ITALIA JUDAICA. - Direzione generale per gli archivi
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Luigi Balsamo<br />
in vendita " doveva infatti essere «minore del costo di simili libri introdotti da fuori<br />
" 1 4 . Da notare, infine, la precisazione che compare al termine del documento re<br />
io: . «Voglamo inot e, . che in quello degl'anzi detti libri intitolato Thifilri degl'Itaham,<br />
e del tedesch I Il ncorrente Ebreo Basevi faccia una protesta sul principio, o<br />
sul fine, o nel mede(si)mo luogo delli Thefila, dove si parla di Detrattori che sotto<br />
il n . ome di qesti, si ebbano , intendere i Sadducei, a quali dicesi diretta l preghiera<br />
n dett hb . ro add Itata». s p rflu ricodare che n?n era questione di rigqre<br />
o ?lgnolen pl mntese, pOlche gla nel secoli precedenti erano state richieste pubbhche<br />
preClsaZl Olll del genere circa il significato di alcuni termini. Già ai tempi di<br />
Leone X, ad esempio, si era dovuto spiegare che la parola Goi/Goyim andava riferita<br />
a popolazioni vissute ai tempi in cui era stato scritto il Talmùd, che adoravano le<br />
stelle e le costellazioni, non quindi ai cristiani.<br />
. In un?:alia emarginata sul piano politico e culturale, come su quello dei traffi<br />
CI economlCl, mancavano ormai le condizioni di base <strong>per</strong> mantenere fiorente l'attività<br />
editoriale. In tale grigio panorama, nel quale <strong>gli</strong> ebrei riuscivano ad assicurarsi<br />
a so?rav . vivenza in quanto strumenti di utilità economica, emerge un'unica oasi<br />
m Cul eSS I poterono trovare rispetto <strong>per</strong> la loro dignità morale, <strong>per</strong> le loro attitudini<br />
intellettuali e pratiche: Livorno. In seguito all'editto granducale del 1593 noto come<br />
«la Livornina», vi trovarono rifugio a<strong>per</strong>to soprattutto ebrei iberici che grazie '<br />
alla libertà i traffico e all'a<strong>per</strong>tura di crediti alla cittadinanza toscana, costiuirono<br />
una comu mtà dotata di autonomia giurisdizionale contribuendo in modo decisivo<br />
a . fare di Livo no no dei aggiori scali marittimi del Mediterraneo. Questa «na<br />
Zl One ebrea», l Cul membn erano uguali <strong>per</strong> <strong>gli</strong> effetti di legge a<strong>gli</strong> altri cittadini<br />
potè crearsi strutture e modi di vivere normali così da diventare ben presto la pi<br />
numerosa e pros<strong>per</strong>a della penisola. L'afflusso di ebrei da tutta l'area mediterranea<br />
era favorito da una condizione <strong>per</strong> molti aspetti addirittura privilegiata in confronto<br />
al resto della cittadinanza. Furono loro concesse molte privative, fra cui quella della<br />
carta, e ciò li poneva in grado di controllare quasi tutto il commercio con i paesi<br />
dell'ex im<strong>per</strong>o ottomano. Oltre alla sinagoga costruita fin dal 1603 ebbero scuole<br />
e poi accademie, rabbini insigni, medici e studiosi di valore, anche eruditi come<br />
J oseph Attias che fu amico e corrispondente del Ma<strong>gli</strong>abechi, del Muratori e del<br />
Vico. Di conseguenza vi trovò spazio e incentivo anche la produzione libraria.<br />
Il primo tentativo editoriale, a metà del Seicento, fu dovuto a <strong>per</strong>sona di una<br />
fami<strong>gli</strong>a in cui l'arte tipografica era tradizionale: Jeaidia Gabbai. Suo padre aveva<br />
lavorato come compositore alla tipografia Bragadina, allo stesso modo di altri due<br />
collaboratori di provenienza veneziana; ma dopo una decina di pubblicazioni l'iniziativa<br />
si spense (1650-1658).<br />
14 ARCHIVIO DI STATO DI TORINO, Camera dei Conti, Patenti Controllo Finanze, reg. 31, f.<br />
14. Il documento è trascritto sotto la data del 19 agosto 1758; alla fine, una annotazione del<br />
Primo Consi<strong>gli</strong>ere di Stato Lanfranchi aggiunge: «Gratis d'ordine di S.M. anche pel diritto<br />
del Sigillo».<br />
54<br />
Gli ebrei nell'editoria in Italia nel '600 e '700<br />
