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LEVITICO - Casa Editrice HILKIA

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OSSERVAZIONI SUL TERZO LIBRO DI MOSÈ<br />

<strong>LEVITICO</strong><br />

Il libro del Levitico non contiene alcuna parte storica eccetto quelle riguardanti la<br />

consacrazione dei sacerdoti (capitoli 8 e 9), la punizione divina di Nadab e Abiu, per<br />

aver offerto un fuoco estraneo (capitolo 10), e il giudizio del figlio di Scelomit, per bestemmia<br />

(capitolo 24). Tutto il resto del libro si occupa di leggi – principalmente di carattere<br />

rituale – che Dio diede a Israele per mezzo di Mosè, e che riguardavano i sacrifici<br />

e le offerte, il mangiare e il bere, le diverse purificazioni e altre particolarità tramite<br />

le quali Dio voleva appartare il suo popolo e distinguerlo dalle altre nazioni. Tutte<br />

quelle cose erano un’ombra dei futuri beni che avrebbero avuto attuazione<br />

nell’Evangelo di Cristo (Eb 10:1). Il nome del libro deriva dal greco leuitikòn, datogli<br />

dalla Septuaginta, perché contiene leggi, ordinamenti e rituali propri del sacerdozio levitico,<br />

cosí chiamato in Ebrei 7:11. I Leviti erano i primi destinatari di tutte queste<br />

istruzioni, sia per la parte che essi stessi dovevano eseguire, sia per quella che dovevano<br />

insegnare al popolo. Alla fine del libro dell’Esodo si legge dell’erezione del tabernacolo,<br />

il luogo destinato all’adorazione, che fu rigorosamente realizzato secondo<br />

il modello che Dio stesso aveva dato a Mosè. Allo stesso modo i rituali relativi al servizio<br />

dovevano essere eseguiti con analoga meticolosità: le indicazioni divine su questa<br />

materia erano precise quanto quelle sul tabernacolo, e dovevano essere osservate<br />

con altrettanta rigorosità. Ciò che rimane di queste leggi ormai abrogate, è di utilità per<br />

rafforzare la nostra fede in Gesú Cristo, l’Agnello senza difetto né macchia ben preordinato<br />

prima della fondazione del mondo (1 P 1:19, 20) e la nostra gratitudine nei confronti<br />

