17.06.2013 Views

Numero 12 - Pilo Albertelli

Numero 12 - Pilo Albertelli

Numero 12 - Pilo Albertelli

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

C aro studente/sconosciuto internauta,<br />

aumentano le nostre imprese di “corsa” e cresce la nostra fanzine. Navigando tra i banchi di scuola ci siamo<br />

accorti che tra le letture scolastiche i grandi romanzi della letteratura russa occupano un posto di privilegio.<br />

Abbiamo così deciso con questo numero di iniziare un viaggio, sotto la guida di studiosi del settore,<br />

alla conoscenza dei grandi autori russi. Non sarà un’impresa facile, ma degna delle azioni che un’accozzaglia<br />

di pirati gentiluomini come noi può affrontare con disinvoltura e sfacciataggine. Trovate poi altre<br />

“solide” proposte. Per una tale impresa abbiamo chiesto aiuto a gente cattiva, fino nelle ossa, ha deciso di<br />

volare con noi (Tanks to the VF-84 Jolly Rogers)<br />

Ma non è più tempo di parole…. Preparing to flight!<br />

2


INDICE NDICE<br />

:<br />

ONE NE STORY TORY: TORY<br />

ONE NE MOVIE OVIE: OVIE<br />

:<br />

ONE NE SONG ONG: ONG<br />

ONE NE PICTURE ICTURE: ICTURE<br />

: LA SCHIENA DI PARKER di Flannery o’Connor………..…….4<br />

: UNA SEPARAZIONE di Jodaeiye Nader az Simin………….23 23<br />

:<br />

23<br />

: IO CERCO TE di Il Teatro degli Orrori……………………….25 25<br />

: SACRESTIA DEL COMPLESSO CONVENTUALE DE "LA<br />

:<br />

TOURETTE" di Le Corbusier………………………………………………… 28<br />

ONE NE ARTICLE RTICLE: RTICLE<br />

ONE NE JOURNEY OURNEY: OURNEY<br />

ONE NE CARTOON ARTOON: ARTOON<br />

:<br />

ONE NE VIDEO IDEO: IDEO<br />

: LA RICERCA DELL’ASSOLUTO IN MICHAIL BULGAKOV di<br />

:<br />

25<br />

28<br />

Adriano dell’Asta…………………………………………………………….…30<br />

: ROMAN FORUM AND IMPERIAL FORA COAST TO<br />

:<br />

30<br />

57<br />

COAST………………………………………………………….57<br />

: COME RICHIEDERE UN DOCUMENTO IN ITALIA! Di<br />

:<br />

59<br />

Goscinny & Uderzo.......................................... ............59 59<br />

