Oidio - Il divulgatore
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<strong>Il</strong> Divulgatore n° 3-4/2007 “DIFESA DEL VIGNETO mirino le avversità più temute” Pagg.20-27<br />
<strong>Oidio</strong><br />
Uncinula necator (Schweinitz) Burril - Oidium tuckeri Berk<br />
Colpisce sia le foglie che i grappoli, causando perdite di produzione e<br />
scadimento della qualità del mosto e del vino. La fase fenologica più sensibile alla<br />
malattia, nella quale utilizzare quindi i principi attivi più efficaci, è rappresentata<br />
dalla prefioritura fino alla formazione del grappolo.<br />
Per questa malattia è disponibile un modello di previsione, adattato alle peculiarità<br />
microclimatiche delle zone viticole emiliano-romagnole.<br />
Riccardo Bugiani<br />
Servizio fitosanitario, Regione Emilia-Romagna<br />
THE GRAPEVINE POWDERY MILDEW<br />
The grapevine powdery mildew affects both the leaves and the bunches, causing production losses and<br />
a decrease in quality of wine and must. The most sensitive phenologic phase, during which it is<br />
convenient to use the most efficient chemically-synthesised drugs, is the preflowering one, up to bunch<br />
formation. As none of the numerous powdery mildew predictive models was suitable for Emilia-Romagna<br />
vineyards, a mechanistic one, based on different parameters such as temperature, relative humidity,<br />
precipitation pattern, leaf wetting and water pressure deficit, was set.<br />
Ciclo biologico dell’oidio<br />
L’odio della vite è causato dall’ascomicete caratterizzato dalla forma sessuata Uncinula necator<br />
Schweinitz) Burril dalla sua forma imperfetta Oidium tuckeri Berk. Gli attacchi epidemici causano danni<br />
diretti come la perdita di produzione e indiretti come scadimento della qualità del mosto e del vino.<br />
In questi ultimi anni si è assistito in Emilia Romagna a una recrudescenza della malattia specialmente<br />
nelle aree viticole di pianura, dove generalmente il patogeno non provocava danni consistenti.<br />
Probabilmente ciò è dovuto alla concomitanza di cause diverse quali in primo luogo un cambiamento<br />
delle condizioni climatiche favorevoli al fungo e, secondariamente, un aumento del potenziale di inoculo<br />
in parte dovuto a un non sempre corretto impiego dei fungicidi.<br />
La malattia può colpire sia le foglie che i grappoli.<br />
Sulle prime le infezioni primarie ascosporiche passano quasi inosservate e sono caratterizzate da<br />
macchie clorotiche leggermente tondeggianti che compaiono sulla pagina inferiore delle foglie basali<br />
appartenenti ai germogli più vicini al ceppo. Durante la fase di scoppio epidemico, a seguito del<br />
compimento di una o più infezioni ascosporiche, la sintomatologia sulle foglie acquisisce l’aspetto
classico dell’oidio, con la comparsa sulla pagina superiore della caratteristica muffetta polverulenta<br />
biancastra rappresentata dai conidi, organi di riproduzione asessuata del fungo. Quando i germogli<br />
vengono colpiti precocemente, questi appaiono stentati e deformi (foglie a bandiera) e ben presto si<br />
ricoprono del micelio biancastro del fungo. Sui grappoli le infezioni di oidio causano spaccature degli<br />
acini, dovute alla mancanza di accrescimento del tessuto colpito rispetto a quello sano.<br />
Sugli acini, al di sotto del feltro miceliare biancastro, si possono osservare caratteristiche retinature<br />
necrotiche.<br />
A fine maggio i primi sintomi<br />
<strong>Il</strong> fungo è riconosciuto in grado di svernare sia come micelio sulle perule delle gemme sia come<br />
cleistotecio sulla corteccia del tronco. In Emilia Romagna sembra che la forma di svernamento più<br />
comune sia quella di cleistotecio, mentre di solito i sintomi precocissimi delle “foglie a bandiera”,<br />
caratteristici delle infezioni da micelio, sono per lo più relegati a quei vigneti poco curati che con il tempo<br />
