Numero 12 - Pilo Albertelli
Numero 12 - Pilo Albertelli
Numero 12 - Pilo Albertelli
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C aro studente/sconosciuto internauta,<br />
aumentano le nostre imprese di “corsa” e cresce la nostra fanzine. Navigando tra i banchi di scuola ci siamo<br />
accorti che tra le letture scolastiche i grandi romanzi della letteratura russa occupano un posto di privilegio.<br />
Abbiamo così deciso con questo numero di iniziare un viaggio, sotto la guida di studiosi del settore,<br />
alla conoscenza dei grandi autori russi. Non sarà un’impresa facile, ma degna delle azioni che un’accozzaglia<br />
di pirati gentiluomini come noi può affrontare con disinvoltura e sfacciataggine. Trovate poi altre<br />
“solide” proposte. Per una tale impresa abbiamo chiesto aiuto a gente cattiva, fino nelle ossa, ha deciso di<br />
volare con noi (Tanks to the VF-84 Jolly Rogers)<br />
Ma non è più tempo di parole…. Preparing to flight!<br />
2
INDICE NDICE<br />
:<br />
ONE NE STORY TORY: TORY<br />
ONE NE MOVIE OVIE: OVIE<br />
:<br />
ONE NE SONG ONG: ONG<br />
ONE NE PICTURE ICTURE: ICTURE<br />
: LA SCHIENA DI PARKER di Flannery o’Connor………..…….4<br />
: UNA SEPARAZIONE di Jodaeiye Nader az Simin………….23 23<br />
:<br />
23<br />
: IO CERCO TE di Il Teatro degli Orrori……………………….25 25<br />
: SACRESTIA DEL COMPLESSO CONVENTUALE DE "LA<br />
:<br />
TOURETTE" di Le Corbusier………………………………………………… 28<br />
ONE NE ARTICLE RTICLE: RTICLE<br />
ONE NE JOURNEY OURNEY: OURNEY<br />
ONE NE CARTOON ARTOON: ARTOON<br />
:<br />
ONE NE VIDEO IDEO: IDEO<br />
: LA RICERCA DELL’ASSOLUTO IN MICHAIL BULGAKOV di<br />
:<br />
25<br />
28<br />
Adriano dell’Asta…………………………………………………………….…30<br />
: ROMAN FORUM AND IMPERIAL FORA COAST TO<br />
:<br />
30<br />
57<br />
COAST………………………………………………………….57<br />
: COME RICHIEDERE UN DOCUMENTO IN ITALIA! Di<br />
:<br />
59<br />
Goscinny & Uderzo.......................................... ............59 59<br />
: JERE JEF—TRIBUTO A FABRIZIO MEONI………… ……….60<br />
60<br />
3
LA SCHIENA DI PARKER<br />
di Flannery O’Connor<br />
La moglie di Parker era seduta sul pavimento<br />
della veranda davanti a casa, e stava sgranando<br />
fagioli Parker era seduto su un gradino a<br />
una certa distanza da lei e la guardava fissamente,<br />
di malumore. Era brutta, davvero<br />
brutta. Aveva la pelle della faccia sottile e<br />
tirata come quella di, una cipolla e gli occhi<br />
grigi e acuminati come due punteruoli da<br />
ghiaccio. Parker capiva perché l'aveva sposata<br />
-non avrebbe potuto averla in altro modo -<br />
ma non riusciva a capire perché restasse: ancora<br />
con lei. Era incinta, e le donne incinte<br />
non erano il suo genere. Con tutto ciò rimaneva,<br />
come se lei gli avesse fatto una fattura,<br />
Era perplesso e si vergognava di sé.<br />
La casa che. avevano in affitto sorgeva, isolata,<br />
con soltanto un grande noce americano<br />
vicino, su un alto terrapieno che dominava la<br />
provinciale. Ogni tanto un'auto sfrecciava<br />
sotto di loro, e gli occhi della moglie di Parker<br />
si giravano di scatto, seguendone il rumore,<br />
poi tornavano a posarsi sul giornale pieno<br />
di fagioli che aveva in grembo. Una delle tante<br />
cose che disapprovava erano le automobili.<br />
In aggiunta a tutte le altre cattive qualità, non<br />
faceva che fiutar peccati. Non fumava, non<br />
masticava tabacco, non beveva whisky, non<br />
si dipingeva la faccia, e sapeva Iddio quanto<br />
l'avrebbe migliorata un po' di tinta, pensava<br />
Parker. Data la sua avversione per i colori era<br />
davvero straordinario che avesse sposato lui.<br />
A volte Parker temeva che l'avesse sposato<br />
per salvargli l'anima. Altre volte gli veniva il<br />
sospetto che in realtà le piacessero tutte le<br />
cose che diceva di detestare. In un modo o<br />
nell'altro, lei riusciva a spiegarla: era se stesso<br />
che Parker non riusciva a capire.<br />
La ragazza voltò la testa verso di lui e disse:<br />
«Non c'è ragione che tu non debba lavorare<br />
4
per un uomo. Non è obbligatorio che sia una<br />
donna».<br />
«Oh, chiudi il becco, per una volta» borbottò<br />
Parker.<br />
Se fosse stato certo che era gelosia della donna<br />
per cui lavorava, sarebbe stato contento,<br />
ma era più probabile che lei si preoccupasse<br />
del peccato che ne sarebbe conseguito se lui e<br />
la padrona si fossero piaciuti. Le aveva detto<br />
che era una bionda, giovane e prosperosa: in<br />
realtà aveva quasi settant'anni ed era troppo<br />
rinsecchita per interessarsi a qualcosa, se non<br />
a farlo sgobbare il più possibile. A volte capitava<br />
che una vecchia si attaccasse a un giovane,<br />
specie se era un bel ragazzo, come Parker<br />
riteneva di essere, ma quella lo guardava<br />
esattamente come guardava il suo vecchio<br />
trattore: come se dovesse rassegnarsi a lui<br />
perché non aveva di meglio. Il secondo giorno<br />
che Parker lo guidava, il trattore gli si era<br />
bloccato, e la vecchia l'aveva spedito a potare<br />
i cespugli, dicendo con la bocca torta al negro:<br />
«Tutto quello che tocca rompe». L'aveva<br />
anche pregato di tenere la camicia addosso,<br />
quando lavorava; Parker se l'era tolta anche<br />
se la giornata non era calda, ed era tornato a<br />
infilarsela con riluttanza.<br />
La brutta donna che Parker. aveva sposato<br />
era la sua prima moglie. Aveva avuto altre<br />
donne, ma non aveva mai pensato di far le<br />
cose legalmente. La prima volta: l'aveva vista<br />
una mattina che il furgoncino gli si era guastato,<br />
sulla provinciale. Era riuscito a toglierlo<br />
dalla strada e a spingerlo in un cortile accuratamente<br />
spazzato dove sorgeva una casetta<br />
di due stanze con la vernice scrostata.<br />
Scese, aprì il cofano e cominciò a studiare il,<br />
motore. Parker aveva un sesto senso che l'avvertiva<br />
se nelle vicinanze c'era una donna che<br />
lo guardava, Era curvo sul motore. da qualche<br />
minuto quando cominciò a sentire un pizzicorino<br />
al collo. Diede un'occhiata al cortile<br />
deserto e alla veranda della casa. Doveva esserci<br />
una donna, poco distante, invisibile dietro<br />
una macchia di caprifoglio o in casa, a<br />
spiarlo dalla finestra.<br />
Di botto, Parker si mise a saltare su e giù e ad<br />
agitare una mano come se gli fosse stata<br />
schiacciata dal meccanismo. Poi si piegò in<br />
due, premendosi la mano sul petto con l'altra.<br />
«Maledizione!» urlò. «Cristo ladro Vacca<br />
boia» E continuò a ripetere le stesse bestemmie<br />
senza sosta, a voce altissima.<br />
Senza preavviso, un terribile artiglio irsuto lo<br />
colpì alla guancia, e Parker cadde all'indietro,<br />
sul cofano. «Non si dicono sconcezze, qui!»<br />
strillò una voce al suo fianco.<br />
Parker aveva la vista così confusa che per un<br />
attimo pensò di esser stato aggredito da una<br />
creatura ultraterrena, un gigantesco angelo<br />
dagli occhi di falco, che brandiva un'arma<br />
implacabile. Quando gli si snebbiò la vista, si<br />
trovò davanti una ragazza lunga e tutt'ossa,<br />
con una scopa in pugno.<br />
«Mi sono fatto male alla mano» si lamentò<br />
Parker. «Mi sono fatto male alla mano!» Si<br />
era tanto scaldato da dimenticarsi che non si<br />
era fatto male alla mano. «Forse è rotta» concluse<br />
ringhiando, sebbene avesse ancora la<br />
voce malferma.<br />
«Vediamola» disse la ragazza, in tono di comando.<br />
Parker tese la mano e lei si avvicinò a<br />
guardarla. Sul palmo non c'erano segni: la<br />
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agazza la prese e la voltò. La mano di lei era<br />
asciutta e ruvida, ma al contatto si sentì ravvivare<br />
di colpo. Guardò meglio la ragazza.<br />
Non voglio averci a che fare, con questa,<br />
pensò.<br />
Lei scrutò con occhi penetranti la mano rossastra<br />
e che teneva nella sua. Sul dorso, in<br />
una cornice rossa e blu, era tatuata un'aquila<br />
appollaiata su un cannone. Parker aveva la<br />
manica arrotolata fino al gomito. Sopra l'aquila<br />
c'era un serpente, c'erano dei cuori, alcuni<br />
dei quali trafitti da una freccia. E sotto il<br />
serpente c'erano alcune carte da gioco disposte<br />
a ventaglio. Tutto il braccio di Parker, dal<br />
polso al gomito, era coperto di disegni chiassosi.<br />
La ragazza lo guardò, con un sorriso<br />
quasi inebetito per la sorpresa, come se per<br />
sbaglio avesse raccolto un serpente velenoso,<br />
e lasciò cadere la mano.<br />
«La maggior parte degli altri tatuaggi me li<br />
sono fatti all' estero» spiegò Parker. «Questi,<br />
sono quasi tutti americani. Il primo, l'ho fatto<br />
che avevo appena quindici anni.»<br />
«Non dica niente» ordinò la ragazza.<br />
«Non mi piacciono. Mi danno sui<br />
nervi.» «Dovrebbe vedere quelli che<br />
non si vedono» insinuò Parker, e<br />
strizzò l'occhio.<br />
Sulle guance della ragazza erano<br />
comparse due macchie rosse come<br />
mele, che l'addolcivano. Parker era<br />
perplesso e incuriosito. Non poteva<br />
nemmeno pensare che i tatuaggi non<br />
le piacessero. Non aveva mai conosciuto<br />
una donna che non ne fosse<br />
attratta.<br />
Parker aveva quattordici anni, quando, a una<br />
fiera di, paese, aveva visto un uomo coperto<br />
di tatuaggi dalla testa ai piedi. Salvo il basso<br />
ventre, avvolto in una pelle di pantera, il corpo<br />
dell'uomo era coperto da un unico disegno<br />
intricatissimo, a colori squillanti, o almeno<br />
così era sembrato a Parker che era quasi in<br />
fondo alla tenda, in piedi su uno sgabello.<br />
L'uomo, piccolo e tarchiato, camminava su e<br />
giù lungo la piattaforma, flettendo i muscoli,<br />
in modo che l'arabesco di uomini, animali e<br />
fiori sul suo corpo sembrava animato da una<br />
misteriosa vita propria. Parker era pieno d'emozione,<br />
esaltato come certa gente quando<br />
vede passare la bandiera. Era un ragazzotto<br />
che di solito guardava tutto a bocca, aperta:<br />
massiccio, leale e ordinario come una pagnotta.<br />
Quando lo spettacolo era terminato, era<br />
rimasto in piedi sulla panca, con gli occhi fissi<br />
nel punto dove aveva visto l'uomo tatuato,<br />
fino a quando la tenda non si era svuotata<br />
quasi del tutto.<br />
Prima d'allora, Parker non aveva mai provato<br />
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il più vago moto di stupore per se stesso. Finché<br />
non aveva visto l'uomo della fiera, non<br />
gli era mai venuto in mente che ci fosse qualcosa<br />
di straordinario, nel fatto di esistere. E<br />
non gli venne in mente neanche allora, però<br />
un singolare disagio mise radici dentro di lui.<br />
Era come un ragazzo cieco, girato con tanta<br />
delicatezza da non accorgersi che la sua destinazione<br />
era cambiata.<br />
Qualche tempo dopo si era fatto fare il primo<br />
tatuaggio: l'aquila appollaiata sul cannone.<br />
L'aveva eseguito un artista del paese e gli<br />
aveva fatto pochissimo male, quanto bastava<br />
per dargli l'idea che ne valesse la pena. E anche<br />
questo era strano perché, prima d'allora,<br />
Parker aveva pensato che valesse la pena di<br />
fare solo le cose che non dolevano. L'anno<br />
dopo aveva lasciato la scuola, perché aveva<br />
sedici anni e poteva farlo. Per un certo periodo<br />
aveva seguito un corso commerciale, poi<br />
aveva piantato anche il corso e aveva fatto<br />
l'inserviente per sei mesi in un garage. Lavorava<br />
unicamente per pagarsi nuovi tatuaggi.<br />
Sua madre era fissa in una lavanderia e poteva,<br />
mantenerlo, ma si rifiutava di pagare i tatuaggi.<br />
Gliene concesse solo uno, un cuore<br />
col suo nome sopra, che Parker si fece fare<br />
protestando. Comunque, il nome era BettyJean,<br />
e nessuno era obbligato a sapere che<br />
si trattava di sua madre. Parker scoprì che i<br />
tatuaggi attiravano il tipo di ragazze che gli<br />
piacevano, ma alle quali prima d'allora non<br />
era mai piaciuto. Cominciò a bere birra e a<br />
fare a pugni. Sua madre piangeva, accorgendosi<br />
di quello che stava succedendo. Una sera<br />
lo trascinò a una riunione religiosa senza dirgli<br />
dove andavano. Quando vide l'enorme<br />
chiesa illuminata, Parker si liberò di colpo<br />
della sua stretta e scappò via. Il giorno dopo,<br />
mentendo sulla sua età, si arruolò in marina.<br />
Parker era troppo grosso per gli stretti pantaloni<br />
da marinaio, ma lo stupido berrettino<br />
bianco, tirato giù sulla fronte, faceva sembrare<br />
per contrasto la sua faccia pensosa e quasi<br />
appassionata. Dopo un paio di mesi di marina,<br />
Parker smise di guardare tutto a bocca<br />
aperta. I lineamenti gli s'indurirono e diventarono<br />
quelli. di un uomo. Rimase in marina<br />
cinque anni, e parve diventare tutt'uno con la<br />
nave grigia e meccanica, salvo gli occhi, che<br />
erano dello stesso pallido color ardesia dell'oceano<br />
e riflettevano gli spazi immensi intorno<br />
a lui, come un microcosmo del mare misterioso.<br />
A terra, Parker andava in giro paragonando<br />
i posti dove si trovava con Birmingham,<br />
Alabama. E dovunque andasse, collezionava<br />
tatuaggi.<br />
Aveva abbandonato quelli senza vita, come le<br />
ancore e i fucili incrociati. Aveva una tigre e<br />
una pantera sulle spalle, un cobra attorcigliato<br />
a una fiaccola sul petto, dei falchi sulle cosce,<br />
Elisabetta II e Filippo rispettivamente<br />
sullo stomaco e sul fegato. Non si curava<br />
molto del soggetto, purché fosse pittoresco.<br />
Sul ventre aveva qualche oscenità, ma solo<br />
perché gli sembrava il posto adatto. Parker<br />
era contento di ogni tatuaggio nuovo per circa<br />
un mese, poi il disegno cominciava a perdere<br />
ogni attrattiva. Ogni volta che trovava<br />
uno specchio di dimensioni ragionevoli, vi si<br />
piantava davanti e studiava il proprio aspetto<br />
generale. L'effetto non era quello di un intricato<br />
arabesco di colori, ma di una serie di<br />
chiazze sparse a caso. Allora una titanica in-<br />
7
soddisfazione calava su di lui, e Parker andava<br />
in cerca di un esperto di tatuaggi per far<br />
riempire un altro spazio vuoto. La parte anteriore<br />
era quasi tutta coperta, ma sul dorso non<br />
c'era nulla. Parker non voleva tatuaggi dove<br />
non poteva vederli subito, comodamente.<br />
Man mano che lo spazio sul davanti diminuiva,<br />
la sua insoddisfazione cresceva e diventava<br />
generale.<br />
Dopo una licenza, Parker non tornò in servizio:<br />
rimase a terra senza permesso, ubriaco,<br />
in una pensione di una città che non conosceva.<br />
La sua insoddisfazione, cronica e latente,<br />
aveva raggiunto d'improvviso la fase acuta.<br />
Era come se la pantera e il leone, i serpenti,<br />
le aquile e i falchi gli fossero affondati sotto<br />
la pelle e vivessero dentro di lui, facendosi<br />
una guerra senza quartiere. La marina lo rintracciò,<br />
lo mise al fresco per nove mesi, poi<br />
lo congedò radiandolo dai quadri.<br />
Dopo questo episodio"Parker decise che l'unica<br />
aria respirabile era quella di campagna.<br />
Affittò la casetta sul terrapieno, comprò il<br />
vecchio furgone e cominciò a prendere dei<br />
lavori che teneva finché gli facevano comodo.<br />
All'epoca in cui aveva incontrato la sua<br />
futura moglie, comprava mele a ceste di venti<br />
chili e le rivendeva, facendo pagare lo stesso<br />
prezzo per mezzo chilo, ai proprietari delle<br />
case isolate, nelle strade interne di campagna.<br />
«Questa roba sembra la pensata di un indiano<br />
scemo» disse la ragazza,<br />
indicando il braccio. «E un<br />
mucchio di vanità.» Sembrò<br />
che avesse trovato la<br />
parola che cercava. «La<br />
vanità delle vanità» sentenziò.<br />
Be', cosa diavolo m'importa<br />
di quello che pensa questa?,<br />
si domandò Parker,<br />
ma era chiaramente sbalordito.<br />
«In ogni caso, ce ne sarà<br />
pure uno che le piace più<br />
'degli altri» disse, tirando<br />
in lungo, per inventare<br />
qualcosa che facesse colpo<br />
sulla ragazza. E le piantò di nuovo il. braccio<br />
sotto il naso. «Quale preferisce?»<br />
«Nessuno. Però la gallina è meno peggio del<br />
resto.» «Quale gallina?». domandò, Parker,<br />
quasi gridando. La ragazza indicò l'aquila. .<br />
«Quella è un'aquila Chi sarebbe tanto idiota<br />
da farsi tatuare una gallina sul bracciò?»<br />
«Per me, sono idioti tutti quelli che si fanno<br />
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tatuare» replicò la ragazza, e gli voltò le spalle.<br />
Rientrò lentamente in casa e lo piantò lì,<br />
padrone d'andarsene. Per quasi cinque minuti,<br />
Parker rimase a fissare l'uscio oltre il quale<br />
era scomparsa.<br />
Il giorno seguente, ritornò con una cesta di<br />
mele. Non era tipo da farsi mettere sotto i<br />
piedi da una ragazza brutta come quella. A<br />
lui piacevano le donne bene in carne, quelle<br />
che sembravano senza muscoli e senza ossa,<br />
a toccarle. Quando arrivò, la ragazza era seduta<br />
sul gradino superiore della veranda, e il<br />
cortile era pieno di bambini poveri e magri<br />
come lei. Parker si ricordò che era sabato.<br />
Non gli piaceva far la corte a una donna con<br />
dei bambini intorno. Ma per fortuna aveva<br />
preso la cesta delle mele dal furgone. Quando<br />
i bambini si avvicinarono per vedere che<br />
cos'aveva in mano, diede una mela a ciascuno<br />
e ordinò che si levassero dai piedi. Così si<br />
liberò di tutto il branco.<br />
La ragazza non diede segno di essersi accorta<br />
della sua presenza. Parker avrebbe potuto essere<br />
una capra o un maiale randagio capitato<br />
nel suo cortile in un momento in cui era troppo<br />
stanca per prendere la scopa e cacciarlo<br />
via. Parker depose il cesto delle mele accanto<br />
a lei e si sedette un gradino più sotto.<br />
«Si serva» disse, indicando la cesta, e sprofondò<br />
nel silenzio.<br />
Lei prese una mela fulminea, come se il cesto<br />
potesse sparire da un momento all'altro. La<br />
gente affamata rendeva nervoso Parker. Lui<br />
aveva sempre avuto da mangiare in abbondanza.<br />
Il suo disagio crebbe. Giunse alla conclusione<br />
che non aveva niente da dire, quindi<br />
perché parlare? Non riusciva a capire perché<br />
fosse venuto e perché non se ne andasse prima<br />
di sprecare un'altra cesta di mele con quel<br />
branco di bambini. Dovevano essere i fratelli<br />
e le sorelle della ragazza, pensò. Lei masticava<br />
la mela adagio con una specie di concentrazione<br />
voluttuosa. La vista, dalla veranda,<br />
spaziava su un lungo declivio tempestato di<br />
gramigne rosse e viola, oltre la provinciale<br />
fino a un'ampia distesa di colline e a una sola<br />
montagna, molto piccola. I grandi paesaggi<br />
