18.06.2013 Views

ARTE E POLITICA - PATZINAKIA

ARTE E POLITICA - PATZINAKIA

ARTE E POLITICA - PATZINAKIA

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

STUDIA PATZINAKA, 6, 2008, pp. 103-128<br />

<strong>ARTE</strong> E <strong>POLITICA</strong><br />

OSSERVAZIONI INTORNO A DUE STATUE EQUESTRI MEDIEVALI<br />

S. GIORGIO, PRAGA, 1373; S. LADISLAO, ORADEA/ GROSSWARDEIN, 1390<br />

Irina BALDESCU<br />

I. LE STATUE EQUESTRI ROMANE E L’IMMAGINE DELL’IMPERO NEL MEDIOEVO<br />

Poche erano le statue romane equestri conservate fino al periodo medievale;<br />

simboli viventi dell’antico impero, queste acquisirono, nella coscienza politica<br />

degli imperatori medievali, significati ideologici che mutarono e si arricchirono<br />

durante i secoli 1 .<br />

La più famosa è la statua di Marco Aurelio, nel medioevo sita nel cortile<br />

lateranense, trasferita in Campidoglio (1538) al tempo della sistemazione<br />

michelangiolesca 2 . Sotto la gamba genuflessa del cavallo si trovava, in origine, la<br />

statua di un nano, andata persa, elemento di difficile interpretazione.<br />

L’identificazione del cavaliere quale Marco Aurelio avvenne al tempo del<br />

Rinascimento, attraverso il confronto con le raffigurazioni dello stesso imperatore<br />

sulle monete. Nel medioevo, invece, il personaggio era noto come Costantino, o il<br />

Gran Villano, o Curtius Quirino. Le Mirabilia e altre guide medievali di Roma<br />

permettono di ricostruire in modo assai preciso la percezione della statua<br />

nell’imagerie del popolo e del ceto intellettuale 3 .<br />

Oltre la statua del Gran Villano, erano visibili a Roma, nel medioevo, altri<br />

due gruppi statuari equestri: uno raffigurante Costantino, nel Foro, e un altro –<br />

descritto dall’itinerario di Einsiedeln come cavallus optimus in Vico Longo sancti<br />

Vitali – forse da identificare con le statue del Quirinale (a quel tempo conosciuto<br />

proprio come Montecavallo) 4 . Altri esempi erano, in Italia, il Marte equestre di<br />

Firenze, probabilmente piazzato, in modo apotropaico, alla testa di un ponte<br />

sull’Arno; il Regisol di fronte al Duomo di Pavia; in fine, la statua nota come di<br />

Teodorico, documentata nell’alto medioevo a Ravenna. Carlo Magno si era<br />

impadronito della statua ravennate e l’aveva trasferita ad Aquisgrana per allestire<br />

una piazza sul modello del Laterano. In tale gesto è ovvia l’intenzione del primo<br />

1 Per uno sguardo d’insieme sull’associazione tra l’idea imperiale e le statue equestre v. N.<br />

GRAMACCINI, Zur Rezeption des Marc Aurel in Mittelalter und Renaissance, in Natur und<br />

Antike in der Renaissance, Catalogo della Mostra, Frankfurt 1985, pp. 51 segg.<br />

2 Sulla topografia del Laterano v. I. HERKLOTZ, Der Campus Lateranensis in Mittelalter,<br />

in , 1985, XXII.<br />

3 N. GRAMACCINI, Zur Rezeption, in particolare per la percezione di Marco Aurelio nelle<br />

fonti medievali, pp. 57 – 61 (Mirabilia Urbis Romae, c. 1140; la Graphia Aureae Urbis,<br />

c. 1150 – 1160; la descrizione di Magister Gregorius, nei primi del Duecento).<br />

4 V. l’itinerario di Einsiedeln in R. VALENTINI, G. ZUCCHETTI, Codice topografico della<br />

città di Roma II, 1946; inoltre E. BABUT, Les statues équestres du Forum, in , 1900, XX.


IRINA BALDESCU<br />

imperatore medievale di consolidare la propria immagine appropriandosi dei<br />

simboli dell’antico impero 5 . La translatio imperii attraverso translatio artis è da<br />

vedere in questo caso in doppio senso; non solo si istituiva, tramite l’importazione<br />

del modello lateranense, una relazione con Costantino e Roma (si ricorda che il<br />

Laterano è sorto sopra il palazzo costantiniano), ma si attirava su Aquisgrana, per<br />

riflessione, la gloria di Ravenna, capitale tardo–imperiale e ostrogota. Solamente<br />

due menzioni, risalenti agli anni ’40 del IX secolo, testimoniano la presenza della<br />

statua di Teoderico ad Aquisgrana; niente si sa delle sue sventure successive 6 .<br />

A Bizantium si conservavano altre statue equestri: una raffigurante<br />

Justiniano sull’Augusteum, diventata una delle Mirabilia della capitale orientale;<br />

un’altra statua nell’Ipodromo, ancora visibile sul disegno di un artista germano del<br />

tardo Cinquecento 7 , e una statua di Costantino, probabilmente posta a coronamento<br />

di una fontana (un documento medievale parla di “metallo vuoto dentro”, fatto che<br />

è stato interpretato, nel contesto, come un riferimento ai condotti di una fontana).<br />

Per quanto riguarda l’Occidente, ci sono pervenute notizie di una statua<br />

equestre a Limoges 8 , riferita come di Costantino nella cronaca di St. Martial<br />

(redatta nei primi anni del Trecento), ma nota successivamente (verso la fine dello<br />

stesso secolo) come del Cavaliere. Anche questa statua coronava una fontana, in<br />

mezzo alla piazza centrale; nel Seicento un governatore della città – probabilmente<br />

alla ricerca di pezzi da collezione per il rispettivo antiquarium privato – si<br />

impadronì dell’originale, inserendo nell’apparato decorativo della fontana una<br />

copia, verosimilmente realizzata in piombo. Il ricordo dell’antica statua si perse<br />

completamente alla metà del Settecento, quando la fontana fu smantellata.<br />

L’immagine dell’imperatore medievale quale nuovo Costantino e la<br />

raffigurazione equestre<br />

Sembra che, nella percezione medievale, le statue equestre romane fossero<br />

strettamente associate all’immagine di Costantino, diventando per questo strumenti<br />

significativi nelle politiche d’immagine dell’impero medievale 9 . Il veicolo di tale<br />

trasferimento di senso è da considerare la statua romana di Marco Aurelio (creduto<br />

Costantino). Lo spazio articolato tra il palazzo lateranense, la piazza e la statua era<br />

5 L’elenco delle statue equestre conosciute nel medioevo da H. HOFFMANN, Die Aachner<br />

Thoederichsstatue, in Das erste Jahrtausend. Kultur und Kunst in Werdenden Abendland<br />

an Rhein und Ruhr, a cura di V. H. ELBERN, vol. I, Duesseldorf 1962, pp. 318 segg., in<br />

particolare pp. 318 – 319.<br />

6 AGNELLUS DA RAVENNA, in Liber Pontificalis ecclesiae Ravennatis, in Monumenta<br />

Germaniae Historica. Scriptores Rerum Langobardarum, p. 338.<br />

7 E. H. FRESCHFIELD, Notes on a vellum album containing some original sketches of public<br />

buildings and monuments, drawn by a German artist wo visited Constantinopoli in 1574,<br />

in , 1921 – 22, 72, apud. H. HOFFMANN, Die Aachner Thoederichsstatue.<br />

8 H. HOFFMANN, Die Aachner Thoederichsstatue., v. in particolare Exkurs: Der Konstantinbrunnen<br />

in Limoges, pp. 332 – 335, p. 333 per la storia moderna della statua.<br />

9 V. sopratutto N. GRAMACCINI, Zur Rezeption....cit., pp. 53 segg, e numerosi accenni in<br />

ID., La prima ricostruzione del Campidglio e la rivoluzione senatoriale del 1144, in<br />

Roma, centro ideale della cultura dell’antico nei secoli XV e XVI, a cura di S. D.<br />

SQUARZINA, Milano 1989, pp. 33–47.<br />

104


<strong>ARTE</strong> E <strong>POLITICA</strong>. OSSERVAZIONI INTORNO A DUE STATUE EQUESTRI MEDIEVALI<br />

connotato, nella percezione medievale, di un valore simbolico eccezionale,<br />

associato sia al potere imperiale che al potere papale, a quello terreno e a quello<br />

spirituale, preso come modello architettonico degli spazi del potere.<br />

Sensibile alle interpretazioni dei simboli tradizionali, Carlo Magno<br />

procedette – come si è visto – alla translatio ad Aquisgrana della statua di<br />

Teodorico, imposta orgogliosamente di fronte al proprio Pfalz: Fu probabilmente<br />

scelta la statua di Teodorico, e non quella di Marco Aurelio, per il suo connotato di<br />

germanità. In più, sembra che Carlo Magno si facesse ritrarre con gli stessi<br />

attributi, su un cavallo con una gamba genuflessa, con una mano alzata, con il<br />

globo terrestro nell’altra 10 . È nota l’assunzione, da parte di Carlo Magno,<br />

dell’identità di ‘nuovo Costantino’ (da non dimenticare che confermò anche la<br />

donazione pseudo-costantiniana dei territori della Chiesa 11 ), richiamo che poteva<br />

trovare, attraverso la statua, un’espressione artistica di massimo impatto pubblico.<br />

La figura dell’imperatore medievale come ‘nuovo Costantino’ è un topos che<br />

ritorna nel discorso imperiale da Carlo Magno fino a Ottone I (X. sec.) 12 , ripreso,<br />

nel XIV secolo, da Carlo IV di Lussemburgo, discendente, per linea materna, da<br />