hanno accumulato una forte carica di inoculo in grado di manifestarsi in forma esplosiva alla prima<br />
ripresa vegetativa.<br />
1 I cleistoteci si formano in autunno sulla vegetazione infetta (colore giallo) e lì vi permangono frammisti<br />
al micelio, compiendo il loro processo di maturazione. Al termine di questo le piogge li staccano dalla<br />
colonia fungina e veicolano tramite gli schizzi sui tralci delle viti dove permangono intrappolati nel<br />
ritidoma. Di tutti i cleistoteci che vengono dispersi, generalmente solo quelli ancorati al ritidoma<br />
permangono vitali, mentre quelli che cadono a terra si devitalizzano rapidamente.<br />
2 All’interno dei cleistoteci - per lo più in primavera, ma in piccola quota anche in autunno - si<br />
differenziano gli aschi (colore rosa) contenenti al loro interno 8 ascospore. In primavera basta una<br />
pioggia di almeno 2,5 mm per umettare e rompere gli ascocarpi e una temperatura di almeno 10 °C<br />
perché le ascospore vengano rilasciate sulle foglie basali più vicino al ritidoma. Le ascospore sono in<br />
grado di germinare in un arco termico che va da 5 a 28 °C (ottimo tra 20 e 25 °C) e in poche ore<br />
formare gli appressori e da questi gli austori, unici organi endofitici del fungo, che penetrano la<br />
superficie vegetale per nutrirsi. Trascorso il periodo di incubazione, compaiono sulla pagina inferiore i<br />
primi sintomi della malattia e successivamente compariranno i conidi, che daranno origine alle<br />
infezioni secondarie. <strong>Il</strong> processo infettivo generato dai conidi è funzione unicamente della temperatura<br />
(da 5 a 35 °C con un ottimo a 20-25 °C). Tuttavia, a differenza delle ascospore, la germinazione dei<br />
conidi viene ostacolata dalla bagnatura, mentre le piogge sono in grado di dilavarli dalla superficie<br />
vegetale. Inoltre anche la radiazione solare sfavorisce lo sviluppo delle infezioni di oidio. Prova ne è<br />
che la malattia si sviluppa maggiormente all’interno della chioma, dove l’umidità relativa e<br />
l’ombreggiamento sono ottimali. In genere la malattia causata da infezioni primarie compare intorno<br />
alla fine di maggio - prima settimana di giugno a seguito di più cicli infettivi, che prendono avvio dalle<br />
ascospore rilasciate dai cleistoteci fin dalle prime fasi vegetative, ma che solitamente passano<br />
inosservate sugli organi vegetativi più vicino al tronco. Più cicli infettivi successivi portano ad<br />
aumentare il potenziale di inoculo e, se la stagione decorre favorevole al patogeno, la vegetazione e i<br />
grappoli si copriranno presto della tipica muffa biancastra oidica. Gli ultimi studi epidemiologici<br />
riguardo a questa avversità hanno dimostrato che i grappoli risultano particolarmente suscettibili alla<br />
malattia in fioritura, mentre la suscettibilità si riduce notevolmente quando gli acini superano i 4-6 mm.<br />
Gli acini colpiti, a seguito della disidratazione causata dal fungo, tenderanno a spaccarsi, favorendo la<br />
penetrazione di Botrytis cinerea e altri marciumi. L’insediamento del patogeno sul grappolo è quindi<br />
da evitare per scongiurare ingenti perdite produttive.<br />
Interventi precoci nelle aree ad alto rischio<br />
Indipendentemente da quando si notano i primi sintomi, i grappoli gravemente colpiti sono la causa di<br />
infezioni che avvengono molto precocemente, ossia da poco dopo il germogliamento o nell’immediata<br />
prefioritura fino alla fase di formazione del grappolo. La protezione che si riesce a ottenere in questa<br />
fase di suscettibilità del grappolo ha conseguenze importanti a lungo termine sulla gravità della malattia<br />
e sulla qualità della produzione. Paradossalmente trattamenti ben mirati in questa fase potrebbero<br />
bastare per proteggere il grappolo fino a quando non acquisisce una resistenza intrinseca alle infezioni.<br />
