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L'aspetto giuridico nazionale (diritto marittimo e ... - Marina Militare

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70<br />

CCaappiittoolloo VVIIII<br />

L’ASPETTO GIURIDICO NAZIONALE (DIRITTO<br />

MARITTIMO E PENALE).<br />

Jean Pierre Pierini<br />

PIRATI DI IERI E DI OGGI<br />

La pirateria è usualmente definita quale «crimine di carattere inter<strong>nazionale</strong>» o<br />

«crimine contro il <strong>diritto</strong> delle genti»; crimen juris gentium nella definizione latina.<br />

Quella che è ormai diventata una premessa tipica alla trattazione della pirateria<br />

merita una considerazione. Solitamente con la definizione di «crimini internazionali»,<br />

e il riferimento è ai cosiddetti core crimes (genocidio, crimini contro l’umanità<br />

e crimini di guerra) si individuano quelle condotte che sono definite e «incriminate»<br />

direttamente dal <strong>diritto</strong> inter<strong>nazionale</strong> tanto convenzionale, quanto consuetudinario.<br />

Definizione che pone delicati problemi legali rispetto all’interpretazione necessariamente<br />

formale del principio di legalità.<br />

Ebbene, rispetto alla pirateria la definizione non è solo abusata, ma anche imprecisa:<br />

esiste una definizione internazionalmente accettata della pirateria, un obbligo per<br />

gli Stati di reprimere la stessa, ma la punibilità della pirateria e l’ambito della giurisdizione<br />

rispetto alla pirateria rimangono materia per il <strong>diritto</strong> penale interno degli Stati<br />

(vds. Caffio).<br />

Quanto precede significa che uno Stato che non reprime la pirateria nel proprio ordinamento<br />

interno non potrebbe, senza venire meno ai propri obblighi internazionali<br />

per la tutela dei diritti dell’uomo (a includere il principio di legalità), punire tali condotte<br />

facendo riferimento… al <strong>diritto</strong> inter<strong>nazionale</strong> o alla definizione di pirateria contenuta<br />

nella Convenzione di Montego Bay, asserendo che la condotta è «criminalizzata<br />

direttamente da tali fonti». Che sono necessarie norme di <strong>diritto</strong> interno emerge con<br />

maggior chiarezza se si pone mente all’art. 105 della Convenzione di Montego Bay<br />

laddove è previsto che lo Stato che ha effettuato la cattura di una nave pirata e del suo<br />

equipaggio applica le proprie leggi.<br />

Sia la definizione che la disciplina inter<strong>nazionale</strong> hanno invece un proprio rilievo<br />

nella definizione dei link giurisdizionali e dei presupposti per l’esercizio della giurisdizione<br />

e nell’individuazione dei presupposti per «intervenire» (visita e cattura) che<br />

possono definirsi esercizio di jurisdiction to enforce.<br />

Supplemento alla Rivista Marittima


PIRATI DI IERI E DI OGGI<br />

In data 15 dicembre 2008 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha deciso (Risoluzione 1851)<br />

che le azioni di contrasto alla pirateria somala possono essere effettuate anche sul territorio e nello spazio<br />

aereo, in aggiunta alle acque territoriali (ONU).<br />

Il carattere obsoleto del quadro inter<strong>nazionale</strong> per la repressione della pirateria<br />

non è certo un aspetto nuovo ed è stato evidenziato già negli anni trenta del ventesimo<br />

secolo<br />

La pirateria nel <strong>diritto</strong> penale <strong>nazionale</strong><br />

Nel <strong>diritto</strong> italiano il reato di «pirateria» è previsto dal Codice della navigazione all’art.<br />

1135. In particolare il Comandante o l’Ufficiale di nave <strong>nazionale</strong> o straniera che<br />

commetta atti di depredazione in danno di una nave <strong>nazionale</strong> o straniera o del carico,<br />

ovvero che a scopo di depredazione commetta violenza in danno di persona imbarcata<br />

su una nave <strong>nazionale</strong> o straniera è punito con la reclusione da 10 a 20 anni. La pena è<br />

ridotta in misura non eccedente un terzo per gli altri componenti dell’equipaggio e della<br />

metà per gli «estranei» all’equipaggio intendendosi per tali i passeggeri che concorrono<br />

agli atti di depredazione. L’art. 1136 del Codice della navigazione. punisce, invece,<br />

con la reclusione da 5 a 10 anni il Comandante di nave <strong>nazionale</strong> o straniera, forni-<br />

Dicembre 2009<br />

71


72<br />

PIRATI DI IERI E DI OGGI<br />

ta «abusivamente» di armi, che navighi senza essere munita di carte di bordo. Tanto il<br />

reato di «pirateria» quanto il reato di «nave sospetta di pirateria» sono punibili senza<br />

limitazioni relative al luogo in cui sono poste in essere: mare territoriale <strong>nazionale</strong>, alto<br />

mare e mare territoriale straniero. Al riguardo si suole parlare di «applicabilità della<br />

legge penale nello spazio» e tale applicazione è, per il codice penale, estesa limitatamente<br />

ai casi stabiliti [espressamente] dalla legge medesima o dal <strong>diritto</strong> inter<strong>nazionale</strong><br />

a tutti cittadini o stranieri che si trovano all’estero. Per ipotesi la punibilità di eventuali<br />

casi di pirateria costiera malese o caraibica commessi da italiani o stranieri imbarcati<br />

su un mercantile italiani discenderebbe dall’art. 1080 del codice della navigazione<br />

quale norma sull’applicabilità delle disposizioni penali del rispettivo codice.<br />