: JERE JEF—TRIBUTO A FABRIZIO MEONI………… ……….60<br />

60<br />

3


LA SCHIENA DI PARKER<br />

di Flannery O’Connor<br />

La moglie di Parker era seduta sul pavimento<br />

della veranda davanti a casa, e stava sgranando<br />

fagioli Parker era seduto su un gradino a<br />

una certa distanza da lei e la guardava fissamente,<br />

di malumore. Era brutta, davvero<br />

brutta. Aveva la pelle della faccia sottile e<br />

tirata come quella di, una cipolla e gli occhi<br />

grigi e acuminati come due punteruoli da<br />

ghiaccio. Parker capiva perché l'aveva sposata<br />

-non avrebbe potuto averla in altro modo -<br />

ma non riusciva a capire perché restasse: ancora<br />

con lei. Era incinta, e le donne incinte<br />

non erano il suo genere. Con tutto ciò rimaneva,<br />

come se lei gli avesse fatto una fattura,<br />

Era perplesso e si vergognava di sé.<br />

La casa che. avevano in affitto sorgeva, isolata,<br />

con soltanto un grande noce americano<br />

vicino, su un alto terrapieno che dominava la<br />

provinciale. Ogni tanto un'auto sfrecciava<br />

sotto di loro, e gli occhi della moglie di Parker<br />

si giravano di scatto, seguendone il rumore,<br />

poi tornavano a posarsi sul giornale pieno<br />

di fagioli che aveva in grembo. Una delle tante<br />

cose che disapprovava erano le automobili.<br />

In aggiunta a tutte le altre cattive qualità, non<br />

faceva che fiutar peccati. Non fumava, non<br />

masticava tabacco, non beveva whisky, non<br />

si dipingeva la faccia, e sapeva Iddio quanto<br />

l'avrebbe migliorata un po' di tinta, pensava<br />

Parker. Data la sua avversione per i colori era<br />

davvero straordinario che avesse sposato lui.<br />

A volte Parker temeva che l'avesse sposato<br />

per salvargli l'anima. Altre volte gli veniva il<br />

sospetto che in realtà le piacessero tutte le<br />

cose che diceva di detestare. In un modo o<br />

nell'altro, lei riusciva a spiegarla: era se stesso<br />

che Parker non riusciva a capire.<br />

La ragazza voltò la testa verso di lui e disse:<br />

«Non c'è ragione che tu non debba lavorare<br />

4


per un uomo. Non è obbligatorio che sia una<br />

donna».<br />

«Oh, chiudi il becco, per una volta» borbottò<br />

Parker.<br />

Se fosse stato certo che era gelosia della donna<br />

per cui lavorava, sarebbe stato contento,<br />

ma era più probabile che lei si preoccupasse<br />

del peccato che ne sarebbe conseguito se lui e<br />

la padrona si fossero piaciuti. Le aveva detto<br />

che era una bionda, giovane e prosperosa: in<br />

realtà aveva quasi settant'anni ed era troppo<br />

rinsecchita per interessarsi a qualcosa, se non<br />

a farlo sgobbare il più possibile. A volte capitava<br />

che una vecchia si attaccasse a un giovane,<br />

specie se era un bel ragazzo, come Parker<br />

riteneva di essere, ma quella lo guardava<br />

esattamente come guardava il suo vecchio<br />

trattore: come se dovesse rassegnarsi a lui<br />

perché non aveva di meglio. Il secondo giorno<br />

che Parker lo guidava, il trattore gli si era<br />

bloccato, e la vecchia l'aveva spedito a potare<br />

i cespugli, dicendo con la bocca torta al negro:<br />

«Tutto quello che tocca rompe». L'aveva<br />

anche pregato di tenere la camicia addosso,<br />

quando lavorava; Parker se l'era tolta anche<br />

se la giornata non era calda, ed era tornato a<br />

infilarsela con riluttanza.<br />

La brutta donna che Parker. aveva sposato<br />

era la sua prima moglie. Aveva avuto altre<br />

donne, ma non aveva mai pensato di far le<br />

cose legalmente. La prima volta: l'aveva vista<br />

una mattina che il furgoncino gli si era guastato,<br />

sulla provinciale. Era riuscito a toglierlo<br />

dalla strada e a spingerlo in un cortile accuratamente<br />

spazzato dove sorgeva una casetta<br />

di due stanze con la vernice scrostata.<br />

Scese, aprì il cofano e cominciò a studiare il,<br />

motore. Parker aveva un sesto senso che l'avvertiva<br />

se nelle vicinanze c'era una donna che<br />

lo guardava, Era curvo sul motore. da qualche<br />

minuto quando cominciò a sentire un pizzicorino<br />

al collo. Diede un'occhiata al cortile<br />

deserto e alla veranda della casa. Doveva esserci<br />

una donna, poco distante, invisibile dietro<br />

una macchia di caprifoglio o in casa, a<br />

spiarlo dalla finestra.<br />

Di botto, Parker si mise a saltare su e giù e ad<br />

agitare una mano come se gli fosse stata<br />

schiacciata dal meccanismo. Poi si piegò in<br />

due, premendosi la mano sul petto con l'altra.<br />

«Maledizione!» urlò. «Cristo ladro Vacca<br />

boia» E continuò a ripetere le stesse bestemmie<br />

senza sosta, a voce altissima.<br />

Senza preavviso, un terribile artiglio irsuto lo<br />

colpì alla guancia, e Parker cadde all'indietro,<br />

sul cofano. «Non si dicono sconcezze, qui!»<br />

strillò una voce al suo fianco.<br />

Parker aveva la vista così confusa che per un<br />

attimo pensò di esser stato aggredito da una<br />

creatura ultraterrena, un gigantesco angelo<br />

dagli occhi di falco, che brandiva un'arma<br />

implacabile. Quando gli si snebbiò la vista, si<br />

trovò davanti una ragazza lunga e tutt'ossa,<br />

con una scopa in pugno.<br />

«Mi sono fatto male alla mano» si lamentò<br />

Parker. «Mi sono fatto male alla mano!» Si<br />

era tanto scaldato da dimenticarsi che non si<br />

era fatto male alla mano. «Forse è rotta» concluse<br />

ringhiando, sebbene avesse ancora la<br />

voce malferma.<br />

«Vediamola» disse la ragazza, in tono di comando.<br />

Parker tese la mano e lei si avvicinò a<br />

guardarla. Sul palmo non c'erano segni: la<br />

5


agazza la prese e la voltò. La mano di lei era<br />

asciutta e ruvida, ma al contatto si sentì ravvivare<br />

di colpo. Guardò meglio la ragazza.<br />

Non voglio averci a che fare, con questa,<br />

pensò.<br />

Lei scrutò con occhi penetranti la mano rossastra<br />

e che teneva nella sua. Sul dorso, in<br />

una cornice rossa e blu, era tatuata un'aquila<br />

appollaiata su un cannone. Parker aveva la<br />

manica arrotolata fino al gomito. Sopra l'aquila<br />

c'era un serpente, c'erano dei cuori, alcuni<br />

dei quali trafitti da una freccia. E sotto il<br />

serpente c'erano alcune carte da gioco disposte<br />

a ventaglio. Tutto il braccio di Parker, dal<br />

polso al gomito, era coperto di disegni chiassosi.<br />

La ragazza lo guardò, con un sorriso<br />

quasi inebetito per la sorpresa, come se per<br />

sbaglio avesse raccolto un serpente velenoso,<br />

e lasciò cadere la mano.<br />

«La maggior parte degli altri tatuaggi me li<br />

sono fatti all' estero» spiegò Parker. «Questi,<br />

sono quasi tutti americani. Il primo, l'ho fatto<br />

che avevo appena quindici anni.»<br />

«Non dica niente» ordinò la ragazza.<br />

«Non mi piacciono. Mi danno sui<br />

nervi.» «Dovrebbe vedere quelli che<br />

non si vedono» insinuò Parker, e<br />

strizzò l'occhio.<br />

Sulle guance della ragazza erano<br />

comparse due macchie rosse come<br />

mele, che l'addolcivano. Parker era<br />

perplesso e incuriosito. Non poteva<br />

nemmeno pensare che i tatuaggi non<br />

le piacessero. Non aveva mai conosciuto<br />

una donna che non ne fosse<br />

attratta.<br />

Parker aveva quattordici anni, quando, a una<br />

fiera di, paese, aveva visto un uomo coperto<br />

di tatuaggi dalla testa ai piedi. Salvo il basso<br />

ventre, avvolto in una pelle di pantera, il corpo<br />

dell'uomo era coperto da un unico disegno<br />

intricatissimo, a colori squillanti, o almeno<br />

così era sembrato a Parker che era quasi in<br />

fondo alla tenda, in piedi su uno sgabello.<br />

L'uomo, piccolo e tarchiato, camminava su e<br />

giù lungo la piattaforma, flettendo i muscoli,<br />

in modo che l'arabesco di uomini, animali e<br />

fiori sul suo corpo sembrava animato da una<br />

misteriosa vita propria. Parker era pieno d'emozione,<br />

esaltato come certa gente quando<br />

vede passare la bandiera. Era un ragazzotto<br />

che di solito guardava tutto a bocca, aperta:<br />

massiccio, leale e ordinario come una pagnotta.<br />

Quando lo spettacolo era terminato, era<br />

rimasto in piedi sulla panca, con gli occhi fissi<br />

nel punto dove aveva visto l'uomo tatuato,<br />

fino a quando la tenda non si era svuotata<br />

quasi del tutto.<br />

Prima d'allora, Parker non aveva mai provato<br />

6


il più vago moto di stupore per se stesso. Finché<br />

non aveva visto l'uomo della fiera, non<br />

gli era mai venuto in mente che ci fosse qualcosa<br />

di straordinario, nel fatto di esistere. E<br />

non gli venne in mente neanche allora, però<br />

un singolare disagio mise radici dentro di lui.<br />

Era come un ragazzo cieco, girato con tanta<br />

delicatezza da non accorgersi che la sua destinazione<br />

era cambiata.<br />

Qualche tempo dopo si era fatto fare il primo<br />

tatuaggio: l'aquila appollaiata sul cannone.<br />

L'aveva eseguito un artista del paese e gli<br />

aveva fatto pochissimo male, quanto bastava<br />

per dargli l'idea che ne valesse la pena. E anche<br />

questo era strano perché, prima d'allora,<br />

Parker aveva pensato che valesse la pena di<br />

fare solo le cose che non dolevano. L'anno<br />

dopo aveva lasciato la scuola, perché aveva<br />

sedici anni e poteva farlo. Per un certo periodo<br />

aveva seguito un corso commerciale, poi<br />

aveva piantato anche il corso e aveva fatto<br />

l'inserviente per sei mesi in un garage. Lavorava<br />

unicamente per pagarsi nuovi tatuaggi.<br />

Sua madre era fissa in una lavanderia e poteva,<br />

mantenerlo, ma si rifiutava di pagare i tatuaggi.<br />

Gliene concesse solo uno, un cuore<br />

col suo nome sopra, che Parker si fece fare<br />

protestando. Comunque, il nome era BettyJean,<br />

e nessuno era obbligato a sapere che<br />

si trattava di sua madre. Parker scoprì che i<br />

tatuaggi attiravano il tipo di ragazze che gli<br />

piacevano, ma alle quali prima d'allora non<br />

era mai piaciuto. Cominciò a bere birra e a<br />

fare a pugni. Sua madre piangeva, accorgendosi<br />

di quello che stava succedendo. Una sera<br />

lo trascinò a una riunione religiosa senza dirgli<br />

dove andavano. Quando vide l'enorme<br />

chiesa illuminata, Parker si liberò di colpo<br />

della sua stretta e scappò via. Il giorno dopo,<br />

mentendo sulla sua età, si arruolò in marina.<br />

Parker era troppo grosso per gli stretti pantaloni<br />

da marinaio, ma lo stupido berrettino<br />

bianco, tirato giù sulla fronte, faceva sembrare<br />

per contrasto la sua faccia pensosa e quasi<br />

appassionata. Dopo un paio di mesi di marina,<br />

Parker smise di guardare tutto a bocca<br />

aperta. I lineamenti gli s'indurirono e diventarono<br />

quelli. di un uomo. Rimase in marina<br />

cinque anni, e parve diventare tutt'uno con la<br />

nave grigia e meccanica, salvo gli occhi, che<br />

erano dello stesso pallido color ardesia dell'oceano<br />

e riflettevano gli spazi immensi intorno<br />

a lui, come un microcosmo del mare misterioso.<br />

A terra, Parker andava in giro paragonando<br />

i posti dove si trovava con Birmingham,<br />

Alabama. E dovunque andasse, collezionava<br />

tatuaggi.<br />

Aveva abbandonato quelli senza vita, come le<br />

ancore e i fucili incrociati. Aveva una tigre e<br />

una pantera sulle spalle, un cobra attorcigliato<br />

a una fiaccola sul petto, dei falchi sulle cosce,<br />

Elisabetta II e Filippo rispettivamente<br />

sullo stomaco e sul fegato. Non si curava<br />

molto del soggetto, purché fosse pittoresco.<br />

Sul ventre aveva qualche oscenità, ma solo<br />

perché gli sembrava il posto adatto. Parker<br />

era contento di ogni tatuaggio nuovo per circa<br />

un mese, poi il disegno cominciava a perdere<br />

ogni attrattiva. Ogni volta che trovava<br />

uno specchio di dimensioni ragionevoli, vi si<br />

piantava davanti e studiava il proprio aspetto<br />

generale. L'effetto non era quello di un intricato<br />

arabesco di colori, ma di una serie di<br />

chiazze sparse a caso. Allora una titanica in-<br />

7


soddisfazione calava su di lui, e Parker andava<br />

in cerca di un esperto di tatuaggi per far<br />

riempire un altro spazio vuoto. La parte anteriore<br />

era quasi tutta coperta, ma sul dorso non<br />

c'era nulla. Parker non voleva tatuaggi dove<br />

non poteva vederli subito, comodamente.<br />

Man mano che lo spazio sul davanti diminuiva,<br />

la sua insoddisfazione cresceva e diventava<br />

generale.<br />

Dopo una licenza, Parker non tornò in servizio:<br />

rimase a terra senza permesso, ubriaco,<br />

in una pensione di una città che non conosceva.<br />

La sua insoddisfazione, cronica e latente,<br />

aveva raggiunto d'improvviso la fase acuta.<br />

Era come se la pantera e il leone, i serpenti,<br />

le aquile e i falchi gli fossero affondati sotto<br />

la pelle e vivessero dentro di lui, facendosi<br />

una guerra senza quartiere. La marina lo rintracciò,<br />

lo mise al fresco per nove mesi, poi<br />

lo congedò radiandolo dai quadri.<br />

Dopo questo episodio"Parker decise che l'unica<br />

aria respirabile era quella di campagna.<br />

Affittò la casetta sul terrapieno, comprò il<br />

vecchio furgone e cominciò a prendere dei<br />

lavori che teneva finché gli facevano comodo.<br />

All'epoca in cui aveva incontrato la sua<br />

futura moglie, comprava mele a ceste di venti<br />

chili e le rivendeva, facendo pagare lo stesso<br />

prezzo per mezzo chilo, ai proprietari delle<br />

case isolate, nelle strade interne di campagna.<br />

«Questa roba sembra la pensata di un indiano<br />

scemo» disse la ragazza,<br />

indicando il braccio. «E un<br />

mucchio di vanità.» Sembrò<br />

che avesse trovato la<br />

parola che cercava. «La<br />

vanità delle vanità» sentenziò.<br />

Be', cosa diavolo m'importa<br />

di quello che pensa questa?,<br />

si domandò Parker,<br />

ma era chiaramente sbalordito.<br />

«In ogni caso, ce ne sarà<br />

pure uno che le piace più<br />

'degli altri» disse, tirando<br />

in lungo, per inventare<br />

qualcosa che facesse colpo<br />

sulla ragazza. E le piantò di nuovo il. braccio<br />

sotto il naso. «Quale preferisce?»<br />

«Nessuno. Però la gallina è meno peggio del<br />

resto.» «Quale gallina?». domandò, Parker,<br />

quasi gridando. La ragazza indicò l'aquila. .<br />

«Quella è un'aquila Chi sarebbe tanto idiota<br />

da farsi tatuare una gallina sul bracciò?»<br />

«Per me, sono idioti tutti quelli che si fanno<br />

8


tatuare» replicò la ragazza, e gli voltò le spalle.<br />

Rientrò lentamente in casa e lo piantò lì,<br />

padrone d'andarsene. Per quasi cinque minuti,<br />

Parker rimase a fissare l'uscio oltre il quale<br />

era scomparsa.<br />

Il giorno seguente, ritornò con una cesta di<br />

mele. Non era tipo da farsi mettere sotto i<br />

piedi da una ragazza brutta come quella. A<br />

lui piacevano le donne bene in carne, quelle<br />

che sembravano senza muscoli e senza ossa,<br />

a toccarle. Quando arrivò, la ragazza era seduta<br />

sul gradino superiore della veranda, e il<br />

cortile era pieno di bambini poveri e magri<br />

come lei. Parker si ricordò che era sabato.<br />

Non gli piaceva far la corte a una donna con<br />

dei bambini intorno. Ma per fortuna aveva<br />

preso la cesta delle mele dal furgone. Quando<br />

i bambini si avvicinarono per vedere che<br />

cos'aveva in mano, diede una mela a ciascuno<br />

e ordinò che si levassero dai piedi. Così si<br />

liberò di tutto il branco.<br />

La ragazza non diede segno di essersi accorta<br />

della sua presenza. Parker avrebbe potuto essere<br />

una capra o un maiale randagio capitato<br />

nel suo cortile in un momento in cui era troppo<br />

stanca per prendere la scopa e cacciarlo<br />

via. Parker depose il cesto delle mele accanto<br />

a lei e si sedette un gradino più sotto.<br />

«Si serva» disse, indicando la cesta, e sprofondò<br />

nel silenzio.<br />

Lei prese una mela fulminea, come se il cesto<br />

potesse sparire da un momento all'altro. La<br />

gente affamata rendeva nervoso Parker. Lui<br />

aveva sempre avuto da mangiare in abbondanza.<br />

Il suo disagio crebbe. Giunse alla conclusione<br />

che non aveva niente da dire, quindi<br />

perché parlare? Non riusciva a capire perché<br />

fosse venuto e perché non se ne andasse prima<br />

di sprecare un'altra cesta di mele con quel<br />

branco di bambini. Dovevano essere i fratelli<br />

e le sorelle della ragazza, pensò. Lei masticava<br />

la mela adagio con una specie di concentrazione<br />

voluttuosa. La vista, dalla veranda,<br />

spaziava su un lungo declivio tempestato di<br />

gramigne rosse e viola, oltre la provinciale<br />

fino a un'ampia distesa di colline e a una sola<br />

montagna, molto piccola. I grandi paesaggi<br />

deprimevano Parker. Guardi nello spazio e<br />

cominci a sentirti come se qualcuno ti corresse<br />

dietro. La marina, il governo o la religione.<br />

«Di chi sono quei bambini, suoi?» si decise a<br />

domandare.<br />

«Sono della mamma» rispose lei. «Io non sono<br />

ancora sposata.» Parlava come se fosse<br />

solo questione di tempo.<br />

Ma chi la sposerebbe, questa, in nome di<br />

Dio?, si domandò Parker.<br />

Una donna grossa, con la faccia larga e molti<br />

spazi vuoti fra i denti, comparve sulla soglia,<br />

dietro a Parker. A quanto pareva, era lì da un<br />

po'.<br />

«Buona sera» fece lui.<br />

La donna attraversò il portico e prese il cesto<br />

con quel che restava delle mele. «Grazie infinite».<br />

disse, e rientrò in casa, portandoselo<br />

dietro.<br />

«È la sua vecchia?» domandò Parker. La ragazza<br />

accennò di sì col capo. Parker conosceva<br />

parecchie battute di spirito da buttare lì a<br />

quel punto, tipo: «Le mie condoglianze!», ma<br />

tacque, immusonito. Restò là immobile, a<br />

9


guardare il panorama. Pensò che probabilmente<br />

stava covando una malattia.<br />

«Se trovo delle pesche, domani gliele porto»<br />

disse.<br />

«Gliene sarò molto obbligata.»<br />

Parker non aveva intenzione di tornare con<br />

una cesta di pesche, ma il giorno dopo si ritrovò<br />

a farlo. Lui e la ragazza non avevano<br />

quasi niente da dirsi. Una delle poche cose<br />

che le disse fu: «Sulla schiena non ho tatuaggi».<br />

«E cos'ha?» domandò la ragazza.<br />

«La camicia» rispose Parker. «Ah!»<br />

«Ah, ah» rise lei, educatamente.<br />

Parker era convinto di star perdendo la ragione.<br />

Non riusciva a credere, neanche per<br />

scherzo, di essere attratto da una donna come<br />

quella: non s'interessava a niente, se non a<br />

quel che le portava, finché, la terza volta, lui .<br />

comparve con due meloni. «Come si chiama?»<br />

gli domandò allora.<br />

«O.E. Parker.»<br />

«E cosa significa O.E.?»<br />

«Può. chiamarmi O.E.» rispose lui. «Oppure<br />

Parker. Nessuno mi chiama col mio nome.»<br />

«Ma cosa significano le iniziali?» insisté lei.<br />

«Lasciamo perdere. E lei come si chiama?»<br />

«Glielo dirò quando mi avrà detto che cosa<br />

significano le iniziali» replicò la ragazza. Nel<br />

suo tono c'era una vaga ombra di civetteria<br />

che andò immediatamente alla testa di Parker.<br />

Non aveva mai rivelato il suo nome a<br />

nessuno, uomo o donna, solo alla marina e al<br />

governo, ed era scritto sul certificato di batte-<br />

simo, che aveva ricevuto all'età di un mese<br />

perché sua madre era metodista. Quando il<br />

nome era trapelato dall'archivio della marina,<br />

per un pelo Parker non aveva ammazzato il<br />

compagno che l'aveva usato.<br />

«Andrà in giro a rifischiarlo a tutti.»<br />

«Giuro che non lo dirò a nessuno. Lo giuro<br />

