LUGLIO/AGOSTO 2011 NUMERO 99 - Urban

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LUGLIO/AGOSTO 2011 NUMERO 99

EDITORIALE 

HANNO HA HANN NN NNO O CO COLL COLLABORATO 

LL LLAB AB A OR O AT ATO 

CON CO CON N NO NOI 

Elisa Anastasino 

Peter Ash Lee 

Franco Bolelli 

Francesca Bonazzoli 

Maria Bonmassar 

Ciro Cacciola 

Samantha Casolari 

Roberto Croci 

Paolo Madeddu 

Maurizio Marsico 

Giovanna Maselli 

Michele Milton 

Mirta Oregna 

Delfi na Pinardi 

Olivia Porta 

Sara Rambaldi 

Laura Ruggieri 

Lorenzo Tiezzi 

Marta Topis 

Tatiana Uzlova 

CACCIATORI D’ISOLE 

Pessima qualità dell’aria, scadente qualità 

della vita e lotta quotidiana, tutti contro 

tutti. Ma in fondo è il prezzo da pagare. Siamo 

convinti che al di là della giungla d’asfalto 

intorno a noi non ci sia altro posto in cui si 

possa condurre una vita degna di questo nome. 

Eppure in un angolo recondito della nostra 

testa – in questo periodo molto meno recondito 

– le nostre certezze al riguardo affi dano la 

loro solidità a un ideale opposto: l’“isola”, 

come stato mentale prima ancora che luogo, 

come punto zero, come riserva d’ossigeno. Una 

miscela purissima e irrinunciabile di natura, 

wilderness, emarginazione tale che, inalata in 

dosi opportune, ci permette di riaffermare il 

primato della città per il resto dell’anno. 

A questa visione balneare assolutamente 

“urban” abbiamo affi dato i contenuti del numero, 

sperando che ciascuno trovi la sua isola. Anche 

e soprattutto chi alla città non rinuncerà 

neanche in questo periodo. er e iod iodo. o. 

URBAN | 9

SOMMARIO 

MENSILE, ANNO XI, NUMERO 99 

www.urbanmagazine.it Facebook: Urban Magazine 

redazione.urban@rcs.it Twitter: Urbanrcs 

DIRETTORE RESPONSABILE 

Alberto Coretti 

alberto.coretti@rcs.it 

PROGETTO GRAFICO 

Topos Graphics 

ART DIRECTION 

Sergio Juan 

9 | EDITORIALE 

11 | ICON 

12 | INTERURBANA 

al telefono con Paola Cuervo 

15 | PORTFOLIO 

Giochi d’acqua 

20 | CULT 

di Michele Milton 

22 | IL RITMO DI LEIGH 

di Giovanna Maselli 

foto Peter Ash Lee 

styling Delfi na Pinardi 

29 | L’ILE 

di Ciro Cacciola 

foto Columbine Goldsmith 

36 | L’ALTRA GRAFICA 

di Francesca Bonazzoli 

40 | LIBRI 

di Marta Topis 

41 | DESIGN 

di Olivia Porta 

42 | THE SHOES 

di Paolo Madeddu 

foto Gavin Watson 

46 | L’ULTIMA SPIAGGIA 

di Giovanna Maselli 

foto Samantha Casolari 

50 | MUSICA 

di Paolo Madeddu 

CAPOSERVIZIO 

Floriana Cavallo 

floriana.cavallo@rcs.it 

SEGRETARIA DI REDAZIONE 

Rosy Settanni 

rosy.settanni@rcs.it 

FASHION 

a cura di Ivan Bontchev 

fashion.urban@rcs.it 

AMMINISTRATORE DELEGATO 

Bruno Lommi 

MARKETING MANAGER 

Giancarlo Piana 

FIELD MANAGER 

Carmine Scandale 

52 | ALICE & CO. IN 

WONDERLAND 

foto Tatiana Uzlova 

styling Ivan Bontchev 

64 | NIGHTLIFE 

di Lorenzo Tiezzi 

P. 52 

URBAN 

via Rizzoli, 8 · 20132 Milano tel. 02.50.95.1 / fax 02.50.95.2120 

testata del gruppo City Italia S.P.A. 

DISTRIBUZIONE 

Pubbligroup s.r.l. 

Padova 

tel. 049.8641420 

FOTOLITO 

Airy s.r.l. 

via Russoli, 1 

20143 Milano 

STAMPA 

San Biagio Stampa S.p.A. 

via al Santuario 

N.S. della Guardia, 43P 

rosso 

16162 Genova 

RCS PUBBLICITÀ S.P.A. 

Francesca Moroni 

Via Rizzoli, 8 

20132 Milano 

tel. 02.5095.6556 

francesca.moroni@rcs.it 

65 | FUORI / ISOLE 

74 | ULTIMA FERMATA 

di Franco Bolelli 

TORINO 

Corso Duca D’Aosta, 1 

10121 Torino 

tel. 011.502.116 / fax. 011-503.609 

COMO 

Pizza del Popolo, 5 

22100 Como 

tel. 031.243.464 / fax. 031.303.326 

PADOVA 

Via F. Rismondo, 2e Int. 6 

35131 Padova 

tel. 049.699.6311 / fax. 049.781.1380 

VERONA 

Via Cattaneo, 26 

37126 Verona 

tel. 045.801.1449 / fax 045.801.0375 

UDINE 

Via Tiepolo. 45 

33019 Tricesimo (UD) 

P. 65 

BOLOGNA 

Via San Donato, 85 

40127 Bologna 

tel. 051.420.1711 / fax. 051.420.1028 

FIRENZE 

Lungarno delle Grazie, 22 

50123 Firenze 

tel. 055.552.341 / fax. 055.5523.4234 

OSIMO 

Via Grandi, 10 

60027 Osimo 

tel. 071.7276.077 / fax. 071.727.6024 

ROMA 

Via Valentino Mazzola, 66/D 

00142 Roma 

tel. 06.8448.4965 / fax. 06.8448.4980- 

4968 

NAPOLI 

Vico II S. Nicola alla Dogana, 9 

P. 29 

Cover: Leigh Lezark 

foto di Peter Ash Lee 

Top e pantaloncini, obesity and speed 

80133 Napoli 

tel. 081.4977.711 / fax. 081.4977.785 

BARI 

Via P. Villari, 50 

70122 Bari 

tel. 080.5760.111 / fax. 080.5760.126 

PALERMO 

Via Sciuti, 164 

90144 Palermo 

tel. 091.306.756 / fax. 091.342.763 

URBAN | 7

Il nuovo album solista di Eddie Vedder, leader dei Pearl Jam, si chiama, appunto, Ukulele Songs (Universal). 

HONOLULU ICON 

L’OGGETTO DEL MESE 

L’UKULELE 

SCELTO DA EDDIE VEDDER 

URBAN | 9

IBIZA INTERURBANA 

DI MARIA BONMASSAR 

12 | URBAN 

COME SI PREPARA L’ISOLA PER QUESTA NUOVA STAGIONE? 

Dopo due anni un po’ sottotono per la crisi economica 

che ha colpito anche Ibiza, quest’anno si avverte 

un nuovo fermento, una rinascita con un pubblico 

internazionale che già si sta aff acciando sull’isola. 

Hanno aperto nuovi locali sulla spiaggia come 

Delano, La plage, Ushuaia, sulla scia del successo 

avuto nelle ultime stagioni dal Blue Marlin. Pare che 

questa tendenza della festa durante il giorno, dal 

pomeriggio a mezzanotte sia il futuro. Continua il 

successo delle grandi discoteche ma sempre di più 

la gente ama vivere e ballare anche di giorno. 

È CAMBIATO IL MODO DI DIVERTIRSI IN QUESTI ANNI? 

Come ho già detto, la gente sempre di più ama ballare di 

pomeriggio. Da quattro anni sono vietati gli after hour 

(ovvero le discoteche che aprivano dalle 7 del mattino, 

dopo la chiusura della altre) perché il pubblico per 

reggere tante ore di seguito faceva indubbiamente uso 

di sostanze stimolanti. Anche se né a me né al pubblico 

di Ibiza piacciono tanto le proibizioni, forse adesso la 

qualità del divertimento è migliorata. 

COSA VUOL DIRE ABITARE A IBIZA E NON ANDARCI 

SEMPLICEMENTE IN VACANZA? 

Quando sei qui ti sembra di entrare in 

un’altra dimensione di vita. È come se il 

mondo si riducesse a 40 km di diametro, e 

contemporaneamente ti senti lontana dal 

resto del mondo anche se sei soltanto a 25 

minuti e 50 euro di aereo da Barcellona. 

Quando sei qui senti di più la natura, la guardi 

e la vedi. In una grande città sono poche le 

volte in cui guardi il cielo, tra la fretta e le tante 

informazioni che continuamente occupano i 

tuoi sensi e in particolare la vista. Quando sei 

AL TELEFONO CON 

PAOLA CUERVO 

qui ti senti più umana, poi siamo tutti un po’ 

uguali, un po’ stranieri, un po’ pirati... tanto 

complici. Difendiamo l’isola dai predatori 

estivi: non dai turisti, ma da quelli che 

vengono qui a fare speculazioni commerciali 

aprendo negozi stagionali e poco eleganti. 

DICCI QUALCOSA DELLA TUA NUOVA AVVENTURA: LA BODEGUERA AVRÀ 

ANCHE QUALCOSA DELLA TUA ESPERIENZA ITALIANA? 

Tutte le cose che fai nella vita sono impregnate e infl uenzate 

dal tuo percorso precedente. Ho passato i miei migliori 

anni a Roma e ho imparato tante cose che di sicuro ora 

mi serviranno. La Bodeguera è uno spazio aperto tutto il 

giorno, dove puoi mangiare tapas, pinchos, bere, leggere 

un libro ascoltando musica in tutto relax. La sera puoi 

cenare o venire per un drink dopo. Ci sarà anche lo spazio 

per ospitare mostre e performance, ho amici artisti da 

tutto il mondo e aspetto le loro proposte. Non faccio tanti 

programmi lascio che la vita scorra, come mi ha insegnato la 

migliore attitudine ibizenca. 