Carlo Magno 13 .<br />

Il programma politico e propagandistico strumentato da Carlo IV 14 , mirato<br />

tanto al recupero dei simboli imperiali dell’antenate omonimo, quanto al<br />

consolidamento della propria immagine di ‘nuovo Costantino’, è articolato su<br />

diversi piani. A livello razionale procedette all’impostazione di un quadro giuridico<br />

unitario per il suo ampio stato; per recuperare la componente di divinità<br />

dell’immagine del sovrano 15 riportò all’attenzione dei contemporanei figure<br />

10 Il bronzo, già sul coronamento del duomo di Metz, si trova oggi al Louvre. Parte della<br />

critica accetta l’identificazione con Carlo Magno stesso per confronto con le<br />

rappresentazioni coniate sulle monete, mentre lo Schramm ritiene che si tratasse di una<br />

rappresentazione risalente intorno al 860. Nel catalogo Das erste Jahrtausend, vol. III,<br />

fig. 196, scheda 196, p. 48, è stata scelta la via di mezzo identificando il pezzo come<br />

Signore dell’epoca carolingia.<br />

11 N. GRAMACCINI, Zur Rezeption....cit., p. 53, e per la pseudo-donazione costantiniana G.<br />

TABACCO, Il volto ecclesiastico del potere nell’età carolingia, in STORIA d’Italia Einaudi,<br />

Annali 9: La chiesa e il potere politico, Einaudi, Torino 1986, pp. 7-41, in particolare<br />

p. 17.<br />

12 N. GRAMACCINI, Zur Rezeption ...cit., p. 54 - 55.<br />

13 Per uno sguardo generale sulla politica di Carlo IV v. Kaiser Karl IV. Staatsmann und<br />

Mäzen, Catalogo della mostra – Norimberga/ Colonia 1978, a cura di F. SEIBT, München<br />

1978. Fu coronato re germanico a Bonn e Aquisgrana nel 1346 e nel 1349, re di Boemia –<br />

a Praga – nel 1347, re d’Italia nel 1355, imperatore a Roma nel 1355, re della Burgundia<br />

ad Arles nel 1365. P. HILTSCH, Die Kroenungen Karls IV, in Kaiser Karl IV. ...cit, pp.<br />

108 – 111, in particolare p. 108.<br />

14 Una presentazione sintetica delle sue politiche di immagine v. J. HOMOZKA, Zu den ikonographischen<br />

Programmen Karls IV., in Die Parler und der schöne Stil 1350 –1400.<br />

Europäische Kunst unter den Luxemburger, Catalogo della mostra, Köln 1978, vol. I,<br />

pp. 607 – 614.<br />

15 Già nel discorso funebre dell’imperatore redatto dall’arcivescovo di Praga Giovanni di<br />

Jenstrin “vengono enumerate sette ragioni per dirlo santo”, E. CASTELNUOVO, Tommaso<br />

da Modena e l’Europa, in Tommaso da Modena e il suo tempo. Atti del Convegno<br />

105


IRINA BALDESCU<br />

leggendarie di re santi, che dovevano servire da fondale mitico alla storia<br />

contemporanea plasmata secondo le proprie idee. In stretta relazione con ciò, fu un<br />

assiduo collettore di reliquie di santi associati alle corone che portava 16 , e sviluppò<br />

una politica ben controllata di ‘promozione pubblica’ delle stesse (attraverso la loro<br />

messa in mostra, quello che induceva movimenti di pellegrinaggio da grande<br />

distanza). Nella politica di uso delle reliquie a scopi propagandistici ricalcava<br />

precisamente, ancora una volta, i gesti carolingi 17 . Carlo IV esercitò un controllo<br />

attento anche sui programmi iconografici degli edifici che commissionava: l’intera<br />

decorazione era coscientemente pensata come ‘theatrum’ per le festività religiose e<br />

per le apparizioni pubbliche del sovrano.<br />

Il richiamo a Carlo Magno e al primo impero si rivela anche<br />

dall’intitolazione delle sue fondazioni ecclesiastiche: il convento degli Agostiniani<br />

a Praga, sito sulla strada che portava da Nové Město (la città fondata da Carlo IV) a<br />

Hradcany, è dedicato all’Assunzione e a Carlo Magno, riportando con ciò<br />

l’immagine dell’antenate come patrono e simbolo della propria politica; a Praga<br />

comparvero anche le chiese di San Apollinare e di San Ambrogio, mentre nel<br />

castello di Hradcany si costruì la cattedrale di San Vito. Nel S. Apollinare si<br />

riconoscono i ricordi ravennati (da notare qui che la città era particolarmente cara<br />

anche a Carlo Magno, il quale scelse come archetipo della capela palatina di<br />

Aquisgrana – non a caso – S. Vitale 18 ), nel S. Ambrogio si vede il richiamo<br />

milanese, mentre le reliquie di S. Vito furono portate a Praga addirittura da Pavia,<br />

città di cui S. Vito era protettore. Con ciò si assorbì anche la carica simbolica<br />

dell’antica capitale longobarda.<br />

II. LE STATUE EQUESTRI DI PRAGA E ORADEA<br />

La vicenda storica, i creatori, i committenti<br />

Nel 1373 Carlo IV commissionò una statua equestre di s. Giorgio 19 , da istallare<br />

nella terza corte di Hradcany, l’antico castello di Praga (già la sede dei re<br />

Premyslidi, dei quali Carlo era l’erede per linea materna). Il baricentro urbano e<br />

politico della città di Carlo IV era il Nové Město, l’ampliamento fondato da egli<br />

stesso, però ciò non diminuì la carica simbolica di Hradcany: Carlo IV era<br />

internazionale di studio Treviso 1979, Treviso 1980, pp. 9 – 18, in particolare p. 15. Per<br />

considerazioni puntuali sul fatto v. J. HOMOZKA, Zu den ikonographischen...cit., pp. 607-<br />

609.<br />

16 V. un riferimento più generale in E. CASTELNUOVO, Tomaso da Modena...cit., pp. 14-15.<br />

17 Per considerazioni generali e in particolare per la politica di traslazione di reliquie dal<br />

territorio italico verso la Sassonia nel periodo carolino v. K. HONSELMANN,<br />

Reliquientraslationen nach Sachsen, in Das erste Jahrtausend...cit., vol. I, pp. 159 segg.<br />

18 Vedi H. HOFFMANN, Die Aachner Thoederichsstatue...cit, in particolare pp. 319 - 320.<br />

19 Per una precisissima descrizione della statua e riassunto della bibliografia essenziale fino<br />

agli anni ’80 v. J. HOMOZKA, scheda Reiterstatue des hl. Georg, Peter Parler (?) und<br />

Martin und Georg aus Klausenburg, 1373, Praga, Národní Galerie, nel catalogo Die<br />

Parler, vol II., p. 663. Di recente E. MAROSI, Probleme der Prager S. Georg Statue aus<br />

dem Jahre 1373, in (Praga), 1999, 5, pp. 389 – 399. Si ringrazia dott.<br />

Katerina Engstova, Praga, per la segnalazione di questo materiale.<br />

106


<strong>ARTE</strong> E <strong>POLITICA</strong>. OSSERVAZIONI INTORNO A DUE STATUE EQUESTRI MEDIEVALI<br />

particolarmente sensibile alla sua discendenza dagli antichi signori della Boemia,<br />

fatto che legittimava la possessione della corona del regno. Le sue relazioni con la<br />

dinastia precedente vennero rinforzate attraverso il culto assiduo di S. Venceslao,<br />

re Premyslid e santo nazionale della Boemia. L’asse che collegava Hradcany a<br />

Nové Město, passando al di sopra del famoso ponte, svolgeva, nel suo programma<br />

urbanistico, il ruolo di via trionfale, dove defilava il corteggio dell’imperatore<br />

durante le apparizioni pubbliche 20 .<br />

La statua equestre di S. Giorgio, figura di immensa popolarità nella<br />

devozione medievale, esposta a Hradcany, fulcro semantico della città, non poteva<br />

essere priva di un connotato politico particolare.<br />

Come oggetto d’arte, la statua ha suscitato nella critica un interesse<br />

particolare 21 . È stato già studiato il tema dell’ispirazione dall’antico (in particolare<br />

sono stati invocati i cavalli di S. Marco a Venezia e il gruppo dei Dioscuri del<br />

Quiriniale, nonchè direttamente il modello di Marco Aurelio del Laterano 22 ).<br />

Il ruolo della statua nella politica di immagine promossa da Carlo IV è,<br />

invece, un problema che si presta a interessanti ipotesi; riflessi di un simile<br />

pensiero politico sono rintracciabili nella committenza di un’altra statua equestre<br />

bronzea, di S. Ladislao, realizzata successivamente (1390) dagli stessi maestri<br />

(Georg e Martin di Cluj – Klausenburg/Kolosvár in Transilvania, oggi in Romania,<br />

a quei tempi principato nel regno ungherese) per conto di Sigismondo di<br />

Lussemburgo, il figlio di Carlo IV. Quest’ultima opera si trovava sulla piazza<br />

antistante la chiesa cattedrale di S. Ladislao, a Oradea (Grosswardein, Nagyvárad)<br />

in Transilvania, nel medioevo importante sede vescovile del regno ungherese e<br />

ricercatissima meta di pellegrinaggio.<br />

Non è del tutto accettata dalla critica l’attribuzione della statua di Praga<br />

(oggi rimossa da Hradkany e conservata a Narodni Gal). Lo scudo del santo,<br />

perduto nel Settecento, recava una scritta che testimoniava che la statua fosse fusa<br />

dai due maestri, Georg e Martin, nel 1373 (A.D. MCCCLXXIII hoc opus imagini S.<br />

Georgii per Martinum et Georgium de Clussenberch conflatum est 23 ); riguardo<br />

l’ideatore del modello, la critica è divisa nell’identificarlo negli stessi o in Peter<br />