sulla santa parola di Dio.»<br />

Parker rimase in silenzio per qualche minuto.<br />

Poi le mise una mano sul collo, e tirandosi il<br />

suo orecchio vicino alla bocca le rivelò il nome<br />

a bassa voce.<br />

«Obadiah!» sussurrò la ragazza, illuminandosi<br />

lentamente in viso, come se quel nome fosse<br />

un presagio fausto, per lei. «Obadiah.»<br />

Il nome continuava a essere una schifezza,<br />

per Parker.<br />

«Obadiah Elihue» disse la ragazza, in tono<br />

reverente.<br />

«Se mi chiama così a voce alta, le rompo la<br />

testa» annunciò Parker. «E lei come si chiama?»<br />

«Sarah Ruth Cates.»<br />

«Lieto di conoscerti, Sarah Ruth.»<br />

Il padre di Sarah Ruth era un predicatore del<br />

Vangelo Semplice, ma era lontano, a far propaganda<br />

in Florida. La madre aveva l'aria di<br />

non preoccuparsi delle attenzioni che Parker<br />

rivolgeva alla figlia, fintanto che questi si<br />

presentava con un cesto di roba, quando andava<br />

a trovarla. Quanto a Sarah Ruth, dopo<br />

tre visite di Parker si convinse di essere pazza<br />

di lui. Lo amava, anche se si ostinava a dire<br />

che i disegni sulla pelle erano vanità delle<br />

10


vanità, anche dopo averlo sentito bestemmiare,<br />

anche dopo avergli domandato se la sua<br />

anima fosse salva ed essersi sentita rispondere<br />

che lui non vedeva niente di particolare da<br />

cui bisognasse salvarla. Quella volta, Parker,<br />

ispirato, aveva aggiunto: «Sarei salvo se tu<br />

mi baciassi».<br />

Lei aveva aggrottato la fronte.<br />

«Quella non è salvezza» aveva precisato.<br />

Poco tempo dopo, accettò di fare una passeggiata<br />

in furgoncino. Parker si fermò in una<br />

strada deserta e le propose di andare a<br />

sdraiarsi nel cassone.<br />

«No, finché non saremo sposati» disse lei,<br />

tranquilla.<br />

«Oh, non è necessario sposarsi» ribatté Parker.<br />

Quando fece il gesto di afferrarla, lei lo respinse<br />

con tanta forza che la portiera si staccò<br />

e lui si trovò a terra, piatto sulla schiena. In<br />

quell'istante, decise di non aver più niente a<br />

che fare con lei.<br />

Si sposarono all'ufficio di stato civile, perché<br />

Sara Ruth giudicava le chiese idolatre. Parker<br />

non aveva opinioni in merito. L'ufficio era<br />

tappezzato di scatole d'archivio di cartone e<br />

di registri dai quali spuntavano striscioline di<br />

carta gialla impolverata. L'ufficiale di stato<br />

civile era una vecchia dai capelli rossi che era<br />

in carica da quarant'anni e aveva un'aria polverosa<br />

come i suoi libri. Li sposò da dietro la<br />

grata di una scrivania verticale e quando ebbe<br />

finito disse, con voce squillante: «Tre dollari<br />

e cinquanta, e finché morte non vi divida». E<br />

compilò fragorosamente' dei moduli con la<br />

macchina per scrivere.<br />

Il matrimonio non cambiò d'una virgola Sarah<br />

Ruth e rese Parker ancora più tetro. Tutte<br />

le mattine decideva che ne aveva abbastanza<br />

e che la sera non sarebbe tornato a casa, e tutte<br />

le sere. tornava. Ogni volta che pensava di<br />

non farcela più, Parker si faceva fare un tatuaggio<br />

nuovo, ma ormai l'unica superficie<br />

libera che gli restava era la schiena. Per guardare<br />

un tatuaggio sulla schiena, avrebbe dovuto<br />

prendere due specchi e mettersi nel mezzo,<br />

in una certa posizione, e questo gli sembrava<br />

un ottimo sistema per far la figura<br />

dell'imbecille. Sarah Ruth, che se avesse avuto<br />

buon senso avrebbe potuto godersi il tatuaggio<br />

sulla schiena, non voleva nemmeno<br />

guardare quelli che. aveva altrove. Quando<br />

lui cercava di farle notare i particolari più importanti,<br />

chiudeva gli occhi, ben stretti, e gli<br />

voltava anche la schiena. Fuorché al buio pesto,<br />

preferiva che stesse vestito, e con le maniche<br />

della camicia tirate giù.<br />

«Davanti al tribunale di Dio, Gesù ti domanderà:<br />

"Che cos'hai fatto nella tua vita, oltre a<br />

riempirti di disegni su tutto il corpo?"» gli<br />

diceva.<br />

«Non me la dai a bere» rispondeva Parker.<br />

«Tu hai paura che la bella .ragazzona prosperosa<br />

per la quale lavoro s'incapricci di me e<br />

mi dica: "Andiamo, signor Parker, andiamo<br />

a ... "»<br />

«Tu tenti il peccato» replicava lei «e davanti<br />

al tribunale di Dio ti toccherà rispondere anche<br />

di questo. Dovresti tornare a vendere i<br />

frutti della terra.»<br />

Quando era a casa, Parker non faceva gran-<br />

11


ché, oltre .ad ascoltare come gli sarebbe andata<br />

davanti al tribunale di Dio, se non avesse<br />

cambiato vita. Quando poteva, interrompeva<br />

quelle tirate con racconti sulla ragazza prosperosa<br />

per la quale lavorava. «Signor Parker»<br />

gli aveva detto «io l'ho assunta per la<br />

sua intelligenza.» (E aveva soggiunto: «E allora<br />

perché non se ne serve?».)<br />

«E avresti dovuto vedere che faccia ha fatto<br />

la prima volta che mi ha visto senza camicia»<br />

raccontava. «Signor Parker» mi ha detto «lei<br />

è un arazzo ambulante!» E questa era stata,<br />

effettivamente, l'osservazione della padrona,<br />

però gliel'aveva fatta con la bocca torta.<br />

L'insoddisfazione di Parker aumentò a tal<br />

punto che non ci fu più mezzo di contenerla,<br />

all'infuori, di un tatuaggio. E bisognava farlo<br />

sulla schiena, per forza. Un'ispirazione nebulosa<br />

e informe cominciò a mulinargli nella<br />

mente. Immaginava di farsi fare un tatuaggio<br />

al quale Sarah Ruth non<br />

avrebbe potuto resistere,<br />

un soggetto religioso.<br />

Pensò a un libro<br />

aperto, con la scritta<br />

SACRA BIBBIA tatuata<br />

sotto, e un versetto<br />

autentico, a caratteri di<br />

stampa, sulla pagina.<br />

Per un po', questa gli<br />

parve l'idea risolutiva,<br />

poi cominciò a immaginare<br />

Sarah Ruth che diceva:<br />

«Ma non ce l'ho<br />

già, una vera Bibbia?<br />

Cosa credi, che voglia<br />

leggere all'infinito lo<br />

stesso versetto, .quando posso leggerla tutta?».<br />

Aveva bisogno di qualcosa di meglio<br />

della Bibbia! Ci pensava tanto che cominciò<br />

a perdere il sonno. Peso, ne stava già perdendo,<br />

perché Sarah Ruth si limitava a buttare il<br />

cibo nella pentola e a lasciarlo bollire. Il fatto<br />

di non sapere di sicuro perché continuasse a<br />

vivere con una donna brutta, incinta e pessima<br />

cuoca, lo rendeva grandemente nervoso e<br />

irritabile, egli venne un piccolo tic a una<br />

guancia.<br />

Un paio di volte, si scoprì a voltarsi di scatto,<br />

come se qualcuno lo pedinasse. Uno dei suoi<br />

nonni era finito al manicomio statale, sia pure<br />

dopo i settantacinque anni. Ma per quanto<br />

urgente fosse in lui il bisogno di un nuovo<br />

tatuaggio, era altrettanto urgente trovare<br />

quello giusto, che avrebbe messo al tappeto<br />

Sarah Ruth. Più rimuginava, più gli occhi gli<br />

s'incavavano e assumevano un'espressione<br />

tormentata. La vecchia per la quale lavorava<br />

<strong>12</strong>


gli disse che, se non era capace di stare attento<br />

a quello che faceva, lei sapeva dove trovare<br />

un negro di quattordici anni che ne era capace.<br />

Parker era tanto preoccupato che non si<br />

offese nemmeno. In passato, l'avrebbe piantata<br />

sui due piedi, dicendo seccamente:<br />

«Benissimo, allora vada a prenderlo».<br />

Due o tre mattine dopo, Parker stava legando<br />

le balle di fieno con la miserabile pressa e il<br />

trattore sfiancato della vecchia, in un grande<br />

pascolo che aveva solo un enorme albero secolare<br />

nel mezzo. La padrona era il tipo che<br />

non faceva abbattere un vecchio albero, perché<br />

era un vecchio albero. Lo indicò a Parker,<br />

come se lui non avesse gli occhi, e gli<br />

raccomandò di non urtarlo, mentre la macchina<br />

raccoglieva fieno lì attorno. Parker cominciò<br />

all'esterno del campo e proseguì verso<br />

l'albero, in cerchi concentrici. Ogni tanto doveva<br />

scendere dal trattore per sbrogliare il<br />

cordone della pressa o per liberare la strada<br />

da un sasso. La vecchia gli aveva ordinato di<br />

portare i sassi sul bordo del prato, cosa che<br />

Parker faceva quando lei lo guardava. Quando<br />

pensava di farla franca, ci passava sopra.<br />

Mentre girava intorno al campo, non faceva<br />

che pensare al disegno più adatto per la<br />

schiena. Il sole, delle dimensioni di una palla<br />

da golf, cominciò a scivolargli dietro e a tornargli<br />

davanti con un moto regolare, ma a<br />

Parker sembrava di vederlo da tutt'e due le<br />

parti contemporaneamente, come se, avesse<br />

avuto gli occhi anche sulla nuca. D'un tratto,<br />

s'accorse che l'albero allungava i rami per afferrarlo.<br />

Un colpo feroce lo catapultò in aria e<br />

udì se stesso gridare, a voce incredibilmente<br />

alta: «Dio del cielo!».<br />

Atterrò sulla schiena, mentre il trattore si rovesciava,<br />

schiantandosi contro l'albero, e<br />

prendeva fuoco. La prima cosa che Parker<br />

vide, furono le proprie scarpe, divo rate velocemente<br />

dalle fiamme': una sotto il trattore,<br />

l'altra a una certa distanza, che bruciava per<br />

conto suo. Lui non c'era, dentro. Sentiva sulla<br />

faccia il fiato caldo dell'albero che bruciava.<br />

Arretrò, seduto, con gli occhi fondi come caverne,<br />

e se avesse saputo farsi il segno della<br />

croce l'avrebbe fatto.<br />

Il suo furgoncino era fermo su una strada<br />

sterrata, ai margini del pascolo. Parker si diresse<br />

verso di esso, ancora seduto, ancora<br />

all'indietro, ma sempre più in fretta. A metà<br />

strada si alzò e si mise a correre, tutto curvo,<br />

tanto che cadde in ginocchio due volte. Gli<br />

sembrava di avere ,le gambe come due vecchie<br />

grondaie arrugginite. Alla fine arrivò al<br />

camion e partì a zig-zag. Passò davanti alla<br />

casa sul terrapieno e puntò dritto verso la città,<br />

che distava una cinquantina di miglia.<br />

Durante il tragitto non si concesse di pensare.<br />

Sapeva solo che era avvenuto un grande cambiamento,<br />

nella sua vita, un balzo in avanti<br />

verso un ignoto peggiore, e che lui non poteva<br />

farci nulla. Era successo, a tutti gli effetti.<br />

L'artista di tatuaggi aveva due grandi stanze,<br />

disordinate e piene di roba; sopra lo studio<br />

d'un callista, in una viuzza interna. Parker<br />

ancora a piedi nudi, gli piombò in casa senza<br />

rumore poco dopo le tre ,del pomeriggio.<br />

L'artista, che aveva circa l'età di Parker, ventotto<br />

anni, ma era esile e calvo, era al tavolo<br />

da disegno a ricalcare 'uno schizzo con l'inchiostro<br />

verde. Alzò lo sguardo, irritato, e<br />

parve non riconoscere Parker nella creatura<br />

13


dagli occhi infossati che gli stava davanti.<br />

«Mi faccia vedere il libro con tutti i ritratti di<br />

Dio» ansimò lui. «Quello religioso.»<br />

L'artista continuò a fissarlo col suo sguardo<br />

intellettuale e superiore.<br />

«Non faccio tatuaggi agli ubriachi» avvertì.<br />

«Ma lei mi conosce» protestò Parker, indignato.<br />

«Sono O.E. Parker! Ha già lavorato<br />

per me, e l'ho sempre pagata!»<br />

L'uomo guardò nuovamente Parker, come se<br />

non fosse affatto sicuro. «La vedo piuttosto<br />

malconcio» osservò. «Deve essere stato in<br />

prigione.»<br />

«Sposato.»<br />

«Oh!» Con l'aiuto di due specchi, l'artista si<br />

era tatuato in cima alla testa una civetta in<br />

miniatura, perfetta in ogni particolare. Aveva<br />

le dimensioni di una moneta da mezzo dollaro<br />

e gli serviva per farsi pubblicità. C'erano<br />

artisti più a buon mercato, in città, ma Parker<br />

aveva sempre voluto soltanto il meglio. L'artista<br />

andò a un secrétaire in fondo alla stanza,<br />

e cominciò a sfogliare dei libri d'arte.<br />

«Cosa le interessa?» domandò. «Santi, angeli,<br />

Cristo. Q che cosa?»<br />

«Dio!»<br />

«Padre, Figlio o Spirito Santo?»<br />

«Dio» ripeté Parker con impazienza. «Cristo.<br />

Non ha importanza. Purché sia Dio.»<br />

L'artista tornò con un libro. Sbarazzò un altro<br />

tavolo dalle carte, vi appoggiò il libro e invitò<br />

Parker a sedersi e a scegliere il disegno che<br />

preferiva. «Quelli moderni sono in fondo»<br />

avvertì.<br />

Parker si sedette e bagnò il pollice. Cominciò<br />

a sfogliare il libro partendo dalle ultime pagine,<br />

dove c'erano i ritratti moderni. Qualcuno<br />

lo riconobbe: il Buon Pastore, «Lasciate che i<br />

pargoli ... », Gesù sorridente, Gesù amico del<br />

medico. Ma man mano che sfogliava velocemente<br />

il libro all'indietro, i ritratti diventavano<br />

sempre meno rassicuranti. Uno era la faccia<br />

verde e consunta di un morto, rigata di<br />

sangue. Uno era giallo, con gli occhi viola e<br />

cadenti. Il cuore di Parker si mise a battere<br />

sempre più veloce, finché cominciò a rombare<br />

dentro di lui come un enorme generatore di<br />

corrente. Parker voltava le pagine sicurò,<br />

pensando che quando fosse giunto all'immagine<br />

predestinata avrebbe avuto un segno.<br />

Continuò a sfogliare, finché arrivò quasi all'inizio<br />

del libro.<br />

Da una pagina, un paio d'occhi gli lanciarono<br />

un rapido sguardo. Parker proseguì svelto,<br />

poi si fermò. Pareva che gli avessero staccato<br />

la corrente dal cuore: il silenzio era assoluto.<br />

E diceva chiaro, come se fosse stato un linguaggio:<br />

«Torna indietro! ».<br />

Parker tornò all'illustrazione, la testa severa e<br />

senza rilievo di un Cristo bizantino, dagli occhi<br />

divoranti. Rimase a sedere, scosso da un<br />

tremito, e il cuore riprese lentamente a battergli,<br />

come se una forza inspiegabile l'avesse<br />

riportato invita.<br />

«Ha trovato quello che le interessa?» domandò<br />

l'artista.<br />

Parker aveva la gola troppo secca per essere<br />

in grado di rispondere. Si alzò e gli piantò<br />

sotto i1 naso il libro aperto alla pagina del<br />

ritratto.<br />

14


«Questo le costerà un mucchio di soldi» annunciò<br />

l'artista. «Ma immagino che non vorrà<br />

tutti quei quadretti: basteranno i contorni e<br />

qualcuno dei tratti più belli.»<br />

«Lo voglio esattamente così» dichiarò Parker.<br />

«O così o niente.»<br />

«Contento lei... Ma un lavoro simile non lo<br />

faccio per quattro soldi.»<br />

«Quanto?»<br />

«Ci vorranno due giorni di lavoro.»<br />

«Quanto?» ripeté Parker.<br />

«A rate o in contanti?» domandò l'artista. Gli<br />

altri lavori, Parker li aveva fatti a rate, ma l'aveva<br />

sempre pagato. «Dieci di deposito e dieci<br />

per ogni giorno di lavoro.» Parker tirò fuori<br />

dieci dollari dal portafoglio; gliene rimasero<br />

tre.<br />

«Venga domattina» disse l'artista, intascando<br />

il denaro. «Prima dovrò tirar giù lo schizzo<br />

dal libro.»<br />

«No, no!» esclamò Parker. «O fa lo schizzo<br />

subito o mi dà indietro i miei soldi.» E gli occhi<br />

gli scintillavano minacciosi, come se fosse<br />

pronto a fare a pugni.<br />

L'artista acconsentì. Un tipo così stupido da<br />

volere un Cristo sulla schiena, rifletté, poteva<br />

anche cambiare idea da un momento all'altro,<br />

ma una volta cominciato il lavoro non avrebbe<br />

più avuto modo di tirarsi indietro.<br />

Mentre ricalcava il disegno, disse a Parker di<br />

andarsi a lavare la schiena all'acquaio col sapone<br />

speciale. Parker obbedì, poi tornò e si<br />

mise a passeggiare avanti e indietro, flettendo<br />

nervosamente le spalle. Aveva voglia di an-<br />

dare a guardare di nuovo la figura e allo stesso<br />

tempo non ne aveva voglia. Alla fine, l'artista<br />

si alzò e gli disse di sdraiarsi sul tavolo.<br />

Gli sfregò la schiena. col cloruro d'etile, poi<br />

cominciò a tracciare la testa con la matita allo<br />

iodio. Passò un'ora, prima che prendesse in<br />

mano l'ago elettrico. Parker non sentì un dolore<br />

eccessivo. In Giappone gli avevano tatuato<br />

un Budda sull' omero con degli aghi<br />

d'avorio; in Birmania, un ometto marrone,<br />

che pareva una radice, gli aveva tatuato un<br />

pavone per ginocchio con dei bastoncini appuntiti<br />

lunghi sessanta centimetri; e parecchi<br />

dilettanti l'avevano lavorato con spilli e fuliggine.<br />

Di solito, Parker era così disteso e tranquillo,<br />

sotto le mani dell'artista, che gli capitava<br />

di addormentarsi, ma quella volta rimase<br />

sveglio, con tutti i muscoli tesi.<br />

A mezzanotte, l'artista annunciò che doveva<br />

smettere. Piantò sul tavolo contro il muro uno<br />

specchio d'un metro e venti di lato, andò al<br />

gabinetto a prenderne uno più piccolo e lo<br />

mise in mano a Parker. Parker voltò le spalle<br />

allo specchio sul tavolo e mosse l'altro finché<br />

non vide scaturire un'esplosione di colori<br />

sgargianti: aveva la schiena quasi completamente<br />

coperta di quadretti rossi e blu, color<br />

avorio e zafferano. Parker distinse i lineamenti<br />

della faccia: una bocca, l'attaccatura<br />

delle sopracciglia folte, un naso dritto. Ma il<br />

volto era vuoto: gli occhi non erano ancora<br />

stati tracciati. Sulle prime, gli sembrò che<br />

l'artista l'avesse imbrogliato e avesse disegnato<br />

Gesù amico del medico.<br />

«Non ha gli occhi!» esplose.<br />

«Arriveranno a suo tempo» promise l'artista.<br />

«Abbiamo ancora un giorno di lavoro.»<br />

15


Parker passò la notte su una branda alla missione<br />

cristiana Porto di luce. Aveva scoperto<br />

che erano quelli i posti migliori per alloggiare<br />

in città, perché erano gratuiti e fornivano anche<br />

un pasto, per quanto misero. Si accaparrò<br />

l'ultima branda disponibile e, dato che era a<br />

piedi nudi, accettò un paio di scarpe usate che<br />

nella confusione infilò per andare a letto: era<br />

ancora scosso per tutto quello che gli era ca-<br />

pitato. Rimase sveglio tutta la notte, nel lungo<br />

dormitorio pieno di brande, ciascuna col<br />

suo carico gibboso. L'unica luce veniva da<br />

una croce fosforescente, che splendeva in<br />

fondo allo stanzone. L'albero allungò di nuo-<br />

vo i rami per afferrarlo, poi s'incendiò di colpo;<br />

la scarpa bruciava tranquillamente, per<br />

conto suo; gli occhi, nel libro, gli dicevano<br />

chiaro: «Torna indietro!» ma non emettevano<br />

alcun suono. Parker non avrebbe voluto essere<br />

in quella città, in quel Porto di luce, in quel<br />

letto da solo. Con sconsolato ardore, desiderava<br />

la vicinanza di Sarah Ruth. La sua lingua<br />

tagliente e i suoi occhi a punteruolo era-<br />

no il solo conforto che riuscisse a immaginare,<br />

e venne alla conclusione che lo stava perdendo.<br />

Gli occhi di Sarah Ruth gli sembravano<br />

docili e indecisi, al confronto di quelli del<br />

libro, che non riusciva a ricordare esattamen-<br />

16


te, ma di cui avvertiva ancora la forza di penetrazione.<br />

Sotto quello sguardo si sentiva<br />

trasparente come l'ala di una mosca.<br />

L'artista dei tatuaggi gli aveva detto di non<br />

andare da lui prima delle dieci di mattina, ma<br />

quando arrivò, all'ora fissata, lo trovò seduto<br />

per terra nell'andito buio, ad aspettarlo. Appena<br />

sveglio, Parker aveva deciso che una<br />

volta finito il tatuaggio non l'avrebbe nemmeno<br />

guardato, che tutte le sue impressioni del<br />

giorno e della notte prima erano quelle di un<br />

pazzo e che avrebbe ricominciato a comportarsi<br />

secondo il suo sano buon senso.<br />

L'artista riprese da dove aveva smesso. «Una<br />

cosa, vorrei sapere» disse a un certo punto,<br />

mentre lavorava alla schiena di Parker.<br />

«Perché vuole avere addosso questa immagine?<br />