GLI INDIRIZZI SEGRETI DEGLI IBIZENCHI 

PER EVITARE LA RESSA AGOSTANA? 

Le rocce di Sa Punta e Cala Pluma per 

prendere il sole. Hostal La Torre di 

Cala Gracio per vedere un tramonto 

senza la folla del Café del Mar. 

TRE COSE CHE SOLO A IBIZA… 

Il mix di persone di tutto il mondo e gli hippy, quelli veri che 

vivono senza telefono ed elettricità. La musica con lo stesso 

ritmo (Radio global y sonica) che ti accompagna da quando 

scendi dall’aereo – dai benzinai, nei supermercati, nei taxi, 

nei bar – fi no a quando stai per ripartire, anche se non te ne 

vorresti più andare. E il fatto di poter avere una vacanza di 

mare fantastica nella natura e allo stesso tempo vivere la 

notte più intensa del mondo. 

PAOLA CUERVO, spagnola, ha vissuto 15 anni a Roma, dove ha importato la movida, organizzato feste ed eventi, aperto locali e discoteche 

stravolgendo la vita notturna della capitale. Da 12 vive a Ibiza, divenendo una delle protagoniste della notte. Manager della serata più eccentrica e 

trasgressiva dell’isola “La Troya Asesina”, sta per aprire un nuovo locale tutto suo: la Bodeguera.

Ecstasy 

GIOCHI 

D’ACQUA 

FOTO RUBEN NATAL-SAN MIGUEL 

COURTESY FINCH & ADA, NY 

NEW YORK PORTFOLIO 

Il caldo non è un fattore esclusivamente 

meteorologico. Il caldo in città è anche 

un’emozione che modifica la percezione 

degli spazi, dilata le prospettive e, 

soprattutto quando si incrocia con 

l’acqua, crea un benefico corto circuito 

che rompe l’ordine costituito e libera le 

endorfine. L’idea di leggere la città come 

una giungla costellata da torrenti e cascate 

è una tentazione sempre in agguato, ben 

oltre l’adolescenza. Lo sa bene il fotografo 

portoricano Ruben Natal-San Miguel, che ha 

“scoperto” l’acqua nella sua città adottiva, 

New York. 

Urban Water: Inner Child, fotografie di Ruben 

Natal-San Miguel. Co-curato da: Michael Hoeh & 

Leah Oates. Ruben Natal San-Miguel è rappresentato 

da Finch & Ada, New York. www.finchandada.com 

URBAN | 15

Euphoria 

16 | urban urban | 17 

Enthusiam

Anxiety Curiousity 


Wonder

paris & co. cult 

di r. croci e m. milton 

welcome on 

board 

Direttamente dalla California, arrivano a La Gaîté di Parigi, 

esattamente il 14 luglio, giusto in tempo per la Festa della 

Bastiglia, alcuni corti, pubblicità e skate video diretti e 

prodotti da Federico Vitetta per la Girl Skate Films fondata 

da icone à-la Rick Howard, Mike Carroll, Megan Baltimore e 

dal leggendario Spike Jonze. Il tutto proiettato in anteprima 

mondiale all’interno della mostra Public domaine: 

skateboard culture, fino al 7 agosto, che chiunque abbia 

cambiato vita dopo ‘essere stato su uno skateboard’ non 

può perdersi. La rassegna è organizzata da Fred Mortagne 

aka French Fred, capostipite dello skateboard movie 

filmaking moderno, una sorta di Stacy Peralta europeo 

contemporaneo. C’est la vie. (R. C.) 

www.gaite-lyrique.net 

20 | urban 

i colori del cirque 

Il mondo del fashion design e quello 

del Cirque du Soleil, mai così vicini. 

Nasce la collezione Desigual inspired 

by Cirque du Soleil, una partnership 

mondiale all’insegna di arte, design e 

show-business presentata in questi 

giorni a Barcellona, Berlino e Las Vegas 

e che da questo autunno/inverno sarà 

presente in 8mila punti vendita, 200 

negozi monomarca e in numerosi shopin-shops 

dei più blasonati departmentstore, 

oltre che online. (M. M.) 

www.desigual.com 

l’atlantico non è poi così lontano 

Parigi val bene una tavola. Ha aperto a Bercy il nuovo concept-store Quiksilver ovvero: 120 

metri quadri di paddle, longo, body, surf, skate e snowboard. Tavole grandi, piccole e medie 

che ricoprono soffitti e pareti, muri di pietra, tavoli grezzi e una montagna di schermi che 

proietta i migliori rodei atlantici tra le onde. Un vero e proprio paradiso per surfisti di terra e di 

mare, ricavato da un’ex-cantina di vini su due livelli, che presto diventerà il luogo d’incontro 

d’elezione di tutti gli atleti Quiksilver che passano da Parigi. (M. M.) 

www.quiksilver.com 

limited edition: 

500 X 30 

Replay ha da poco festeggiato al Bread 

& Butter di Berlino i suoi primi 30 anni 

d’attività presentando un’edizione 

limitata di una speciale capsula denim, 

Made in U.S.A., composta da un jeans 

cinque tasche e una camicia (sia uomo 

che donna) prodotti in 500 esemplari 

e venduti in uno speciale packaging 

che contiene anche due bandane (una 

grande e una small) e una cintura. 

(M. M.) 

www.replay.it 

sotto il sole dei seventies 

Primi anni ’70: Emerson (Fittipaldi) vinceva la Formula 1, Emerson (Keith) 

sfasciava l’organo Hammond con un coltello delle SS, ma tutti e due fuori 

dalla pista o dall’arena del rock gli occhiali da sole li portavano così, con quelle 

forme, quelle montature, quei materiali. Come quelli della nuova collezione 

eyewear Nike Vintage, liberamente ispirata proprio alle icone del lifestyle di 

quegli stessi anni. 

www.marchon.com 

le due foto © 2011 Toyin Ibidapo. All rights reserved. www.toyinibidapo.com 

book jungle 

london & co. cult 

di michele milton 

Fino al 10 settembre è in scena a Venezia, nel corso della 54esima edizione 

della Biennale, l’installazione Memory of Books dell’artista Chiharu Shiota, 

sponsorizzata da Shiseido. Una scrivania, una sedia, pagine sparse per la sala 

e una moltitudine di fili di lana nera che pendono dal soffitto e fuoriescono 

dalle pareti si intrecciano e compongono un gigantesco reticolato in cui sono 

avvolti centinaia di libri, attraverso il quale ci si deve fare strada come nella 

giungla. Come dire: non riuscirete mai a liberarvi dei libri. 

www.labiennale.org 

liberi come 

mai più 

Duecento pagine di scatti intimi e realistici firmati 

Toyin Ibidapo già collaboratore, tra gli altri, di Dazed 

& Confused e Alexander McQueen. Cult of Boys edito 

da teNeues, con prefazione di Tim Walker, in uscita 

ad agosto (59,90 euro), è una collezione di ritratti 

selvatici e allo stesso tempo sofisticati, frutto di una 

stretta relazione creativa tra l’artista e i suoi modelli. 

Una galleria fotografica composta con cura, che ricerca 

nuove identità di bellezza e gioventù e tratteggia un 

immaginario contemporaneo fragile e asessuato, 

distante anni luce da quello di un Mapplethorpe o di un 

Weber e da borgate e borgatari di pasoliniana memoria 

ma, quanto meno, prossimo a serie tv di culto come 

Misfits o Skins. 

www.teneues.com 

urban | 21

new york musica 

Top e pantaloncini, obesity and speed. Make up & hair: Belinda Zollo @ Kate Ryan Inc for Shu Uemura Art of hair & MAC Cosmetics 

il ritmo 

di 

leigh 

testo giovanna maselli 

foto peter ash lee 

styling delfina pinardi 

Un istante sembra timida, il secondo dopo assolutamente sicura 

di sé. Leigh Lezark è una squisita sintesi degli opposti. Classe 1984, insieme a 

Geordon Nicol e Greg Krelenstein con cui è parte del trio DJ dei Misshapes, 

ha fatto la storia della nightlife newyorkese nei famigerati, e appena passati, 

naughties. Oggi, dopo quattro anni da quando le serate Misshapes hanno chiuso, 

continua a dettare legge sia nella musica sia nella moda. Si presenta al nostro 

appuntamento puntuale, alle 10 del mattino spaccate, nonostante poi riveli 

di non aver chiuso occhio tutta la notte. “Ieri sono andata a un party e stasera 

suono al Soho Grand”. Mi invita mentre i suoi grandi occhi verdi incorniciati 

da un caschetto di capelli neri mi scrutano con curiosità. “Sono del NJ: sono 

cresciuta proprio dove girano il reality The Jersey Shore”, dice con un sottile 

senso dell’umorismo. “Tra l’altro adesso sono in Italia: non riesco a credere che 

li abbiano mandati là. Che cosa diavolo sono andati a fare a Firenze? Secondo 

me, se li avessero mandati a Milano, probabilmente li avrebbero linciati!”. Ha 

voglia di scherzare, sorride e così iniziamo a parlare del più e del meno: della 

sua adolescenza, del trasferimento a New York e dell’inizio della sua carriera. 

“Venivo sempre in città durante il liceo. Dicevo ai miei genitori che dormivo 

a casa di qualche amico, poi prendevo il treno per New York e andavo in giro 

per tutti i gay club della città: erano gli unici in cui riuscivo a entrare. Poi alle 

sei del mattino prendevo il primo treno che tornava a casa, e alle 7.30 ero in 

classe. Restavo sveglia tutta la notte, girando per la città, quindi in un certo 

senso ho sempre saputo di amare Nyc. Molti hanno questa idea che sia una città 

pericolosa o paurosa… Ma non lo è. Basta usare la testa!”. 

22 | urban urban | 23

Giacca di jeans, acne. Costume, american apparel 

Come hai iniziato a fare la deejay? 

