergamasche e del C.A.I. <strong>di</strong> Bergamo non<br />
sarà vincolante, perché il parco sorgerà sul territorio della Provincia <strong>di</strong> Sondrio. Per parte<br />
nostra auspichiamo l’annullamento dell’intero progetto.<br />
UN ANNO DI MONTAGNA<br />
Finalmente una notizia gratificante<br />
Non solo brutte notizie. Il giorno 4, Andrea<br />
Perlini, do<strong>di</strong>cenne <strong>di</strong> Talamona affetto da<br />
<strong>di</strong>strofia muscolare, ha potuto salire in cima<br />
al Monte Pisello per assistere alla messa<br />
celebrata in occasione dell’annuale gita<br />
organizzata dalla parrocchia <strong>di</strong> Talamona.<br />
L’evento è stato possibile grazie all’impiego<br />
della speciale carrozzina “joelette”, stu<strong>di</strong>ata<br />
appositamente per il trasporto <strong>di</strong> persone<br />
<strong>di</strong>sabili in montagna, e il gruppo <strong>di</strong> volontari<br />
che si sono dati il cambio lungo il tragitto.<br />
MAGGIO<br />
Melloblocco<br />
Si è svolto dal 6 al 9 maggio sui sassi della Valmasino l’annuale appuntamento Melloblocco, una<br />
delle più rinomate manifestazioni <strong>di</strong> bouldering a livello internazionale. Oltre 2500 i partecipanti.<br />
Fitto anche il programma <strong>di</strong> incontri, conferenze, proiezioni, musica e degustazioni che hanno<br />
affiancato l’evento.<br />
GIUGNO<br />
Recupero in parete<br />
Alla fine del mese sono stati recuperati<br />
due alpinisti rimasti bloccarti sulla parete<br />
del “Pè sgunfi”, lungo la via “Scubidù”, in<br />
Valmasino. L’allarme era stato lanciato la sera<br />
precedente il recupero quando, i due, raggiunti<br />
dall’oscurità e non attrezzati a bivaccare in<br />
parete, hanno deciso <strong>di</strong> chiedere aiuto. La<br />
squadra <strong>di</strong> soccorso non ha potuto utilizzare<br />
l’elicottero a causa dell’oscurità e ha dovuto<br />
operare salendo dal basso. L’operazione è<br />
durata tutta notte<br />
LUGLIO<br />
AGOSTO<br />
I funghi continuano ad uccidere<br />
Strage <strong>di</strong> cercatori <strong>di</strong> funghi in tutta la<br />
provincia, ma in particolare in Valgerola<br />
dove , nell’arco <strong>di</strong> 20 giorni, si sono verificati<br />
ben 4 incidenti mortali. I malcapitati, a<br />
quanto sembra tutti conoscitori dei posti,<br />
avventurandosi in luoghi molto scoscesi,<br />
hanno evidentemente sottovalutato i rischi a<br />
cui andavano incontro.<br />
64 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 65
SETTEMBRE<br />
Sparito un cippo storico<br />
Dalla cresta che separa la Val Bian<strong>di</strong>no, in territorio lecchese, dalla bergamasca Val<br />
Torta, è scomparso lo storico cippo posato lassù nel 1770 per in<strong>di</strong>care il confine fra il<br />
Ducato <strong>di</strong> Milano e la Repubblica <strong>di</strong> Venezia. Già lo scorso anno era stato trafugato, ma<br />
il cimelio storico era stato ritrovato nei pressi del Rifugio Santa Rita.<br />
OTTOBRE<br />
Di nuovo l’orso<br />
Ricordate? In gennaio ci eravamo chiesti dove fosse finito l’orso avvistato l’autunno scorso in Valmasino.<br />
Ebbene, ci sono nuove segnalazioni. A metà settembre orme del plantigrado, al vaglio della polizia provinciale,<br />
sono state fotografate sulla Piana <strong>di</strong> Predarossa. In precedenza tracce dell’animale erano state scoperte ai Prati<br />
Aragno, nelle vicinanze <strong>di</strong> Mello, in aprile, quin<strong>di</strong> a Dubino e, in maggio, nella valle del torrente Maroggia. Ora la<br />
conferma definitiva: una foto-trappola agli infrarossi ha immortalato l’animale in Val Torreggio, a circa 2000 m<br />
nella zona <strong>di</strong> Arcoglio.<br />
Parco eolico a San Marco, da Roma il no definitivo<br />
Il progetto <strong>di</strong> parco eolico che avrebbe dovuto sorgere al Passo San Marco, pur nella versione ri<strong>di</strong>mensionata<br />
(ve<strong>di</strong> Aprile), è stato bocciato definitivamente dal Consiglio dei Ministri che ha con<strong>di</strong>viso i <strong>di</strong>ssensi emersi<br />
in sede <strong>di</strong> Conferenza dei servizi. Ricor<strong>di</strong>amo che il progetto, sostenuto dai Comuni <strong>di</strong> Albaredo e Bema, dalla<br />
CM <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong> e dal Parco delle Orobie valtellinesi, aveva fatto registrare il parere negativo della Provincia <strong>di</strong><br />
Sondrio, del Parco delle Orobie bergamasche e della Regione Lombar<strong>di</strong>a. Finalmente una buona notizia per il<br />
nostro martoriato territorio.<br />
UN ANNO DI MONTAGNA<br />
DICEMBRE<br />
PAROLE SANTE<br />
Gian Antonio Stella, autore con Sergio Rizzo del fortunato best-seller “La casta”, così scrive<br />