Si è dato alla religione? Vuole salvarsi<br />

l'anima?» domandò, in tono canzonatorio.<br />

Parker si sentiva la gola secca e salata.<br />

«Nooo, me ne sbatto, io, di quelle fesserie»<br />

dichiarò. «Un uomo che non è capace di salvarsi<br />

da solo mi fa ridere.» Le parole sembrarono<br />

uscirgli dalla bocca come fantasmi ed<br />

evaporare immediatamente, come se non le<br />

avesse mai pronunciate.<br />

«Allora perché... »<br />

«Ho sposato una donna redenta» spiegò Parker.<br />

«E ho fatto male. Dovrei piantarla. Ha<br />

avuto la bella idea di restare incinta.»<br />

«Peccato» disse l'artista. «Allora è stata lei a<br />

farle fare questo tatuaggio.»<br />

«Nooo. Lei non ne sa niente. E una sorpresa.»<br />

«Pensa che le piacerà e che la lascerà in pace<br />

per un po'?»<br />

«Non potrà farne a meno. Non potrà dire che<br />

non le garba la faccia di Dio.» Parker decise<br />

che aveva già raccontato abbastanza dei fatti<br />

suoi all'artista. Gli artisti andavano benissimo,<br />

se stavano al loro posto, ma non gli piaceva<br />

che mettessero il naso negli affari della<br />

gente normale. «Stanotte non ho dormito»<br />

disse. «Penso che dormirò un po' adesso.»<br />

Questo chiuse la bocca all'artista, ma non<br />

portò il sonno a Parker. Se ne stava bocconi,<br />

immaginando Sarah Ruth che rimaneva senza<br />

parole, folgorata dalla faccia sulla sua schiena,<br />

e ogni tanto quella fantasia era interrotta<br />

dalla visione dell'albero incendiato, con la<br />

scarpa che vi bruciava sotto.<br />

L'artista lavorò fin quasi alle quattro, senza<br />

pausa per il pranzo, senza praticamente staccare<br />

l'ago elettrico, se non per asciugare i colori<br />

che sgocciolavano dalla schiena di Parker.<br />

Alla fine il tatuaggio fu terminato.<br />

«Adesso può andare a guardarlo» disse.<br />

Parker si rizzò a sedere, ma rimase sull'orlo<br />

del tavolo.<br />

L'artista era soddisfatto della sua opera e voleva<br />

che Parker la vedesse subito, ma Parker<br />

continuava a star seduto sull'orlo del tavolo,<br />

con aria assente.<br />

«Che le prende?» domandò l'artista. «Vada a<br />

guardarlo.»<br />

«Sto benone» ribatté Parker, improvvisamente<br />

bellicoso. «Il tatuaggio non scappa. Quando<br />

vorrò guardarlo sarà ancora lì.» Prese la<br />

camicia e cominciò a infilarsela con precauzione.<br />

17


L'artista lo agguantò bruscamente per un<br />

braccio e lo spinse tra i due specchi. «E ora<br />

guardi» ordinò, furioso perché la sua opera<br />

veniva ignorata.<br />

Parker guardò, diventò pallido e s'allontanò,<br />

ma gli occhi del ritratto continuarono a guardarlo,<br />

immobili, fissi, divoranti, avvolti nel<br />

silenzio.<br />

«L'idea è stata sua, ricordi» disse l'artista.<br />

«Per me, le avrei consigliato qualcosa di diverso.»<br />

Parker non aprì bocca. Indossò la camicia e<br />

imboccò la porta, mentre l'artista urlava. «E<br />

aspetto tutti i miei soldi! Aspetto i soldi!»<br />

Parker andò in un emporio all'angolo, comprò<br />

una pinta di whisky, se la portò in un vicolo<br />

poco distante e la bevve tutta nel breve<br />

volgere di cinque minuti. Poi andò in una sala<br />

da biliardo che frequentava quando scendeva<br />

in città. Era uno stanzone ben illuminato, che<br />

pareva un granaio, con un bar da una parte, le<br />

macchinette mangiasoldi dall'altra e i tavoli<br />

da biliardo che troneggiavano sul fondo. Come<br />

Parker entrò, un omone in camicia a quadretti<br />

rossi e neri lo salutò con una manata e<br />

urlò: «Eeeeeeilà! O.E. Parker!».<br />

Era ancora presto, per battere Parker sulla<br />

schiena. «Giù le mani» protestò. «Ho un tatuaggio<br />

nuovo, lì.» «Cos'è, stavolta?» domandò<br />

l'uomo, e gridò ai clienti delle macchinette:<br />

«O.E. si è fatto un tatuaggio nuovo!».<br />

«Niente di speciale, stavolta» brontolò Parker,<br />

e s'incamminò avvilito a una macchinetta<br />

libera.<br />

«Dai!» fece l'omone. «Diamo un'occhiata al<br />

tatuaggio di O.E.!» Mentre Parker si divinco-<br />

lava dalle loro mani, gli uomini gli tirarono<br />

su la camicia. D'un tratto, Parker sentì tutte le<br />

mani cadergli di dosso, e la camicia gli calò<br />

sulla faccia, come un velo. Nella sala da biliardo<br />

scese un silenzio che parve diffondersi<br />

dal gruppo intorno a lui fino alle fondamenta,<br />

sotto l'edificio, e verso l'alto, più su delle travi<br />

del tetto.<br />

Finalmente qualcuno esclamò: «Cristo!». E<br />

tutti si misero a far baccano. Parker si voltò,<br />

con un sorriso incerto. «Queste trovate le ha<br />

solo O.E.!» esclamò l'uomo con la camicia a<br />

quadretti. «Che roba!»<br />

«Magari si è dato alla religione!» gridò qualcuno.<br />

«Col cavolo» ribatté Parker.<br />

«O.E. si è dato alla religione e si schiera con<br />

Gesù, vero O.E.?» domandò maliziosamente<br />

un ometto con un pezzo di sigaro in bocca.<br />

«Un sistema molto originale, devo dire.»<br />

«Non ce n'è come O.E., per inventarne di<br />

nuove!» dichiarò l'omone.<br />

«jooohum! Che roba!» gridò qualcuno, e tutti<br />

cominciarono a fischiare e a bestemmiare per<br />

complimentarsi, finché Parker sbuffò:<br />

«Oooooh, piantatela»<br />

«Perché l'hai fatto?» domandò un tale.<br />

«Per ridere» ribatté Parker. «Che ti frega?»<br />

«E allora perché non ridi?» domandò un altro.<br />

Parker si avventò sul gruppo e, come una bufera<br />

di vento in un giorno d'estate, ebbe inizio<br />

una rissa che imperversò fra tavolini rovesciati<br />

e pugni volanti, finché due uomini af-<br />

18


ferrarono Parker, lo trascinarono di corsa alla<br />

porta e lo buttarono fuori. Allora nella sala da<br />

biliardo scese una pace sconvolgente, come<br />

se lo stanzone che pareva un granaio fosse la<br />

nave dalla quale Giona era stato gettato in<br />

mare.<br />

Parker rimase a lungo seduto per terra; nel<br />

vicolo dietro la sala da biliardo, a scrutare la<br />

propria anima. La vedeva come una ragnatela<br />

di verità e di bugie, assolutamente priva d'im-<br />

portanza per lui, ma necessaria a dispetto delle<br />

sue opinioni. Gli occhi che ormai dimoravano<br />

per sempre sulla sua schiena erano occhi<br />

ai quali si doveva obbedire. Ne era certo,<br />

come raramente gli era accaduto di esser certo<br />

di qualcosa. Per tutta la vita, a volte protestando<br />

e a volte bestemmiando, sovente spa-<br />

ventato e una volta in estasi, Parker aveva<br />

obbedito a tutti gli impulsi di quel genere che<br />

l'avevano ispirato: in estasi quando si era infiammato<br />

alla vista dell'uomo dei tatuaggi,<br />

alla fiera; spaventato quando si era arruolato<br />

in marina; protestando quando aveva sposato<br />

Sarah Ruth.<br />

Il pensiero di lei lo spinse lentamente ad alzarsi.<br />

Sarah Ruth l'avrebbe consigliato sul da<br />

farsi, avrebbe sistemato anche il resto, e se<br />

non altro sarebbe stata soddisfatta. Il furgoncino<br />

era ancora fermo davanti all'edificio dove<br />

c'era lo studio dell'artista, non molto lontano.<br />

Parker lo raggiunse e lasciò la città, entrando<br />

nella notte campestre. Aveva la testa<br />

quasi completamente sgombra dai fumi<br />

dell'alcool, e si accorse che l'insoddisfazione<br />

19


era sparita, ma non si sentiva del tutto se stesso.<br />

Era come se fosse se stesso ma estraneo a<br />

se stesso, e viaggiasse in un paese nuovo,<br />

sebbene tutto quello che vedeva gli fosse familiare,<br />

persino la notte.<br />

Alla fine arrivò a casa, sul terrapieno, fermò<br />

il furgoncino sotto il noce americano e scese.<br />

Fece tutto il baccano possibile, per stabilire<br />

che era ancora lui il padrone, che il fatto di<br />

esser stato via una notte senza una parola non<br />

significava nulla, se non che lui le cose le faceva<br />

così. Sbatté la portiera, salì i due gradini<br />

e attraversò la veranda, pestando i piedi.<br />

Scosse violentemente la maniglia della porta,<br />

che però non cedette. «Sarah Ruth!» gridò.<br />

«Fammi entrare!»<br />

La porta non aveva chiave, ma evidentemente<br />

Sarah Ruth aveva incastrato una sedia sotto la<br />

maniglia. Parker cominciò a battere alla porta<br />

e a scuotere la maniglia, contemporaneamente.<br />

Sentì le molle del letto cigolare e si chinò a<br />

guardare dal buco della serratura, ma era stato<br />

tappato con un pezzo di carta. «Fammi entrare!»<br />

tempestò, martellando di nuovo la<br />

porta. «Perché mi hai chiuso fuori?»<br />

Una voce tagliente, vicino all'uscio, domandò:<br />

«Chi è? ».<br />

«Io» rispose Parker. «O.E.»<br />

Aspettò un momento.<br />

«Io» ripeté con impazienza. «O.E.»<br />

All'interno sempre silenzio.<br />

Parker tentò di nuovo. «O.E.» disse ancora,<br />

dando due o tre manate alla porta. «O.E. Parker.<br />

Mi conosci.» Silenzio. Poi una voce dis-<br />

se lentamente: «Io non conosco nessun<br />

O.E.».<br />

«Smettila di scherzare» implorò lui. «Non hai<br />

motivo di trattarmi così. Sono io, O.E., sono<br />

tornato. Non avrai paura di me.»<br />

«Chi è?» domandò la stessa voce spietata.<br />

Parker voltò la testa, come se si aspettasse•<br />

che qualcuno alle sue spalle gli suggerisse la<br />

risposta. Il cielo si era lievemente schiarito e<br />

due o tre nastri gialli fluttuavano sopra l'orizzonte.<br />

Poi, mentre Parker guardava, una sorta<br />

di albero di luce scaturì dal confine del cielo.<br />

Parker ricadde contro la porta, come se ce<br />

l'avessero inchiodato con una lancia.<br />

«Chi è?» chiese la voce all'interno, che adesso<br />

aveva qualcosa di definitivo. La maniglia<br />

crepitò, e la voce domandò, perentoria: «Chi<br />

è, insomma?».<br />

Parker si chinò e appoggiò la bocca alla serratura<br />

tappata. «Obadiah» bisbigliò, e d'un<br />

tratto sentì la luce riversarsi in lui trasformando<br />

la sua anima-ragnatela in un perfetto arabesco<br />

di colori, un giardino di alberi, di uccelli<br />

e di animali.<br />

«Obadiah Elihue» mormorò.<br />

La porta si aprì e Parker entrò incespicando.<br />

Sarah Ruth torreggiava indistinta sulla soglia,<br />

con le mani sui fianchi. E attaccò subito:<br />

«Non era una bionda prosperosa, la tua padrona,<br />

e dovrai pagarle fino all'ultimo, soldo<br />

il trattore che hai fatto a pezzi. Non è assicurata.<br />

E venuta qui, abbiamo fatto una lunga<br />

chiacchierata e io ...».<br />

Tremando, Parker armeggiò per accendere la<br />

lampada a petrolio.<br />

20


«Cosa ti viene in mente? Perché sprechi il<br />

petrolio, che è quasi giorno?» volle sapere<br />

lei. «Non ho bisogno di vederti.»<br />

Un bagliore giallo li avvolse. Parker mise giù<br />

il fiammifero e cominciò a slacciarsi la camicia.<br />

«E stamattina non sognarti di prendermi»<br />

l'avvisò SarahRuth.<br />

«Chiudi il becco!» disse Parker, tranquillo.<br />

«Guarda questo, e poi non voglio più sentire<br />

una parola, da te.» Si tolse la camicia e le<br />

voltò le spalle.<br />

«Un altro disegno» ringhiò Sarah Ruth.<br />

«Avrei dovuto immaginarlo che eri andato a<br />

farti disegnare altre porcherie sulla pelle.»<br />

Parker si sentì svuotare le ginocchia. Si girò<br />

di scatto e urlò: «Guardalo! Non stare lì a<br />

parlare e basta! Guardalo!».<br />

«Ho guardato.»<br />

«E non sai chi è?» gridò lui, tra mille tormenti.•<br />

«No, chi è?» s'informò Sarah Ruth. «Non è<br />

nessuno che conosco.»<br />

«È lui.»<br />

«Lui chi?»<br />

«Dio!» gridò Parker.<br />

«Dio? Ma Dio non è così.»<br />

Click on in the pdf version to open the link<br />

«E come fai, tu, a sapere che faccia ha?» ge-<br />

mette Parker. «Mica l'hai visto.»<br />

«Dio non ha la faccia» spiegò Sarah Ruth. «È<br />

uno spirito. Nessun uomo vedrà mai il suo<br />

volto.»<br />

«Ascolta» si lamentò Parker «questo è proprio<br />

il suo ritratto.»<br />

«Idolatria!» tuonò Sarah Ruth. «Idolatria! Ti<br />

21


scaldi la testa con gli idoli a ogni passo che<br />

fai. Io posso sopportare le bugie e le vanità,<br />

ma non voglio idolatri in questa casa!» E, afferrando<br />

la scopa, cominciò a picchiarlo sodo<br />

sulla schiena.<br />

Parker era troppo sbalordito per resistere. Restò<br />

seduto e lasciò che lei lo picchiasse finché<br />

fu sull' orlo dello svenimento, e sul viso del<br />

Cristo si formarono grossi cordoni di gonfiore.<br />

Poi si alzò e si diresse alla porta, barcollando.<br />

Sarah Ruth batté due o tre volte la scopa sul<br />

pavimento, poi andò alla finestra e la scosse<br />

fuori, per liberarla del contagio di Parker.<br />

Sempre con la scopa in mano, guardò verso il<br />

noce americano, e gli occhi le si fecero ancora<br />

più duri. L'uomo che si chiamava Obadiah<br />

Elihue era là, appoggiato all'albero, e piangeva<br />

come un bambino.<br />

22


UNA SEPARAZIONE (Jodaeiye Nader az Simin)<br />

Iran 2011, <strong>12</strong>3'<br />

Genere: Drammatico<br />

Regia di: Asghar Farhadi<br />

Cast principale: Leuila Hatai, Peyman<br />

Moaadi, Sahab Hosseini, Sareh Bayat, Babak<br />

Karimi<br />

Tematiche: menzogna, verità, violenza, figli,<br />

matrimonio, religione, fanatismo<br />

Target: da 14 anni<br />

Nell‟Iran di oggi, due coppie litigano, mentono,<br />

difendono la propria verità. Mentre due<br />

bambine osservano e giudicano<br />

Forgiato con uno stile austero e intensissimo<br />

al tempo stesso (come le voci dei personaggi,<br />

sempre alterate dalla tensione) e arricchito da<br />

attori di grande intensità (a Berlino il film<br />

vinse altri due premi, per il complesso delle<br />

interpretazioni maschili e femminili), Una<br />

separazione è film immerso nella realtà del<br />

suo Paese: con tutte le cautele di un regista<br />

che ancora lavora in patria (mentre i colleghi<br />

più celebri sono in esilio e qualcun altro, come<br />

Jafar Panahi, è pure finito in prigione),<br />

sembra essere una metafora della situazione<br />

dell‟Iran, dalla divisione rigida in classi al<br />

condizionamento di dinamiche di potere e<br />

violenza tra le persone; senza contare l‟oggettiva<br />

descrizione della condizione della<br />

donna, pur non tematizzata. Eppure, la sua<br />

grandezza sta anche nell‟essere una storia<br />

universale che, depurata dalle condizioni specifiche<br />

iraniane, parla di uomini e donne che<br />

si arrabattano per sopravvivere a situazioni<br />

da cui non riescono a uscire, e per questo<br />

mentono senza pensare alle conseguenze, e<br />

senza riuscire a evitare una violenza col pros-<br />

23


simo sempre più dilagante. Persone senza alcuna<br />

possibilità di perdono; al massimo, ci<br />

può essere una transazione (con soldi) o<br />

un‟udienza in un‟aula di tribunale. In cui una<br />

giovane innocente – costretta a una scelta<br />

straziante, più grande di lei – farà le spese di<br />

tutto questo. (A. Autieri)<br />

24


IL TEATRO DEGLI ORRORI, IL MONDO NUOVO,<br />

UNIVERSAL/LA TEMPESTA (20<strong>12</strong>)<br />

Nell‟ultimo disco, appena uscito, tra le altre<br />

c‟è una canzone che entra subito nel circolo<br />

delle curiosità più autentiche: è E cerco te, il<br />

pezzo da cui la band ha tratto il suo videoclip<br />

promozionale. E‟ un rock veloce come un<br />

brano dei Foo Fighters, con belle chitarre<br />

ruvide e invadenti, che parla d‟amore, della<br />

ricerca di una persona fascinosa scomparsa<br />

nei meandri romani. E‟ una ricerca ansiosa,<br />

senza sosta, disordinata: “io cerco te, cerco<br />

te, nei week end, nelle lune piene, in ogni<br />

macchina che passa in via Togliatti, nei visi<br />

tristi, di gente stanca, di vivere così, negli<br />

appartamenti, dove nascondere, la voglia di<br />

andar via, il mondo nuovo, l’oceano”. Solo<br />

dopo il break – un classico nella costruzione<br />

di Capovilla e del bassista e chitarrista Giulio<br />

Favero – emerge il perché di questa ricerca<br />

affannosa, inevitabile, obbligata: cerco te perché<br />

sei “qualcuno che sa bene, che è maligno<br />

il mondo, ma che nel cuore, in fondo, riconosce<br />

sempre, il bene, dal male, il bene, il male…”.<br />

Ecco perché cercarti e svenarsi in un<br />

inseguimento metropolitano, ecco la radice<br />

dell‟attrazione, motivo ben più urgente di<br />

quello puramente estetico che è rappresentato<br />

dallo “spettacolo umano più bello, che mi sia<br />

stato dato, osservare da vicino”.<br />

La radice dell‟attrazione urgente e viscerale è<br />

in qualcuno che ha un cuore che riconosce il<br />

bene dal male. Donna, vecchio, bambino,<br />

bianco, nero, ricco, sbandato: chi non si dannerebbe<br />

per re-incontrare qualcuno che sa<br />

che maligno è il mondo e che nel suo cuore<br />

distingue il bene dal male?<br />

Cuore, bene, male: da quanto tempo in una<br />

canzone non riemergevano gli attori della sfida<br />

che da sempre occupa grande letteratura e<br />

autentica poesia, musica autentica e profonda<br />

25


umanità? Da quanto tempo la canzone italiana<br />

(non che quella anglo-americana stia poi<br />

così meglio……) non riusciva a sfuggire alla<br />

domanda dominante, cioè “mi vorrai bene per<br />

almeno una settimana o mi lascerai dopo aver<br />

fatto sesso”? Capovilla e i suoi, spigolosi e<br />

colti al punto giusto, sono riusciti a mettere<br />

insieme un progetto musicale che esce dal<br />

fastidio della noiosità quotidiana. E ci accompagna<br />

forse in un periodo rock in cui forse<br />

anche gli italiani sapranno risvegliare orecchie,<br />

cuori e domande. Alla faccia di Sanremo,<br />

XFactor e compagnia bella. (W. Gatti)<br />

Io cerco te, cerco te…<br />

Io cerco te, cerco te…<br />

Testo Io cerco te<br />

Qualcuno di cui non dirò il nome<br />

sebbene sia certo, lo spettacolo umano più<br />

bello<br />

che mi sia… stato dato…<br />

osservare da vicino…<br />

Qualcuno di cui non dirò il nome<br />

che sembra il ritratto di un uomo che annega<br />

nel mare… urbano… di donne indifferenti e<br />

un po‟ qualunque<br />

donne indifferenti e un po‟ qualunque…<br />

Roma capitale sei ripugnante, non ti sopporto<br />

più…<br />

Io cerco te, cerco te…<br />

Io cerco te, cerco te…<br />

Io cerco te, cerco te…<br />

Io cerco te, cerco te…<br />

Io cerco te…<br />

Qualcuno di cui non dirò il nome<br />

sebbene sia certo, lo spettacolo umano più<br />

bello<br />

che mi sia, stato dato…<br />

osservare da vicino…<br />

Qualcuno che sa bene che è maligno il mondo<br />

ma che nel cuore in fondo riconosce sempre<br />

il bene, dal male…<br />

il bene… il male…<br />

il bene… il male…<br />

Roma capitale… sei ripugnante, non ti sopporto<br />

più…<br />

non ti sopporto più…<br />

Io cerco te, cerco te…<br />

Io cerco te, cerco te…<br />

Io cerco te, cerco te…<br />

Io cerco te, cerco te…<br />

Io cerco te…<br />

Nei week-end, nelle lune piene<br />

in ogni macchina che passa in via Togliatti<br />

nei visi tristi, di gente stanca, di vivere così<br />

negli appartamenti… dove…<br />

nascondere la voglia di andare via<br />

il mondo nuovo, l‟oceano…<br />

Stella sudamericana mia<br />

io non ricordo più il tuo nome, il tuo… nome…<br />

Io cerco te, cerco te…<br />

26


Nei week-end, nelle lune piene<br />

nei visi tristi, di gente stanca, di vivere così<br />

negli appartamenti, dove nascondere la voglia<br />

di andare via<br />

il mondo nuovo, l‟oceano<br />

il mondo nuovo, l‟oceano<br />

il mondo nuovo, l‟oceano<br />

27


SACRESTIA DEL COMPLESSO CONVENTUALE DE "LA TOURETTE" DI LE CORBUSIER.<br />

Il senso di immanenza e di trascendenza la sacralità dello spazio e la sua vocazione meditativa,<br />

sono sapientemente ispirati dalle calibrate atmosfere catacombali “sferzate” dalla luce zenitale<br />

