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Sopra, ancora squali balena e, a<br />
sinistra, il Lac Assal, una delle visite<br />
previste dal programma di viaggio.<br />
coli movimenti, le dimensioni grandi ma<br />
rassicuranti. Comincio a nuotare <strong>per</strong>ché<br />
vo<strong>gli</strong>o muovermi con lui, immedesimarmi<br />
nei suoi gesti, temo che qualcosa<br />
lo spaventi e sparisca. Dimentico <strong>gli</strong><br />
altri e inizio a nuotare con calma. Ho<br />
la sensazione che il pesce <strong>per</strong>cepisca la<br />
mia presenza, ma che non lo disturbi.<br />
Riesco lentamente a raggiungere la sua<br />
enorme testa quadrata, uno strano<br />
cuneo di linee morbide e armoniose,<br />
individuo il suo piccolo occhio destro.<br />
Lo osservo con attenzione <strong>per</strong>ché,<br />
come ci ha raccontato Emilio, quando<br />
è pieno, quasi sbarrato, è sintomo che<br />
il pesce è tranquillo. Dopo un tempo<br />
indefinito in cui siamo uno accanto all’altro,<br />
lui accelera leggermente e io risalgo<br />
sul gommone, a corto di fiato. Ma subito<br />
un altro squalo balena passa vicino e, di<br />
slancio, mi catapulto di nuovo in acqua.<br />
E’ un esemplare un po’ più piccolo, forse<br />
più giovane. Sono già vicino alle sue<br />
branchie: le scruto incantato, osservo<br />
le cinque fessure branchiali verticali che<br />
si muovono come una morbida tenda<br />
di velluto, sta mangiando, aspirando<br />
l’acqua con la bocca larga, un ovale nel<br />
quale il plancton viene risucchiato <strong>per</strong><br />
poi rimanere inprigionato dietro le sue<br />
branchie. Cerco di accelerare e arrivo<br />
davanti al suo buffo faccione stranamente<br />
dilatato: l’acqua che aspira fa vibrare<br />
l’interno bianco delle fauci come una<br />
cassa di gomma. Si risale in gommone,<br />
ma qualche minuto non basta <strong>per</strong><br />
rinunciare alla prossima nuotata: questa<br />
volta, con me c’è la mia insostituibile<br />
compagna di viaggio, che mi ha convinto<br />
a seguirla in questo luogo magico.<br />
Iniziamo a nuotare insieme, in sincronia,<br />
dietro a un balena che, serafico, prosegue<br />
<strong>per</strong> la sua strada. Noi due siamo a<br />
volte nello stesso lato, altre volte sui lati<br />
opposti e lui, il balena, inizia a scendere<br />
di qualche metro. Vediamo la sua bellissima<br />
sagoma dall’alto e immagino di abbracciarlo.<br />
Nasce una danza misteriosa<br />
dove il pesce si inserisce con docilità e,<br />
nel suo risalire, ci divide <strong>per</strong> ricostituire<br />
un trio. Scorrendo lungo i suoi fianchi,<br />
cerchiamo di co<strong>gli</strong>ere ogni particolare<br />
del movimento delle pinne, del foro<br />
dietro l’occhio, residuo di un’ancestrale<br />
evoluzione fisiologica, del piccolo avvallamento<br />
prima della caudale, della piatta<br />
pancia, con <strong>gli</strong> organi sessuali che non<br />
sappiamo ancora ben distinguere.<br />
Il pensiero costante che mi accompagna<br />
nelle nuotate con queste magnifiche creature<br />
è quello di riuscire a comunicare la<br />
loro bellezza, la loro grazia, l’eleganza, la<br />
mansuetudine. Ognuno ha una <strong>per</strong>sona<br />
cara, custode dei pensieri intimi che<br />
vanno condivisi. Ho pensato ai nostri<br />
ragazzi, a quello che saremo in grado<br />
di consegnare loro dopo il passaggio su<br />
questa pianeta, al forte desiderio che le<br />
nostre emozioni possano un giorno essere<br />