sul Corriere della Sera del 22 luglio <strong>2010</strong>, a conclusione <strong>di</strong> un lungo articolo su fatti e<br />
misfatti delle Comunità montane:<br />
“Vogliamo <strong>di</strong>rlo? La verità è che la montagna e i montanari, le loro asprezze, i loro<br />
silenzi, i loro boschi, i loro valori, sono fuori moda. Sempre più estranei a una società<br />
caciarona, edonista, tele<strong>di</strong>pendente, <strong>di</strong>scotecara, grandefratellistica. Dove tutto deve<br />
essere “facile”. Tutto apparenza. Tutto consumato in fretta. Tutto messo a nudo sulle<br />
spiagge. Sulle barche. Sulle copertine dei giornali popolari. Alcide De Gasperi, Sandro<br />
Pertini, Francesco Cossiga, Karol Wojtyla andavano in vacanza in montagna. Tra le<br />
vette. L’avete mai vista una foto <strong>di</strong> Silvio Berlusconi in montagna? E <strong>di</strong> Gianfranco Fini?<br />
E <strong>di</strong> tutti gli altri, salvo eccezioni? Od<strong>di</strong>o, il maglione <strong>di</strong> lana!!!”<br />
Mistero a Predarossa<br />
Il ghiacciaio <strong>di</strong> Predarossa ha restituito<br />
nei mesi scorsi uno spezzone <strong>di</strong> roccia<br />
recante incisa una data incompleta:<br />
(dal) 10 al 28 (ag)osto 188(?). A cosa<br />
si riferisce? Quale avvenimento voleva<br />
ricordare? E’ <strong>di</strong>fficile azzardare ipotesi. In<br />
attesa <strong>di</strong> nuovi ritrovamenti chiarificatori<br />
(non sono esclusi in questi anni <strong>di</strong><br />
ritiro dei ghiacciai), accontentiamoci <strong>di</strong><br />
visionare il reperto conservato presso il<br />
rifugio Ponti.<br />
66 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 67
A CHISCIO<br />
CANEVA<br />
Il 17 <strong>di</strong>cembre ci ha lasciati Chiscio Caneva, presidente<br />
del C.A.I. <strong>Morbegno</strong> dal 1978 al 1988. E’ stato una figura<br />
<strong>di</strong> spicco dell’alpinismo valtellinese, con un curriculum<br />
lunghissimo <strong>di</strong> scalate sulle montagne non solo <strong>di</strong><br />
casa, nel gruppo del Masino e sulle Orobie, ma anche<br />
sulle Dolomiti e, fuori d’Italia, in Perù, in Patagonia e<br />
nel massiccio dell’Hoggar. Noi lo vogliamo ricordare<br />
attraverso una testimonianza.<br />
Caro Chiscio,<br />
ti ho conosciuto trentacinque<br />
anni fa, nel 1975, in occasione<br />
dell’assemblea annuale del<br />
C.A.I. <strong>Morbegno</strong>. Io, neofita,<br />
partecipavo per la prima volta<br />
ad una riunione del sodalizio,<br />
tu, seduto dall’altra parte<br />
del tavolo, eri un alpinista<br />
affermato, con alle spalle<br />
un’attività importante sulle<br />
pareti del Masino, delle Orobie<br />
e delle Dolomiti e da pochi<br />
mesi eri rientrato da una<br />
spe<strong>di</strong>zione extraeuropea nelle<br />
Ande peruviane, conclusasi con<br />
successo.<br />
In quella circostanza, con il<br />
tuo compagno <strong>di</strong> cordata Carlo<br />
Milani, stavi presentando ai<br />
soci il progetto <strong>di</strong> portare<br />
nelle scuole citta<strong>di</strong>ne, me<strong>di</strong>e<br />
e superiori, la narrazione e le<br />
immagini <strong>di</strong> quell’avventura<br />
in terre lontane. La tua idea<br />
era quella <strong>di</strong> non lasciare che<br />
un’esperienza così bella e<br />
positiva rimanesse un episo<strong>di</strong>o<br />
fine a se stesso, circoscritto<br />
ai soli specialisti, ma, al<br />
contrario, che <strong>di</strong>ventasse<br />
un veicolo costruttivo <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>vulgazione. E illustravi il tuo<br />
piano con la passione e con<br />
la capacità <strong>di</strong> coinvolgimento<br />
che ti erano caratteristiche,<br />
spiegando quanto fosse<br />
importante, in una citta<strong>di</strong>na<br />
alpina come <strong>Morbegno</strong>,<br />
avvicinare i giovani e far capire<br />
loro come l’alpinismo, ma anche<br />
il semplice escursionismo e, più<br />
in generale, il mondo alpino<br />
potessero essere fonte <strong>di</strong><br />
piacere sano e stimolo per una<br />
crescita personale.<br />
Ti devo <strong>di</strong>re che non ci hai<br />
messo molto a convincermi,<br />
con quel tuo parlare fluido,<br />
reso più accattivante dalla<br />
tua inconfon<strong>di</strong>bile “erre”,<br />
ed è così che è iniziata la<br />
nostra collaborazione nel<br />
Gruppo giovanile del C.A.I.<br />
<strong>Morbegno</strong>, del quale tu sei<br />
stato instancabile animatore,<br />
giovane fra i giovani grazie al<br />
tuo spirito esuberante. Quel<br />
ciclo <strong>di</strong> incontri a scuola e<br />
<strong>di</strong> escursioni in montagna è<br />
durato solo quattro anni, ma<br />
ha lasciato il segno, perché<br />
molti <strong>di</strong> quei ragazzi sono oggi<br />
i rappresentanti <strong>di</strong> una nuova<br />