Parler 24 , il più sensibile degli scultori Parler, che a quel momento era operante, per<br />

conto di Carlo IV, sul cantiere di S. Vito a Praga (le sue molte opere documentate<br />

sono, però, tutte in pietra). La statua bronzea di S. Giorgio subì nel tempo vari<br />

restauri, di estensione difficilmente documentabile 25 . È difficile accertare, in<br />

20 V. J. HOMOZKA, Zu den ikonographischen…cit., pp. 609 – 610.<br />

21 V. J. HOMOZKA, scheda Reiterstatue; di recente E. MAROSI, Probleme der Prager.<br />

22 E. POGÁNYI BALÁSZ, Observations in Connection with the Antique Prototype of the St.<br />

George Sculpture of Marton and György Koloszváry, in ,<br />

Budapest, XXI, 1975, pp. 333 segg.<br />

23 V. J. HOMOZKA, scheda Reiterstatue.<br />

24 Su Peter Parler nel contesto della famiglia Parler v. anche EAM, IX, Roma 1998, voce<br />

Parler (B. SCHOCK WERNER)– pp. 228 segg.; Die Parler; in particolare sui lavori degli<br />

scultori di Praga anche G. SCHMIDT, Peter Parler und Heinrich IV. Parler als Bildhauer,<br />

in , 1970, 23, pp. 108 – 153.<br />

25 Sui danneggiamenti e sui restauri (dal Cinque- al Settecento) riportati dalle cronache e<br />

dai libri di conti, v. J. HOMOZKA, scheda Reiterstatue...cit.<br />

107


IRINA BALDESCU<br />

dettaglio, quanto si è conservato del materiale originario. Rimane certo, però, che i<br />

vari restauri non cambiarono l’impostazione icongrafica dell’insieme. In più si<br />

deve notare che all’origine la statua coronava, probabilmente, una fontana 26 .<br />

I maestri Georg e Martin avevano realizzato a Oradea, nel 1370, i ritratti<br />

bronzei di tre re (Stefano, Emerico, e probabilmente sempre Ladislau; altre volte i<br />

primi due compaiono rappresentati in compagnia del vescovo Gerardo) collocati,<br />

con tutta probabilità, sulla facciata occidentale della cattedrale. Secondo una<br />

relazione risalente all’inizio del Seicento le statue erano firmate Per Martinum et<br />

Georgium filios magistri Nicolai pictoris de Colosvar 27 . Nel 1390 finirono anche la<br />

statua equestre in bronzo, raffigurante il re santo Ladislao d’Ungheria, posta sulla<br />

piazza antistante la cattedrale 28 . Tutte queste opere, in bronzo dorato, furono<br />

portate via nella seconda metà del Seicento dall’esercito turco; secondo la relazione<br />

di Evlia Celebi, intellettuale ottomano che assistette, nel 1660 – 1661, all’assedio e<br />

all’occupazione d Oradea, furono tutte fuse a Belgrado per recuperare il bronzo 29 .<br />

Diversi letterati del Seicento hanno lasciato descrizioni dell’insieme 30 , mentre<br />

immagini schematiche si ricavano da varie fonti grafiche (il riferimento<br />

tradizionale è la veduta della città attribuita a Joris Hoefnagel pubblicata nelle<br />

Civitates Orbis Terrarum di Braun - Hogenberg, Liber VI, Colonia 1618, 40:<br />

Waradinum vulgo Grosswardein, 31 ; di recente sono state identificate da Marosi<br />

altre due raffigurazioni, una nella veduta della città di Oradea di Cesare da Porta, c.<br />

1598 – 1599 32 , l’altra per mano di Georg Hoefnagel, nell’Emblembuch des Ottavio<br />

Strada 33 ).<br />

26 V. DRĂGUŢ, Arta gotică în România, Bucarest 1979, dati generali sugli artisti e sulla<br />

statua pp. 273-281, per la fontana p. 276. La scheda Reiterstatue del HOMOZKA non<br />

fornisce dati sulla fontana o sulla posizione originaria della statua nel castello.<br />

27 Diario di István Miskolczi, 1609. V. nota 71.<br />

28 V. DRĂGUŢ, Arta gotică (cf nota 26), pp. 273 – 276. L’evidente preferenza per il bronzo<br />

nell’opera dei due maestri, la tecnica di esecuzione (la raffinatezza dei dettagli riprodotti<br />

ecc.) hanno fatto pensare a una loro formazione nell’ambito degli orefici piuttosto che in<br />

una bottega di scultori in pietra.<br />

29 EVLIA CELEBI, Seyahatname (Il libro dei viaggi), vol. V, edizione romena del testo in<br />

Călători străini prin ţările române, vol. VI, parte II., Evlia Celebi, a cura di MUSTAFA<br />

ALI MEHMET, Bucarest 1976, pp. 311 – 780, in particolare per le statue pp. 527 - 529. Il<br />

testo di Seyahatname, che contiene innumerevoli dettagli di massimo interesse<br />

sull’Europa centrale e orientale del tempo, è stato segnalato all’attenzione dell’occidente<br />

da JOSEPH VON HAMMER, Des Osmanischen Reiches Staatsverfassung und<br />

Staatsverwaltung, vol. II, Vienna 1815, pp. 455 – 469. Il primo a identificare le notizie<br />

sulle statue fu KARÁCSON IMRE, Evlia Cselebi, magzerországi utazássai 1660 – 1664,<br />

Budapest 1904.<br />

30 L’elenco dettagliato delle fonti per la descrizione delle statue in E. POGÁNYI BALÁSZ,<br />

Observations, n. 1-5 p. 357. e qui sotto le note 71 – 74.<br />

31 Il disegno è realizzato prima del 1600 da Joris Hoefnagel (m. 1600/ 1601?), poi ritoccato<br />

dal figlio Jacopo, come quasi tutti i disegni pubblicati sotto il nome Hoefnagel nel Liber<br />

VI delle Civitates Orbis Terrarum.<br />

32 Karlsruhe, Badisches Generallandesarchiv, Kartensammlung, Vol. XIV, n. 49, in E.<br />

MAROSI, Probleme der Prager Statue…cit., fig. 1.<br />

33 Vienna, Oestereichische Nationalbibliothek, codice 9432, f. 126v, in IBID, fig. 2.<br />

108


<strong>ARTE</strong> E <strong>POLITICA</strong>. OSSERVAZIONI INTORNO A DUE STATUE EQUESTRI MEDIEVALI<br />

La statua di San Giorgio e l’imago imperii alla corte di Carlo IV<br />

L’iconografia della statua<br />

La statua di San Giorgio a Praga 34 presenta una struttura compositiva assai<br />

particolare.<br />

Nell’iconografia di San Giorgio equestre, il cavallo tiene solitamente<br />

entrambe le gambe anteriori alzate, come se fosse in atto di schiacciare la testa del<br />

dragone, che si trova in genere, appunto, sotto le gambe del cavallo. Per<br />

conseguenza, la coda del drago si trova divergente rispetto a s. Giorgio,<br />

opponendosi al cavallo, oppure sotto il corpo del cavallo (situazione che ritrae la<br />

posizione normale del cacciatore che raggiunge la preda). La statua di Praga<br />

presenta la solita dinamica del movimento del cavallo, con le gambe anteriori<br />

alzate 35 , però sotto le gambe si trova la coda del drago, e non la testa; questa è<br />

posizionata sotto il ventre del cavallo, sotto l’asse della figura del santo stesso; la<br />

bocca del drago tende ad afferrare lo stivale del santo 36 .<br />

La raffigurazione del dragone parallelo, ma orientato in modo opposto<br />

rispetto al cavallo, è molto rara nel medioevo; forse ebbe una certa fortuna dopo il<br />

disegno di Dürer del 1503, che raffigura il santo in questa impostazione 37 . Un<br />

precedente da menzionare qui è un reliquiario carolingio all’antica 38 , in forma di<br />

arco di trionfo, decorato di figure di santi in vesti romane; all’interno dell’arco,<br />

sulle pareti verticale, si trovano due rappresentazioni di s. Giorgio, di cui una con<br />

lo stesso rapporto tra il corpo del drago e il cavallo. Il reliquiario, oggi perduto ma<br />

documentato da un precisissimo disegno del XVII secolo, era appartenuto a<br />

Einhard (come spiega l’iscrizione dedicatoria sul fronte dell’arco), il consigliere<br />

artistico e biografa di Carlo Magno 39 , ed era originariamente collocato, per quanto<br />

sembra, nella chiesa di S. Servatius a Maastricht.<br />

34<br />

Il santo è rappresentato a cavallo, rivestito di un’elaborata armura, in atto di infligere la<br />

lancia (oggi perduta) nella gola dell’drago. Il corpo del santo è rappresentato in una<br />

torsione di grande espressione, nel gesto di voltarsi verso il mostro. La mano destra, che<br />

tiene la lancia, è alzata, con una forte espressività plastica nell'esprimere lo sforzo di<br />

gettare l’arma verso il dragone. Il viso del santo, con il mento teso e la bocca semiaperta,<br />

è segnato dalla tensione della lotta.<br />

35<br />

Le gambe sono appoggiate su un’altura rocciosa: senza sacrificare l’impressione di<br />

movimento, questa soluzione tecnica permette di evitare le difficoltà tecniche relazionate<br />

sia alla statica, sia alla fusione stessa.<br />

36<br />

L'impostazione coinvolge l’insieme in un movimento circolare – le zampe frontali del<br />

cavallo si uniscono alla coda della bestia, la testa della bestia alle gambe di S. Giorgio; il<br />

collo teso del cavallo si iscrive nella stessa dinamica. La coda del dragone, estesa in salita<br />

sulle pendici rocciose di un’altura, da un senso di spettacolare tridimensionalità.<br />

37<br />

Kunsthalle Bremen, Inv. Nr. Kl. 1762, v. cat.Künstler und Kaiser. Albrecht Dürer und<br />