La ripresa si ebbe soltanto nel 1740, quando le condizioni generali avevano<br />
raggiunto piena stabilità e floridezza. Da allora le tipografie condotte da ebrei si<br />
susseguirono ininterrottamente <strong>per</strong> tutto l'Ottocento fino ai nostri giorni. Nella se<br />
conda metà del secolo si ebbero almeno 600 edizioni di o<strong>per</strong>e ebraiche, uscite da<br />
sei tipografie gestite da ebrei e da altre tre i cui proprietari erano cristiani.<br />
La ripresa fu dovuta ad una crescente richiesta di testi collegata alI' attività di<br />
studio, alla vita religiosa ma altresì ad avvenimenti occasionali. Può essere interessante<br />
osservare come venissero affrontate le difficoltà economiche connesse ad un<br />
progetto di stampa. Ne<strong>gli</strong> anni '30, ad esempio, il rabbino Emmanuel Hay Ricchi,<br />
che aveva ottenuto in prestito la somma occorrente <strong>per</strong> la pubblicazione di una sua<br />
o<strong>per</strong>a, fece poi un lungo viaggio di quasi due anni nel vicino Oriente ma anche a<br />
Gibilterra ed Amsterdam <strong>per</strong> vendere il suo libro, così da poter restituire ai finan<br />
ziatori livornesi il denaro anticipato<strong>gli</strong>.<br />
Nel 1738 il rabbino Meir Crescas di Algeri invece, non avendo trovato sovvenzioni,<br />
si mise in viaggio <strong>per</strong> raccog1iere offerte che <strong>gli</strong> consentissero di stampare un<br />
manoscritto inedito del XV secolo, e la sua prima tappa fu Livorno. L'o<strong>per</strong>a, un<br />
questionario rituale (Tashbez), potè essere pubblicata ad Amsterdam quello stesso<br />
anno e lui, al ritorno, si fermò di nuovo nella città toscana anche <strong>per</strong> ringraziare<br />
i capi della comunità, in particolare il rabbino Malahi Accoen, che avevano procurato<br />
sottoscrizioni <strong>per</strong> l'acquisto di numerose copie del volume 1 5 .<br />
Malahi Accoen, <strong>per</strong>sonaggio importante come rabbino e come studioso, era<br />
stato l'allievo prediletto del celebre Rab Ergas. Alla morte del maestro (1736) fece<br />
pubblicare alcuni dei suoi scritti a spese dei fi<strong>gli</strong>, ma dovette ricorrere ad una tipografia<br />
di Amsterdam. Essendo tra l'altro infaticabile ricercatore di manoscritti antichi<br />
che trascriveva lui stesso, e volendo renderli accessibili a tutti, sollecitava amici<br />
e colleghi ai quali metteva a disposizione le sue trascrizioni <strong>per</strong>ché venissero stampate.<br />
Ancora nel 1738 a Livorno non trova rispondenza: così offre alcuni testi importanti<br />
a David Meldola di Amsterdam, il quale <strong>per</strong>ò non può acco<strong>gli</strong>ere l'offerta.<br />
Due anni dopo sarà proprio il fratello di costui, Abramo Meldola, ad avviare<br />
la prima tipografia del secolo a Livorno e a pubblicare, nel 1742, una delle o<strong>per</strong>e<br />
presentate dall'Accoen: il questionario del Rashbash (Tashbez). Nello stesso anno<br />
ancora l'Accoen curò la pubblicazione, ma a Livorno ormai, di una raccolta di pareri<br />
rituali del suo maestro, cui premise una biografia dello stesso. Fu un'edizione<br />
elegante ed accurata «come solo la ricca fami<strong>gli</strong>a Ergas poteva <strong>per</strong>mettersi» 16.<br />
Le tipografie livornesi stampavano, come si vede, su commissione di privati<br />
ma anche di comunità spesso straniere. Fu la comunità locale, ad esempio, a volere<br />
la stampa di preghiere dello stesso Malahi Accoen composte dopo il terribile terremoto<br />
del 1742. A un anno di distanza il Meldola pubblicò infatti la raccolta delle<br />
15 A.TOAFF - A.LATTES, Gli studi ebraici a Livorno nel secolo XVIII. Malahì Accoen<br />
(1 700-1 771), Livorno, Belforte, 1909 (rist. anast. Bologna, Forni, 1980), pp. 10, 30-31.<br />
16 Ibid. , p. 28; il capitolo II di Alfredo Toaff (pp. 25-44) contiene la biografia di Malahi<br />
Accoen.<br />
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