La punibilità della pirateria alturiera del mare della Cina, oltre a derivare dalla norma<br />

sopra richiamata, avrebbe invece un proprio fondamento nel <strong>diritto</strong> inter<strong>nazionale</strong>,<br />

nella misura in cui la Convenzione di Montego Bay, impone l’applicazione della legge<br />

dello Stato che cattura la nave pirata e, in quanto tale realizza una delle condizioni poste<br />

nel codice penale per la punibilità incondizionata di reati commessi all’estero. In<br />

difetto di cattura la giurisdizione non potrebbe invece essere fondata sulle norme nazionali<br />

che richiamano il <strong>diritto</strong> inter<strong>nazionale</strong> (art. 7 n. 5 codice penale). In questo caso,<br />

più che di applicazione della legge, si tratta di un presupposto per l’esercizio della<br />

giurisdizione. La questione punibilità della condotta di «Nave sospetta di pirateria» è<br />

più complessa. L’art. 1136 del codice della navigazione è stato pensato per contesti nazionali<br />

e la nave poteva dirsi «fornita abusivamente d’armi» se tale fornitura non rispondeva<br />

ai requisiti degli artt. 65 e 193 del medesimo codice (autorizzazione dell’Autorità<br />

Marittima alle condizione poste dal TULPS e relativo regolamento). E la<br />

nave straniera in alto mare? Le navi sono soggette alla rispettiva legge di bandiera<br />

quanto alla fornitura o dotazione di armi e la legge <strong>nazionale</strong> può venire in rilievo quale<br />

legge del Port State. L’abusività della fornitura dovrà essere valutata in base alla<br />

legge dello Stato di bandiera, il che pone un problema legale insormontabile rispetto ai<br />

barchini somali, rispetto ai quali non esiste alcuna autorità competente a rilasciare un<br />

permesso per la dotazione d’armi. Come si vedrà, nella normativa speciale per le missioni<br />

fuori area è stata estesa al contesto somalo anche l’applicabilità incondizionata<br />

dell’art. 1136.<br />

Osservando la fattispecie del reato di pirateria balza immediatamente all’occhio il<br />

fatto che il legislatore aveva in mente una «Nave pirata» con una organizzazione strutturata<br />

e definita con un Comandante, degli ufficiali, un equipaggio e, eventualmente,<br />

dei passeggeri dall’animo criminale. Manca solo il quartiermastro e la descrizione cadrebbe<br />

a pennello per la nave di Long John Silver. Organizzazione certo non rinvenibile<br />

in uno skiff che tenta l’arrembaggio a una nave nel Golfo di Aden. Ciò si traduce,<br />

nella pratica, nel tentativo d’individuare il soggetto al timone, il servente del RPG e<br />

l’unico alfabetizzato capace di effettuare una lettura del GPS, per attribuire agli stessi<br />

dei ruoli «funzionali» corrispondenti alle qualifiche previste dagli artt. 1135-1136 del<br />

Codice della Navigazione. Soluzione alternativa a quella, probabilmente più corretta<br />

Supplemento alla Rivista Marittima


PIRATI DI IERI E DI OGGI<br />

Dicembre 2009<br />

L’ACCORDO TRA KENYA E UNIONE EUROPEA<br />

Il primo e attualmente unico accordo esistente per il trasferimento delle persone che hanno<br />

commesso o che sono sospettate di aver commesso reati pirateria ad altro Stato affinché<br />

siano da questo giudicate è rappresentato dallo scambio di lettere tra Unione Europea e il<br />

Kenya del 12 marzo 2009, in esecuzione della decisione 2009/293/PESC adottata dal Consiglio<br />

dell’Unione Europea in data 26 febbraio 2009. Questo costituisce una prima concretizzazione<br />

degli accordi per l’esercizio della giurisdizione da parte di Stati costieri, già prefigurato<br />

fin dalla Risoluzione 1816 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e ripresi<br />

nell’Azione Comune 2008/851/PESC del Consiglio dell’Unione Europea.<br />

L’accordo tra UE e Kenya concerne le condizioni e modalità di trasferimento delle persone<br />

sospettate di aver commesso atti di pirateria fermate dalla Forza navale dell’Unione Europea<br />

(EUNAVFOR), secondo il quale il Kenya si impegna:<br />

— su richiesta dell’EUNAVFOR, ad accettare il trasferimento delle persone fermate dall’EUNAVFOR<br />

in connessione con la pirateria e dei relativi beni sequestrati dall’EU-<br />

NAVFOR e sottoporrà tali persone e beni alle proprie autorità competenti ai fini delle indagini<br />

e dell’azione giudiziaria (art. 2 lett a);<br />

— a trattare le persone trasferite in modo umano (non sarà oggetto di tortura o di trattamento<br />

o pena crudele, disumana o degradante, riceverà vitto e alloggio adeguati, accesso<br />

alle cure mediche e potrà osservare la propria religione);<br />

— a tradurre prontamente le persone trasferite dinanzi a un giudice, che deciderà senza indugio<br />

sulla legittimità della sua detenzione ed ordinerà il suo rilascio se la detenzione non è<br />

legittima;<br />

— a informale, nel più breve tempo possibile, in una lingua a essa comprensibile e in modo<br />

dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa formulata a suo carico, assicurando loro il<br />

<strong>diritto</strong> al processo entro un ragionevole periodo di tempo o al rilascio, previo svolgimento<br />

di un’udienza equa e pubblica da parte di un organo giurisdizionale competente, indipendente<br />

e imparziale, costituito per legge e considerandole innocenti fino a quando la sua colpevolezza<br />

non sia stata legalmente accertata, compreso la concessione di un appello;<br />

— a non condannarle alla pena di morte: il Kenya, conformemente alle leggi applicabili,<br />

adotterà le misure necessarie per assicurare che la pena di morte sia commutata in pena detentiva<br />