deprimevano Parker. Guardi nello spazio e<br />
cominci a sentirti come se qualcuno ti corresse<br />
dietro. La marina, il governo o la religione.<br />
«Di chi sono quei bambini, suoi?» si decise a<br />
domandare.<br />
«Sono della mamma» rispose lei. «Io non sono<br />
ancora sposata.» Parlava come se fosse<br />
solo questione di tempo.<br />
Ma chi la sposerebbe, questa, in nome di<br />
Dio?, si domandò Parker.<br />
Una donna grossa, con la faccia larga e molti<br />
spazi vuoti fra i denti, comparve sulla soglia,<br />
dietro a Parker. A quanto pareva, era lì da un<br />
po'.<br />
«Buona sera» fece lui.<br />
La donna attraversò il portico e prese il cesto<br />
con quel che restava delle mele. «Grazie infinite».<br />
disse, e rientrò in casa, portandoselo<br />
dietro.<br />
«È la sua vecchia?» domandò Parker. La ragazza<br />
accennò di sì col capo. Parker conosceva<br />
parecchie battute di spirito da buttare lì a<br />
quel punto, tipo: «Le mie condoglianze!», ma<br />
tacque, immusonito. Restò là immobile, a<br />
9
guardare il panorama. Pensò che probabilmente<br />
stava covando una malattia.<br />
«Se trovo delle pesche, domani gliele porto»<br />
disse.<br />
«Gliene sarò molto obbligata.»<br />
Parker non aveva intenzione di tornare con<br />
una cesta di pesche, ma il giorno dopo si ritrovò<br />
a farlo. Lui e la ragazza non avevano<br />
quasi niente da dirsi. Una delle poche cose<br />
che le disse fu: «Sulla schiena non ho tatuaggi».<br />
«E cos'ha?» domandò la ragazza.<br />
«La camicia» rispose Parker. «Ah!»<br />
«Ah, ah» rise lei, educatamente.<br />
Parker era convinto di star perdendo la ragione.<br />
Non riusciva a credere, neanche per<br />
scherzo, di essere attratto da una donna come<br />
quella: non s'interessava a niente, se non a<br />
quel che le portava, finché, la terza volta, lui .<br />
comparve con due meloni. «Come si chiama?»<br />
gli domandò allora.<br />
«O.E. Parker.»<br />
«E cosa significa O.E.?»<br />
«Può. chiamarmi O.E.» rispose lui. «Oppure<br />
Parker. Nessuno mi chiama col mio nome.»<br />
«Ma cosa significano le iniziali?» insisté lei.<br />
«Lasciamo perdere. E lei come si chiama?»<br />
«Glielo dirò quando mi avrà detto che cosa<br />
significano le iniziali» replicò la ragazza. Nel<br />
suo tono c'era una vaga ombra di civetteria<br />
che andò immediatamente alla testa di Parker.<br />
Non aveva mai rivelato il suo nome a<br />
nessuno, uomo o donna, solo alla marina e al<br />
governo, ed era scritto sul certificato di batte-<br />
simo, che aveva ricevuto all'età di un mese<br />
perché sua madre era metodista. Quando il<br />
nome era trapelato dall'archivio della marina,<br />
per un pelo Parker non aveva ammazzato il<br />
compagno che l'aveva usato.<br />
«Andrà in giro a rifischiarlo a tutti.»<br />
«Giuro che non lo dirò a nessuno. Lo giuro<br />
sulla santa parola di Dio.»<br />
Parker rimase in silenzio per qualche minuto.<br />
Poi le mise una mano sul collo, e tirandosi il<br />
suo orecchio vicino alla bocca le rivelò il nome<br />
a bassa voce.<br />
«Obadiah!» sussurrò la ragazza, illuminandosi<br />
lentamente in viso, come se quel nome fosse<br />
un presagio fausto, per lei. «Obadiah.»<br />
Il nome continuava a essere una schifezza,<br />
per Parker.<br />
«Obadiah Elihue» disse la ragazza, in tono<br />
reverente.<br />
«Se mi chiama così a voce alta, le rompo la<br />
testa» annunciò Parker. «E lei come si chiama?»<br />
«Sarah Ruth Cates.»<br />
«Lieto di conoscerti, Sarah Ruth.»<br />
Il padre di Sarah Ruth era un predicatore del<br />
Vangelo Semplice, ma era lontano, a far propaganda<br />
in Florida. La madre aveva l'aria di<br />
non preoccuparsi delle attenzioni che Parker<br />
rivolgeva alla figlia, fintanto che questi si<br />
presentava con un cesto di roba, quando andava<br />
a trovarla. Quanto a Sarah Ruth, dopo<br />
tre visite di Parker si convinse di essere pazza<br />
di lui. Lo amava, anche se si ostinava a dire<br />
che i disegni sulla pelle erano vanità delle<br />
10
vanità, anche dopo averlo sentito bestemmiare,<br />
anche dopo avergli domandato se la sua<br />
anima fosse salva ed essersi sentita rispondere<br />
che lui non vedeva niente di particolare da<br />
cui bisognasse salvarla. Quella volta, Parker,<br />
ispirato, aveva aggiunto: «Sarei salvo se tu<br />
mi baciassi».<br />
Lei aveva aggrottato la fronte.<br />
«Quella non è salvezza» aveva precisato.<br />
Poco tempo dopo, accettò di fare una passeggiata<br />
in furgoncino. Parker si fermò in una<br />
strada deserta e le propose di andare a<br />
sdraiarsi nel cassone.<br />
«No, finché non saremo sposati» disse lei,<br />
tranquilla.<br />
«Oh, non è necessario sposarsi» ribatté Parker.<br />
Quando fece il gesto di afferrarla, lei lo respinse<br />
con tanta forza che la portiera si staccò<br />
e lui si trovò a terra, piatto sulla schiena. In<br />
quell'istante, decise di non aver più niente a<br />
che fare con lei.<br />
Si sposarono all'ufficio di stato civile, perché<br />
Sara Ruth giudicava le chiese idolatre. Parker<br />
non aveva opinioni in merito. L'ufficio era<br />
tappezzato di scatole d'archivio di cartone e<br />
di registri dai quali spuntavano striscioline di<br />
carta gialla impolverata. L'ufficiale di stato<br />
civile era una vecchia dai capelli rossi che era<br />
in carica da quarant'anni e aveva un'aria polverosa<br />
come i suoi libri. Li sposò da dietro la<br />
grata di una scrivania verticale e quando ebbe<br />
finito disse, con voce squillante: «Tre dollari<br />
e cinquanta, e finché morte non vi divida». E<br />
compilò fragorosamente' dei moduli con la<br />
macchina per scrivere.<br />
Il matrimonio non cambiò d'una virgola Sarah<br />
Ruth e rese Parker ancora più tetro. Tutte<br />
le mattine decideva che ne aveva abbastanza<br />
e che la sera non sarebbe tornato a casa, e tutte<br />
le sere. tornava. Ogni volta che pensava di<br />
non farcela più, Parker si faceva fare un tatuaggio<br />
nuovo, ma ormai l'unica superficie<br />
libera che gli restava era la schiena. Per guardare<br />
un tatuaggio sulla schiena, avrebbe dovuto<br />
prendere due specchi e mettersi nel mezzo,<br />
in una certa posizione, e questo gli sembrava<br />
un ottimo sistema per far la figura<br />
dell'imbecille. Sarah Ruth, che se avesse avuto<br />
buon senso avrebbe potuto godersi il tatuaggio<br />
sulla schiena, non voleva nemmeno<br />
guardare quelli che. aveva altrove. Quando<br />
lui cercava di farle notare i particolari più importanti,<br />
chiudeva gli occhi, ben stretti, e gli<br />
voltava anche la schiena. Fuorché al buio pesto,<br />
preferiva che stesse vestito, e con le maniche<br />
della camicia tirate giù.<br />
«Davanti al tribunale di Dio, Gesù ti domanderà:<br />
"Che cos'hai fatto nella tua vita, oltre a<br />
riempirti di disegni su tutto il corpo?"» gli<br />
diceva.<br />
«Non me la dai a bere» rispondeva Parker.<br />
«Tu hai paura che la bella .ragazzona prosperosa<br />
per la quale lavoro s'incapricci di me e<br />
mi dica: "Andiamo, signor Parker, andiamo<br />
a ... "»<br />
«Tu tenti il peccato» replicava lei «e davanti<br />
al tribunale di Dio ti toccherà rispondere anche<br />
di questo. Dovresti tornare a vendere i<br />
frutti della terra.»<br />
Quando era a casa, Parker non faceva gran-<br />
11
ché, oltre .ad ascoltare come gli sarebbe andata<br />
davanti al tribunale di Dio, se non avesse<br />
cambiato vita. Quando poteva, interrompeva<br />
quelle tirate con racconti sulla ragazza prosperosa<br />
per la quale lavorava. «Signor Parker»<br />
gli aveva detto «io l'ho assunta per la<br />
sua intelligenza.» (E aveva soggiunto: «E allora<br />
perché non se ne serve?».)<br />
«E avresti dovuto vedere che faccia ha fatto<br />
la prima volta che mi ha visto senza camicia»<br />
raccontava. «Signor Parker» mi ha detto «lei<br />
è un arazzo ambulante!» E questa era stata,<br />
effettivamente, l'osservazione della padrona,<br />
però gliel'aveva fatta con la bocca torta.<br />
L'insoddisfazione di Parker aumentò a tal<br />
punto che non ci fu più mezzo di contenerla,<br />
all'infuori, di un tatuaggio. E bisognava farlo<br />
sulla schiena, per forza. Un'ispirazione nebulosa<br />
e informe cominciò a mulinargli nella<br />
mente. Immaginava di farsi fare un tatuaggio<br />
al quale Sarah Ruth non<br />
avrebbe potuto resistere,<br />
un soggetto religioso.<br />
Pensò a un libro<br />
aperto, con la scritta<br />
SACRA BIBBIA tatuata<br />
sotto, e un versetto<br />
autentico, a caratteri di<br />
stampa, sulla pagina.<br />
Per un po', questa gli<br />
parve l'idea risolutiva,<br />
poi cominciò a immaginare<br />
Sarah Ruth che diceva:<br />
«Ma non ce l'ho<br />
già, una vera Bibbia?<br />
Cosa credi, che voglia<br />
leggere all'infinito lo<br />
stesso versetto, .quando posso leggerla tutta?».<br />
Aveva bisogno di qualcosa di meglio<br />
della Bibbia! Ci pensava tanto che cominciò<br />
a perdere il sonno. Peso, ne stava già perdendo,<br />
perché Sarah Ruth si limitava a buttare il<br />
cibo nella pentola e a lasciarlo bollire. Il fatto<br />
di non sapere di sicuro perché continuasse a<br />
vivere con una donna brutta, incinta e pessima<br />
cuoca, lo rendeva grandemente nervoso e<br />
irritabile, egli venne un piccolo tic a una<br />
guancia.<br />
Un paio di volte, si scoprì a voltarsi di scatto,<br />
come se qualcuno lo pedinasse. Uno dei suoi<br />
nonni era finito al manicomio statale, sia pure<br />
dopo i settantacinque anni. Ma per quanto<br />
urgente fosse in lui il bisogno di un nuovo<br />
tatuaggio, era altrettanto urgente trovare<br />
quello giusto, che avrebbe messo al tappeto<br />
Sarah Ruth. Più rimuginava, più gli occhi gli<br />
s'incavavano e assumevano un'espressione<br />
tormentata. La vecchia per la quale lavorava<br />
<strong>12</strong>
gli disse che, se non era capace di stare attento<br />
a quello che faceva, lei sapeva dove trovare<br />
un negro di quattordici anni che ne era capace.<br />
Parker era tanto preoccupato che non si<br />
offese nemmeno. In passato, l'avrebbe piantata<br />
sui due piedi, dicendo seccamente:<br />
«Benissimo, allora vada a prenderlo».<br />
Due o tre mattine dopo, Parker stava legando<br />
le balle di fieno con la miserabile pressa e il<br />
trattore sfiancato della vecchia, in un grande<br />
pascolo che aveva solo un enorme albero secolare<br />
nel mezzo. La padrona era il tipo che<br />
non faceva abbattere un vecchio albero, perché<br />
era un vecchio albero. Lo indicò a Parker,<br />
come se lui non avesse gli occhi, e gli<br />
raccomandò di non urtarlo, mentre la macchina<br />
raccoglieva fieno lì attorno. Parker cominciò<br />
all'esterno del campo e proseguì verso<br />
l'albero, in cerchi concentrici. Ogni tanto doveva<br />
scendere dal trattore per sbrogliare il<br />
cordone della pressa o per liberare la strada<br />
da un sasso. La vecchia gli aveva ordinato di<br />
portare i sassi sul bordo del prato, cosa che<br />
Parker faceva quando lei lo guardava. Quando<br />
pensava di farla franca, ci passava sopra.<br />
Mentre girava intorno al campo, non faceva<br />
che pensare al disegno più adatto per la<br />
schiena. Il sole, delle dimensioni di una palla<br />
da golf, cominciò a scivolargli dietro e a tornargli<br />
davanti con un moto regolare, ma a<br />
Parker sembrava di vederlo da tutt'e due le<br />
parti contemporaneamente, come se, avesse<br />
avuto gli occhi anche sulla nuca. D'un tratto,<br />
s'accorse che l'albero allungava i rami per afferrarlo.<br />
Un colpo feroce lo catapultò in aria e<br />
udì se stesso gridare, a voce incredibilmente<br />
alta: «Dio del cielo!».<br />
Atterrò sulla schiena, mentre il trattore si rovesciava,<br />
schiantandosi contro l'albero, e<br />
prendeva fuoco. La prima cosa che Parker<br />
vide, furono le proprie scarpe, divo rate velocemente<br />
dalle fiamme': una sotto il trattore,<br />
l'altra a una certa distanza, che bruciava per<br />
conto suo. Lui non c'era, dentro. Sentiva sulla<br />
faccia il fiato caldo dell'albero che bruciava.<br />
Arretrò, seduto, con gli occhi fondi come caverne,<br />
e se avesse saputo farsi il segno della<br />
croce l'avrebbe fatto.<br />
Il suo furgoncino era fermo su una strada<br />
sterrata, ai margini del pascolo. Parker si diresse<br />
verso di esso, ancora seduto, ancora<br />
all'indietro, ma sempre più in fretta. A metà<br />
strada si alzò e si mise a correre, tutto curvo,<br />
tanto che cadde in ginocchio due volte. Gli<br />
sembrava di avere ,le gambe come due vecchie<br />
grondaie arrugginite. Alla fine arrivò al<br />
camion e partì a zig-zag. Passò davanti alla<br />
casa sul terrapieno e puntò dritto verso la città,<br />
che distava una cinquantina di miglia.<br />
Durante il tragitto non si concesse di pensare.<br />
Sapeva solo che era avvenuto un grande cambiamento,<br />
nella sua vita, un balzo in avanti<br />
verso un ignoto peggiore, e che lui non poteva<br />
farci nulla. Era successo, a tutti gli effetti.<br />
L'artista di tatuaggi aveva due grandi stanze,<br />
disordinate e piene di roba; sopra lo studio<br />
d'un callista, in una viuzza interna. Parker<br />
ancora a piedi nudi, gli piombò in casa senza<br />
rumore poco dopo le tre ,del pomeriggio.<br />
L'artista, che aveva circa l'età di Parker, ventotto<br />
anni, ma era esile e calvo, era al tavolo<br />
da disegno a ricalcare 'uno schizzo con l'inchiostro<br />
verde. Alzò lo sguardo, irritato, e<br />
parve non riconoscere Parker nella creatura<br />
13
dagli occhi infossati che gli stava davanti.<br />
«Mi faccia vedere il libro con tutti i ritratti di<br />
Dio» ansimò lui. «Quello religioso.»<br />
L'artista continuò a fissarlo col suo sguardo<br />
intellettuale e superiore.<br />
«Non faccio tatuaggi agli ubriachi» avvertì.<br />
«Ma lei mi conosce» protestò Parker, indignato.<br />
«Sono O.E. Parker! Ha già lavorato<br />
per me, e l'ho sempre pagata!»<br />
L'uomo guardò nuovamente Parker, come se<br />
non fosse affatto sicuro. «La vedo piuttosto<br />
malconcio» osservò. «Deve essere stato in<br />
prigione.»<br />
«Sposato.»<br />
«Oh!» Con l'aiuto di due specchi, l'artista si<br />
era tatuato in cima alla testa una civetta in<br />
miniatura, perfetta in ogni particolare. Aveva<br />
le dimensioni di una moneta da mezzo dollaro<br />
e gli serviva per farsi pubblicità. C'erano<br />
artisti più a buon mercato, in città, ma Parker<br />
aveva sempre voluto soltanto il meglio. L'artista<br />
andò a un secrétaire in fondo alla stanza,<br />
e cominciò a sfogliare dei libri d'arte.<br />
«Cosa le interessa?» domandò. «Santi, angeli,<br />
Cristo. Q che cosa?»<br />
«Dio!»<br />
«Padre, Figlio o Spirito Santo?»<br />
«Dio» ripeté Parker con impazienza. «Cristo.<br />
Non ha importanza. Purché sia Dio.»<br />
L'artista tornò con un libro. Sbarazzò un altro<br />
tavolo dalle carte, vi appoggiò il libro e invitò<br />
Parker a sedersi e a scegliere il disegno che<br />
preferiva. «Quelli moderni sono in fondo»<br />
avvertì.<br />
Parker si sedette e bagnò il pollice. Cominciò<br />
a sfogliare il libro partendo dalle ultime pagine,<br />
dove c'erano i ritratti moderni. Qualcuno<br />
lo riconobbe: il Buon Pastore, «Lasciate che i<br />
pargoli ... », Gesù sorridente, Gesù amico del<br />
medico. Ma man mano che sfogliava velocemente<br />
il libro all'indietro, i ritratti diventavano<br />
sempre meno rassicuranti. Uno era la faccia<br />
verde e consunta di un morto, rigata di<br />
sangue. Uno era giallo, con gli occhi viola e<br />
cadenti. Il cuore di Parker si mise a battere<br />
sempre più veloce, finché cominciò a rombare<br />
dentro di lui come un enorme generatore di<br />
corrente. Parker voltava le pagine sicurò,<br />
pensando che quando fosse giunto all'immagine<br />
predestinata avrebbe avuto un segno.<br />
Continuò a sfogliare, finché arrivò quasi all'inizio<br />
del libro.<br />
Da una pagina, un paio d'occhi gli lanciarono<br />
un rapido sguardo. Parker proseguì svelto,<br />
poi si fermò. Pareva che gli avessero staccato<br />
la corrente dal cuore: il silenzio era assoluto.<br />
E diceva chiaro, come se fosse stato un linguaggio:<br />
«Torna indietro! ».<br />
Parker tornò all'illustrazione, la testa severa e<br />
senza rilievo di un Cristo bizantino, dagli occhi<br />
divoranti. Rimase a sedere, scosso da un<br />
tremito, e il cuore riprese lentamente a battergli,<br />
come se una forza inspiegabile l'avesse<br />
riportato invita.<br />
«Ha trovato quello che le interessa?» domandò<br />
l'artista.<br />
Parker aveva la gola troppo secca per essere<br />
in grado di rispondere. Si alzò e gli piantò<br />
sotto i1 naso il libro aperto alla pagina del<br />
ritratto.<br />
14
«Questo le costerà un mucchio di soldi» annunciò<br />
l'artista. «Ma immagino che non vorrà<br />
tutti quei quadretti: basteranno i contorni e<br />
qualcuno dei tratti più belli.»<br />
«Lo voglio esattamente così» dichiarò Parker.<br />
«O così o niente.»<br />
«Contento lei... Ma un lavoro simile non lo<br />
faccio per quattro soldi.»<br />
«Quanto?»<br />
«Ci vorranno due giorni di lavoro.»<br />
«Quanto?» ripeté Parker.<br />
«A rate o in contanti?» domandò l'artista. Gli<br />
altri lavori, Parker li aveva fatti a rate, ma l'aveva<br />
sempre pagato. «Dieci di deposito e dieci<br />
per ogni giorno di lavoro.» Parker tirò fuori<br />
dieci dollari dal portafoglio; gliene rimasero<br />
tre.<br />
«Venga domattina» disse l'artista, intascando<br />
il denaro. «Prima dovrò tirar giù lo schizzo<br />
dal libro.»<br />
«No, no!» esclamò Parker. «O fa lo schizzo<br />
subito o mi dà indietro i miei soldi.» E gli occhi<br />
gli scintillavano minacciosi, come se fosse<br />
pronto a fare a pugni.<br />
L'artista acconsentì. Un tipo così stupido da<br />
volere un Cristo sulla schiena, rifletté, poteva<br />
anche cambiare idea da un momento all'altro,<br />
ma una volta cominciato il lavoro non avrebbe<br />
più avuto modo di tirarsi indietro.<br />
Mentre ricalcava il disegno, disse a Parker di<br />
andarsi a lavare la schiena all'acquaio col sapone<br />
speciale. Parker obbedì, poi tornò e si<br />
mise a passeggiare avanti e indietro, flettendo<br />
nervosamente le spalle. Aveva voglia di an-<br />
dare a guardare di nuovo la figura e allo stesso<br />
tempo non ne aveva voglia. Alla fine, l'artista<br />
si alzò e gli disse di sdraiarsi sul tavolo.<br />
Gli sfregò la schiena. col cloruro d'etile, poi<br />
cominciò a tracciare la testa con la matita allo<br />
iodio. Passò un'ora, prima che prendesse in<br />
mano l'ago elettrico. Parker non sentì un dolore<br />
eccessivo. In Giappone gli avevano tatuato<br />
un Budda sull' omero con degli aghi<br />
d'avorio; in Birmania, un ometto marrone,<br />
