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università degli studi della tuscia di viterbo dipartimento di storia e ...

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La garanzia <strong>della</strong> inamovibilità, da Tajani considerata non un bene del singolo giu<strong>di</strong>ce<br />

ma un bene per la società, era in qualche modo contemperata dalla responsabilità<br />

ministeriale del guardasigilli nel potere <strong>di</strong> trasferimento dei giu<strong>di</strong>ci. «È chiaro che<br />

essendo l’inamovibilità ammessa non nell’interesse in<strong>di</strong>viduale del giu<strong>di</strong>ce, ma<br />

nell’interesse sociale, questo rimarrebbe <strong>di</strong> fronte al primo soccumbente, se il governo<br />

non potesse in tali ed altri somiglianti casi decretare il tramutamento». Tajani, dunque,<br />

prevedeva delle precise ipotesi nelle quali il ministro aveva non solo il potere ma anche<br />

il dovere <strong>di</strong> trasferire un giu<strong>di</strong>ce: quando questi fosse rimasto nella stessa sede<br />

giu<strong>di</strong>ziaria per almeno cinque anni, quando fosse nato nella circoscrizione dove<br />

esercitava o vi avesse congiunti o affini, e infine nei casi in cui il trasferimento fosse<br />

stato richiesto da ragioni <strong>di</strong> pubblico servizio constatate però da un rapporto <strong>di</strong> una<br />

speciale commissione 74 .<br />

Sarà il ministro Zanardelli, chiamato alla giustizia da Crispi, che riuscì a far approvare<br />

alcune delle riforme proposte da Tajani.<br />

Quando, infatti, nell’estate del 1887 Agostino Depretis morì, alla guida del Governo fu<br />

chiamato Francesco Crispi, primo uomo politico meri<strong>di</strong>onale a ricoprire la carica <strong>della</strong><br />

presidenza del Consiglio, alla quale unì anche la carica <strong>di</strong> ministro dell’Interno e quello<br />

<strong>degli</strong> Esteri almeno fino alla caduta del suo primo Governo nel febbraio 1891.<br />

Crispi si interessò <strong>di</strong> tutti i campi <strong>della</strong> vita politica, da quella interna a quella estera,<br />

dalla politica coloniale a quella economica, <strong>di</strong>viso tra una tendenza accentratrice dello<br />

Stato e le istanze <strong>di</strong> ammodernamento. Condusse un’opera legislativa 75 <strong>di</strong> enormi<br />

proporzioni e senza precedenti: ad eccezione <strong>della</strong> scuola non ci fu apparato dello Stato<br />

che non fu coinvolto dalla sua opera riformatrice: nuovo assetto del Ministero<br />

dell’interno, riforma comunale e provinciale, pubblica sicurezza, co<strong>di</strong>ce penale, statuto<br />

<strong>degli</strong> impiegati, opere pie, sistema penitenziario, emigrazione 76 .<br />

74 Ibidem pp.76 ss.<br />

75 Cfr. ACS, Crispi, D.S.P.P. b. 98, fasc. 588: Crispi in un <strong>di</strong>scorso tenuto a Roma in occasione <strong>di</strong> un<br />

banchetto in suo onore il 23 maggio 1895 a proposito dei decreti legge così spiegò il loro utilizzo: «questo<br />

regime, che suol chiamarsi dei decreti legge, è grave; lo <strong>di</strong>cono in contrad<strong>di</strong>zione con lo Statuto coloro<br />

pei primi i quali vi hanno ricorso, non solo senza necessità vera, ma senza frutto per la finanza dello Stato<br />

e per l’economia nazionale. L’uso che noi ne abbiamo fatto, oltre che dalla purità <strong>della</strong> intenzione e dalla<br />

inevitabilità, è legittimato dal successo».<br />

76 Sulle riforme <strong>di</strong> Crispi si vedano R. Romanelli, Francesco Crispi e la riforma dello Stato nella svolta<br />

del 1887, in “Quaderni storici”, 1971, vol. I, pp. 763 – 834; L. Montevecchi, Le riforme crispine, in<br />

Amministrazione statale, Milano, Giuffrè, 1990, vol. I, pp. 415 – 446; .G. Melis, Francesco Crispi e le<br />

riforme amministrative, in “Le Carte e la <strong>storia</strong>”, 2003, n. 2 pp. 58 – 64.<br />

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