È quindi in questo periodo che conviene usare i principi attivi più efficaci per proteggere la coltura.<br />
Una corretta strategia di difesa integrata si deve basare innanzitutto sulla conoscenza della pressione<br />
epidemica dell’oidio nelle diverse aree viticole.<br />
Nelle aree ad alto rischio è consigliabile iniziare la difesa già dall’inizio della ripresa vegetativa della vite,<br />
al contrario in quelle a basso rischio i trattamenti possono essere eseguiti alla comparsa dei primi<br />
sintomi o, prudenzialmente, nella fase di prefioritura-allegagione, in cui la vite risulta maggiormente
suscettibile. Le ultime conoscenze epidemiologiche sulle infezioni primarie tendono comunque a<br />
prediligere gli interventi precoci per rendere più agevole il controllo della malattia nel proseguo della<br />
stagione.<br />
Sempre da tenere presenti sono le strategie antiresistenza per non incorrere nell’insorgenza di ceppi di<br />
oidio resistenti ai fungicidi specifici dotati di un unico sito d’azione. Questo accorgimento riguarda in<br />
particolar modo quelli appartenenti alla famiglia degli IBS, ma ancora di più le strobilurine, le quali hanno<br />
un’azione sia antioidica che antiperonosporica. Per ambedue i gruppi di fungicidi si consiglia quindi di<br />
impiegarli alternandoli ad altri con diverso meccanismo d’azione e comunque di non utilizzarli più di tre<br />
volte nel corso della stagione indipendentemente dall’avversità che si vuole contenere.<br />
DIFESA DALL’OIDIO<br />
Trattamenti consigliati per ciascuna fase<br />
Da germogliamento a prefioritura<br />
In questa fase è consigliabile utilizzare zolfo bagnabile a dosi elevate (800 g/hl) o spiroxamina, dotata di<br />
una buona attività eradicante, a intervalli di circa 8-10 giorni. Una buona attività la riveste anche<br />
mpelomyces quisqualis, micoparassita in grado di parassitizzare le ife del patogeno.<br />
<strong>Il</strong> suo utilizzo è consigliato soprattutto nella viticoltura biologica.<br />
Da prefioritura ad allegagione<br />
In questa fase molto pericolosa è buona norma utilizzare, oltre ai prodotti a base di zolfo e spiroxamina,<br />
anche principi attivi antoidici a elevata efficacia quali bupirimate, quinoxifen, quelli appartenenti alla<br />
famiglia degli IBS (penconazolo, propiconazolo, tebuconazolo, fenarimol, nuarimol) e dei QoI<br />
(azoxystrobin, triflozystrobin, pyraclostrobin), come anche metrafenone, appartenente alla nuova<br />
famiglia chimica dei benzofenoni e di recente introduzione sul mercato.<br />
La sistemicità di alcuni prodotti rende possibile allungare l’intervallo tra i trattamenti a 10, 12 fino a 14<br />
giorni se le condizioni climatiche non sono molto favorevoli al patogeno.<br />
Da allegagione a invaiatura<br />
In questa fase si devono prediligere quei principi attivi che abbiano una buona affinità alle cere<br />
epicuticolari degli acini per permettere una maggiore protezione del grappolo. Si tende quindi a<br />
prediligere prodotti come quinoxifen, i QoI o boscalid che, se posizionato in pre-chiusura grappolo, può<br />
avere una valenza sia antioidica che antibotritica. All’invaiatura i grappoli, specialmente quelli a bacca<br />
rossa, non sono più suscettibili agli attacchi di oidio, mentre queli a bacca bianca lo sono solo sul<br />
rachide. Da questo momento in poi i trattamenti di copertura a base di zolfo sono rivolti al controllo della<br />
malattia sulla vegetazione con lo scopo di ridurre al minimo il rischio di formazione dei cleistoteci ed<br />
agevolare la difesa nella primavera successiva.<br />
Con la stessa finalità, specialmente in viticoltura biologica, Ampelomyces quisqualistrova in autunno la<br />
sua migliore collocazione in quanto parassita delle forme svernanti di oidio. La sua applicazione<br />
consente di ridurre il potenziale di inoculo presente nel vigneto.