Kaiser Maximilian I., Bremen 2003, n. 9, p. 42.<br />

38<br />

Peraltro il solo precedente che ho potuto rintracciare. Ovviamente il fattore aleatorio<br />

della conservazione dei pezzi e della loro pubblicazione non permette conclusioni<br />

affrettate sull’unicità.<br />

39<br />

Das erste Jahrtausend, vol. III, fig. 290 (orig. Biblioteca Nazionale Parigi ms. fr. 10440)<br />

e scheda 290, p. 64.<br />

109


IRINA BALDESCU<br />

La corrispondenza con lo schema composizionale di S. Giorgio del<br />

reliquiario di Einhard non può essere una coincidenza. L’oggetto (ancora<br />

famosissimo nel XVII secolo tanto da esser considerato degno di studio, a<br />

concorrenza con le antichità romane) era certamente conosciuto a Carlo IV: quale<br />

Herzog di Lussemburgo egli aveva ripetutamente soggiornato nella zona 40 , ed è<br />

noto che prestava un’attenzione particolare alle forme dell’arte e alla loro carica<br />

politica (per esempio, a S. Vito a Praga riprese deliberatamente stilemi gotici<br />

associati alla regalità francese, come il programma iconografico e le forme di St.<br />

Denis; dopo aver assistito alla coronazione di Filippo IV il Bello, riflessi del<br />

cerimoniale regale francese sono rintracciabili nelle sue scenografie 41 ).<br />

L’associazione di S. Giorgio a s. Venceslao: il richiamo alla tradizione regale<br />

boema<br />

Essendo nota l’attenzione che l’imperatore rivolgeva alla definizione concettuale<br />

dei temi iconografici dell’arte pubblica, è interessante indagare sul motivo che<br />

abbia determinato la scelta di S. Giorgio come personaggio della statua equestre (e<br />

non, per esempio, un’altra figura di santo direttamente connesso all’immagine<br />

imperiale).<br />

Il culto di S. Giorgio è già attestato a Praga agli inizi del X secolo; nel<br />

castello (Hradcany) si trova una basilica di S. Giorgio, risalente nelle sue prime fasi<br />

ai tempi di Vratislao I (915 – 921), con forme riconducibili all’architettura<br />

carolingia. La basilica fu rinnovata dalla badessa Berta dopo il 1142, e sembra che<br />

questa sia ancora, con buona approssimazione, la veste odierna 42 . La figura di S.<br />

Giorgio era, quindi, antico oggetto di devozione dei re boemi.<br />

S. Giorgio riveste in area boema, però, un significato supplementare,<br />

essendo associato nell’iconografia, già dal periodo romanico, a S. Venceslao, santo<br />

nazionale della Boemia 43 , re della dinastia Premyslid. È nota la devozione<br />

particolare di Carlo IV per S. Venceslao, suo antenate per linea materna, di cui<br />

redige una Vita in latino 44 (la discendenza da un santo era, ovviamente, un dettaglio<br />

politico essenziale nell’ideologia del monarca di essenza divina).<br />

Intorno al 1355, Carlo IV commissionò a Tommaso da Modena un trittico 45 (oggi<br />

collocato nella cappella del castello di Karlstejn) raffigurante la Madonna con il<br />

Bambino tra due santi. L’uno e S. Venceslao, mentre l’altro è stato identificato con<br />

S. Palmazio, visto dalla tradizione, senza fonti certe, come protettore della<br />

40<br />

W. EBERHARD, Herrschaft und Raum. Zum Itinerar Karls IV, in Kaiser Karl IV, pp. 101-<br />

108, e la pianta alla pagina p. 425.<br />

41<br />

V. J. HOMOZKA, Zu den ikonographischen, passim.<br />

42<br />

EAM, IX, Roma 1998, voce Praga (B. CHROPOVSKY), in particolare p. 716 per la<br />

fondazione, p. 718 per il rinnovamento. L’articolo non fornisce informazioni sugli<br />

eventuali restauri stilistici, ma le fotografie permettono di notare che le murature sono<br />

state ritoccate in epoca moderna.<br />

43<br />

O. PUJMANOVÁ, Alcuni appunti sulle opere di Tomaso da Modena a Karlstejn, in<br />

Tomaso da Modena, pp. 283-298, in particolare p. 285.<br />

44<br />

E. CASTELNUOVO, Tomaso da Modena, p. 15.<br />

45<br />

Per il contesto del trittico v. O. PUJMANOVÁ, Alcuni appunti, pp. 284-285.<br />

110


<strong>ARTE</strong> E <strong>POLITICA</strong>. OSSERVAZIONI INTORNO A DUE STATUE EQUESTRI MEDIEVALI<br />

Lombardia. Le spoglie di S. Palmazio furono portate in Boemia da Carlo IV nel<br />

1356. Negli ultimi decenni, invece, è stata proposta, con argomenti iconografici e<br />

storici, l’identificazione con S. Giorgio, figura che godeva di una gran fortuna<br />

iconografica nella Boemia medievale.<br />

Nel trittico, S. Venceslao – re e santo guerriero egli stesso – regge in mano<br />

lo scudo con l’aquila imperiale, mentre il santo identificato come S. Giorgio porta<br />

una veste decorata, sul petto, con una grande croce, tipica dei cavalieri crociati; in<br />

una mano tiene lo stendardo, nell’altra la spada. I guanti del santo e la maniglia<br />

della spada del S. Giorgio statuario (1373) riprendono da vicino i dettagli<br />

corrispondenti del S. Giorgio dipinto da Tommaso da Modena (ca. 1355) 46 . La<br />

cappella dove oggi si conserva il trittico (forse collocato, in origine, in un altro<br />

spazio del castello Karlstejn) presenta raffigurate, sulle pareti, le tavole di<br />

Teodorico, altro richiamo implicito a Carlo Magno. Se questa fosse la posizione<br />

originaria, l’inserzione di S. Giorgio in questo contesto verrebbe a conferma della<br />

sua inclusione nel programma iconografico ufficiale.<br />

La relazione di S. Giorgio con Costantino: il connotato imperiale<br />

Interessante notare qui un altro connotato di S. Giorgio, essenziale in questo caso,<br />

appunto il fatto che nell’immaginario medievale e nell’iconografia era associato<br />

alla figura di Costantino 47 .<br />

Un primo spunto fu probabilmente la quasi contemporaneità dei due<br />

personaggi (il martirio di s. Giorgio, di cui la data non è accertata, risale<br />

presumibilmente all’età di Diocleziano, 303 48 , precedendo di poco il governo<br />

costantiniano). Il cranio del santo fu ritrovato, ai tempi di papa Zaccaria, nel<br />

patriarcato lateranense (palazzo di S. Giovanni in Laterano a Roma) 49 , cioè<br />

praticamente sul posto dell’antico palazzo di Costantino, evento certamente assai<br />

stimolante per la fantasia popolare. Sembra che, prendendo spunto da questi fatti,<br />

nell’immaginario medievale si fossero sovrapposte le due figure di santi, con<br />

scivolamenti reciproci di significati. Per esempio l’episodio della fanciulla liberata<br />

dal drago per mano di S. Giorgio, che – nata nell’ambito delle crociate – arricchì la<br />

passio del nostro santo solamente verso la fine dell’ XI secolo, sembra aver trovato<br />

46 Tale assomiglianza potrebbe risalire a una semplice rappresentazione molto realistica di<br />

forme usuali nelle armature d’epoca. Però, siccome è molto probabile che Tommaso da<br />

Modena abbia dipinto il trittico in Italia (forse proprio durante il soggiorno italiano di<br />

Carlo IV, 1354-1355, v. O. PUJMANOVÁ, loc. cit.), si potrebbe concludere che nella statua<br />

vengono copiati i guanti raffigurati dal dipinto, perché è difficile assumere l’identità tra i<br />

pezzi che poteva avere sotto occhio Tommaso da Modena nell’Italia settentrionale nel<br />

1355, e quelli che potevano vedere i maestri della statua praghese quindici anni dopo.<br />

47 L’iconografia di San Giorgio è associata, per varie ragioni, ad altre “figure di personaggi<br />

sacri o storici, come ad esempio il Santiago degli Spagnoli (s. Giacomo maggiore), s.<br />

Maurizio, s. Martino e l’imperatore Costantino”. M. C. CELLETTI, voce Giorgio, santo, V.<br />

Iconografia, in BIBL. SANC., VI, Roma 1965, coll. 525-531.<br />

48 D. BALBONI, voce Giorgio, santo, in BIBL. SANCT., VI, col. 516.<br />

49 Rinvenuto al tempo del papa Zaccaria (Liber Pontificalis I, p. 434, apud. D. BALBONI,<br />

voce Giorgio, santo...cit., col. 518). Il cranio fu trasferito, sempre a Roma, nella chiesa di<br />

S. Giorgio in Velabro, dove è oggetto di venerazione dal VIII sec., v. col. 522.<br />

111


IRINA BALDESCU<br />

spunto in “una falsa interpretazione di un’immagine di Costantino che si trovava<br />

allora a Costantinopoli, così descritta da Eusebio (Vita Costantini, III, 3, in<br />

