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GiUliANO AGRESti, UN vEScOvO AttENtO Ai SEGNi dEi tEMPi

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GiUliANO AGRESti, UN vEScOvO AttENtO Ai SEGNi dEi tEMPi

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con le chiese del Brasile e del Ruanda come testimonia il fulgido esempio di don<br />

Giovanni Galli. Ma resta icona, ancora attuale, del suo spirito di solidarietà verso<br />

i perduti, verso i «nuovi dannati», l’invenzione delle comunità di recupero del Ceis<br />

che, nella formula poi diffusasi nell’intero paese, nascono più Lucca che a Roma.<br />

L’Agresti le aveva pensate in modo organico come terapia integrale incentrata in<br />

positivo sul valore della persona umana da reintegrare e non come piaga sociale<br />

da contenere e controllare. L’attuazione esemplare di questo progetto caritativo, di<br />

cui fino alla fine il vescovo Giuliano si volle occupare con impegno quasi settimanale,<br />

fu opera di don Bruno Frediani che certo sulla singolarità di questo impegno<br />

saprà dare più proficui e completi ragguagli.<br />

Si trattava di iniziative diverse che segnalavano in entrambi i casi un’apertura<br />

ai «segni dei tempi» per un’ecclesiologia di comunione che riteneva il compito<br />

missionario e caritativo un impegno delle singole chiese e non una funzione demandata<br />

a particolari specialisti religiosi. L’interesse verso tossicodipendenti e<br />

malati terminali mostrava l’ardore apostolico della spiritualità ottocentesca unito<br />

alle risorse della giovane ecclesiologia conciliare. La Chiesa si faceva presente non<br />

per condannare i «nuovi peccatori», ma per venire incontro in modo professionale<br />

e moderno alle richieste di aiuto di un mutato ambiente umano degradato di cui<br />

la società civile non sapeva farsi carico. Lo storiografo attento avrà modo di riscontrare<br />

i chiaroscuri di queste iniziative apostoliche e valutare se e come questa<br />

visione programmatica di “rinnovamento nella continuità” sia stata efficace. In<br />

ogni caso constaterà che anche davanti a comprensibili forme di adeguamento e di<br />

espansione e perfino nei momenti di stanchezza e di appesantimento, l’impegno<br />

apostolico dell’Agresti si manterrà costante negli anni successivi in tutta la sua<br />

opera scribale e ministeriale, componendosi alla fine in un sentire teologico sempre<br />

più coerente e riflesso, perché più partecipato e sofferto, come risulta dai suoi<br />

ultimi scritti.<br />

Apertura ai «segni dei tempi» sincera e produttiva quindi che dilatava il cuore<br />

del vescovo e dell’uomo di cultura sospingendolo a relazionarsi con pazienza e<br />

in modo attrezzato con il mondo e con i lontani, ma ancora bisognosa di ripensamenti<br />

e di purificazioni. Tra queste sue molteplici iniziative di apertura al nuovo<br />

come non ricordare il suo singolare contributo nel dialogo ecumenico e nel confronto<br />

interreligioso a livello locale e nazionale?<br />

Tra i suoi impegni di “rinnovamento nella continuità” non si può non fare memoria<br />

del ruolo attivo avuto per la restaurazione del diaconato nella chiesa italiana.<br />

Fu proprio l’Agresti il vescovo che ha curato la promozione e l’avvio del diaconato<br />

permanente nel nostro paese. Sotto la sua guida e con il suo accompagnamento<br />

le chiese di Torino, Napoli e Reggio Emilia poterono ordinare i primi diaconi<br />

sposati, condividendo la sua visione diaconale. Vedeva nella diaconia ordinata<br />

non una forma di promozione di laici per benemerenze pastorali, ma il segno sacramentale<br />

dei ministri dei poveri e dei lontani che rendevano credibile e testimoniale<br />

l’eucaristia del vescovo. Poteva una chiesa condividere il pane degli angeli se<br />

prima non imparava a condividere il pane terreno? Il diacono con il suo umile e disinteressato<br />

servizio poteva e doveva portare agli ultimi insieme alla consolazione<br />

dello spirito anche la carità della Chiesa. Inoltre, così pensava il vescovo Giuliano,<br />

con la trasparenza della sua peculiare conformazione a Cristo servo, il diacono poteva<br />

diventare, anche per gli altri due gradi dell’unico sacramento dell’ordine, una<br />

testimonianza evangelica per una sequela sempre più spoglia di ogni forma di carrierismo<br />

e di potere clericale.<br />

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