“Subito dopo il liceo mi sono trasferita a New York senza alcun piano nella 

testa. Ero sola con il mio migliore amico e la mia grande collezione di dischi. Al 

tempo ero minorenne e senza soldi, quindi la mia musica era l’unico modo con 

cui poter entrare nei bar, perché così potevo fare la dj e avere i drink gratis. Al 

tempo avevo 17 anni, non potevo nemmeno comprare le sigarette! Ho iniziato 

suonando nei locali dell’East Village in cambio nient’altro che di un free drink 

e una ciliegia al maraschino. Adesso fortunatamente la mia carriera è un po’ più 

inquadrata” (ride). 

Con il senno di poi, perChé pensi Che i misshapes abbiano avuto tanto suCCesso? 

“Tutto è nato con un party di Capodanno. Avevamo invitato 30 persone e 

preparato delle piccole gift bag in cui avevamo infilato alcune copie di V 

magazine, un po’ di condom presi alla Harlem Aids Clinic e altre cose di questo 

tipo. Il padre di un nostro amico aveva un ristorante, quindi grazie a lui avevamo 

un bel po’ di bottiglie di vodka. C’erano anche i Raptures che suonavano con 

noi quella sera. Alla fine si sparse la voce e arrivarono circa 300 persone. Quello 

è stato d’ispirazione per quanto abbiamo fatto dopo. Organizzavamo ogni 

festa come se fosse una sorta di house party. Non volevamo che i nostri amici 

spendessero tanto, quindi facevamo in modo che ci fossero degli special drink, 

se non addirittura gratis. Un’altra regola era nessun servizio ai tavoli, perché tutti 

dovevano essere trattati allo stesso modo. E così è sempre stato”. 

Com’era new york quando hai iniziato? 

“Penso che nel 2002 la nightlife avesse proprio bisogno di un cambiamento. C’era 

un party ogni sera, tipo il lunedì dovevi andare in un posto e il giovedì da un’altra 

parte. Ma erano brit-pop night oppure eighties night… c’era sempre una sorta di 

connotazione rétro attaccata a qualsiasi serata. Allo stesso tempo c’era così tanta 

nuova musica che stava uscendo e io e Geordon e Greg non facevamo altro che 

cercare tutte queste band su Myspace. Così nelle nostre serate mixavamo i loro 

pezzi con i classici che tutti amano. Quindi, diciamo, un mix di vecchio e nuovo”. 

Che Cosa ne pensi della musiCa di adesso? Ci sono delle band Che segui di più al 

momento? 

“Mi piacciono tantissimo i Light Asylum, gli Smith Westerns, i Cults. L’ultimo 

album dei Gorillaz era piuttosto forte. Ma non vedo l’ora di vedere quello che 

faranno gli XX. Jamie degli XX ha appena rifatto un intero album di Gil Scott- 

Heron ed è fantastico!”. 

Che impressioni hai sulla nightlife newyorChese di oggi? 

“Sembra stia cambiando tutto di nuovo. Dopo che Misshapes è finito nel 2007, 

c’è stata una sorta di discesa… la recessione aveva colpito tutti tantissimo e i 

club non potevano più permettersi di dare via drink gratis. Ma adesso ci sono 

Le Bain e la Boom Boom Room allo Standard. Oppure Bedlam, nel Lower East 

Side. Ci sono tantissimi posti che stanno spuntando ovunque. Quindi direi 

che la recessione è un po’ finita, giusto?”. 

È un po’ la speranza di tutti, no? 

“Beh, almeno le persone stanno iniziando a festeggiare come se fosse finita!” 

(ride). 

sei una deejay, ma anChe una modella. la moda È un mondo Che ti ha sempre 

attirato? 

“Direi di sì. Sono cresciuta in una famiglia molto modesta, non ho mai potuto 

permettermi abiti firmati. Al liceo andavo nei negozietti dell’usato, trovavo 

una camicia da uomo di Dior appartenuta a qualche vecchietto, gigante, 

sdrucita, magari con anche delle macchie sotto le ascelle, quindi tornavo 

a casa e iniziavo a tagliarla per far sì che mi entrasse ed eliminare anche le 

macchie sotto le ascelle (ride). Il mio interesse nella moda è nato così: come 

trasformare dei capi cenciosi in qualcosa di fantastico! Poi a Nyc ho iniziato 

a conoscere molti ragazzi che erano fashion designer alle prime armi, e mi 

davano sempre qualcosa da mettermi. La prima volta che andai alla settimana 

della moda a New York persi la testa e decisi che dovevo trovare il modo di 

restare nell’ambiente”. 

perChé? Che Cosa ti era piaCiuto esattamente della fashion week? 

“Perché è arte, fantasia, musica. È come se tutti gli aspetti che amo di più della 

creatività fossero combinati in una sola settimana di delirio con tantissimo alcool 

e tanto divertimento (ride). Adesso vado a tantissime fashion week in tutto il 

mondo, non solo a Parigi, Londra, Milano e New York. Sono andata ad esempio 

a quella di Jakarta, ma anche a quella di Buenos Aires. Ho avuto modo di vedere 

tantissime culture diverse nel panorama della moda”. 

hai Collaborato Con tantissime persone in questi anni Come madonna, karl 

lagerfeld, hedi slimane, zaC posen e siouxsie sioux. C’È qualCuno Che manCa 

nella lista Con Cui vorresti fare un progetto oggi? 

“Mah, diciamo che Karl Lagerfeld era già al top della lista”. (ride) 

Com’È stato lavorare Con lui? 

“Fantastico! Io amo Karl! È veramente una persona con i piedi per terra. 

Non penso che la gente lo realizzi, per via della sua facciata, del costume che 

sembra indossare. A dire il vero ero un po’ in soggezione la prima volta che l’ho 

conosciuto, ma poi ho capito che era tranquillissimo. Ero nel suo studio a Parigi, 

è arrivato da me e ha iniziato a parlarmi in francese. Ho detto: ‘Mi dispiace, non 

parlo francese’, allora ha iniziato a parlarmi in tedesco. E io: ‘Mi dispiace, non 

parlo tedesco’. Quindi mi fa: ‘Sei americana, parli solo inglese, giusto?’, e io ‘sì, 

mi dispiace’. Voglio dire, odio questo degli americani, mi piacerebbe tantissimo 

parlare altre lingue. Ma lui è stato assolutamente tranquillo e mi ha detto: 

‘chissenefrega, è fantastico: devi andarne fiera!’” (ride). 

qual È stato il momento più emozionante nel lavorare Con lui? 

“L’anno scorso ho fatto un video per la pre-collezione e lui ha voluto che io 

interpretassi Coco Chanel. Voglio dire, Karl Lagerfeld che ti chiede di fare Coco 

Chanel! Lui la conosceva di persona! Già per me sarebbe stranissimo dover 

scegliere qualcuno per fargli fare uno dei miei deejay partner… Quindi è stato un 

vero e proprio onore! Mi sono davvero divertita sul set. Se tutti i set fossero così, 

probabilmente non vorrei fare altro che recitare: sono tutti tranquilli, non hai 

nessuna pressione e lui, certo, ti dà una direzione, ma allo stesso tempo ti lascia 

spazio per fare quello che vuoi”. 

la reCitazione È un Campo Che intendi esplorare di più nella tua Carriera? 

“Sì, diciamo che sto vedendo che cosa ne uscirà fuori. Non mi sto impegnando 

affinché accada, anche perché sono così indaffarata tra i dj set, la mia carriera di 

modella e il vivere in generale (ride). Se dovrà accadere, accadrà. Ma mi piace 

recitare perché, a differenza del lavoro come modella, hai modo di interpretare 

qualcosa invece che rappresentarlo e basta”. 

È vero Che tu e karl siete entrambi ossessionati Con la light Coke? 

(ride) “È l’unica cosa che beve! Durante la settimana della moda ha sempre il 

suo chef personale dietro che gli porta una Light Coke su un vassoio d’argento. 

E il mio drink preferito è vodka e Light Coke! È perfetto per le hangover: la 

Coca Cola taglia il sapore della vodka e non ha zucchero, che è quello poi che ti 

fa star male il giorno dopo!”. • 


Cardigan e pantaloni, acne. Calze, american apparel. Scarpe, cb made in italy. Sciarpa, alexander mcqueen. 

Make up & hair: Justine St. Clair @ Ford. Assistente stylist: Kristina Flippen. Si ringrazia: Lafayette House NYC

st. barths creaTive lab 

L’iLe 

TesTo ciro cacciola 

foTo columbine goldsmith 

urban | 29

L’acqua può essere maledettamente contagiosa. L’acqua è 

musica. Sott’acqua la pelle prende un altro respiro, la mente esprime 

nuovi pensieri, il corpo conquista una nuova leggerezza. Nell’acqua, 

ogni centimetro di pelle si lascia accarezzare, la nudità diventa di colpo 

un’esigenza naturale, la visione del mondo si tinge di blu. Dev’essere 

andata più o meno così. Un’isola, il mare, due ragazze francesi, l’estate. 

Columbine Goldsmith e Allegria Torassa sono due incredibili artiste 

con residenza a Parigi. Giovani e belle, per di più. La vita che gira intorno 

ai mondi della fotografia. Reportage, effetto documentario, realismo. 

Poi, una notte, l’acqua: “Eravamo sull’isola di St. Barths. Era notte fonda, 

Allegria e io facevamo un bagno in piscina. Nude, indossavamo maschere 

bianche sul viso. C’era una strana luce verde in sottofondo. Ci siamo 

sentite come proiettate in un’altra dimensione. Un che di fantastico. 

Insieme, abbiamo avuto come la ‘visione’ di realizzare un film surrealista, 

una roba tipo Luis Buñuel. Il giorno dopo abbiamo cercato in tutta l’isola 

una camera subacquea. Non ne abbiamo mai trovata una. Ma abbiamo 

continuato a giocare con quelle maschere, ed è come se fosse iniziato 

un graduale processo di liberazione”. Così è nato un video. Il primo 

che avessero mai realizzato. L’Ile. Un intenso, sensuale, spiritualistico 

autoscatto voyeur. Un lavoro a quattro mani in cui ciascuna ha filmato 

l’altra, in cui ciascuna ha recitato, giocato, liberando se stessa. Colpiti e, 

ovviamente, affondati, abbiamo fatto chat con Columbine. 