Patrologia Graeca, ed. J. P. Migne, Parigi 1857 –1866, XX, col. 1058): salutare<br />

signum capiti suo superpositum imperator draconem (inimicum generis humani)<br />

telis per medium ventris confixum sub suis pedibus...depingi voluit” 50 .<br />

Particolarmente interessante, inoltre, è il fatto che, nelle leggende che<br />

circolavano nel medioevo intorno alla statua di Marco Aurelio (identificata a quei<br />

tempi parallelamente come Costantino, o il Gran Villano, o Quirinus 51 ), si possono<br />

rintracciare riflessi della legenda di S. Giorgio. Questa confusione ebbe come<br />

probabile fonte anche la similitudine tra l’immagine di Marco Aurelio a cavallo,<br />

con il nano sotto la gamba genuflessa, e l’iconografia di S. Giorgio calpestando il<br />

drago (nano e drago - tutte e due creature del registro malefico).<br />

L’immagine di S. Giorgio a cavallo rappresenta, però, un canone<br />

iconografico generalizzatasi solamente in epoca tarda. Le più antiche raffigurazioni<br />

di s. Giorgio lo ritraevano pedestre 52 ; per quanto sembra, è solo dopo il XII secolo<br />

che diventò predominante l’immagine a cavallo. È vero che all’immagine del<br />

guerriero a cavallo si possono associare varie fonti antiche (per esempio la<br />

raffigurazione ellenistica di ambito egizio 53 del “dio Horus purificatore del Nilo,<br />

cavaliere dalla testa di falco, in uniforme romana, in atto di traffigere un<br />

coccodrillo tra le zampe del cavallo”); ma l’imposizione, nel basso medioevo,<br />

dell’immagine equestre di S. Giorgio (in un momento quando la sua passio si<br />

arricchì della legenda della fanciulla liberata e si sentì il bisogno di nuovi modelli<br />

immagistici), è più probabilmente riconducibile al contagio con l’immagine<br />

equestre di Costantino (ovvero di Marco Aurelio), che non alla diretta esplorazione<br />

dell’arte ellenistica.<br />

Come è noto, nelle guide medievali di Roma la statua di Marco Aurelio<br />

veniva identificata in parallelo come Costantino o come il “gran villano”. Il<br />

significato greco del nome Giorgio è, infatti, agricoltore, lavoratore della terra,<br />

appunto villano. Non è da scartare l’ipotesi che, nella Roma dei secoli XI – XII,<br />

che ospitava una popolosa comunità bizantina, gli orientali abbiano interpretato la<br />

statua secondo altre immagini a loro famigliare (il S. Giorgio crociato, a cavallo);<br />

una traduzione di questo nome nella lingua del popolo potrebbe aver fornito il<br />

termine “gran villano”. Tali trasferimenti di senso nelle traduzioni di toponimi e<br />

onomastica sono un fenomeno frequente nelle zone bilingue.<br />

Senza soffermarsi su questo, il Gramaccini costata che la legenda della<br />

statua, così come venne raccontata da Magister Gregorius (primi del XIII. sec.), è<br />

da situare più nel registro di S. Giorgio che non del ricordo dell’antichità romana 54 .<br />

Magister Gregorius identificava la statua con un personaggio nominato Quintus<br />

50 D. BALBONI, voce Giorgio, santo, col. 515<br />

51 V. N. GRAMACCINI, Zur Rezeption.<br />

52 Vedi M. C. CELLETTI, voce Giorgio, santo, V. Iconografia.<br />

53 Un esemplare si conserva oggi al Louvre. Il culto di S. Giorgio conobbe una devozione<br />

del tutto particolare nell’Egitto pre-islamico, tale da generare tipologie di raffigurazione<br />

di ampia diffusione. D. BALBONI, voce Giorgio, santo, col. 515.<br />

54 N. GRAMACCINI, Zur Rezeption, p. 60.<br />

112


<strong>ARTE</strong> E <strong>POLITICA</strong>. OSSERVAZIONI INTORNO A DUE STATUE EQUESTRI MEDIEVALI<br />

Curtius, cavaliere che aveva abbattuto uno stregone che minacciava la città di<br />

Roma. Siccome contro un mago nero non si poteva combattere con le armi, il<br />

cavaliere l’abbia dovuto sorprendere in un momento di confusione, catturarlo e poi<br />

trascinarlo in città (cioè dentro le mura, nello spazio protetto dove i poteri magici<br />

del nemico diminuivano o sparivano); qui, finalmente, lo schiacciò sotto le gambe<br />

del cavallo, salvando la città di Roma.<br />

Al di là degli evidenti paralleli iconografici, è da menzionare qui che s.<br />

Giorgio era considerato in determinati ambienti geografici un efficace protettore<br />

contro le streghe 55 , quello che aggiunge un nuovo dettaglio al panorama generale di<br />

mutamenti di senso, confusioni e ricami, tipici del processo di arricchimento delle<br />

leggende. In fatti, in termini cronologici è passato poco più di secolo (cioè trequattro<br />

generazioni) dalla nascita, in ambito crociato, della legenda del drago e<br />

della fanciulla, che godette di notevole successo e ampia diffusione nell’ambito<br />

della letteratura medievale (uno dei piloni della consacrazione della legenda è il<br />

trovatore Wace, cc. 1170 56 ). Il testo di Magister Gregorius sembrerebbe un suo<br />

adattamento romano, permeato dal colore di Roma e intrecciato ai più antichi<br />

simboli del luogo.<br />

Una complessa tessitura di paralleli tra s. Giorgio e Costantino sembra<br />

verificarsi non solo nel caso della statua romana. S. Gregorio di Tours (m. 594)<br />

ricorda un trasferimento di reliquie di S. Giorgio a Limoges 57 , dove – come detto –<br />

si trovava un’altra statua equestre tardoantica, che la tradizione identificava con<br />

Costantino 58 , che era probabilmente molto simile a quella lateranense di Marco<br />

Aurelio. Anche qui si trovava, sotto la gamba alzata del cavallo, un personaggio<br />

accovacciato, quasi schiacciato tra le zampe del cavallo, che poteva suggerire<br />

l’immagine del dragone di s. Giorgio.<br />

In più è da menzionare che nel Quattrocento era ampiamente diffusa,<br />

nell’Europa centro-orientale, una rappresentazione statuaria equestre di piccole<br />

dimensioni, nell’impostazione della statua di Marco Aurelio (creduto allora<br />

Costantino), dove il cavaliere reggeva una gigantesca cornucopia, di dimensioni<br />

pari al suo busto 59 . Tale attributo è difficilmente relazionabile a Costantino, ma<br />

invece immediato se si pensa al contagio con l’immagine di s. Giorgio, che nel<br />

folclore dei “paesi slavi” (e qui è da aggiungere tutto il nord della penisola<br />

balcanica) è associato a “consuetudini di origine pagana in riferimento all’inizio<br />

della primavera” 60 , infatti a credenze pagane di fertilità agricola 61 , quello che trova<br />

una logica riflessione nell’attributo della cornucopia.<br />

55<br />

D. BALBONI, Giorgio, santo, col. 520.<br />

56<br />

IBIDEM.<br />

57<br />

Miraculorum Liber, I, CI, ed. T. RUINART, in Patrologia Latina, a cura di J. P. MIGUE,<br />

Parigi 1844 - 1864, vol. LXXXI, coll. 792 –93, apud. D. BALBONI, Giorgio, santo.<br />

58<br />

H. HOFFMANN, Die Aachner Thoederichsstatue.<br />

59<br />

N. GRAMACCINI, Zur Rezeption, p. 66.<br />

60<br />

D. BALBONI, Giorgio, santo, col. 525.<br />

61<br />

Tale associazione si appoggia anche al fatto che, in queste regioni con inverni molto<br />

rigidi, la festa di S. Giorgio (23 aprile) segna la fine del periodo freddo e il ritorno del<br />

verde.<br />

113


IRINA BALDESCU<br />

La visitatio dei modelli<br />

Essendo già ammessa l’ispirazione dal Marco Aurelio lateranense 62 , sono state<br />

avanzate varie ipotesi sul percorso professionale dei due maestri Martin e<br />

Giorgio 63 . Però in questo caso è più probabile che la decisione sull’iconografia<br />

spettava al committente imperiale, data l’importanza della statua, per cui è<br />

interessante piuttosto indagare sulle opportunità di Carlo IV di aver visto le statue<br />

equestre conservate. Carlo IV soggiornò ripetutamente a Roma, per la prima volta<br />

nel 1332 – 1333, poi nel 1355, quando venne incoronato, nuovamente nel 1368-<br />

1369. È importante notare qui la visita del 1355, quando portava con sé un<br />

corteggio di circa 15 000 persone armate, per cui il Papa concesse solo<br />

l’approvazione di una visita di un giorno (probabilmente trovava questo<br />

svolgimento di forze assai minaccioso). Ma anche prima dell’ingresso ufficiale,<br />

Carlo IV era entrato in città travestito da pellegrino. Sulla cerimonia<br />

dell’incoronazione ci fornisce dettagli il chierico Giovanni Porta de Annoniaco,<br />

segretario del legato papale Petrus de Colombario; questo descrive l’itinerario del<br />

corteo attraverso Roma, dalla torre dei Crescenzi a S. Pietro, dove avvenne<br />

l’incoronazione, poi sopra il ponte S. Angelo verso il Laterano. È impossibile non<br />

aver visto la statua di Marco Aurelio nel cortile lateranense 64 .<br />

Possibilmente Carlo IV conosceva anche la statua di Limoges,<br />

nell’Aquitania, perché spesso viaggiò nel nord della Francia, sopratutto nei suoi<br />

primi anni di governo come principe di Lussemburgo. Inoltre, era senza dubbio a<br />

conoscenza del Regisol sito di fronte al Duomo di Pavia, perché a Pavia si fece<br />

incoronare re della Lombardia, occasione quando ricevette in regalo anche le<br />

spoglie di S. Vito (1356). Se la sistemazione carolingia della statua di Teodorico ad<br />

Aquisgrana fosse ancora conservata alla metà del Trecento, era certamente<br />

conosciuta a Carlo IV, che anche qui ritornò spesso (da notare che ad Aquisgrana<br />

avvenne la sua incoronazione come imperatore germanico nel 1349 65 ). Viaggiatore<br />

instancabile, in buona tradizione degli imperatori germanici, girovaghi – insieme<br />

alla cancelleria – nell’esercizio del potere (sono attestati dalle fonti 1227 soggiorni<br />

dell’imperatore, in 438 luoghi) 66 , Carlo IV godeva di ampi orizzonti culturali.<br />