(art 4);<br />

— il Kenya assicura, infine, che la persona non sarà trasferita ad altro Stato senza il consenso<br />

di EUNAVFOR (art. 3 lett h).<br />

EUNAVFOR e l’UE vigilano sul rispetto delle condizioni tramite un sistema di «documentazione<br />

e notifiche». Al cessare dell’operazione l’incombenza diverrà solo dell’UE (lettera<br />

dell’Unione europea). Il reale tratto di novità è, inoltre, rappresentato dal fatto che il soggetto<br />

attivo in tale forma di cooperazione giudiziaria non è uno Stato ma è, come accennato,<br />

EUNAVFOR.<br />

A latere di questo patto l’UE ha sottoscritto un accordo con Gibuti che consente a EU-<br />

NAVFOR di sbarcare le persone fermate sotto l’accusa di pirateria, e di trattenerle in attesa<br />

di un loro trasferimento verso il Kenya per essere là sottoposti a procedimento giudiziario.<br />

J.P.P. & M.A.<br />

73


74<br />

PIRATI DI IERI E DI OGGI<br />

Il MAESTRALE impiegato nel Golfo di Aden ha catturato nove pirati che sono stati successivamente<br />

consegnati al Kenya per il procedimento giudiziario (<strong>Marina</strong> <strong>Militare</strong>).<br />

sotto il profilo del principio di legalità, di partire dalla pena ridotta per tutti, per costruirvi<br />

gli aumenti previsti per i differenti concorrenti nel reato (art. 112 Codice penale).<br />

Gli atti mediante i quali si consuma la «moderna pirateria Somala» si discostano in<br />

parte, per il vero, dai reati di pirateria — di qui il ricorso sul piano inter<strong>nazionale</strong> alla<br />

categoria degli atti di armed robbery — e possono essere inquadrati quali lesioni personali,<br />

omicidio, rapina, «sequestro di persona per fini di estorsione» (art. 630 c.p.).<br />

La condotta descritta nella Convenzione di Montego Bay consistente nell’adibire una<br />

nave alla pirateria, quando non sussistono gli elementi costitutivi del reato di «Nave<br />

sospetta di pirateria» (art. 1136 c.n.) può risultare punibile, sussistendone i presupposti,<br />

quale associazione a delinquere finalizzata alla commissione della pirateria (art.<br />

416 cp). Nel recente caso della cattura di 9 sospetti pirati Somali da parte di nave<br />

Maestrale, la prima qualificazione dei fatti da parte del pubblico ministero ai fini della<br />

richiesta di convalida dell’arresto in flagranza e dell’applicazione della misura coercitiva<br />

della custodia cautelare in carcere, riguardava i reati di pirateria aggravata dalla finalità<br />

di terrorismo (in relazione all’entità della minaccia alla sicurezza della navigazione<br />

nell’area e ai riflessi intenzionali della stessa sui traffici marittimi) e dal tentato<br />

sequestro di persona per fini di terrorismo (art. 289-bis codice penale).<br />

Supplemento alla Rivista Marittima


PIRATI DI IERI E DI OGGI<br />

Dicembre 2009<br />

L’ACCORDO TRA SEYCHELLES E UNIONE EUROPEA<br />

Dopo una lunga serie di discussioni, il giorno 22 ottobre 2009 i Ministri degli Esteri dell’Unione<br />

Europea hanno approvato l’accordo con le Seychelles, che è stato ufficializzato il<br />

10 novembre a Victoria con la firma delle due parti. Questo accordo è particolarmente importante<br />

alla luce dello spostamento delle attività dei pirati somali verso Sud, anche a seguito<br />

delle migliori condizioni di sicurezza assicurate nel Golfo di Aden. Le Seychelles accettano<br />

quindi il trasferimento dei sospetti pirati catturati da EUNAVFOR per sottoporli a<br />

procedimento giudiziario.<br />

L’accordo ricalca da vicino quello sottoscritto da Kenya e Unione Europea, per quanto riguarda<br />

le condizioni di rispetto dei diritti umani, le procedure di verifica dell’accordo, nonché<br />

per l’aiuto logistico e finanziario alle strutture giudiziarie locali, ma introduce alcune<br />

importanti novità:<br />

— il trasferimento è limitato a particolari limitazioni, ovvero ai pirati catturati all’interno<br />

della Zona Economica Esclusiva dell’arcipelago delle Seychelles, oppure in alternativa, a<br />

pirati che abbiano attaccato navi d’interesse delle Seychelles (di bandiera, o di proprietà, o<br />

con equipaggio, di quel Paese), oppure ancora, dietro specifica autorizzazione del Governo<br />

delle Seychelles;<br />

— qualora i giudici delle Seychelles ritenessero che le prove a carico dei sospetti pirati siano<br />

insufficienti o infondate, ne verrà disposta la liberazione ed EUNAVFOR si farà carico<br />

del trasferimento dei sospetti al Paese di origine entro dieci giorni dalla comunicazione della<br />

decisione;<br />

— il Procuratore Generale delle Seychelles ha dieci giorni di tempo per confermare l’arresto<br />

dei sospetti trasferiti da EUNAVFOR e decidere sulla perseguibilità;<br />

— la partecipazione del personale di EUNAVFOR chiamati come testimoni avviene sulla<br />

base di un calendario di udienze concordato preventivamente tra le parti.<br />

La giurisdizione per i reato i pirateria: l’impostazione tradizionale<br />

M.A.<br />

Nel precedente paragrafo si è parlato di punibilità in relazione all’applicabilità delle<br />

norme penali nazionali sulla pirateria a condotte poste in essere all’estero, il che non<br />

implica di per sé che per tali fatti si possa effettivamente instaurare un procedimento<br />

nello Stato.<br />

Gli obblighi (precetti) creati dalle norme penali a certe condizioni si estendono come<br />

le onde radio nell’etere: il soggetto investito da tali onde neanche se ne accorge come<br />

del resto non se ne accorge l’emittente. Il sistema giudiziario italiano non può farsi<br />

carico di tutte le situazioni in cui un divieto posto dalle norme penali nazionali è stato<br />

violato all’estero. Le norme sull’esercizio della giurisdizione hanno lo scopo di individuare<br />

quale violazione presenta un legame sufficiente con lo Stato (in ragione della le-<br />