di Dio che per mezzo di lui ci ha liberati dal giogo della legge rituale.<br />

CAPITOLO 1<br />

Questo libro inizia con le norme riguardanti i<br />

sacrifici, tra i quali il piú antico era l’olocausto,<br />

oggetto delle istruzioni che Dio dà a Mosè in questo<br />

capitolo. Sono fornite indicazioni su come si<br />

doveva offrire questo sacrificio, a seconda che si<br />

trattasse di:<br />

I. Bovini (vv. 3-9).<br />

II. Ovini e caprini (vv. 10-13).<br />

III. Uccelli (vv. 14-17).<br />

L’offerta sia che fosse di gran valore sia che<br />

non lo fosse, se presentata con cuore retto e secondo<br />

la legge, era gradita a Dio.<br />

1:1, 2<br />

Qui osserviamo che:<br />

1. Si dà per scontato che il popolo<br />

avrebbe desiderato portare offerte al<br />

Signore. La stessa luce della ragione naturale<br />

induce l’uomo, in un modo o nell’altro,<br />

a onorare il suo Fattore e a rendere<br />

omaggio al suo Signore, ma la religione<br />

rivelata presuppone che quella naturale<br />

sia un’istituzione piú antica, e ritiene che<br />

la caduta di Adamo ed Eva indusse gli uomini<br />

a glorificare Dio per mezzo di sacrifici,<br />

quale implicito riconoscimento del<br />

fatto di avere ricevuto tutto da lui, in<br />

quanto sue creature, e di aver perduto<br />

tutto, in quanto peccatori. Una coscienza<br />

veramente convinta di dipendere da Dio e<br />

di essere colpevole, vorrà presentarsi dinanzi<br />

a lui con migliaia di montoni (Mi<br />

6:6, 7).<br />

2. Ci si preoccupa che gli uomini ingabbiati<br />

dalle proprie chimere siano inconcludenti<br />

nelle proprie convinzioni religiose<br />

relative i sacrifici, e non accada<br />

che, pur volendo onorare Dio, in realtà lo<br />

disonorino impegnandosi a fare cose che<br />

non possono essergli gradite. Si richiede,<br />

perciò, che ogni cosa sia fatta con decoro<br />

e seguendo regole ben determinate in<br />

modo tale che le offerte possano rappresentare<br />

adeguatamente sia il grande sacri-


Levitico 1:3-9 2<br />

Gli olocausti<br />

ficio espiatorio che Cristo presenterà<br />

nella pienezza dei tempi (Ga 4:4), sia i sacrifici<br />

spirituali di riconoscenza che i cristiani<br />

offriranno ogni giorno.<br />

3. Dio diede a Israele quelle leggi per<br />

mezzo di Mosè. Nulla è piú frequentemente<br />

ripetuto di questa frase: l’Eterno<br />

parlò ancora a Mosè dicendo: parla ai figliuoli<br />

d’Israele. Dio avrebbe potuto parlare<br />

direttamente ai figli d’Israele, come<br />

aveva fatto per i Dieci Comandamenti,<br />

ma scelse di farlo per mezzo di Mosè perché<br />

il popolo stesso aveva chiesto che Dio<br />

non comunicasse piú direttamente con<br />

loro. Egli aveva quindi deciso che Mosè,<br />

tra tutti i profeti, fosse tipo di Cristo, il canale<br />

attraverso il quale Dio avrebbe parlato<br />

a noi in questi ultimi tempi (Eb 1:2).<br />

Mediante altri profeti Dio mandò dei<br />

messaggi al suo popolo, ma attraverso<br />

Mosè emanò le sue leggi, rendendolo in<br />

tal modo tipo di colui al quale il Padre ha<br />

affidato tutto il giudizio (cfr. Gv 5:22).<br />

Inoltre, il tesoro della divina rivelazione<br />

doveva comunque essere contenuto in un<br />

vaso di carne, affinché la nostra fede<br />

fosse provata e l’eccellenza della potenza<br />

fosse attribuita a Dio (cfr. Fl 2:5-11).<br />

4. Dio gli parlò fuori dal tabernacolo.<br />

Non appena la shekinah prese possesso<br />

della nuova dimora, in segno di approvazione<br />

di quello ch’era stato fatto, Dio<br />

parlò a Mosè dal propiziatorio mentre egli<br />

stava fuori dal velo o, meglio, presso la<br />

porta, udendo solo una voce. È probabile<br />

che Mosè trascrivesse in tempo reale<br />

quello che ascoltava in modo da evitare<br />

errori dovuti a interpretazioni o dimenticanza.<br />

Il tabernacolo era stato eretto per<br />

essere un luogo di comunione tra Dio e<br />

Israele, ed è in questo luogo che gli<br />

Israeliti offrivano il culto a Dio ed egli rivelò<br />

la sua volontà. Similmente noi, attraverso<br />

la sua Parola e la preghiera, abbiamo<br />

comunione con il Padre e con il<br />

Figlio Gesú Cristo (At 6:4). Quando parliamo<br />

a Dio, dobbiamo anche desiderare<br />

di ascoltare la sua voce e riconoscere<br />

come atto di misericordia il fatto che egli<br />

si degni di parlarci. L’Eterno chiamò<br />

Mosè, non perché gli si avvicinasse (in<br />

quella dispensazione persino Mosè doveva<br />

tenersi a distanza), ma perché ascoltasse<br />

e prestasse attenzione a ciò che sarebbe<br />

stato detto. Gli studiosi di ebraico<br />

c’informano che il verbo tradotto<br />

«chiamò» può avere un significato particolare,<br />

lasciando intendere che Dio parlò<br />

con voce quieta e sommessa. La legge<br />

morale era stata data in mezzo al terrore<br />

della montagna in fiamme, tra tuoni e<br />

lampi, ma la legge che riguardava il rimedio<br />

previsto per mezzo del sacrificio, essendo<br />

simbolo della grazia dell’Evangelo,<br />

ministero di vita e pace, provenne in<br />

modo piú dolce dal propiziatorio.<br />

1:3-9<br />

Si suppone che un uomo ricco per onorare<br />

Dio avrebbe dovuto portare un olocausto<br />

tratto dal suo bestiame grosso.<br />

Colui che mette Dio al primo posto e lo ritiene<br />

il piú importante, vorrà offrirgli il<br />

meglio di quanto lui stesso possiede, altrimenti<br />

non gli dà la gloria che gli è dovuta.<br />

Ora, se uno aveva deciso di uccidere un<br />

giovenco, non per il diletto della sua famiglia<br />

e degli amici ma per farne un sacrificio<br />

a Dio, doveva seguire con attenzione<br />

queste regole:<br />

1. L’animale da offrire doveva essere<br />

maschio, senza difetto e il migliore della<br />

mandria. Non solo, ma essendo assegnato<br />

per onorare Dio che è infinitamente perfetto,<br />

doveva essere eccellente nel suo genere.<br />

Ciò simboleggia l’assoluta efficacia<br />

e purezza presenti in Cristo – il sacrificio<br />

morente – e la sincerità di cuore e santità<br />

di vita che devono ritrovarsi tra i cristiani<br />

che sono presentati a Dio quali sacrifici<br />

viventi (Ro 12:1). Però, in Cristo Gesú<br />

non c’è né maschio né femmina (cfr. Ga<br />

3:28) e nessun difetto fisico potrà impedirci<br />

di essere accettati da Dio. Gli unici<br />

difetti che ci impediscono di essere graditi<br />

a Dio sono quelli morali introdotti<br />

nell’anima dal peccato.<br />

2. Il proprietario doveva offrirlo «di<br />

sua spontanea volontà» (v. 3, ND). Per essere<br />

gradite a Dio è necessario che le no-


Gli olocausti 3<br />

Levitico 1:3-9<br />

stre offerte – che riguardano la fede –<br />

siano fatte volontariamente e senza costrizioni,<br />

siano, cioè, dettate dall’amore. Dio<br />

gradisce le persone spontanee che sanno<br />

donarsi e donare con allegrezza (2 Co<br />

9:7). Alcune versioni della Bibbia traducono<br />

il versetto 3 ponendo l’accento non<br />

sulla volontarietà dell’offerta, ma sul suo<br />

scopo: «L’offrirà per … ottenere il favore<br />

dell’Eterno». Solo coloro che desiderano<br />

veramente la grazia di Dio e la considerano<br />

obiettivo primario della propria fede,<br />

la troveranno (cfr. 2 Co 5:9).<br />

3. Doveva essere offerto «all’ingresso<br />

della tenda di convegno», ossia lí dove<br />

era situato l’altare di rame degli olocausti<br />

che santificava il dono. Il donatore, essendo<br />

indegno di entrare, rimaneva davanti<br />

alla porta riconoscendo in tal modo<br />

che il peccatore non può avere alcun accesso<br />

al patto e alla comunione con Dio<br />

se non per mezzo del sacrificio il quale<br />

dev’essere offerto davanti al tabernacolo<br />

dell’adunanza in segno di comunione con<br />

tutta la comunità d’Israele, anche se si sta<br />

offrendo un culto personale.<br />

4. L’offerente doveva mettere la mano<br />

sulla testa dell’olocausto (v. 4). Alcuni<br />

rabbini affermano che l’offerente doveva<br />

porre entrambe le mani, con tutta la sua<br />

forza, tra le corna della bestia. In tal modo<br />

si simboleggiava:<br />

(a) La rinuncia, in favore di Dio, a<br />

ogni diritto e interesse economico sull’animale.<br />

Rinuncia che si concretizzava nel<br />

destinarlo al sacrificio.<br />

(b) Il prendere atto che egli stesso meritava<br />

la morte, e sarebbe stato pronto a<br />

perire se Dio l’avesse richiesto per dargli<br />

onore e ottenerne la benevolenza.<br />

(c) La fiducia posta nel sacrificio, il<br />

tipo istituito per rappresentare il grande<br />