Da notare anche il dettaglio che la statua di s. Giorgio fosse il coronamento<br />

di una fontana. Tale sistemazione sarebbe un’allusione alla statua di Costantino di<br />

Limoges, anche questa a coronamento di una fontana 67 , situazione simile a quella<br />

62<br />

V. per un’analisi puntuale E. POGÁNYI BALÁSZ, Observations, n. 1-5, p. 357.<br />

63<br />

Si è ipotizzato che, in età molto giovane, i due avessero seguito le armati di Lodovico<br />

d’Angiò nelle incursioni contro il regno di Napoli (ca. 1350) e che fossero passati per<br />

Roma (in occasione del Giubileo del 1350) scendendo da Firenze, Siena, Pisa, Orvieto;<br />

forse avrebbero raggiunto anche nell’Italia meridionale (a Barletta, Manfredonia, Capua,<br />

Napoli), facilmente raggiungibile dalla Dalmazia per mare.<br />

64<br />

V. P. HILSCH, Die Krönungen Karls IV., in Kaiser Karl IV, p. 110.<br />

65<br />

V. IBIDEM, p. 108.<br />

66<br />

Per gli itinerari dell’imperatore in relazione alle sue strategie territoriali v. W.<br />

EBERHARD, Herrschaft und Raum (v. nota 40).<br />

67<br />

H. HOFFMANN, Die Aachener Theoderichsstatue.<br />

114


<strong>ARTE</strong> E <strong>POLITICA</strong>. OSSERVAZIONI INTORNO A DUE STATUE EQUESTRI MEDIEVALI<br />

di Bizantium. Attraverso racconti di viaggio, anche questo esempio poteva essere<br />

conosciuto a Carlo IV.<br />

Alla luce di tutto ciò, la statua di S. Giorgio è da vedere, nel sistema di<br />

immagini promosso da Carlo IV, come una cerniera tra il recupero dell’idea<br />

imperiale (attraverso l’allusione agli archetipi di Costantino e Carlo Magno) e la<br />

glorificazione dell’identità nazionale boema (per la tradizionale associazione a S.<br />

Venceslao).<br />

La scelta della posizione, a Hradcany, si inquadra nella stessa politica di<br />

manipolazione dei simboli, poiché si riallacciava spazialmente all’antica chiesa di<br />

S. Giorgio, con ciò alla tradizione regale boema, mentre pour les connaisseurs<br />

alludeva alla sistemazione del Laterano, con tutta la carica simbolica che da essa<br />

decorreva.<br />

La statua si presenta come un pezzo nella scenografia renovatio imperii<br />

allestita da Carlo IV alla sua corte; non solo rappresenta una metafora della<br />

tradizione imperiale, ma introduceva un elemento nello spirito dei nuovi tempi,<br />

perchè il santo-cavaliere Giorgio era una figura di massimo impatto sia presso il<br />

ceto popolare, sia presso quello cavalleresco (dato che assorbiva le tradizioni<br />

crociate).<br />

Le statue di Oradea e la vicenda angioina e post-angioina in Ungheria<br />

La configurazione delle statue: le fonti scritte<br />

La cattedrale di Oradea ospitava, nel medioevo, le spoglie di S. Ladislao, che –<br />

dopo la presa in possesso della cattedrale da parte dei riformati (1565) – furono<br />

asportate e, in seguito, trasferite a Gyulaféhérvár 68 .<br />

S. Ladislao è uno dei santi fondatori del cristianesimo ungherese, una<br />

figura di estrema importanza per la devozione locale; la cattedrale di Oradea era,<br />

nel medioevo, un’importante meta di pellegrinaggio e un simbolo importante nel<br />

geografia religiosa e politica della Transilvania, il territorio orientale del regno<br />

ungherese.<br />

In questo contesto le tre statue dei re santi ungheresi, Stefano, Emeric e<br />

Ladislao, site di fronte alla cattedrale di Oradea, acquisiscono un peso politico di<br />

ampia portata. Secondo alcune fonti agiografiche locali, composte tra la fine<br />

dell’XI e gli inizi del XII secolo, è stato il papa Gregorio VII a sancire l’elevatio<br />

corporis dei tre e del vescovo Gerardo, le figure di prima mano nella<br />

cristianizzazione della Pannonia 69 .<br />

Le statue sono descritte in modo assai preciso da fonti seicentesche 70 : nel<br />

1609, nel diario del giudice István Miskolczi, che visita Oradea all’occasione di un<br />

68 E. MAROSI, scheda Bustenreliquiar des hl. Ladislaus, in Die Parler, vol. II, p. 462.<br />

69 Scriptores Rerum Hungaricarum tempore ducum regumque stirpis Arpadiannae<br />

gestarum, a cura di E. SZENTPÉTERY, II, Budapest 1930, pp. 449 – 60, apud. E. PASZTOR,<br />

voce Emerico d’Ungheria, santo, in BIBL. SANCT., IV, Roma 1964. La bolla pontificia di<br />

Gregorio VII non è conservata.<br />

70 Riprodotte senza commenti, dalla POGÁNY – BALÁS, dalla quale si cita qui.<br />

115


IRINA BALDESCU<br />

sinodo 71 ; in uno scritto dell’umanista Szamosközy István 72 ; nelle relazioni di<br />

Mathias Miles 73 e di Nicola Olahus, l’arcivescovo di Esztergom 74 ; finalmente, di<br />

Evlia Celebi, che assistette allo smantellamento delle statue 75 .<br />

71 In ipso Arcis ingressu ad dextram aenea S.Ladislai regis imagi aeneo eauo insidens,<br />

quondam integra, et tota auro splendens, in dextram habeat asciam lignariam quasi<br />

sectionem minitans. Equi dexter testiculus grandior est altero. Subtus in aenea tabella<br />

haec leguntur: anno M.390, die XX.mensis May rege Sigismundo, et Maria Regina<br />

feliciter regnantibus, hoc opus fieri fecit Reverendus in Christo pater d. Joannes<br />

Episcopus Varadinensis per Magistros, Martinum et Georgium De Colosvar in honorem<br />

S. Ladislai Regis. E regione tres homines ibidem aenei pedes stantes. Primus ad sinistra<br />

habet ensem in catena ex collo pendentem cum securi, calcaribus et tabella cum hoc<br />

Inscriptione: anno d. MCCC40 [infatti 1370]. Serenissimo Principe regnante Domino<br />

Lodovico Rege Hungariae XXXX. Venerabilis dominus patres Demetrius episcopus<br />

Varadinensis fieri fecit fac sanctorum imagines per Martinum et Georgium filios magister<br />

Nicolei pictoris de Colosvar. Secundus habet pomum aureum cum Cruce, gladio non<br />

evaginato catena ligato; habet quoque calcaria. Tertius imberbis est tenens sceptrum<br />

regale: qui habet gladium, pugionem, calcaria et tabellam cum nota duplicatae crucis<br />

Horum nomina vulgo circumferentur, quod sint Ladislaus, Stephanus et Emericus.”<br />

ISTVÁN MISKOLCZI, Diario, 1609, pubblicato da J. F. MILLER, , 5, Pest 1804, pp. 84 –93, rippublicato in J. A. KERESZTURI, Descriptio<br />

episcopatus et capituli M. Varadinensis, I, II, (1806), pp. : 230 – 34, 87.<br />

72 “Equestris statua eius (Ladislaus) memoriae dicata adhuc superest, eam Joannes eiusdem<br />

urbis Episcopus, Sigismondo rege et Maria imperantibus, ponendam curavit: ea ex aere<br />

fusa, auroque olim tota superfusa, instam equitis magnitudinem habet, quantus Antonius<br />

Imperator in arce capitolii Romae, Gatta Melata Patavii, Bartholomaeus Coleonus<br />

Venetiis conspicintus; licet haec nostras rudioris sit artificii, quippe ab indigenis<br />

Polycletis Colosvariensibus, Martino et Georgio, ut ibidem titulus indicat, elaborata. Ipse<br />

Rex sublimim amazonicam securim dextra sustinet, cui tres proximae assistunt aeri<br />

ibidem reges pedestri figura, Magorum simulacra, qui primi omnium ex gentibus<br />

infantem Messiam donis cohonestarunt. Ibidem sepulcrum quoque eiusdem divi Regis<br />

reverentissime, dum prisca religio stetit, cultum est”. Szamosközy István Történeti<br />

Maradványai (1566 – 1603), in Monumenta Hungariae Historica SS 28, Budapest 1876.<br />

73 “Wardein hat König Ladislaus I, der Heilige gennant, Anno 1090, erbauet, daselbst ein<br />

Bischofthum gestiftet und grosse Einkünften darzu verordnet, dannenhero viel herrliche<br />

Hochgelehrte beyde für Ungern, und Siebenbürgen sehr nützliche Männer daher<br />

entsprossen sind; deren Bischöffe einer den, Names Johannes zu Königs Sigismundi<br />

Zeiten, nehmlich nach 299 Jahren, Anno dom. 1389. Dem H. Ladislao zu Ehren sein ganz<br />

ähernes Bildniss zum nimmer vergänglichen Gedächtniss, mit 2 Klausenburger Meister,<br />

Martino und Giorgio Rothgiessern (wie denn daran die Schrift daran ausweset) hat<br />

ausfertigen lassen; denn da sitzt Ladislao auf einem schönen Gaul hoch empor, wie ein<br />

Tapfer Cavallier, und hat eine Türkische Axt in der Hand, war vormals ganz übergült<br />

[vergoldet?]. Zum linken Hand stehe Ihm drey ährne Könige zu Fuss, anzuzeigen die drey<br />

der Kron Ungarn unterworfenen Königreiche, als Dalmatien, Croatien und Slavonien, und<br />

ist also dies Ehrenseul in die 281 Jahr glorwürdigst gestanden”. Cp. MILES,<br />