L’isoLa come stato mentaLe: Libertà di sentirsi Liberi, o Libertà di 

“sentire”? Voi stesse. iL mondo? L’aLtra persona? 

“Le isole mi portano a una riflessione. Sono cresciuta nel Sud della 

California, sull’oceano. Passavo le estati con la mia famiglia a Monhegan 

Island, una remota isola del Maine. L’isola era meta di artisti già 

nell’Ottocento, per la bellezza dei paesaggi, le scogliere selvagge. Lunga 

appena 3 chilometri, difficile da raggiungere, due ore di nave e arrivi nel 

cuore dell’Oceano. Niente auto, solo un po’ di luce elettrica. Ho trascorso 

tutte le estati della mia infanzia vagando sull’isola con mia sorella, tra 

artisti e pescatori d’aragosta. Da pochissimo invece sono stata alle isole 

Channel, al largo della California, anch’esse remote e completamente 

deserte. E mi rendo conto di rispondere sempre in maniera viscerale alle 

isole. L’isolamento equivale a libertà. E sono sicura che è stata questa 

reazione a portarci alla realizzazione del video. L’acqua fa parte del mio 

subconscio, mi fa impazzire. Credo di essere fondamentalmente anfibia. 

Ecco perché essere su un’isola, circondata dall’orizzonte del mare, mi 

carica enormemente”. 

Una maschera pUò canceLLare La nUdità di Una persona? La sUa 

indiVidUaLità? 

“Abbiamo trovato quelle maschere in un party shop a St. Barths. 


Sembravano un po’ roba da film dell’orrore a prima vista, ma poi hanno 

rivelato un insospettabile aspetto ‘cool’. La gente agisce diversamente 

sotto una maschera: non mostri il tuo viso, dunque non hai più alcuna 

espressività. Comunichi solo attraverso il corpo. Se chi guarda vede il tuo 

viso, subito vuol sapere di più su di te: chi sei? Perché sei sull’isola? Invece 

il corpo da solo non necessita di alcuna storia. Il corpo anonimo diventa il 

corpo di tutti e di nessuno”. 

dUe donne, dUe corpi nUdi: c’è qUaLcosa che abbia a che fare con iL sesso? 

e se i corpi fossero stati qUeLLi di Un Uomo e di Una donna? 

“Con l’introduzione di un corpo maschile sarebbe stato completamente 

diverso. Abbiamo usato corpi di donne in modo anonimo, senza alcun 

pensiero erotico. Anche perché mentre giravamo non avevamo un’idea 

precisa del lavoro. Era tutto molto spontaneo. Volevamo solo creare 

scene surreali da mettere insieme una volta che avremmo fatto ritorno a 

Parigi. Tutto qui. Il sesso non c’entra. Il mio pensiero costante era il film 

L’avventura di Michelangelo Antonioni: gente che si perde e così via. La 

nudità è stata un fatto naturale. Sull’isola eravamo sempre seminude, a 

nuotare o rilassarci, dunque il nudo era inevitabile”. 

aLcUne scene deL Video sono girate aLL’interno deL piccoLo cimitero 

isoLano. sULL’isoLa anche Un cimitero contiene porzioni di beLLezza? 

“Sì, i cimiteri delle isole sono bellissimi. I colori sono brillanti, ci sono tanti 

fiori, anche di plastica, ma tanti. E il contrasto con gli elementi naturali è 

affascinante. Ovviamente è anche un luogo di tristezza. Dunque non vorrei 

sembrare riduttiva parlandone in termini estetici. Ma in quel cimitero 

abbiamo avvertito una forza che abbiamo voluto portare anche nel video”. 

credi che eros e thanatos siano daVVero in bUoni rapporti tra Loro? 

“La domanda è forte e non mi sento preparata a rispondere. Credo in 

entrambi: amore e morte. Ho studiato politiche del desiderio all’università: 

cos’è il desiderio? Che cosa desideri? Cose così. Sono continuamente in 

discussione con me stessa su questi argomenti. Ma sono cose che restano 

nel mio subconscio, non ne faccio un’esperienza intellettualistica, dunque 

non ho risposte definitive”. 

neL fiLm c’è mUsica: eLementi orchestraLi e sezioni più ritmiche. com’è 

aVVenUta La sceLta deL sonoro? 

“Prima di partire, avevo visto Zabriskie Point e la colonna sonora 

(prevalentemente dei Pink Floyd, n.d.r.) che in parte abbiamo usato per 

il video mi faceva battere il cuore, mi portava a un livello superiore di 

emozione. Era nella mia testa per tutto il tempo sull’isola”. 

oceano o mediterraneo? 

“Soprattutto direi ogni genere d’acqua. A volte porto con me la sensazione 

di essere su un’isola anche quando mi trovo al centro di Parigi. Tra un po’ 

farò ritorno a Monhegan Island, non vedo l’ora”. 

è qUeLLa La tUa isoLa deL cUore? 

“Quella. Assieme a un’isola della Patagonia che ho scoperto facendo kayak 

qualche anno fa. Lontanissima, circondata da un mare molto profondo. 

Credo che per anni nessuno sia stato su quell’isola. La natura è così selvaggia 

in Patagonia, ma è anche altrettanto violenta. Quell’isola ancora non ha un 

nome, come molte altre isole laggiù. Mi piacerebbe ritornarci”. 

a Un certo pUnto, neL fiLm, neL cieLo L’obiettiVo segUe La rotta di Un aereo: 

“desiderio” o “doVere” di tornare aLLa reaLtà? 

“Allegria ha girato quel pezzo del film: grande idea! Si riferisce all’isolamento 

delle ragazze, credo. Ma, al contempo, rispondeva in quel momento alla 

nostra esigenza di riprendere tutto ciò che ci ispirava e ci sembrava potesse 

contribuire all’aspetto creativo del film”. 

tU e aLLegria aVete composto L’iLe assieme. che cosa è VenUto daLL’Una, 

cosa daLL’aLtra? 

“Il mio è un background fatto di arte e di cinema. Mio padre era un regista e 

mia madre insegnava storia dell’arte. Sono super creativi, due artisti veri, e 

sono per me continua ispirazione. Lavoro da anni come fotografa di moda 

e ritrattista, quindi ho un punto di vista molto preciso. Allegria invece è una 

talentuosa designer, ha sempre idee fantastiche per la testa e una grande 

immaginazione. In comune abbiamo lo stesso vocabolario stilistico e ci 

entusiasmiamo per le stesse cose. L’Ile è stato il nostro primo lavoro. Ma, ne 

sono convinta, continueremo a fare progetti assieme”. • 


damasco & co. fenomeni 

Mouneer Al Shaarani (Siria), da Arabesque 2, Copyright Gestalten 2011 

36 | urban 

l’altra grafica 

Dalla carta, ai social network, 

TesTo francesca bonazzoli 

alle piazze. E se la primavera araba 

fosse partita da un’estetica? 

Siamo tutti rimasti a guardare. A osservare stupiti e 

scettici il sollevamento dei Paesi arabi, le masse di giovani 

che occupavano le piazze e sfidavano gli eserciti dei dittatori fino 

ad allora intoccabili e inamovibili. Guardavamo increduli (e molti 

anche invidiosi) quell’energia, quell’onda di indignazione che poi ha 

lambito anche le piazze di Madrid e Atene. 

Ma ora che è arrivata l’estate, siamo qui a chiederci che frutti darà 

la “primavera araba”. In autunno arriverà il redde rationem e allora 

vedremo che cosa è stato creato di alternativo ai tiranni più o meno 

spodestati. Vedremo che cosa è rimasto delle notti nelle piazze, dei 

venerdì della collera, dei bagni di sangue dalla Tunisia all’Egitto, 

giù giù fino alle tragiche lotte di Yemen, Siria e Libia. Saranno i 

giovani a orientare e guidare i loro Paesi o, ancora una volta, il 

Potere saprà riprendere possesso di quello che apparentemente ha 

lasciato, grazie all’ennesima abile metamorfosi? L’eterno Potere, 

come scriveva Oriana Fallaci nel drammatico incipit del libro Un 

Uomo, dedicato al suo compagno Alekos Panagulis, assassinato 

dalla giunta dei colonnelli greci: “L’eterno Potere che non muore 

mai, che cade sempre per risorgere dalle sue ceneri, magari credi di 

averlo abbattuto con una rivoluzione o un macello che chiamano 

rivoluzione e invece rieccolo, intatto, diverso nel colore e basta”. 

Mentre guardavamo attoniti era questa la nostra (e la loro) paura; 

tanto più che ci siamo finalmente resi conto di non avere strumenti 

per capire. Persino la Cia è stata colta di sorpresa. Ci siamo accorti di 

Mohamed Nabil (Egitto), da Arabesque 2, Copyright Gestalten 2011 

urban | 37

non sapere nulla di quel misterioso mondo arabo che dall’11 settembre è 

solo il nostro Nemico e invece improvvisamente eccolo, nel 2011, a fianco 

della Democrazia, di Internet, Facebook, Twitter, come un mondo gemello 

di quello occidentale che si dà le medaglie del miglior mondo possibile. 

In fondo la triste verità è che dei Paesi arabi conosciamo solo le parole 

islam, petrolio, intifada, velo e poco altro. 

Forse è per questo che anche solo un libro ci può aprire tutto un mondo 

sconosciuto, come uno scrigno delle Mille e una Notte. Arabesque 2 è il 

libro che ci ha stregati e ci ha aperto gli occhi su un microcosmo, quello 

del graphic design arabo e persiano, che non immaginavamo a Est potesse 

essere così “cool”. 

Chissà quanti editori si batteranno la fronte dicendosi: come ho 

fatto a non pensarci io! Arabesque 2, infatti, l’ultimo titolo coeditato 

da Ben Wittner e Sascha Thoma per Gestalten (esce in agosto e fa 

seguito al precedente del 2008, www.gestalten.com), non è solo un 

volume cutting edge, ovvero all’avanguardia, sul filo dell’attualità, ma 

è anche, e soprattutto, un libro meraviglioso, nel senso che procura 

meraviglia in chi lo sfoglia. È un libro contemporaneamente antico e 

modernissimo; bidimensionale come la scrittura e tridimensionale 

come l’architettura in cui si possono trasformare i caratteri arabi creando 

forme che assomigliano a castelli medievali o a contemporanei edifici 

decostruttivisti. 