sacrificio sul quale doveva essere riversata<br />

l’iniquità di noi tutti. Alcuni pensano<br />

che nel citare la dottrina dell’imposizione<br />

delle mani (Eb 6:2) l’agiografo intendesse<br />

riferirsi al significato spirituale dei sacrifici<br />

che simboleggiano la fede<br />

Evangelica. Il fatto che l’offerente poggiasse<br />

le mani sul capo dell’offerta stava<br />

a indicare il desiderio e la speranza che<br />

essa fosse ben accetta, per ottenere il favore<br />

dell’Eterno (v. 3). Gli olocausti, a<br />

differenza del sacrificio per il peccato,<br />

non erano riferiti a una certa colpa in particolare,<br />

ma all’espiazione per il peccato<br />

in generale. Colui che imponeva le mani<br />

sul capo dell’olocausto lo faceva per confessare<br />

di non aver agito rettamente, e<br />

anzi aveva fatto ciò che non avrebbe dovuto.<br />

Allo stesso tempo, essendo meritevole<br />

di morte, chiedeva che quella del sacrificio<br />

fosse accettata per l’espiazione<br />

della sua colpa.<br />

5. L’animale offerto in sacrificio doveva<br />

essere immolato dai sacerdoti leviti<br />

davanti all’Eterno (v. 5), cioè con un atteggiamento<br />

di pia devozione, avendo riguardo<br />

a Dio e al suo onore. In tal modo<br />

si rappresentava il fatto che il nostro<br />

Signore Gesú fece della sua vita un’offerta<br />

per il peccato. Il Messia, il principe,<br />

dovette essere ucciso in sacrificio, ma non<br />

per se stesso (Da 9:26, K.J.). Significava<br />

altresí che nei cristiani – che sono sacrifici<br />

viventi (Ro 12:1) – il vecchio uomo<br />

deve morire, e quindi si deve crocifiggere<br />

la carne con le sue passioni corrotte, le<br />

concupiscenze e tutti i desideri della vita<br />

naturale (Ro 6:4-6; Ga 2:20).<br />

6. I sacerdoti dovevano spargere il sangue<br />

tutt’intorno sull’altare (v. 5). Poiché<br />

la vita degli animali è nel sangue, esso era<br />

quello che faceva l’espiazione per l’anima.<br />

In tal modo si rappresentava il fatto<br />

che il nostro Signore Gesú, nello spargere<br />

il suo sangue quando offrí se stesso a Dio<br />

puro da ogni macchia, aveva lo scopo diretto<br />

e immediato di soddisfare la giustizia<br />

del Padre e di ripristinare il suo onore<br />

offeso. Si simboleggiava anche la pacificazione<br />

e la purificazione delle nostre coscienze<br />

attraverso l’aspersione del sangue<br />

di Gesú Cristo fatta sopra d’esse per<br />

mezzo della fede (1 P 1:2; Eb 10:22).<br />

7. L’animale doveva essere scuoiato e<br />

fatto accuratamente a pezzi, secondo le<br />

varie parti del corpo. Successivamente,<br />

tutti i pezzi, con la testa e il grasso, dovevano<br />

essere bruciati assieme sull’altare,


Levitico 1:10-17 4<br />

Gli olocausti<br />

dopo che le zampe e le interiora erano<br />

state lavate con acqua (vv. 6-9). Ma qualcuno<br />

potrebbe dire: «Perché questo<br />

spreco?» (Mt 26:8, NR). Perché tutta<br />

quella buona carne che poteva essere donata<br />

ai poveri affamati doveva essere bruciata<br />

e ridotta in cenere? Prima di tutto<br />

perché questa era la volontà di Dio e non<br />

spetta a noi obbiettare. Se il sacrificio veniva<br />

bruciato per dare onore a Dio, per<br />

sottomissione alla sua volontà e per simboleggiare<br />

delle benedizioni spirituali,<br />

tutto era utilizzato al meglio perché rispondeva<br />

allo scopo per cui era stato<br />

creato, piuttosto che se fosse stato usato<br />

come cibo per gli uomini. È errato pensare<br />

che ciò che viene offerto a Dio sia<br />

una perdita. Inoltre, il fuoco del sacrificio<br />

può ben simboleggiare le intense sofferenze<br />

di Gesú e la devozione con la quale,<br />

come con un fuoco sacro, i cristiani devono<br />

offrire a Dio tutto il loro essere: spirito,<br />

anima e corpo.<br />

8. L’offerta viene definita di soave<br />

odore (v. 9) davanti al Signore. Di per sé<br />

la carne che brucia non dà un buon odore,<br />

ma questa, essendo oggetto di ubbidienza<br />

a un comando divino, ed essendo tipo di<br />

Cristo, era gradita a Dio: in tal modo egli<br />

non solo era riconciliato con colui che faceva<br />

l’offerta, ma prendeva diletto in tale<br />

riconciliazione. Il Signore vi prendeva diletto,<br />

cosí come si riposava dalle opere<br />

della creazione (Es 31:17) e se ne rallegrò<br />

(Sl 104:31). L’offerta che Cristo fece di se<br />

stesso a Dio fu un profumo d’odor soave<br />

(Ef 5:2) e i sacrifici spirituali dei cristiani<br />

sono accettevoli a Dio (1 P 2:5).<br />

1:10-17<br />

Qui abbiamo le norme riguardanti gli<br />

olocausti di ovini e uccelli. Le persone del<br />

ceto medio che non erano in condizione<br />

di offrire un giovenco, potevano portare<br />

una pecora oppure una capra. E quelli piú<br />

poveri che non potevano nemmeno questo,<br />

potevano offrire a Dio anche una tortora<br />

o un piccione. Sia nella legge, sia<br />

nell’Evangelo, come anche nella sua<br />

provvidenza, Dio si preoccupa dei poveri.<br />

È da notare che gli animali designati per i<br />

sacrifici erano tra le piú mansuete, tenere<br />

e innocue, forse per rappresentare l’innocenza<br />

e l’umiltà che sarebbero state in<br />

Cristo, ma anche per insegnarci come<br />

queste sono le virtú che debbono caratterizzare<br />

i cristiani. Vengono date istruzioni<br />

riguardanti:<br />

1. Gli olocausti di ovini (v. 10). Le procedure<br />

erano quasi del tutto identiche a<br />

quelle relative ai giovenchi, tranne che<br />

per la disposizione che il sacrificio fosse<br />

scannato dal lato settentrionale dell’altare,<br />

ossia a nord. Questa regola, sebbene<br />

espressa solo in questo versetto, è probabile<br />

che dovesse essere osservata anche<br />

nel caso precedente, come in tutti gli altri<br />

sacrifici. Forse da quel lato dell’altare<br />

c’era piú spazio per i movimenti dei sacerdoti?<br />

Anticamente si usava dire che «il<br />

tempo bello viene dal nord» e che «il<br />

vento del nord porta via la pioggia».<br />

Attraverso quei sacrifici si spazzavano<br />

via le tempeste dovute all’ira di Dio e si<br />

faceva risplendere la luce dell’approvazione<br />

divina, il che è molto piú gradevole<br />

della giornata piú bella e luminosa.<br />

2. Gli olocausti di uccelli. Potevano essere<br />

tortore (in tal caso, dicono gli ebraisti,<br />

dovevano essere adulte) oppure piccioni<br />

(in questo caso, giovani piccioni).<br />

All’altare di Dio si doveva portare ciò che<br />

sarebbe stato piú gradito sulla tavola degli<br />

uomini. Nell’offrire questi uccelli:<br />

(a) La testa doveva essere spiccata (v.<br />

15) che secondo alcuni interpretano come<br />

se dovesse essere completamente staccata,<br />

mentre secondo altri doveva essere<br />

tagliata solo quanto bastava per uccidere<br />

il volatile, lasciandola attaccata al resto<br />

del corpo. La prima ipotesi, però, sembra<br />

la piú probabile visto che la testa si bruciava<br />

per prima.<br />

(b) Il sangue doveva essere fatto scorrere<br />

sopra uno de’ lati dell’altare (v. 15).<br />

(c) I rifiuti venivano gettati nel luogo<br />

delle ceneri insieme alle piume (v. 16).<br />

(d) Il corpo doveva essere spaccato,<br />

cosparso di sale e quindi bruciato sull’altare<br />

(v. 17). Gli ebraisti ritengono che il


Le offerte 5<br />

Levitico 2:1-10<br />

sacrificio degli uccelli fosse uno dei servizi<br />

piú difficili per i sacerdoti, e serve a<br />

insegnarci quanto sia importante preoccuparsi<br />

della salvezza dei poveri come ci si<br />

preoccupa di quella dei ricchi, e che il<br />

culto offerto dai primi è gradito a Dio<br />

tanto quanto quello dei secondi, se ovviamente<br />

provengono da un cuore integro e<br />

sincero. Infatti, egli accetta quello che<br />

uno ha, e non quello che non ha (2 Co<br />

8:12). Le tortore o i giovani piccioni del<br />

povero sono un sacrificio di soave odore,<br />

esattamente come il giovenco che ha<br />

corna e zoccoli. Dopotutto amare Dio con<br />

tutto il cuore, con tutto l’intelletto e con<br />

tutta la forza e amare il prossimo come se<br />

stessi, è assai piú che tutti gli olocausti e i<br />

sacrifici (cfr. Mr 12:33).<br />

CAPITOLO 2<br />

In questo capitolo abbiamo le norme<br />

concernenti le oblazioni.<br />

I. L’oggetto d’esse: fior di farina, olio<br />

e incenso (v. 1), cose cotte nel forno (v.<br />

4), sulla gratella (vv. 5, 6) o sulla padella<br />

(v. 7).<br />

II. La preparazione della farina (vv. 2,<br />