Siebenbürgische Würg Engel, oder Chronikalischer Anhang des 15. Seculi, Hermannstadt<br />

Sibiu 1670, 2. 205.<br />

74 “arx huius cospicua est tum statue equestri, Divi Ladislai aera, ingentis molis, tum<br />

aedium magnificencia, quas Sigismundus Tirzo Episcopus, meus olim nutricius aedidi<br />

caverat”. Il testo risale al XVI. secolo, pubblicato in NICOLAI OLAHI Metropolitae<br />

116


<strong>ARTE</strong> E <strong>POLITICA</strong>. OSSERVAZIONI INTORNO A DUE STATUE EQUESTRI MEDIEVALI<br />

Dalle descrizioni si può ipotizzare che le statue dei re in postura verticale<br />

erano più alte delle dimensioni naturali (Evlia Celebi indica il doppio dell’altezza<br />

dell’uomo, ma questo fatto può essere una esagerazione mirata a rendere più<br />

spettacolare il bottino di guerra dell’armata ottomana). Sembra che una delle statue<br />

avesse una collana di particolare pregio, che la seconda tenesse in mano il globo<br />

terrestro con la croce, e la terza (raffigurante un personaggio ‘senza barba’)<br />

reggesse uno scettro regio. Il dettaglio dell’assenza della barba indica, per<br />

contrasto, che le altre due figure erano barbute. Il confronto con l’iconografia<br />

accerta che l’ultimo era Emerico, figlio di Stefano I, morto in età molto giovane in<br />

un incidente di caccia 76 . S. Ladislao, rappresentato a cavallo, teneva nella mano<br />

alzata un’ascia.<br />

Evlia Celebi (viaggiatore che aveva visto l’Egitto, l’Oriente, e in Europa<br />

era arrivato fino a Dunquerque e persino in Danimarca, per cui si può assumere che<br />

aveva una assai ampia cultura visuale) racconta che le statue erano rifinite in<br />

materiali molto pregiati (foglio d’oro, diamanti e altre pietre) 77 .<br />

Negli occhi del viaggiatore colto, l’insieme richiamava in modo esplicito<br />

gli allestimenti antichi, conosciuti dal vivo o dalle incisioni che ormai circolavano<br />

in ampie tirature. Particolarmente interessante il richiamo che compare nel testo di<br />

Szamosközy István, perché indicativo per il panorama delle statue equestre<br />

conosciute all’intellettuale seicentesco: “quantus Antonius Imperator in arce<br />

capitolii Romae [il Marco Aurelio del Campidoglio, dal Rinascimento in poi spesso<br />

scambiato per Adriano, Antonino Pio, Commodo, Lucio Vero, Settimio Severo 78 ],<br />

Gatta Melata Patavii, Bartholomaeus Coleonus Venetiis conspicintus”. Imbevuto<br />

dalla cultura antica, lo stesso vede negli autori dei Policleti locali, “indigenis<br />

Polycletis Colosvariensibus, Martino et Georgio, ut ibidem titulus indicat,<br />

elaborata” (forse è da riconoscere qui un altro lontano ricordo del gruppo del<br />

Quiriniale, oggi identificato come dei Dioscuri, ma precedentemente conosciuto<br />

come Alessandro e Bucefalo, e attribuito dalla coscienza comune, fino al<br />

Settecento, a Policleto e Fidia, secondo le epigrafi tardo-imperiali sui basamenti;<br />

l’attribuzione ai due celeberrimi scultori fu corretta solo verso la fine del<br />

Strigoniensis, Hungaria et Atila sive de originibus gentis, regni Hungariae situ, Vienna<br />

1763.<br />

75 V. nota 29.<br />

76 E. PASZTOR, Emerico d’Ungheria...cit.<br />

77 “Queste statue erano molto belle, ognuna brillava dal foglio d’oro [...]. Avevano gli occhi<br />

in pietre che brillavano di notte, le unghie erano di diamanti di venti carati, e alcune delle<br />

figure tenevano in mano delle armi a palla appuntita e lance di bronzo, decorate con pietre<br />

pregiate; i personaggi avevano delle cinture intorno alla vita e, sulle spalle, erano protetti<br />

da scudi. Alcuni erano pedestri, altri montati su cavalli; guardando i cavalli, uno pensava<br />

che fossero vivi”. Da Călători străini, vol. VI, p. 527.<br />

78 F. HASKELL, N. PENNY, L’antico nella storia del gusto. La seduzione della scultura<br />

classica, 1500 – 1900, Einaudi, Torino 1984 (orig. Taste and Antiquity. The Lure of<br />

Classical Sculpture 1500 – 1900, Yale University Press, 1981), catalogo, scheda 55.<br />

Marco Aurelio, pp. 358 - 363.<br />

117


IRINA BALDESCU<br />

Settecento, anche se gli studiosi seri avevano avvertito già prima che i due scultori<br />

non fossero contemporanei 79 ).<br />

Sulla statua di Oradea, Hoefnagel 80 nota, nella tavola riguardante la città in<br />

Civitates Orbis Terrarum (Liber Sextus, 1617, tavola 40), nella leggenda: “E.<br />

statua Regis equestris, et tres statuae pedestres ex aere fusili”).<br />

I connotati politico – religiosi: l’evocazione del modello imperiale e della regalità<br />

arpadiana<br />

È ovvio che, rappresentando i tre re santificati in gruppo da una bolla pontificia<br />

appositamente emanata, la serie delle tre statue ha un valore di richiamo della più<br />

antica tradizione regale/ santa ungherese, appunto nella forma in quale fu sancita<br />

dal potere papale.<br />

Anche se, per quanto si sa, le statue sono state create su committenza del<br />

vescovo, il connotato politico dell’insieme fa pensare al coinvolgimento della<br />

figura del re stesso nella vicenda (si tratta di Ludovico I d’Angiò al tempo della<br />

realizzazione delle statue pedestre, e del suo genero Sigismondo I di Lussemburgo<br />

ai tempi della statua equestre di S. Ladislao). Ludovico I (regnante 1342 – 1382),<br />

figlio di Carlo Roberto, il primo re ungherese Angiò (dal ramo napoletano della<br />

famiglia), diede un particolare peso al culto di S. Ladislao, scegliendo anche di<br />

essere seppellito nella cattedrale di Oradea 81 . È ovvio che il culto di S. Ladislao fu<br />

uno strumento politico importante nell’assunzione, da parte degli stranieri Angiò,<br />

dell’identità nazionale della dinastia precedente Arpad 82 . Il fenomeno è simile<br />

all’assimilazione di S. Venceslao, simbolo dei re Premslyd, come perno nella<br />

politica d’immagine di Carlo IV.<br />

L’esaltazione a livello statale del culto di S. Ladislao, con la sede a Oradea,<br />

non era solamente un modo di riallacciarsi alla tradizione, ma permetteva di creare<br />

un secondo punto nodale religioso rispetto alla cattedrale di Esztergom 83 , antica<br />

sede della dinastia Arpadiana, spostando il baricentro politico-religioso verso est.<br />

Lodovico I si ricollega a Carlo IV tramite strette relazioni diplomatiche e<br />

personali, un’intricata tessitura di rivalità (sopratutto nel contesto particolare delle<br />

pretese avanzate da Lodovico per la corona di Napoli attorno al 1350, quello che<br />

toccava fortemente gli interessi italici dell’imperatore) e alleanze (durevoli e di<br />

ampia portata politica) 84 . L’intervallo breve di tempo passato tra la creazione delle<br />

79<br />

F. HASKELL, N. PENNY, L’antico nella storia, catalogo, scheda 2. Alessandro e Bucefalo,<br />

pp. 161 – 169.<br />

80<br />

Hoefnagel aveva viaggiato in tutta l’Europa, era stato anche a Roma, e aveva una vasta<br />

cultura artistica; per i percorsi del Hoefnagel v. THEME-BECKER, Künstler Lexikon, vol.<br />

XVII, voce HOEFNAGEL, JORIS, pp. 193 – 195; L. HENDRIX, T. VIGNAU – WILBERG, Mira<br />

Calligraphiae Monumenta: A Sixteenth Century Calligraphic Manuscript inscribed by<br />

Georg Bocskay and illuminated by Joris Hoefnagel, Malibu 1992, pp. 2 - 23, passim.<br />

81<br />

V. KARL NEHRING, Ungarn, in Kaiser Karl IV, pp. 183 – 185, p. 185.<br />

82<br />

Questo trasferimento di identità era uno dei punti focali nella strategia di Lodovico, v. K.<br />

NEHRING, Ungarn, in Kaiser Karl IV, p. 185.<br />

83<br />

Sulla sede vescovile precedente v. anche la scheda Esztergom, in EAM.<br />

84<br />

K. NEHRING, Ungarn, in Kaiser Karl IV, pp. 183 – 185.<br />

118


<strong>ARTE</strong> E <strong>POLITICA</strong>. OSSERVAZIONI INTORNO A DUE STATUE EQUESTRI MEDIEVALI<br />

opere in questione (1370 le statue di Oradea, 1373 quella di Praga) fa proprio<br />

pensare a un prestito di mano d’opera da parte di Lodovico I all’amico Carlo IV,<br />

visto che proprio in quel periodo le loro relazioni passano per una fase<br />

particolarmente cordiale: come Lodovico I non aveva figli maschi, nel 1372 i due<br />

decisero il matrimonio della seconda figlia di Lodovico, Maria (appena nata nel<br />