generazione <strong>di</strong> alpinisti e <strong>di</strong> sci<br />
68 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 69
alpinisti, alcuni dei quali sono<br />
<strong>di</strong>ventati a loro volta istruttori<br />
<strong>di</strong> montagna e punti <strong>di</strong><br />
riferimento per chi verrà dopo<br />
<strong>di</strong> loro. Come tu avevi intuito<br />
ed auspicato.<br />
Negli anni successivi ho avuto<br />
modo <strong>di</strong> conoscerti meglio<br />
e <strong>di</strong> stimarti non solo come<br />
uomo <strong>di</strong> montagna, ma anche<br />
come persona. Oltre alle tue<br />
doti <strong>di</strong> comunicatore, ho<br />
potuto apprezzare il tuo innato<br />
ottimismo che ti rendeva<br />
pacato e rassicurante anche<br />
nei momenti più <strong>di</strong>fficili, unito<br />
alla generosità con cui ti<br />
de<strong>di</strong>cavi alla vita della sezione,<br />
della quale eri, nel frattempo,<br />
<strong>di</strong>ventato presidente. Eri un<br />
vulcano <strong>di</strong> idee che perseguivi<br />
poi con determinazione e che<br />
riuscivi sempre a concretizzare.<br />
Devo riconoscere che gli anni<br />
nei quali ci siamo frequentati<br />
sono stati per me molto intensi<br />
e li ricordo con particolare<br />
piacere. Di questo ti sono<br />
grato. Poi il tempo e gli eventi<br />
hanno allontanato le nostre<br />
strade e i nostri rapporti<br />
si sono <strong>di</strong>radati. Quando ci<br />
trovavamo, però, eri il Chiscio<br />
<strong>di</strong> sempre. Anche l’ultima<br />
volta che ci siamo visti, in<br />
ottobre, quando con Giovanni<br />
ti ho incontrato ai giar<strong>di</strong>ni<br />
sotto casa, non hai smentito<br />
te stesso. Pur consapevole<br />
delle tue con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> salute<br />
oramai irrime<strong>di</strong>abilmente<br />
compromesse, hai abbracciato<br />
entrambi e ci hai avvolto con<br />
la tua giovialità, riuscendo,<br />
con il tuo ottimismo e con la<br />
tua forza d’animo, a rendere<br />
leggera una conversazione che<br />
avrebbe potuto essere oppressa<br />
da una cappa pesante fatta <strong>di</strong><br />
molti silenzi allusivi. Non c’è<br />
che <strong>di</strong>re, un’altra <strong>di</strong>mostrazione<br />
<strong>di</strong> com’eri fatto.<br />
Caro Chiscio, per ciò che<br />
sei stato e per quanto hai<br />
fatto voglio esprimerti il<br />
mio ringraziamento sincero,<br />
sicuro <strong>di</strong> interpretare anche<br />
il pensiero dei tanti amici del<br />
Club Alpino Italiano.<br />
Riccardo<br />
Giuseppe “Chiscio” Caneva nasce a <strong>Morbegno</strong> l’11 maggio<br />
1933 e, ancora giovanissimo, nell’imme<strong>di</strong>ato dopoguerra,<br />
inizia a frequentare la montagna e a compiere le prime<br />
timide scalate. La sua passione lo porta nello spazio <strong>di</strong><br />
trentacinque anni <strong>di</strong> alpinismo a compiere oltre 1300<br />
scalate su tutto l’arco alpino. Chiscio si cimenta ai massimi<br />
livelli con tutte le specialità dell’alpinismo: l’arrampicata<br />
classica, le ascensioni invernali e le salite solitarie e,<br />
dal 1975, partecipa a tre spe<strong>di</strong>zioni extraeuropee. La<br />
spe<strong>di</strong>zione “Città <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong>” nelle Ande peruviane<br />
con la conquista del Puscanturpa, quella in Patagonia con<br />
i ripetuti assalti al Fitz Roy e quella in Algeria nel gruppo<br />
dell’Hoggar sono le imprese più significative realizzate al <strong>di</strong><br />
fuori delle montagne <strong>di</strong> casa.<br />
Se l’attività alpinistica <strong>di</strong> Giuseppe Caneva è stata<br />
importante dal punto <strong>di</strong> vista sportivo, <strong>di</strong> pari rilevanza è<br />
stato il suo impegno in ambito sociale: dal 1978 al 1988 ha<br />
ricoperto la carica <strong>di</strong> Presidente della sezione morbegnese<br />
del C.A.I., dal 1961 al 1973 ha collaborato come istruttore<br />
alla Scuola <strong>di</strong> Alpinismo “Luigi Bombar<strong>di</strong>eri” <strong>di</strong> Sondrio<br />
e dal 1961 ha fatto parte come volontario del Corpo<br />
Nazionale <strong>di</strong> Soccorso Alpino della provincia <strong>di</strong> Sondrio.<br />
Nel palmares <strong>di</strong> Chiscio<br />
11 ottobre 1952<br />
Prima salita della parete Nord Est del<br />
Pizzo Varrone in Valgerola, con<br />
Luigi Bongio.<br />
26 luglio 1966<br />
Prima salita della parete Est della<br />
Cima <strong>di</strong> Pescegallo in Valgerola, con<br />
Giorgio Bertarelli.<br />
6 gennaio 1968<br />
Prima salita e prima invernale della<br />
parete Nord dei Denti della Vecchia<br />
in Valgerola, con Ezio Angelini.<br />
27-28 <strong>di</strong>cembre 1970<br />
Prima invernale della Via Bonatti<br />