3) e delle focacce (vv. 8-10).<br />

III. Alcune regole particolari consistenti<br />

nel fatto che in nessun caso si potevano<br />

usare lievito o miele (vv. 11, 12) e<br />

che invece non doveva mancare il sale (v.<br />

13).<br />

IV. Le norme riguardo all’offerta delle<br />

spighe, come primizie (v. 14).<br />

2:1-10<br />

Alcune oblazioni non erano che accessorie<br />

agli olocausti. Tali erano quelle che<br />

venivano offerte con il sacrificio giornaliero<br />

(Es 29:38, 39) o con i sacrifici di riconoscenza;<br />

a esse venivano associate<br />

anche delle libazioni (Nu 15:4, 7, 9, 10).<br />

In questi casi le quantità erano prestabilite.<br />

Ma la legge riportata in questo capitolo<br />

riguarda quelle oblazioni che venivano<br />

offerte spontaneamente, ogni volta<br />

che un uomo ritenesse opportuno esprimere<br />

cosí la sua devozione. La prima of-<br />

ferta della quale leggiamo nella Parola di<br />

Dio è proprio di questo genere: «Caino<br />

fece un’offerta di frutti della terra<br />

all’Eterno» (Ge 4:3).<br />

I. Questo tipo di oblazione era stata<br />

stabilita:<br />

1. Come segno di comprensione nei<br />

confronti dei poveri e delle loro possibilità<br />

affinché anche coloro che vivevano<br />

soltanto di pane e focacce potessero rendere<br />

a Dio un’offerta gradita, tratta dagli<br />

alimenti ordinari e domestici.<br />

Preparandone per l’altare di Dio – come<br />

fece la vedova di Sarepta che prima preparò<br />

una piccola schiacciata per il profeta<br />

– essi avrebbero potuto ottenere la stessa<br />

benedizione per la farina che era nel vaso<br />

e per l’olio che era nell’orciuolo, affinché<br />

non si esaurissero.<br />

2. Come adeguato riconoscimento<br />

della misericordia che Dio usava verso di<br />

loro, provvedendoli di cibo. Era come se<br />

in tal modo si disobbligassero, testimoniando<br />

dipendenza da Dio, gratitudine nei<br />

suoi confronti, e confessando ciò che si<br />

aspettavano da parte di colui che ritenevano<br />

loro Signore e Benefattore generoso<br />

che a tutti dà la vita, il fiato e il nutrimento<br />

necessario. In tal modo dovevano<br />

onorare il Signore con le loro sostanze, e<br />

al suo servizio dovevano consacrare una<br />

parte di ciò che essi stessi mangiavano e<br />

bevevano, come segno del fatto che il loro<br />

cibarsi di queste cose era per la sua gloria.<br />

Coloro che oggi donano generosamente<br />

per i poveri, dando parte del loro pane<br />

agli affamati e provvedono alle necessità<br />

di quanti ne sono privi, offrono a Dio<br />

un’oblazione bene accetta. Come effetto<br />

tra i piú terribili della carestia, il profeta<br />

Gioele lamenta che offerta e libazioni<br />

sono scomparse dalla casa dell’Eterno<br />

(Gl 1:9) e considera che il ripristino di<br />

queste cose sarà la piú grande benedizione<br />

susseguente al ritorno dell’abbondanza<br />

(Gl 2:14).<br />

II. Le leggi delle oblazioni erano le seguenti:<br />

1. Gli ingredienti dovevano essere<br />

sempre fior di farina e olio, due alimenti


Levitico 2:11-16 6<br />

Le offerte<br />

base nella terra di Canaan (De 8:8). Nella<br />

loro alimentazione, l’olio era quello che è<br />

il burro nella nostra. Se si trattava di<br />

un’offerta cruda l’olio doveva essere versato<br />

sulla farina (v. 1), se invece l’offerta<br />

era cotta l’olio doveva essere impastato<br />

con essa (v. 4).<br />

2. Se si trattava di farina non cotta,<br />

oltre all’olio si doveva aggiungere dell’incenso,<br />

e quindi il tutto si doveva porre<br />

sul fuoco per farlo fumare sull’altare (vv.<br />

1, 2). Allude a questo l’apostolo quando<br />

definisce i servitori di Dio «il buon odore<br />

di Cristo» (2 Co 2:15).<br />

3. Se si trattava di un’oblazione di<br />

cosa cotta (v. 4) la si poteva preparare in<br />

diversi modi: il donatore poteva farla cuocere<br />

nel forno, friggerla, oppure impastare<br />

farina e olio su di un piatto. Gli oggetti<br />

necessari a tali operazioni erano a<br />

disposizione nei pressi del tabernacolo.<br />

Nonostante queste offerte fossero di modesto<br />

valore, la legge che le regolamentava<br />

era molto rigorosa, per significare<br />

che Dio tiene conto di tutti i servizi di<br />

fede che gli vengono resi con un cuore<br />

devoto, anche da parte dei piú poveri nel<br />

suo popolo.<br />

4. L’offerente doveva presentarle al sacerdote<br />

che era incaricato di portarle sull’altare<br />

(v. 8). I sacerdoti erano un po’<br />

come gli “esattori” di Dio e avevano l’incarico<br />

di offrire doni.<br />

5. Parte dell’oblazione doveva essere<br />

bruciata sull’altare come ricordanza, cioè<br />

quale manifestazione di consapevolezza<br />

della bontà di Dio che si era manifestata<br />

verso di loro, provvedendoli abbondantemente<br />

di ogni cosa, affinché ne godessero.<br />

Era un sacrificio di soave odore,<br />

fatto mediante il fuoco (vv. 2, 9). Il fatto<br />

che l’oblazione fosse consumata dal<br />

fuoco poteva servire a ricordar loro che<br />

essi meritavano d’avere tutti i frutti della<br />

terra completamente bruciati, e che se ciò<br />

non avveniva era solo per la misericordia<br />

di Dio. Inoltre, potevano anche imparare<br />

che «le vivande son per il ventre, e il ventre<br />

è per le vivande; ma Iddio distruggerà<br />

e queste e quello» (1 Co 6:13) e che «non<br />

di pane soltanto vivrà l’uomo, ma di ogni<br />

parola che procede dalla bocca di Dio»<br />

(Mt 4:4). Questa oblazione fatta mediante<br />

il fuoco è definita un sacrificio di soave<br />

odore all’Eterno. Tali sono anche le offerte<br />

che facciamo mediante il “fuoco” di<br />

un santo amore, e le elemosine che sono<br />

considerate come «un profumo d’odor<br />

soave, un sacrificio accettevole, gradito a<br />

Dio» (Fl 4:18). Infatti, «è di tali sacrifici<br />

che Dio si compiace» (Eb 13:16).<br />

6. Ciò che avanzava dell’oblazione doveva<br />

essere dato ai sacerdoti (vv. 3, 10).<br />

Essendo cosa santissima, non poteva essere<br />

consumata dai donatori, come invece<br />

avveniva con i sacrifici di riconoscenza<br />

(che erano cose sante, non santissime),<br />

ma soltanto dai sacerdoti e dalle loro famiglie.<br />

In tal modo Dio faceva sí che coloro<br />

che servivano all’altare vivessero decorosamente<br />

dell’altare.<br />

2:11-16<br />

I. Si legge il divieto assoluto di mettere<br />

lievito o miele in qualsiasi tipo di<br />

oblazione: non farete fumar nulla che<br />

contenga lievito o miele, come sacrificio<br />

consumato mediante il fuoco all’Eterno<br />

(v. 11).<br />

1. Il lievito era proibito in memoria del<br />

pane azzimo che il popolo mangiò<br />

quando uscí dall’Egitto. Tanta era la rapidità<br />

che nel fare le offerte non si riteneva<br />

affatto conveniente rimanere ad aspettare<br />

la lievitazione. Il Nuovo Testamento paragona<br />

al lievito sia l’orgoglio e l’ipocrisia,<br />

perché sono cose che fanno gonfiare, sia<br />

la malvagità e l’empietà che ci rendono<br />

aspri. Dobbiamo quindi comprendere e<br />

approfondire questo punto, considerandolo<br />

un avvertimento a stare in guardia,<br />

perché quei peccati renderanno certamente<br />

inaccettabili i nostri sacrifici spirituali.<br />

Si devono elevare mani pure e senza<br />

dispute, e i nostri culti devono essere santificati<br />

con il pane azzimo della sincerità<br />

e della verità (cfr. 1 Co 5:6-8).<br />

2. Nonostante nella terra di Canaan vi<br />

fosse abbondanza di miele esso era vietato<br />

perché mangiarne troppo non è cosa


Le offerte 7<br />

Levitico 2:11-16<br />

buona (Pr 25:16, 27). Infatti, anche se al<br />

palato è molto dolce nello stomaco si tramuta<br />

in bile e amarezza. Alcuni pensano<br />

che la ragione principale per la quale il<br />

lievito e il miele erano vietati consistesse<br />

nel fatto che i pagani li usavano molto per<br />

i loro sacrifici, mentre il popolo di Dio<br />

non deve imparare o praticare le usanze<br />

pagane, ma deve offrire un culto che sia<br />

esattamente l’opposto (De 12:30, 31).<br />

Alcuni interpretano questi divieti ritenendo<br />

che il lievito rappresenti la mortificazione<br />

e la tristezza dello spirito (il mio<br />

cuore s’inacerbiva, Sl 73:21), e il miele<br />

sia simbolo dei piaceri sensuali e della<br />

smodata ilarità. Nel servizio di Dio si devono<br />

evitare sia gli uni che gli altri, e si<br />

deve cercare un giusto equilibrio tra tali<br />