che pareva una radice, gli aveva tatuato un<br />
pavone per ginocchio con dei bastoncini appuntiti<br />
lunghi sessanta centimetri; e parecchi<br />
dilettanti l'avevano lavorato con spilli e fuliggine.<br />
Di solito, Parker era così disteso e tranquillo,<br />
sotto le mani dell'artista, che gli capitava<br />
di addormentarsi, ma quella volta rimase<br />
sveglio, con tutti i muscoli tesi.<br />
A mezzanotte, l'artista annunciò che doveva<br />
smettere. Piantò sul tavolo contro il muro uno<br />
specchio d'un metro e venti di lato, andò al<br />
gabinetto a prenderne uno più piccolo e lo<br />
mise in mano a Parker. Parker voltò le spalle<br />
allo specchio sul tavolo e mosse l'altro finché<br />
non vide scaturire un'esplosione di colori<br />
sgargianti: aveva la schiena quasi completamente<br />
coperta di quadretti rossi e blu, color<br />
avorio e zafferano. Parker distinse i lineamenti<br />
della faccia: una bocca, l'attaccatura<br />
delle sopracciglia folte, un naso dritto. Ma il<br />
volto era vuoto: gli occhi non erano ancora<br />
stati tracciati. Sulle prime, gli sembrò che<br />
l'artista l'avesse imbrogliato e avesse disegnato<br />
Gesù amico del medico.<br />
«Non ha gli occhi!» esplose.<br />
«Arriveranno a suo tempo» promise l'artista.<br />
«Abbiamo ancora un giorno di lavoro.»<br />
15
Parker passò la notte su una branda alla missione<br />
cristiana Porto di luce. Aveva scoperto<br />
che erano quelli i posti migliori per alloggiare<br />
in città, perché erano gratuiti e fornivano anche<br />
un pasto, per quanto misero. Si accaparrò<br />
l'ultima branda disponibile e, dato che era a<br />
piedi nudi, accettò un paio di scarpe usate che<br />
nella confusione infilò per andare a letto: era<br />
ancora scosso per tutto quello che gli era ca-<br />
pitato. Rimase sveglio tutta la notte, nel lungo<br />
dormitorio pieno di brande, ciascuna col<br />
suo carico gibboso. L'unica luce veniva da<br />
una croce fosforescente, che splendeva in<br />
fondo allo stanzone. L'albero allungò di nuo-<br />
vo i rami per afferrarlo, poi s'incendiò di colpo;<br />
la scarpa bruciava tranquillamente, per<br />
conto suo; gli occhi, nel libro, gli dicevano<br />
chiaro: «Torna indietro!» ma non emettevano<br />
alcun suono. Parker non avrebbe voluto essere<br />
in quella città, in quel Porto di luce, in quel<br />
letto da solo. Con sconsolato ardore, desiderava<br />
la vicinanza di Sarah Ruth. La sua lingua<br />
tagliente e i suoi occhi a punteruolo era-<br />
no il solo conforto che riuscisse a immaginare,<br />
e venne alla conclusione che lo stava perdendo.<br />
Gli occhi di Sarah Ruth gli sembravano<br />
docili e indecisi, al confronto di quelli del<br />
libro, che non riusciva a ricordare esattamen-<br />
16
te, ma di cui avvertiva ancora la forza di penetrazione.<br />
Sotto quello sguardo si sentiva<br />
trasparente come l'ala di una mosca.<br />
L'artista dei tatuaggi gli aveva detto di non<br />
andare da lui prima delle dieci di mattina, ma<br />
quando arrivò, all'ora fissata, lo trovò seduto<br />
per terra nell'andito buio, ad aspettarlo. Appena<br />
sveglio, Parker aveva deciso che una<br />
volta finito il tatuaggio non l'avrebbe nemmeno<br />
guardato, che tutte le sue impressioni del<br />
giorno e della notte prima erano quelle di un<br />
pazzo e che avrebbe ricominciato a comportarsi<br />
secondo il suo sano buon senso.<br />
L'artista riprese da dove aveva smesso. «Una<br />
cosa, vorrei sapere» disse a un certo punto,<br />
mentre lavorava alla schiena di Parker.<br />
«Perché vuole avere addosso questa immagine?<br />
Si è dato alla religione? Vuole salvarsi<br />
l'anima?» domandò, in tono canzonatorio.<br />
Parker si sentiva la gola secca e salata.<br />
«Nooo, me ne sbatto, io, di quelle fesserie»<br />
dichiarò. «Un uomo che non è capace di salvarsi<br />
da solo mi fa ridere.» Le parole sembrarono<br />
uscirgli dalla bocca come fantasmi ed<br />
evaporare immediatamente, come se non le<br />
avesse mai pronunciate.<br />
«Allora perché... »<br />
«Ho sposato una donna redenta» spiegò Parker.<br />
«E ho fatto male. Dovrei piantarla. Ha<br />
avuto la bella idea di restare incinta.»<br />
«Peccato» disse l'artista. «Allora è stata lei a<br />
farle fare questo tatuaggio.»<br />
«Nooo. Lei non ne sa niente. E una sorpresa.»<br />
«Pensa che le piacerà e che la lascerà in pace<br />
per un po'?»<br />
«Non potrà farne a meno. Non potrà dire che<br />
non le garba la faccia di Dio.» Parker decise<br />
che aveva già raccontato abbastanza dei fatti<br />
suoi all'artista. Gli artisti andavano benissimo,<br />
se stavano al loro posto, ma non gli piaceva<br />
che mettessero il naso negli affari della<br />
gente normale. «Stanotte non ho dormito»<br />
disse. «Penso che dormirò un po' adesso.»<br />
Questo chiuse la bocca all'artista, ma non<br />
portò il sonno a Parker. Se ne stava bocconi,<br />
immaginando Sarah Ruth che rimaneva senza<br />
parole, folgorata dalla faccia sulla sua schiena,<br />
e ogni tanto quella fantasia era interrotta<br />
dalla visione dell'albero incendiato, con la<br />
scarpa che vi bruciava sotto.<br />
L'artista lavorò fin quasi alle quattro, senza<br />
pausa per il pranzo, senza praticamente staccare<br />
l'ago elettrico, se non per asciugare i colori<br />
che sgocciolavano dalla schiena di Parker.<br />
Alla fine il tatuaggio fu terminato.<br />
«Adesso può andare a guardarlo» disse.<br />
Parker si rizzò a sedere, ma rimase sull'orlo<br />
del tavolo.<br />
L'artista era soddisfatto della sua opera e voleva<br />
che Parker la vedesse subito, ma Parker<br />
continuava a star seduto sull'orlo del tavolo,<br />
con aria assente.<br />
«Che le prende?» domandò l'artista. «Vada a<br />
guardarlo.»<br />
«Sto benone» ribatté Parker, improvvisamente<br />
bellicoso. «Il tatuaggio non scappa. Quando<br />
vorrò guardarlo sarà ancora lì.» Prese la<br />
camicia e cominciò a infilarsela con precauzione.<br />
17
L'artista lo agguantò bruscamente per un<br />
braccio e lo spinse tra i due specchi. «E ora<br />
guardi» ordinò, furioso perché la sua opera<br />
veniva ignorata.<br />
Parker guardò, diventò pallido e s'allontanò,<br />
ma gli occhi del ritratto continuarono a guardarlo,<br />
immobili, fissi, divoranti, avvolti nel<br />
silenzio.<br />
«L'idea è stata sua, ricordi» disse l'artista.<br />
«Per me, le avrei consigliato qualcosa di diverso.»<br />
Parker non aprì bocca. Indossò la camicia e<br />
imboccò la porta, mentre l'artista urlava. «E<br />
aspetto tutti i miei soldi! Aspetto i soldi!»<br />
Parker andò in un emporio all'angolo, comprò<br />
una pinta di whisky, se la portò in un vicolo<br />
poco distante e la bevve tutta nel breve<br />
volgere di cinque minuti. Poi andò in una sala<br />
da biliardo che frequentava quando scendeva<br />
in città. Era uno stanzone ben illuminato, che<br />
pareva un granaio, con un bar da una parte, le<br />
macchinette mangiasoldi dall'altra e i tavoli<br />
da biliardo che troneggiavano sul fondo. Come<br />
Parker entrò, un omone in camicia a quadretti<br />
rossi e neri lo salutò con una manata e<br />
urlò: «Eeeeeeilà! O.E. Parker!».<br />
Era ancora presto, per battere Parker sulla<br />
schiena. «Giù le mani» protestò. «Ho un tatuaggio<br />
nuovo, lì.» «Cos'è, stavolta?» domandò<br />
l'uomo, e gridò ai clienti delle macchinette:<br />
«O.E. si è fatto un tatuaggio nuovo!».<br />
«Niente di speciale, stavolta» brontolò Parker,<br />
e s'incamminò avvilito a una macchinetta<br />
libera.<br />
«Dai!» fece l'omone. «Diamo un'occhiata al<br />
tatuaggio di O.E.!» Mentre Parker si divinco-<br />
lava dalle loro mani, gli uomini gli tirarono<br />
su la camicia. D'un tratto, Parker sentì tutte le<br />
mani cadergli di dosso, e la camicia gli calò<br />
sulla faccia, come un velo. Nella sala da biliardo<br />
scese un silenzio che parve diffondersi<br />
dal gruppo intorno a lui fino alle fondamenta,<br />
sotto l'edificio, e verso l'alto, più su delle travi<br />
del tetto.<br />
Finalmente qualcuno esclamò: «Cristo!». E<br />
tutti si misero a far baccano. Parker si voltò,<br />
con un sorriso incerto. «Queste trovate le ha<br />
solo O.E.!» esclamò l'uomo con la camicia a<br />
quadretti. «Che roba!»<br />
«Magari si è dato alla religione!» gridò qualcuno.<br />
«Col cavolo» ribatté Parker.<br />
«O.E. si è dato alla religione e si schiera con<br />
Gesù, vero O.E.?» domandò maliziosamente<br />
un ometto con un pezzo di sigaro in bocca.<br />
«Un sistema molto originale, devo dire.»<br />
«Non ce n'è come O.E., per inventarne di<br />
nuove!» dichiarò l'omone.<br />
«jooohum! Che roba!» gridò qualcuno, e tutti<br />
cominciarono a fischiare e a bestemmiare per<br />
complimentarsi, finché Parker sbuffò:<br />
«Oooooh, piantatela»<br />
«Perché l'hai fatto?» domandò un tale.<br />
«Per ridere» ribatté Parker. «Che ti frega?»<br />
«E allora perché non ridi?» domandò un altro.<br />
Parker si avventò sul gruppo e, come una bufera<br />
di vento in un giorno d'estate, ebbe inizio<br />
una rissa che imperversò fra tavolini rovesciati<br />
e pugni volanti, finché due uomini af-<br />
18
ferrarono Parker, lo trascinarono di corsa alla<br />
porta e lo buttarono fuori. Allora nella sala da<br />
biliardo scese una pace sconvolgente, come<br />
se lo stanzone che pareva un granaio fosse la<br />
nave dalla quale Giona era stato gettato in<br />
mare.<br />
Parker rimase a lungo seduto per terra; nel<br />
vicolo dietro la sala da biliardo, a scrutare la<br />
propria anima. La vedeva come una ragnatela<br />
di verità e di bugie, assolutamente priva d'im-<br />
portanza per lui, ma necessaria a dispetto delle<br />
sue opinioni. Gli occhi che ormai dimoravano<br />
per sempre sulla sua schiena erano occhi<br />
ai quali si doveva obbedire. Ne era certo,<br />
come raramente gli era accaduto di esser certo<br />
di qualcosa. Per tutta la vita, a volte protestando<br />
e a volte bestemmiando, sovente spa-<br />
ventato e una volta in estasi, Parker aveva<br />
obbedito a tutti gli impulsi di quel genere che<br />
l'avevano ispirato: in estasi quando si era infiammato<br />
alla vista dell'uomo dei tatuaggi,<br />
alla fiera; spaventato quando si era arruolato<br />
in marina; protestando quando aveva sposato<br />
Sarah Ruth.<br />
Il pensiero di lei lo spinse lentamente ad alzarsi.<br />
Sarah Ruth l'avrebbe consigliato sul da<br />
farsi, avrebbe sistemato anche il resto, e se<br />
non altro sarebbe stata soddisfatta. Il furgoncino<br />
era ancora fermo davanti all'edificio dove<br />
c'era lo studio dell'artista, non molto lontano.<br />
Parker lo raggiunse e lasciò la città, entrando<br />
nella notte campestre. Aveva la testa<br />
quasi completamente sgombra dai fumi<br />
dell'alcool, e si accorse che l'insoddisfazione<br />
19
era sparita, ma non si sentiva del tutto se stesso.<br />
Era come se fosse se stesso ma estraneo a<br />
se stesso, e viaggiasse in un paese nuovo,<br />
sebbene tutto quello che vedeva gli fosse familiare,<br />
persino la notte.<br />
Alla fine arrivò a casa, sul terrapieno, fermò<br />
il furgoncino sotto il noce americano e scese.<br />
Fece tutto il baccano possibile, per stabilire<br />
che era ancora lui il padrone, che il fatto di<br />
esser stato via una notte senza una parola non<br />
significava nulla, se non che lui le cose le faceva<br />
così. Sbatté la portiera, salì i due gradini<br />
e attraversò la veranda, pestando i piedi.<br />
Scosse violentemente la maniglia della porta,<br />
che però non cedette. «Sarah Ruth!» gridò.<br />
«Fammi entrare!»<br />
La porta non aveva chiave, ma evidentemente<br />
Sarah Ruth aveva incastrato una sedia sotto la<br />
maniglia. Parker cominciò a battere alla porta<br />
e a scuotere la maniglia, contemporaneamente.<br />
Sentì le molle del letto cigolare e si chinò a<br />
guardare dal buco della serratura, ma era stato<br />
tappato con un pezzo di carta. «Fammi entrare!»<br />
tempestò, martellando di nuovo la<br />
porta. «Perché mi hai chiuso fuori?»<br />
Una voce tagliente, vicino all'uscio, domandò:<br />
«Chi è? ».<br />
«Io» rispose Parker. «O.E.»<br />
Aspettò un momento.<br />
«Io» ripeté con impazienza. «O.E.»<br />
All'interno sempre silenzio.<br />
Parker tentò di nuovo. «O.E.» disse ancora,<br />
dando due o tre manate alla porta. «O.E. Parker.<br />
Mi conosci.» Silenzio. Poi una voce dis-<br />
se lentamente: «Io non conosco nessun<br />
O.E.».<br />
«Smettila di scherzare» implorò lui. «Non hai<br />
motivo di trattarmi così. Sono io, O.E., sono<br />
tornato. Non avrai paura di me.»<br />
«Chi è?» domandò la stessa voce spietata.<br />
Parker voltò la testa, come se si aspettasse•<br />
che qualcuno alle sue spalle gli suggerisse la<br />
risposta. Il cielo si era lievemente schiarito e<br />
due o tre nastri gialli fluttuavano sopra l'orizzonte.<br />
Poi, mentre Parker guardava, una sorta<br />
di albero di luce scaturì dal confine del cielo.<br />
Parker ricadde contro la porta, come se ce<br />
l'avessero inchiodato con una lancia.<br />
«Chi è?» chiese la voce all'interno, che adesso<br />
aveva qualcosa di definitivo. La maniglia<br />
crepitò, e la voce domandò, perentoria: «Chi<br />
è, insomma?».<br />
Parker si chinò e appoggiò la bocca alla serratura<br />
tappata. «Obadiah» bisbigliò, e d'un<br />
tratto sentì la luce riversarsi in lui trasformando<br />
la sua anima-ragnatela in un perfetto arabesco<br />
di colori, un giardino di alberi, di uccelli<br />
e di animali.<br />
«Obadiah Elihue» mormorò.<br />
La porta si aprì e Parker entrò incespicando.<br />
Sarah Ruth torreggiava indistinta sulla soglia,<br />
con le mani sui fianchi. E attaccò subito:<br />
«Non era una bionda prosperosa, la tua padrona,<br />
e dovrai pagarle fino all'ultimo, soldo<br />
il trattore che hai fatto a pezzi. Non è assicurata.<br />
E venuta qui, abbiamo fatto una lunga<br />
chiacchierata e io ...».<br />
Tremando, Parker armeggiò per accendere la<br />
lampada a petrolio.<br />
20
«Cosa ti viene in mente? Perché sprechi il<br />
petrolio, che è quasi giorno?» volle sapere<br />
lei. «Non ho bisogno di vederti.»<br />
Un bagliore giallo li avvolse. Parker mise giù<br />
il fiammifero e cominciò a slacciarsi la camicia.<br />
«E stamattina non sognarti di prendermi»<br />
l'avvisò SarahRuth.<br />
«Chiudi il becco!» disse Parker, tranquillo.<br />
«Guarda questo, e poi non voglio più sentire<br />
una parola, da te.» Si tolse la camicia e le<br />
voltò le spalle.<br />
«Un altro disegno» ringhiò Sarah Ruth.<br />
«Avrei dovuto immaginarlo che eri andato a<br />
farti disegnare altre porcherie sulla pelle.»<br />
Parker si sentì svuotare le ginocchia. Si girò<br />
di scatto e urlò: «Guardalo! Non stare lì a<br />
parlare e basta! Guardalo!».<br />
«Ho guardato.»<br />
«E non sai chi è?» gridò lui, tra mille tormenti.•<br />
«No, chi è?» s'informò Sarah Ruth. «Non è<br />
nessuno che conosco.»<br />
«È lui.»<br />
«Lui chi?»<br />
«Dio!» gridò Parker.<br />
«Dio? Ma Dio non è così.»<br />
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«E come fai, tu, a sapere che faccia ha?» ge-<br />
mette Parker. «Mica l'hai visto.»<br />
«Dio non ha la faccia» spiegò Sarah Ruth. «È<br />
uno spirito. Nessun uomo vedrà mai il suo<br />
volto.»<br />
«Ascolta» si lamentò Parker «questo è proprio<br />
il suo ritratto.»<br />
«Idolatria!» tuonò Sarah Ruth. «Idolatria! Ti<br />
21
scaldi la testa con gli idoli a ogni passo che<br />
fai. Io posso sopportare le bugie e le vanità,<br />
ma non voglio idolatri in questa casa!» E, afferrando<br />
la scopa, cominciò a picchiarlo sodo<br />
sulla schiena.<br />
Parker era troppo sbalordito per resistere. Restò<br />
seduto e lasciò che lei lo picchiasse finché<br />
fu sull' orlo dello svenimento, e sul viso del<br />
Cristo si formarono grossi cordoni di gonfiore.<br />
Poi si alzò e si diresse alla porta, barcollando.<br />
Sarah Ruth batté due o tre volte la scopa sul<br />
pavimento, poi andò alla finestra e la scosse<br />
fuori, per liberarla del contagio di Parker.<br />
Sempre con la scopa in mano, guardò verso il<br />
noce americano, e gli occhi le si fecero ancora<br />
più duri. L'uomo che si chiamava Obadiah<br />
Elihue era là, appoggiato all'albero, e piangeva<br />
come un bambino.<br />
22
UNA SEPARAZIONE (Jodaeiye Nader az Simin)<br />
Iran 2011, <strong>12</strong>3'<br />
Genere: Drammatico<br />
Regia di: Asghar Farhadi<br />
Cast principale: Leuila Hatai, Peyman<br />
Moaadi, Sahab Hosseini, Sareh Bayat, Babak<br />
Karimi<br />
Tematiche: menzogna, verità, violenza, figli,<br />
matrimonio, religione, fanatismo<br />
Target: da 14 anni<br />
Nell‟Iran di oggi, due coppie litigano, mentono,<br />
difendono la propria verità. Mentre due<br />
bambine osservano e giudicano<br />
Forgiato con uno stile austero e intensissimo<br />
al tempo stesso (come le voci dei personaggi,<br />
sempre alterate dalla tensione) e arricchito da<br />
attori di grande intensità (a Berlino il film<br />
vinse altri due premi, per il complesso delle<br />
interpretazioni maschili e femminili), Una<br />
separazione è film immerso nella realtà del<br />
suo Paese: con tutte le cautele di un regista<br />
che ancora lavora in patria (mentre i colleghi<br />
più celebri sono in esilio e qualcun altro, come<br />
Jafar Panahi, è pure finito in prigione),<br />
sembra essere una metafora della situazione<br />
dell‟Iran, dalla divisione rigida in classi al<br />
condizionamento di dinamiche di potere e<br />
violenza tra le persone; senza contare l‟oggettiva<br />
descrizione della condizione della<br />
donna, pur non tematizzata. Eppure, la sua<br />
grandezza sta anche nell‟essere una storia<br />
universale che, depurata dalle condizioni specifiche<br />
iraniane, parla di uomini e donne che<br />
si arrabattano per sopravvivere a situazioni<br />
da cui non riescono a uscire, e per questo<br />
mentono senza pensare alle conseguenze, e<br />
senza riuscire a evitare una violenza col pros-<br />
23
simo sempre più dilagante. Persone senza alcuna<br />
possibilità di perdono; al massimo, ci<br />
può essere una transazione (con soldi) o<br />
un‟udienza in un‟aula di tribunale. In cui una<br />
giovane innocente – costretta a una scelta<br />
straziante, più grande di lei – farà le spese di<br />
tutto questo. (A. Autieri)<br />
24
IL TEATRO DEGLI ORRORI, IL MONDO NUOVO,<br />
UNIVERSAL/LA TEMPESTA (20<strong>12</strong>)<br />
Nell‟ultimo disco, appena uscito, tra le altre<br />
c‟è una canzone che entra subito nel circolo<br />
delle curiosità più autentiche: è E cerco te, il<br />
pezzo da cui la band ha tratto il suo videoclip<br />
promozionale. E‟ un rock veloce come un<br />
brano dei Foo Fighters, con belle chitarre<br />
ruvide e invadenti, che parla d‟amore, della<br />
ricerca di una persona fascinosa scomparsa<br />