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76<br />

PIRATI DI IERI E DI OGGI<br />

Le condizioni di vita nelle prigioni somale sono molto peggiori di quelle che si possono avere<br />

in Europa o in Kenya.<br />

sione di un interesse dello stesso, dell’umanità, di un cittadino o della nazionalità dell’autore)<br />

per dare luogo a un procedimento <strong>nazionale</strong> (1).<br />

Premesso quanto precede, può osservarsi come tradizionalmente l’esercizio della<br />

giurisdizione rispetto al reato di pirateria è stato collegato all’art. 7 n. 5 del codice penale,<br />

che richiamava tutte quelle ipotesi in cui convenzioni internazionali rendono applicabile<br />

la legge italiana. Il riferimento era, in questo caso, rappresentato dall’art. 105<br />

della Convenzione di Montego Bay e limitato all’alto mare.<br />

Il carattere «facoltativo» della cattura non osta a tale interpretazione, dal momento<br />

che, operata la cattura, l’applicazione della legge penale dello Stato «cattore» non è<br />

più facoltativa, ma obbligatoria. A un risultato similare perveniva quella dottrina che,<br />

sempre rispetto all’art. 7 n. 5 del codice penale, intravedeva nell’art. 1080 del codice<br />

(1) A complicare l’apparente semplicità di una costruzione «a cascata» rappresentata a) dalla violazione<br />

all’estero di una norma penale da parte di un soggetto obbligato dalla legge penale italiana e b) dalla sussistenza<br />

dei presupposti per punire in concreto tale violazione, vi è il fatto che i presupposti per tale punizione<br />

sono di differente e dibattuta natura (la dottrina parla di condizioni di punibilità, condizioni per<br />

l’applicazione della legge penale, condizioni di procedibilità).<br />

Supplemento alla Rivista Marittima


PIRATI DI IERI E DI OGGI<br />

della navigazione la norma di legge che rende applicabile, rispetto alla pirateria, la<br />

legge italiana.<br />

Due interpretazioni alternative, una prettamente <strong>nazionale</strong> (artt. 1135, 1136 e 1137<br />

cod. nav., tramite l’art. 1080 cod. nav. e quindi l’art. 7 n. 5 cod. pen.) e l’altra imperniata<br />

sulle convenzioni internazionali (art. 105 Conv. di Montego Bay e l’art. 7 n. 5<br />

cod. pen.) giustificavano quantomeno la punibilità della pirateria d’alto mare. A dire il<br />

vero la linea interpretativa basata sulle sole norme nazionali avrebbe giustificato anche<br />

la repressione e l’esercizio della giurisdizione nelle acque territoriali di altro Stato, per<br />

le quali manca tuttavia (salve le eccezioni di cui si dirà) la jurisdiction to enforce (2).<br />

L’autorizzazione ad agire nelle acque territoriali della Somalia e la normativa<br />

speciale per le missioni fuori area<br />

La Risoluzione del Consiglio di Sicurezza (UNSCR) del 2 giugno 2008, n. 1816, §<br />

7, in ragione del consenso del TFG Somalo (Governo federale di transizione), autorizza<br />

gli Stati che cooperano con questo, a entrare nelle acque territoriali somale con il fine<br />

di reprimere la pirateria con le medesime modalità con le quali questa è repressa<br />

nell’alto mare. L’autorizzazione è stata estesa con la UNSCR del 7 ottobre 2008, n.<br />

1838 e quindi con la UNSCR 1846 del 2 dicembre 2008, fino al 1° dicembre 2009.<br />

L’autorizzazione opera sul piano del rapporto tra Stati, ma ha chiare implicazioni sulla<br />

jurisdiction to enforce.<br />

Per chiarire il concetto possiamo ricorrere a un esempio: uno Skiff colpisce con una<br />

granata anticarro una nave da crociera italiana in alto mare e si rifugia quindi nelle acque<br />

territoriali dello Yemen. Trascurando gli eventuali ulteriori implicazioni penali,<br />

può ritenersi perfezionato con l’atto di violenza (il lancio della granata) il reato di pirateria.<br />

Il colpo ha prodotto un danno fisico sulla nave, territorio assimilato dello Stato, e<br />

il reato si riterrà conseguentemente commesso nello Stato e punibile incondizionatamente<br />

in Italia.<br />

La cattura nelle acque territoriali dello Yemen non è consentita dal <strong>diritto</strong> inter<strong>nazionale</strong>:<br />

catturare la nave e il suo equipaggio rappresenterebbe una violazione della sovranità<br />

dello Stato interessato (illecito inter<strong>nazionale</strong>), ma non è privo di sanzione nel<br />

<strong>diritto</strong> interno. In difetto del consenso espresso del sovrano territoriale, l’arresto del-<br />