sulla Punta Fiorelli in Valmasino,<br />
con Giorgio Bertarelli.<br />
13 agosto 1971<br />
Prima solitaria della Via Bonatti sulla<br />
Punta Fiorelli in Valmasino.<br />
10 agosto 1972<br />
Prima solitaria della parete Nord<br />
Ovest del Pizzo Ligoncio in Val<br />
Codera.<br />
29-30 giugno e 1 luglio 1973<br />
Prima ripetizione della Via Bianchi-<br />
Nardella-Robecchi sulla parete Sud<br />
del Cavalcorto in Valmasino, con<br />
Carlo Milani.<br />
5 agosto 1973<br />
Salita in solitaria della parete Nord<br />
Est del Pizzo Ba<strong>di</strong>le in Val Bondasca.<br />
6 settembre 1976<br />
Prima salita della parete Ovest della<br />
Punta Virgilio in Valmasino, con<br />
Carlo Milani.<br />
Nel 2002 Chiscio ha pubblicato le<br />
sue memorie alpinistiche nel volume<br />
“Cartoline dalla montagna”.<br />
70 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 71
SOLO<br />
SULLA NORD EST DEL BADILE<br />
Il 5 agosto 1973 Chiscio Caneva effettua la terza<br />
delle sue ascensioni solitarie sui monti del Màsino.<br />
Dopo la via Vinci sulla Nord del Ligoncio e la via<br />
Bonatti sulla Punta Fiorelli, è la volta della via<br />
Cassin sulla Nord Est del Ba<strong>di</strong>le.<br />
Ecco la relazione autografa<br />
inviata al C.A.I. <strong>Morbegno</strong>,<br />
sua sezione <strong>di</strong> appartenenza.<br />
Il 4 agosto 1973, sabato mattina<br />
<strong>di</strong> buon’ora mi trovo ai Bagni<br />
Masino. Sono solo, ho con me il<br />
mio zaino e voglio raggiungere il<br />
rifugio Gianetti.<br />
E’ il mio primo obbiettivo, ma<br />
il mio pensiero non si ferma lì,<br />
va oltre, al giorno successivo<br />
quando, una volta risalito il<br />
Pizzo Ba<strong>di</strong>le per la via normale e<br />
<strong>di</strong>sceso lo spigolo Nord mi troverò<br />
faccia a faccia con la Nord Est.<br />
E’ questo infatti il mio<br />
inten<strong>di</strong>mento, fare in solitaria la<br />
via Cassin. Non è la prima volta<br />
che vado in montagna da solo,<br />
l’anno scorso ho salito la via Vinci<br />
alla parete Nord del Ligoncio e<br />
due anni prima la via Bonatti alla<br />
Nord della Punta Fiorelli, eppure<br />
è come se fosse la prima volta. I<br />
pensieri si accavallano l’un con<br />
l’altro ma conducono tutti a un<br />
punto, a quella immane parete,<br />
fra le più belle delle Alpi, che<br />
dai 3308 metri del Pizzo Ba<strong>di</strong>le<br />
precipita con un salto <strong>di</strong> 900<br />
metri in Val Bondasca. Sono i<br />
soliti pensieri che passano per<br />
la testa <strong>di</strong> ogni alpinista che<br />
si accinge ad effettuare una<br />
ascensione, facile o <strong>di</strong>fficile che<br />
sia.<br />
Giungo al Rifugio Gianetti e<br />
mi concedo una sosta. Non c’è<br />
il custode per cui non reputo<br />
necessario comunicare ai presenti<br />
il mio inten<strong>di</strong>mento anche in<br />
considerazione che a fondo valle<br />
i miei amici sanno cosa voglio<br />
fare e che, se tutto va secondo il<br />
programma, quegli stessi amici<br />
domani li incontrerò sulla vetta<br />
del Ba<strong>di</strong>le.<br />
Questo pensiero mi fa sentire<br />
meno solo, mentre dal Rifugio<br />
Gianetti mi <strong>di</strong>rigo verso il Ba<strong>di</strong>le<br />
che risalgo lungo la via normale<br />
fino alla vetta. Qui ho il piacere<br />
<strong>di</strong> incontrare una persona, un<br />
solitario anche lui. E’ un inglese<br />
e capisco che proprio quel giorno<br />
deve aver effettuato in solitaria<br />
la Nord Est. Ci scambiamo qualche<br />
parola, io in italiano lui in inglese<br />
e anche se io non so l’inglese e<br />
lui non sa l’italiano, ci mettiamo<br />
d’accordo per <strong>di</strong>scendere insieme<br />
lo spigolo Nord.<br />
Vedo subito che è un giovane ben<br />
preparato e grazie a un cor<strong>di</strong>no<br />
<strong>di</strong> 100 metri in suo possesso<br />
la <strong>di</strong>scesa si rivela veloce e in<br />
poco più <strong>di</strong> 2 ore e mezza siamo<br />
alla base dello spigolo. Lungo la<br />
<strong>di</strong>scesa ho modo <strong>di</strong> conoscerlo<br />
72 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 73
meglio e fra l’altro mi fa osservare<br />
che lui non è inglese ma gallese<br />
facendomi omaggio <strong>di</strong> un<br />
<strong>di</strong>stintivo del Galles.<br />
Sono all’attacco dello spigolo<br />
Nord e sono <strong>di</strong> nuovo solo, il<br />
mio compagno inglese è <strong>di</strong>sceso<br />
verso il Sass Furà e io decido <strong>di</strong><br />
effettuare la traversata verso<br />
il centro della parete. Questo<br />
mi permetterà <strong>di</strong> evitare un<br />
lungo giro e <strong>di</strong> portarmi quin<strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>rettamente all’inizio delle prime<br />