che illumina gli altari.<br />

Egli è qui.<br />

E’ qui come il primo giorno.<br />

Una parrocchia ha brillato di uno splendore<br />

eterno. Ma tutte le parrocchie brillano<br />

eternamente, perché in tutte le parrocchie<br />

c’è il corpo di Gesù Cristo.<br />

E’ la medesima storia, esattamente la stessa,<br />

eternamente la stessa, che è accaduta in<br />

quel tempo e in quel paese e che accade tutti<br />

i giorni in tutti i giorni di ogni eternità.<br />

28


In tutte le parrocchie di tutta la cristianità.<br />

Tutti i borghi sono splendenti di faccia a<br />

Dio,<br />

tutti i borghi sono cristiani sotto lo sguardo<br />

di Dio.<br />

Israele, Israele tu non conosci la tua grandezza;<br />

ma anche voi, cristiani, non conoscete<br />

la vostra grandezza; la vostra grandezza<br />

presente.<br />

(Da Il mistero della carità di Giovanna d’Arco,<br />

di C. Peguy)<br />

29


LA RICERCA DELL'ASSOLUTO NEL-<br />

LA LETTERATURA: MICHAIL BUL-<br />

GAKOV<br />

DI ADRIANO DELL'ASTA<br />

L‟arte è sempre in misura maggiore o minore<br />

una «preghiera improvvisata»[1], vive sempre<br />

di un‟ispirazione che viene dall‟alto, al<br />

punto che si potrebbe persino dire che tanto<br />

più un‟arte è religiosa tanto più evidentemente<br />

porta impresso il sigillo dell‟estetica. Questa<br />

certezza, che veniva riformulata anche in<br />

anni recenti da un critico letterario come Andrej<br />

Sinjavskij, risulta tanto più comprensibile<br />

in un mondo culturale come quello russo,<br />

nel quale l‟incontro con il cristianesimo è<br />

percepito come l‟incontro con un‟esperienza,<br />

indefinibile concettualmente, quella della comunione<br />

dell‟uomo con Dio, ma non di meno<br />

descrivibile come una realtà assolutamente<br />

concreta la cui bellezza è indimenticabile[2].<br />

Siamo in un mondo nel quale il bello è indubitabilmente<br />

lo splendore del vero e per il<br />

quale il brutto (bezobraznyj) è significativamente<br />

ciò che ha perso l‟immagine (obraz):<br />

in ultima analisi l‟immagine divina secondo<br />

la quale è creato quell‟essere cui è affidato il<br />

compito della coltivazione del giardino<br />

dell‟Eden (il compito della cultura, se si vuo-<br />

le), il compito della creazione a immagine del<br />

Creatore, il compito dell‟affermazione di una<br />

vita piena di significato e della trasmissione<br />

di questa vita nella prospettiva della vittoria<br />

sulla morte.<br />

1. Il singolo e la sua responsabilità<br />

L‟opera letteraria di Michail Bulgakov<br />

30


[3] non sfugge a questa caratteristica, sin da<br />

quella che è una delle sue prime realizzazioni,<br />

quelle Memorie di un giovane medico,<br />

che sono nello stesso tempo una creazione<br />

letteraria e un ricordo autobiografico di quando<br />

il giovane dottor Bulgakov aveva dovuto<br />

mettere la propria inesperienza di neolaureato<br />

alla prova delle mille sorprese che poteva<br />

presentare la pratica medica in una sperduta<br />

condotta della campagna russa: autobiografia<br />

in un senso molto profondo, perché, tanto per<br />

il medico come per il letterato, il compito è<br />

uno solo, quello di salvaguardare la vita.<br />

Le Memorie sono infatti il tassello iniziale di<br />

un‟opera artistica che, esattamente come<br />

quella del medico, sarà tutta dedicata alla<br />

conservazione della vita e della sua memoria,<br />

compito particolarmente arduo in un momento<br />

in cui esse sono minacciate dal progetto<br />

rivoluzionario, che, ben al di là delle pur radicali<br />

trasformazioni politiche, consiste esattamente<br />

nella pretesa di sostituire la realtà<br />

con la sua reinterpretazione e rappresentazione<br />

ideologica.<br />

È centrale questo tema nelle Memorie, dove<br />

la conservazione della vita è possibile grazie<br />

ad un‟azione in cui l‟opera umana ha ancora<br />

un rilievo plenario; e resta ancora centrale, la<br />

stessa impresa, ne La guardia bianca, dove<br />

diventa però l‟esito di un miracolo reso tuttavia<br />

possibile da un‟opera che è ancora pienamente<br />

umana come l‟invocazione o la preghiera[4];<br />

nei testi successivi, invece, questa<br />

stessa impresa, pur restando centrale, sfugge<br />

sempre più alla portata dell‟uomo, sino a diventare<br />

il frutto puramente estetico-mistico<br />

(giocato sul piano non della realtà quotidiana<br />

o della sua memoria, ma della sola arte) di<br />

un‟opera, Il Maestro e Margherita, in cui<br />

l‟uomo ha ancora un suo ruolo, ma il cui collaboratore<br />

principale si presenta apocalitticamente<br />

con le fattezze del diavolo (che per altro<br />

compie l‟opera di Dio)[5].<br />

La salvaguardia della realtà e la conservazione,<br />

almeno, della sua memoria (là dove questa<br />

realtà viene eliminata dalla surrealtà ideologica)<br />

sono dunque elementi essenziali<br />

dell‟opera di Bulgakov; ma già a partire dalle<br />

Memorie va sottolineato che questa azione<br />

di protezione del reale ha un altro aspetto caratteristico:<br />

essa non si presenta mai come il<br />

frutto di un gesto eroico solitario o come il<br />

portato di una virtù onnipotente dell‟uomo<br />

solo; è piuttosto la risposta a un altro, la cui<br />

presenza è essenziale non solo perché nasca<br />

l‟esigenza di una risposta, ma perché la stessa<br />

risposta possa essere data.<br />

Ora, questa presenza ha un carattere indiscutibilmente<br />

religioso; essa rimanda infatti a<br />

qualcosa che è assolutamente irriducibile a<br />

una semplice produzione, invenzione o proiezione<br />

dell‟uomo: l‟altro che guida le azioni<br />

del giovane medico e di fronte al quale egli si<br />

sente responsabile è una totale sorpresa, una<br />

totale novità rispetto a qualsiasi valore civico<br />

o professionale, tant‟è vero che questa presenza<br />

si manifesta attraverso una serie di atti<br />

che il medico compie per una strana<br />

«ispirazione»[6], non più padrone di sé e della<br />

propria immagine, ma sotto l‟impulso di<br />

una «forza ignota»[7] che dà alla sua stessa<br />

voce un inusuale tono rauco, come se fosse<br />

appunto la voce di un altro.<br />

31


La vera responsabilità si situa esattamente a<br />

questo livello, là dove si è abbandonata la<br />

propria aseità orgogliosa ed esclusiva e si<br />

agisce non per affermare un‟immagine di sé,<br />

ma per rispondere del reale e per risponderne<br />

a qualcuno che noi non possiamo dominare<br />

con le nostre false parvenze o con la nostra<br />

ragione; questo altro, infatti, pur essendo così<br />

vicino a noi da poterci motivare all‟azione, ci<br />

resta fondamentalmente ignoto. La vera responsabilità,<br />

dunque, è innanzitutto rapporto<br />

con un che di misterioso; è così radicalmente<br />

rapporto con il mistero che, una volta che la<br />

si è assunta non si sa ancora veramente che<br />

cosa fare: tutto ciò che si presenta all‟uomo<br />

−come Bulgakov sottolinea con particolare<br />

insistenza descrivendo il proprio medico−<br />

supera le sue «aspettative»[8], è<br />

«assolutamente incomprensibile», così che<br />

egli non può che agire a «casaccio»,<br />

«meccanicamente e incoerentemente»,<br />

«senza ragionare»[9], «senza saper nulla»[10].<br />

Essere responsabile, dunque, per il<br />

giovane medico di Bulgakov non è una questione<br />

di eroismo o di virtù, e non corrisponde<br />

all‟instaurazione di un suo dominio sulla<br />

realtà; la responsabilità è piuttosto la disponibilità<br />

ad accogliere la misteriosa azione d‟altri<br />

che agisce in lui e che, agendo, gli restituisce<br />

il reale nella forma non del dominio e del<br />

possesso, ma in quella dello stupore.<br />

Tra i numerosissimi simboli dei quali Bulgakov<br />

si serve per suggerire il carattere misterioso<br />

e irriducibile della realtà si può qui ricordare<br />

quello del libro.<br />

Abbandonato nella sua solitudine, di fronte a<br />

prove difficili per le quali si sente inadegua-<br />

to, il giovane medico trova soccorso e sostegno<br />

nei libri di medicina, uno degli elementi<br />

che compongono la sua storia, formando il<br />

mondo, la patria e la casa dalla quale proviene<br />

e di cui vuole conservare la memoria. È<br />

esattamente il contatto col libro, nella pace<br />

della casa, che dà respiro e tregua al giovane<br />

medico del tutto insicuro della propria capacità<br />

di rispondere al bisogno di salvezza del<br />

vecchio mondo[11], così come è a causa di<br />

questa virtù riconosciuta al libro che il giovane<br />

medico si assume le proprie responsabilità<br />

[<strong>12</strong>]. Il libro è l’aiuto cui costantemente si fa<br />

ricorso[13]; è addirittura ciò che permette di<br />

distinguere con maggior sicurezza tra la realtà<br />

e i sogni o le fantasie che il giovane medico<br />

si può fare. Quella del libro è una virtù così<br />

grande e indiscutibile che il giovane medico<br />

non può fare a meno di considerare il libro<br />

stesso come qualcosa di sacro, cui rivolgersi<br />

in un atteggiamento quasi di preghiera: «non<br />

staccavo gli occhi imploranti dai sacri libri di<br />

chirurgia operatoria»[14].<br />

È questa stessa sacralità a impedire che il<br />

rapporto di Bulgakov con il libro subisca il<br />

destino che spesso caratterizza la vita intellettuale,<br />

trasformandola da vita concreta in un<br />

astratto e presuntuoso gioco intellettualistico.<br />

È sì vero, infatti, che il giovane medico ricorre<br />

ripetutamente al libro per trarne forza e<br />

guida; e però è anche vero che questo ricorso<br />

non approda mai ad un possesso, ad un sapere<br />

indiscutibile e definitivo, che razionalisticamente<br />

e scientisticamente annullerebbe il<br />

mistero del reale: alla fine resta sempre uno<br />

spazio per quell‟alterità che nel giovane medico<br />

traspare come voce altrui, ignota e indo-<br />

32


minabile, e si pone come un‟evidente dimostrazione<br />

della sua inadeguatezza e sproporzione.<br />

Come nell‟azione il medico conserva<br />

la coscienza di non essere lui il padrone e<br />

l‟autore ultimo dell‟agire e del suo esito felice,<br />

così anche nel ricorso al libro, che pur è<br />

cercato e ritenuto indispensabile, egli si rende<br />

conto che il libro, pur con tutta la sua potenza,<br />

non lo colloca in una posizione di dominio<br />

assoluto, ma lo spinge anzi a riconoscere<br />

il proprio limite[15].<br />

Liberato dal potere magico della scienza<br />

e del sapere, il libro è in tal modo<br />

esplicitamente liberato anche dalla pretesa<br />

di poter costituire un sostituto della<br />

realtà: «la mia ferita non assomigliava<br />

a nessun disegno»[16], deve constatare<br />

sconsolato il giovane medico, così<br />

come altrove deve ammettere che, nella<br />

realtà e dalla realtà, si impara che c‟è<br />

qualcosa che nessun libro può insegnare:<br />

«Dalle parole staccate<br />

[dell’assistente], dalle frasi lasciate in<br />

tronco, dai brevi cenni buttati là di<br />

sfuggita imparai la cosa più indispensabile,<br />

che non c‟è in nessun libro»[17].<br />

La realtà è dunque qualcosa di inesauribile<br />

e di irriducibile, che si oppone<br />

continuamente alla pretesa di assolutezza<br />

del libro; e però il contesto in cui è collocata<br />

l‟ultima citazione ci suggerisce un altro<br />

elemento di opposizione a questa pretesa:<br />

l‟irriducibilità della realtà diventa chiara al<br />

giovane grazie alla comunicazione che gli fa<br />

una sua assistente; è il contatto con l‟esperienza<br />

concreta di un altro, cioè con l‟espe-<br />

rienza della realtà fatta da un altro essere, a<br />

mettere in crisi le possibili pretese del libro.<br />

Non è un caso, in questo senso, che la stima<br />

che circonda il misterioso medico predecessore<br />

del protagonista delle Memorie non dipenda<br />

semplicemente dal fatto che egli aveva<br />

organizzato una stupenda biblioteca medica;<br />

Leopol‟d Leopol‟dovič (così si chiamava anche<br />

nella realtà il predecessore del giovane<br />

dottor Bulgakov) è stimato soprattutto perché,<br />

avendo raccolto i suoi libri, è stato capace<br />

di farne uno strumento per agire nella real-<br />

Nesterov, Florensky e Bulgakov<br />

tà e poi ha insegnato ad altri come si agisce,<br />

ad altri che a loro volta insegnano al giovane<br />

medico e con lui costituiscono una sorta di<br />

comunità[18]. E questa comunità, che è fatta<br />

di umanissime cose come il bere insieme[19],<br />

significativamente è unita da un identico senso<br />

di responsabilità, nella quale l‟esperienza<br />

33


del reale e della sua difesa diventa opera comune[20],<br />

propriamente ecclesiale.<br />

2. Un’ecclesialità discreta ma presente<br />

La coscienza della presenza di un altro, questa<br />

religiosità che attraversa l‟opera di Bulgakov,<br />

non è dunque riducibile a un vago spiritualismo<br />

ma si presenta con delle caratteristiche<br />

esplicitamente ecclesiali, la cui origine va<br />

rinvenuta nella biografia stessa di Bulgakov e<br />

le cui manifestazioni, come vedremo, sono<br />

chiaramente rinvenibili anche nella sua opera<br />

letteraria.<br />

È sì vero, in questo senso, che le evocazioni<br />

dirette della Chiesa in Bulgakov sono estremamente<br />

rare, ma crediamo si debba riconoscere<br />

che, quando vi sono, esse sono anche<br />

estremamente sentite: il frutto di un‟esperienza<br />

concreta e diretta, che viene percepita e<br />

giudicata con tutto il dolore e la partecipazione<br />

di chi la vive e la soffre dall‟interno, come<br />

un figlio, e non la giudica dall‟esterno; è<br />

quanto ci pare si possa dire leggendo le righe<br />

del passo in cui Bulgakov descrive la dolorosa<br />

divisione che la Chiesa ortodossa si trova a<br />

vivere in Ucraina dopo la rivoluzione: «È un<br />

tratto ancor più turistico delle insegne. Tre<br />

chiese sono troppe per Kiev: la vecchia, la<br />

vivente e la autocefala o chiesa ucraina. Ai<br />

rappresentanti della seconda i burloni di Kiev<br />

hanno appioppato il nomignolo di „popi viventi‟.<br />

Non mi è capitato mai di sentire un<br />

nomignolo più azzeccato. Definisce in pieno i<br />

succitati rappresentanti: non solo in funzione<br />

della loro appartenenza, ma anche delle caratteristiche<br />

del loro carattere. In vitalità e destrezza<br />

essi soccombono a una sola organiz-<br />

zazione: quella dei popi ucraini. E stanno in<br />

assoluto contrasto con i rappresentanti della<br />

vecchia chiesa, i quali non solo non dimostrano<br />

alcuna vitalità, ma anzi sono indolenti, distratti<br />

e tenebrosissimi. La situazione è così<br />

fatta: la vecchia chiesa odia la chiesa vivente<br />

e l‟autocefala, la chiesa vivente odia la vecchia<br />

e l‟autocefala, l‟autocefala odia la vecchia<br />

e la vivente. Come finirà questa proficua<br />

attività delle tre chiese, i cui sacerdoti sono<br />

nutriti di rancore, posso dirlo con la più completa<br />

convinzione: col distacco in massa dei<br />

fedeli da tutte e tre le chiese e col loro ritorno<br />

nel baratro del più totale ateismo. E di ciò<br />

saranno colpevoli quegli stessi popi, che hanno<br />

screditato non solo le proprie persone, ma<br />

l‟idea stessa della fede»[21].<br />

Ma, a parte questa dolorosa evocazione, la<br />

Chiesa è presente in ben altra maniera attraverso<br />

i suoi testimoni, come quel padre Aleksandr,<br />

che celebra i funerali all‟inizio della<br />

Guardia bianca e che, giusto per dimostrare<br />

una percezione della realtà ben diversa da<br />

quella di tanti altri suoi confratelli, cita con<br />

partecipazione l‟Apocalisse[22]: ora questo<br />

padre Aleksandr non è affatto il frutto della<br />

sola fantasia artistica di Bulgakov, è un personaggio<br />

reale che egli aveva conosciuto attraverso<br />

il padre.<br />

Il padre dello scrittore, Afanasij Ivanovič<br />

(1859-1907), era stato infatti professore presso<br />

l'accademia teologica di Kiev, dove si era<br />

distinto, oltre che per la fede profonda e solida,<br />

come un docente di grande talento e dalle<br />

notevoli capacità lavorative. Proveniva da<br />

una famiglia del ceto ecclesiastico e, nel<br />

34


1890, si era sposato con Varvara Michajlovna<br />

Pokrovskaja (1869-1922), anch'essa figlia di<br />

un sacerdote e allora insegnante ginnasiale,<br />

una giovane con un'istruzione e una cultura<br />

particolarmente profonde, specie se si considerano<br />

le abitudini di quegli anni e del suo<br />

ambiente. I Bulgakov avrebbero avuto sette<br />

figli, Michail era stato il primo nel 1891 mentre<br />

l'ultima sarà Elena nel 1902. Ovviamente<br />

una famiglia così numerosa non era di facile<br />

mantenimento: lo stipendio del padre non era<br />

sufficiente e così egli si trovò sempre costretto<br />

ad un secondo lavoro, prima docente di<br />

storia in un istituto femminile e poi, dal 1893,<br />

collaboratore della censura cittadina. È a questo<br />

aspetto, serio e laborioso, della vita paterna<br />

che è legato uno dei simboli più ricorrenti<br />

della scrittura bulgakoviana, quello della<br />

lampada con un abat-jour verde; come ebbe a<br />

dire lo stesso Bulgakov, «esso risale alle impressioni<br />

dell‟infanzia: è l‟immagine di mio<br />

padre che scrive al suo tavolo di lavoro»[23].<br />

Nel complesso l‟atmosfera della vita familiare<br />

era gioiosa e quasi festosa: era una casa<br />

nella quale era piacevole vivere, essere accolti<br />

ed ospitati. Questa atmosfera era dovuta in<br />

gran parte alla mamma, una «luminosa regina»<br />

che reggeva il suo piccolo regno con un<br />

dolce sorriso ma anche, quando era necessario,<br />

con piglio deciso e persino autoritario.<br />

Era una casa governata dalla musica: la mamma<br />

suonava il piano e il padre il violino; vi<br />

era amata in particolare l‟opera, soprattutto<br />

il Faust; e poi vi erano amati i libri: tutto nelle<br />

descrizioni della vita famigliare di casa<br />

Bulgakov dà l‟idea di una vita che si ripete<br />

immutabile, di un focolare domestico, eterno<br />

come la vita stessa, ricordato come simbolo<br />

di un periodo senza sofferenze e senza disordini,<br />

in un tempo che sofferenze e disordini<br />

ne aveva a profusione. E questo rifugio era<br />

appunto immortale, sempre disponibile, sempre<br />

presente nei suoi punti di riferimento<br />

(l’orologio, la stufa di maiolica, ecc.), nonostante<br />

il passare del tempo e l‟apparente finire<br />

dei tempi andati; era la permanenza di una<br />

realtà buona in cui trovare stabilità e possibilità<br />

di vita per sé: l‟orologio «l‟aveva comprato<br />

il babbo molto tempo prima, quando le<br />

donne portavano ancora quelle ridicole maniche<br />

a rigonfi vicino alle spalle. Queste maniche<br />

erano sparite, il tempo era fuggito via come<br />

un baleno, era morto il padre professore,<br />

tutti erano cresciuti, ma l‟orologio era rimasto<br />

quello di prima e suonava con la suoneria<br />

a torre. Vi erano ormai tanto abituati tutti,<br />

che se esso per un miracolo fosse scomparso<br />

dal muro, li avrebbe presi la malinconia, come<br />

se si fosse spenta una voce cara; e nulla<br />

avrebbe potuto riempire il posto vuoto. Ma<br />

l‟orologio per fortuna era immortale ed immortale<br />

era anche Il carpentiere di Zaandam,<br />

e la maiolica olandese, come una saggia roccia<br />

era piena di vita e di calore proprio nel<br />

tempo più penoso»[24].<br />

Luce, musica, tempo che sconfina nell‟eternità,<br />

la presenza di una luminosa regina e di un<br />

padre lavoratore, l‟accoglienza offerta a<br />

chiunque capiti in questa casa, tutto dà l‟idea<br />

di quella che oggi chiameremmo una casa<br />

che diventa Chiesa domestica.<br />

Questo valore della casa rimase immutabile<br />

anche se i Bulgakov di fatto non ebbero mai<br />

una casa loro e vissero sempre in case di affitto;<br />

una di queste apparteneva a Vera Niko-<br />

35


laevna Petrova, figlia di Nikolaj Ivanovič Petrov,<br />

docente di filologia e di storia della letteratura<br />

russa e straniera all‟accademia teologica<br />

e padrino di Bulgakov.<br />

Non abbiamo ricordato a caso questo altrimenti<br />

sconosciuto Petrov, il fatto è che attraverso<br />

di lui, oltre a confermare un‟atmosfera<br />

di amicizia e di fraternità reali, torniamo<br />

all‟evocazione dell‟accademia teologica e<br />

questa ci rimanda a uno dei personaggi più in<br />

vista del corpo accademico, quel padre Aleksandr<br />

che abbiamo già citato a proposito della<br />

Guardia bianca e che, come abbiamo detto,<br />

è un personaggio assolutamente reale.<br />

Si tratta di padre Aleksandr Glagolev<br />

[25] (1872-1937), ebraista e biblista all‟accademia<br />

teologica di Kiev, parroco della chiesa<br />

di San Nicola il Misericordioso a Kiev, nonché<br />

padre spirituale di Michail Bulgakov<br />

(sarebbe stato lui a celebrarne il primo matrimonio).<br />

Dopo aver contribuito a smontare<br />

l‟idea di un omicidio rituale sulla quale era<br />

stato costruito il caso Bejlis (1911-1913), cadrà<br />

vittima delle persecuzioni antireligiose<br />

del regime sovietico, e morirà nel 1937, probabilmente<br />

durante un interrogatorio, nella<br />

prigione di Luk‟janovka (a Kiev e non alle<br />

Solovki come spesso si dice); in compenso la<br />

sua opera di coraggiosa difesa degli ebrei<br />

verrà continuata dal figlio Aleksej (1900-<br />

1972), anche lui sacerdote, il quale durante<br />

l‟invasione nazista si distinguerà a tal punto<br />

da meritarsi poi il titolo di «Giusto delle Nazioni».<br />

Non possiamo soffermarci più a lungo<br />

sulla figura di padre Aleksandr, ma quello<br />

che se ne è detto può essere sufficiente per<br />

dare l‟idea di una ecclesialità viva e ben conosciuta<br />

da Bulgakov; per chiarire meglio<br />

quanto questa ecclesialità fosse una presenza<br />

reale e lasciasse il segno sulle persone che la<br />

incontravano potremmo forse solo aggiungere<br />

che la figura di padre Glagolev fu decisiva<br />

nella formazione di un altro dei grandi martiri<br />

e testimoni della Chiesa ortodossa russa, quel<br />

padre Anatolij Ţurakovskij[26] che sarebbe<br />

caduto vittima a sua volta dell‟ondata terroristica<br />

del 1937.<br />