nei meandri romani. E‟ una ricerca ansiosa,<br />
senza sosta, disordinata: “io cerco te, cerco<br />
te, nei week end, nelle lune piene, in ogni<br />
macchina che passa in via Togliatti, nei visi<br />
tristi, di gente stanca, di vivere così, negli<br />
appartamenti, dove nascondere, la voglia di<br />
andar via, il mondo nuovo, l’oceano”. Solo<br />
dopo il break – un classico nella costruzione<br />
di Capovilla e del bassista e chitarrista Giulio<br />
Favero – emerge il perché di questa ricerca<br />
affannosa, inevitabile, obbligata: cerco te perché<br />
sei “qualcuno che sa bene, che è maligno<br />
il mondo, ma che nel cuore, in fondo, riconosce<br />
sempre, il bene, dal male, il bene, il male…”.<br />
Ecco perché cercarti e svenarsi in un<br />
inseguimento metropolitano, ecco la radice<br />
dell‟attrazione, motivo ben più urgente di<br />
quello puramente estetico che è rappresentato<br />
dallo “spettacolo umano più bello, che mi sia<br />
stato dato, osservare da vicino”.<br />
La radice dell‟attrazione urgente e viscerale è<br />
in qualcuno che ha un cuore che riconosce il<br />
bene dal male. Donna, vecchio, bambino,<br />
bianco, nero, ricco, sbandato: chi non si dannerebbe<br />
per re-incontrare qualcuno che sa<br />
che maligno è il mondo e che nel suo cuore<br />
distingue il bene dal male?<br />
Cuore, bene, male: da quanto tempo in una<br />
canzone non riemergevano gli attori della sfida<br />
che da sempre occupa grande letteratura e<br />
autentica poesia, musica autentica e profonda<br />
25
umanità? Da quanto tempo la canzone italiana<br />
(non che quella anglo-americana stia poi<br />
così meglio……) non riusciva a sfuggire alla<br />
domanda dominante, cioè “mi vorrai bene per<br />
almeno una settimana o mi lascerai dopo aver<br />
fatto sesso”? Capovilla e i suoi, spigolosi e<br />
colti al punto giusto, sono riusciti a mettere<br />
insieme un progetto musicale che esce dal<br />
fastidio della noiosità quotidiana. E ci accompagna<br />
forse in un periodo rock in cui forse<br />
anche gli italiani sapranno risvegliare orecchie,<br />
cuori e domande. Alla faccia di Sanremo,<br />
XFactor e compagnia bella. (W. Gatti)<br />
Io cerco te, cerco te…<br />
Io cerco te, cerco te…<br />
Testo Io cerco te<br />
Qualcuno di cui non dirò il nome<br />
sebbene sia certo, lo spettacolo umano più<br />
bello<br />
che mi sia… stato dato…<br />
osservare da vicino…<br />
Qualcuno di cui non dirò il nome<br />
che sembra il ritratto di un uomo che annega<br />
nel mare… urbano… di donne indifferenti e<br />
un po‟ qualunque<br />
donne indifferenti e un po‟ qualunque…<br />
Roma capitale sei ripugnante, non ti sopporto<br />
più…<br />
Io cerco te, cerco te…<br />
Io cerco te, cerco te…<br />
Io cerco te, cerco te…<br />
Io cerco te, cerco te…<br />
Io cerco te…<br />
Qualcuno di cui non dirò il nome<br />
sebbene sia certo, lo spettacolo umano più<br />
bello<br />
che mi sia, stato dato…<br />
osservare da vicino…<br />
Qualcuno che sa bene che è maligno il mondo<br />
ma che nel cuore in fondo riconosce sempre<br />
il bene, dal male…<br />
il bene… il male…<br />
il bene… il male…<br />
Roma capitale… sei ripugnante, non ti sopporto<br />
più…<br />
non ti sopporto più…<br />
Io cerco te, cerco te…<br />
Io cerco te, cerco te…<br />
Io cerco te, cerco te…<br />
Io cerco te, cerco te…<br />
Io cerco te…<br />
Nei week-end, nelle lune piene<br />
in ogni macchina che passa in via Togliatti<br />
nei visi tristi, di gente stanca, di vivere così<br />
negli appartamenti… dove…<br />
nascondere la voglia di andare via<br />
il mondo nuovo, l‟oceano…<br />
Stella sudamericana mia<br />
io non ricordo più il tuo nome, il tuo… nome…<br />
Io cerco te, cerco te…<br />
26
Nei week-end, nelle lune piene<br />
nei visi tristi, di gente stanca, di vivere così<br />
negli appartamenti, dove nascondere la voglia<br />
di andare via<br />
il mondo nuovo, l‟oceano<br />
il mondo nuovo, l‟oceano<br />
il mondo nuovo, l‟oceano<br />
27
SACRESTIA DEL COMPLESSO CONVENTUALE DE "LA TOURETTE" DI LE CORBUSIER.<br />
Il senso di immanenza e di trascendenza la sacralità dello spazio e la sua vocazione meditativa,<br />
sono sapientemente ispirati dalle calibrate atmosfere catacombali “sferzate” dalla luce zenitale<br />
che illumina gli altari.<br />
Egli è qui.<br />
E’ qui come il primo giorno.<br />
Una parrocchia ha brillato di uno splendore<br />
eterno. Ma tutte le parrocchie brillano<br />
eternamente, perché in tutte le parrocchie<br />
c’è il corpo di Gesù Cristo.<br />
E’ la medesima storia, esattamente la stessa,<br />
eternamente la stessa, che è accaduta in<br />
quel tempo e in quel paese e che accade tutti<br />
i giorni in tutti i giorni di ogni eternità.<br />
28
In tutte le parrocchie di tutta la cristianità.<br />
Tutti i borghi sono splendenti di faccia a<br />
Dio,<br />
tutti i borghi sono cristiani sotto lo sguardo<br />
di Dio.<br />
Israele, Israele tu non conosci la tua grandezza;<br />
ma anche voi, cristiani, non conoscete<br />
la vostra grandezza; la vostra grandezza<br />
presente.<br />
(Da Il mistero della carità di Giovanna d’Arco,<br />
di C. Peguy)<br />
29
LA RICERCA DELL'ASSOLUTO NEL-<br />
LA LETTERATURA: MICHAIL BUL-<br />
GAKOV<br />
DI ADRIANO DELL'ASTA<br />
L‟arte è sempre in misura maggiore o minore<br />
una «preghiera improvvisata»[1], vive sempre<br />
di un‟ispirazione che viene dall‟alto, al<br />
punto che si potrebbe persino dire che tanto<br />
più un‟arte è religiosa tanto più evidentemente<br />
porta impresso il sigillo dell‟estetica. Questa<br />
certezza, che veniva riformulata anche in<br />
anni recenti da un critico letterario come Andrej<br />
Sinjavskij, risulta tanto più comprensibile<br />
in un mondo culturale come quello russo,<br />
nel quale l‟incontro con il cristianesimo è<br />
percepito come l‟incontro con un‟esperienza,<br />
indefinibile concettualmente, quella della comunione<br />
dell‟uomo con Dio, ma non di meno<br />
descrivibile come una realtà assolutamente<br />
concreta la cui bellezza è indimenticabile[2].<br />
Siamo in un mondo nel quale il bello è indubitabilmente<br />
lo splendore del vero e per il<br />
quale il brutto (bezobraznyj) è significativamente<br />
ciò che ha perso l‟immagine (obraz):<br />
in ultima analisi l‟immagine divina secondo<br />
la quale è creato quell‟essere cui è affidato il<br />
compito della coltivazione del giardino<br />
dell‟Eden (il compito della cultura, se si vuo-<br />
le), il compito della creazione a immagine del<br />
Creatore, il compito dell‟affermazione di una<br />
vita piena di significato e della trasmissione<br />
di questa vita nella prospettiva della vittoria<br />
sulla morte.<br />
1. Il singolo e la sua responsabilità<br />
L‟opera letteraria di Michail Bulgakov<br />
30
[3] non sfugge a questa caratteristica, sin da<br />
quella che è una delle sue prime realizzazioni,<br />
quelle Memorie di un giovane medico,<br />
che sono nello stesso tempo una creazione<br />
letteraria e un ricordo autobiografico di quando<br />
il giovane dottor Bulgakov aveva dovuto<br />
mettere la propria inesperienza di neolaureato<br />
alla prova delle mille sorprese che poteva<br />
presentare la pratica medica in una sperduta<br />
condotta della campagna russa: autobiografia<br />
in un senso molto profondo, perché, tanto per<br />
il medico come per il letterato, il compito è<br />
uno solo, quello di salvaguardare la vita.<br />
Le Memorie sono infatti il tassello iniziale di<br />
un‟opera artistica che, esattamente come<br />
quella del medico, sarà tutta dedicata alla<br />
conservazione della vita e della sua memoria,<br />
compito particolarmente arduo in un momento<br />
in cui esse sono minacciate dal progetto<br />
rivoluzionario, che, ben al di là delle pur radicali<br />
trasformazioni politiche, consiste esattamente<br />
nella pretesa di sostituire la realtà<br />
con la sua reinterpretazione e rappresentazione<br />
ideologica.<br />
È centrale questo tema nelle Memorie, dove<br />
la conservazione della vita è possibile grazie<br />
ad un‟azione in cui l‟opera umana ha ancora<br />
un rilievo plenario; e resta ancora centrale, la<br />
stessa impresa, ne La guardia bianca, dove<br />
diventa però l‟esito di un miracolo reso tuttavia<br />
possibile da un‟opera che è ancora pienamente<br />
umana come l‟invocazione o la preghiera[4];<br />
nei testi successivi, invece, questa<br />
stessa impresa, pur restando centrale, sfugge<br />
sempre più alla portata dell‟uomo, sino a diventare<br />
il frutto puramente estetico-mistico<br />
(giocato sul piano non della realtà quotidiana<br />
o della sua memoria, ma della sola arte) di<br />
un‟opera, Il Maestro e Margherita, in cui<br />
l‟uomo ha ancora un suo ruolo, ma il cui collaboratore<br />
principale si presenta apocalitticamente<br />
con le fattezze del diavolo (che per altro<br />
compie l‟opera di Dio)[5].<br />
La salvaguardia della realtà e la conservazione,<br />
almeno, della sua memoria (là dove questa<br />
realtà viene eliminata dalla surrealtà ideologica)<br />
sono dunque elementi essenziali<br />
dell‟opera di Bulgakov; ma già a partire dalle<br />
Memorie va sottolineato che questa azione<br />
di protezione del reale ha un altro aspetto caratteristico:<br />
essa non si presenta mai come il<br />
frutto di un gesto eroico solitario o come il<br />
portato di una virtù onnipotente dell‟uomo<br />
solo; è piuttosto la risposta a un altro, la cui<br />
presenza è essenziale non solo perché nasca<br />
l‟esigenza di una risposta, ma perché la stessa<br />
risposta possa essere data.<br />
Ora, questa presenza ha un carattere indiscutibilmente<br />
religioso; essa rimanda infatti a<br />
qualcosa che è assolutamente irriducibile a<br />
una semplice produzione, invenzione o proiezione<br />
dell‟uomo: l‟altro che guida le azioni<br />
del giovane medico e di fronte al quale egli si<br />
sente responsabile è una totale sorpresa, una<br />
totale novità rispetto a qualsiasi valore civico<br />
o professionale, tant‟è vero che questa presenza<br />
si manifesta attraverso una serie di atti<br />
che il medico compie per una strana<br />
«ispirazione»[6], non più padrone di sé e della<br />
propria immagine, ma sotto l‟impulso di<br />
una «forza ignota»[7] che dà alla sua stessa<br />
voce un inusuale tono rauco, come se fosse<br />
appunto la voce di un altro.<br />
31
La vera responsabilità si situa esattamente a<br />
questo livello, là dove si è abbandonata la<br />
propria aseità orgogliosa ed esclusiva e si<br />
agisce non per affermare un‟immagine di sé,<br />
ma per rispondere del reale e per risponderne<br />
a qualcuno che noi non possiamo dominare<br />
con le nostre false parvenze o con la nostra<br />
ragione; questo altro, infatti, pur essendo così<br />
vicino a noi da poterci motivare all‟azione, ci<br />
resta fondamentalmente ignoto. La vera responsabilità,<br />
dunque, è innanzitutto rapporto<br />
con un che di misterioso; è così radicalmente<br />
rapporto con il mistero che, una volta che la<br />
si è assunta non si sa ancora veramente che<br />
cosa fare: tutto ciò che si presenta all‟uomo<br />
−come Bulgakov sottolinea con particolare<br />
insistenza descrivendo il proprio medico−<br />
supera le sue «aspettative»[8], è<br />
«assolutamente incomprensibile», così che<br />
egli non può che agire a «casaccio»,<br />
«meccanicamente e incoerentemente»,<br />
«senza ragionare»[9], «senza saper nulla»[10].<br />
Essere responsabile, dunque, per il<br />
giovane medico di Bulgakov non è una questione<br />
di eroismo o di virtù, e non corrisponde<br />
all‟instaurazione di un suo dominio sulla<br />
realtà; la responsabilità è piuttosto la disponibilità<br />
ad accogliere la misteriosa azione d‟altri<br />
che agisce in lui e che, agendo, gli restituisce<br />
il reale nella forma non del dominio e del<br />
possesso, ma in quella dello stupore.<br />
Tra i numerosissimi simboli dei quali Bulgakov<br />
si serve per suggerire il carattere misterioso<br />
e irriducibile della realtà si può qui ricordare<br />
quello del libro.<br />
Abbandonato nella sua solitudine, di fronte a<br />
prove difficili per le quali si sente inadegua-<br />
to, il giovane medico trova soccorso e sostegno<br />
nei libri di medicina, uno degli elementi<br />
che compongono la sua storia, formando il<br />
mondo, la patria e la casa dalla quale proviene<br />
e di cui vuole conservare la memoria. È<br />
esattamente il contatto col libro, nella pace<br />
della casa, che dà respiro e tregua al giovane<br />
medico del tutto insicuro della propria capacità<br />
di rispondere al bisogno di salvezza del<br />
vecchio mondo[11], così come è a causa di<br />
questa virtù riconosciuta al libro che il giovane<br />
medico si assume le proprie responsabilità<br />
[<strong>12</strong>]. Il libro è l’aiuto cui costantemente si fa<br />
ricorso[13]; è addirittura ciò che permette di<br />
distinguere con maggior sicurezza tra la realtà<br />
e i sogni o le fantasie che il giovane medico<br />
si può fare. Quella del libro è una virtù così<br />
grande e indiscutibile che il giovane medico<br />
non può fare a meno di considerare il libro<br />
stesso come qualcosa di sacro, cui rivolgersi<br />
in un atteggiamento quasi di preghiera: «non<br />
staccavo gli occhi imploranti dai sacri libri di<br />
chirurgia operatoria»[14].<br />
È questa stessa sacralità a impedire che il<br />
rapporto di Bulgakov con il libro subisca il<br />
destino che spesso caratterizza la vita intellettuale,<br />
trasformandola da vita concreta in un<br />
astratto e presuntuoso gioco intellettualistico.<br />
È sì vero, infatti, che il giovane medico ricorre<br />
ripetutamente al libro per trarne forza e<br />
guida; e però è anche vero che questo ricorso<br />
non approda mai ad un possesso, ad un sapere<br />
indiscutibile e definitivo, che razionalisticamente<br />
e scientisticamente annullerebbe il<br />
mistero del reale: alla fine resta sempre uno<br />
spazio per quell‟alterità che nel giovane medico<br />
traspare come voce altrui, ignota e indo-<br />
32
minabile, e si pone come un‟evidente dimostrazione<br />
della sua inadeguatezza e sproporzione.<br />
Come nell‟azione il medico conserva<br />
la coscienza di non essere lui il padrone e<br />
l‟autore ultimo dell‟agire e del suo esito felice,<br />
così anche nel ricorso al libro, che pur è<br />
cercato e ritenuto indispensabile, egli si rende<br />
conto che il libro, pur con tutta la sua potenza,<br />
non lo colloca in una posizione di dominio<br />
assoluto, ma lo spinge anzi a riconoscere<br />
il proprio limite[15].<br />
Liberato dal potere magico della scienza<br />
e del sapere, il libro è in tal modo<br />
esplicitamente liberato anche dalla pretesa<br />
di poter costituire un sostituto della<br />
realtà: «la mia ferita non assomigliava<br />
a nessun disegno»[16], deve constatare<br />
sconsolato il giovane medico, così<br />
come altrove deve ammettere che, nella<br />
realtà e dalla realtà, si impara che c‟è<br />
qualcosa che nessun libro può insegnare:<br />
«Dalle parole staccate<br />
[dell’assistente], dalle frasi lasciate in<br />
tronco, dai brevi cenni buttati là di<br />
sfuggita imparai la cosa più indispensabile,<br />
che non c‟è in nessun libro»[17].<br />
La realtà è dunque qualcosa di inesauribile<br />
e di irriducibile, che si oppone<br />
continuamente alla pretesa di assolutezza<br />
del libro; e però il contesto in cui è collocata<br />
l‟ultima citazione ci suggerisce un altro<br />
elemento di opposizione a questa pretesa:<br />
l‟irriducibilità della realtà diventa chiara al<br />
giovane grazie alla comunicazione che gli fa<br />
una sua assistente; è il contatto con l‟esperienza<br />
concreta di un altro, cioè con l‟espe-<br />
rienza della realtà fatta da un altro essere, a<br />
mettere in crisi le possibili pretese del libro.<br />
Non è un caso, in questo senso, che la stima<br />
che circonda il misterioso medico predecessore<br />
del protagonista delle Memorie non dipenda<br />
semplicemente dal fatto che egli aveva<br />
organizzato una stupenda biblioteca medica;<br />
Leopol‟d Leopol‟dovič (così si chiamava anche<br />
nella realtà il predecessore del giovane<br />
dottor Bulgakov) è stimato soprattutto perché,<br />
avendo raccolto i suoi libri, è stato capace<br />
di farne uno strumento per agire nella real-<br />
Nesterov, Florensky e Bulgakov<br />
tà e poi ha insegnato ad altri come si agisce,<br />
ad altri che a loro volta insegnano al giovane<br />
medico e con lui costituiscono una sorta di<br />
comunità[18]. E questa comunità, che è fatta<br />
di umanissime cose come il bere insieme[19],<br />
significativamente è unita da un identico senso<br />
di responsabilità, nella quale l‟esperienza<br />
33
del reale e della sua difesa diventa opera comune[20],<br />
propriamente ecclesiale.<br />
2. Un’ecclesialità discreta ma presente<br />
La coscienza della presenza di un altro, questa<br />
religiosità che attraversa l‟opera di Bulgakov,<br />
non è dunque riducibile a un vago spiritualismo<br />
ma si presenta con delle caratteristiche<br />
esplicitamente ecclesiali, la cui origine va<br />
rinvenuta nella biografia stessa di Bulgakov e<br />
le cui manifestazioni, come vedremo, sono<br />
chiaramente rinvenibili anche nella sua opera<br />
letteraria.<br />
È sì vero, in questo senso, che le evocazioni<br />
dirette della Chiesa in Bulgakov sono estremamente<br />
rare, ma crediamo si debba riconoscere<br />
che, quando vi sono, esse sono anche<br />
estremamente sentite: il frutto di un‟esperienza<br />
concreta e diretta, che viene percepita e<br />
giudicata con tutto il dolore e la partecipazione<br />
di chi la vive e la soffre dall‟interno, come<br />
un figlio, e non la giudica dall‟esterno; è<br />
quanto ci pare si possa dire leggendo le righe<br />
del passo in cui Bulgakov descrive la dolorosa<br />
divisione che la Chiesa ortodossa si trova a<br />
vivere in Ucraina dopo la rivoluzione: «È un<br />
tratto ancor più turistico delle insegne. Tre<br />
chiese sono troppe per Kiev: la vecchia, la<br />
vivente e la autocefala o chiesa ucraina. Ai<br />
rappresentanti della seconda i burloni di Kiev<br />
hanno appioppato il nomignolo di „popi viventi‟.<br />
Non mi è capitato mai di sentire un<br />
nomignolo più azzeccato. Definisce in pieno i<br />
succitati rappresentanti: non solo in funzione<br />
della loro appartenenza, ma anche delle caratteristiche<br />
del loro carattere. In vitalità e destrezza<br />
essi soccombono a una sola organiz-<br />
zazione: quella dei popi ucraini. E stanno in<br />
assoluto contrasto con i rappresentanti della<br />
vecchia chiesa, i quali non solo non dimostrano<br />
alcuna vitalità, ma anzi sono indolenti, distratti<br />