grosse <strong>di</strong>fficoltà della parete.<br />
Raggiungo infatti il cosiddetto<br />
“sasso spaccato” e lì decido che<br />
per oggi può bastare. Ho salito<br />
il Ba<strong>di</strong>le per la normale, l’ho<br />
ri<strong>di</strong>sceso per lo spigolo Nord per<br />
cui reputo necessario fermarmi<br />
in questo posto, proprio all’inizio<br />
delle <strong>di</strong>fficoltà, <strong>di</strong>fficoltà che il<br />
mio buon senso suggerisce <strong>di</strong><br />
affrontare il mattino successivo.<br />
Mi accingo quin<strong>di</strong> al bivacco che<br />
preparo con ogni cura, mangio<br />
qualcosa e cerco <strong>di</strong> darmi un<br />
po’ <strong>di</strong> energia con dell’ottimo<br />
vino caldo. Evidentemente il<br />
mio fisico è stanco, la traversata<br />
dalla base dello spigolo Nord al<br />
centro della parete e la salita<br />
fino a dove mi trovo mi aveva<br />
impegnato per un’ora, e questo,<br />
aggiunto a quanto già avevo fatto<br />
precedentemente, ha contribuito<br />
senza dubbio a far sì che io mi<br />
addormentassi tranquillamente.<br />
Sarebbe stato troppo bello se<br />
questo sonno ristoratore fosse<br />
durato fino al mattino, ma come<br />
sempre capita in quasi tutti i<br />
bivacchi, nel mezzo della notte<br />
mi sveglio e non è più possibile<br />
riprendere sonno.<br />
E’ il periodo psicologicamente<br />
più duro, fra l’altro una nebbia<br />
intensa si è levata e sale lungo<br />
la parete verso la cima. Non ho<br />
nessuno a cui rivolgere la parola<br />
ed è umano che i miei pensieri<br />
volino lontano, verso la mia<br />
famiglia, i miei parenti, i miei<br />
amici e verso tutti coloro che<br />
conosco. Ed è solo con enorme<br />
sforzo che riesco a convincermi<br />
che se mi trovo lì è solo perché<br />
io l’ho voluto, e se l’ho voluto<br />
è solo perché sono convinto <strong>di</strong><br />
poter fare quello che ho in animo<br />
<strong>di</strong> fare.<br />
Bene o male passano anche<br />
queste ultime ore della notte.<br />
E’ l’alba del 5 agosto 1973 e<br />
attacco la serie <strong>di</strong> <strong>di</strong>edri che<br />
portano al primo bivacco Cassin.<br />
Tutti i pensieri della notte sono<br />
scomparsi e le <strong>di</strong>fficoltà della<br />
parete mi impegnano totalmente.<br />
Ora è uno solo il mio pensiero<br />
e il mio obbiettivo. Superare la<br />
serie <strong>di</strong> <strong>di</strong>edri, raggiungere il<br />
primo bivacco Cassin, traversare<br />
a sinistra, salire e <strong>di</strong> nuovo<br />
traversare verso il gran <strong>di</strong>edro,<br />
superarlo, superare il tetto,<br />
raggiungere il secondo Cassin,<br />
risalire il caminone, traversare<br />
a sinistra, ri<strong>di</strong>scendere lungo le<br />
doppie, risalire il colatoio finale<br />
per trovarmi finalmente in vetta.<br />
Il tempo non è fra i più ideali,<br />
oltre alla nebbia ci sono anche<br />
dei grossi nuvoloni che non<br />
promettono nulla <strong>di</strong> buono, ma<br />
tuttavia io salgo. Avevo già fatto<br />
due volte in cordata la Nord Est<br />
e questo mi è molto <strong>di</strong> aiuto.<br />
La parete la conosco bene, per<br />
cui la mia salita si rivela sicura<br />
e decisa. Raggiungo il primo<br />
bivacco Cassin, anche il gran<br />
<strong>di</strong>edro è raggiunto e superato.<br />
Vado avanti tranquillo, sento che<br />
la mia terza impegnativa solitaria<br />
è ormai a portata <strong>di</strong> mano quando<br />
raggiungo l’inizio del caminone.<br />
E’ a questo punto che sento delle<br />
voci, è una cordata che si trova<br />
impegnata un poco più avanti<br />
<strong>di</strong> me. Deve aver bivaccato in<br />
parete. “Ora li raggiungo e con<br />
loro salgo fino in vetta” <strong>di</strong>co<br />
fra me. Invece al termine del<br />
caminone sono scomparsi, con<br />
ogni probabilità o sono proseguiti<br />
<strong>di</strong>ritti o hanno tagliato verso<br />
lo spigolo Nord evitando così<br />
l’ultima parte della via Cassin.<br />
Io invece preferisco traversare a<br />
sinistra, verso le doppie che mi<br />
porteranno nel centro del colatoio<br />
finale, preferisco insomma seguire<br />
per intero la via Cassin. E così<br />
faccio infatti, solo che mentre<br />
pensavo che il colatoio finale<br />
poteva essere quello che meno<br />
<strong>di</strong> tutti doveva impegnarmi,<br />
sarà stata la stanchezza o la<br />
presenza <strong>di</strong> un leggero strato <strong>di</strong><br />
neve caduta durante la notte,<br />
è purtroppo in questo tratto<br />
che invece sono costretto ad<br />
impegnarmi maggiormente. Sono<br />
gli ultimi metri e forse perché gli<br />
ultimi, anche i più sofferti.<br />
Dalla vetta giungono voci amiche<br />
che mi chiamano e che mi danno<br />
