LEVITICO - Casa Editrice HILKIA
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Levitico 4:1-12 12<br />
I sacrifici per il peccato<br />
cerdote che anche dopo ricevuta l’unzione<br />
(e cioè, il sommo sacerdote) commette<br />
un peccato per ignoranza: «la legge<br />
infatti costituisce sommi sacerdoti uomini<br />
soggetti a infermità» (Eb 7:28). Sebbene<br />
la sua ignoranza fosse meno scusabile di<br />
quella degli altri, gli era tuttavia permesso<br />
di portare l’offerta. Il suo ufficio non scusava<br />
il suo peccato tanto da esentarlo dall’offrire<br />
un sacrificio per essere perdonato,<br />
ma, d’altra parte, non aggravava la<br />
situazione. Infatti, egli sarebbe stato perdonato,<br />
a patto che offrisse il sacrificio. Il<br />
caso ipotizzato viene cosí descritto: se ha<br />
peccato al pari del resto del popolo (v. 3,<br />
K.J.). L’espressione suppone che sotto<br />
quest’aspetto si trovasse sullo stesso<br />
piano con tutti gli altri Israeliti, e non godesse<br />
di alcun privilegio per il fatto d’essere<br />
un ministro. Ora, la legge riguardante<br />
l’offerta per il peccato del sommo sacerdote<br />
è la seguente:<br />
1. Offrire un giovenco senza difetto (v.<br />
3), cioè un’offerta analoga a quella che<br />
doveva essere dall’intero popolo (v. 14),<br />
mentre invece per uno dei capi, o per un<br />
privato qualsiasi, sarebbe bastata anche<br />
una capra, maschio o femmina (vv. 23,<br />
28). Questo fatto indicava la maggior responsabilità<br />
del sommo sacerdote. La sua<br />
trasgressione era resa molto piú seria dall’alto<br />
grado che ricopriva e dalla sua relazione<br />
con Dio e con il popolo (Ro 2:21).<br />
2. La mano di colui che faceva l’offerta<br />
doveva esser imposta sulla testa dell’offerta<br />
(v. 4) con una solenne confessione<br />
di pentimento del peccato commesso,<br />
che in tal modo ricadeva sul capo<br />
della vittima (Le 16:21), poiché senza<br />
confessione non può esservi remissione<br />
(Sl 32:5; Pr 28:13). Tale dichiarazione<br />
esprimeva inoltre la fede sul metodo istituito<br />
da Dio, figura di qualcosa di meglio<br />
che doveva ancora venire e che tuttavia<br />
essi non potevano chiaramente comprendere.<br />
Colui che poneva la mano sul capo<br />
della vittima affermava di essere meritevole<br />
di morte, e che se Dio accettava l’offerta<br />
di quella bestia perché morisse al<br />
suo posto era solo per la sua grande mise-<br />
ricordia. Gli stessi scrittori ebraisti dicono<br />
che né l’offerta per il peccato, né quello<br />
per la colpa avrebbero potuto fare l’espiazione,<br />
tranne che in favore di coloro che<br />
si pentivano e credevano nell’espiazione<br />
medesima.<br />
3. Il giovenco doveva essere ucciso, e<br />
nel disporne il sangue si doveva seguire<br />
una procedura molto solenne, perché era<br />
il sangue che faceva l’espiazione, e senza<br />
spargimento di sangue non c’era remissione<br />
(vv. 5-7). Una parte del sangue dell’offerta<br />
per il peccato del sommo sacerdote<br />
doveva essere aspersa con lo sguardo<br />
rivolto al propiziatorio, anche se di mezzo<br />
c’era il velo: sette volte davanti<br />
all’Eterno, di fronte al velo del santuario<br />
(v. 6). Una parte veniva messa sui corni<br />
dell’altare d’oro, perché era l’altare davanti<br />
al quale serviva lo stesso sacerdote.<br />
In tal modo, quindi, si rappresentava la rimozione<br />
di quella contaminazione che<br />
aveva infettato il suo ufficio a motivo del<br />
peccato. Questo rito indica quanto sia importante<br />
il sacrificio di Cristo ai fini dell’efficacia<br />
della sua intercessione: il sangue<br />
del suo sacrificio è quello che sta sull’altare<br />
dei profumi e che è stato spruzzato<br />
davanti al Signore. Quando s’era<br />
fatto tutto questo, il rimanente del sangue<br />
veniva sparso ai piedi dell’altare di<br />
bronzo. Con questo rito il peccatore riconosceva<br />
che egli avrebbe meritato la<br />
morte e che il suo stesso sangue venisse<br />
sparso. Allo stesso modo si rappresentava<br />
il fatto che, quando ci si pente sinceramente,<br />
è come rendere la propria anima a<br />
Dio, e che morendo, il Salvatore, appunto,<br />
rese la sua anima a Dio.<br />
4. Il grasso delle interiora doveva essere<br />
bruciato sull’altare degli olocausti<br />
(vv. 8-10). In tal modo, si manifestava che<br />
lo scopo dell’offerta e dell’espiazione era<br />
rivolto alla gloria di Dio, il quale, essendo<br />
stato offeso dal peccato, veniva adesso<br />
onorato dal sacrificio. Si rappresentavano<br />
anche gli aspri dolori del nostro Signore<br />
Gesú che si fece peccato (cioè, offerta per<br />
il peccato) per noi, e specialmente le sofferenze<br />
della sua anima e le sue agonie in-