e tenebrosissimi. La situazione è così<br />
fatta: la vecchia chiesa odia la chiesa vivente<br />
e l‟autocefala, la chiesa vivente odia la vecchia<br />
e l‟autocefala, l‟autocefala odia la vecchia<br />
e la vivente. Come finirà questa proficua<br />
attività delle tre chiese, i cui sacerdoti sono<br />
nutriti di rancore, posso dirlo con la più completa<br />
convinzione: col distacco in massa dei<br />
fedeli da tutte e tre le chiese e col loro ritorno<br />
nel baratro del più totale ateismo. E di ciò<br />
saranno colpevoli quegli stessi popi, che hanno<br />
screditato non solo le proprie persone, ma<br />
l‟idea stessa della fede»[21].<br />
Ma, a parte questa dolorosa evocazione, la<br />
Chiesa è presente in ben altra maniera attraverso<br />
i suoi testimoni, come quel padre Aleksandr,<br />
che celebra i funerali all‟inizio della<br />
Guardia bianca e che, giusto per dimostrare<br />
una percezione della realtà ben diversa da<br />
quella di tanti altri suoi confratelli, cita con<br />
partecipazione l‟Apocalisse[22]: ora questo<br />
padre Aleksandr non è affatto il frutto della<br />
sola fantasia artistica di Bulgakov, è un personaggio<br />
reale che egli aveva conosciuto attraverso<br />
il padre.<br />
Il padre dello scrittore, Afanasij Ivanovič<br />
(1859-1907), era stato infatti professore presso<br />
l'accademia teologica di Kiev, dove si era<br />
distinto, oltre che per la fede profonda e solida,<br />
come un docente di grande talento e dalle<br />
notevoli capacità lavorative. Proveniva da<br />
una famiglia del ceto ecclesiastico e, nel<br />
34
1890, si era sposato con Varvara Michajlovna<br />
Pokrovskaja (1869-1922), anch'essa figlia di<br />
un sacerdote e allora insegnante ginnasiale,<br />
una giovane con un'istruzione e una cultura<br />
particolarmente profonde, specie se si considerano<br />
le abitudini di quegli anni e del suo<br />
ambiente. I Bulgakov avrebbero avuto sette<br />
figli, Michail era stato il primo nel 1891 mentre<br />
l'ultima sarà Elena nel 1902. Ovviamente<br />
una famiglia così numerosa non era di facile<br />
mantenimento: lo stipendio del padre non era<br />
sufficiente e così egli si trovò sempre costretto<br />
ad un secondo lavoro, prima docente di<br />
storia in un istituto femminile e poi, dal 1893,<br />
collaboratore della censura cittadina. È a questo<br />
aspetto, serio e laborioso, della vita paterna<br />
che è legato uno dei simboli più ricorrenti<br />
della scrittura bulgakoviana, quello della<br />
lampada con un abat-jour verde; come ebbe a<br />
dire lo stesso Bulgakov, «esso risale alle impressioni<br />
dell‟infanzia: è l‟immagine di mio<br />
padre che scrive al suo tavolo di lavoro»[23].<br />
Nel complesso l‟atmosfera della vita familiare<br />
era gioiosa e quasi festosa: era una casa<br />
nella quale era piacevole vivere, essere accolti<br />
ed ospitati. Questa atmosfera era dovuta in<br />
gran parte alla mamma, una «luminosa regina»<br />
che reggeva il suo piccolo regno con un<br />
dolce sorriso ma anche, quando era necessario,<br />
con piglio deciso e persino autoritario.<br />
Era una casa governata dalla musica: la mamma<br />
suonava il piano e il padre il violino; vi<br />
era amata in particolare l‟opera, soprattutto<br />
il Faust; e poi vi erano amati i libri: tutto nelle<br />
descrizioni della vita famigliare di casa<br />
Bulgakov dà l‟idea di una vita che si ripete<br />
immutabile, di un focolare domestico, eterno<br />
come la vita stessa, ricordato come simbolo<br />
di un periodo senza sofferenze e senza disordini,<br />
in un tempo che sofferenze e disordini<br />
ne aveva a profusione. E questo rifugio era<br />
appunto immortale, sempre disponibile, sempre<br />
presente nei suoi punti di riferimento<br />
(l’orologio, la stufa di maiolica, ecc.), nonostante<br />
il passare del tempo e l‟apparente finire<br />
dei tempi andati; era la permanenza di una<br />
realtà buona in cui trovare stabilità e possibilità<br />
di vita per sé: l‟orologio «l‟aveva comprato<br />
il babbo molto tempo prima, quando le<br />
donne portavano ancora quelle ridicole maniche<br />
a rigonfi vicino alle spalle. Queste maniche<br />
erano sparite, il tempo era fuggito via come<br />
un baleno, era morto il padre professore,<br />
tutti erano cresciuti, ma l‟orologio era rimasto<br />
quello di prima e suonava con la suoneria<br />
a torre. Vi erano ormai tanto abituati tutti,<br />
che se esso per un miracolo fosse scomparso<br />
dal muro, li avrebbe presi la malinconia, come<br />
se si fosse spenta una voce cara; e nulla<br />
avrebbe potuto riempire il posto vuoto. Ma<br />
l‟orologio per fortuna era immortale ed immortale<br />
era anche Il carpentiere di Zaandam,<br />
e la maiolica olandese, come una saggia roccia<br />
era piena di vita e di calore proprio nel<br />
tempo più penoso»[24].<br />
Luce, musica, tempo che sconfina nell‟eternità,<br />
la presenza di una luminosa regina e di un<br />
padre lavoratore, l‟accoglienza offerta a<br />
chiunque capiti in questa casa, tutto dà l‟idea<br />
di quella che oggi chiameremmo una casa<br />
che diventa Chiesa domestica.<br />
Questo valore della casa rimase immutabile<br />
anche se i Bulgakov di fatto non ebbero mai<br />
una casa loro e vissero sempre in case di affitto;<br />
una di queste apparteneva a Vera Niko-<br />
35
laevna Petrova, figlia di Nikolaj Ivanovič Petrov,<br />
docente di filologia e di storia della letteratura<br />
russa e straniera all‟accademia teologica<br />
e padrino di Bulgakov.<br />
Non abbiamo ricordato a caso questo altrimenti<br />
sconosciuto Petrov, il fatto è che attraverso<br />
di lui, oltre a confermare un‟atmosfera<br />
di amicizia e di fraternità reali, torniamo<br />
all‟evocazione dell‟accademia teologica e<br />
questa ci rimanda a uno dei personaggi più in<br />
vista del corpo accademico, quel padre Aleksandr<br />
che abbiamo già citato a proposito della<br />
Guardia bianca e che, come abbiamo detto,<br />
è un personaggio assolutamente reale.<br />
Si tratta di padre Aleksandr Glagolev<br />
[25] (1872-1937), ebraista e biblista all‟accademia<br />
teologica di Kiev, parroco della chiesa<br />
di San Nicola il Misericordioso a Kiev, nonché<br />
padre spirituale di Michail Bulgakov<br />
(sarebbe stato lui a celebrarne il primo matrimonio).<br />
Dopo aver contribuito a smontare<br />
l‟idea di un omicidio rituale sulla quale era<br />
stato costruito il caso Bejlis (1911-1913), cadrà<br />
vittima delle persecuzioni antireligiose<br />
del regime sovietico, e morirà nel 1937, probabilmente<br />
durante un interrogatorio, nella<br />
prigione di Luk‟janovka (a Kiev e non alle<br />
Solovki come spesso si dice); in compenso la<br />
sua opera di coraggiosa difesa degli ebrei<br />
verrà continuata dal figlio Aleksej (1900-<br />
1972), anche lui sacerdote, il quale durante<br />
l‟invasione nazista si distinguerà a tal punto<br />
da meritarsi poi il titolo di «Giusto delle Nazioni».<br />
Non possiamo soffermarci più a lungo<br />
sulla figura di padre Aleksandr, ma quello<br />
che se ne è detto può essere sufficiente per<br />
dare l‟idea di una ecclesialità viva e ben conosciuta<br />
da Bulgakov; per chiarire meglio<br />
quanto questa ecclesialità fosse una presenza<br />
reale e lasciasse il segno sulle persone che la<br />
incontravano potremmo forse solo aggiungere<br />
che la figura di padre Glagolev fu decisiva<br />
nella formazione di un altro dei grandi martiri<br />
e testimoni della Chiesa ortodossa russa, quel<br />
padre Anatolij Ţurakovskij[26] che sarebbe<br />
caduto vittima a sua volta dell‟ondata terroristica<br />
del 1937.<br />
3. Un cristianesimo maestro di realismo<br />
Questa religiosità caratterizzata da un‟esperienza<br />
fondamentalmente ecclesiale è del resto<br />
rinvenibile anche in uno dei passi più famosi<br />
di tutta la creazione bulgakoviana, quel<br />
primo capitolo del Maestro e Margherita nel<br />
quale si trovano a discutere dell‟esistenza di<br />
Dio il diavolo e due intellettuali atei, tipici<br />
rappresentanti del regime e della sua mentalità.<br />
È un passo famoso e, a nostro avviso, centrale<br />
proprio perché il suo nucleo è quel realismo<br />
che costituisce una delle caratteristiche<br />
forti e distintive dell‟ecclesialità e della mistica<br />
di Bulgakov, così attento alla presenza<br />
nel reale di tutta una serie di segni irriducibili<br />
a quanto l‟uomo può creare e riprodurre da<br />
sé.<br />
Ai due rappresentanti del potere sovietico,<br />
che non si limitano a parlar male di Dio e di<br />
Gesù Cristo ma ne negano l‟esistenza, e soprattutto<br />
si applicano a negare l‟esistenza storica<br />
di Cristo, si contrappone infatti il diavolo<br />
che, ovviamente, non può parlare bene di<br />
Dio, ma ne conosce perfettamente l‟esistenza,<br />
e la conosce non in base a una qualche argomentazione<br />
razionale, filosofica o teologica,<br />
ma in base al puro fatto dell‟esperienza. Ai<br />
36
due scrittori sovietici che contestano le affermazioni<br />
del diavolo circa l‟esistenza di Dio,<br />
dicendogli: «Vede, professore, noi rispettiamo<br />
il suo vasto sapere, ma al proposito ci atteniamo<br />
a un punto di vista diverso»[27], il<br />
diavolo stesso ribatte: «Non c‟è bisogno di<br />
nessun punto di vista, è esistito e basta!”. E<br />
all‟insistenza di uno dei due, Berlioz, che<br />
vorrebbe delle prove («Ma ci vuole qualche<br />
prova»), il diavolo ribatte ancora una volta:<br />
«Neppure di prove c‟è bisogno.[…] È tutto<br />
molto semplice: avvolto in un mantello bianco<br />
[…] », e dà inizio al racconto della Passione<br />
di Cristo (che poi nella ricreazione bulgakoviana<br />
si trasformerà nel romanzo di Pilato),<br />
narrata da una voce che si pone come quella<br />
di un testimone oculare e che quindi sostitui-<br />
sce alla disquisizione intellettuale l‟evidenza<br />
stessa dei fatti.<br />
Non è che Bulgakov ignori o prenda alla leggera<br />
le prove dell‟esistenza di Dio; come è<br />
dimostrato dal contenuto e dalla storia della<br />
composizione di questo capitolo, le conosce<br />
benissimo e si è attentamente documentato; si<br />
pensi a questo proposito al discorso che viene<br />
fatto in questo capitolo sulle cinque prove<br />
dell‟esistenza di Dio.<br />
Innanzitutto, e contrariamente a quanto si potrebbe<br />
credere, le cinque prove dell‟esistenza<br />
di Dio qui citate (e poi contestate richiamandosi<br />
a una sesta prova attribuita a Kant) non<br />
sono quelle di san Tommaso, e la questione<br />
cela una complessità che vale la pena di ri-<br />
37
chiamare. Nella redazione del romanzo del<br />
1929-1930 (la prima), la prova di Woland,<br />
quella che nella redazione finale è indicata<br />
come settima (nel titolo del capitolo III)[28] e<br />
a ben vedere non è una prova ma la verifica<br />
della realtà[29], era indicata come sesta[30],<br />
di modo che la cosiddetta prova morale di<br />
Kant (che nell‟attuale Maestro e Margherita<br />
viene indicata come sesta)[31] sarebbe stata<br />
la quinta. Evidentemente Bulgakov aveva<br />
attinto a una fonte secondo la quale le prove<br />
tradizionali dell‟esistenza di Dio non erano le<br />
cinque vie tomiste; ora questa fonte è sicuramente<br />
la voce «Dio» redatta da P. Vasil‟ev<br />
per il Dizionario enciclopedico Brockhaus-<br />
Efron[32]. Di questa identificazione si può<br />
essere certi, perché in questo articolo, a commento<br />
dell‟argomento morale kantiano, vengono<br />
citati i giudizi di Schiller e Strauss in<br />
termini quasi letteralmente identici a quelli<br />
che Bulgakov utilizza nel romanzo[33]; ora,<br />
sempre in questo articolo, si parla sì di cinque<br />
prove dell‟esistenza di Dio, ma queste non<br />
sono affatto quelle tomiste tradizionali bensì<br />
delle altre, che vengono definite: cosmologica,<br />
teleologica, ontologica, storica e morale,<br />
dove l‟ultima è appunto quella kantiana<br />
(quinta, lo ripetiamo, nella precedente redazione<br />
del romanzo). Il fatto che poi questa<br />
prova nell‟ultima redazione sia diventata la<br />
sesta può essere spiegato ipotizzando che<br />
Bulgakov, nel suo meticolosissimo lavoro di<br />
documentazione, abbia scoperto che lo stesso<br />
Kant, prima dell‟argomento morale, nel periodo<br />
antecedente alla stesura delle<br />
tre Critiche, aveva proposto (con L‟unico argomento<br />
per la dimostrazione dell‟esistenza<br />
di Dio, 1763) un‟altra prova dell‟esistenza di<br />
Dio; questa prova si può definire logica e può<br />
dunque essere accostata alle altre quattro tradizionali<br />
(cosmologica, teleologica, ontologica<br />
e storica): si verrebbe così a costituire l‟insieme<br />
delle cinque prove la cui critica viene<br />
attribuita a Kant, e alla sua prova morale,<br />
nell‟ultima redazione del Maestro e Margherita.<br />
Un lavoro meticolosissimo dunque, quello<br />
preparatorio di Bulgakov, eppure è come se<br />
tutta questa ricchezza intellettuale non lo interessasse,<br />
o meglio, lo interessa maggiormente<br />
il fatto, costantemente ribadito dall‟insegnamento<br />
dei Padri orientali, secondo cui<br />
«ogni parola può essere contestata da un‟altra<br />
parola, mentre nessuna parola può contestare<br />
la vita». Così, se ad ogni prova si può controbattere<br />
con la sua contestazione o con una<br />
sua interpretazione riduttiva o, più sbrigativamente,<br />
con la violenza (come fa uno dei due<br />
intellettuali sovietici che, per far fronte alle<br />
prove di Kant non sa escogitare niente di meglio<br />
che minacciare di spedirlo alle Solovki)<br />
[34], non si potrà più ribattere niente alla prova<br />
della realtà: là dove tutte le prove tradizionali<br />
vengono messe in ridicolo è questa prova<br />
che rende folli i sapienti umani e alla fine li<br />
riduce addirittura al non essere: Berlioz che<br />
non aveva creduto in Dio e alle premonizioni<br />
che il diavolo gli aveva fatto finirà sotto un<br />
tram che gli mozzerà la testa[35]: settima<br />
prova dell‟esistenza di un Dio che regge il<br />
destino dell‟universo e la cui esistenza si manifesta<br />
attraverso questa presenza, prima di<br />
dimostrarsi con un qualsiasi discorso.<br />
38
4. Alla ricerca della realtà di Cristo<br />
Il Cristo della ricreazione poetica tentata<br />
nel Maestro e Margherita è un esempio di<br />
questo approccio al divino come presenza<br />
reale, irriducibile alle fantasie, alle interpretazioni<br />
o alle progettazioni umane.<br />
Anche qui può essere molto utile ripercorrere<br />
la storia della composizione del testo e in<br />
particolare la storia della sua preparazione,<br />
sulla base dei quaderni manoscritti, con gli<br />
appunti e gli abbozzi iniziali[36]: alla fine del<br />
primo quaderno con la primissima versione<br />
del romanzo abbiamo infatti una quindicina<br />
di fogli che portano l‟intestazione generale di<br />
«Materiali» ed hanno poi dei titoletti singoli:<br />
«Su Dio», «Sul diavolo», «Gesù Cristo»; sono,<br />
né più né meno, quelle che potremmo<br />
chiamare delle schede nelle quali Bulgakov<br />
riportava gli appunti che via via raccoglieva<br />
nel suo lavoro preparatorio per la stesura del<br />
romanzo. Significativamente sotto il titolo<br />
«su Dio» non abbiamo niente, perché in effetti,<br />
nel romanzo, Dio, pur essendo così<br />
massicciamente presente sin dalle prime pagine<br />
dove si discute della sua esistenza, non<br />
appare sotto forma di un personaggio; nelle<br />
altre due schede abbiamo invece una serie di<br />
annotazioni e riferimenti estremamente interessanti.<br />
Nella scheda dedicata al diavolo abbiamo<br />
delle citazioni prese da alcuni articoli<br />
del dizionario enciclopedico Brockhaus-<br />
Efron; tra questi articoli, quelli principali sono<br />
quelli dedicati al «Diavolo», al<br />
«Demone», alla «Demonologia», alla<br />
«Demonomania» e al «Sabba delle streghe»[37];<br />
oltre a questi riferimenti, abbiamo<br />
poi l‟indicazione di un testo di divulgazione<br />
scientifica pubblicato nel 1904 a San Pie-<br />
troburgo da M. A. Orlov e intitolato Storia<br />
dei rapporti dell‟uomo con il diavolo[38]: in<br />
questo testo c‟è la descrizione delle raffigurazioni<br />
popolari del diavolo e dei vari particolari<br />
rituali legati alle varie credenze nel diavolo,<br />
nelle streghe e nella magia; come è stato<br />
dimostrato (in particolare dalla Čudakova<br />
proprio per quel che concerne il libro di Orlov)<br />
Bulgakov attinse ampiamente a tutti questi<br />
testi. La scheda dedicata a Gesù Cristo si<br />
presenta invece in maniera diversa ed è estremamente<br />
interessante; è divisa in tre colonne<br />
che portano i seguenti sottotitoli: «Secondo<br />
Ernest Renan»[39], «Secondo<br />
F.W.Farrar»[40] e, da ultimo, «Secondo altre<br />
fonti», ma la cosa significativa è che, mentre<br />
le due prime colonne hanno tutta una serie di<br />
appunti, la terza colonna resta perfettamente<br />
vuota: il che significa che nei primi anni del<br />
suo lavoro Bulgakov utilizzò in maniera considerevole<br />
solo Renan e Farrar, due fonti<br />
ideologicamente contrapposte, quasi appunto<br />
a voler controbilanciare una opzione con l‟altra;<br />
e su queste fonti egli ritornò ripetutamente<br />
anche in seguito. Infatti, un altro blocco<br />
significativo di fogli con l‟indicazione<br />
«Materiali» appartiene ad un quaderno di appunti<br />
del 1936, ed anche qui, accanto ad<br />
esempio ad annotazioni molto meticolose sulla<br />
flora della Palestina e accanto alla menzione<br />
esplicita del Vangelo di Nicodemo, abbiamo<br />
la citazione di Farrar, citazione che si ripete<br />
ancora in appunti del 1938-1939 e che,<br />
col passare degli anni, viene affiancata dalle<br />
citazioni di altri autori che si erano occupati<br />
della figura di Cristo o del racconto evangelico<br />
del suo processo e della sua crocifissione;<br />
appaiono così, ad esempio, i nomi di autori<br />
39
ussi come N. K. Makkavejskij[41] e di autori<br />
occidentali, più o meno famosi, come<br />
Strauss, A. Drews[42], H. Grätz[43], o H.<br />
Barbusse[44], ma ciò che è importante sottolineare<br />
è che, appunto, questi nomi appaiono<br />
solo in seconda battuta e in un secondo tempo<br />
rispetto a quelli più originari e dominanti<br />
di Renan e di Farrar.<br />
Detto questo sulle principali fonti attestate<br />
negli appunti di Bulgakov, vale la pena di dire<br />
qualcosa circa la loro utilizzazione; leggendo<br />
le citazioni prese dalle varie fonti e<br />
considerando le sottolineature, la prima impressione<br />
che si ha è che a Bulgakov interessassero<br />
non tanto le tendenze e le ipotesi interpretative<br />
delle varie scuole cui appartenevano<br />