la forza <strong>di</strong> cui ho bisogno per<br />
raggiungere la cima.<br />
Sono le 10 e mezza del 5 agosto<br />
1973 e ho fatto in solitaria la<br />
Nord Est del Ba<strong>di</strong>le, sono in vetta<br />
e sono felice.<br />
La grande parete è ora sotto <strong>di</strong><br />
me, e anche se il tempo non<br />
è molto buono è per me una<br />
giornata meravigliosa. Riprovo la<br />
stessa gioia, ma sempre nuova, <strong>di</strong><br />
quando ho salito in solitaria la via<br />
Bonatti alla Punta Fiorelli e la via<br />
Vinci alla Nord del Ligoncio.<br />
Erano mesi che avevo questo<br />
obbiettivo e l’ho raggiunto.<br />
Ho affrontato e superato la Nord<br />
Est del Ba<strong>di</strong>le cosciente <strong>di</strong> quello<br />
che mi aspettava e sicuro <strong>di</strong> poter<br />
superare tutte le <strong>di</strong>fficoltà che<br />
man mano mi si presentavano.<br />
Non è stato quin<strong>di</strong> un gesto<br />
sprovveduto, ma ponderato in<br />
ogni dettaglio, dalla preparazione<br />
fisica alla preparazione morale,<br />
elementi in<strong>di</strong>spensabili che<br />
fanno tanto bello e meraviglioso<br />
l’andare in montagna.<br />
74 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 75
SIC<br />
Sondrio, 5 novembre <strong>2010</strong><br />
Oggetto: SIC<br />
Ill.mo Sig. Massimo SERTORI<br />
Presidente della Provincia <strong>di</strong> Sondrio<br />
Via XXV Aprile, 22<br />
23100 S O N D R I O<br />
Come forse saprà, nella Provincia <strong>di</strong> Sondrio operano 11 Sezioni del Club Alpino Italiano (Aprica, Bormio, Chiavenna, Chiesa Valmalenco,<br />
Livigno, Madesimo, <strong>Morbegno</strong>, Novate Mezzola, Sondalo, Sondrio, Valfurva) e 5 Sottosezioni, tutte del <strong>CAI</strong> Valtellinese,<br />
<strong>Sezione</strong> <strong>di</strong> Sondrio (Berbenno Valtellina, Ponte, Teglio, Tirano, Val<strong>di</strong>dentro).<br />
Tra le 11 Sezioni, ai sensi del vigente Statuto Generale del Club Alpino Italiano, già da anni è stato costituito un Coor<strong>di</strong>namento,<br />
con la finalità <strong>di</strong> creare un luogo <strong>di</strong> collegamento tra le varie attività e <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione sui temi e problemi <strong>di</strong> respiro provinciale<br />
o, quantomeno, intersezionale.<br />
Nell’ultima riunione, tenutasi a Sondrio il 4/11/<strong>2010</strong>, si sono, fra l’altro, prese in esame le problematiche connesse alla recente<br />
approvazione dei SIC (Siti <strong>di</strong> Interesse Comunitario) ricadenti nell’ambito del territorio della Provincia <strong>di</strong> Sondrio.<br />
All’unanimità è stata, innanzitutto, con<strong>di</strong>visa la finalità sottesa all’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> tali siti, per le loro alte qualità ambientali<br />
sotto <strong>di</strong>versi profili (faunistici, floristici, geologici, ecc.) che, sicuramente, meritano la massima attenzione e la massima tutela,<br />
onde mantenere la loro sopravvivenza e la loro salvaguar<strong>di</strong>a da azioni che ne possano intaccare l’integrità.<br />
Il Club Alpino Italiano ha quale proprio scopo statutario (art. 1), fra l’altro, “la conoscenza e lo stu<strong>di</strong>o delle montagne, specialmente<br />
<strong>di</strong> quelle italiane, e la <strong>di</strong>fesa del loro ambiente naturale”.<br />
Si è quin<strong>di</strong> interessato da sempre, fin dalla sua fondazione (che risale al 1863), al mondo della montagna in tutte le sue possibili<br />
espressioni e sfaccettature, ivi compresa la vivibilità da parte delle persone che lì vivono, operano e lavorano, non <strong>di</strong>sgiunta<br />
però dalla sostenibilità ambientale <strong>di</strong> ogni intervento umano.<br />
Riteniamo, pertanto, <strong>di</strong> aver acquisito nel corso <strong>di</strong> questi lunghissimi anni <strong>di</strong> frequentazione, manutenzione, conservazione e<br />
protezione della montagna, titoli adeguati, maturati dalla conoscenza <strong>di</strong>retta del territorio montano, per poter esprimere, attraverso<br />
le singole specificità e conoscenze tecniche <strong>di</strong> certi nostri soci, adeguati suggerimenti per un corretto “utilizzo” delle<br />
aree inserite all’inteno <strong>di</strong> ciascun SIC.<br />
Vi è da aggiungere che il <strong>CAI</strong> è sempre stato un tenace sostenitore della libertà d’accesso alla montagna, vale a <strong>di</strong>re della libertà<br />
<strong>di</strong> praticare l’alpinismo e l’arrampicata (battendosi per la rimozione <strong>di</strong> ogni ostacolo frapposto in senso contrario), libertà da<br />
esercitarsi però in modo responsabile, secondo i principi etici fissati dall’UIAA (Unione Internazionale delle Associazioni Alpinistiche,<br />