Duecento otto pagine a colori che illustrano come i caratteri arabi 

possano mutarsi in uccelli del paradiso, piume, fiori, ventagli; oppure 

in segni grafici, simili a labirinti, che possono decorare strade e piazze; 

in cartelloni stradali o pannelli luminosi; persino nella complessa 

architettura dei visceri interni del corpo umano. Insomma: stupefacente, 

ingegnoso e divertente, così è il gioco che i caratteri arabi permettono 

al graphic design, molto più dei caratteri romani. Anche nelle sfide più 

ardue come quando, per esempio, bisogna trovare il modo di impaginare 

riviste con testi in entrambi gli alfabeti arabi e romani, creando un layout 

che permetta una lettura sia da destra a sinistra che viceversa. 

E se anche a voi, come al curatore del libro, verrà in mente di chiedervi da 

dove venga tanta freschezza creativa, avrete qualche risposta sbalorditiva: 

anche dalla depressione. 

È così che spiega la faccenda Ganzeer, egiziano classe 1982, freelance 

grafico, designer e artista: “Più mi vengono idee che finiscono in nulla, più 

mi deprimo per non poterle realizzare. Così trovo lo stesso il tempo per 

farle, per evitare di affondare nell’abisso di una depressione profonda. È 

una questione molto egoistica”. 

Idea fantastica: affascinante arabesco del pensiero. • 


Aria Kasaei – StudioKargah (Iran), da Arabesque 2, Copyright Gestalten 2011

new york & Co. libri 

di marta topis 

l’evoluzione Di Bruno 

littlemore 

benjamin hale 

Ponte alle Grazie, 2011 

545 pp., 21 euro 

Bruno Littlemore è imprigionato e sta dettando le sue memorie alla 

giovane Gwen. Ma Bruno non è un detenuto come tutti gli altri: lo 

si capisce man mano che i capitoli scorrono sotto la felice penna di 

Benjamin Hale, giovane fantasioso (e prolifico, vista la lunghezza!) 

scrittore cresciuto in Colorado ma che vive a New York e che ha fatto, 

tra l’altro, il panettiere di notte, disegnatore di fumetti, pittore di 

trompe l’oeil e illustratore. Bruno infatti è uno scimpanzé, abitante di 

uno zoo dove è oggetto di ricerca: Lydia, la dottoressa che lo studia 

con metodi non convenzionali, nella convinzione che possa imparare 

a parlare, se lo porta prima a casa (dove i due si innamorano…) e poi in 

un ranch nel Colorado, dove la sorprendente trasformazione di Bruno 

in umano procede giorno dopo giorno, con la scoperta di arte, teatro e 

persino un’operazione chirurgica per modificare il naso scimmiesco. 

Audace, originale, a tratti esilarante (come quando Bruno infila la 

testa sotto le gambe di una studentessa) ma anche tenero (nella 

descrizione degli agitati sentimenti dello scimpanzé). In una sola 

frase: semplicemente geniale! 

l’estate Del coprifuoco 

daniel Kraus 

EINAuDI - STILE LIBERo, 2011 

219 pp., 17 euro 

Sulla scia di Stand by me, celebre film anni ’80, da un racconto di Stephen 

King, ma con un pizzico di David Lynch in più, esce in Italia il libro 

d’esordio del regista e giornalista di Chicago Daniel Kraus: la dura storia 

dal cuore tenero di tre ragazzini della provincia americana (James, un 

perfettino che vive nell’incubo delle aspettative dei genitori, Reggie 

lo sbandato con madre single dai troppi fidanzati, e Willie, il piccolo 

sognatore che inventa frasi assurde per ricordarsi nomi ed elenchi) 

la cui estate, quella dei 12 anni, viene sconvolta dal terribile incidente 

in cui Willie perde un braccio e la città viene messa sotto coprifuoco. 

Per i tre è la molla alla trasgressione, il brivido del proibito, che non li 

ferma neppure davanti alla morte del coetaneo Greg. Ci sono pagine 

che risultano macabri pugni nello stomaco, altre che fanno sorridere 

davanti alla tenerezza di un’età che vive di paure e sogni, ma che non 

dimenticherà mai più quell’estate. Da leggere tutto d’un fiato. 

40 | urban 

Birra e cazzotti 

brendan o’Carroll 

NeRI PozzA, 2011 

192 pp., 15 euro 

È il 1982, ma non è quello dei Campionati del Mondo di calcio, no: 

qui si parla di boxe e ci troviamo a Snuggstown, sobborgo di Dublino, 

dove la mala riscuote il pizzo e gestisce i suoi affari indisturbata. 

Sparrow (passerotto) McCabe, giovane promessa della boxe, contro 

ogni previsione sbaglia il colpo finale dell’incontro decisivo della 

carriera, mentre la moglie sta partorendo una bimba morta. Per i 14 

anni successivi quel pugno mai dato continuerà a torturare la vita del 

ragazzo fino al momento in cui capisce che c’è ancora qualcosa da 

fare per riscattarsi. E se a Snuggstown crimine organizzato significava 

Simon Semplice Williams, Sparrow – coinvolto in un omicidio – decide 

di collaborare con l’agente di polizia Clancy e di sferrare finalmente a 

Simon quel pugno mai dato e che conduce al lieto fine. Tra fiumi di birra, 

bravate e scazzottate dal puro stile gangster in salsa irlandese, una lettura 

deliziosa da consumare preferibilmente con una pinta di birra alla mano. 

libera interpretazione 

Sul fronte del design spicca durante Art Basel la nuova collezione Prouvé RAW 

prodotta da Vitra: una rilettura dei pezzi storici di Jean Prouvé fatta dal team 

di progettisti G-Star in collaborazione con la famiglia del celebre modernista. 

La collezione comprende 17 disegni originali di Prouvé, ma con l’aggiunta di 

elementi freschi e contemporanei che cambiano qualità e funzionalità. I pezzi 

della collezione sono esposti al Campus Vitra di Weil am Rhein fino al 31 luglio. 

Nove di questi diventeranno una limited edition disponibile negli showroom 

Vitra e in selezionati punti vendita. 

www.vitra.com 

www.g-star.com 

milano 

da morto a orto 

L’idea geniale l’hanno avuta Peter Bottazzi e Denise Bonapace con 

la collaborazione di AMSA, Fratelli Ingegnoli e BAnco Building. La 

collezione di oggetti si chiama “da morto a orto”, dove lampade 

diventano dei vasi e poltrone ospitano verdi praticelli: insomma, vecchi 

mobili di casa, destinati alla discarica, risorgono con una seconda vita, 

trasformandosi in orto tra le pareti di casa. 

www.denisebonapace.com 

www.peterbottazzi.com 

DüsselDorf 

Container arChiteCture 

Se ne possono vedere delle belle alla mostra Container Architecture, 

organizzata dal NRW-Forum di Düsseldorf fino al 4 settembre. Dove 

architetti, designer e artisti da tutto il mondo presentano più di 100 

progetti in tema di riuso dei container, di cui ben 24 sono stati ricostruiti 

in scala. La mostra propone una panoramica affascinante, dove i 

“contenitori” sono il simbolo dell’edilizia del futuro che diventa oggetto 

urbano di architettura moderna. 

www.nrw-forum.de 

basel & Co. design 

di olivia porta 

urban | 41

eiMs musica 

42 | urban 

TesTo Paolo Madeddu 

foTo Gavin Watson 

the 

shoes 

urban | 43

Sapete quella storiella che dice (all’incirca) che l’inferno 

è un posto in cui i cuochi sono inglesi, gli amanti sono svizzeri, i 

governanti sono italiani e i gruppi rock sono francesi? 

Oddio, non è che noi siamo messi così meglio. Ma se non altro, qualcuno 

dei nostri, gli stadi li riempie. I loro Mano Negra, Noir Désir e Phoenix 

non ci sono mai riusciti. Di fatto, dopo il loro personale Elvis, cioè 

Johnny Halliday, si sono fatti notare più per le ‘cantantesse’ (ieri Vanessa 

Paradis, Lio, Guesch Patti; oggi Camille, Olivia Ruiz), per la dance 

oppure l’elettronica (ieri Jean Michel Jarre; oggi gli Air e i Daft Punk). 

Che diamine, il loro gruppo di maggior successo all’estero sono stati i 

Rockets, c’è da aggiungere altro? Il rock non è il loro mestiere. Però. 

Però il loro gusto per il pop è parecchio più raffi nato del nostro. È anche 

per questo che le star della dance francesi (Bob Sinclar, David Guetta) 

sono ascoltabili, e i nostri tamarroni no. 

È anche per questo che The Shoes sono interessanti. Perché Guillaume 

Brière and Benjamin Lebeau, nel loro album di debutto Crack my bones, 

fanno un genere che sembra la somma di tutti i generi. Li abbiamo 

incontrati a Firenze, durante l’ultimo Pitti, per un live in occasione del 

lancio del nuovo brand di moda Ottod’ame. 

FACCIO PRIMA A CHIEDERLO A VOI. GUILLAUME, CHE GENERE FATE? 

“Decisamente pop. Anche se ci sono pezzi che si possono ballare, 

rimangono canzoni: cose che si possono suonare con chitarra e voce, o 

piano e voce. È vero che dalla Francia arrivano soprattutto dj – e sappiamo 

farlo anche noi. Ma sappiamo anche suonare, sai. Usiamo i suoni della 

dance per fare musica di ogni tipo”. 

I PEZZI SONO IN INGLESE. VI CAUSA PROBLEMI IN FRANCIA? 

“Forse a qualche compatriota sì, ma che importa. La cosa è bilanciata 

dall’interesse che abbiamo riscontrato fuori dalla Francia, quindi 

continuiamo così, anche perché lavorare con molti vocalist diversi, 

soprattutto inglesi, è stato molto bello”. 

MA AVETE MAI TENTATO LA STRADA DEL ROCK? 