gli autori citati quanto piuttosto i dati<br />
reali che egli poteva trovare in questi testi e<br />
che poi rielaborava con la propria fantasia<br />
creativa; a questo proposito, la Janovskaja<br />
dice esplicitamente: «a Bulgakov interessano<br />
i realia, i particolari fattuali e, innanzitutto<br />
ciò che corrisponde all‟immagine che si è<br />
formata nella sua immaginazione»[45]. Così,<br />
ad esempio, in una frase, egli sottolinea parole<br />
o espressioni del tipo «scala» o «salì verso<br />
il palazzo», che gli servono evidentemente<br />
per ricostruire un ambiente reale; questa attenzione<br />
e preoccupazione primaria per la<br />
realtà è altrettanto evidente là dove, in un‟altra<br />
citazione, egli sottolinea proprio l‟espressione<br />
«qualcosa avvenne realmente». Questa<br />
attenzione alla realtà ci pare essere appunto<br />
l‟elemento decisivo: è caratteristica di tutta<br />
l‟opera precedente di Bulgakov intesa come<br />
desiderio di conservazione della vita reale e<br />
della sua memoria e la vediamo ora riapparire<br />
qui nella questione dell‟uso delle fonti, persino<br />
di fonti come Renan che, per quello che<br />
sono (un‟esplicita negazione della realtà della<br />
divinità di Cristo e quindi una sua riduzione a<br />
puro mito), a prima vista sembrerebbero stranamente<br />
contrastare con questo primato della<br />
realtà. Ora, proprio a proposito dell‟uso di<br />
Renan, e a prima confutazione di questa impressione,<br />
vale la pena di ricordare innanzitutto<br />
che Renan è significativamente controbilanciato<br />
dall‟uso di una fonte contraria come<br />
Farrar e poi, soprattutto, vale la pena di<br />
aggiungere che il suo uso ha delle caratteristiche<br />
che lo riconnettono all‟uso di tutte le altre<br />
fonti: a Bulgakov non interessano i punti<br />
di vista delle varie scuole teologiche, ma i<br />
dati che le varie ricostruzioni gli consentono<br />
di recuperare; così Renan gli interessa perché,<br />
a prescindere dalle sue convinzioni, aveva<br />
visitato i luoghi storici della vicenda di<br />
Cristo e di questi luoghi storici aveva dato<br />
una descrizione viva (fin troppo viva, gli era<br />
stato rimproverato da alcuni suoi critici); allo<br />
stesso modo e per lo stesso motivo gli interessa<br />
Farrar; anzi, se si deve giudicare dagli<br />
elementi di Farrar che rientrano nelle descrizioni<br />
romanzesche e che sono molto più numerosi<br />
di quelli desumibili da Renan, Farrar<br />
lo interessa ancora di più perché ancor più<br />
colorite e ricche di particolari concreti e reali<br />
erano state le sue descrizioni. Da ultimo, a<br />
proposito dell‟uso di Renan e del rapporto<br />
con la realtà, vale la pena di ricordare ancora<br />
che, mentre una simile fonte lascerebbe presagire<br />
una riduzione mitologica e una negazione<br />
della divinità di Cristo a favore di una<br />
sua interpretazione tutta morale, il romanzo<br />
di Bulgakov va invece verso una conclusione<br />
40
completamente diversa, molto diversa anche<br />
da quella che potrebbe essere la prima impressione;<br />
se a una prima impressione, infatti,<br />
può sembrare che il Cristo del romanzo sia<br />
tutto fuor che Dio, e se questa prima impressione<br />
pare anche essere convalidata da certe<br />
espressioni letterali, nelle quali Jeshua Ha-<br />
Nozri addirittura sembra esplicitamente negare<br />
la propria divinità e ridurre il cristianesimo<br />
ad una scuola di moralità, una lettura più profonda<br />
ci mostrerà esattamente il contrario, ci<br />
mostrerà cioè, come osservava Bazzarelli,<br />
che se anche è vero che «dietro il Cristo di<br />
Bulgakov c‟è il Cristo di Tolstoj» e «dietro il<br />
cristianesimo di Bulgakov c‟è il cristianesimo<br />
di Tolstoj […] tuttavia non c‟è soltanto questo:<br />
Tolstoj è, per così dire, “senza mistero”<br />
(almeno apparentemente). In Bulgakov<br />
c‟è il senso del “mistero”»[46], e c’è in una<br />
maniera e con una potenza che non possono<br />
essere contestate da nessun‟altra impressione;<br />
ma a conferma di quello che stiamo dicendo,<br />
e cioè a conferma del fatto che il romanzo di<br />
Bulgakov è tutto fuor che una riduzione del<br />
cristianesimo ad una dottrina morale e tutto<br />
fuor che una riduzione della realtà divinoumana<br />
di Cristo ad una pura figura mitologica,<br />
va osservato che proprio questo senso del mistero<br />
è quello che fondamentalmente e più di<br />
ogni altra cosa dovrebbe invece essere negato<br />
in una concezione del cristianesimo che negasse<br />
la divinità di Cristo e che riducesse il<br />
cristianesimo a pura dottrina morale.<br />
5. Un’umanità eccezionale<br />
Tutto quello che riguarda Jeshua, in effetti,<br />
nel romanzo è circondato dal mistero e gene-<br />
ra paradossi che sembrano contrastare con il<br />
buon senso o con una ragione che crede di<br />
poter dominare senza limiti e senza residui la<br />
realtà. Jeshua, a ben vedere, non sa neppure<br />
chi è; non solo non sa se è un uomo o un Dio,<br />
ma non sembra sapere neppure chi siano i<br />
suoi genitori, al punto che a Pilato, che gli<br />
chiede di che sangue sia, risponde: «non lo so<br />
di preciso […] non ricordo i miei genitori. Mi<br />
dicevano che mio padre era siriano»[47]<br />
Insomma è un vagabondo, un eterno<br />
pellegrino, senza patria e senza famiglia, che<br />
non possiede niente, «nemmeno un asino»[48].<br />
Tuttavia, accanto a questi caratteri che ne<br />
fanno quasi un moderno disadattato, un emarginato<br />
privo di un volto e di un‟identità, Jeshua<br />
ne ha degli altri che lo rendono un tipo<br />
decisamente fuori del comune e che destano<br />
l‟attenzione di una ragione ancora attenta ai<br />
segnali misteriosi del reale: la sua umanità,<br />
per certi versi così misera, per altri versi è<br />
assolutamente eccezionale. Innanzitutto, parla<br />
tre lingue, può rispondere tranquillamente<br />
in greco e in latino, e Pilato, che ha una formazione<br />
classica, riconosce che le sue idee,<br />
nonostante tutta la loro paradossalità, sono<br />
degne di un filosofo: di un filosofo che può<br />
sembrare pazzo (dal punto di vista del buon<br />
senso), ma pur sempre di un filosofo, la cui<br />
pazzia è, in realtà, solo lo schermo di qualcosa<br />
d‟altro, di un mistero stupefacente che fa<br />
quasi paura. Questo Jeshua Ha-Nozri, in effetti,<br />
possiede delle qualità sovrumane che,<br />
paradossalmente, vengono alla luce attraverso<br />
la sua risposta alla domanda di Pilato circa<br />
la verità; siamo qui nel campo dell‟assoluto<br />
41
paradosso, perché questa domanda, tradizionalmente<br />
considerata scettica e rimasta senza<br />
risposta, diventa ora la via attraverso la quale<br />
si fa strada la coscienza di un mistero sorprendente,<br />
tanto più sorprendente perché la<br />
verità non viene definita da questo strano filosofo<br />
attraverso dei concetti astratti, bensì<br />
attraverso una serie di dati reali e concreti,<br />
che nessuno conosce ma che per lui, essere<br />
misterioso, non hanno alcun mistero: «la verità<br />
innanzi tutto è che ti fa male la testa, ti fa<br />
così male che pavidamente pensi alla morte.<br />
Non solo non sei in grado di parlare con me,<br />
ma ti è perfino difficile guardarmi. E adesso<br />
io sono senza volerlo il tuo torturatore, il che<br />
mi amareggia. Non riesci neppure a pensare,<br />
e sogni solo che venga il tuo cane, l‟unico<br />
essere, evidentemente, al quale sei affezionato.<br />
Ma il tuo tormento cesserà subito, la testa<br />
non ti farà più male»[49]. È proprio questa<br />
evocazione incredibile di fatti reali, ma che<br />
dovrebbero essere segreti, a destare lo stupore,<br />
la curiosità e persino il terrore del procuratore;<br />
il filosofo vagabondo può leggere nel<br />
pensiero e guarire: tutta una serie di cose che<br />
resta totalmente inspiegabile dal punto di vista<br />
naturale. E allora, per cercare di capire chi<br />
sia questo strano Jeshua che gli sta rivelando<br />
che cosa sia la sua verità personale, Pilato<br />
butta lì un‟ipotesi attraverso la quale si fa<br />
strada, non una risposta che verrebbe a risolvere<br />
ogni problema e a dare un potere sulla<br />
verità, ma una nuova domanda: «Confessa<br />
[…] sei un grande medico?». Ma Jeshua lo<br />
nega, e lo fa «sfregandosi con voluttà la mano<br />
paonazza, pesta e tumefatta»[50]. È un<br />
particolare, questo, apparentemente insignificante<br />
ma in realtà di grande importanza, per-<br />
ché sottolinea il nuovo paradosso: che quest‟uomo<br />
eccezionale, capace di curare gli altri<br />
e di indovinarne i pensieri più riposti e inconfessabili,<br />
sembra incapace di salvare se stesso;<br />
e a questo punto, in mezzo a tante dissimiglianze<br />
rispetto al racconto evangelico,<br />
non può che venire naturalmente alla memoria<br />
il fatto che anche l‟evangelico Gesù Figlio<br />
di Dio appariva incapace di salvare se stesso<br />
e che questa incapacità gli era appunto rimproverata<br />
da quei rappresentanti della ragione<br />
che pretende di essere misura del reale e che<br />
come tale pretende di poter giudicare persino<br />
della verità.<br />
Se per tanti aspetti Jeshua è dunque lontano<br />
dal Gesù dei Vangeli, per altri elementi lo<br />
richiama proprio in quello che faceva di Gesù<br />
una novità assoluta rispetto ai profeti, ai maghi<br />
o agli altri essere eccezionali che lo avevano<br />
preceduto; questo strano uomo, ad<br />
esempio, è vestito con «un chitone azzurro<br />
logoro e piuttosto vecchio»[51], e noi sappiamo<br />
che il colore azzurro è il colore della Sapienza<br />
divina: dunque, Jeshua non sa neppure<br />
chi sia il suo padre terreno, è vestito di stracci,<br />
ma per ironia e paradosso, proprio là dove<br />
gli viene fatta indossare questa tunica sbrindellata,<br />
se ne suggerisce la dignità divina e<br />
gli viene data un‟età che getta sulla sua nascita<br />
un carattere anch‟esso assolutamente divino.<br />
Come ha fatto notare un attento studioso<br />
della simbologia delMaestro e Margherita, in<br />
aperta violazione rispetto alla tradizione universalmente<br />
accettata (e da lui ben conosciuta),<br />
in questa pagina Bulgakov attribuisce a<br />
Jeshua l‟età di 27 anni e non quella di 33;<br />
non potendosi trattare di un banale errore e<br />
42
secondo una prassi frequente[52] in Bulgakov,<br />
questa dissonanza rispetto a quanto è a<br />
tutti noto richiama un‟intenzione significativa<br />
profonda. Se l‟autore sembra sbagliare quello<br />
che assolutamente non può sbagliare, significa<br />
che con quell‟errore ci vuole suggerire<br />
qualcosa: «il fatto è che nell‟antica Giudea e<br />
a Roma il 27 era considerato un numero sacro.<br />
Come triplo del nove è legato al simbolo<br />
cristiano della Trinità divina. Il nove in quanto<br />
tale, nell‟antica mistica ebraica dei numeri,<br />
è il numero sacro della Verità. Nell‟antica<br />
Roma, invece, il numero 27 possiede la forza<br />
del numinoso ed è legato all‟idea dei sacrifici<br />
umani. Così, nella lingua esoterica dei numeri<br />
sacri, Jeshua Ha-Nozri, che predica delle<br />
idee strane e dannose per il buon senso, è appunto<br />
l‟araldo della Verità divina della Trinità<br />
che si afferma nel mondo attraverso il sacrificio<br />
di sé sulla croce»[53]. Attraverso un<br />
errore o una dissonanza rispetto alla tradizione<br />
evangelica, l‟artista si distacca dalla pura<br />
ripetizione o dal puro commento esegetico e<br />
però riesce a suggerire artisticamente lo stesso<br />
contenuto fondamentale di quella tradizione:<br />
che quell‟uomo eccezionale, poco importa<br />
se di 27 o di 33 anni, è legato in maniera<br />
assoluta alla divinità, è addirittura tutto nella<br />
Trinità.<br />
Per altre due volte nel romanzo di Pilato, ricorda<br />
sempre Krugovoj, Bulgakov insinua<br />
l‟idea della Trinità in rapporto a Jeshua. Durante<br />
il processo, infatti, mentre sta cercando<br />
di escogitare la formula giuridica che gli consenta<br />
di liberare Jeshua, Pilato vede una rondine<br />
volare nel porticato e una luminosa colonna<br />
di polvere innalzarsi accanto a Jeshua<br />
[54]; i due simboli, apparendo accanto a Jeshua,<br />
richiamano appunto la Trinità, in quanto<br />
il primo rinvia alla colonna di fuoco che è<br />
il simbolo dello Jahve veterotestamentario e<br />
cioè del Padre, mentre il secondo (la rondine<br />
messaggera della primavera, cioè della risurrezione<br />
della natura a nuova vita) rinvia alla<br />
colomba e quindi allo Spirito Santo. L‟altra<br />
evocazione simbolica della Trinità si situa<br />
invece dopo l‟esecuzione capitale di Jeshua,<br />
quando Pilato, rimasto solo, vede davanti a sé<br />
due rose bianche, cadute per terra in una pozzanghera<br />
di vino rosso[55]; qui abbiamo,<br />
commenta Krugovoj, «non solo la simbologia<br />
della Trinità divina, suggerita dall‟unione del<br />
rosso e del bianco, ma anche la simbologia<br />
eucaristica del vino e del sangue, unita all‟idea<br />
della sofferenza dell‟innocente nell‟immagine<br />
delle due rose bianche. La simbologia<br />
della Trinità divina è completata dalla simbologia<br />
della divinoumanità. E così il mistero di<br />
Jeshua viene finalmente decifrato: egli è Dio<br />
e Uomo»[56]. O per lo meno, questa è l’ipotesi<br />
che noi possiamo avanzare, ma il romanzo<br />
ce la suggerisce soltanto e, per essere convincente,<br />
ce la suggerisce attraverso uno Jeshua<br />
che continua a non dirci niente della<br />
propria divinità e quindi a mostrarci innanzitutto<br />
un‟umanità assolutamente eccentrica, un<br />
mistero eccezionale. E in effetti deve essere<br />
appunto così: lo Jeshua Ha-Nozri del romanzo<br />
non è il Gesù di Nazaret dei Vangeli. Lo<br />
Jeshua letterario, come è stato esattamente e<br />
finemente notato da Igor‟ Vinogradov[57],<br />
per essere un personaggio realisticamente<br />
convincente, non doveva saper nulla della<br />
propria origine divina e suggerircela appunto<br />
attraverso un‟umanità che rimanda continua-<br />
43
mente al di là di quello che gli uomini in<br />
quanto tali possono fare o capire: un uomo<br />
decisamente fuori dell‟ordinario, così eccezionale<br />
da non poter essere semplicemente un<br />
uomo.<br />
6. Il Dio amico degli uomini<br />
E questo uomo, che non può essere soltanto<br />
un uomo, ci si impone nella sua eccezionalità<br />
perché, dopo la morte, resta vivo nella memoria<br />
di Pilato in maniera completamente<br />
diversa da quella che gli uomini che hanno<br />
meditato su questa vicenda sono riusciti ad<br />
immaginarsi[58]: per Pilato che lo ha condannato<br />
a morte, e a una morte che tutti riteniamo<br />
ingiusta, Jeshua non è la semplice memoria<br />
del male compiuto, davanti al quale<br />
vergognarsi ed essere schiacciato per la propria<br />
indegnità morale e per la propria miseria<br />
umana, così evidenti di fronte alla perfezione<br />
di Dio; ma il male compiuto non è neppure<br />
cancellato, in una sorta di irresponsabilità<br />
morale nella quale l‟uomo si detta le proprie<br />
leggi e quindi si assolve da solo. Per Pilato,<br />
quello che ha compiuto resta, ma non come<br />
occasione di condanna o di indifferenza morale,<br />
resta, ma al di fuori di quello che sarebbe<br />
prevedibile in una vicenda segnata soltanto<br />
dall‟umanità e dalle sue capacità di ideazione:<br />
la condanna del moralismo religioso e<br />
del legalismo laico o l‟indifferenza del sentimentalismo<br />
buonista e dell‟immoralismo<br />
mondano; consumato ai danni di un essere<br />
così eccezionale da non poter essere soltanto<br />
un uomo, quel gesto genera una reazione che<br />
va al di là del consueto comportamento degli<br />
uomini che credono di possedere tutte le ri-<br />
sposte, genera la compassione e trova come<br />
risposta totalmente inattesa la misericordia. A<br />
Margherita che ha interceduto per il procuratore<br />
romano Woland, infatti, spiega: «Lei non<br />
deve intercedere per lui, Margherita, perché<br />
per lui ha già intercesso la persona con la<br />
quale egli brama tanto di parlare»[59]. E che<br />
si sia ormai fuori da ogni questione di condanna<br />
o di indifferentismo morale è proprio<br />
testimoniato dal fatto che quello per cui Pilato<br />
soffre, quello che egli desidera, e gli verrà<br />
concesso dalla misericordia, è appunto la<br />
possibilità di riprendere il colloquio con Jeshua.<br />
È questa amicizia, più profonda di ogni condanna<br />
o assoluzione, che Pilato continua ad<br />
attendere, al punto di sognarla, come si narra<br />
nel XXVI capitolo, nel quale Pilato immagina<br />
di poter ritrovare Cristo come se l‟esecuzione<br />
non fosse avvenuta: «E non appena il<br />
procuratore ebbe perso il collegamento con la<br />
realtà che lo circondava, si avviò subito lungo<br />
la strada splendente e la risalì direttamente<br />
verso la luna. Nel sogno scoppiò addirittura a<br />
ridere di felicità, tanto ogni cosa si disponeva<br />
in modo così splendido e irripetibile su quella<br />
diafana strada cilestrina. Era seguito da Banga,<br />
e vicino a lui camminava il filosofo errante.<br />
Discutevano qualcosa di molto complesso<br />
e importante, e nessuno dei due riusciva a<br />
prevalere sull‟altro. Non si accordavano su<br />
nessun punto, e questo rendeva la loro discussione<br />
particolarmente interessante e interminabile.<br />
S‟intende che l‟esecuzione di<br />
quel giorno era stata un mero equivoco: il filosofo<br />
che aveva escogitato una cosa così incredibilmente<br />
assurda come la bontà univer-<br />
44
sale degli uomini gli camminava accanto,<br />
quindi era vivo. E, naturalmente, sarebbe stato<br />
orribile anche il solo pensiero che un uomo<br />
simile potesse essere giustiziato. L‟esecuzione<br />
non era avvenuta! Non era avvenuta! Ecco<br />
in che cosa consisteva l‟incanto di quel viaggio<br />
su per la scala lunare»[60].<br />
Ovviamente l‟esecuzione c‟era stata e nulla<br />
poteva cancellarla, il sogno di Pilato resta un<br />
sogno, ma dopo di esso viene una realtà persino<br />
più grande di quella che lui poteva immaginarsi<br />
e sognare e di quella che qualsiasi<br />
uomo, anche un uomo eccezionale, gli avrebbe<br />
potuto dare: quell‟essere straordinario che<br />
aveva perduto e che avrebbe voluto tenere<br />
con sé gli viene ora restituito, non per sua decisione,<br />
per la decisione del potente procuratore<br />
romano, ma per la misericordia, sua, della<br />
vittima impotente e attraverso il sacrificio<br />
di chi era pronto a intercedere per lui. Anche<br />
per questa via si rende evidente come l‟eccezionalità<br />
di Jeshua rimandi continuamente a<br />