<strong>di</strong> cui il <strong>CAI</strong> fa parte, unitamente a tutte le principali associazioni alpinistiche mon<strong>di</strong>ali).<br />
Poiché nei prossimi tre anni dovranno essere in<strong>di</strong>viduate le regole da applicare all’interno <strong>di</strong> ciascun SIC in riferimento ad argomenti<br />
<strong>di</strong> nostro grande interesse (razionalizzazione dei sentieri, percorsi obbligatori in certi perio<strong>di</strong> dell’anno in riferimento alle<br />
necessità faunisitiche, gestione dei rifugi, smaltimento dei rifiuti, utilizzo <strong>di</strong> mezzi meccanici, ecc.), ci auguriamo che l’Amministrazione<br />
da Lei presieduta voglia contattarci, affinchè possiamo mettere a Vostra <strong>di</strong>sposizione tutta la nostra esperienza e conoscenza,<br />
per il tramite dei nostri soci esperti in tali tematiche.<br />
Riteniamo, infatti, che, tenuto conto della duplice finalità del nostro sodalizio (frequentazione della montagna e <strong>di</strong>fesa dell’ambiente<br />
naturale montano), possiamo essere in grado <strong>di</strong> fornire i migliori suggerimenti per pervenire ad un giusto equilibrio tra<br />
la salvaguar<strong>di</strong>a dei SIC e la possibilità che gli stessi possano continuare ad essere frequentati, in modo responsabile e rispettoso<br />
dell’ambiente, dagli appassionati <strong>di</strong> montagna.<br />
Nell’attesa <strong>di</strong> sentirLa in merito, porgiamo <strong>di</strong>stinti saluti.<br />
Il Presidente del Coor<strong>di</strong>namento<br />
Luciano Bertolina<br />
Pubblichiamo i testi della<br />
corrispondenza intercorsa<br />
fra il Coor<strong>di</strong>namento delle<br />
Sezioni della provincia <strong>di</strong><br />
Sondrio del Club Alpino<br />
Italiano e l’Amministrazione<br />
provinciale sul tema delle<br />
regole che dovranno essere<br />
introdotte prossimamente<br />
nei SIC (Siti <strong>di</strong> Interesse<br />
Comunitario).<br />
La lettera del <strong>CAI</strong>, dai<br />
toni collaborativi, pacata<br />
ed equilibrata, come si<br />
conviene quando ci si<br />
rivolge alle istituzioni<br />
pubbliche, è volta a<br />
scongiurare un pericolo<br />
possibile: che sull’onda<br />
<strong>di</strong> una teorica e generica<br />
salvaguar<strong>di</strong>a ambientale,<br />
non correlata al territorio<br />
ed alla sua realtà sociale,<br />
la pratica delle attività<br />
legate alla montagna<br />
(escursionismo, alpinismo,<br />
sci alpinismo ecc.) subisca<br />
limitazioni spropositate o<br />
assurde.<br />
La risposta della Provincia,<br />
breve e istituzionalmente<br />
ineccepibile, dopo<br />
il riconoscimento <strong>di</strong><br />
prammatica del ruolo<br />
del <strong>CAI</strong> e la promessa del<br />
suo coinvolgimento sulla<br />
materia, fa comunque<br />
sapere che, d’ora in avanti,<br />
nelle aree in<strong>di</strong>viduate come<br />
SIC, molte cose dovranno<br />
cambiare.<br />
La cosa ci fa storcere un po’<br />
il naso, non tanto perché si<br />
è egoisticamente refrattari<br />
ad ogni vincolo e ad ogni<br />
limitazione (le regole<br />
ragionevoli le apprezziamo<br />
e le rispettiamo), quanto<br />
perché suona stridente il<br />
raffronto con lo scempio<br />
che quoti<strong>di</strong>anamente<br />
ve<strong>di</strong>amo compiere in ogni<br />
angolo della provincia,<br />
dal fondovalle agli<br />
ambienti <strong>di</strong> alta quota, con<br />
l’e<strong>di</strong>ficazione selvaggia e la<br />
realizzazione <strong>di</strong> strade <strong>di</strong><br />
montagna, mal progettate<br />
e mal costruite, in nome<br />
<strong>di</strong> un presunta economia<br />
turistica. L’impressione è<br />
che si sparino cannonate<br />
agli uccellini mentre si<br />
tirano sassolini ai bisonti.<br />
Nulla <strong>di</strong> nuovo, cioè SICut<br />
erat in principio, et nunc,<br />
et semper, et in saecula<br />
saeculorum.<br />
76 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 77
I NUMERI DEL C.A.I.<br />
MORBEGNO<br />
Alla data del 31.12.<strong>2010</strong> gli<br />
iscritti sono 574 così sud<strong>di</strong>visi:<br />
388 or<strong>di</strong>nari, 145 famigliari e<br />
41 giovani.<br />
Ricor<strong>di</strong>amo che le iscrizioni si<br />
effettuano presso gli sportelli<br />
del Cre<strong>di</strong>to Valtellinese <strong>di</strong> Via<br />
Ambrosetti.<br />
CONSIGLIO DIRETTIVO<br />
Presidente<br />
Domenico Del Barba<br />
Vicepresidente<br />
Mario Spini<br />
Segretario<br />
Davide Bonzi<br />
Consiglieri<br />
Danilo Acquistapace<br />
Enrico Bertoli<br />
Alessandro Caligari<br />
Angelo De Donati<br />
Tarcisio Pezzini<br />
Clau<strong>di</strong>a Ponzoni<br />
Franco Scotti<br />
Oreste Zecca<br />
ISTRUTTORI DI<br />
ALPINISMO E DI SCI<br />
ALPINISMO<br />
Enrico Bertoli (ISA)<br />