(2) L’una e l’altra linea interpretative sono state messe in dubbio da dichiarazioni alla vigilia dell’impegno<br />

della <strong>Marina</strong> <strong>Militare</strong> al largo della Somalia. Il chiarimento legislativo attuato con il D.L. 209/2008 relativo<br />

all’esercizio della giurisdizione per quelli che sono internazionalmente definiti atti di armed robbery<br />

nella misura in cui non coincidono con la definizione <strong>nazionale</strong> di pirateria (es. l’omicidio o il sequestro<br />

di persona), è stato operato, come si vedrà nel successivo paragrafo, in maniera tale da indurre erroneamente<br />

il dubbio che al di fuori della normativa applicabile alle missioni fuori area, la pirateria d’alto mare<br />

non sia perseguibile in Italia.<br />

Dicembre 2009<br />

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78<br />

PIRATI DI IERI E DI OGGI<br />

Il SAN GIORGIO è stato dislocato nel Golfo di Aden per fornire una base d’operazioni durante<br />

il sequestro del rimorchiatore italiano BUCCANEER (<strong>Marina</strong> svedese).<br />

l’equipaggio e il sequestro dello Skiff si configurerebbero come posti in essere «in difetto<br />

assoluto di giurisdizione».<br />

Le autorizzazioni alla repressione della pirateria nelle acque territoriali della Somalia<br />

sopra menzionate evitano che lo Stato che cattura una nave pirata nelle acque di tale<br />

Stato commetta un illecito inter<strong>nazionale</strong> ed evita anche gli atti di polizia giudiziaria<br />

in cui si è tradotta la cattura (arresto in flagranza per l’equipaggio e sequestro per la<br />

nave) siano radicalmente privi di validità.<br />

Il decreto legge 30 dicembre 2008, n. 209 (contenente proroga della partecipazione<br />

italiana a missioni internazionali) convertito in legge con modificazioni dalla legge 24<br />

febbraio 2009 n. 12, contiene disposizioni per l’esercizio della giurisdizione rispetto<br />

agli atti di pirateria. In particolare l’art. 5 comma 4, come modificato dall’art. 1 del decreto<br />

legge 15 giugno 2009, n. 61 (convertito in Legge 22 luglio 2009 n°100), prevede<br />

che i reati previsti dagli artt. 1135 e 1136 codice della navigazione e quelli a essi connessi<br />

ai sensi dell’art. 12 cpp (ossia i reati in concorso formale, reati legati dalla continuazione<br />

e commessi per eseguire o occultare i reati di pirateria o nave sospetta di pirateria),<br />

se commessi a danno dello Stato o di cittadini o beni italiani, in alto mare o in<br />

Supplemento alla Rivista Marittima


PIRATI DI IERI E DI OGGI<br />

acque territoriali altrui e accertati nelle aree in cui si svolge la missione Atalanta, sono<br />

puniti ai sensi dell’articolo 7 del codice penale e la competenza è attribuita al tribunale<br />

di Roma.<br />

Può sembrare uno scioglilingua, ma la sintesi della normativa speciale in materia di<br />

giurisdizione, come da ultimo emendata, è la seguente: quando i reati di pirateria (e<br />

quelli a questi collegati) commessi nell’area del Golfo di Aden e al largo della Somalia,<br />

sono stati commessi in danno dello Stato Italiano, di nave, cittadini o beni italiani,<br />

gli stessi sono puniti secondo la legge italiana e la giurisdizione non è sottoposta ad alcuna<br />

condizione.<br />

L’urgenza di circoscrivere la giurisdizione italiana rispetto ai reati di pirateria a un<br />

«nocciolo duro» di condotte che ledono interessi nazionali sembra aver indotto il legislatore<br />

ad alcune sviste. In primo luogo, non è plausibile che un reato di sospetto (3)<br />

come quello di «Nave sospetta di pirateria» sia commesso in danno dello Stato o di<br />

nave, cittadini o beni nazionali. Nelle intenzioni del legislatore, la limitazione delle<br />

giurisdizione incondizionata per i reati di pirateria commessi in danno di nave e cittadini<br />

stranieri trova un bilanciamento nella possibilità di trasferire la persona ad altro<br />

Stato per l’esercizio della giurisdizione (4).<br />

Il trasferimento di sospetti pirati ad altro Stato<br />

Con il decreto legge 15 giugno 2009 n, 61, convertito in legge (L. 22 luglio 2009 n.<br />

100) senza modificazione, è stata prevista la possibilità di procedere al sequestro e alla<br />

detenzione di persone, in vista del trasferimento ad altro Stato che eserciti la giurisdizione<br />

in base ad accordi negoziati dall’UE, ma anche dalla NATO in base all’ultimo<br />

periodo della norma.<br />

Tale attività ha carattere coercitivo, ma non costituisce attività di polizia giudiziaria<br />

ed è piuttosto un’attività sui generis. La consegna è disposta direttamente dalla legge e<br />

sfugge a ogni coinvolgimento dell’autorità giudiziaria. In base alla disposizione sfug-<br />

(3) Sono reati di sospetto quelli in cui, per la tutela di uno specifico interesse la punibilità è anticipata a<br />

condotte «sintomatiche». Un esempio è rappresentato dal possesso ingiustificato di chiavi alterate o di<br />

grimaldelli da parte del pregiudicato per delitti determinati da ragioni di lucro (art. 707 cod pen).<br />