anche le loro. Ecco una ragione <strong>per</strong><br />
essere qui: vivere un’es<strong>per</strong>ienza straordinaria<br />
che arricchisce, ammaestra,<br />
offre l’opportunità di conoscere la storia<br />
di un pesce antico che chiede solamente<br />
di poter vagare ne<strong>gli</strong> oceani così come<br />
accade da tempo immemorabile.<br />
Michele Guerrieri<br />
Un<br />
<strong>per</strong>sonaggio<br />
ancora<br />
Rhincodon typus, squalo balena, whale<br />
shark... Comunque lo chiamiate,<br />
non cambieranno la bellezza e il fascino di<br />
questo fi<strong>gli</strong>o de<strong>gli</strong> oceani. E’ buffo pensare<br />
che il pesce più grande del mondo, che da<br />
adulto si assesta tra <strong>gli</strong> otto e i dodici metri,<br />
sia dello stesso ordine (erectolobiformi) di<br />
squaletti del calibro dello squalo bambù, o<br />
dello squalo zebra. Corpo massiccio, cilindrico<br />
e con una evidente serie di carenature<br />
lungo i fianchi e pinna caudale eterocerca (il<br />
lobo su<strong>per</strong>iore molto più sviluppato di quello<br />
inferiore) grande al punto da spuntare spesso<br />
fuori dall’acqua insieme alla dorsale quando<br />
<strong>gli</strong> individui sono prossimi alla su<strong>per</strong>ficie. Testa<br />
molto larga, tendenzialmente appiattita,<br />
con una bocca ampia ed ellittica, la cui forma<br />
è stata copiata da diverse case automobilistiche<br />
<strong>per</strong> riprodurre le mascherine del radiatore,<br />
un indizio, questo, che fa capire come<br />
il più grande pesce planctofago del mondo<br />
sia un grande es<strong>per</strong>to di fluidodinamica. Lo<br />
squalo balena si ciba di plancton e di piccoli<br />
pesci, che cattura nuotando con la bocca<br />
a<strong>per</strong>ta e facendo passare l’acqua attraverso<br />
sistemi di filtrazione chiamati brachiospine, a<br />
forma di pettini posizionati davanti a<strong>gli</strong> archi<br />
branchiali. Bisognerebbe quindi chiedersi che se ne fa de<strong>gli</strong> oltre tremila piccoli denti (tre - cinque millimetri) presenti su ogni<br />
mandibola, ben ordinati in trecentodieci file, non funzionali certo all’alimentazione e forse un ricordo evoluzionistico quasi<br />
paragonabile ai nostri denti del giudizio. Una delle sue tante peculiarità è che, a differenza de<strong>gli</strong> altri planctofaci più passivi, quali<br />
lo squalo elefante e lo squalo dalla grande bocca (Megachasma pelagios), che si limitano a nuotare a bocca a<strong>per</strong>ta in mezzo a<strong>gli</strong><br />
addensamenti di plancton, lo squalo balena, solo quando è intento ad alimentarsi, pompa attivamente l’acqua verso la bocca,<br />
aprendola e chiudendola continuamente durante il nuoto. Un altro comportamento alimentare decisamente inusuale ne<strong>gli</strong> altri<br />
filtratori è il suo famosissimo nuoto verticale, che fa soltanto lui appena sotto il pelo dell’acqua quando individua una massa di<br />
plancton. Questo comportamento parrebbe essere utile <strong>per</strong> massimizzare il cibo ingerito e allo stesso tempo <strong>per</strong> ripulire le<br />
brachiospine da tutto quello che vi si è accumulato sopra. Nonostante se ne parli tanto e lo si veda sovente nelle fotografie e<br />
nei filmati, lo squalo balena è ancora una delle specie meno conosciute. Molti aspetti della sua vita <strong>per</strong>mangono un mistero.<br />
Ad esempio, la riproduzione. Il balena parrebbe essere viviparo aplacentato, capace di dare alla luce piccoli di circa sessanta<br />