estremi. Infatti, la tristezza del mondo genera<br />

la morte, e l’amore per i piaceri dei<br />

sensi è un grande nemico del santo amore.<br />

II. In tutte le offerte, si richiedeva il<br />

sale (v. 13). L’altare era la tavola del<br />

Signore, e poiché il sale è sempre presente<br />

sulla nostra tavola, Dio voleva che<br />

lo si trovasse sempre anche sulla sua. È<br />

chiamato segno del patto, perché cosí<br />

come gli uomini confermavano i loro<br />

patti mangiando e bevendo insieme,<br />

usando il sale a ogni pasto, allo stesso<br />

modo Dio confermava il suo patto accettando<br />

i doni del popolo e facendo festa<br />

con esso nei sacrifici, come se si trattasse<br />

di un cenare insieme (cfr. Ap 3:20).<br />

Presso gli antichi popoli il sale era simbolo<br />

d’amicizia, e quello usato per i sacrifici<br />

non veniva portato dai donatori ma<br />

era provveduto a spese della comunità,<br />

come anche la legna. Nel cortile del tempio<br />

c’era un locale chiamato «la stanza<br />

del sale», nel quale lo si conservava. Si<br />

può forse mangiar ciò che è insipido e<br />

senza sale? (Gb 6:6, NR). Con questa<br />

espressione, Dio intende mostrare che in<br />

se stessi i sacrifici erano insipidi. I santi,<br />

che sono dei sacrifici viventi davanti a<br />

Dio (Ro 12:10), devono avere sale in se<br />

stessi, poiché ogni sacrificio deve esser<br />

salato con sale (Mr 9:49, Diod) e il nostro<br />

parlare deve essere sempre con grazia (Cl<br />

4:6), cosí come ogni pratica di devozione<br />

deve essere provvista di sale. Il cristianesimo<br />

è il sale della terra.<br />

III. Indicazioni date a proposito delle<br />

primizie.<br />

1. L’offerta obbligatoria delle primizie<br />

di cui leggiamo in Deuteronomio 26:2.<br />

Queste venivano offerte al Signore non<br />

per essere bruciate sull’altare, ma per essere<br />

consegnate ai sacerdoti quale ricompensa<br />

del loro ministero. Il lievito e il<br />

miele si potevano offrire all’Eterno tra<br />

queste primizie (v. 12), ma non nelle altre<br />

oblazioni. Erano cose idonee a essere<br />

consumate dai sacerdoti, ma non a essere<br />

bruciate sull’altare. Si comanda specificatamente<br />

che i due pani dell’offerta agitata<br />

delle primizie fossero cotti con del lievito<br />

(Le 23:17). Nella Scrittura si legge anche<br />

a proposito di primizie di miele portate<br />

nella casa di Dio (cfr. 2 Cr 31:5).<br />

2. L’oblazione volontaria di primizie.<br />

Quella di cui abbiamo appena trattato era<br />

imposta dalla legge, questa invece era<br />

un’offerta volontaria (vv. 14-16). Era il<br />

caso in cui un uomo, volendo mostrare<br />

gratitudine per la misericordia che Dio gli<br />

aveva usato concedendogli la speranza di<br />

un raccolto abbondante, decideva di portare<br />

immediatamente un’offerta in natura,<br />

tratta da ciò che il suo campo aveva prodotto,<br />

per presentarla a Dio. In tal modo<br />

egli si dichiarava obbligato verso il<br />

Signore e manifestava la sua dipendenza<br />

da lui. Occorreva, quindi:<br />

(a) Che si accertasse di presentare a<br />

Dio le spighe piú grosse e piene, e non<br />

quelle piccole e mezze vuote. Qualunque<br />

fosse il tipo d’offerta portata, doveva essere<br />

la cosa migliore nel suo genere,<br />

anche se non si trattava d’altro che di<br />

grano nuovo. Se pensiamo di fare prima<br />

offrendo a Dio qualcosa di scadente, mentre<br />

abbiamo di meglio, non facciamo altro<br />

che ingannare noi stessi (Ml 1:14).<br />

(b) Che quelle spighe ancora non mature<br />

fossero arrostite con il fuoco, in<br />

modo che se ne potessero prendere i chicchi<br />

e mangiarli cosí com’erano. Dalle spighe<br />

verdi, non ci si può aspettare quello


Levitico 3:1-5 8<br />

I sacrifici di riconoscenza<br />

che può essere prodotto solo dal grano<br />

che è stato lasciato a raggiungere la piena<br />

maturazione. I giovani che servono Dio<br />

con il meglio delle loro possibilità saranno<br />

graditi anche se non hanno l’esperienza<br />

degli anziani. Dio ricava il meglio<br />

dai chicchi di grano nuovo e noi dobbiamo<br />

fare altrettanto.<br />

(c) Che sull’oblazione si mettesse olio<br />

e incenso. Allo stesso modo – e questo è<br />

il significato che alcuni vi danno – saggezza<br />

e umiltà devono modellare e addolcire<br />

gli animi e le attività spirituali dei<br />

giovani, e allora i loro chicchi di grano<br />

nuovo saranno graditi. Dio prende particolarmente<br />

piacere nel vedere le primizie<br />

del Frutto dello Spirito e le manifestazioni<br />

del «primo amore». Relativamente a<br />

coloro che non possono pensare e parlare<br />

che come bambini, e tuttavia pensano e<br />

parlano bene, Dio si compiacerà dei loro<br />

boccioli e dei loro germogli, e non dimenticherà<br />

le buone disposizioni.<br />

(d) Che ci si comportasse come per le<br />

altre oblazioni (cfr. v. 16 con il v. 9). E il<br />

sacerdote farà fumare come ricordanza<br />

una parte del grano tritato e dell’olio,<br />

con tutto l’incenso. È un sacrificio fatto<br />

mediante il fuoco all’Eterno. Il fuoco e<br />

l’incenso hanno un significato speciale.<br />

[1] Il fuoco denota l’ardore dello Spirito<br />

Santo che dovrebbe essere presente in<br />

tutte le nostre attività spirituali. In ogni<br />

cosa buona dobbiamo essere motivati da<br />

un forte zelo. Un santo amore per Dio è il<br />

fuoco sul quale si devono fare tutte le nostre<br />

offerte, altrimenti esse non gli saranno<br />

un profumo d’odor soave. [2]<br />

L’incenso denota la mediazione e l’intercessione<br />

di Cristo grazie al quale tutte le<br />

nostre attività spirituali vengono fatte fumare<br />

e raccomandate alla benevola accettazione<br />

di Dio. Benedetto sia Dio, giacché<br />

viviamo nell’effettiva realtà di tutte queste<br />

cose, mentre quelle ne erano solo le<br />

ombre, il frutto nascosto sotto le foglie.<br />

CAPITOLO 3<br />

Il commento di questo capitolo (particolarmente<br />

dal v. 1 al v. 5) è basato sul genere di sacri-<br />

ficio che la Bibbia King James definisce «sacrificio<br />

di offerta di pace», mentre le versioni italiane<br />

si discostano un po’ traducendo: «sacrificio da<br />

render grazie» (Diod), «sacrificio di azioni di grazie»<br />

(Riv), «sacrificio di riconoscenza» (NR),<br />

«sacrificio di ringraziamento» (ND), «sacrificio di<br />

comunione» (CEI). In un certo senso la vera pace<br />

crea comunione e gratitudine.<br />

In questo capitolo abbiamo le norme relative ai<br />

sacrifici di ringraziamento che potevano avere per<br />

oggetto:<br />

I. Un capo d’armento, maschio o femmina (vv.<br />

1-5).<br />

II. Un animale del gregge, agnello (vv. 6-11) o<br />

capra (vv. 12-17). Le regole relative a questi sacrifici<br />

sono in gran parte uguali per tutti, e tuttavia<br />

vengono ripetute per sottolineare la cura che dovremmo<br />

mettere in ogni servizio spirituale, per<br />

eseguirlo secondo la volontà di Dio affinché egli<br />

se ne rallegri. Tale ripetizione ci fa capire l’importanza<br />

di ricevere e praticare precetto su precetto,<br />

punto per punto, la volontà di Dio.<br />

3:1-5<br />

Gli olocausti riguardavano Dio, come<br />

colui che è il migliore di tutti gli esseri, il<br />

perfettissimo e l’eccellente. Erano espressioni<br />

di pura adorazione, e quindi dovevano<br />

essere arsi per intero. Ma i sacrifici<br />

di ringraziamento concernevano Dio<br />

quale benefattore delle sue creature, colui<br />

che ci dona tutte le cose buone. Per questo,<br />

essi venivano condivisi tra l’altare, il<br />

sacerdote e il donatore. Il termine «pace»<br />

indica diverse cose:<br />

1. Riconciliazione, accordo, comunione.<br />

Si chiamavano offerte di pace perché<br />

in esse era come se Dio e il suo popolo<br />

banchettassero insieme, in segno<br />

d’amicizia. Il sacerdote, ordinato tra gli<br />

uomini per amministrare le cose divine,<br />

dava parte dell’offerta a Dio (quella prestabilita<br />

e che era giusto gli fosse servita<br />

per prima), bruciandola sull’altare. Poi<br />

consegnava all’offerente la sua porzione<br />

perché la mangiasse insieme ai suoi parenti<br />

e amici, e teneva un’altra parte per<br />

sé, in quanto mediatore tra i due. Se Dio e<br />

l’offerente non fossero stati in accordo,<br />

certo non avrebbero potuto mangiare insieme.<br />

Quindi il tutto era un simbolo dell’amicizia<br />

e della comunione tra Dio e<br />

l’uomo, e una conferma del patto di pace.


