Numero 12 - Pilo Albertelli
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Matriona, Milano 1984, pp. 219-253.<br />
[59] SS, V, p. 370 (MM, p. 848).<br />
[60] SS, V, pp. 309-310 (MM, pp. 767-768).<br />
PONZIO PILATO<br />
Nel colloquio con Jeshua (gesù) Pilato intuisce di trovarsi dinanzi un uomo eccezionale: un messia?<br />
Un profeta? Un essere proveniente da altri mondi? Una persona ordinaria non può formulare<br />
quei pensieri – sulla verità, su Dio, sulla vita – che formula il «vagabondo».<br />
Il brano è ricco di simboli e di significati reconditi che bisogna scoprire e comprendere per una<br />
giusta intelligenza del testo.<br />
Al mattino presto del giorno quattordici del mese primaverile di Nisan, avvolto in un mantello<br />
bianco foderato di rosso, con una strascicata andatura da cavaliere, nel porticato tra le due ali del<br />
palazzo di Erode il Grande entrò il procuratore della Giudea Ponzio Pilato.<br />
Più di qualsiasi cosa al mondo il procuratore odiava l'odore dell'olio di rose, e ora tutto preannunciava<br />
una brutta giornata: proprio questo odore aveva cominciato a perseguitare il procuratore fin<br />
dall'alba […].<br />
«Oh numi, numi, perché mi punite?... Sì, non c'è dubbio, è lei, sempre lei, la malattia orrenda, invincibile...<br />
l'emicrania... da essa non c'è salvezza, non c'è scampo... cercherò di non muovere la testa...»<br />
Sul pavimento di mosaico presso la fontana era già pronta la scranna, e senza guardare nessuno il<br />
procuratore vi si sedette e allungò una mano. Il segretario vi pose rispettosamente una pergamena.<br />
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