3. Un cristianesimo maestro di realismo<br />

Questa religiosità caratterizzata da un‟esperienza<br />

fondamentalmente ecclesiale è del resto<br />

rinvenibile anche in uno dei passi più famosi<br />

di tutta la creazione bulgakoviana, quel<br />

primo capitolo del Maestro e Margherita nel<br />

quale si trovano a discutere dell‟esistenza di<br />

Dio il diavolo e due intellettuali atei, tipici<br />

rappresentanti del regime e della sua mentalità.<br />

È un passo famoso e, a nostro avviso, centrale<br />

proprio perché il suo nucleo è quel realismo<br />

che costituisce una delle caratteristiche<br />

forti e distintive dell‟ecclesialità e della mistica<br />

di Bulgakov, così attento alla presenza<br />

nel reale di tutta una serie di segni irriducibili<br />

a quanto l‟uomo può creare e riprodurre da<br />

sé.<br />

Ai due rappresentanti del potere sovietico,<br />

che non si limitano a parlar male di Dio e di<br />

Gesù Cristo ma ne negano l‟esistenza, e soprattutto<br />

si applicano a negare l‟esistenza storica<br />

di Cristo, si contrappone infatti il diavolo<br />

che, ovviamente, non può parlare bene di<br />

Dio, ma ne conosce perfettamente l‟esistenza,<br />

e la conosce non in base a una qualche argomentazione<br />

razionale, filosofica o teologica,<br />

ma in base al puro fatto dell‟esperienza. Ai<br />

36


due scrittori sovietici che contestano le affermazioni<br />

del diavolo circa l‟esistenza di Dio,<br />

dicendogli: «Vede, professore, noi rispettiamo<br />

il suo vasto sapere, ma al proposito ci atteniamo<br />

a un punto di vista diverso»[27], il<br />

diavolo stesso ribatte: «Non c‟è bisogno di<br />

nessun punto di vista, è esistito e basta!”. E<br />

all‟insistenza di uno dei due, Berlioz, che<br />

vorrebbe delle prove («Ma ci vuole qualche<br />

prova»), il diavolo ribatte ancora una volta:<br />

«Neppure di prove c‟è bisogno.[…] È tutto<br />

molto semplice: avvolto in un mantello bianco<br />

[…] », e dà inizio al racconto della Passione<br />

di Cristo (che poi nella ricreazione bulgakoviana<br />

si trasformerà nel romanzo di Pilato),<br />

narrata da una voce che si pone come quella<br />

di un testimone oculare e che quindi sostitui-<br />

sce alla disquisizione intellettuale l‟evidenza<br />

stessa dei fatti.<br />

Non è che Bulgakov ignori o prenda alla leggera<br />

le prove dell‟esistenza di Dio; come è<br />

dimostrato dal contenuto e dalla storia della<br />

composizione di questo capitolo, le conosce<br />

benissimo e si è attentamente documentato; si<br />

pensi a questo proposito al discorso che viene<br />

fatto in questo capitolo sulle cinque prove<br />

dell‟esistenza di Dio.<br />

Innanzitutto, e contrariamente a quanto si potrebbe<br />

credere, le cinque prove dell‟esistenza<br />

di Dio qui citate (e poi contestate richiamandosi<br />

a una sesta prova attribuita a Kant) non<br />

sono quelle di san Tommaso, e la questione<br />

cela una complessità che vale la pena di ri-<br />

37


chiamare. Nella redazione del romanzo del<br />

1929-1930 (la prima), la prova di Woland,<br />

quella che nella redazione finale è indicata<br />

come settima (nel titolo del capitolo III)[28] e<br />

a ben vedere non è una prova ma la verifica<br />

della realtà[29], era indicata come sesta[30],<br />

di modo che la cosiddetta prova morale di<br />

Kant (che nell‟attuale Maestro e Margherita<br />

viene indicata come sesta)[31] sarebbe stata<br />

la quinta. Evidentemente Bulgakov aveva<br />

attinto a una fonte secondo la quale le prove<br />

tradizionali dell‟esistenza di Dio non erano le<br />

cinque vie tomiste; ora questa fonte è sicuramente<br />

la voce «Dio» redatta da P. Vasil‟ev<br />

per il Dizionario enciclopedico Brockhaus-<br />

Efron[32]. Di questa identificazione si può<br />

essere certi, perché in questo articolo, a commento<br />

dell‟argomento morale kantiano, vengono<br />

citati i giudizi di Schiller e Strauss in<br />

termini quasi letteralmente identici a quelli<br />

che Bulgakov utilizza nel romanzo[33]; ora,<br />

sempre in questo articolo, si parla sì di cinque<br />

prove dell‟esistenza di Dio, ma queste non<br />

sono affatto quelle tomiste tradizionali bensì<br />

delle altre, che vengono definite: cosmologica,<br />

teleologica, ontologica, storica e morale,<br />

dove l‟ultima è appunto quella kantiana<br />

(quinta, lo ripetiamo, nella precedente redazione<br />

del romanzo). Il fatto che poi questa<br />

prova nell‟ultima redazione sia diventata la<br />

sesta può essere spiegato ipotizzando che<br />

Bulgakov, nel suo meticolosissimo lavoro di<br />

documentazione, abbia scoperto che lo stesso<br />

Kant, prima dell‟argomento morale, nel periodo<br />

antecedente alla stesura delle<br />

tre Critiche, aveva proposto (con L‟unico argomento<br />

per la dimostrazione dell‟esistenza<br />

di Dio, 1763) un‟altra prova dell‟esistenza di<br />

Dio; questa prova si può definire logica e può<br />

dunque essere accostata alle altre quattro tradizionali<br />

(cosmologica, teleologica, ontologica<br />

e storica): si verrebbe così a costituire l‟insieme<br />

delle cinque prove la cui critica viene<br />

attribuita a Kant, e alla sua prova morale,<br />

nell‟ultima redazione del Maestro e Margherita.<br />

Un lavoro meticolosissimo dunque, quello<br />

preparatorio di Bulgakov, eppure è come se<br />

tutta questa ricchezza intellettuale non lo interessasse,<br />

o meglio, lo interessa maggiormente<br />

il fatto, costantemente ribadito dall‟insegnamento<br />

dei Padri orientali, secondo cui<br />

«ogni parola può essere contestata da un‟altra<br />

parola, mentre nessuna parola può contestare<br />

la vita». Così, se ad ogni prova si può controbattere<br />

con la sua contestazione o con una<br />

sua interpretazione riduttiva o, più sbrigativamente,<br />

con la violenza (come fa uno dei due<br />

intellettuali sovietici che, per far fronte alle<br />

prove di Kant non sa escogitare niente di meglio<br />

che minacciare di spedirlo alle Solovki)<br />

[34], non si potrà più ribattere niente alla prova<br />

della realtà: là dove tutte le prove tradizionali<br />

vengono messe in ridicolo è questa prova<br />

che rende folli i sapienti umani e alla fine li<br />

riduce addirittura al non essere: Berlioz che<br />

non aveva creduto in Dio e alle premonizioni<br />

che il diavolo gli aveva fatto finirà sotto un<br />

tram che gli mozzerà la testa[35]: settima<br />

prova dell‟esistenza di un Dio che regge il<br />

destino dell‟universo e la cui esistenza si manifesta<br />

attraverso questa presenza, prima di<br />

dimostrarsi con un qualsiasi discorso.<br />

38


4. Alla ricerca della realtà di Cristo<br />

Il Cristo della ricreazione poetica tentata<br />

nel Maestro e Margherita è un esempio di<br />

questo approccio al divino come presenza<br />

reale, irriducibile alle fantasie, alle interpretazioni<br />

o alle progettazioni umane.<br />

Anche qui può essere molto utile ripercorrere<br />

la storia della composizione del testo e in<br />

particolare la storia della sua preparazione,<br />

sulla base dei quaderni manoscritti, con gli<br />

appunti e gli abbozzi iniziali[36]: alla fine del<br />

primo quaderno con la primissima versione<br />

del romanzo abbiamo infatti una quindicina<br />

di fogli che portano l‟intestazione generale di<br />

«Materiali» ed hanno poi dei titoletti singoli:<br />

«Su Dio», «Sul diavolo», «Gesù Cristo»; sono,<br />

né più né meno, quelle che potremmo<br />

chiamare delle schede nelle quali Bulgakov<br />

riportava gli appunti che via via raccoglieva<br />

nel suo lavoro preparatorio per la stesura del<br />

romanzo. Significativamente sotto il titolo<br />

«su Dio» non abbiamo niente, perché in effetti,<br />

nel romanzo, Dio, pur essendo così<br />

massicciamente presente sin dalle prime pagine<br />

dove si discute della sua esistenza, non<br />

appare sotto forma di un personaggio; nelle<br />

altre due schede abbiamo invece una serie di<br />

annotazioni e riferimenti estremamente interessanti.<br />

Nella scheda dedicata al diavolo abbiamo<br />

delle citazioni prese da alcuni articoli<br />

del dizionario enciclopedico Brockhaus-<br />

Efron; tra questi articoli, quelli principali sono<br />

quelli dedicati al «Diavolo», al<br />

«Demone», alla «Demonologia», alla<br />

«Demonomania» e al «Sabba delle streghe»[37];<br />

oltre a questi riferimenti, abbiamo<br />

poi l‟indicazione di un testo di divulgazione<br />

scientifica pubblicato nel 1904 a San Pie-<br />

troburgo da M. A. Orlov e intitolato Storia<br />

dei rapporti dell‟uomo con il diavolo[38]: in<br />

questo testo c‟è la descrizione delle raffigurazioni<br />

popolari del diavolo e dei vari particolari<br />

rituali legati alle varie credenze nel diavolo,<br />

nelle streghe e nella magia; come è stato<br />

dimostrato (in particolare dalla Čudakova<br />

proprio per quel che concerne il libro di Orlov)<br />

Bulgakov attinse ampiamente a tutti questi<br />

testi. La scheda dedicata a Gesù Cristo si<br />

presenta invece in maniera diversa ed è estremamente<br />

interessante; è divisa in tre colonne<br />

che portano i seguenti sottotitoli: «Secondo<br />

Ernest Renan»[39], «Secondo<br />

F.W.Farrar»[40] e, da ultimo, «Secondo altre<br />

fonti», ma la cosa significativa è che, mentre<br />

le due prime colonne hanno tutta una serie di<br />

appunti, la terza colonna resta perfettamente<br />

vuota: il che significa che nei primi anni del<br />

suo lavoro Bulgakov utilizzò in maniera considerevole<br />

solo Renan e Farrar, due fonti<br />

ideologicamente contrapposte, quasi appunto<br />

a voler controbilanciare una opzione con l‟altra;<br />

e su queste fonti egli ritornò ripetutamente<br />

anche in seguito. Infatti, un altro blocco<br />

significativo di fogli con l‟indicazione<br />

«Materiali» appartiene ad un quaderno di appunti<br />

del 1936, ed anche qui, accanto ad<br />

esempio ad annotazioni molto meticolose sulla<br />

flora della Palestina e accanto alla menzione<br />

esplicita del Vangelo di Nicodemo, abbiamo<br />

la citazione di Farrar, citazione che si ripete<br />

ancora in appunti del 1938-1939 e che,<br />

col passare degli anni, viene affiancata dalle<br />

citazioni di altri autori che si erano occupati<br />

della figura di Cristo o del racconto evangelico<br />

del suo processo e della sua crocifissione;<br />

appaiono così, ad esempio, i nomi di autori<br />

39


ussi come N. K. Makkavejskij[41] e di autori<br />

occidentali, più o meno famosi, come<br />

Strauss, A. Drews[42], H. Grätz[43], o H.<br />

Barbusse[44], ma ciò che è importante sottolineare<br />

è che, appunto, questi nomi appaiono<br />

solo in seconda battuta e in un secondo tempo<br />

rispetto a quelli più originari e dominanti<br />

di Renan e di Farrar.<br />

Detto questo sulle principali fonti attestate<br />

negli appunti di Bulgakov, vale la pena di dire<br />

qualcosa circa la loro utilizzazione; leggendo<br />

le citazioni prese dalle varie fonti e<br />

considerando le sottolineature, la prima impressione<br />

che si ha è che a Bulgakov interessassero<br />

non tanto le tendenze e le ipotesi interpretative<br />

delle varie scuole cui appartenevano<br />

gli autori citati quanto piuttosto i dati<br />

reali che egli poteva trovare in questi testi e<br />

che poi rielaborava con la propria fantasia<br />

creativa; a questo proposito, la Janovskaja<br />

dice esplicitamente: «a Bulgakov interessano<br />

i realia, i particolari fattuali e, innanzitutto<br />

ciò che corrisponde all‟immagine che si è<br />

formata nella sua immaginazione»[45]. Così,<br />

ad esempio, in una frase, egli sottolinea parole<br />

o espressioni del tipo «scala» o «salì verso<br />

il palazzo», che gli servono evidentemente<br />

per ricostruire un ambiente reale; questa attenzione<br />

e preoccupazione primaria per la<br />

realtà è altrettanto evidente là dove, in un‟altra<br />

citazione, egli sottolinea proprio l‟espressione<br />

«qualcosa avvenne realmente». Questa<br />

attenzione alla realtà ci pare essere appunto<br />

l‟elemento decisivo: è caratteristica di tutta<br />

l‟opera precedente di Bulgakov intesa come<br />

desiderio di conservazione della vita reale e<br />

della sua memoria e la vediamo ora riapparire<br />

qui nella questione dell‟uso delle fonti, persino<br />

di fonti come Renan che, per quello che<br />

sono (un‟esplicita negazione della realtà della<br />

divinità di Cristo e quindi una sua riduzione a<br />

puro mito), a prima vista sembrerebbero stranamente<br />

contrastare con questo primato della<br />

realtà. Ora, proprio a proposito dell‟uso di<br />

Renan, e a prima confutazione di questa impressione,<br />

vale la pena di ricordare innanzitutto<br />

che Renan è significativamente controbilanciato<br />

dall‟uso di una fonte contraria come<br />

Farrar e poi, soprattutto, vale la pena di<br />

aggiungere che il suo uso ha delle caratteristiche<br />

che lo riconnettono all‟uso di tutte le altre<br />

fonti: a Bulgakov non interessano i punti<br />

di vista delle varie scuole teologiche, ma i<br />

dati che le varie ricostruzioni gli consentono<br />

di recuperare; così Renan gli interessa perché,<br />

a prescindere dalle sue convinzioni, aveva<br />

visitato i luoghi storici della vicenda di<br />

Cristo e di questi luoghi storici aveva dato<br />

una descrizione viva (fin troppo viva, gli era<br />

stato rimproverato da alcuni suoi critici); allo<br />

stesso modo e per lo stesso motivo gli interessa<br />

Farrar; anzi, se si deve giudicare dagli<br />

elementi di Farrar che rientrano nelle descrizioni<br />

romanzesche e che sono molto più numerosi<br />

di quelli desumibili da Renan, Farrar<br />

lo interessa ancora di più perché ancor più<br />

colorite e ricche di particolari concreti e reali<br />

erano state le sue descrizioni. Da ultimo, a<br />

proposito dell‟uso di Renan e del rapporto<br />

con la realtà, vale la pena di ricordare ancora<br />

che, mentre una simile fonte lascerebbe presagire<br />

una riduzione mitologica e una negazione<br />

della divinità di Cristo a favore di una<br />

sua interpretazione tutta morale, il romanzo<br />

di Bulgakov va invece verso una conclusione<br />

40


completamente diversa, molto diversa anche<br />

da quella che potrebbe essere la prima impressione;<br />

se a una prima impressione, infatti,<br />

può sembrare che il Cristo del romanzo sia<br />

tutto fuor che Dio, e se questa prima impressione<br />

pare anche essere convalidata da certe<br />

espressioni letterali, nelle quali Jeshua Ha-<br />

Nozri addirittura sembra esplicitamente negare<br />

la propria divinità e ridurre il cristianesimo<br />

ad una scuola di moralità, una lettura più profonda<br />

ci mostrerà esattamente il contrario, ci<br />

mostrerà cioè, come osservava Bazzarelli,<br />

che se anche è vero che «dietro il Cristo di<br />

Bulgakov c‟è il Cristo di Tolstoj» e «dietro il<br />

cristianesimo di Bulgakov c‟è il cristianesimo<br />

di Tolstoj […] tuttavia non c‟è soltanto questo:<br />

Tolstoj è, per così dire, “senza mistero”<br />

(almeno apparentemente). In Bulgakov<br />

c‟è il senso del “mistero”»[46], e c’è in una<br />

maniera e con una potenza che non possono<br />

essere contestate da nessun‟altra impressione;<br />

ma a conferma di quello che stiamo dicendo,<br />

e cioè a conferma del fatto che il romanzo di<br />

Bulgakov è tutto fuor che una riduzione del<br />

cristianesimo ad una dottrina morale e tutto<br />

fuor che una riduzione della realtà divinoumana<br />

di Cristo ad una pura figura mitologica,<br />

va osservato che proprio questo senso del mistero<br />

è quello che fondamentalmente e più di<br />

ogni altra cosa dovrebbe invece essere negato<br />

in una concezione del cristianesimo che negasse<br />

la divinità di Cristo e che riducesse il<br />

cristianesimo a pura dottrina morale.<br />

5. Un’umanità eccezionale<br />

Tutto quello che riguarda Jeshua, in effetti,<br />

nel romanzo è circondato dal mistero e gene-<br />

ra paradossi che sembrano contrastare con il<br />

buon senso o con una ragione che crede di<br />

poter dominare senza limiti e senza residui la<br />

realtà. Jeshua, a ben vedere, non sa neppure<br />

chi è; non solo non sa se è un uomo o un Dio,<br />

ma non sembra sapere neppure chi siano i<br />

suoi genitori, al punto che a Pilato, che gli<br />

chiede di che sangue sia, risponde: «non lo so<br />

di preciso […] non ricordo i miei genitori. Mi<br />

dicevano che mio padre era siriano»[47]<br />

Insomma è un vagabondo, un eterno<br />

pellegrino, senza patria e senza famiglia, che<br />

non possiede niente, «nemmeno un asino»[48].<br />

Tuttavia, accanto a questi caratteri che ne<br />

fanno quasi un moderno disadattato, un emarginato<br />

privo di un volto e di un‟identità, Jeshua<br />

ne ha degli altri che lo rendono un tipo<br />

decisamente fuori del comune e che destano<br />

l‟attenzione di una ragione ancora attenta ai<br />

segnali misteriosi del reale: la sua umanità,<br />

per certi versi così misera, per altri versi è<br />

assolutamente eccezionale. Innanzitutto, parla<br />

tre lingue, può rispondere tranquillamente<br />

in greco e in latino, e Pilato, che ha una formazione<br />

classica, riconosce che le sue idee,<br />

nonostante tutta la loro paradossalità, sono<br />

degne di un filosofo: di un filosofo che può<br />

sembrare pazzo (dal punto di vista del buon<br />

senso), ma pur sempre di un filosofo, la cui<br />

pazzia è, in realtà, solo lo schermo di qualcosa<br />

d‟altro, di un mistero stupefacente che fa<br />

quasi paura. Questo Jeshua Ha-Nozri, in effetti,<br />

possiede delle qualità sovrumane che,<br />

paradossalmente, vengono alla luce attraverso<br />

la sua risposta alla domanda di Pilato circa<br />

la verità; siamo qui nel campo dell‟assoluto<br />

41


paradosso, perché questa domanda, tradizionalmente<br />

considerata scettica e rimasta senza<br />

risposta, diventa ora la via attraverso la quale<br />

si fa strada la coscienza di un mistero sorprendente,<br />

tanto più sorprendente perché la<br />

verità non viene definita da questo strano filosofo<br />

attraverso dei concetti astratti, bensì<br />

attraverso una serie di dati reali e concreti,<br />

che nessuno conosce ma che per lui, essere<br />

misterioso, non hanno alcun mistero: «la verità<br />

innanzi tutto è che ti fa male la testa, ti fa<br />

così male che pavidamente pensi alla morte.<br />

Non solo non sei in grado di parlare con me,<br />

ma ti è perfino difficile guardarmi. E adesso<br />

io sono senza volerlo il tuo torturatore, il che<br />

mi amareggia. Non riesci neppure a pensare,<br />

e sogni solo che venga il tuo cane, l‟unico<br />

essere, evidentemente, al quale sei affezionato.<br />

Ma il tuo tormento cesserà subito, la testa<br />

non ti farà più male»[49]. È proprio questa<br />

evocazione incredibile di fatti reali, ma che<br />

dovrebbero essere segreti, a destare lo stupore,<br />

la curiosità e persino il terrore del procuratore;<br />

il filosofo vagabondo può leggere nel<br />

pensiero e guarire: tutta una serie di cose che<br />

resta totalmente inspiegabile dal punto di vista<br />

naturale. E allora, per cercare di capire chi<br />

sia questo strano Jeshua che gli sta rivelando<br />

che cosa sia la sua verità personale, Pilato<br />

butta lì un‟ipotesi attraverso la quale si fa<br />

strada, non una risposta che verrebbe a risolvere<br />

ogni problema e a dare un potere sulla<br />

verità, ma una nuova domanda: «Confessa<br />

[…] sei un grande medico?». Ma Jeshua lo<br />

nega, e lo fa «sfregandosi con voluttà la mano<br />

paonazza, pesta e tumefatta»[50]. È un<br />

particolare, questo, apparentemente insignificante<br />

ma in realtà di grande importanza, per-<br />

ché sottolinea il nuovo paradosso: che quest‟uomo<br />

eccezionale, capace di curare gli altri<br />

e di indovinarne i pensieri più riposti e inconfessabili,<br />

sembra incapace di salvare se stesso;<br />

e a questo punto, in mezzo a tante dissimiglianze<br />

rispetto al racconto evangelico,<br />

non può che venire naturalmente alla memoria<br />

il fatto che anche l‟evangelico Gesù Figlio<br />

di Dio appariva incapace di salvare se stesso<br />

e che questa incapacità gli era appunto rimproverata<br />

da quei rappresentanti della ragione<br />

che pretende di essere misura del reale e che<br />

come tale pretende di poter giudicare persino<br />

della verità.<br />

Se per tanti aspetti Jeshua è dunque lontano<br />

dal Gesù dei Vangeli, per altri elementi lo<br />

richiama proprio in quello che faceva di Gesù<br />

una novità assoluta rispetto ai profeti, ai maghi<br />

o agli altri essere eccezionali che lo avevano<br />

preceduto; questo strano uomo, ad<br />

esempio, è vestito con «un chitone azzurro<br />

logoro e piuttosto vecchio»[51], e noi sappiamo<br />

che il colore azzurro è il colore della Sapienza<br />

divina: dunque, Jeshua non sa neppure<br />

chi sia il suo padre terreno, è vestito di stracci,<br />

ma per ironia e paradosso, proprio là dove<br />

gli viene fatta indossare questa tunica sbrindellata,<br />

se ne suggerisce la dignità divina e<br />

gli viene data un‟età che getta sulla sua nascita<br />

un carattere anch‟esso assolutamente divino.<br />

Come ha fatto notare un attento studioso<br />

della simbologia delMaestro e Margherita, in<br />

aperta violazione rispetto alla tradizione universalmente<br />

accettata (e da lui ben conosciuta),<br />

in questa pagina Bulgakov attribuisce a<br />

Jeshua l‟età di 27 anni e non quella di 33;<br />

non potendosi trattare di un banale errore e<br />

42


secondo una prassi frequente[52] in Bulgakov,<br />

questa dissonanza rispetto a quanto è a<br />

tutti noto richiama un‟intenzione significativa<br />

profonda. Se l‟autore sembra sbagliare quello<br />

che assolutamente non può sbagliare, significa<br />

che con quell‟errore ci vuole suggerire<br />

qualcosa: «il fatto è che nell‟antica Giudea e<br />

a Roma il 27 era considerato un numero sacro.<br />

Come triplo del nove è legato al simbolo<br />

cristiano della Trinità divina. Il nove in quanto<br />

tale, nell‟antica mistica ebraica dei numeri,<br />

è il numero sacro della Verità. Nell‟antica<br />

Roma, invece, il numero 27 possiede la forza<br />