(4) L’art. 5 comma 6-bis del D.L. 30 dicembre 2008, n. 209 convertito il legge 24 febbrai 2009, n. 12, così<br />

recita: fuori dei casi di cui al comma 4, per l’esercizio della giurisdizione si applicano le disposizioni contenute<br />

negli accordi internazionali. In attuazione dell’Azione Comune 2008/851/PESC adottata dal Consiglio<br />

dell’Unione europea in data 10 novembre 2008 e della Decisione 2009/293/PESC adottata dal Consiglio<br />

dell’Unione europea in data 26 febbraio 2009, sono autorizzate le misure previste dall’articolo 2 lettera<br />

e) della citata Azione Comune e la detenzione a bordo del vettore militare delle persone che hanno<br />

commesso o che sono sospettate di aver commesso atti di pirateria, per il tempo strettamente necessario al<br />

trasferimento previsto dall’articolo 12 della citata Azione Comune. Le stesse misure, se previste da accordi<br />

in materia di contrasto alla pirateria e la detenzione a bordo del vettore militare, possono essere altresì<br />

adottate se i predetti accordi sono stipulati da organizzazioni internazionali di cui l’Italia è parte.<br />

Dicembre 2009<br />

79


80<br />

PIRATI DI IERI E DI OGGI<br />

ge, inoltre, a ogni coinvolgimento dell’autorità giudiziaria la detenzione della persona<br />

per la successiva consegna (5).<br />

Tanto la disposizione sulla consegna — che nell’ambito della missione Atalanta è<br />

azione rimessa alle determinazioni del Comandante dell’Operazione — quanto il mantenimento<br />

della detenzione incidono sulla libertà personale dell’interessato. Dal punto<br />

di vista costituzionale, i presupposti per una limitazione della libertà personale consistono<br />

nel essere tale limitazione prevista dalla legge (la cosiddetta «riserva di legge»)<br />

e nell’essere la limitazione, salvi i casi di flagranza, adottata in base a provvedimento<br />

motivato dell’autorità giudiziaria (riserva di provvedimento dell’AG). Dei due requisiti<br />

cumulativi, la normativa speciale ne riscontra uno solo..<br />

Certo con atteggiamento pragmatico, potrebbe osservarsi che il solo fatto d’aver<br />

previsto espressamente la detenzione pone l’Italia in una posizione di vantaggio normativo<br />

rispetto ad altre nazioni europee che giustificano la privazione della libertà personale<br />

con quella che può essere definita una «fuga nell’inter<strong>nazionale</strong>»: lo Stato che<br />

detiene una persona ritiene di fare ciò senza rendersi responsabile dell’atto che afferma<br />

essere imputabile all’organizzazione inter<strong>nazionale</strong> coinvolta in base al quella che<br />

è definita «dottrina Saramati» (6) dal nome del ricorrente in un caso riguardante la detenzione<br />

militare a opera della KFOR (vedasi nota 10 del cap. 9)<br />

Per maggiori chiarimenti sull’accordo tra Kenya e Unione Europea concernente il<br />

trasferimento delle persone che hanno commesso, o che sono sospettate di aver commesso<br />

reati pirateria, si veda l’apposito Box in questo Capitolo. L’accordo è inteso a<br />

venire incontro a quelli Stati che per una varietà di ragioni non possono (o non voglio-<br />

(5) L’ordinanza di rimessione in libertà dei 9 cittadini Somali detenuti a bordi di Nave Maestrale adottata<br />

il 17 giugno 2009 dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Roma, contiene nella motivazione<br />

riferimento al trattenimento in Stato di detenzione delle persone e nella parte dispositiva, ordina il<br />

trasferimento delle stesse alle autorità del Kenya. La copertura giurisdizionale fornita alla perdurante detenzione<br />

e alla consegna possono collocarsi nel segno di una interpretazione costituzionalmente correttiva<br />

della normativa speciale.<br />

(6) Rimane tuttavia da verificare se ed in quale misura, i parametri elaborati dalla Corte europea dei diritti<br />

dell’Uomo per stabilire l’imputabilità di un atto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite — in base<br />

alla cosiddetta dottrina Saramati — possono trovare applicazione nel caso dell’esecuzione della consegna<br />

di persona al Kenya per ordine di EUNAVFOR. Come è noto, si è recentemente affermata la giurisprudenza<br />

(non solo a Strasburgo, ma anche in Stati membri della CEDU che assicurano la diretta azionabilità<br />

dei diritti ivi stabiliti) che vuole, in base a una interpretazione dei principi stabiliti per imputabilità ad una<br />

organizzazione internazione di atti compiuti da personale messo a disposizione di uno Stato membro e del<br />

quale l’organizzazione inter<strong>nazionale</strong> abbia il controllo effettivo. Tale interpretazione, non propriamente<br />

rigorosa dal momento che confonde responsabilità politica e controllo effettivi, si basa sull’esistenza di<br />

alcuni requisiti individuabili nelle Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, quali la previsione di un unified<br />

command responsabile della trasmissione di periodici rapporto al Segretario Generale, e sulla specifica<br />

autorizzazione ad agire (normalmente riferentesi a «tutti i mezzi necessari». L’autorizzazione alla repressione<br />

della pirateria espressa con le risoluzione sulle quale si fonda la missione EUNAVFOR Atalanta<br />

(1816, 1838, 1846):<br />

— non prevedono un comando unificato che risponda direttamente al Segretario generale delle Nazioni<br />

Unite e tramite questo al Consiglio di sicurezza, (continua a pagina successiva)<br />

Supplemento alla Rivista Marittima


PIRATI DI IERI E DI OGGI<br />

no) esercitare la giurisdizione nei confronti di persone sospettate di reati di pirateria.<br />

Dell’accordo si sono valsi vari Stati dell’Unione Europea o altrimenti associati alla<br />

missione Atalanta. Questi hanno preliminarmente posto gli individui in quella che appare<br />

come una «detenzione UE» ossia una «detenzione amministrativa», eseguita al di<br />

fuori di una procedura stabilita per legge ai sensi dell’art. 5 paragrafo 1 della CEDU<br />