1371), con Sigismondo figlio di Carlo IV, che diventava con ciò l’erede della<br />

corona ungherese 85 .<br />

Dopo la morte del suocero, Sigismondo riuscì, nel 1385, di accedere al<br />

trono. Diventato successivamente anche imperatore, Sigismondo assimilò la<br />

simbolistica imperiale del padre, anche se rimase particolarmente legato alla<br />

corona ungherese: ai suoi tempi il baricentro del potere dei Lussemburgo si spostò<br />

decisamente nel bacino orientale dell’Europa centrale. In questo contesto la statua<br />

equestre sita di fronte alla cattedrale di Oradea, che secondo i disegni preservati<br />

copiava esattamente l’impostazione della statua di Marco Aurelio (Costantino), o<br />

del Regisol di Pavia, o della statua di Carlo Magno sul Duomo di Metz, diventava<br />

un’allusione al potere imperiale di cui Sigismondo era erede, per linea paterna (ma<br />

nel 1390 questi non era ancora imperatore).<br />

Come nel caso della statua di Praga, con grande abilità diplomatica il<br />

metafora imperiale si fonde insieme ai più antichi simboli locali (s. Ladislao),<br />

rendendo la statua una cerniera di molteplice livello semantico nel sistema di<br />

immagini promosso dall’imperatore.<br />

Il voluto riallacciarsi alla tradizione dell’impero medievale è evidente<br />

anche nel gesto di ricorrere agli stessi maestri operanti per conto dell’imperatore<br />

Carlo IV. A livello iconografico, S. Ladislao è, nell’ambito ungherese, una figura<br />

isomorfa al S. Venceslao dei boemi, entrambi figure che compaiono sulla scena dei<br />

rispettivi paesi in un momento di consolidamento del cristianesimo, e non ai tempi<br />

della prima evangelizzazione, entrambi santi cavalieri, figure storiche assorbite nel<br />

mito, diventati simboli nazionali.<br />

I due santi furono utilizzati come fondale per proiettare la figura<br />

dell’imperatore tardo-medievale in una dimensione sacrale a-storica,<br />

sovrapponendo la storia contemporanea alla tradizione fino alla trasparente<br />

identificazione con l'antenate santo. La statua di S. Ladislao ha, forse, anche un<br />

connotato di rappresentazione metaforica dell’imperatore Sigismondo stesso.<br />

Un riflesso della statua di Oradea è probabilmente da trovare anche nella<br />

pala centrale dell’altare dipinto nel 1427 dal pittore meister Thomas von Coloswar,<br />

pittore di corte di Sigismondo, per l’abbazia benedittina di Garamszentbenedek 86 .<br />

A destra della croce si trova una figura signorile in armatura leggera, con il braccio<br />

destro eretto, il cui cavallo tiene una zampa anteriore genuflessa. Il personaggio è<br />

stato identificato come in atto di riconoscere a Gesù la qualità di figlio di dio 87 .<br />

85 IBID, p. 185.<br />

86 M. PROKOPP, scheda Passionsaltar von Garamszentbenedek, Esztergom, Keresztény<br />

Múzeum, inv.nr. 54.3 – 54.10, in Die Parler, II, p. 460.<br />

87 ERNÖ MAROSI, Die Skulpturen der Sigismundzeit in Buda und die Anschaulichkeit der<br />

Kunst des Fruehen 15. Jahrhunderts, in Internationale Gotik in Mitteleuropa, Institut fuer<br />

119


IRINA BALDESCU<br />

Siccome l’autore della pala era nativo di Cluj (Koloszvár, Klausenburg), città della<br />

Transilvania poco di distante da Oradea, la conoscenza della statua di s. Ladislao a<br />

Oradea è indubbia. Per quanto riguarda la rappresentazione, non è escluso che<br />

l’impostazione del personaggio alludesse a Sigismondo stesso, dato il connotato<br />

imperiale del suo atteggiamento.<br />

Oltre il connotato politico, le due statue provano che, anche nell’Europa Centrale,<br />

verso la fine del Trecento la imitatio artistica ha iniziato di superare la sua forma<br />

medievale (consistente nell’esclusiva imitazione dell’idea, del concetto di un dato<br />

modello, senza attenzione ai particolari esecutivi), acquisendo le prime<br />

caratteristiche moderne (imitatio attraverso l’effettivo gesto di copiare, fisicamente,<br />

i dettagli dell’opera modello). Lo spunto politico si è risolto in un’abile e colta<br />

citazione degli stilemi dell’arte antica, fatto che però, in quel ambito geografico,<br />

rimase a lungo senza seguiti significativi.<br />

Elenco delle abbreviazioni<br />

EAM - Enciclopedia dell’Arte Medievale<br />

BIBL. SANCT. - Bibliotheca Sanctorum<br />

Kunstgeschichte der Karl-Franzens-Universität Graz, Graz 1990, pp. 182 – 195, in<br />

particolare pp. 190 – 191, con bibliografia delle interpretazioni.<br />

120


ELENCO DELLE IMMAGINI<br />

<strong>ARTE</strong> E <strong>POLITICA</strong>. OSSERVAZIONI INTORNO A DUE STATUE EQUESTRI MEDIEVALI<br />

1. La statua di S. Giorgio (1373), oggi a Narodny Gal, Praga. Tra la coda del dragone, le<br />

zampe anteriori del cavallo, il corpo del santo e la testa del drago si induce un movimento<br />

circolare di particolare dinamica (da MAROSI, Probleme der Prager Statue, fig. 3).<br />

121


IRINA BALDESCU<br />

2. La statua di S. Giorgio (1373) - sistemazione nel cortile del castello Hradkany, a Praga.<br />

La statua richiama formalmente l’impostazione delle statue imperiali romane equestri, ma<br />

allude anche a S. Venceslao, santo nazionale della Boemia, strettamente associato<br />

nell’iconografia locale a S. Giorgio (Da BALOGH J., Az erdélyi renaissance, vol. I., Cluj<br />

1943, fig. 21).<br />

122


<strong>ARTE</strong> E <strong>POLITICA</strong>. OSSERVAZIONI INTORNO A DUE STATUE EQUESTRI MEDIEVALI<br />

3. La Statua di Marco Aurelio nel Laterano, nel 1535, M. van Heemskerck (Berlino,<br />

Kupferstichkabinett, 79 D2 foll. 12r e 71 r, qui composte; da KRAUTHEIMER, Roma, Profilo<br />

di una città, Roma 1981, fig. 260). All’origine sotto la zampa genuflessa del cavallo si<br />

trovava la statua di un nano. L’immagine presentava similitudini significative con<br />

l’iconografia di S. Giorgio equestre, con il drago schiacciato sotto le zampe del cavallo.<br />

4. Il Regisol di Pavia, in Statuta Papiae (1404). Si noti la posizione del cavaliere e la bestia<br />

che si trovava sotto la zampa alzata del cavallo (da GRAMACCINI, Zur Rezeption, fig. 39).<br />

123


IRINA BALDESCU<br />

5. Il Regisol di Pavia nella forma odierna (la statua oggi visibile è una copia dell’antica). Si<br />

noti la relazione con la cattedrale di S. Vito e con la piazza (foto I.B. 2003).<br />

124


<strong>ARTE</strong> E <strong>POLITICA</strong>. OSSERVAZIONI INTORNO A DUE STATUE EQUESTRI MEDIEVALI<br />

6. Statua di Carlo Magno a cavallo, già al Duomo di Metz, oggi al Louvre (citata talvolta<br />

semplicemente come “Cavaliere”) (da GRAMACCINI, Zur Rezeption, fig. 35).<br />

7. Bronzetto raffigurante Costantino, Ungheria, sec. XV, Budapest, Szépmüvszéti Muzeum,<br />

cat. 55 (da GRAMACCINI, Zur Rezeption, fig. 39). La cornucopia suggerisce il trasferimento<br />

di attributi da S. Giorgio, associato, nell’Europa orientale, a credenze pagane di fertilità.<br />

125


IRINA BALDESCU<br />

8. Il reliquiario di Maastricht, appartenuto ad Einhard, biografa e consigliere di Carlo<br />

Magno (disegno di anonimo, XVIII sec., orig. Bibl. Naz. Parigi ms. fr. 10 440). Si noti la<br />

rappresentazione di S. Giorgio all’interno dell’arco, a destra: il drago e il cavallo<br />

compongono un movimento circolare (da Das erste Jahrtausend, vol. III, fig. 290).<br />

9. La piazza centrale di Oradea, dettaglio della veduta di Civitates Orbis Terrarum, vol. VI,<br />

40, Colonia 1617 (Georg e Joris Hoefnagel; disegno ante 1600). Si noti la statua di S.<br />

Ladislao, (1390), realizzata al tempo di tempo di Sigismondo di Lussemburgo, e il suo<br />

rapporto con la facciata della cattedrale e la piazza. All’angolo della cattedrale sono visibili<br />

altre tre statue di santi nazionali ungheresi (i re Stefan ed Emeric, e lo stesso S. Ladislao o il<br />

vescovo Gerardo?); la didascalia nota: “E. statua Regis equestris, et tres statuae pedestres<br />

ex aere fusili”. Dopo l’occupazione turca di Oradea (1660 - 1661) tutte le statue sono state<br />

portate a Belgrado e fuse.<br />

126


<strong>ARTE</strong> E <strong>POLITICA</strong>. OSSERVAZIONI INTORNO A DUE STATUE EQUESTRI MEDIEVALI<br />

10. La piazza di Oradea, con la statua di S. Ladislao, dettaglio dalla veduta di Cesare da<br />

Porta, 1598 – 1599 (Karlsruhe, Badisches Generalarchiv, Kartensammlung, vol. XIV, n. 49,<br />

da E. MAROSI, Probleme der Prager St. Georg, fig. 1).<br />

127


IRINA BALDESCU<br />

11. La statua di S. Ladislao a Oradea (1390), disegno di G. Hoefnagel. Si nota che S.<br />

Ladislao è ritratto nella posizione consacrata dalle statue equestri romane (in Emblembuch<br />

des Ottavo Strada,Vienna, Oesterreichische Nationalbibliothek, cod. 9432, f. 126v, da<br />

MAROSI, Probleme der Prager St. Georg, fig. 2).<br />

128

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!