del numinoso ed è legato all‟idea dei sacrifici<br />

umani. Così, nella lingua esoterica dei numeri<br />

sacri, Jeshua Ha-Nozri, che predica delle<br />

idee strane e dannose per il buon senso, è appunto<br />

l‟araldo della Verità divina della Trinità<br />

che si afferma nel mondo attraverso il sacrificio<br />

di sé sulla croce»[53]. Attraverso un<br />

errore o una dissonanza rispetto alla tradizione<br />

evangelica, l‟artista si distacca dalla pura<br />

ripetizione o dal puro commento esegetico e<br />

però riesce a suggerire artisticamente lo stesso<br />

contenuto fondamentale di quella tradizione:<br />

che quell‟uomo eccezionale, poco importa<br />

se di 27 o di 33 anni, è legato in maniera<br />

assoluta alla divinità, è addirittura tutto nella<br />

Trinità.<br />

Per altre due volte nel romanzo di Pilato, ricorda<br />

sempre Krugovoj, Bulgakov insinua<br />

l‟idea della Trinità in rapporto a Jeshua. Durante<br />

il processo, infatti, mentre sta cercando<br />

di escogitare la formula giuridica che gli consenta<br />

di liberare Jeshua, Pilato vede una rondine<br />

volare nel porticato e una luminosa colonna<br />

di polvere innalzarsi accanto a Jeshua<br />

[54]; i due simboli, apparendo accanto a Jeshua,<br />

richiamano appunto la Trinità, in quanto<br />

il primo rinvia alla colonna di fuoco che è<br />

il simbolo dello Jahve veterotestamentario e<br />

cioè del Padre, mentre il secondo (la rondine<br />

messaggera della primavera, cioè della risurrezione<br />

della natura a nuova vita) rinvia alla<br />

colomba e quindi allo Spirito Santo. L‟altra<br />

evocazione simbolica della Trinità si situa<br />

invece dopo l‟esecuzione capitale di Jeshua,<br />

quando Pilato, rimasto solo, vede davanti a sé<br />

due rose bianche, cadute per terra in una pozzanghera<br />

di vino rosso[55]; qui abbiamo,<br />

commenta Krugovoj, «non solo la simbologia<br />

della Trinità divina, suggerita dall‟unione del<br />

rosso e del bianco, ma anche la simbologia<br />

eucaristica del vino e del sangue, unita all‟idea<br />

della sofferenza dell‟innocente nell‟immagine<br />

delle due rose bianche. La simbologia<br />

della Trinità divina è completata dalla simbologia<br />

della divinoumanità. E così il mistero di<br />

Jeshua viene finalmente decifrato: egli è Dio<br />

e Uomo»[56]. O per lo meno, questa è l’ipotesi<br />

che noi possiamo avanzare, ma il romanzo<br />

ce la suggerisce soltanto e, per essere convincente,<br />

ce la suggerisce attraverso uno Jeshua<br />

che continua a non dirci niente della<br />

propria divinità e quindi a mostrarci innanzitutto<br />

un‟umanità assolutamente eccentrica, un<br />

mistero eccezionale. E in effetti deve essere<br />

appunto così: lo Jeshua Ha-Nozri del romanzo<br />

non è il Gesù di Nazaret dei Vangeli. Lo<br />

Jeshua letterario, come è stato esattamente e<br />

finemente notato da Igor‟ Vinogradov[57],<br />

per essere un personaggio realisticamente<br />

convincente, non doveva saper nulla della<br />

propria origine divina e suggerircela appunto<br />

attraverso un‟umanità che rimanda continua-<br />

43


mente al di là di quello che gli uomini in<br />

quanto tali possono fare o capire: un uomo<br />

decisamente fuori dell‟ordinario, così eccezionale<br />

da non poter essere semplicemente un<br />

uomo.<br />

6. Il Dio amico degli uomini<br />

E questo uomo, che non può essere soltanto<br />

un uomo, ci si impone nella sua eccezionalità<br />

perché, dopo la morte, resta vivo nella memoria<br />

di Pilato in maniera completamente<br />

diversa da quella che gli uomini che hanno<br />

meditato su questa vicenda sono riusciti ad<br />

immaginarsi[58]: per Pilato che lo ha condannato<br />

a morte, e a una morte che tutti riteniamo<br />

ingiusta, Jeshua non è la semplice memoria<br />

del male compiuto, davanti al quale<br />

vergognarsi ed essere schiacciato per la propria<br />

indegnità morale e per la propria miseria<br />

umana, così evidenti di fronte alla perfezione<br />

di Dio; ma il male compiuto non è neppure<br />

cancellato, in una sorta di irresponsabilità<br />

morale nella quale l‟uomo si detta le proprie<br />

leggi e quindi si assolve da solo. Per Pilato,<br />

quello che ha compiuto resta, ma non come<br />

occasione di condanna o di indifferenza morale,<br />

resta, ma al di fuori di quello che sarebbe<br />

prevedibile in una vicenda segnata soltanto<br />

dall‟umanità e dalle sue capacità di ideazione:<br />

la condanna del moralismo religioso e<br />

del legalismo laico o l‟indifferenza del sentimentalismo<br />

buonista e dell‟immoralismo<br />

mondano; consumato ai danni di un essere<br />

così eccezionale da non poter essere soltanto<br />

un uomo, quel gesto genera una reazione che<br />

va al di là del consueto comportamento degli<br />

uomini che credono di possedere tutte le ri-<br />

sposte, genera la compassione e trova come<br />

risposta totalmente inattesa la misericordia. A<br />

Margherita che ha interceduto per il procuratore<br />

romano Woland, infatti, spiega: «Lei non<br />

deve intercedere per lui, Margherita, perché<br />

per lui ha già intercesso la persona con la<br />

quale egli brama tanto di parlare»[59]. E che<br />

si sia ormai fuori da ogni questione di condanna<br />

o di indifferentismo morale è proprio<br />

testimoniato dal fatto che quello per cui Pilato<br />

soffre, quello che egli desidera, e gli verrà<br />

concesso dalla misericordia, è appunto la<br />

possibilità di riprendere il colloquio con Jeshua.<br />

È questa amicizia, più profonda di ogni condanna<br />

o assoluzione, che Pilato continua ad<br />

attendere, al punto di sognarla, come si narra<br />

nel XXVI capitolo, nel quale Pilato immagina<br />

di poter ritrovare Cristo come se l‟esecuzione<br />

non fosse avvenuta: «E non appena il<br />

procuratore ebbe perso il collegamento con la<br />

realtà che lo circondava, si avviò subito lungo<br />

la strada splendente e la risalì direttamente<br />

verso la luna. Nel sogno scoppiò addirittura a<br />

ridere di felicità, tanto ogni cosa si disponeva<br />

in modo così splendido e irripetibile su quella<br />

diafana strada cilestrina. Era seguito da Banga,<br />

e vicino a lui camminava il filosofo errante.<br />

Discutevano qualcosa di molto complesso<br />

e importante, e nessuno dei due riusciva a<br />

prevalere sull‟altro. Non si accordavano su<br />

nessun punto, e questo rendeva la loro discussione<br />

particolarmente interessante e interminabile.<br />

S‟intende che l‟esecuzione di<br />

quel giorno era stata un mero equivoco: il filosofo<br />

che aveva escogitato una cosa così incredibilmente<br />

assurda come la bontà univer-<br />

44


sale degli uomini gli camminava accanto,<br />

quindi era vivo. E, naturalmente, sarebbe stato<br />

orribile anche il solo pensiero che un uomo<br />

simile potesse essere giustiziato. L‟esecuzione<br />

non era avvenuta! Non era avvenuta! Ecco<br />

in che cosa consisteva l‟incanto di quel viaggio<br />

su per la scala lunare»[60].<br />

Ovviamente l‟esecuzione c‟era stata e nulla<br />

poteva cancellarla, il sogno di Pilato resta un<br />

sogno, ma dopo di esso viene una realtà persino<br />

più grande di quella che lui poteva immaginarsi<br />

e sognare e di quella che qualsiasi<br />

uomo, anche un uomo eccezionale, gli avrebbe<br />

potuto dare: quell‟essere straordinario che<br />

aveva perduto e che avrebbe voluto tenere<br />

con sé gli viene ora restituito, non per sua decisione,<br />

per la decisione del potente procuratore<br />

romano, ma per la misericordia, sua, della<br />

vittima impotente e attraverso il sacrificio<br />

di chi era pronto a intercedere per lui. Anche<br />

per questa via si rende evidente come l‟eccezionalità<br />

di Jeshua rimandi continuamente a<br />

qualcosa, a una presenza, che non è più soltanto<br />

umana; con il perdono di Pilato che diventa<br />

una possibilità di compagnia con Jeshua<br />

cioè, propriamente, la possibilità di essere-con<br />

qualcuno, Bulgakov ci rinvia a un<br />

piano che non è più soltanto etico ma è propriamente<br />

ontologico, e ci rende così presente<br />

attraverso il suo romanzo la dimensione<br />

dell‟Essere che, come dice la tradizione della<br />

Chiesa, si è fatto «amico degli uomini».<br />

[1] A. D. SINJAVSKIJ, Una voce dal coro,<br />

tr. it. Garzanti, Milano 1975, p. <strong>12</strong>.<br />

[2] Cfr. A. DELL‟ASTA, La via russa all‟esperienza<br />

cristiana, in «La Nuova Europa», n.<br />

1, 1998, pp. 25-29.<br />

[3] Le opere di Bulgakov verranno citate sulla<br />

base dell‟edizione in cinque volumi pubblicata<br />

a Mosca nel 1989-1990: M. A. BUL-<br />

GAKOV, Sobranie sočinenij v pjati tomach,<br />

Chudoţestvennaja Literatura, Moskva 1989-<br />

1990 (utilizzeremo semplicemente la sigla<br />

SS, cui seguirà l‟indicazione del volume in<br />

numero romano e delle pagine in numero arabo;<br />

per la traduzione, salvo diversa indicazione,<br />

ci serviremo della recente edizione nei<br />

«Meridiani» di Mondadori: M. A. BULGA-<br />

KOV, Romanzi e racconti, Mondadori, Milano<br />

2000, indicando fra parentesi la sigla<br />

dell‟opera citata −GB: La guardia bianca;<br />

MGM: Memorie di un giovane medico;<br />

MM: Il Maestro e Margherita− e facendola<br />

seguire dall‟indicazione delle pagine relative).<br />

[4] Si pensi qui in particolare alla preghiera<br />

di Elena che chiede alla Vergine la guarigione<br />

del fratello maggiore; cfr. SS, I, pp. 411-<br />

4<strong>12</strong> (GB, pp. 329-332).<br />

[5] Non si dimentichi a questo proposito<br />

che Il Maestro e Margherita ha come epigrafe<br />

i versi del Faust di Goethe in cui Mefistofele<br />

si presenta come «Una parte della forza / che<br />

vuole sempre il male e opera sempre il bene»;<br />

cfr. SS, V, p. 7 (MM, p. 357).<br />

[6] SS, I, p. 81 (MGM, p. 1458).<br />

[7] SS, I, p. 81 (MGM, p. 1458).<br />

[8] SS, I, p. 78 (MGM, p. 1455).<br />

[9] SS, I, p. 97 (MGM, pp. 1479-1481).<br />

[10] SS, I, p. <strong>12</strong>6 (MGM, p. 1518).<br />

[11] SS, I, p. 92 (MGM, p. 1473).<br />

45


[<strong>12</strong>] SS, I, p. 76 (MGM, pp. 1451-1453).<br />

[13] SS, I, p. 86 (MGM, p. 1465).<br />

[14] SS, I, p. 93 (MGM, p. 1474).<br />

[15] Cfr. SS, I, pp. 87-89, 96, ecc. (MGM,<br />

pp. 1465-1468, 1478, ecc.).<br />

[16] SS, I, p. 97 (MGM, p. 1480).<br />

[17] SS, I, p. 89 (MGM, p. 1469).<br />

[18] Cfr. SS, I, pp. 74-75 (MGM, pp. 1448-<br />

1450).<br />

[19] SS, I, p. 1<strong>12</strong> (MGM, p. 1500).<br />

[20] SS, I, p. <strong>12</strong>1 (MGM, p. 1511).<br />

[21] SS, II, pp. 313-314 (tr. it. in Appunti sui<br />

polsini, Studio Tesi, Pordenone 1991, pp. 137<br />

-138).<br />

[22] SS, I, p. 182 (GB, p. 15).<br />

[23] SS, V, p. 562.<br />

[24] SS, I, p. 180 (GB, pp. <strong>12</strong>-13); cfr. anche<br />

SS, I, pp. 181 e 199 (GB, pp. 14 e 39).<br />

[25] Sulla figura di padre Aleksandr Glagolev<br />

si può vedere A. GLAGOLEV, Kupina<br />

neopalimaja(Il roveto ardente), Duch i Litera,<br />

Kiev 2002; in italiano, si veda il recente articolo<br />

di K. SIGOV,La missione della scuola<br />

teologica in padre Aleksandr Glagolev, in<br />

«La Nuova Europa», n. 3 (309), maggiogiugno<br />

2003, pp. 109-<strong>12</strong>0.<br />

[26] Sulla figura di padre Anatolij Ţurakovskij<br />

si veda I. SEMENENKO-BASIN – P.<br />

PROCENKO, Anatolij Ţurakovskij, tr. it. La<br />

Casa di Matriona, Milano 1999.<br />

[27] SS, V, p. 19 (MM, p. 376).<br />

[28] SS, V, p. 43 (MM, p. 407).<br />

[29] Si tratta del fatto che a Berlioz viene<br />

mozzata la testa, come il diavolo gli aveva<br />

predetto nel primo capitolo, per insinuargli il<br />

sospetto che la realtà non può essere esaurita<br />

dalle pretese conoscitive della ragione dimostrativa.<br />

Cfr. SS, V, p. 16 (MM, p. 372).<br />

[30] Cfr. M. A. BULGAKOV, Izbrannye<br />

proizvedenija (Opere scelte), Dnipro, Kiev<br />

1990, p. 36.<br />

[31] SS, V, p. 13 (MM, p. 369).<br />

[32] «Bog» (Dio), in Enciklopedičeskij<br />

Slovar‟ Brokgauza i Efrona, VII, pp. 206b-<br />

209b.<br />

[33] Nel romanzo leggiamo: «Non per nulla<br />

Schiller diceva che le disquisizione kantiane<br />

su questo argomento possono soddisfare solo<br />

degli schiavi, mentre Strauss ne rideva e basta»,<br />

SS, V, p. 13 (MM, p. 369), mentre<br />

nell‟articolo del Brockhaus-Efron leggiamo:<br />

«Schiller dice che Kant predica una morale<br />

adatta solo a degli schiavi. Strauss osserva<br />

ironicamente che Kant nel suo sistema, fondamentalmente<br />

contrario al teismo, si ricavò<br />

una cameretta per farci stare anche Dio»,<br />

«Bog», cit., p. 208b.<br />

[34] SS, V, p. 13 (MM, p. 369).<br />

[35] SS, V, pp. 47-48 (MM, p. 4<strong>12</strong>).<br />

[36] Su questo problema rimandiamo ai lavori<br />

fondamentali di M. O. ČUDAKO-<br />

VA, Tvorčeskaja istorija romana M. Bulgakova<br />

«Master i Margarita» (La storia creativa<br />

del romanzo di M. Bulgakov «Il Maestro e<br />

Margherita»), in «Voprosy Literatury», n. 1,<br />

1976, pp. 218-253, Archiv M. A. Bulgakova.<br />

Materialy dlja tvorčeskoj biografii pisatelja<br />

(L‟archivio di M. A. Bulgakov. Materiali<br />

per una biografia artistica dello scrittore), in<br />

«Zapiski Otdela Rukopisej», 37, Gos. Bibl.<br />

Im. Lenina, Moskva 1976, e Ţizneopisanie<br />

Michaila Bulgakova (Biografia di M. Bulgakov),<br />

Kniga, Moskva 1988; nonché a quelli<br />

di L. M. JANOVSKAJA, Tvorčeskij put‟ Michaila<br />

Bulgakova (Il tragitto creativo di M.<br />

Bulgakova), Sovetskij Pisatel‟, Moskva 1983<br />

46


e Treugol‟nik Volanda. K istorii sozdanija<br />

romana «Master i Margarita» (Il triangolo di<br />

Woland. Per una storia della creazione del<br />

romanzo «Il Maestro e Margherita»), Lybid‟,<br />

Kiev 1992.<br />

[37] «Diavol», in Enciklopedičeskij Slovar‟<br />

Brokgauza i Efrona, XX, pp. 727a-729a;<br />

«Demon»,ibid., XIX, pp. 374b-377a (questa<br />

voce venne compilata da Vl. S. Solov‟ëv);<br />

«Demonologija»,ibid., XIX, p. 373b (è una<br />

nota di poche righe); «Demonomanija», ibid.,<br />

XIX, p. 373b (la voce rimanda a catena ad<br />

altre due voci: «Koldovstvo» [Maleficio] e da<br />

questa a «Čarodejstvo» [Incantesimo], ibid.,<br />

LXXV, pp. 394a-397b); «Šabaš<br />

ved‟m», ibid., LXXVII, pp. 82a-84a.<br />

[38] M. A. ORLOV, Istorija snošenij čeloveka<br />

s d‟javolom, Sankt Peterburg 1904.<br />

[39] Ernest Renan (1823-1892), uno dei massimi<br />

esponenti del positivismo francese della<br />

seconda metà dell‟ottocento, fu romantico<br />

esaltatore della scienza e della storia, ridotte<br />

nel senso di un puro umanesimo emancipato<br />

da qualsiasi forma di trascendenza e segnato<br />

da forti tinte moraliste; qui ci interessa solo<br />

per il suo libro sulla Vie de Jésus (Societé<br />

Bibliophile, Leipzig 1863), nel quale viene<br />

espressa la sua convinzione fondamentale<br />

sulla religione e sul cristianesimo che, secondo<br />

lui, devono essere liberati da tutto ciò che<br />

hanno di miracoloso e di soprannaturale e<br />

considerati come la pura manifestazione di<br />

un ideale morale, legato al tempo e alle condizioni<br />

in cui nacque. Esemplare di questo<br />

atteggiamento riduzionistico nei confronti del<br />

cristianesimo, che tende a svuotarlo della sua<br />

dimensione propriamente divinoumana, nel<br />

senso storico e realistico di questo termine, e<br />

a trasformarlo, nel migliore dei casi, in un<br />

utile supporto teorico delle concezioni mondane<br />

dominanti, è il fatto che appunto Renan<br />

non riconosca alla religione altra validità se<br />

non quella di un‟ipotesi adatta a suggerire<br />

determinati atteggiamenti morali:<br />

«L‟atteggiamento più logico del pensatore<br />

davanti alla religione −dice Renan− è di far<br />

come se essa fosse vera. Bisogna agire come<br />

se Dio e l‟anima esistessero. La religione<br />

rientra così nel caso di quelle numerose ipotesi,<br />

come l‟etere, i fluidi elettrico, luminoso,<br />

calorico, nervoso e l‟atomo stesso, di cui sappiamo<br />

bene che sono solo simboli, mezzi comodi<br />

per spiegare i fenomeni, e che tuttavia<br />

conserviamo» (Feuilles détachées faisant suite<br />

aux Souvenirs d‟enfance et de jeunesse,<br />

Calmann-Levy, Paris 1892, p. 432). Se si<br />

considera quanto il «mistico» Bulgakov dovesse<br />

essere lontano da ogni riduzione moralistica,<br />

e se ci si ricorda di quanto fosse attento<br />

alle dimensioni di eternità, mistero e soprannaturalità,<br />

che abbiamo visto essere così<br />

insistentemente presenti nei suoi primi scritti,<br />

si deve sin dall‟inizio sospettare un‟utilizzazione<br />

molto personale di questa fonte.<br />

[40] Frederick William Farrar (1831-1903),<br />

teologo inglese che fu tra l‟altro cappellano<br />

della regina Vittoria e pubblicò numerose<br />

opere di carattere storico ed edificante sulle<br />

origini cristiane, interessandosi inoltre, in<br />

particolare, a questioni relative alla presenza<br />

sociale del cristianesimo. Anche lui ci interessa<br />

qui solo in relazione al fatto che, una<br />

decina d‟anni dopo Renan e in esplicita contrapposizione<br />

al suo libro, pubblicò a sua volta<br />

un‟opera di confutazione del testo di Renan<br />

intitolata The Life of Christ (Cassel Pet-<br />

47


ter & Galpin, London 1872).<br />

[41] N. K. Makkavejskij (1864-1919), teologo<br />

e pedagogo presso l‟accademia teologica<br />

di Kiev, vi aveva insegnato teologia pastorale<br />

e pedagogia negli stessi anni in cui vi lavorava<br />

il padre di Bulgakov; si era occupato in<br />

particolare delle condizioni esterne in cui si<br />

era svolta la Settimana Santa, tema che ovviamente<br />

interessava in maniera speciale Michail<br />

Bulgakov e al quale Makkavejskij aveva<br />

dedicato la propria dissertazione magisteriale:<br />

Archeologija istorii stradanij Gospoda<br />

našego Iisusa Christa (Archelogia della storia<br />

della passione di nostro Signore Gesù Cristo),<br />

Kiev 1891.<br />

[42] A. Drews (1865-1935), feroce negatore<br />

della storicità di Cristo, dovette interessare<br />

Bulgakov soprattutto per i dati raccolti nel<br />

suo libro su Gesù (Die Christusmythe, Diederichs,<br />

Jena 1909), che aveva già avuto un‟edizione<br />

russa prima della rivoluzione, la cui<br />

diffusione era però stata vietata dalla censura,<br />

e poi era stato definitivamente pubblicato dopo<br />

la caduta dello zarismo (Mif o Christe,<br />

Mosca 1923)<br />

[43] H. Grätz (1817-1891), storico tedesco,<br />

insegnò al Seminario rabbinico e all‟Università<br />

di Breslavia; interessò Bulgakov per il<br />

suo monumentale studio in undici volumi dedicato<br />

alla storia degli ebrei (Geschichte der<br />

Juden von den altesten Zeiten bis auf die<br />

Gegenwart, Leipzig 1853-1868) e pubblicato<br />

in versione russa prima della rivoluzione<br />

(Istorija evreev ot drevnejšich vremen do nastojaščego,<br />

tt. 1-<strong>12</strong>, Odessa 1903-1908).<br />

[44] H. Barbusse (1873-1935) conobbe una<br />

particolare fama in Unione Sovietica per la<br />

sua adesione al partito comunista e per la sua<br />

accettazione del mito di Stalin; Bulgakov si<br />

interessò ovviamente del suo libro su Gesù<br />

(Jésus, Flammarion, Paris 1927), che venne<br />

immediatamente tradotto in russo (Iisus protiv<br />

Christa, Moskva 1928) ma che egli dovette<br />

cominciare ad usare solo a partire del<br />

1938.<br />

[45] L. M. JANOVSKAJA, Tvorčeskij<br />

put‟…, cit., p. 253.<br />

[46] E. Bazzarelli, Invito alla lettura di Bulgakov,<br />

Mursia, Milano 1988, p 186.<br />

[47] SS, V, p. 22 (MM, p. 380).<br />

[48] SS, V, p. 28 (MM, p. 387).<br />

[49] SS, V, p. 26 (MM, p. 384).<br />

[50] SS, V, p. 27 (MM, p. 385).<br />

[51] SS, V, p. 20 (MM, p. 378).<br />

[52] Abbiamo proposto alcuni esempi di questa<br />

prassi nelle note all‟edizione italiana curata<br />

per i «Meridiani»; si veda in tal senso, e a<br />

titolo puramente esemplificativo, la n. 1 a p.<br />

1637.<br />

[53] G. KRUGOVOJ, Gnostičeskij roman M.<br />

Bulgakova (Il romanzo gnostico di M. Bulgakov),<br />

in «Novyj Ţurnal», n. 134, 1979, pp. 54<br />

-55.<br />

[54] SS, V, p. 30 (MM, p. 389).<br />

[55] SS, V, pp. 291-292 (MM, pp. 743-744).<br />

[56] G. KRUGOVOJ, art. cit., p. 55.<br />

[57] Cfr. I. I. VINOGRADOV, Zaveščanie<br />

Mastera (Il testamento del Maestro), in<br />

«Voprosy Literatury», n. 6, 1968, p. 56.<br />

[58] A proposito di questo livello della vicenda<br />

di Pilato, ben più profondo di quello<br />

esclusivamente morale, rimandiamo alle stimolanti<br />

osservazioni di A. DIOLETTA<br />

SICLARI,Etica e fede nel romanzo di Michail<br />

Bulgakov «Il Maestro e Margherita»,<br />

in Storia religiosa della Russia, La Casa di<br />

48


Matriona, Milano 1984, pp. 219-253.<br />

[59] SS, V, p. 370 (MM, p. 848).<br />

[60] SS, V, pp. 309-310 (MM, pp. 767-768).<br />

PONZIO PILATO<br />

Nel colloquio con Jeshua (gesù) Pilato intuisce di trovarsi dinanzi un uomo eccezionale: un messia?<br />

Un profeta? Un essere proveniente da altri mondi? Una persona ordinaria non può formulare<br />

quei pensieri – sulla verità, su Dio, sulla vita – che formula il «vagabondo».<br />

Il brano è ricco di simboli e di significati reconditi che bisogna scoprire e comprendere per una<br />

giusta intelligenza del testo.<br />

Al mattino presto del giorno quattordici del mese primaverile di Nisan, avvolto in un mantello<br />

bianco foderato di rosso, con una strascicata andatura da cavaliere, nel porticato tra le due ali del<br />

palazzo di Erode il Grande entrò il procuratore della Giudea Ponzio Pilato.<br />

Più di qualsiasi cosa al mondo il procuratore odiava l'odore dell'olio di rose, e ora tutto preannunciava<br />

una brutta giornata: proprio questo odore aveva cominciato a perseguitare il procuratore fin<br />

dall'alba […].<br />

«Oh numi, numi, perché mi punite?... Sì, non c'è dubbio, è lei, sempre lei, la malattia orrenda, invincibile...<br />

l'emicrania... da essa non c'è salvezza, non c'è scampo... cercherò di non muovere la testa...»<br />

Sul pavimento di mosaico presso la fontana era già pronta la scranna, e senza guardare nessuno il<br />

procuratore vi si sedette e allungò una mano. Il segretario vi pose rispettosamente una pergamena.<br />