“Come no! Abbiamo suonato del terribile garage rock, poi abbiamo 

provato con del rock psichedelico. Ma ci piace anche la house, come 

tante altre cose. Ci piace un sacco di musica, non saremo mai dei puristi. I 

migliori musicisti non sono mai snob”. 

NEI VOSTRI PEZZI PIÙ RITMATI E PRESUMIBILMENTE DANCE C’È SEMPRE UNA VENA 

STRANAMENTE TRISTE, ANCHE NEI TESTI. 

“Che bello, qualcuno se n’è accorto. Ci piace il ritmo, chi può resistere a un 

groove come si deve? Ma ci piacciono anche gli accordi in minore. Il fatto 

è che da quando esiste, la house music sembra avere una sola cosa da dire, 

ed è: ‘Stiamo facendo una festa’. Forse si può provare a dire qualcosa di 

più. In fondo, a tutti noi è capitato di andare a ballare ed essere contrariato 

o arrabbiato o triste perché mollato dalla fi danzata. E poi, per contro, mi 

piace pensare che quando sei triste, non sei obbligato a esprimerlo curvo 

su una chitarra o su un piano, con dei violini che gemono in sottofondo”. 

MA MESSO CON LE SPALLE AL MURO, CHI INDICHERESTI COME TUA BAND 

PREFERITA? 

“The Cure. Ci trovi di tutto: elettronica, goth, ombre di punk ma anche 

felici pop song, ogni tanto apertamente funky”. 

GLI ALBUM STANNO MORENDO. E TUTTAVIA VOI AVETE FATTO UN ALBUM COME UNA 

VOLTA: TANTE CANZONI, TANTI POTENZIALI SINGOLI, NON SEMBRANO ESSERCI 

RIEMPITIVI. 

“A che pro, fare un album di pezzi tutti simili come tanti dischi di oggi? Per 

forza la gente non compra i cd, ci sono troppe band che fanno una canzone 

fi ga, tipo The Virgins, gli dice bene e allora, bang – ecco tutto l’album 

uguale. E pare che abbiamo avuto ragione: a quanto abbiamo visto, dai 

critici ai blogger, ognuno apprezza un pezzo diverso”. 

CHE COSA CONOSCETE DELLA MUSICA ITALIANA? 

“Avete molti produttori bravissimi, di qualcuno siamo amici, come Bloody 

Beetroots. Poi, la musica italiana che conosciamo di più è la dance degli 

anni Ottanta, la italodisco: P.Lion, Ken Lazslo, Valerie Dore. A parte questo, 

so che sembrerà strano, ma a tutti e due è sempre piaciuto molto Adriano 

Celentano!”. 

BEH, TORNIAMO A CASA VOSTRA. CHE SI DICE DI BELLO IN FRANCIA? 

“Io amo il mio Paese, non sopporto quei musicisti che dicono bleah, fa 

tutto schifo. Però ci sono un sacco di problemi. Razzismo, diff erenze tra 

ricchi e poveri, con i ricchi che hanno sempre di più e sono sempre di 

meno, e i poveri che sono sempre di più e hanno sempre di meno. Odio 

Sarkò, tutto quello che sa fare è mettere tutti contro tutti. La sua non 

è politica, è uno show, un po’ come fa il vostro primo ministro. La sola 

diff erenza è che al vostro piacciono le donne più giovani, haha!”. 

VENITE DA REIMS. CITTÀ DEL DOM PERIGNON. E DI COS’ALTRO? 

“Sicuramente è una città molto musicale. Ci sono tantissimi posti per 

suonare e per incidere, e la comunità di musicisti è molto nutrita lì, non 

siamo stati costretti a trasferirci a Parigi per avere un’occasione: viviamo a 

Reims, e ci viviamo bene”. 

AVETE REMIXATO MARINA AND THE DIAMONDS E LADYHAWKE, PRODOTTO UN 

BRANO DI SHAKIRA, OSPITATO GONZALES, UTILIZZATO LEXXX COME VOSTRO 

PRODUTTORE, E FINIRETE IN UNA COLONNA SONORA PER JOEL SCHUMACHER. 

AVETE UN BEL PO’ DI AGGANCI. 

“Siamo simpatici!”. 

IN TAL CASO NON POTEVATE SCEGLIERE UN NOME PIÙ SIMPATICO DI THE SHOES? 

“È vero, è stupido. Lo avevamo usato per un paio di pezzi per il mercato 

francese, dovevano essere una cosa così, senza impegno – invece hanno 

avuto un certo successo, e così eccoci fregati. Però non è pretenzioso come 

tanti nomi di band. Essendo stupido, è simpatico”. • 

URBAN | 45

ockaway beach fenomeni 

46 | urban 

L’ULTIMA 

SPIAGGIA 

TesTo giovanna maselli 

foTo samantha casolari 

urban | 47

“Rock Rock Rockaway Beach. We can hitch a ride to Rockaway 

Beach” cantavano i Ramones. Negli anni settanta Dee Dee Ramone 

faceva l’autostop dalla sua casa a Forest Hills fino a questa lingua di terra 

sull’oceano ai confini del Queens. Per cavalcare le onde, farsi magari di 

qualche droga e rimorchiare pure una bella ragazza. Surf quindi, ma con 

un’anima rock. Immortalato da testi che ricordano quelli di un brano dei 

Beach Boys, ma shakerati con musica punk. Certo è che le vibrazioni della 

canzone in questione non potrebbero essere più azzeccate. Rockaway 

Beach è così. Sembra una cittadina della costa californiana reinterpretata 

alla newyorchese. Come se qualcuno avesse preso le spiagge assolate di 

Santa Barbara, le tranquille stradine di Monterey e le casette con le assi di 

legno di Santa Cruz, le avesse mischiate con il rinomato caos e la sporcizia 

della metropoli della East Coast, e le avesse poi buttate su questa stretta 

penisola che si affaccia sull’Atlantico. Ne esce inaspettatamente una 

cartolina delle vacanze perfetta. Ma attenzione: perfetta proprio per via 

delle sue imperfezioni. 

Dee Dee Ramone non è stato l’unico nel corso del tempo a trovare 

ispirazione creativa a Rockaway. Woody Allen, Allen Ginsberg, Henry 

Miller sono solo alcuni dei nomi che hanno contribuito a scrivere la 

storia letteraria del luogo. Viene citata persino da Herman Melville nel 

suo capolavoro Moby Dick, perché questa spiaggia nel 1830 era una delle 

mete di villeggiatura più in voga negli States. Eppure, solo qualche anno fa 

era difficile, se non impossibile, persino immaginare un qualsiasi celebre 

passato di questa terra. Dai tempi d’oro in cui era nota come l’Irish 

Riviera di New York City, sono passati infatti quasi due secoli in cui è stata 

urbanisticamente brutalizzata per trasformarsi in un quartiere-ghetto 

pieno di case popolari con vista sul mare. Una sorta di Coney Island nel 

Queens, ma senza nessun parco dei divertimenti, circo o freak show. 

Mai nessun piano di sviluppo per la zona, zero pubblicità per attirare 

l’attenzione su questo neighborhood abbandonato sempre un po’ a se 

stesso. Almeno fino ad ora. 

Oggi infatti, Rockaway Beach sembra essere di nuovo in fermento. Nel 

giro di un anno è diventata l’hot spot della villeggiatura da spiaggia del 

downtown Manhattan: quello dei giovani creativi attenti al design, 

all’abbigliamento, all’estetica e all’healthy lifestyle. E così come i ragazzi 

newyorkesi preferiscono i locali di Rivington Street nel Lower East Side ai 

lussuosi ristoranti di Park Avenue nell’Upper East Side, allo stesso modo 

la scelta cade sulla cool e laid-back Rockaway Beach anziché sull’aria un 

po’ snob degli Hamptons. I barbecue nei giardini pettinati delle casette 

di Montauk o i weekend tra le spiagge incontaminate di Fire Island sono 

ormai un po’ passé. Le eleganti ville affacciate sull’oceano sembrano 

ormai avere un fascino e una mondanità un po’ troppo convenzionale e 

borghese rispetto a quello che viene offerto a una sola ora di subway da 

Manhattan. 

A Rockaway Beach tutto ha avuto inizio grazie alle generazioni di surfisti 

che continuavano a venirci alla ricerca dell’onda perfetta. Sette giorni 

su sette, dodici mesi su dodici trovavi qualcuno con una tavola in mano, 

ma spesso si trattava di visite di passaggio: una toccata e fuga limitata 

semplicemente all’indossare la muta, entrare in acqua, fare surf e poi 

andarsene via in macchina. Finché proprio alcuni di questi surfisti negli 

ultimi anni hanno deciso di dare la giusta spinta alla zona, radunandosi 

tra loro in una piccola comunità e aprendo fantastici e paradisiaci 

piccoli negozietti colorati dove trovare di tutto: dalle attrezzature per 

fare surf ai costumi da bagno, e dalle vivande alle cibarie. Sulla 95esima 

strada, a pochi isolati dalla fermata della metro, tra vecchi bungalow 

un po’ dismessi, si apre un intero block dove, passeggiando tra i menu 

scritti con gessetti pastello arcobaleno su piccole lavagnette appese ai 

muri o piazzate in mezzo alla via, sembrerà di essere a volte nella Venice 

Beach dei tempi di Jim Morrison, altre nei meandri del quartiere di 

Williamsburg, a Brooklyn. Quello che balza subito all’occhio in questa 

via è Rockaway Taco, un chiosco tutto bianco con piccole decorazioni 

dipinte a mano dove poter gustare nel cortile, circondato dalle tavole 

da surf, magari un succo d’ananas con la menta oppure un fish taco con 

guacamole. Accanto, stesso stile e concept, Veggie Island, un grazioso 

store dove comprare verdure dell’orto, marmellate fatte in casa e frutta 

biologica. 