Giulio Gadola (ISA)<br />
Marco Riva (ISA)<br />
Franco Scotti (ISA)<br />
Cesare De Donati (INSA/IAIl)<br />
ISTRUTTORI SEZIONALI<br />
DI ALPINISMO E DI SCI<br />
ALPINISMO<br />
Mario Spini<br />
Moreno Libera<br />
Danilo Acquistapace<br />
Gottardo Riva<br />
Riccardo Scotti<br />
ACCOMPAGNATORI DI<br />
ESCURSIONISMO<br />
Davide Bonzi (AE)<br />
Alessandro Caligari (AE)<br />
BIBIOTECA/VIDEOTECA<br />
Sono entrati in biblioteca 1<br />
manuale tecnico <strong>di</strong> alpinismo<br />
e sci alpinismo e la guida “Pale<br />
<strong>di</strong> San Martino”.. Il totale dei<br />
titoli presenti negli scaffali è<br />
363. Completano il patrimonio<br />
31 videocassette e 152 carte<br />
geografiche.<br />
E’ in corso la procedura<br />
informatizzata per la gestione<br />
della biblioteca.<br />
I CORSI<br />
Corso <strong>di</strong> ginnastica presciistica<br />
Come oramai è tra<strong>di</strong>zione<br />
da <strong>di</strong>versi anni, da ottobre<br />
2009 a marzo <strong>2010</strong>, presso la<br />
palestra <strong>di</strong> via Prati Grassi si<br />
sono svolte le lezioni del corso<br />
<strong>di</strong> ginnastica in preparazione<br />
della stagione invernale. In<br />
circa 40 ore <strong>di</strong> lezione c’è stata<br />
una me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 15 partecipanti<br />
ad incontro.<br />
Corso base <strong>di</strong> scialpinismo<br />
Si è svolto da gennaio a<br />
marzo. Al corso hanno<br />
partecipato 16 allievi:<br />
De Finis Andrea, Donadelli<br />
Tommaso, Faldarini Riccardo,<br />
Fognini Amos, Fognini Patrizia,<br />
Gusmeroli Luca, Gusmeroli<br />
Mirco, Magoni Carlomaria,<br />
Manni Giuseppe, Maxenti<br />
Manuela, Mazzoni Andrea,<br />
Nogara Ingrid, Perego Mauro,<br />
Sosio Cristina, Spreafico Laura,<br />
Todesco Roberto<br />
Corso <strong>di</strong> arrampicata<br />
Si è svolto nei mesi <strong>di</strong><br />
settembre e <strong>di</strong> ottobre in<br />
collaborazione con il <strong>CAI</strong> <strong>di</strong><br />
Chiavenna ed ha coinvolto 8<br />
allievi: Cucchi Monica, De Finis<br />
Andrea, Falcinella Maurizio,<br />
Giacoma Pin Rosanna,<br />
Giar<strong>di</strong>ello Giovanni, Gusmeroli<br />
Luca, Gusmeroli Mariella,<br />
Gusmeroli Mirco, Manzi<br />
Simone, Manzoni Lorella,<br />
Piffari Paolo<br />
LE GITE<br />
Gennaio<br />
• Pescegallo<br />
Sci alpinismo al chiaro <strong>di</strong> luna.<br />
Febbraio<br />
• Ciaspolata a Baitridana –<br />
Pozza Rossa<br />
Aprile<br />
• Escursione sul Lario: Nesso –<br />
Ponte del Diavolo<br />
Maggio<br />
• Escursione al Büs de la Noga<br />
in Val Solda (Ceresio)<br />
Giugno<br />
• Escursione ai Laghi <strong>di</strong> Torena<br />
in Val Belviso<br />
• Escursione Alpe Tagliato –<br />
Alpe Olano<br />
Luglio<br />
• Escursione ai rifugi Sciora e<br />
Sasc Fura lungo il Viale<br />
• Gita famigliare al Lago <strong>di</strong><br />
Cavlocc/Passo Muretto<br />
Agosto<br />
• Week end in Stubaital<br />
(Tirolo)<br />
Settembre<br />
• Ascensione al Piz Julier<br />
(Enga<strong>di</strong>na)<br />
• Gita in Liguria: Porto Venere<br />
– Isola Palmaria<br />
Ottobre<br />
• Escursione in Val Trupchun<br />
(Enga<strong>di</strong>na)<br />
SERATE<br />
• Aggiornamento Arva<br />
Mammut (Tecnico Mammut)<br />
• Avventura in Nepal (Carlo<br />
Mazzoleni)<br />
• Ricordo <strong>di</strong> Vincenzo<br />
Spreafico (Franco Scotti)<br />
• Sci alpinismo <strong>2010</strong> (Lodovico<br />
Mottarella)<br />
• I fiori delle nostre valli<br />
(Giancarlo Donadelli)<br />
• I tetraoni<strong>di</strong> (Natalino Bavo)<br />
RITROVI CONVIVIALI<br />
• Polentata d’estate<br />
• Castagnata d’autunno<br />
• Brin<strong>di</strong>si <strong>di</strong> Natale<br />
RALLYNO DELLA<br />
ROSETTA<br />
Squadre partecipanti n. 43<br />
Regolarità salita<br />
1° - Gusmeroli Alessandro –<br />
Mazzoni Matteo (1,577)<br />
2° - Pezzini Maurizio – Brocchi<br />
Angelo (1,753)<br />
3° - Lan<strong>di</strong> Luigi – Tacchini<br />
Cristina (3,146)<br />
78 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 79
Velocità salita (m 510)<br />
1° - Pedrazzoli Paolo –<br />
Beltrama Pietro (0:28:26)<br />
2° Torri Maurizio – Franzi<br />
Domenico (0:29:03)<br />
3° Rusconi Michele – Speziale<br />
Max (0:33:57)<br />
Velocità <strong>di</strong>scesa<br />
De Donati Cesare – Pinoli<br />
Francesco (0:00:49)<br />
Del Barba Pietro – Orlan<strong>di</strong><br />
Mauro (0:00:50)<br />
Manenti Mauro – Del barba<br />
Stefano (0:00:54)<br />
I MERCOLEDÌ DEGLI<br />
UNDER 99<br />
Attività ricca quella del<br />
<strong>2010</strong>: 13 uscite sci-ciaspolo<br />
alpinistiche e 25 gite estive e<br />
autunnali (ve<strong>di</strong> articolo pag.<br />
48)<br />
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