49


Senza riuscire a reprimere una smorfia di dolore,<br />

il procuratore sbirciò in fretta lo scritto,<br />

restituì la pergamena al segretario e disse con<br />

uno sforzo:<br />

- L'imputato della Galilea? La pratica è stata<br />

sottoposta al tetrarca?<br />

- Sì, procuratore, - rispose il segretario.<br />

- Come ha reagito?<br />

- Ha rifiutato di emettere la sentenza definitiva<br />

e ha sottoposto alla tua approvazione la<br />

condanna a morte pronunziata dal Sinedrio...<br />

- spiegò il segretario.<br />

Il procuratore ebbe un sussulto alla guancia e<br />

disse piano:<br />

- Conducete qui l'accusato.<br />

Dal ripiano del giardino due legionari condussero<br />

subito sul balcone del porticato e fermarono<br />

davanti alla scranna del procuratore<br />

un uomo che dimostrava circa ventisette anni.<br />

Indossava un vecchio e logoro chitone azzurro.<br />

La testa era coperta da una fascia bianca<br />

con una cinghia intorno alla fronte, e le mani<br />

erano legate dietro la schiena. Sotto l'occhio<br />

sinistro l'uomo aveva un grosso livido, e<br />

all'angolo della bocca un'escoriazione con un<br />

po' di sangue raggrumato. L'uomo guardava<br />

il procuratore con una curiosità piena d'inquietudine.<br />

Pilato tacque per un istante, poi chiese piano<br />

in aramaico:<br />

- Sei tu che inciti il popolo a distruggere il<br />

tempio di Jerushalajim?<br />

Il procuratore sedeva immobile come se fosse<br />

stato di pietra, e solo le sue labbra si muo-<br />

vevano appena quando pronunciava le parole.<br />

Era come di pietra perché temeva di muovere<br />

la testa che ardeva di un dolore infernale.<br />

L'uomo dalle mani legate si sporse un po' in<br />

avanti e cominciò a<br />

parlare:<br />

- Buon signore! Credimi...<br />

Ma il procuratore, sempre senza muoversi e<br />

senza alzare la voce, lo interruppe subito:<br />

- E' me che chiami «buon signore»? Ti sbagli.<br />

A Jerushalajim tutti sussurrano che io sono<br />

un mostro crudele, e questa è la pura verità,<br />

- e con la stessa voce monotona aggiunse:<br />

- Chiamate il centurione Ammazzatopi.<br />

Sembrò a tutti che la luce sul balcone si offuscasse<br />

quando davanti al procuratore apparve<br />

il centurione della prima centuria Marco,<br />

detto l'Ammazzatopi. Egli superava di tutta la<br />

testa il più alto soldato della legione e aveva<br />

le spalle così larghe che nascose completamente<br />

il sole ancora basso sull'orizzonte.<br />

Il procuratore si rivolse in latino al centurione:<br />

- Questo delinquente mi chiama «buon signore».<br />

Portalo fuori un momento e spiegagli<br />

come deve parlare con me. Ma non rovinarlo<br />

[…].<br />

Dopo aver condotto il prigioniero fuori del<br />

porticato, nel giardino, l'Ammazzatopi prese<br />

una frusta dalle mani di un legionario fermo<br />

ai piedi di una statua di bronzo, e colpì le<br />

spalle dell'arrestato quasi senza prendere lo<br />

slancio. Il movimento del centurione fu incurante<br />

e lieve, ma l'uomo crollò immediatamente<br />

a terra come se gli avessero colpito i<br />

50


tendini delle gambe, boccheggiò, il colore gli<br />

scomparve dal volto e gli occhi persero ogni<br />

espressione.<br />

Con la sola mano sinistra, Marco sollevò facilmente<br />

il caduto come se fosse stato un sacco<br />

vuoto, lo rimise in piedi e disse con voce<br />

nasale, pronunciando a stento le parole aramaiche:<br />

- Il procuratore romano va chiamato egemone.<br />

Non usare altre parole. Devi stare sull'attenti.<br />

Hai capito, o vuoi ancora una botta?<br />

L'arrestato barcollò, ma si dominò, il colore<br />

ritornò sul suo viso, riprese fiato e rispose<br />

con voce rauca:<br />

- Ti ho capito. Non picchiarmi.<br />

Un minuto dopo era di nuovo davanti al procuratore.<br />

Si sentì una voce fioca, malata:<br />

- Nome?<br />

- Il mio? - replicò in fretta l'arrestato, esprimendo<br />

con tutto il suo atteggiamento che intendeva<br />

rispondere a tono, senza più provocare<br />

l'ira.<br />

Il procuratore disse con voce sommessa:<br />

- Il mio lo so. Non far finta di essere più stupido<br />

di quanto sei. Il tuo.<br />

- Jeshua, - rispose rapido l'accusato.<br />

- Hai un soprannome?<br />

- Hanozri.<br />

- Di dove sei?<br />

- Della città di Gamala, - rispose l'arrestato<br />

indicando con un movimento della testa che<br />

laggiù, lontano, alla sua destra, verso nord,<br />

esisteva una città chiamata Gamala.<br />

- Di che sangue sei?<br />

- Non lo so di preciso, - rispose pronto l'arrestato.<br />

- Non ricordo i miei genitori. Mi dicevano<br />

che mio padre era siriano...<br />

- Dove vivi di solito?<br />

- Non ho una dimora fissa, - rispose con timidezza<br />

l'arrestato. Vado da una città all'altra.<br />

- Tutto questo può essere detto in modo più<br />

breve, con una parola soltanto: vagabondo, -<br />

disse il procuratore, e chiese: Hai parenti?<br />

- Non ho nessuno. Sono solo al mondo.<br />

- Sai leggere e scrivere?<br />

- Sì.<br />

- Sai qualche lingua oltre l'aramaico?<br />

- Sì, il greco.<br />

Una palpebra enfiata si sollevò e un occhio<br />

velato dalla sofferenza fissò il prigioniero.<br />

L'altro occhio rimase chiuso.<br />

Pilato cominciò a parlare greco:<br />

- Sei tu che intendevi distruggere il tempio e<br />

incitavi il popolo a farlo?<br />

L'arrestato si animò, i suoi occhi non esprimevano<br />

più spavento, e disse in greco:<br />

- Io, buon... - il terrore balenò nei suoi occhi<br />

perché per poco non si era sbagliato, - io,<br />

egemone, non ho mai avuto l'intenzione di<br />

distruggere il tempio e non ho mai incitato<br />

nessuno a commettere una simile azione insensata.<br />

Lo stupore si dipinse sul volto del segretario,<br />

51


curvo su un tavolino basso a scrivere la deposizione.<br />

Alzò la testa, ma la riabbassò subito<br />

sulla pergamena.<br />

- Molta gente diversa affluisce in questa città<br />

per le feste. Vi sono tra di loro maghi, astrologi,<br />

indovini e assassini, diceva con voce<br />

monotona il procuratore. - Si trovano anche<br />

dei bugiardi. Tu, ad esempio, sei un bugiardo.<br />

Nikolaj Nikolaevic Ge - Quod est veritas<br />

E' scritto chiaramente: incitava a distruggere<br />

il tempio. Lo attesta la gente.<br />

- Questa buona gente, - cominciò l'arrestato,<br />

e aggiunse rapidamente: - egemone... - conti-<br />

nuò: - ... è ignorante e ha confuso tutto quello<br />

che dicevo. E io comincio a temere che questo<br />

pasticcio andrà avanti assai a lungo […]<br />

- Ma che cosa dicevi a proposito del tempio<br />

alla folla del mercato?<br />

La voce dell'accusato sembrava trafiggere la<br />

tempia di Pilato, tormentandolo in modo indicibile;<br />

questa voce diceva:<br />

- Io, egemone, dicevo che il tempio<br />

della fede antica deve crollare e al<br />

suo posto deve sorgere il nuovo<br />

tempio della verità. Dissi così perché<br />

fosse più comprensibile.<br />

- Ma perché, vagabondo, turbavi la<br />

gente del mercato parlando di una<br />

verità di cui non hai idea? Che cos'è<br />

la verità?<br />

Appena ebbe detto questo, il procuratore<br />

pensò: «Oh numi! Gli sto<br />

chiedendo delle cose che non c'entrano<br />

col processo... non riesco più<br />

a dominare la mia mente...» E di<br />

nuovo gli balenò davanti la visione<br />

d'una coppa di liquido scuro. «Del<br />

veleno, voglio del veleno...»<br />

Di nuovo udì la voce:<br />

- La verità anzitutto è che ti fa male<br />

la testa, ti fa talmente male che pavidamente<br />

pensi alla morte. Non<br />

solo non sei in grado di parlare con<br />

me, ma ti è perfino difficile guardarmi.<br />

E adesso sono involontariamente il tuo<br />

torturatore, il che mi amareggia. Non riesci<br />

neppure a pensare e sogni solo che venga il<br />

tuo cane, l'unico essere, evidentemente, al<br />

52


quale sei affezionato. Ma il tuo tormento cesserà<br />

subito, la testa non ti farà più male.<br />

Il segretario spalancò gli occhi sull'arrestato<br />

e non terminò la parola che stava scrivendo.<br />

Pilato alzò gli occhi di martire sul prigioniero<br />

e vide che il sole era già abbastanza alto<br />

sopra l'ippodromo, che un raggio era penetrato<br />

sotto il porticato e strisciava verso i sandali<br />

logori di Jeshua e che questi se ne scostava.<br />

Il procuratore si alzò allora dalla scranna,<br />

strinse la testa fra le mani, e sul suo giallognolo<br />

volto sbarbato si dipinse il terrore. Ma<br />

lo represse subito con uno sforzo di volontà e<br />

si abbandonò di nuovo nella scranna.<br />

Nel frattempo l'arrestato continuava il suo<br />

discorso, ma il segretario non scriveva più<br />

nulla: cercava solo, allungando il collo come<br />

un'oca, di non perdere una parola.<br />

- Ecco, tutto è finito, - diceva l'arrestato<br />

guardando con benevolenza Pilato, - ne sono<br />

molto lieto. Ti consiglierei, egemone, di lasciare<br />

temporaneamente il palazzo e di farti<br />

una passeggiata a piedi nei dintorni, anche<br />

solo nei giardini sul monte Elion. Il temporale<br />

avrà inizio... - il prigioniero si voltò, socchiuse<br />

gli occhi guardando il sole - ... più tardi,<br />

verso sera. La passeggiata ti farebbe molto<br />

bene, e io ti accompagnerei volentieri. Mi sono<br />

venute in mente alcune idee che, credo, ti<br />

potrebbero sembrare interessanti, e te ne farei<br />

volentieri partecipe, tanto più che dài l'impressione<br />

di essere assai intelligente -. Il segretario<br />

diventò pallido come un cadavere e<br />

lasciò cadere a terra il rotolo di pergamena. -<br />

Il guaio è, - nessuno interrompeva l'uomo legato,<br />

- che sei troppo rinchiuso in te stesso, e<br />

non hai più alcuna fiducia negli uomini. Non<br />

si può, ammettilo, riporre tutto il proprio affetto<br />

in un cane. La tua vita è vuota, egemone,<br />

- e qui l'uomo si permise di sorridere.<br />

Il segretario pensava solamente a una cosa:<br />

credere o no alle proprie orecchie. Bisognava<br />

crederci. Allora cercò di immaginare quale<br />

forma capricciosa avrebbe assunto la furia<br />

dell'irascibile procuratore dopo quell'inaudita<br />

insolenza del prigioniero. Ma non vi riusciva,<br />

benché conoscesse bene il procuratore.<br />

Si udì allora la voce rotta e rauca del procuratore<br />

che disse in latino:<br />

- Slegategli le mani.<br />

Uno dei legionari della scorta batté la lancia<br />

in terra, la passò a un altro, si avvicinò e tolse<br />

le corde all'arrestato. Il segretario raccattò il<br />

rotolo e decise di non scrivere nulla per il<br />

momento e di non stupirsi di nulla.<br />

- Confessa, - disse piano in greco Pilato, - sei<br />

un grande medico?<br />

- No, procuratore, non sono un medico, - rispose<br />

il prigioniero, sfregandosi con voluttà<br />

la mano paonazza sformata e tumefatta.<br />

Pilato trafiggeva il prigioniero con gli occhi,<br />

guardandolo fisso di sotto le sopracciglia aggrottate,<br />

e in quegli occhi non c'era più nulla<br />

di torbido: vi erano apparse le scintille ben<br />

note a tutti.<br />

- Non te l'ho chiesto, - disse Pilato, - forse<br />

sai anche il latino?<br />

- Sì, lo so, - rispose l'arrestato.<br />

Il colore affiorò sulle guance giallastre di<br />

Pilato, che chiese in latino:<br />

53


- Come hai fatto a sapere che volevo chiamare<br />

il mio cane?<br />

- E' facilissimo, - rispose il prigioniero nella<br />

stessa lingua. La tua mano ha fatto un gesto<br />

nell'aria, - e ripeté egli stesso quel gesto, -<br />

come se tu volessi fare una carezza, e le tue<br />

labbra...<br />

- Già, - disse Pilato.<br />

Tacquero. Poi il procuratore chiese in greco:<br />

- Allora sei un medico?<br />

- No, no, - rispose con vivacità il prigioniero,<br />

- credimi, non sono un medico.<br />

- E va bene, se vuoi che resti un segreto, fai<br />

pure. Questo non riguarda direttamente la tua<br />

causa. Quindi tu affermi che non incitavi a<br />

distruggere... o incendiare, o annientare in<br />

qualche altro modo il tempio?<br />

- Io, egemone, non ho incitato nessuno a tali<br />

azioni, lo ripeto. Sembro forse un demente?<br />

- No, non lo sembri proprio, - rispose con<br />

voce sommessa il procuratore, ed ebbe un<br />

sorriso terribile. - Allora giurami che non è<br />

vero.<br />

- Su che cosa vuoi che io giuri? - chiese pieno<br />

di animazione l'uomo slegato.<br />

- Be', anche sulla tua vita, - rispose Pilato, - è<br />

proprio il momento giusto per giurare sulla<br />

tua vita, perché è appesa a un filo, sappilo.<br />

- Credi di essere stato tu ad appenderla, egemone?<br />

- chiese il prigioniero. - Se fosse così,<br />

ti sbaglieresti di grosso.<br />

Pilato trasalì e rispose tra i denti:<br />

- Posso tagliare quel filo.<br />

- Anche qui ti sbagli, - ribatté il prigioniero<br />

con un sereno sorriso e riparandosi con la<br />

mano dal sole. - Ammetterai che il filo può<br />

essere spezzato solo da chi lo ha teso.<br />

- Già, già, - sorrise Pilato, - adesso non dubito<br />

più che gli oziosi perdigiorno di Jerushalajim<br />

ti seguissero a passo a passo. Non so chi<br />

ti abbia messo la lingua in bocca, ma te l'ha<br />

messa bene. A proposito, dimmi, è vero che<br />

sei giunto a Jerushalajim dalla Porta di Susa<br />

cavalcando un asino e accompagnato da una<br />

folla che ti acclamava come un profeta? Dicendo<br />

questo, il procuratore fece un cenno<br />

verso il rotolo di pergamena.<br />

L'arrestato guardò perplesso il procuratore.<br />

- Non ho nemmeno l'asino, egemone, - disse.<br />

- E' vero che sono giunto a Jerushalajim dalla<br />

Porta di Susa, ma a piedi, accompagnato dal<br />

solo Levi Matteo, e nessuno mi acclamava,<br />

perché allora a Jerushalajim nessuno mi conosceva.<br />

- Conosci queste persone, - continuò Pilato<br />

senza distogliere gli occhi dal prigioniero: -<br />

un certo Disma, un certo Hesta, e infine Bar-<br />

Raban?<br />

- Non conosco questa buona gente, - rispose<br />

il prigioniero.<br />

- Davvero?<br />

- Davvero.<br />

- E adesso dimmi perché usi sempre le parole<br />

«buona gente». Chiami tutti così?<br />

- Sì, tutti, - rispose il prigioniero. - Non esistono<br />

uomini cattivi.<br />

- E' la prima volta che lo sento dire, - sogghi-<br />

54


gnò Pilato. Magari conosco poco la vita!...<br />

Puoi fare a meno di scrivere, disse al segretario,<br />

benché questi non scrivesse più da un<br />

pezzo, e continuò, rivolto al prigioniero: -<br />

L'hai letto in qualche libro greco ?<br />

- No, ci sono arrivato da solo.<br />

- E lo predichi?<br />

- Sì.<br />

- Ma, per esempio, il centurione Marco,<br />

l'hanno soprannominato l'Ammazzatopi, è<br />

buono anche lui?<br />

- Sì, - rispose il prigioniero, - però è un infelice.<br />

Da quando certa buona gente l'ha mutilato,<br />

è diventato crudele e duro […].<br />

In quel momento sotto il porticato entrò di<br />

slancio una rondine, descrisse un cerchio sotto<br />

la volta dorata, si abbassò, sfiorò con l'ala<br />

appuntita il volto di una statua di rame dentro<br />

una nicchia e scomparve dietro il capitello di<br />

una colonna. Forse le era venuta<br />

l'idea di farvi il suo nido.<br />

Durante quelle evoluzioni, nella testa del<br />

procuratore, ridiventata limpida e leggera, era<br />

nata una formula: l'egemone ha preso in esame<br />

la pratica del filosofo vagabondo Jeshua,<br />

soprannominato Hanozri, e non vi ha riscontrato<br />

gli estremi del reato. In particolare, non<br />

ha trovato il menomo legame tra l'attività di<br />

Jeshua e i disordini avvenuti da poco a Jerushalajim.<br />

Il filosofo vagabondo è un malato<br />

di mente, per cui il procuratore non conferma<br />

la condanna a morte di Hanozri emanata dal<br />

piccolo Sinedrio. Ma considerato che i pazzeschi<br />

discorsi utopistici di Hanozri possono<br />

causare disordini a Jerushalajim, il procurato-<br />

re esilia Jeshua da Jerushalajim e lo fa confinare<br />

a Cesarea, sul Mediterraneo, cioè proprio<br />

nel luogo di residenza del procuratore.<br />

Rimaneva da dettare questo al segretario.<br />

Le ali della rondine frullarono sopra la testa<br />

dell'egemone, l'uccello si slanciò verso la vasca<br />

della fontana e volò via. Il procuratore<br />

alzò lo sguardo verso il prigioniero e vide che<br />

vicino a lui una colonna di pulviscolo riluceva<br />

al sole.<br />

- E' tutto? - chiese Pilato al segretario.<br />

- No, purtroppo, - rispose inaspettatamente<br />

questi, e porse a Pilato un altro pezzo di pergamena.<br />

- Che altro c'è? - chiese Pilato aggrottando la<br />

fronte.<br />

Dopo che ebbe letto, il suo volto mutò ancora<br />

di più espressione. Un sangue scuro gli affluì<br />

al viso e al collo, o qualcos'altro successe,<br />

fatto sta che la sua pelle perdette il colore<br />

giallognolo, diventò brunastra, e gli occhi<br />

sembrarono sprofondare nelle orbite.<br />

La colpa era probabilmente del sangue che<br />

era affluito di nuovo alle tempie e vi pulsava,<br />

fatto sta che al procuratore si turbò la vista.<br />

Gli sembrò infatti che la testa del prigioniero<br />

dileguasse in un punto e che al suo posto ne<br />

apparisse un'altra. Su questa testa calva era<br />

posata una corona d'oro dalle punte distanziate.<br />

Sulla fronte si vedeva una piaga rotonda<br />

che corrodeva la pelle ed era unta di unguento.<br />

Una bocca infossata, senza denti, dal capriccioso<br />

labbro inferiore pendulo. A Pilato<br />

sembrò fossero scomparse le rosee colonne<br />

del porticato e i tetti lontani di Jerushalajim, e<br />

55


che tutto annegasse nel denso verde dei giardini<br />

capresi. Anche al suo udito stava succedendo<br />

qualcosa di strano: aveva l'impressione<br />

che in lontananza delle trombe suonassero<br />

lievi e minacciose, e percepì con grande chiarezza<br />

una voce nasale che strascicava arrogantemente<br />

le parole: «Legge di lesa maestà...»<br />

Passarono in un lampo pensieri brevi, sconnessi<br />

e straordinari. «Sono perduto!...» Poi:<br />

«Siamo perduti! ...» e un altro ancora, del tutto<br />

assurdo tra quelli, su chi sa quale immortalità,<br />

un'immortalità che provocava un'angoscia<br />

intollerabile.<br />

Pilato fece uno sforzo, scacciò la visione,<br />

rivolse nuovamente lo sguardo al balcone, e<br />

si ritrovò davanti gli occhi del prigioniero.<br />

- Senti, Hanozri, - disse il procuratore guardando<br />

Jeshua con una strana espressione: il<br />

suo volto era minaccioso, ma gli occhi<br />

inquieti, - hai mai parlato del grande Cesare?<br />

Rispondi! Ne hai parlato?... O... non... ne hai<br />

parlato? - Pilato prolungò la parola «non» alquanto<br />

più di quanto si convenga in tribunale,<br />

e lanciò un'occhiata a Jeshua come se volesse<br />

suggerirgli un pensiero.<br />

- E' facile e grato dire la verità, - osservò l'arrestato.<br />

- Non m'interessa, - ribatté con voce strozzata<br />

e cattiva Pilato, - se ti è grato o no dire la<br />

verità. Ma tu la dovrai dire. Però dicendola,<br />

pesa ogni tua parola se non vuoi una morte<br />

non solo inevitabile, ma anche tormentosa.<br />

Nessuno sa che cosa succedesse al procuratore<br />

della Giudea, ma egli si permise di alzare<br />

la mano come per proteggersi da un raggio di<br />

sole, e dietro quella mano, come al riparo di<br />

uno scudo, di lanciare al prigioniero uno<br />

sguardo d'intesa.<br />

(da Michail Bulgakov, Il maestro e Margherita,<br />

Einaudi, Torino, 1967, pp. 17-27)<br />

56


ROMAN OMAN FORUM ORUM AND<br />

IMPERIAL MPERIAL FORA ORA<br />

COAST TO COAST<br />

A ddì 13 marzo, per fortuna<br />

non sono ancora le idi, ma<br />

se ne respira l‟aria. Baldanzosi come lo furo-<br />

no i romani antichi (Once were romans) un<br />

gruppo di adolescenti della nostra scuola attraversano<br />

i fori da costa a costa! La giornata<br />

è stupenda, il vento ha spazzato via l‟umidità<br />

e il sole fa sentire il suo calore primaverile.<br />

E‟ una meravigliosa occasione per ripercorrere<br />

circa quattro secoli di storia attraverso la<br />

monumentalizzazione del cuore della Roma<br />

antica… Da Cesare a Costantino, dalla grande<br />

Roma dei Cesari all‟inizio della Roma cristiana…<br />

La nostra allegra compagnia trova<br />

anche il tempo di rileggere e interpretare, a<br />

modo suo, un breve passo del Giulio Cesare<br />

di Shakspeare: The dogs of war.<br />

57


The romans romans photographed photographed by a a gaul under the statue statue of of Julius Julius<br />

ANTONIO: Oh, perdonami, tu insanguinata<br />

zolla di terra, se io sono umile e benigno con<br />

questi carnefici! Tu sei la rovina del più nobile<br />

uomo che mai visse nella vicenda dei tempi.<br />

Guai alle mani che versarono questo prezioso<br />

sangue! Sulle tue ferite ora io profetizzo<br />

- ferite che quali mute bocche dischiudono<br />

le loro rosse labbra ad implorare la voce e<br />

l'accento della mia lingua che una maledizione<br />

ricadrà sulle membra degli uomini; il furore<br />

intestino e la feroce lotta civile strazieranno<br />

ogni parte d'Italia; il sangue e la rovina<br />

saranno così comuni e gli spaventosi spettacoli<br />

così familiari che le madri non sapran<br />

che sorridere nel mirare i loro bimbi squartati<br />

dagli artigli della guerra; ogni pietà sarà soffocata<br />

dall'abito delle truci gesta; e lo spirito<br />

di Cesare, vagante in cerca di vendetta, con al<br />

suo fianco Ate uscita infocata dall'inferno,<br />

entro questi confini con voce di monarca griderà<br />

"Sterminio", e scioglierà i mastini della<br />

guerra, così che questa infame impresa ammorberà<br />

la terra col puzzo delle carogne<br />

umane gementi per la sepoltura.<br />

Click on to open the link in the pdf version<br />

58


COME OME RICHIEDERE UN DOCUMENTO IN ITALIA TALIA! TALIA<br />

Click on to open the link in the pdf version<br />

59


JERE ERE JEF EF<br />

TRIBUTO RIBUTO A FABRIZIO ABRIZIO MEONI EONI<br />

“Fabrizio …. è una figura importante non solo per le nostre terre, ma per tutti gli appassionati,<br />

non solo per gli appassionati di moto, ma tutti gli appassionati in genere: quelli che dedicano la<br />

propria vita ad una passione. E‟ una grande fortuna, una fortuna che ti può capitare nella vita, crescere<br />

con una passione. Spesso vedo i ragazzi fuori dai bar, in giro e penso che la disgrazia più<br />

grande che ti può succedere è quella di ritrovarti nella noia quando sei un adolescente, guardarti<br />

intorno e credere che il mondo non ti offra niente, non ti offra prospettive, che poi è l‟atteggiamento<br />

che tende a lasciarti andare a buttar via la nostra vita” (dall‟intervista a Lorenzo Jovannotti<br />

inclusa nel video)<br />

Il video è presente su You Tube diviso in 5<br />

parti. Clicca qui a lato nella versione pdf e ti<br />

colleghi alla prima, lì trovi i link alle altre 4<br />

parti<br />

60


Prima Prima che che sorga sorga l'alba, l'alba, vegliamo vegliamo nell'attesa nell'attesa<br />

tace tace il il creato creato e e canta canta nel nel silenzio silenzio il il mistero. mistero.<br />

Il Il nostro nostro sguardo sguardo cerca cerca un un volto, volto, nella nella notte notte<br />

...<br />

...<br />

62

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!