(7), per la quale non è previsto alcun meccanismo di revisione o controllo a opera di<br />

una autorità giudiziaria (judicial review d’ufficio come sarebbe imposto dall’art. 5 paragrafo<br />

3 della CEDU).<br />

Ovviamente nell’ambito della missione Atalanta è possibile anche consegnare la<br />

persona ad altro Stato dell’Unione Europea eventualmente leso dall’attacco.<br />

Come accennato la scelta italiana di disciplinare per legge la detenzione si discosta<br />

dalla scelta degli altri Stati e, con tutte le pecche di ordine costituzionale, rappresenta<br />

comunque una svolta importante.<br />

Ovviamente, in attesa della definizione dei presupposto di cui all’art. 5 comma 4 del<br />

D.L. 30 dicembre 2008, n. 209 come modificato dal D.L. 15 giugno 2009, n. 61 (verifica<br />

nazionalità della nave, della sua proprietà e della persone offese), si imporrà comunque<br />

la convalida dell’arresto o del fermo, salva eventualmente in sede di convalida,<br />

la declaratoria dell’applicabilità delle disposizioni di cui al comma 6-bis sulla consegna.<br />

Per le unità non incluse nel dispositivo Atalanta, in difetto di accordi internazionali<br />

negoziati dall’organizzazione inter<strong>nazionale</strong> (il riferimento è alla NATO per la<br />

SNMG-2), gli atti coercitivi, dovranno (art. 346 cpp), pertanto essere qualificati come<br />

atti di pg e specificamente, come atti di assicurazione delle fonti di prova.<br />

(continua Nota 6) ma generici meccanismi di rapporto, che non consentono di affermare l’esistenza di un<br />

«controllo», neppure generico, del Consiglio di Sicurezza sull’azione;<br />

— nell’autorizzare la repressione della pirateria contengono una clausola relativa al rispetto dei diritti dell’uomo<br />

che esclude l’imputabilità al Consiglio di Sicurezza (senza pregiudizio di quanto si è detto nel<br />

precedente paragrafo), di atti che violano il diritti dell’uomo. Ciò vale in primo luogo per il meccanismo<br />

di «detenzione arbitraria» stabilito per le persone fermate che non possono essere detenute in base alla<br />

legge <strong>nazionale</strong> dello Stato che ne ha effettuato la cattura («detenzione UE»), ma anche per le violazioni<br />

che possono conseguire alla consegna di persona al Kenya.<br />

(7) È vero che la United Nations Convention on the Law of the Sea (UNCLOS) stabilisce all’art. 105 la<br />

cattura della nave pirata e la persecuzione penale dei colpevoli, e che disposizioni convenzionali se sufficientemente<br />

precise possono integrare, quando opportunamente recepite nell’ordinamento di uno Stato,<br />

una idonea base legale per gli effetti dell’art. 5 paragrafo 1 della CEDU. Tuttavia, nell’ottica della formale<br />

imputazione della detenzione all’UE, non si può non rilevare come l’UE che è parte dell’UNCLOS non<br />

ha tra i suoi fini convenzionali la repressione della pirateria, che si riferisce agli Stati. Sempre nella medesima<br />

prospettiva, non può farsi a meno di rilevare come la «detenzione» della persona sospettata di attività<br />

di pirateria è ammessa in vista del successivo giudizio ed è quindi inquadrabile nel paradigma di cui<br />

all’art. 5 paragrafo 3 della CEDU, mentre nel meccanismo apprestato per EUNAVFOR la «detenzione» è,<br />

invece, assimilabile a una «detenzione per fini di estradizione» (art. 5 paragrafo 2, lett. f) che non trova la<br />

propria base legale… nell’UNCLOS. Inoltre, accordi sull’esercizio della giurisdizione sono espressamente<br />

previsti nelle Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza.<br />

Dicembre 2009<br />

81


82<br />

Disposizioni speciali applicabili ad arresto, fermo e misure cautelari<br />

PIRATI DI IERI E DI OGGI<br />

Il decreto legge 30 dicembre 2008, n. 209, come convertito dalla legge 24 febbraio<br />

2009 n. 12, prevede che nei casi di arresto e flagranza e fermo dello straniero per reati<br />

di pirateria e reati connessi ai sensi dell’art. 12 cpp, in danno di nave italiana, cittadini<br />

o beni italiani, qualora esigenze operative non consentano di porre tempestivamente<br />

l’arrestato a disposizione dell’A.G., si applicano le disposizioni contenute nell’articolo<br />

9 comma 5 del decreto legge 1° dicembre 2001, convertito con modificazioni in legge<br />

31 gennaio 2002, n. 6.<br />

Ciò significa che la persona arrestata è messa a disposizione dell’AG mediante la<br />

trasmissione entro 48 ore dall’arresto/fermo dell’omonimo verbale (e non nelle 24 ore<br />

stabilite dal cpp) con mezzi telematici. La convalida dell’arresto o del fermo hanno<br />

luogo, come anche l’interrogatorio previsto dall’art. 388 cpp, mediante collegamento<br />

video-telematico o audiovisivo che assicuri la contestuale, effettiva e reciproca visibilità<br />

dei partecipanti e la possibilità di udire quanto detto. L’arrestato/fermato e il difensore<br />

devono potersi consultare per mezzo di idonei strumenti tecnici (linea telefonica).<br />

Il Comandante, come Ufficiale di polizia giudiziaria, attesta in apposito verbale l’identità<br />

e la possibilità che non sono frapposti impedimenti all’esercizio dei diritti di questa<br />

