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GiUliANO AGRESti, UN vEScOvO AttENtO Ai SEGNi dEi tEMPi

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gno di viaggio, abbiamo imparato a scorgere il volto del condiscepolo fedele, del fratello<br />

premuroso e sincero. A queste fonti attingerò a conforto.<br />

Da dove cominciare? Ricongiungendo gli scritti del nostro vescovo alla sua memoria,<br />

una prima notazione affiora pronta e lampante: in lui non s’incontra quel<br />

penoso distacco del sapere teologico dalla santità della vita o della dottrina dalla<br />

testimonianza, separando il ministero ordinato dalla vita secondo lo Spirito. Pur<br />

con tutte le debolezze e le contraddizioni della nostra natura, la ferrea disciplina<br />

dell’ascolto praticata dall’Agresti lo immetteva in un’esperienza dinamica e sempre<br />

in atto che gli richiedeva un costante impegno di discernimento per rinnovarsi<br />

nello Spirito e vivere, da povero e non da primo, ciò che leggeva per comunicare<br />

con sapienza ciò che viveva. Di questo percorso spirituale che coniuga storia e grazia<br />

si possono delineare tre tappe.<br />

Il Dio che si rivela e che continua a rivelarsi, «gestis verbisque», nel tempo degli<br />

uomini, è una delle novità teologiche più dirompenti e significative arrecate dal<br />

Vaticano II e, come vedremo, quanto mai presenti nell’esistenza teologica dell’Agresti.<br />

Come non ricordare la sua sana curiosità riguardo al senso scritturistico<br />

dell’esegesi colta, che mostrava, accanto allo stupore per la ricchezza inarrivabile<br />

della Scrittura, quel suo scrupoloso incanto per le profondità dispiegate da un sapere<br />

biblico condito di silenzio e di preghiera. Ma anche la sua burbera e divertita<br />

ironia verso quell’esegesi maldestra, piegata al vento di ogni moda, che cominciava<br />

erudita e finiva buia e pedante. Ripensando e rileggendo quanto da lui proclamato<br />

e insegnato nelle sue omelie, nei suoi interventi e nei suoi scritti, si riconosce<br />

il frutto di un’assimilazione creativa inesausta di chi per primo ascoltava la parola<br />

che proclamava. Disciplina austera che gli permetteva di mettere le ali anche<br />

a pagine bibliche più volte commentate e che per consuetudine e inerzia rischiavano<br />

di essere logore e ripetitive. E amava ascoltare e far ascoltare chiunque fosse<br />

attento e innamorato della Parola. Non posso dimenticare di essere stato invitato,<br />

ancora da laico, a tenere incontri di lectio divina nella sua amata chiesa di<br />

Lucca, per favorire un approccio diretto al testo sacro.<br />

Torniamo a ricongiungere memoria e scrittura per scrutarne il senso e il verso.<br />

In un’esistenza teologica, gli antichi maestri ci hanno insegnato che c’è sempre<br />

un filo rosso che sembra collegare, come in una sorta d’inclusione provvidenziale,<br />

il dipanarsi spesso indecifrabile di opere e giorni, di fatti e parole, di attese e delusioni<br />

che solo alla fine si mostrano come integro e benevolo disegno di salvezza.<br />

Non è un espediente narrativo rinvenire l’ordito sotteso al vissuto cristiano, ma<br />

un’esigenza della fede il poter discernere i segni di una presenza provvidenziale<br />

che tesse una trama di continuità nella discontinuità di vita di un discepolo di Cristo.<br />

Per il nostro vescovo le fonti ci permettono un’agevole collazione. Cominciando<br />

dai primi scritti accessibili, dalla vigilia della sua ordinazione presbiterale, fino<br />

al suo testamento spirituale sono riscontrabili i motivi dominanti della sua spiritualità<br />

che, come vedremo, da un canovaccio sperimentato d’impianto convenzionale<br />

si trasformeranno in fulgidi e ancora attuali punti di luce che non cessano<br />

d’interpellarci. Possediamo a riguardo un documento eccezionale che permette di<br />

cogliere questo passaggio aurorale della sua storia, come amava dire, dove l’eredità<br />

del suo patrimonio preconciliare, è ripresa, in forma adulta e programmatica<br />

e proiettata in un futuro che governava il suo presente di cristiano e di pastore: si<br />

tratta della sua prima lettera pastorale all’inizio del suo ministero episcopale a<br />

Spoleto, nel Natale del 1969. Dopo essersi rivolto con casto eloquio ai sacerdoti,<br />

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