I sacrifici di riconoscenza 9<br />

Levitico 3:1-5<br />

2. Prosperità e completa felicità.<br />

L’espressione abbi pace può indicare al<br />

tempo stesso: abbi ogni bene. Quindi,<br />

questi sacrifici venivano offerti con uno<br />

di questi significati:<br />

(a) Come richiesta o supplica per ottenere<br />

qualche bene che si desiderava e sperava.<br />

Se uno era alla ricerca o nell’attesa<br />

di una particolare grazia, poteva sostenere<br />

la sua domanda con un sacrificio di ringraziamento,<br />

e probabilmente formulava<br />

la richiesta mentre poneva le mani sulla<br />

testa della vittima. Cristo, colui che dona<br />

pace (cfr. Gv 14:27), è la nostra offerta di<br />

pace. Infatti, solo per mezzo di lui noi<br />

possiamo aspettarci di ottenere misericordia<br />

e grazia alle nostre preghiere; in lui le<br />

nostre richieste saranno accettate ed esaudite,<br />

anche se non portiamo alcun sacrificio.<br />

Meno costose sono le nostre devozioni,<br />

piú dovrebbero essere vive e serie.<br />

(b) Come ringraziamento per qualche<br />

particolare beneficio ricevuto. Talvolta<br />

essa viene chiamata offerta di pace e di<br />

ringraziamento perché a volte si trattava<br />

di un ringraziamento e altre volte di voto<br />

(Le 7:15, 16, K.J.). Le versioni italiane<br />

traducendo il termine ebraico con «ringraziamento»,<br />

«riconoscenza», ci fanno<br />

pensare che gli Israeliti, dopo aver ricevuto<br />

una grazia da Dio, offrivano questo<br />

tipo di sacrificio quasi per disobbligarsi,<br />

in segno di gratitudine per il beneficio ottenuto<br />

(Sl 116:12). Noi dobbiamo continuamente<br />

offrire a Dio il sacrificio della<br />

lode attraverso Cristo «nostra pace» (Ef<br />

2:14), e questo sarà gradito al Signore piú<br />

che buoi o torelli. Osserviamo:<br />

I. Per quanto riguarda il sacrificio di<br />

ringraziamento, supponendo che fosse un<br />

bovino, doveva essere senza difetto, e non<br />

importava che fosse maschio o femmina<br />

(v. 1). Nelle offerte che diamo per l’Opera<br />

del Signore, egli guarda il cuore (cfr. Ga<br />

3:28).<br />

II. Per quanto riguardava il procedimento:<br />

1. L’offerente doveva, con una solenne<br />

imposizione di mani, trasferire la sua proprietà<br />

a Dio (v. 2) e, con la mano sulla<br />

testa della sua offerta, riconosceva la particolare<br />

grazia a causa della quale aveva<br />

deciso questo sacrificio, o, se era un voto,<br />

formulava la sua richiesta.<br />

2. L’animale veniva scannato all’ingresso<br />

della tenda di convegno, sebbene<br />

tutto il cortile fosse idoneo a questo<br />

scopo. Infatti, si riconosceva che le misericordie<br />

ricevute, o attese, provenivano da<br />

Dio al quale erano dirette le preghiere e le<br />

lodi, che in ogni caso dovevano passare<br />

attraverso quella porta. Il nostro Signore<br />

Gesú ha detto: «Io sono la porta», perché<br />

effettivamente egli è la porta del “tabernacolo”.<br />

3. Il sacerdote doveva spargere il sangue<br />

sull’altare, giacché era il sangue che<br />

faceva l’espiazione per l’anima. Anche se<br />

non si trattava di un sacrificio per il peccato<br />

era comunque necessario insegnare<br />

che in tutte le nostre offerte dobbiamo<br />

avere lo sguardo rivolto a Cristo, propiziazione<br />

per il peccato, nella consapevolezza<br />

che anche i nostri migliori servizi<br />

non potranno essere accettati se i peccati<br />

non sono perdonati. La nostra gratitudine<br />

deve essere sempre accompagnata dalla<br />

confessione dei peccati. Qualunque sia la<br />

grazia per cui preghiamo dobbiamo anzitutto<br />

chiedere che sia tolto il peccato:<br />

prima, perdona tutta l’iniquità, e poi, accettaci<br />

benevolmente, oppure facci del<br />

bene (Os 14:2).<br />

4. Tutto il grasso delle interiora, quello<br />

che chiamiamo «sego» o «strutto», ossia<br />

il grasso che copre e aderisce alle interiora,<br />

i due arnioni e il grasso che v’è<br />

sopra e che copre i fianchi, nonché la rete<br />

del fegato, dovevano essere tolti via e<br />

bruciati sull’altare come sacrificio fatto<br />

mediante il fuoco (vv. 3-5). Del sacrificio<br />

di ringraziamento, questo era tutto quello<br />

che andava offerto al Signore, mentre nel<br />

capitolo 17 (dal v. 11) troveremo tutte le<br />

altre disposizioni al riguardo. L’ordine era<br />

che tali cose venissero bruciate sopra l’olocausto,<br />

cioè, sull’olocausto giornaliero,<br />

l’agnello che veniva offerto ogni mattina<br />

prima di ogni altro sacrificio. In tal modo,<br />

il grasso del sacrificio di azioni di grazie


Levitico 3:6-17 10<br />

I sacrifici di riconoscenza<br />

s’andava ad aggiungere a quello, ed era<br />

una sua continuazione. Il grande sacrificio<br />

di pace è quello dell’Agnello di Dio<br />

che toglie i peccati dal mondo (Gv 1:29)<br />

e prepara l’altare per i nostri sacrifici di<br />

lode, che non saranno graditi se prima<br />

non ci saremo riconciliati. Si suppone che<br />

la bruciatura di questo grasso significasse:<br />

(a) L’offerta a Dio dei nostri migliori<br />

sentimenti, poiché a lui appartiene anche<br />

l’interiore. Dobbiamo spandere le nostre<br />

anime ed elevare i nostri cuori in preghiera,<br />

e benedire il suo nome con tutto il<br />

nostro essere, poiché egli richiede la nostra<br />

partecipazione intima. Il grasso indica<br />

il meglio, le parti scelte, ciò che deve<br />

sempre essere offerto a Dio che ha preparato<br />

per noi un convito di cibi succulenti<br />

(Is 25:6).<br />

(b) La mortificazione dei nostri affetti<br />

corrotti e delle nostre concupiscenze e la<br />

loro distruzione sul fuoco della grazia divina<br />

(Cl 3:5). Siamo veramente grati a<br />

Dio per le misericordie ricevute e pronti a<br />

riceverne delle altre, solo quando ci siamo<br />

separati dai nostri peccati e abbiamo liberato<br />

la mente da ogni sensualità, per<br />

mezzo dello spirito di giudizio e dello spirito<br />

ardente (Is 4:4, K.J.).<br />

3:6-17<br />

Qui vengono date le istruzioni relative<br />

ai sacrifici di azioni di grazie, nel caso si<br />

tratti di una pecora o di una capra. Per<br />

questo genere di sacrifici non erano ammessi<br />

tortore o giovani piccioni, che invece<br />

si potevano offrire in olocausto. Tali<br />

animali, infatti, non avevano grasso sufficiente<br />

da poter bruciare sull’altare, e se<br />

fossero stati suddivisi secondo le leggi<br />

che riguardavano il sacrificio di azioni di<br />

grazie, ogni parte si sarebbe ridotta a poco<br />

o a nulla. Le norme riguardanti l’agnello<br />

o la capra offerti quale sacrificio di ringraziamento<br />

erano molto simili a quelle<br />

che riguardavano un giovenco, e quindi<br />

c’è solo questo da dire:<br />

1. La parte della coda dell’animale doveva<br />

essere bruciata sull’altare insieme al<br />

grasso delle interiora: tutta la coda (v. 9).<br />

Questo perché in quei paesi essa era abbastanza<br />

voluminosa e grassa. Alcuni osservano<br />

che, sebbene fosse una parte poco<br />

dignitosa, Dio in questo modo intendeva<br />

onorarla; allo stesso modo si può dire che<br />

Dio ha fatto il corpo in modo da onorare<br />

anche quelle parti che noi riteniamo meno<br />

dignitosi (1 Co 12:23, 24).<br />

2. Ciò che veniva offerto sull’altare<br />

viene definito cibo (vv. 11, 16) perché nutriva<br />

il fuoco santo, ed era gradito a Dio<br />

cosí come il cibo è gradito a noi. E poiché<br />

il tabernacolo era come la casa di Dio tra<br />

di loro, le offerte ne imbandivano la tavola,<br />

al pari di quella della corte di<br />

Salomone (1 R 4:22 ss.).<br />

3. Qui si formula la regola che tutto il<br />

grasso appartiene all’Eterno (v. 16) e si<br />

stabilisce la norma, fondata su di essa,<br />

che non si mangi né grasso né sangue<br />

neanche nelle abitazioni private (v. 17).<br />

(a) Per quanto riguarda il grasso, non<br />

s’intende quello che si può trovare insieme<br />

alla carne (che si poteva mangiare,<br />

cfr. Ne 8:10), ma il grasso delle interiora,<br />

il rognone, ossia quella parte riservata al<br />

sacrificio. Per questa ragione era loro<br />

proibito di mangiare anche il grasso delle<br />

bestie uccise per usi profani. In tal modo,<br />

Dio preservava l’onore di ciò che gli era<br />

sacro. Non solo non potevano mangiare di<br />

quel grasso che doveva essere il cibo dell’altare,<br />

ma di nessun altro grasso del genere.<br />

L’intento era che la tavola del<br />

Signore (cosí era chiamato l’altare) non<br />

diventasse spregevole e che nessuno ritenesse<br />

che gli alimenti che quivi si offrivano<br />

erano cosa di nessun conto (Ml 1:7-<br />

12).<br />

(b) Allo stesso modo il sangue era assolutamente<br />

vietato, per la stessa ragione<br />

per cui lo era il grasso: perché era la parte<br />

di Dio, in ogni sacrificio. I pagani bevevano<br />

il sangue dei loro sacrifici, e per<br />

questo leggiamo delle loro libazioni di<br />

sangue (Sl 16:4). Ma Dio non permetteva<br />

che il sangue, lo strumento dell’espiazione,<br />

fosse profanato usandolo come bevanda<br />

(cfr. Eb 10:29), né consentirà che


I sacrifici per il peccato 11<br />

Levitico 4:1-12<br />

noi, avendo ricevuto il privilegio di un’espiazione<br />

già compiuta, prendiamo per<br />

noi stessi un qualsiasi vanto d’essa. Colui<br />

che si gloria, si glori nel Signore, e ogni<br />

sangue sia sparso alla sua gloria.<br />

CAPITOLO 4<br />

Questo capitolo riguarda l’offerta espiatoria<br />

per un peccato commesso per errore:<br />

I. Da parte dello stesso sacerdote (vv. 1-12).<br />

II. Da parte dell’intera assemblea (vv. 13-21).<br />

III. Da parte di uno dei capi (vv. 22-26).<br />

IV. Da parte di un singolo (v. 27).<br />

4:1-12<br />

Le leggi contenute nei primi tre capitoli<br />

furono trasmesse a Mosè in una volta<br />

sola, qui cominciano le norme date in<br />

un’altra occasione. Dio emanava questi<br />

ordini dal trono della sua gloria, tra i cherubini.<br />

E qui, egli si occupa di un argomento<br />

che ha un carattere piú innovativo<br />

di quelli precedenti. Gli olocausti, le oblazioni<br />

e i sacrifici di ringraziamento erano<br />

stati offerti, almeno cosí sembra, anche<br />

prima che venisse data la legge sul monte<br />

Sinai, e non erano sconosciuti ai patriarchi<br />

(Ge 8:20; Es 20:24) che erano ben<br />

consapevoli del peccato e per loro mezzo<br />

ne facevano l’espiazione (Gb 1:5). Ma la<br />

legge essendo stata aggiunta a motivo<br />

delle trasgressioni (Ga 3:19), e nella previsione<br />

che il fallo abbondasse (Ro 5:20),<br />

era necessaria l’istituzione di un modo<br />