(ciò include: la visibilità degli altri partecipanti e l’udibilità delle frasi proferite<br />

nonché la possibilità di consultarsi con il proprio difensore).<br />

Il decreto legge 30 dicembre 2008, n. 209, come convertito dalla legge 24 febbraio<br />

2009 n. 12, ha previsto, inoltre, la possibilità applicare la misura coercitiva della custodia<br />

cautelare in carcere alle persone gravemente sospettate di reati di pirateria e reati<br />

connessi. All’interrogatorio di garanzia di cui all’art. 294 cpp delle persone (da svolgersi,<br />

qualora non vi abbia provveduto il GIP nell’udienza di convalida, entro 5 giorni<br />

dall’inizio della custodia cautelare) si applicano le medesime modalità tecniche sopra<br />

descritte. Se la persona non può essere «scortata» o «tradotta» nello Stato, la stessa<br />

permane a bordo dell’Unità quale «vettore militare» (art. 5 comma 5 decreto legge 30<br />

dicembre 2008, n. 209, come convertito dalla legge 24 febbraio 2009 n. 12).<br />

Rispetto alla procedura apprestata per la convalida e l’interrogatorio di garanzia del<br />

militare è probabile che sarà nominato un interprete in Italia e che l’arrestato/fermato e<br />

il difensore debbano comunicare tramite un ulteriore interprete. Quest’ultima problematica<br />

farà in ogni caso carico all’AG/Difensore nominato.<br />

Le modalità di cui sopra, dopo la modifica dell’art. 5, comma 4 del decreto legge 30<br />

dicembre 2008, n. 209, convertito con modificazioni in legge 24 febbraio 2009, n. 12,<br />

a opera dell’art. 1 del decreto legge 15 giugno 2009, n. 61, è ora applicabile a tutti i<br />

reati accertati nelle aree in cui si svolge la missione Atalanta, indipendentemente dai<br />

contesti (NATO, Nazionale o Unità in transito).<br />

L’aspetto problematico dell’arresto e del fermo fuori area di persone è rappresentato<br />

dalla traduzione di persone nello Stato. EUNAVFOR beneficia della disponibilità del-<br />

Supplemento alla Rivista Marittima


PIRATI DI IERI E DI OGGI<br />

lo Stato di Gibuti a consentire il transito delle persone detenute dalla suddetta Forza.<br />

La procedura di transito sopra descritta non è accessibile nel caso di persone arrestate/fermate<br />

in un contesto «non Atalanta» (ovvero NATO, fino alla conclusione di<br />

accordi di transito, e <strong>nazionale</strong>) e l’autorizzazione deve essere richiesta caso per caso<br />

su base <strong>nazionale</strong>.<br />

Dicembre 2009<br />

Esempi Conseguenze / Azioni Note<br />

Atti consumati o tentati di<br />

pirateria in danno di:<br />

— Nave Italiana;<br />

— Nave di proprietà italiana.<br />

Atti di sequestro, depredazione<br />

o violenza consumati<br />

a bordo di nave straniera in<br />

danno di:<br />

Cittadini italiani.<br />

Reati connessi con alcuno<br />

degli atti di cui sopra.<br />

Atti consumati o tentati di<br />

pirateria e reati connessi per<br />

i quali non sussistono i presupposti<br />

di cui sopra «Nave<br />

sospetta di pirateria» (art.<br />

1136 cn).<br />

a) Giurisdizione italiana ex art.<br />

5 comma 4 D.L. 209/2008 e<br />

art. 7 cp.<br />

b) Atti di assicurazione delle<br />

fonti di prova e Arresto in flagranza<br />

o fermo delle persone<br />

indiziate (sussistendone i presupposti<br />

secondo il cpp).<br />

a) Applicabilità degli accordi<br />

per il trasferimento delle persone<br />

sospettate ad altro Stato<br />

e, in assenza di tali accordi,<br />

giurisdizione italiana ai sensi<br />

dell’art. 10 c.p..<br />

b) Cattura e detenzione ex art.<br />

5 comma 6-bis D.L. 209/2008<br />

per trasferimento persone e<br />

corpi di reato:<br />

— ad altro Stato membro dell’UE<br />

che voglia esercitare la<br />

giurisdizione;<br />

— al Kenya;<br />

— ad altro Stato con il quale<br />

l’UE ha concluso un accordo a<br />

tale fine(*).<br />

c) Atti di assicurazione delle<br />

fonti di prova secondo il c.p.p.<br />

con esclusione di arresto o fermo.<br />

Quanto precede se non si<br />

applica la precedente lettera b<br />

ed eventualmente, fino ad avvenuto<br />

accertamento dell’inapplicabilità<br />

dell’art. 5 comma 4<br />

D.L. 209/2008.<br />

Saranno sottoposte all’attenzione<br />

dell’autorità giudiziaria<br />

anche le situazioni in<br />

cui nella crew list o quali<br />

passeggeri figurano cittadini<br />

nazionali, per quanto<br />

l’atto di violenza sia stato<br />

indirizzato alla nave e non<br />

alle persone.<br />

EUNAVFOR Atalanta:<br />

Come contro lettera b)<br />

SNMG-2 in area op.<br />

Atalanta<br />

Fino ad avvenuta conclusione<br />

di accordi NATO per<br />

il trasferimento delle persone<br />

che hanno commesso e<br />

sospettate di aver commesso<br />

atti di pirateria, come<br />

contro lettera c). In seguito<br />

alla conclusione di accordi,<br />

si procederà come contro<br />

lett. b), ma con esclusione<br />

della consegna ad altro Stato<br />

Membro della missione.<br />

Assetti nazionali in area op.<br />

Atalanta.<br />

Come contro lettera c).<br />

83

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