qualcosa, a una presenza, che non è più soltanto<br />
umana; con il perdono di Pilato che diventa<br />
una possibilità di compagnia con Jeshua<br />
cioè, propriamente, la possibilità di essere-con<br />
qualcuno, Bulgakov ci rinvia a un<br />
piano che non è più soltanto etico ma è propriamente<br />
ontologico, e ci rende così presente<br />
attraverso il suo romanzo la dimensione<br />
dell‟Essere che, come dice la tradizione della<br />
Chiesa, si è fatto «amico degli uomini».<br />
[1] A. D. SINJAVSKIJ, Una voce dal coro,<br />
tr. it. Garzanti, Milano 1975, p. <strong>12</strong>.<br />
[2] Cfr. A. DELL‟ASTA, La via russa all‟esperienza<br />
cristiana, in «La Nuova Europa», n.<br />
1, 1998, pp. 25-29.<br />
[3] Le opere di Bulgakov verranno citate sulla<br />
base dell‟edizione in cinque volumi pubblicata<br />
a Mosca nel 1989-1990: M. A. BUL-<br />
GAKOV, Sobranie sočinenij v pjati tomach,<br />
Chudoţestvennaja Literatura, Moskva 1989-<br />
1990 (utilizzeremo semplicemente la sigla<br />
SS, cui seguirà l‟indicazione del volume in<br />
numero romano e delle pagine in numero arabo;<br />
per la traduzione, salvo diversa indicazione,<br />
ci serviremo della recente edizione nei<br />
«Meridiani» di Mondadori: M. A. BULGA-<br />
KOV, Romanzi e racconti, Mondadori, Milano<br />
2000, indicando fra parentesi la sigla<br />
dell‟opera citata −GB: La guardia bianca;<br />
MGM: Memorie di un giovane medico;<br />
MM: Il Maestro e Margherita− e facendola<br />
seguire dall‟indicazione delle pagine relative).<br />
[4] Si pensi qui in particolare alla preghiera<br />
di Elena che chiede alla Vergine la guarigione<br />
del fratello maggiore; cfr. SS, I, pp. 411-<br />
4<strong>12</strong> (GB, pp. 329-332).<br />
[5] Non si dimentichi a questo proposito<br />
che Il Maestro e Margherita ha come epigrafe<br />
i versi del Faust di Goethe in cui Mefistofele<br />
si presenta come «Una parte della forza / che<br />
vuole sempre il male e opera sempre il bene»;<br />
cfr. SS, V, p. 7 (MM, p. 357).<br />
[6] SS, I, p. 81 (MGM, p. 1458).<br />
[7] SS, I, p. 81 (MGM, p. 1458).<br />
[8] SS, I, p. 78 (MGM, p. 1455).<br />
[9] SS, I, p. 97 (MGM, pp. 1479-1481).<br />
[10] SS, I, p. <strong>12</strong>6 (MGM, p. 1518).<br />
[11] SS, I, p. 92 (MGM, p. 1473).<br />
45
[<strong>12</strong>] SS, I, p. 76 (MGM, pp. 1451-1453).<br />
[13] SS, I, p. 86 (MGM, p. 1465).<br />
[14] SS, I, p. 93 (MGM, p. 1474).<br />
[15] Cfr. SS, I, pp. 87-89, 96, ecc. (MGM,<br />
pp. 1465-1468, 1478, ecc.).<br />
[16] SS, I, p. 97 (MGM, p. 1480).<br />
[17] SS, I, p. 89 (MGM, p. 1469).<br />
[18] Cfr. SS, I, pp. 74-75 (MGM, pp. 1448-<br />
1450).<br />
[19] SS, I, p. 1<strong>12</strong> (MGM, p. 1500).<br />
[20] SS, I, p. <strong>12</strong>1 (MGM, p. 1511).<br />
[21] SS, II, pp. 313-314 (tr. it. in Appunti sui<br />
polsini, Studio Tesi, Pordenone 1991, pp. 137<br />
-138).<br />
[22] SS, I, p. 182 (GB, p. 15).<br />
[23] SS, V, p. 562.<br />
[24] SS, I, p. 180 (GB, pp. <strong>12</strong>-13); cfr. anche<br />
SS, I, pp. 181 e 199 (GB, pp. 14 e 39).<br />
[25] Sulla figura di padre Aleksandr Glagolev<br />
si può vedere A. GLAGOLEV, Kupina<br />
neopalimaja(Il roveto ardente), Duch i Litera,<br />
Kiev 2002; in italiano, si veda il recente articolo<br />
di K. SIGOV,La missione della scuola<br />
teologica in padre Aleksandr Glagolev, in<br />
«La Nuova Europa», n. 3 (309), maggiogiugno<br />
2003, pp. 109-<strong>12</strong>0.<br />
[26] Sulla figura di padre Anatolij Ţurakovskij<br />
si veda I. SEMENENKO-BASIN – P.<br />
PROCENKO, Anatolij Ţurakovskij, tr. it. La<br />
Casa di Matriona, Milano 1999.<br />
[27] SS, V, p. 19 (MM, p. 376).<br />
[28] SS, V, p. 43 (MM, p. 407).<br />
[29] Si tratta del fatto che a Berlioz viene<br />
mozzata la testa, come il diavolo gli aveva<br />
predetto nel primo capitolo, per insinuargli il<br />
sospetto che la realtà non può essere esaurita<br />
dalle pretese conoscitive della ragione dimostrativa.<br />
Cfr. SS, V, p. 16 (MM, p. 372).<br />
[30] Cfr. M. A. BULGAKOV, Izbrannye<br />
proizvedenija (Opere scelte), Dnipro, Kiev<br />
1990, p. 36.<br />
[31] SS, V, p. 13 (MM, p. 369).<br />
[32] «Bog» (Dio), in Enciklopedičeskij<br />
Slovar‟ Brokgauza i Efrona, VII, pp. 206b-<br />
209b.<br />
[33] Nel romanzo leggiamo: «Non per nulla<br />
Schiller diceva che le disquisizione kantiane<br />
su questo argomento possono soddisfare solo<br />
degli schiavi, mentre Strauss ne rideva e basta»,<br />
SS, V, p. 13 (MM, p. 369), mentre<br />
nell‟articolo del Brockhaus-Efron leggiamo:<br />
«Schiller dice che Kant predica una morale<br />
adatta solo a degli schiavi. Strauss osserva<br />
ironicamente che Kant nel suo sistema, fondamentalmente<br />
contrario al teismo, si ricavò<br />
una cameretta per farci stare anche Dio»,<br />
«Bog», cit., p. 208b.<br />
[34] SS, V, p. 13 (MM, p. 369).<br />
[35] SS, V, pp. 47-48 (MM, p. 4<strong>12</strong>).<br />
[36] Su questo problema rimandiamo ai lavori<br />
fondamentali di M. O. ČUDAKO-<br />
VA, Tvorčeskaja istorija romana M. Bulgakova<br />
«Master i Margarita» (La storia creativa<br />
del romanzo di M. Bulgakov «Il Maestro e<br />
Margherita»), in «Voprosy Literatury», n. 1,<br />
1976, pp. 218-253, Archiv M. A. Bulgakova.<br />
Materialy dlja tvorčeskoj biografii pisatelja<br />
(L‟archivio di M. A. Bulgakov. Materiali<br />
per una biografia artistica dello scrittore), in<br />
«Zapiski Otdela Rukopisej», 37, Gos. Bibl.<br />
Im. Lenina, Moskva 1976, e Ţizneopisanie<br />
Michaila Bulgakova (Biografia di M. Bulgakov),<br />
Kniga, Moskva 1988; nonché a quelli<br />
di L. M. JANOVSKAJA, Tvorčeskij put‟ Michaila<br />
Bulgakova (Il tragitto creativo di M.<br />
Bulgakova), Sovetskij Pisatel‟, Moskva 1983<br />
46
e Treugol‟nik Volanda. K istorii sozdanija<br />
romana «Master i Margarita» (Il triangolo di<br />
Woland. Per una storia della creazione del<br />
romanzo «Il Maestro e Margherita»), Lybid‟,<br />
Kiev 1992.<br />
[37] «Diavol», in Enciklopedičeskij Slovar‟<br />
Brokgauza i Efrona, XX, pp. 727a-729a;<br />
«Demon»,ibid., XIX, pp. 374b-377a (questa<br />
voce venne compilata da Vl. S. Solov‟ëv);<br />
«Demonologija»,ibid., XIX, p. 373b (è una<br />
nota di poche righe); «Demonomanija», ibid.,<br />
XIX, p. 373b (la voce rimanda a catena ad<br />
altre due voci: «Koldovstvo» [Maleficio] e da<br />
questa a «Čarodejstvo» [Incantesimo], ibid.,<br />
LXXV, pp. 394a-397b); «Šabaš<br />
ved‟m», ibid., LXXVII, pp. 82a-84a.<br />
[38] M. A. ORLOV, Istorija snošenij čeloveka<br />
s d‟javolom, Sankt Peterburg 1904.<br />
[39] Ernest Renan (1823-1892), uno dei massimi<br />
esponenti del positivismo francese della<br />
seconda metà dell‟ottocento, fu romantico<br />
esaltatore della scienza e della storia, ridotte<br />
nel senso di un puro umanesimo emancipato<br />
da qualsiasi forma di trascendenza e segnato<br />
da forti tinte moraliste; qui ci interessa solo<br />
per il suo libro sulla Vie de Jésus (Societé<br />
Bibliophile, Leipzig 1863), nel quale viene<br />
espressa la sua convinzione fondamentale<br />
sulla religione e sul cristianesimo che, secondo<br />
lui, devono essere liberati da tutto ciò che<br />
hanno di miracoloso e di soprannaturale e<br />
considerati come la pura manifestazione di<br />
un ideale morale, legato al tempo e alle condizioni<br />
in cui nacque. Esemplare di questo<br />
atteggiamento riduzionistico nei confronti del<br />
cristianesimo, che tende a svuotarlo della sua<br />
dimensione propriamente divinoumana, nel<br />
senso storico e realistico di questo termine, e<br />
a trasformarlo, nel migliore dei casi, in un<br />
utile supporto teorico delle concezioni mondane<br />
dominanti, è il fatto che appunto Renan<br />
non riconosca alla religione altra validità se<br />
non quella di un‟ipotesi adatta a suggerire<br />
determinati atteggiamenti morali:<br />
«L‟atteggiamento più logico del pensatore<br />
davanti alla religione −dice Renan− è di far<br />
come se essa fosse vera. Bisogna agire come<br />
se Dio e l‟anima esistessero. La religione<br />
rientra così nel caso di quelle numerose ipotesi,<br />
come l‟etere, i fluidi elettrico, luminoso,<br />
calorico, nervoso e l‟atomo stesso, di cui sappiamo<br />
bene che sono solo simboli, mezzi comodi<br />
per spiegare i fenomeni, e che tuttavia<br />
conserviamo» (Feuilles détachées faisant suite<br />
aux Souvenirs d‟enfance et de jeunesse,<br />
Calmann-Levy, Paris 1892, p. 432). Se si<br />
considera quanto il «mistico» Bulgakov dovesse<br />
essere lontano da ogni riduzione moralistica,<br />
e se ci si ricorda di quanto fosse attento<br />
alle dimensioni di eternità, mistero e soprannaturalità,<br />
che abbiamo visto essere così<br />
insistentemente presenti nei suoi primi scritti,<br />
si deve sin dall‟inizio sospettare un‟utilizzazione<br />
molto personale di questa fonte.<br />
[40] Frederick William Farrar (1831-1903),<br />
teologo inglese che fu tra l‟altro cappellano<br />
della regina Vittoria e pubblicò numerose<br />
opere di carattere storico ed edificante sulle<br />
origini cristiane, interessandosi inoltre, in<br />
particolare, a questioni relative alla presenza<br />
sociale del cristianesimo. Anche lui ci interessa<br />
qui solo in relazione al fatto che, una<br />
decina d‟anni dopo Renan e in esplicita contrapposizione<br />
al suo libro, pubblicò a sua volta<br />
un‟opera di confutazione del testo di Renan<br />
intitolata The Life of Christ (Cassel Pet-<br />
47
ter & Galpin, London 1872).<br />
[41] N. K. Makkavejskij (1864-1919), teologo<br />
e pedagogo presso l‟accademia teologica<br />
di Kiev, vi aveva insegnato teologia pastorale<br />
e pedagogia negli stessi anni in cui vi lavorava<br />
il padre di Bulgakov; si era occupato in<br />
particolare delle condizioni esterne in cui si<br />
era svolta la Settimana Santa, tema che ovviamente<br />
interessava in maniera speciale Michail<br />
Bulgakov e al quale Makkavejskij aveva<br />
dedicato la propria dissertazione magisteriale:<br />
Archeologija istorii stradanij Gospoda<br />
našego Iisusa Christa (Archelogia della storia<br />
della passione di nostro Signore Gesù Cristo),<br />
Kiev 1891.<br />
[42] A. Drews (1865-1935), feroce negatore<br />
della storicità di Cristo, dovette interessare<br />
Bulgakov soprattutto per i dati raccolti nel<br />
suo libro su Gesù (Die Christusmythe, Diederichs,<br />
Jena 1909), che aveva già avuto un‟edizione<br />
russa prima della rivoluzione, la cui<br />
diffusione era però stata vietata dalla censura,<br />
e poi era stato definitivamente pubblicato dopo<br />
la caduta dello zarismo (Mif o Christe,<br />
Mosca 1923)<br />
[43] H. Grätz (1817-1891), storico tedesco,<br />
insegnò al Seminario rabbinico e all‟Università<br />
di Breslavia; interessò Bulgakov per il<br />
suo monumentale studio in undici volumi dedicato<br />
alla storia degli ebrei (Geschichte der<br />
Juden von den altesten Zeiten bis auf die<br />
Gegenwart, Leipzig 1853-1868) e pubblicato<br />
in versione russa prima della rivoluzione<br />
(Istorija evreev ot drevnejšich vremen do nastojaščego,<br />
tt. 1-<strong>12</strong>, Odessa 1903-1908).<br />
[44] H. Barbusse (1873-1935) conobbe una<br />
particolare fama in Unione Sovietica per la<br />
sua adesione al partito comunista e per la sua<br />
accettazione del mito di Stalin; Bulgakov si<br />
interessò ovviamente del suo libro su Gesù<br />
(Jésus, Flammarion, Paris 1927), che venne<br />
immediatamente tradotto in russo (Iisus protiv<br />
Christa, Moskva 1928) ma che egli dovette<br />
cominciare ad usare solo a partire del<br />
1938.<br />
[45] L. M. JANOVSKAJA, Tvorčeskij<br />
put‟…, cit., p. 253.<br />
[46] E. Bazzarelli, Invito alla lettura di Bulgakov,<br />
Mursia, Milano 1988, p 186.<br />
[47] SS, V, p. 22 (MM, p. 380).<br />
[48] SS, V, p. 28 (MM, p. 387).<br />
[49] SS, V, p. 26 (MM, p. 384).<br />
[50] SS, V, p. 27 (MM, p. 385).<br />
[51] SS, V, p. 20 (MM, p. 378).<br />
[52] Abbiamo proposto alcuni esempi di questa<br />
prassi nelle note all‟edizione italiana curata<br />
per i «Meridiani»; si veda in tal senso, e a<br />
titolo puramente esemplificativo, la n. 1 a p.<br />
1637.<br />
[53] G. KRUGOVOJ, Gnostičeskij roman M.<br />
Bulgakova (Il romanzo gnostico di M. Bulgakov),<br />
in «Novyj Ţurnal», n. 134, 1979, pp. 54<br />
-55.<br />
[54] SS, V, p. 30 (MM, p. 389).<br />
[55] SS, V, pp. 291-292 (MM, pp. 743-744).<br />
[56] G. KRUGOVOJ, art. cit., p. 55.<br />
[57] Cfr. I. I. VINOGRADOV, Zaveščanie<br />
Mastera (Il testamento del Maestro), in<br />
«Voprosy Literatury», n. 6, 1968, p. 56.<br />
[58] A proposito di questo livello della vicenda<br />
di Pilato, ben più profondo di quello<br />
esclusivamente morale, rimandiamo alle stimolanti<br />
osservazioni di A. DIOLETTA<br />
SICLARI,Etica e fede nel romanzo di Michail<br />
Bulgakov «Il Maestro e Margherita»,<br />
in Storia religiosa della Russia, La Casa di<br />
48
Matriona, Milano 1984, pp. 219-253.<br />
[59] SS, V, p. 370 (MM, p. 848).<br />
[60] SS, V, pp. 309-310 (MM, pp. 767-768).<br />
PONZIO PILATO<br />
Nel colloquio con Jeshua (gesù) Pilato intuisce di trovarsi dinanzi un uomo eccezionale: un messia?<br />
Un profeta? Un essere proveniente da altri mondi? Una persona ordinaria non può formulare<br />
quei pensieri – sulla verità, su Dio, sulla vita – che formula il «vagabondo».<br />
Il brano è ricco di simboli e di significati reconditi che bisogna scoprire e comprendere per una<br />
giusta intelligenza del testo.<br />
Al mattino presto del giorno quattordici del mese primaverile di Nisan, avvolto in un mantello<br />
bianco foderato di rosso, con una strascicata andatura da cavaliere, nel porticato tra le due ali del<br />
palazzo di Erode il Grande entrò il procuratore della Giudea Ponzio Pilato.<br />
Più di qualsiasi cosa al mondo il procuratore odiava l'odore dell'olio di rose, e ora tutto preannunciava<br />
una brutta giornata: proprio questo odore aveva cominciato a perseguitare il procuratore fin<br />
dall'alba […].<br />
«Oh numi, numi, perché mi punite?... Sì, non c'è dubbio, è lei, sempre lei, la malattia orrenda, invincibile...<br />
l'emicrania... da essa non c'è salvezza, non c'è scampo... cercherò di non muovere la testa...»<br />
Sul pavimento di mosaico presso la fontana era già pronta la scranna, e senza guardare nessuno il<br />
procuratore vi si sedette e allungò una mano. Il segretario vi pose rispettosamente una pergamena.<br />
49
Senza riuscire a reprimere una smorfia di dolore,<br />
il procuratore sbirciò in fretta lo scritto,<br />
restituì la pergamena al segretario e disse con<br />
uno sforzo:<br />
- L'imputato della Galilea? La pratica è stata<br />
sottoposta al tetrarca?<br />
- Sì, procuratore, - rispose il segretario.<br />
- Come ha reagito?<br />
- Ha rifiutato di emettere la sentenza definitiva<br />
e ha sottoposto alla tua approvazione la<br />
condanna a morte pronunziata dal Sinedrio...<br />
- spiegò il segretario.<br />
Il procuratore ebbe un sussulto alla guancia e<br />
disse piano:<br />
- Conducete qui l'accusato.<br />
Dal ripiano del giardino due legionari condussero<br />
subito sul balcone del porticato e fermarono<br />
davanti alla scranna del procuratore<br />
un uomo che dimostrava circa ventisette anni.<br />
Indossava un vecchio e logoro chitone azzurro.<br />
La testa era coperta da una fascia bianca<br />
con una cinghia intorno alla fronte, e le mani<br />
erano legate dietro la schiena. Sotto l'occhio<br />
sinistro l'uomo aveva un grosso livido, e<br />
all'angolo della bocca un'escoriazione con un<br />
po' di sangue raggrumato. L'uomo guardava<br />
il procuratore con una curiosità piena d'inquietudine.<br />
Pilato tacque per un istante, poi chiese piano<br />
in aramaico:<br />
- Sei tu che inciti il popolo a distruggere il<br />
tempio di Jerushalajim?<br />
Il procuratore sedeva immobile come se fosse<br />
stato di pietra, e solo le sue labbra si muo-<br />
vevano appena quando pronunciava le parole.<br />
Era come di pietra perché temeva di muovere<br />
la testa che ardeva di un dolore infernale.<br />
L'uomo dalle mani legate si sporse un po' in<br />
avanti e cominciò a<br />
parlare:<br />
- Buon signore! Credimi...<br />
Ma il procuratore, sempre senza muoversi e<br />
senza alzare la voce, lo interruppe subito:<br />
- E' me che chiami «buon signore»? Ti sbagli.<br />
A Jerushalajim tutti sussurrano che io sono<br />
un mostro crudele, e questa è la pura verità,<br />
- e con la stessa voce monotona aggiunse:<br />
- Chiamate il centurione Ammazzatopi.<br />
Sembrò a tutti che la luce sul balcone si offuscasse<br />
quando davanti al procuratore apparve<br />
il centurione della prima centuria Marco,<br />
detto l'Ammazzatopi. Egli superava di tutta la<br />
testa il più alto soldato della legione e aveva<br />
le spalle così larghe che nascose completamente<br />
il sole ancora basso sull'orizzonte.<br />
Il procuratore si rivolse in latino al centurione:<br />
- Questo delinquente mi chiama «buon signore».<br />
Portalo fuori un momento e spiegagli<br />
come deve parlare con me. Ma non rovinarlo<br />
[…].<br />
Dopo aver condotto il prigioniero fuori del<br />
porticato, nel giardino, l'Ammazzatopi prese<br />
una frusta dalle mani di un legionario fermo<br />
ai piedi di una statua di bronzo, e colpì le<br />
spalle dell'arrestato quasi senza prendere lo<br />
slancio. Il movimento del centurione fu incurante<br />
e lieve, ma l'uomo crollò immediatamente<br />
a terra come se gli avessero colpito i<br />
50
tendini delle gambe, boccheggiò, il colore gli<br />
scomparve dal volto e gli occhi persero ogni<br />
espressione.<br />
Con la sola mano sinistra, Marco sollevò facilmente<br />
il caduto come se fosse stato un sacco<br />
vuoto, lo rimise in piedi e disse con voce<br />
nasale, pronunciando a stento le parole aramaiche:<br />
- Il procuratore romano va chiamato egemone.<br />
Non usare altre parole. Devi stare sull'attenti.<br />
Hai capito, o vuoi ancora una botta?<br />
L'arrestato barcollò, ma si dominò, il colore<br />
ritornò sul suo viso, riprese fiato e rispose<br />
con voce rauca:<br />
- Ti ho capito. Non picchiarmi.<br />
Un minuto dopo era di nuovo davanti al procuratore.<br />
Si sentì una voce fioca, malata:<br />
- Nome?<br />
- Il mio? - replicò in fretta l'arrestato, esprimendo<br />
con tutto il suo atteggiamento che intendeva<br />
rispondere a tono, senza più provocare<br />
l'ira.<br />
Il procuratore disse con voce sommessa:<br />
- Il mio lo so. Non far finta di essere più stupido<br />
di quanto sei. Il tuo.<br />
- Jeshua, - rispose rapido l'accusato.<br />
- Hai un soprannome?<br />
- Hanozri.<br />
- Di dove sei?<br />
- Della città di Gamala, - rispose l'arrestato<br />
indicando con un movimento della testa che<br />