Da qui, dirigendosi verso la spiaggia si apre il boardwalk dove la vibe della 

strada si propaga alla velocità della luce. Su questo lungomare nel giro di 

soli due mesi, proprio tra maggio e giugno di quest’anno, tutti i maggiori 

locali caratteristici e di successo delle zone hip della città hanno aperto 

le loro residenze by the beach. Da Roberta’s a Bushwick a Babycakes nel 

Lower East Side, da Meat Hook a Williamsburg passando per Caracas 

nell’East Village, i nomi sembrano aumentare di giorno in giorno. Con 

il felice risultato che niente è più facile oggi a Rockaway Beach che 

sgranocchiare cupcake vegane, mangiare gelato alla pera e ginger oppure 

sorseggiare caffè equo-solidale. Il tutto tra surfisti a torso nudo, artisti 

di strada, skater tatuati e musicisti, come Andrew VanWyngarden degli 

MGMT, che spesso si vede passeggiare per il boardwalk con un taco in 

mano. La gente del posto si amalgama con i nuovi ragazzi in un perfetto 

turismo-non-turismo perché locale. E i casermoni dei projects hanno 

perfettamente senso in quest’atmosfera di ridente malinconia perché 

hanno un qualcosa di autentico e onesto. Sembra come se la realtà si 

riassumesse nel paesaggio circostante in tutte le sue accezioni diverse. 

Sporca, ruvida, difficile, ma anche bella e affascinante perché vera. È così, 

è New York. • 


milano & co. muSica 

di paolo madeddu 

FuCked up 

22 agoSto 2011 

milano – magnolia 

Sono canadesi, cosa che apparentemente fa tendenza, quasi 

quanto non esserlo. Sono sei ma suonano come fossero molti 

meno (…di solito si scrive il contrario, che sono tre ma fanno 

casino per sei. Ecco, in questo caso, no. Forse un paio di loro fanno solo 

finta). Hanno un cantante ciccionissimo che urla come se tutti quelli che al 

mondo appendono quadri usassero le sue dita per tener su i chiodi. Dopo 

essersi segnalati per le risse ai loro concerti più che per i dischi, quest’anno 

hanno impiantato sulle loro fondamenta hardcore punk una struttura 

(relativamente) più melodica e si sono buttati in una specie di opera rock 

in stile Green Day, ovvero il loro ultimo eccellente album David comes to 

50 | urban 

NoN mettete il 

veStito bUoNo 

life. Ora sarà doppiamente interessante vederli dal vivo, nell’unica data 

italiana: è difficile prevedere quanta gente andrà lì per ascoltare i brani 

scritti da Mike Haliechuk (in arte 10000 Marbles), la mente di “Un gruppo 

di persone cui piace suonare insieme, ma non sono veri amici e spesso 

si tollerano a malapena”, e quanti invece per pogare e vedere il frontman 

Damian Abraham (in arte Pink Eyes) il cui credo è “Mi taglio, striscio sul 

pavimento, faccio casino – voglio che la gente rimanga affascinata da ciò 

che vede: un vero concerto rock dovrebbe lasciarti sudato fradicio ed 

esanime, come se ti avessero pestato”. La nostra dritta è: non mettete il 

vestito buono. • 

© David Waldman 

Horrors 

Skying 

XL Recordings 

WHO: Quattro giovani inglesi dall’aria mortuaria 

più Faris Badwan, cantante con capelli e nasone 

fumettistici. Secondo il New Musical Express, “la 

band più originale dai tempi dei Sex Pistols”. Cosa 

che il NME sostiene di tutte le band del mondo, dai 

Farias all’Orchestra Casadei. 

WHERE: Fuori dai film alla Vincent Price per i quali 

parevano voler riscrivere le colonne sonore in chiave 

punk, e in un clima più sintetizzato. Diciamola tutta: 

un po’ anni ’80. Che in un certo qual modo, potrebbe 

significare un’altra modalità di orrore. 

WHY: In questo terzo album sembrano all’improvviso 

una versione preoccupatissima dei Simple Minds. Si 

beccheranno un sacco di insulti dai fan della prima 

ora, ma l’insieme non è disprezzabile. 

WHAT: “Gli homeless americani sono a un altro 

livello rispetto a quelli che abbiamo nel Regno Unito. 

Hanno con sé un carrello del supermercato e ci 

mettono dentro le cose più incredibili”. 

WHEN: Mentre meditate vendetta. 

UNA SU 11 

velleità 

i cani 

da “il Sorprendente album d’eSordio dei cani” 

42 Records 

Cults 

the cultS 

Columbia 

WHO: Brian Oblivion e Madeline 

Follin, coppietta di 22enni 

di San Diego, California, 

ideologicamente nati negli anni 

’50. 

WHERE: Sommersi dai petali di 

rosa gettati loro dalla stampa 

specializzata, inaspettatamente 

compatta nell’entusiasmarsi per il 

loro disco di debutto. 

WHY: Fanno un pop gioioso 

d’altri tempi, di un ottimismo 

kennedyano: un approccio 

apertamente leggero come in 

quei gruppi giapponesi che 

considerano la musica una cosa 

divertente – mentre noi italiani 

sappiamo che la costruzione di 

una musica spezza le vene nelle 

mani e che il vero artista soffre 

come un cane tra palco e realtà. 

WHAT: “Non c’era un progetto, 

un’idea di band cui ci eravamo 

proposti di aderire. Le primissime 

interviste sono state complicate 

perché non avevamo idea di che 

c**** raccontare”. 

WHEN: Mentre lasciate decantare 

la situazione. 

Battles 

gloSS drop 

Warp 

È il disco dell’estate, forse dell’anno. Le case editrici 

ci avevano provato, a puntare sui blogger e sulla loro 

lettura della realtà fatta di flash obliqui, riflessioni da 

cameretta, disincanto blasé e antropologia a presa 

rapida. Ma la musica si è rivelata il veicolo privilegiato 

per esprimere la vita ai tempi di facebook: il 25enne 

Niccolò, di Roma, al momento senza cognome 

e travolto da tanti “Mi piace”, è il cantore della 

contemporaneità. Il suo approccio, laconico e a tratti 

Degregoriano (anche musicalmente, I pariolini di 18 

anni pare una versione accelerata de I matti) era già 

stato avvistato in Baustelle, Bugo, Offlaga Disco Pax, 

Styles, Vasco Brondi, i veneti Diva, pochi (troppo 

pochi) rapper, e nella ormai mitica Milano is burning 

de Il Deboscio, i venditori di magliette fieri della loro 

spocchia. E se il messaggio di Ligabue è che la vita 

WHO: Tre americani che dopo 

un solo disco, accolto anche 

decorosamente, sono stati mollati 

dal cantante. Scoprendo che si può 

fare benissimo senza. I cantanti 

sono una razza sopravvalutata, 

andrebbero mandati tutti a X 

Factor a gorgheggiare con la mano 

sul cuore. 

WHERE: Nel vostro libro di algebra. 

Dio, non si capiva niente, vero? 

Beh, i Battles sono considerati 

esponenti del math rock, perché 

invece che muoversi lungo quei 

tempi faciloni con cui abbiamo 

convissuto anni, le loro ritmiche si 

basano su numeri che al batterista 

e bassista medio ci viene una 

sublussazione, tipo 7/8 o anche 13/8. 

WHY: Tra cambi di tempo 

improvvisi, pezzi lunghissimi che 

non si sa mai dove vanno a parare, 

vocalist presi a nolo (Gary Numan, 

Matias Aguayo, Kazu Makino dei 

Blonde Redhead) riescono a essere 

abbastanza eccitanti pur restando 

evidentemente tre nerd. 

WHAT: “Le nostre canzoni tendono 

ad andare per conto loro, hanno 

una vita propria. Noi buttiamo 

una specie di seme all’inizio, ma 

quando ognuno di noi ci entra 

dentro è come se salissimo su una 

specie di ottovolante”. 

WHEN: Mentre tutto NON scorre. 

YaCHt 

Shangri-la 

DFA 

WHO: Jona Bechtolt, da Portland, 

Oregon. Per sei anni un uomo 

solo. Finché l’ingresso di Claire 

Evans, tre anni fa (e due dischi fa) 

non ha raddoppiato i componenti 

del gruppo. Si proclamano “Una 

band, una filosofia di vita e un 

business”. Il nome non indica 

un’imbarcazione di lusso (a suo 

modo, una filosofia di vita) ma 

Young Americans Challenging 

High Technology. 

WHERE: Nel bel mezzo di una 

discussione filosofica, ma 

dimenando il sedere. 

WHY: Elettropop danzante ma 

raffinato, tra LCD Soundsystem 

e Goldfrapp: musicalmente 

divertenti ma con testi ambiziosi. 

Che di solito, come ha detto 

Trapattoni prima di Italia-Irlanda, 

è come “Volere l’uovo e la gallina 

col culo caldo – ma la gallina, 

when says coccodé, she goes on”. 

Detto questo, ci ha battuti. 

WHAT: “Il paradiso è un potenziale 

cinetico, una latenza dentro di 

noi che è stata mangiata viva dallo 

scorrere del tempo”. 

WHEN: Mentre limitate i danni. 