centimetri; i ritmi di crescita sembrerebbero farlo arrivare a spegnere cento candeline, forse anche centocinquanta, facendolo<br />
diventare sessualmente maturo intorno ai venticinque - trent’anni anni e a circa nove metri di lunghezza. Ma avete notato come<br />
il condizionale sia d’ordinanza <strong>per</strong>ché in realtà i dati certi su questi animali sono scarsi, anche se <strong>per</strong> fortuna ne<strong>gli</strong> ultimi anni le<br />
osservazioni sono notevolmente aumentate. Solitari di acque profonde e su<strong>per</strong>ficiali, tendono ad aggregarsi in particolari regioni<br />
e <strong>per</strong>iodi soprattutto <strong>per</strong> la riproduzione, quando si osservano esclusivamente esemplari adulti, e <strong>per</strong> l’alimentazione, quando<br />
invece le aggregazioni sono tipicamente di subadulti. Anche la sua colorazione è un elemento particolare, con grande piacere di<br />
chi, come noi, la sta usando <strong>per</strong> una campagna di fotoidentificazione. La livrea è biancastra sul ventre e tendezialmente verdastra<br />
sul dorso, dove le carenature e le strie biancastre formano una scacchiera punteggiata da evidenti punti bianchi che aumentano<br />
in dimensioni con la crescita, ma non variano la distanza tra di loro. Questo disegno particolare parrebbe essere unico e specifico<br />
<strong>per</strong> ogni individuo, <strong>per</strong>mettendo così, con precise tecniche di fotoidentificazione, di costruire una vera e propria foto segnaletica<br />
dei vari individui osservati in giro <strong>per</strong> il mondo. Campagne di fotoidentificazione, marcature alfanumeriche, marcature satellitari e<br />
addirittura chip sottocutanei sono i sistemi che si usano adesso <strong>per</strong> conoscere me<strong>gli</strong>o questo vagabondo dei mari, che purtroppo<br />
ancora oggi, in alcuni paesi, è oggetto di pesca accidentale, o addirittura intenzionale. Il processo di approfondimento sul suo stato<br />
di mantenimento è iniziato nel 1982 con una commissione dell’Onu, che lo ha identificato come “specie migratoria bisognosa<br />
di studi scientifici <strong>per</strong> capirne lo stato e il rischio di estinzione”, ed è proseguito nel 2000, con il suo inserimento nella lista rossa<br />
Iucn delle specie vulnerabili, e nel 2002, con la pubblicazione nell’Appendice II della convenzione Cites come “specie migratoria<br />
sottoposta a sfavorevole stato di conservazione e che necessita di accordi e coo<strong>per</strong>azione internazionali <strong>per</strong> la sua conservazione<br />
e gestione”.Per fortuna, alla crescente sensazione che questa meravi<strong>gli</strong>a del mare necessitasse protezione è andata via via<br />
crescendo la sensibilità dell’opinione pubblica ed è aumentato il coinvolgimento dei turisti, in particolar modo dei subacquei,<br />
nei progetti di raccolta dati, ricerca e sensibilizzazione. Un esempio di cui siamo particolarmente orgo<strong>gli</strong>osi è la Whale Shark<br />
Photo-identification Library tenuta dall’associazione australiana EcOcean, alla quale, dal 2006, contribuiamo con la Whale Shark<br />
Expedition in Djibouti. Basti pensare che dai centocinquantacinque report di avvistamenti documentati nel 2003 siamo passati<br />
ai tremila duecento cinquantanove report nel 2009.<br />
Emilio Mancuso (Istituto <strong>per</strong> <strong>gli</strong> Studi sul Mare)<br />
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