laggiù, lontano, alla sua destra, verso nord,<br />
esisteva una città chiamata Gamala.<br />
- Di che sangue sei?<br />
- Non lo so di preciso, - rispose pronto l'arrestato.<br />
- Non ricordo i miei genitori. Mi dicevano<br />
che mio padre era siriano...<br />
- Dove vivi di solito?<br />
- Non ho una dimora fissa, - rispose con timidezza<br />
l'arrestato. Vado da una città all'altra.<br />
- Tutto questo può essere detto in modo più<br />
breve, con una parola soltanto: vagabondo, -<br />
disse il procuratore, e chiese: Hai parenti?<br />
- Non ho nessuno. Sono solo al mondo.<br />
- Sai leggere e scrivere?<br />
- Sì.<br />
- Sai qualche lingua oltre l'aramaico?<br />
- Sì, il greco.<br />
Una palpebra enfiata si sollevò e un occhio<br />
velato dalla sofferenza fissò il prigioniero.<br />
L'altro occhio rimase chiuso.<br />
Pilato cominciò a parlare greco:<br />
- Sei tu che intendevi distruggere il tempio e<br />
incitavi il popolo a farlo?<br />
L'arrestato si animò, i suoi occhi non esprimevano<br />
più spavento, e disse in greco:<br />
- Io, buon... - il terrore balenò nei suoi occhi<br />
perché per poco non si era sbagliato, - io,<br />
egemone, non ho mai avuto l'intenzione di<br />
distruggere il tempio e non ho mai incitato<br />
nessuno a commettere una simile azione insensata.<br />
Lo stupore si dipinse sul volto del segretario,<br />
51
curvo su un tavolino basso a scrivere la deposizione.<br />
Alzò la testa, ma la riabbassò subito<br />
sulla pergamena.<br />
- Molta gente diversa affluisce in questa città<br />
per le feste. Vi sono tra di loro maghi, astrologi,<br />
indovini e assassini, diceva con voce<br />
monotona il procuratore. - Si trovano anche<br />
dei bugiardi. Tu, ad esempio, sei un bugiardo.<br />
Nikolaj Nikolaevic Ge - Quod est veritas<br />
E' scritto chiaramente: incitava a distruggere<br />
il tempio. Lo attesta la gente.<br />
- Questa buona gente, - cominciò l'arrestato,<br />
e aggiunse rapidamente: - egemone... - conti-<br />
nuò: - ... è ignorante e ha confuso tutto quello<br />
che dicevo. E io comincio a temere che questo<br />
pasticcio andrà avanti assai a lungo […]<br />
- Ma che cosa dicevi a proposito del tempio<br />
alla folla del mercato?<br />
La voce dell'accusato sembrava trafiggere la<br />
tempia di Pilato, tormentandolo in modo indicibile;<br />
questa voce diceva:<br />
- Io, egemone, dicevo che il tempio<br />
della fede antica deve crollare e al<br />
suo posto deve sorgere il nuovo<br />
tempio della verità. Dissi così perché<br />
fosse più comprensibile.<br />
- Ma perché, vagabondo, turbavi la<br />
gente del mercato parlando di una<br />
verità di cui non hai idea? Che cos'è<br />
la verità?<br />
Appena ebbe detto questo, il procuratore<br />
pensò: «Oh numi! Gli sto<br />
chiedendo delle cose che non c'entrano<br />
col processo... non riesco più<br />
a dominare la mia mente...» E di<br />
nuovo gli balenò davanti la visione<br />
d'una coppa di liquido scuro. «Del<br />
veleno, voglio del veleno...»<br />
Di nuovo udì la voce:<br />
- La verità anzitutto è che ti fa male<br />
la testa, ti fa talmente male che pavidamente<br />
pensi alla morte. Non<br />
solo non sei in grado di parlare con<br />
me, ma ti è perfino difficile guardarmi.<br />
E adesso sono involontariamente il tuo<br />
torturatore, il che mi amareggia. Non riesci<br />
neppure a pensare e sogni solo che venga il<br />
tuo cane, l'unico essere, evidentemente, al<br />
52
quale sei affezionato. Ma il tuo tormento cesserà<br />
subito, la testa non ti farà più male.<br />
Il segretario spalancò gli occhi sull'arrestato<br />
e non terminò la parola che stava scrivendo.<br />
Pilato alzò gli occhi di martire sul prigioniero<br />
e vide che il sole era già abbastanza alto<br />
sopra l'ippodromo, che un raggio era penetrato<br />
sotto il porticato e strisciava verso i sandali<br />
logori di Jeshua e che questi se ne scostava.<br />
Il procuratore si alzò allora dalla scranna,<br />
strinse la testa fra le mani, e sul suo giallognolo<br />
volto sbarbato si dipinse il terrore. Ma<br />
lo represse subito con uno sforzo di volontà e<br />
si abbandonò di nuovo nella scranna.<br />
Nel frattempo l'arrestato continuava il suo<br />
discorso, ma il segretario non scriveva più<br />
nulla: cercava solo, allungando il collo come<br />
un'oca, di non perdere una parola.<br />
- Ecco, tutto è finito, - diceva l'arrestato<br />
guardando con benevolenza Pilato, - ne sono<br />
molto lieto. Ti consiglierei, egemone, di lasciare<br />
temporaneamente il palazzo e di farti<br />
una passeggiata a piedi nei dintorni, anche<br />
solo nei giardini sul monte Elion. Il temporale<br />
avrà inizio... - il prigioniero si voltò, socchiuse<br />
gli occhi guardando il sole - ... più tardi,<br />
verso sera. La passeggiata ti farebbe molto<br />
bene, e io ti accompagnerei volentieri. Mi sono<br />
venute in mente alcune idee che, credo, ti<br />
potrebbero sembrare interessanti, e te ne farei<br />
volentieri partecipe, tanto più che dài l'impressione<br />
di essere assai intelligente -. Il segretario<br />
diventò pallido come un cadavere e<br />
lasciò cadere a terra il rotolo di pergamena. -<br />
Il guaio è, - nessuno interrompeva l'uomo legato,<br />
- che sei troppo rinchiuso in te stesso, e<br />
non hai più alcuna fiducia negli uomini. Non<br />
si può, ammettilo, riporre tutto il proprio affetto<br />
in un cane. La tua vita è vuota, egemone,<br />
- e qui l'uomo si permise di sorridere.<br />
Il segretario pensava solamente a una cosa:<br />
credere o no alle proprie orecchie. Bisognava<br />
crederci. Allora cercò di immaginare quale<br />
forma capricciosa avrebbe assunto la furia<br />
dell'irascibile procuratore dopo quell'inaudita<br />
insolenza del prigioniero. Ma non vi riusciva,<br />
benché conoscesse bene il procuratore.<br />
Si udì allora la voce rotta e rauca del procuratore<br />
che disse in latino:<br />
- Slegategli le mani.<br />
Uno dei legionari della scorta batté la lancia<br />
in terra, la passò a un altro, si avvicinò e tolse<br />
le corde all'arrestato. Il segretario raccattò il<br />
rotolo e decise di non scrivere nulla per il<br />
momento e di non stupirsi di nulla.<br />
- Confessa, - disse piano in greco Pilato, - sei<br />
un grande medico?<br />
- No, procuratore, non sono un medico, - rispose<br />
il prigioniero, sfregandosi con voluttà<br />
la mano paonazza sformata e tumefatta.<br />
Pilato trafiggeva il prigioniero con gli occhi,<br />
guardandolo fisso di sotto le sopracciglia aggrottate,<br />
e in quegli occhi non c'era più nulla<br />
di torbido: vi erano apparse le scintille ben<br />
note a tutti.<br />
- Non te l'ho chiesto, - disse Pilato, - forse<br />
sai anche il latino?<br />
- Sì, lo so, - rispose l'arrestato.<br />
Il colore affiorò sulle guance giallastre di<br />
Pilato, che chiese in latino:<br />
53
- Come hai fatto a sapere che volevo chiamare<br />
il mio cane?<br />
- E' facilissimo, - rispose il prigioniero nella<br />
stessa lingua. La tua mano ha fatto un gesto<br />
nell'aria, - e ripeté egli stesso quel gesto, -<br />
come se tu volessi fare una carezza, e le tue<br />
labbra...<br />
- Già, - disse Pilato.<br />
Tacquero. Poi il procuratore chiese in greco:<br />
- Allora sei un medico?<br />
- No, no, - rispose con vivacità il prigioniero,<br />
- credimi, non sono un medico.<br />
- E va bene, se vuoi che resti un segreto, fai<br />
pure. Questo non riguarda direttamente la tua<br />
causa. Quindi tu affermi che non incitavi a<br />
distruggere... o incendiare, o annientare in<br />
qualche altro modo il tempio?<br />
- Io, egemone, non ho incitato nessuno a tali<br />
azioni, lo ripeto. Sembro forse un demente?<br />
- No, non lo sembri proprio, - rispose con<br />
voce sommessa il procuratore, ed ebbe un<br />
sorriso terribile. - Allora giurami che non è<br />
vero.<br />
- Su che cosa vuoi che io giuri? - chiese pieno<br />
di animazione l'uomo slegato.<br />
- Be', anche sulla tua vita, - rispose Pilato, - è<br />
proprio il momento giusto per giurare sulla<br />
tua vita, perché è appesa a un filo, sappilo.<br />
- Credi di essere stato tu ad appenderla, egemone?<br />
- chiese il prigioniero. - Se fosse così,<br />
ti sbaglieresti di grosso.<br />
Pilato trasalì e rispose tra i denti:<br />
- Posso tagliare quel filo.<br />
- Anche qui ti sbagli, - ribatté il prigioniero<br />
con un sereno sorriso e riparandosi con la<br />
mano dal sole. - Ammetterai che il filo può<br />
essere spezzato solo da chi lo ha teso.<br />
- Già, già, - sorrise Pilato, - adesso non dubito<br />
più che gli oziosi perdigiorno di Jerushalajim<br />
ti seguissero a passo a passo. Non so chi<br />
ti abbia messo la lingua in bocca, ma te l'ha<br />
messa bene. A proposito, dimmi, è vero che<br />
sei giunto a Jerushalajim dalla Porta di Susa<br />
cavalcando un asino e accompagnato da una<br />
folla che ti acclamava come un profeta? Dicendo<br />
questo, il procuratore fece un cenno<br />
verso il rotolo di pergamena.<br />
L'arrestato guardò perplesso il procuratore.<br />
- Non ho nemmeno l'asino, egemone, - disse.<br />
- E' vero che sono giunto a Jerushalajim dalla<br />
Porta di Susa, ma a piedi, accompagnato dal<br />
solo Levi Matteo, e nessuno mi acclamava,<br />
perché allora a Jerushalajim nessuno mi conosceva.<br />
- Conosci queste persone, - continuò Pilato<br />
senza distogliere gli occhi dal prigioniero: -<br />
un certo Disma, un certo Hesta, e infine Bar-<br />
Raban?<br />
- Non conosco questa buona gente, - rispose<br />
il prigioniero.<br />
- Davvero?<br />
- Davvero.<br />
- E adesso dimmi perché usi sempre le parole<br />
«buona gente». Chiami tutti così?<br />
- Sì, tutti, - rispose il prigioniero. - Non esistono<br />
uomini cattivi.<br />
- E' la prima volta che lo sento dire, - sogghi-<br />
54
gnò Pilato. Magari conosco poco la vita!...<br />
Puoi fare a meno di scrivere, disse al segretario,<br />
benché questi non scrivesse più da un<br />
pezzo, e continuò, rivolto al prigioniero: -<br />
L'hai letto in qualche libro greco ?<br />
- No, ci sono arrivato da solo.<br />
- E lo predichi?<br />
- Sì.<br />
- Ma, per esempio, il centurione Marco,<br />
l'hanno soprannominato l'Ammazzatopi, è<br />
buono anche lui?<br />
- Sì, - rispose il prigioniero, - però è un infelice.<br />
Da quando certa buona gente l'ha mutilato,<br />
è diventato crudele e duro […].<br />
In quel momento sotto il porticato entrò di<br />
slancio una rondine, descrisse un cerchio sotto<br />
la volta dorata, si abbassò, sfiorò con l'ala<br />
appuntita il volto di una statua di rame dentro<br />
una nicchia e scomparve dietro il capitello di<br />
una colonna. Forse le era venuta<br />
l'idea di farvi il suo nido.<br />
Durante quelle evoluzioni, nella testa del<br />
procuratore, ridiventata limpida e leggera, era<br />
nata una formula: l'egemone ha preso in esame<br />
la pratica del filosofo vagabondo Jeshua,<br />
soprannominato Hanozri, e non vi ha riscontrato<br />
gli estremi del reato. In particolare, non<br />
ha trovato il menomo legame tra l'attività di<br />
Jeshua e i disordini avvenuti da poco a Jerushalajim.<br />
Il filosofo vagabondo è un malato<br />
di mente, per cui il procuratore non conferma<br />
la condanna a morte di Hanozri emanata dal<br />
piccolo Sinedrio. Ma considerato che i pazzeschi<br />
discorsi utopistici di Hanozri possono<br />
causare disordini a Jerushalajim, il procurato-<br />
re esilia Jeshua da Jerushalajim e lo fa confinare<br />
a Cesarea, sul Mediterraneo, cioè proprio<br />
nel luogo di residenza del procuratore.<br />
Rimaneva da dettare questo al segretario.<br />
Le ali della rondine frullarono sopra la testa<br />
dell'egemone, l'uccello si slanciò verso la vasca<br />
della fontana e volò via. Il procuratore<br />
alzò lo sguardo verso il prigioniero e vide che<br />
vicino a lui una colonna di pulviscolo riluceva<br />
al sole.<br />
- E' tutto? - chiese Pilato al segretario.<br />
- No, purtroppo, - rispose inaspettatamente<br />
questi, e porse a Pilato un altro pezzo di pergamena.<br />
- Che altro c'è? - chiese Pilato aggrottando la<br />
fronte.<br />
Dopo che ebbe letto, il suo volto mutò ancora<br />
di più espressione. Un sangue scuro gli affluì<br />
al viso e al collo, o qualcos'altro successe,<br />
fatto sta che la sua pelle perdette il colore<br />
giallognolo, diventò brunastra, e gli occhi<br />
sembrarono sprofondare nelle orbite.<br />
La colpa era probabilmente del sangue che<br />
era affluito di nuovo alle tempie e vi pulsava,<br />
fatto sta che al procuratore si turbò la vista.<br />
Gli sembrò infatti che la testa del prigioniero<br />
dileguasse in un punto e che al suo posto ne<br />
apparisse un'altra. Su questa testa calva era<br />
posata una corona d'oro dalle punte distanziate.<br />
Sulla fronte si vedeva una piaga rotonda<br />
che corrodeva la pelle ed era unta di unguento.<br />
Una bocca infossata, senza denti, dal capriccioso<br />
labbro inferiore pendulo. A Pilato<br />
sembrò fossero scomparse le rosee colonne<br />
del porticato e i tetti lontani di Jerushalajim, e<br />
55
che tutto annegasse nel denso verde dei giardini<br />
capresi. Anche al suo udito stava succedendo<br />
qualcosa di strano: aveva l'impressione<br />
che in lontananza delle trombe suonassero<br />
lievi e minacciose, e percepì con grande chiarezza<br />
una voce nasale che strascicava arrogantemente<br />
le parole: «Legge di lesa maestà...»<br />
Passarono in un lampo pensieri brevi, sconnessi<br />
e straordinari. «Sono perduto!...» Poi:<br />
«Siamo perduti! ...» e un altro ancora, del tutto<br />
assurdo tra quelli, su chi sa quale immortalità,<br />
un'immortalità che provocava un'angoscia<br />
intollerabile.<br />
Pilato fece uno sforzo, scacciò la visione,<br />
rivolse nuovamente lo sguardo al balcone, e<br />
si ritrovò davanti gli occhi del prigioniero.<br />
- Senti, Hanozri, - disse il procuratore guardando<br />
Jeshua con una strana espressione: il<br />
suo volto era minaccioso, ma gli occhi<br />
inquieti, - hai mai parlato del grande Cesare?<br />
Rispondi! Ne hai parlato?... O... non... ne hai<br />
parlato? - Pilato prolungò la parola «non» alquanto<br />
più di quanto si convenga in tribunale,<br />
e lanciò un'occhiata a Jeshua come se volesse<br />
suggerirgli un pensiero.<br />
- E' facile e grato dire la verità, - osservò l'arrestato.<br />
- Non m'interessa, - ribatté con voce strozzata<br />
e cattiva Pilato, - se ti è grato o no dire la<br />
verità. Ma tu la dovrai dire. Però dicendola,<br />
pesa ogni tua parola se non vuoi una morte<br />
non solo inevitabile, ma anche tormentosa.<br />
Nessuno sa che cosa succedesse al procuratore<br />
della Giudea, ma egli si permise di alzare<br />
la mano come per proteggersi da un raggio di<br />
sole, e dietro quella mano, come al riparo di<br />
uno scudo, di lanciare al prigioniero uno<br />
sguardo d'intesa.<br />
(da Michail Bulgakov, Il maestro e Margherita,<br />
Einaudi, Torino, 1967, pp. 17-27)<br />
56
ROMAN OMAN FORUM ORUM AND<br />
IMPERIAL MPERIAL FORA ORA<br />
COAST TO COAST<br />
A ddì 13 marzo, per fortuna<br />
non sono ancora le idi, ma<br />
se ne respira l‟aria. Baldanzosi come lo furo-<br />
no i romani antichi (Once were romans) un<br />
gruppo di adolescenti della nostra scuola attraversano<br />
i fori da costa a costa! La giornata<br />
è stupenda, il vento ha spazzato via l‟umidità<br />
e il sole fa sentire il suo calore primaverile.<br />
E‟ una meravigliosa occasione per ripercorrere<br />
circa quattro secoli di storia attraverso la<br />
monumentalizzazione del cuore della Roma<br />
antica… Da Cesare a Costantino, dalla grande<br />
Roma dei Cesari all‟inizio della Roma cristiana…<br />
La nostra allegra compagnia trova<br />
anche il tempo di rileggere e interpretare, a<br />
modo suo, un breve passo del Giulio Cesare<br />
di Shakspeare: The dogs of war.<br />
57
The romans romans photographed photographed by a a gaul under the statue statue of of Julius Julius<br />
ANTONIO: Oh, perdonami, tu insanguinata<br />
zolla di terra, se io sono umile e benigno con<br />
questi carnefici! Tu sei la rovina del più nobile<br />
uomo che mai visse nella vicenda dei tempi.<br />
Guai alle mani che versarono questo prezioso<br />
sangue! Sulle tue ferite ora io profetizzo<br />
- ferite che quali mute bocche dischiudono<br />
le loro rosse labbra ad implorare la voce e<br />
l'accento della mia lingua che una maledizione<br />
ricadrà sulle membra degli uomini; il furore<br />
intestino e la feroce lotta civile strazieranno<br />
ogni parte d'Italia; il sangue e la rovina<br />
saranno così comuni e gli spaventosi spettacoli<br />
così familiari che le madri non sapran<br />
che sorridere nel mirare i loro bimbi squartati<br />
dagli artigli della guerra; ogni pietà sarà soffocata<br />
dall'abito delle truci gesta; e lo spirito<br />
di Cesare, vagante in cerca di vendetta, con al<br />
suo fianco Ate uscita infocata dall'inferno,<br />
entro questi confini con voce di monarca griderà<br />
"Sterminio", e scioglierà i mastini della<br />
guerra, così che questa infame impresa ammorberà<br />
la terra col puzzo delle carogne<br />
umane gementi per la sepoltura.<br />
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COME OME RICHIEDERE UN DOCUMENTO IN ITALIA TALIA! TALIA<br />
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JERE ERE JEF EF<br />
TRIBUTO RIBUTO A FABRIZIO ABRIZIO MEONI EONI<br />
“Fabrizio …. è una figura importante non solo per le nostre terre, ma per tutti gli appassionati,<br />
non solo per gli appassionati di moto, ma tutti gli appassionati in genere: quelli che dedicano la<br />
propria vita ad una passione. E‟ una grande fortuna, una fortuna che ti può capitare nella vita, crescere<br />
con una passione. Spesso vedo i ragazzi fuori dai bar, in giro e penso che la disgrazia più<br />
grande che ti può succedere è quella di ritrovarti nella noia quando sei un adolescente, guardarti<br />
intorno e credere che il mondo non ti offra niente, non ti offra prospettive, che poi è l‟atteggiamento<br />
che tende a lasciarti andare a buttar via la nostra vita” (dall‟intervista a Lorenzo Jovannotti<br />
inclusa nel video)<br />
Il video è presente su You Tube diviso in 5<br />
parti. Clicca qui a lato nella versione pdf e ti<br />
colleghi alla prima, lì trovi i link alle altre 4<br />
parti<br />
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Prima Prima che che sorga sorga l'alba, l'alba, vegliamo vegliamo nell'attesa nell'attesa<br />
tace tace il il creato creato e e canta canta nel nel silenzio silenzio il il mistero. mistero.<br />
Il Il nostro nostro sguardo sguardo cerca cerca un un volto, volto, nella nella notte notte<br />
...<br />
...<br />
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