piú specifico di offrire sacrifici per l’espiazione<br />

del peccato, sacrifici che piú<br />

d’ogni altra istituzione rituale, fossero<br />

ombra dei futuri beni (Eb 10:1). La realtà<br />

è Cristo e l’offerta ch’egli fece di se<br />

stesso, con la quale tolse via il peccato e<br />

ha per sempre resi perfetti quelli che son<br />

santificati (Eb 10:14).<br />

I. Qui si suppone un caso generico (v.<br />

2). Osserviamo qui:<br />

1. Riguardo al peccato che viene indicato<br />

come alcuna delle cose che l’Eterno<br />

ha vietato di fare. Il peccato non è altro<br />

che la trasgressione della legge, la legge<br />

divina. Né l’ingegno o la volontà degli<br />

uomini, né le loro idee o imposizioni,<br />

possono rendere peccato ciò che la legge<br />

di Dio non considera tale. L’espressione<br />

se un’anima pecca (v. 2) della Bibbia<br />

King James, cosí in forma ipotetica, indica<br />

che l’anima può, in qualche modo,<br />

non essere talvolta autrice di un determinato<br />

peccato. Per questo si parla di peccato<br />

dell’anima (Mi 6:7), e si dice che l’anima<br />

ne subisce il danno (Pr 8:36).<br />

2. Riguardo ai peccati per cui erano<br />

stabilite queste offerte, si suppone che si<br />

trattasse di:<br />

(a) Azioni vere e proprie: se per ogni<br />

pensiero o parola peccaminosa si fosse richiesto<br />

un sacrificio, la cosa sarebbe stata<br />

interminabile. Per i peccati generici si faceva<br />

l’espiazione in un giorno ben preciso,<br />

una volta l’anno. Qui si tratta invece<br />

di quelle azioni commesse contro uno<br />

specifico comandamento.<br />

(b) Peccati commessi. Anche le omissioni<br />

sono peccato e saranno giudicate,<br />

ma un’azione che una volta è stata<br />

omessa la si potrà compiere un’altra<br />

volta, e in tal caso l’ubbidienza sarà meglio<br />

che il sacrificio. Ma un fatto commesso<br />

ormai fa parte del passato.<br />

(c) Peccati commessi per ignoranza.<br />

Se erano stati commessi volontariamente,<br />

in aperta ribellione alla legge e al<br />

Legislatore, il trasgressore sarebbe stato<br />

tolto di mezzo e non sarebbe rimasto piú<br />

alcun sacrificio per il peccato (cfr. Eb<br />

10:26, 27; Nu 15:30), ma se egli ignorava<br />

la legge, come possiamo supporre che potesse<br />

accadere a molti (tanto numerosi e<br />

vari erano i divieti), oppure veniva sorpreso<br />

in fallo involontariamente, essendo<br />

evidente, dalle circostanze, che la sua posizione<br />

contro il peccato era chiara, e che<br />

s’era lasciato trascinare, secondo il caso<br />

descritto in Galati 6:1, in questo caso era<br />

provveduto il rimedio attraverso la legge<br />

riparatoria dell’offerta per il peccato. Gli<br />

ebraisti dicevano: «Si possono espiare<br />

con il sacrificio solo quei delitti commessi<br />

per ignoranza, il cui autore, se fosse<br />

stato consapevole, sarebbe stato tolto di<br />

mezzo».<br />

II. La legge inizia con il caso del sa-


Levitico 4:1-12 12<br />

I sacrifici per il peccato<br />

cerdote che anche dopo ricevuta l’unzione<br />

(e cioè, il sommo sacerdote) commette<br />

un peccato per ignoranza: «la legge<br />

infatti costituisce sommi sacerdoti uomini<br />

soggetti a infermità» (Eb 7:28). Sebbene<br />

la sua ignoranza fosse meno scusabile di<br />

quella degli altri, gli era tuttavia permesso<br />

di portare l’offerta. Il suo ufficio non scusava<br />

il suo peccato tanto da esentarlo dall’offrire<br />

un sacrificio per essere perdonato,<br />

ma, d’altra parte, non aggravava la<br />

situazione. Infatti, egli sarebbe stato perdonato,<br />

a patto che offrisse il sacrificio. Il<br />

caso ipotizzato viene cosí descritto: se ha<br />

peccato al pari del resto del popolo (v. 3,<br />

K.J.). L’espressione suppone che sotto<br />

quest’aspetto si trovasse sullo stesso<br />

piano con tutti gli altri Israeliti, e non godesse<br />

di alcun privilegio per il fatto d’essere<br />

un ministro. Ora, la legge riguardante<br />

l’offerta per il peccato del sommo sacerdote<br />

è la seguente:<br />

1. Offrire un giovenco senza difetto (v.<br />

3), cioè un’offerta analoga a quella che<br />

doveva essere dall’intero popolo (v. 14),<br />

mentre invece per uno dei capi, o per un<br />

privato qualsiasi, sarebbe bastata anche<br />

una capra, maschio o femmina (vv. 23,<br />

28). Questo fatto indicava la maggior responsabilità<br />

del sommo sacerdote. La sua<br />

trasgressione era resa molto piú seria dall’alto<br />

grado che ricopriva e dalla sua relazione<br />

con Dio e con il popolo (Ro 2:21).<br />

2. La mano di colui che faceva l’offerta<br />

doveva esser imposta sulla testa dell’offerta<br />

(v. 4) con una solenne confessione<br />

di pentimento del peccato commesso,<br />

che in tal modo ricadeva sul capo<br />

della vittima (Le 16:21), poiché senza<br />

confessione non può esservi remissione<br />

(Sl 32:5; Pr 28:13). Tale dichiarazione<br />

esprimeva inoltre la fede sul metodo istituito<br />

da Dio, figura di qualcosa di meglio<br />

che doveva ancora venire e che tuttavia<br />

essi non potevano chiaramente comprendere.<br />

Colui che poneva la mano sul capo<br />

della vittima affermava di essere meritevole<br />

di morte, e che se Dio accettava l’offerta<br />

di quella bestia perché morisse al<br />

suo posto era solo per la sua grande mise-<br />

ricordia. Gli stessi scrittori ebraisti dicono<br />

che né l’offerta per il peccato, né quello<br />

per la colpa avrebbero potuto fare l’espiazione,<br />

tranne che in favore di coloro che<br />

si pentivano e credevano nell’espiazione<br />

medesima.<br />

3. Il giovenco doveva essere ucciso, e<br />

nel disporne il sangue si doveva seguire<br />

una procedura molto solenne, perché era<br />

il sangue che faceva l’espiazione, e senza<br />

spargimento di sangue non c’era remissione<br />

(vv. 5-7). Una parte del sangue dell’offerta<br />

per il peccato del sommo sacerdote<br />

doveva essere aspersa con lo sguardo<br />

rivolto al propiziatorio, anche se di mezzo<br />

c’era il velo: sette volte davanti<br />

all’Eterno, di fronte al velo del santuario<br />

(v. 6). Una parte veniva messa sui corni<br />

dell’altare d’oro, perché era l’altare davanti<br />

al quale serviva lo stesso sacerdote.<br />

In tal modo, quindi, si rappresentava la rimozione<br />

di quella contaminazione che<br />

aveva infettato il suo ufficio a motivo del<br />

peccato. Questo rito indica quanto sia importante<br />

il sacrificio di Cristo ai fini dell’efficacia<br />

della sua intercessione: il sangue<br />

del suo sacrificio è quello che sta sull’altare<br />

dei profumi e che è stato spruzzato<br />

davanti al Signore. Quando s’era<br />

fatto tutto questo, il rimanente del sangue<br />

veniva sparso ai piedi dell’altare di<br />

bronzo. Con questo rito il peccatore riconosceva<br />

che egli avrebbe meritato la<br />

morte e che il suo stesso sangue venisse<br />

sparso. Allo stesso modo si rappresentava<br />

il fatto che, quando ci si pente sinceramente,<br />

è come rendere la propria anima a<br />

Dio, e che morendo, il Salvatore, appunto,<br />

rese la sua anima a Dio.<br />

4. Il grasso delle interiora doveva essere<br />

bruciato sull’altare degli olocausti<br />

(vv. 8-10). In tal modo, si manifestava che<br />

lo scopo dell’offerta e dell’espiazione era<br />

rivolto alla gloria di Dio, il quale, essendo<br />

stato offeso dal peccato, veniva adesso<br />

onorato dal sacrificio. Si rappresentavano<br />

anche gli aspri dolori del nostro Signore<br />

Gesú che si fece peccato (cioè, offerta per<br />

il peccato) per noi, e specialmente le sofferenze<br />

della sua anima e le sue agonie in-


I sacrifici per il peccato 13<br />

Levitico 4:13-21<br />

teriori. Si insegnava altresí a crocifiggere<br />

la carne, in conformità alla morte di<br />

Cristo.<br />

5. La testa e il corpo della vittima,<br />

completamente scuoiato, dovevano essere<br />

trasportati fuori dal campo, in un certo<br />

luogo designato all’uopo, e lí, bruciati e<br />

ridotti in cenere (vv. 11, 12). Questo rappresentava<br />

in maniera molto significativa:<br />

(a) L’effetto del pentimento, che consiste<br />

nel rifiutare il peccato, come cosa detestabile.<br />

Coloro che si sono realmente<br />

ravveduti dicono ai loro idoli: «Vai via di<br />

qui, che cosa ho piú a che fare con gli<br />

idoli?». L’offerta per il peccato è chiamata<br />

peccato. Dei nostri peccati, dobbiamo<br />

fare esattamente quello che essi ne<br />

facevano: il corpo del peccato dev’essere<br />

distrutto (Ro 6:6).<br />

(b) Il beneficio della remissione.<br />

Quando Dio perdona, il peccato viene annullato,<br />

«si cercherà l’iniquità d’Israele,<br />

ma essa non sarà piú, e i peccati di Giuda,<br />

ma non si troveranno» (Gr 50:20).<br />

L’apostolo tiene particolarmente conto di<br />

questa cerimonia, e la applica a Cristo<br />

(cfr. Eb 13:11-13), che soffrí fuori dal<br />

campo, nel luogo del teschio, dove le ceneri<br />

degli uomini morti erano sparse<br />

come quelle che provenivano dall’altare<br />

(vv. 2-13).<br />

4:13-21<br />

Questa è la legge relativa all’espiazione<br />

di una colpa commessa da tutta la<br />

nazione, realizzata mediante un’offerta<br />

per il peccato. Se i leader spingevano il<br />

popolo a peccare, quando poi il peccato<br />

veniva scoperto si doveva portare un’offerta<br />

affinché l’ira di Dio non si abbattesse<br />

sull’intero popolo. Osserviamo:<br />

1. È possibile che la chiesa sbagli e che<br />

i suoi leader la inducano in errore. Qui si<br />

suppone che l’intera congregazione potesse<br />

peccare per ignoranza. Tuttavia, Dio<br />

continuerà ad avere un suo popolo sulla<br />

terra, la Chiesa, perché egli non ha mai<br />

detto che essa sarebbe stata infallibile durante<br />

il suo pellegrinaggio terrestre.<br />

2. Quando si doveva offrire un sacrifi-<br />

cio per l’intera assemblea gli anziani (almeno<br />

tre di loro) – in qualità di guide e<br />

rappresentati del popolo – dovevano stendere<br />

le mani sulla testa dell’animale<br />

stesso. Ora, supponiamo che il popolo<br />

avesse presuntuosamente legittimato il<br />

peccato al punto che questo si fosse diffuso<br />

tra loro, e che solo in un secondo<br />

tempo, dopo un accurato esame, il popolo<br />

abbia preso coscienza dei propri peccati.<br />

In questo caso, il fatto che tale usanza –<br />

ricevuta forse per tradizione – fosse diffusa<br />

e ritenuta legittima, non li giustificava,<br />

ma piuttosto si rendeva necessario<br />

un sacrificio affinché potesse esserci l’espiazione<br />

di tali peccati. Questo ci fa<br />

comprendere che spesso assumiamo un<br />