IL CALCOLO DELLE ASCOSPORE E DELLA LORO<br />
GERMINABILITÀ<br />
Dei numerosi modelli previsionali relativi all’oidio, nessuno risultava adatto agli<br />
areali viticoli emiliano-romagnoli, per i quali è stato così creato un modello<br />
meccanicistico, basato sui seguenti parametri: temperatura, umidità relativa,<br />
pioggia, bagnatura fogliare e deficit pressione idrico.<br />
Riccardo Bugiani<br />
Servizio fitosanitario, Regione Emilia-Romagna<br />
In ordine cronologico, i modelli epidemiologici messi a punto per l’oidio della vite sono i seguenti.<br />
Sall, sviluppato in Usa nel 1980 con lo scopo di studiare i fattori meteorologici che influenzavano i<br />
processi di germinazione e sopravvivenza delle colonie di oidio oltre che il momento della<br />
colonizzazione<br />
iniziale di grappoli e foglie sulla successiva progressione della malattia.<br />
Chellemi & Marois, modello demografico messo a punto nel 1991, che stimava la germinazione, la<br />
penetrazione e la sporulazione del fungo, in funzione della disponibilità di acqua libera e della<br />
temperatura.<br />
I.P.I.O. (Indice di Infezione Potenziale Oidica), modello messo a punto in Italia nel 1992 ma che non<br />
ha avuto una successiva applicazione; il modello determinava il momento della prima infezione oidica<br />
in funzione di un’equazione matematica che teneva conto, oltre che dei parametri climatici di<br />
temperatura, bagnatura e umidità relativa, anche di coefficienti rappresentanti la caratterizzazione<br />
zonale, la suscettibilità varietale e la quantità di inoculo.<br />
Kast, messo a punto nel 1995 in Germania e composto da due sottomodelli, in cui il primo determina<br />
il momento ottimale per il primo trattamento antioidico in funzione della gravità della malattia nell’anno<br />
precedente e la temperatura minima invernale registrata, mentre il secondo, denominato Oidiag,<br />
determina, in funzione della temperatura, l’intervallo tra i successivi trattamenti.<br />
Gadoury, messo a punto negli anni ’90 negli Stati Uniti, determina la quantità minima di pioggia (2,5<br />
mm) e la temperatura minima (10 °C) idonea per il rilascio delle ascospore all’interno dei cleistoteci<br />
maturi.<br />
Gubler & Thomas, messo a punto alla fine degli anni ’90 in California, si compone anch’esso di due<br />
sottomodelli, uno per determinare le infezioni primarie ascosporiche in funzione della bagnatura e<br />
della temperatura nel periodo di bagnatura, e uno per le infezioni secondarie, modulate solo dalla<br />
variazione della temperatura.<br />
Come funziona il nuovo modello<br />
L’applicazione sperimentale di tali modelli negli areali viticoli emiliano-romagnoli non ha portato a risultati<br />
incoraggianti e pertanto fino a qualche anno fa non esisteva un modello previsionale per l’oidio che<br />
potesse essere utilizzato nella pratica per razionalizzare i trattamenti fungicidi.<br />
L’Università Cattolica di Piacenza in collaborazione con il Servizio fitosanitario della Regione Emilia-<br />
Romagna, nell’ambito di un progetto finalizzato alla realizzazione di modelli previsionali per le più<br />
importanti avversità crittogamiche della regione, ha messo a punto un modello meccanicistico in grado di<br />
simulare processi infettivi primari dell’oidio.<br />
<strong>Il</strong> modello, partendo da dati orari di temperatura, umidità relativa, pioggia, bagnatura fogliare e deficit di<br />
pressione idrico (VPD) registrati dal primo giorno dell’anno, determina i giorni climaticamente favorevoli<br />
per la maturazione delle ascospore.<br />
La percentuale di ascospore liberate a ogni evento piovoso utile - caratterizzato da piogge di almeno 2,5<br />
mm con temperatura di almeno 10 °C, secondo il modello Gadoury – viene calcolata in funzione dei<br />
giorni trascorsi dalla data di germogliamento della vite attraverso un sottomodello che accumula unità<br />
termiche sopra i 10 °C a partire dal 1° gennaio.<br />
Ogni rilascio comprenderà una quota di ascospore decurtata della quantità di queste rilasciate in<br />
precedenza.<br />
Successivamente viene calcolato il tasso di germinazione e formazione dell’appressorio delle ascospore<br />
in funzione di temperatura e VPD.<br />
Infine viene calcolato l’indice di infettività ascosporica sulla base della proporzione di ascospore<br />
rilasciate moltiplicata per il tasso di germinazione.