certo atteggiamento e usiamo certe parole<br />

che a noi sembrano innocui, mentre invece<br />

portano con sé del peccato che attirerà<br />

l’ira di Dio. In ogni caso ciò riguarda<br />

anche gli anziani che sono tenuti a preoccuparsi<br />

per un genuino risveglio spirituale<br />

e a intercedere per il popolo affinché ottengano<br />

il perdono di Dio (Gl 2:16; 2 Cr<br />

7:14).<br />

3. Anche del sangue di questo sacrificio<br />

per il peccato, come di quello del precedente,<br />

si doveva fare aspersione sette<br />

volte davanti all’Eterno (v. 17). La virtú<br />

purificatrice del sangue di Cristo era adeguatamente<br />

spiegata e rappresentata dall’aspersione<br />

che doveva essere fatta sette<br />

volte. Sette è numero di perfezione, e Dio,<br />

dopo aver creato il mondo in sei giorni, si<br />

riposò il settimo; quindi, questo significa<br />

la perfetta opera di soddisfazione fatta da<br />

Cristo e la completa purificazione delle<br />

anime dei fedeli, per effetto di tale risarcimento<br />

(cfr. Eb 10:14). Allo stesso modo<br />

il sangue doveva mettersi sui corni dell’altare<br />

dei profumi, e questo ci ricorda le<br />

parole del profeta: il peccato di Giuda …<br />

è scolpito …sui corni de’ vostri altari (Gr<br />

17:1). Se non avessero abbandonato i loro<br />

peccati, il fatto di mettere sui loro altari il<br />

sangue delle offerte invece di rimuovere<br />

la colpa, non avrebbe fatto altro che renderla<br />

ancora piú gravosa sull’offerente,<br />

perpetuandone la memoria e rimanendo


Levitico 4:22-35 14<br />

I sacrifici per il peccato<br />

come una testimonianza contro di loro. A<br />

questo si allude anche in Apocalisse 9:13,<br />

laddove si parla di una voce proveniente<br />

dalle quattro corna dell’altare d’oro, che<br />

rappresenta una risposta di pace data alle<br />

preghiere dei santi le quali sono accettabili<br />

ed efficaci solo per la virtú del sangue<br />

dell’offerta per il peccato messo sui corni<br />

dell’altare (Ap 8:3).<br />

4. Ultimato il rito si sarà fatta l’espiazione<br />

per la radunanza e il peccato le sarà<br />

perdonato (v. 20). La promessa di remissione<br />

è fondata sull’espiazione. Qui si<br />

parla del perdono del peccato dell’intera<br />

comunità d’Israele meritati a motivo del<br />

peccato. Notiamo: la salvezza delle<br />

chiese e degli stati dalla rovina è dovuta<br />

all’espiazione e alla mediazione di Cristo.<br />

4:22-26<br />

Qui osserviamo che:<br />

1. Dio conosce e disapprova i peccati<br />

dei governanti. Coloro che rivestono<br />

un’autorità da pretendere legittimamente<br />

che altri debbano render loro conto delle<br />

proprie azioni, a loro volta devono rendere<br />

conto al Re dei re. Infatti, per quanto<br />

possano ricoprire una posizione elevata<br />

c’è sempre qualcuno ancora piú in alto di<br />

loro. Questo si sottintende quando si dice<br />

che il trasgressore ha fatto per errore alcuna<br />

di tutte le cose che l’Eterno Iddio<br />

suo ha vietato di fare (v. 22). Se per gli<br />

altri è principe, non deve dimenticarsi che<br />

il Signore è il suo Dio.<br />

2. Si suppone che il peccato involontario<br />

commesso dal governante, viene poi<br />

portato alla sua conoscenza (v. 23). Ciò<br />

può avvenire in svariati modi: con l’esame<br />

della propria coscienza, per la riprensione<br />

degli amici, a cui tutti noi dovremmo<br />

non solo sottometterci, ma anche<br />

essere grati. Dovremmo desiderare conoscere<br />

quei peccati nascosti e pregare purificami<br />

dai peccati che mi sono occulti (Sl<br />

19:12). È una preghiera che dovremmo rivolgere<br />

ogni giorno a Dio in modo che se<br />

abbiamo peccato involontariamente, non<br />

succeda che, per ignoranza, perseveriamo<br />

in esso.<br />

3. L’offerta per il peccato di un capo<br />

era di un maschio fra le capre e non un<br />

giovenco, come invece era per il sacerdote<br />

o per il popolo. A differenza degli<br />

altri due casi, il sangue dell’offerta per il<br />

peccato non si portava nel tabernacolo,<br />

ma doveva essere sparso interamente ai<br />

piedi dell’altare degli olocausti (v. 25),<br />

mentre la carne non andava bruciata fuori<br />

dal campo. Questo stava a significare che<br />

il peccato commesso da uno degli anziani,<br />

sebbene piú grave data la sua responsabilità,<br />

non era cosí odioso né di cosí perniciose<br />

conseguenze come il peccato del<br />

sommo sacerdote o quello dell’intera adunanza.<br />

Per uno degli anziani era sufficiente<br />

offrire un becco, ma per l’intera<br />

tribú occorreva un giovenco. In tal modo<br />

si insegnava che il leader, sebbene major<br />

singulis, piú grande di un qualsiasi privato,<br />

era minor universis, meno di tutta la<br />

collettività. È male quando i grandi uomini<br />

danno cattivi esempi, ma è ancora<br />

peggio quando tutti gli uomini li seguono.<br />

4. Si promette che l’espiazione sarà accettata<br />

e il peccato perdonato (v. 26), ovviamente<br />

se egli si ravvede e si converte.<br />

In caso contrario, Dio giurò a Eli, che era<br />

giudice in Israele, che l’iniquità della sua<br />

casa non sarebbe mai stata lavata da sacrifici<br />

o offerte (1 S 3:14).<br />

4:27-35<br />

I. Qui c’è la legge relativa all’offerta<br />

per il peccato di una persona del popolo,<br />

che poteva portare una capra o un agnello,<br />

mentre nel caso del capo era ammesso<br />

solo un capro. Inoltre, mentre per il capo<br />

il sacrificio doveva essere di un animale<br />

maschio, per gli altri doveva essere di una<br />

femmina. Per il resto tutto è uguale.<br />

Osserviamo:<br />

1. L’ipotesi che si fa: se qualcuno del<br />

popolo del paese peccherà per errore (v.<br />

27). Il profeta suppone che questi non fossero<br />

come gli uomini grandi che conoscono<br />

la via dell’Eterno, la legge del loro<br />

Dio (Gr 5:4, 5) e tuttavia, pur peccavano<br />

anche inconsapevolmente, dovevano portare<br />

un’offerta per il peccato. Ciò eviden-


Sacrifici per varie colpe 15<br />

Levitico 5:1-6<br />

zia che anche i peccati commessi involontariamente<br />

devono essere espiati attraverso<br />

un sacrificio. Quando siamo convinti<br />

di peccato, il fatto di affermare che<br />

l’abbiamo commesso per ignoranza e<br />

spinti da una tentazione, non ci giustificherà,<br />

se non facciamo nostra quell’altra<br />

solenne affermazione che Cristo è morto,<br />

il che ci mette in condizione di trarre beneficio<br />

da tale evento. Abbiamo bisogno<br />

di pregare insieme a Davide (che tuttavia<br />

era un capo), per chiedere di essere purificati<br />

dagli errori occulti (Sl 19:12), e<br />

cioè, da quelli che non comprendiamo o<br />

dei quali non siamo coscienti.<br />

2. Che il peccato involontario commesso<br />

da una singola persona richiedeva<br />

comunque un sacrificio; infatti, se i piú<br />

grandi non sono al di sopra di ogni censura,<br />

allo stesso modo gli umili non mancano<br />

di conoscenza quanto alla giustizia<br />

divina. Nessun individuo, se è un trasgressore,<br />

può nascondersi in mezzo alla<br />

folla.<br />

3. Che anche da parte delle persone<br />

che non rivestono compiti di guida, l’offerta<br />

per il peccato non solo era ammessa<br />

ma anche gradita, e per mezzo d’essa si<br />

faceva l’espiazione (vv. 31, 35). Tutti, ricchi<br />

e poveri, principi e servi, istruiti e non<br />

si incontrano insieme, perché tutti sono<br />

egualmente benvenuti davanti a Cristo, e<br />

traggono la stessa utilità dal suo sacrificio<br />

(cfr. Gb 34:19).<br />

II. Da tutte queste leggi riguardanti i<br />

sacrifici per il peccato commesso involontariamente,<br />

possiamo imparare:<br />

1. A odiare il peccato e a guardarcene.<br />

È veramente triste che tante creature innocenti<br />

dovettero essere uccise per fare<br />

l’espiazione.<br />

2. Ad apprezzare Cristo, il grande e<br />

vero sacrificio per il peccato, il cui sangue<br />

ci purifica da ogni peccato (1 Gv 1:7)<br />

mentre invece è impossibile che il sangue<br />

di tori e di becchi tolga i peccati (Eb<br />

10:4). Infatti, se alcuno ha peccato, …<br />

Cristo … è la propiziazione per i nostri<br />

peccati (1 Gv 2:1, 2), non solo per i<br />

Giudei ma anche per gli stranieri. Forse,<br />

in quella preghiera che Cristo elevò proprio<br />

nel momento in cui offriva se stesso<br />

in sacrificio, «Padre, perdona loro, perché<br />

non sanno quello che fanno» (Lu 23:34),<br />

c’era qualche allusione a questa legge riguardante<br />

i sacrifici per i peccati di ignoranza.<br />

CAPITOLO 5<br />

Sia questo capitolo che una parte del successivo<br />

riguardano l’offerta per la trasgressione, la<br />

cui differenza con l’offerta per il peccato non consisteva<br />

tanto nei sacrifici da offrire o nei rituali da<br />

seguire, quanto nelle circostanze che la rendevano<br />

necessaria. Entrambe erano intese a fare l’espiazione,<br />

ma l’offerta per il peccato aveva un carattere<br />

piú generico, mentre quella per la trasgressione<br />

si applicava ad alcuni esempi particolari.<br />

Pertanto, possiamo notare:<br />

I. Riguardo alla trasgressione. Il peccato poteva<br />

consistere in una di queste azioni:<br />

1. Nascondere le cose conosciute, l’omertà (v. 1).<br />

2. Toccare una cosa impura (vv. 2, 3).<br />

3. Bestemmiare (v. 4).<br />

4. Appropriarsi indebitamente di cose sacre<br />

(vv. 14-16).<br />

5. Peccati commessi per ignoranza (vv. 17-19).<br />

Altri casi nei quali si dovevano offrire questo tipo<br />

di sacrifici sono trattati altrove (cfr. Le 6:2-4;<br />

14:12; 19:21; Nu 6:12).<br />

II. Le bestie e le cose offerte per la trasgressione<br />

potevano essere:<br />

1. Animali del gregge (vv. 5, 6).<br />

2. Uccelli (vv. 7-10).<br />

3. Farina (vv. 11-13).<br />

Ma generalmente, doveva essere un montone<br />

senza difetto (v. 15).<br />

5:1-6<br />

I. Le colpe considerate sono le seguenti:<br />

1. L’occultamento della verità, l’omertà<br />

di un testimone chiamato a dire la<br />

verità, tutta la verità, nient’altro che la verità.<br />

Tra gli Ebrei, i giudici avevano il potere<br />

di sottoporre al giuramento non solo i<br />

testimoni, com’è anche per noi, ma anche<br />

il sospettato (e questo, contrariamente a<br />

quanto previsto nelle nostre leggi, in base<br />

alle quali nessuno può essere obbligato ad<br />

accusare se stesso). Tutto ciò si vede<br />

anche nel caso in cui il sommo sacerdote<br />

scongiurò il Salvatore, il quale, pur essendo<br />

rimasto in silenzio fino ad allora, a<br />

quel punto dovette rispondere (Mt 26:63,

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