è – sì, insomma, sgrunt – la vita, e quello di Vasco 

è “sono qua”, I Cani affastella(no) come nessuno 

immagini incalzanti di odierne velleità (appunto), con 

riferimenti continui a cose che a volte conosciamo 

solo tramite il nuovo dio, “il web”. Eppure, proprio 

nella facile condivisione dei punti di riferimento 

(nerdissimi, da flickr al regista Wes Anderson) si trova 

il problema. Il destino di questi pezzi che paiono 

elenchi di “stati” facebookiani è di essere rimasticato, 

quotato, condiviso, linkato, ma il gioco può funzionare 

solo con un distacco perennemente schifato da 

tutto, ivi inclusi se stessi (vedi anche i Baustelle che 

“vendono dischi in questo modo orrendo”). Un 

malcontento urbi et orbi che accomuni esclusi e 

inclusi. E si finisce per rivalutare la vitalità primordiale 

– e senza velleità – di Shakira. • 

urban | 51

milano Fashion 

52 | urban 

Sculture gatto-giraffa, nacho carbonell. A sinistra: cappello, esprit. Occhiali da sole, balenciaga. Collana papillon, cor sine labe doli. Borsa, gabs firenze. Scarpe, gas. A destra: occhiali da sole, super. Collana gufo, shield. Scarpe, lollipops 

alice & co 

in wonderland 

Foto tatiana uzlova 

styling ivan bontchev 

Giacca, top e sciarpa, freddy the club. Jeans e scarpe, miss sixty. Background: foulard, htc 

urban | 53

54 | urban 

Cappello, pepe jeans. Felpa, g-star raw by marc newson. Pantaloni e scarpe, y-3. Background: borsa, y-3 Sneaker, le coq sportif. Scarpe arancioni, volta. Trainers alte con strisce argento, trainers alte con inserto giallo fluo, adidas per footlocker. Trainers alte marroni e verdi, d.a.t.e. Sneaker grigie e rosse, 

lacoste. Trainers grigie nere e bianche, moschino 

urban | 55

Camicia di jeans, gilet e borsa, wrangler. Shorts, calze e scarpe, pepe jeans. Background: felpa, rapa Borsa blu, virginia preo. Pochette bianca, binglabangles. Bracciale quadrato, zona67. Bracciale gufo, shield. Collana pesce, coliac. Missile d’oro, seletti 

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urban | 57

58 | urban 

Collo, y-3. Top, come for breakfast. Pantaloni, vanet. Background: sciarpa, sete di jaipur 

Tappeto in pvc, arzu firuz. Occhiali da sole, dior. Casco blu e orologi, agatha ruiz de la prada. Sciarpa gialla, antonio marras. Spilla mosca, binglabangles. 

Portafoglio banana, mywalit 

urban | 59

Cappuccio giallo, stone island. Giacca in denim e camicia, wrangler. Pantaloni e scarpe, alexis mabille. Background: sciarpa, leitmotiv Scarpe, volta 

60 | urban 

urban | 61

62 | urban 

Scrivania su ruote “Troll”, atelier forte. Occhiali da sole, oakley. Cappello, ab a brand apart per borsalino. Sciarpa, pimkie. Borsa tecnica bianca e blu, 

freitag. Borsa di tessuto, y-3. 

Felpa e t-shirt, come for breakfast. Pantaloni, calze e scarpe, daks london. Background: sciarpa, sete di jaipur 

Si ringrazia lo Spazio Rossana Orlandi 

urban | 63

BAR, RISTORANTI & CO. 

URBAN | 65

IbIza 

di lorenzo tiezzi 

“after” philosophy 

dopo, c’è sempre qualcosa da fare 

suPPeRcLuB NoVuM 

Ctra San Miguel km 0.5 

Santa Eulalia del Rio 

+34-971-191340 

www.supperclub.com 

Fino all’anno scorso era solo un bel ristorante un po’ troppo fuori dal 

giro. Adesso, grazie alla partnership con Supperclub, il dinner & dance 

più imitato del pianeta, sull’isola è sulla bocca di tutti. Merito anche del 

direttore creativo Sunny Jansen, una che non passa certo inosservata. 

Canta e fa anche la dj, ma più che altro sa fare bene l’icona. Il portone 

dorato della precedente gestione non è stato toccato, visto che anche 

ad Amsterdam ce n’è uno simile. È stato aggiunto un bar rosso mentre 

per il resto si sta sul classico, ovvero sul total white. Si cena distesi su 

immensi divani bianchi oppure più comodamente seduti al tavolo. 

Non c’è la classica divisione tra portate: cameriere/modelle servono 

un piatto dietro l’altro finché il ritmo sale. Al mixer ogni giovedì c’è un 

certo Jon Sa Trinxa, simbolo del balearic sound più sperimentale. Da 

sempre lontano dal chill out un po’ soporifero stile Café del Mar, Jon sa 

mescolare blues, soul, funk e un pizzico di disco. I suoi set da qualche 

tempo si ascoltano anche online (soundcloud.com/jon-sa-trinxa), ma 

dal vivo è sempre tutta un’altra cosa. 

Consigliato per 

lo stile 

saNKeYs 

Carrer de les Alzines, 5 

Playa d’en Bossa 

tickets@sankeys.info 

www.sankeys.info 

sant antOni 

La geografia del clubbing cambia lentamente, ma cambia. Per esempio, 

un club come Sankeys sta pian piano colonizzando il pianeta. La sede 

centrale è a Manchester, ma dopo la filiale ibizenca sta per partire 

anche quella in una città americana ormai poco innovativa per quel 

che riguarda la nightlife (New York). Sull’isola e altrove la sostanza è la 

musica: le sale al chiuso sono tre e in terrazza si va solo a chiacchierare. 

I dj sono super, come Ferry Corsten. I prezzi sono bassi (20 euro in 

prevendita), il che sull’isola è una vera rivoluzione. Spesso al mixer 

c’è l’italo ibizenco Luca Fabiani. Fa ballare con Paco Osuna i giovedì 

organizzati dal promoter tedesco Monza. 

Da non perdere 

la musica e i prezzi 

sant jOrdi 

eivissa 

sant LLOrenÇ 

atzaRo 

Ctra Sant Joan km 15 

+34-971-338838 

www.atzaro.com 

È un hotel rural, ovvero una vecchia finca consacrata al lusso e al 

relax. La location è così curata che spesso viene utilizzata per servizi 

fotografici. Gli ospiti dell’albergo si fanno coccolare 24 ore al giorno, 

ma anche chi ci arriva solo per una cena al ristorante mediterraneo 

o al sushi bar può approfittarne per sfruttare una delle migliori spa 

dell’isola. Una sosta al pool bar, poi, è perfetta per rilassare le orecchie 

dopo party folli. Anche qui ci sono i dj, ma non superano mai le 

100 battute al minuto. Aperto tutto l’anno, è anche una meta degli 

appassionati di yoga, che arrivano qui da mezzo mondo per i suoi corsi. 

F*** Me I’M FaMous @ Pacha 

Avinguda del Vuit d’Agost 

+34-971-313750 

www.pacha.com 

Il venerdì sera è tornato a essere proprietà di Pete Tong, sempre a 

metà tra tradizione e sperimentazione. Il sabato c’è l’house party 

di Defected, la domenica come lo scorso anno Luciano e i suoi 

dj suonano solo minimal. Al Pacha tutto resta com’è, visto che è 

perfetto… compresa la festa più attesa, il giovedì di Kathy & David 

Guetta. Il successo globale della coppia anni fa partì proprio da qui, 

tra le curve perfette di cubiste da sogno. Oggi i due guadagnerebbero 

molto di più rinunciando alla residenza nel club più vip del pianeta, 

ma la bella Kathy di strategia a lungo termine ne sa qualcosa (ha 

iniziato come barista). Tra i dj guest Afrojack e Fatboy Slim. 


la Funky Room 

ushuaIa 

Playa d’Em Bossa, 10 

Sant Jordi de Ses Salines 

+34-902-424252 

www.ushuaiabeachhotel.com 

Il Bora Bora è oggi in caduta libera, ma a pochi passi si ozia ancora in 

spiaggia con un certo stile. Alcune delle stanze di questo beach hotel 

hanno pure la console, un gadget irrinunciabile in un’isola dove ci 

sono più dj che barman, mentre il ristorante mescola solo proposte 

d’ordinanza (cucina mediterranea & sushi). Dopo cena il ritmo, 

comunque, c’è. Tutti i giovedì o quasi arrivano Luciano coi suoi 

Vagabundos (minimal & co), il sabato è house con i dj di Defected, 

mentre la serata dei grandi eventi è il venerdì. Il 12 agosto c’è Danny 

Tenaglia, il 26 Bob Sinclar. Per ballare si spendono almeno 40 euro, 

come nei club più storici dell’isola, ma nessuno ci fa caso. 


la siesta in spiaggia quando ancora l’isla dorme 



il tempietto yoga

formentera 

di lorenzo tiezzi 

don’t worry 

be hippie 

ascolta il respiro dell’isola, 

e segui il suo karma 

chezz GeRDI 

Es Pujols 

+34-971-328603 

www.chezzgerdi.com 

Il simbolo del locale è il mitico pulmino Fiat 850 T rosso piazzato 

sopra al bar, a evocare un certo spirito hippie. Carlo Sama ha 

scoperto da tempo la tranquillità di Formentera, ma ha rinnovato 

solo tre stagioni fa uno spazio che ha addirittura 40 anni di storia. 

Prima di creare una vera macchina da guerra della ristorazione e 

del marketing, per esempio, ha scovato Luca Casali, ristoratore 

romagnolo che ha mollato tutto per vivere sull’isola anche d’inverno, 

quando il glamour scarseggia. Ogni estate questa strana coppia mette 

in tavola qualcosa come 30mila coperti. Il servizio è professionale, 

non certo ‘alla buona’ come accade spesso sull’isola, e la qualità 

delle materie prime non si discute: gamberi di Mazara, pesce fresco, 

formaggi, spesso proposti in piatti originali come gli gnocchetti con 

gamberi rossi e pecorino. Chi è in vena di follie cena con champagne 

e catalana, ma anche la pizza, cotta in un forno a legna, è ottima. Un 

posto così funzionerebbe dappertutto. In più qui c’è il panorama. La 

baia di Es Pujols, vista dall’alto, è mozzafiato. Potete godervela dalla 

terrazza targata Fiat 500 o dal Bar 500, comodamente rilassati sulle 

sedute 500 Vintage prodotte da Meritalia e Italia Independent. 


il fritto misto, servito in una cassettina che ricorda quella dei pescatori 

BIGstoRe 

Isidoro Macabich, 2-4 

San Francisco Javier 

+34-971-322154 

La savina 

Nato come costola dell’oggi defunto Big Sur Life, è un tienda 

bar gestito da Mario Losio, ex manager di Lorenzo Jovanotti. Da 

tempo Il Losio preferisce un’attività meno stressante e il ruolo di 

ambasciatore dell’isola gli calza proprio a pennello. La densità di 

vip è alta, a giugno è passata pure la coppia Totti/Blasi. Ma tutto 

sommato si sta tranquilli perché San Francisco è nell’interno e 

molti si accontentano della costa. Ci si viene a fare colazione con 

brioche e cappuccio all’ora di pranzo oppure più tardi, a sfruttare 

la connessione wireless, meglio se con l’iPad o col Macbook. Il 

locale ha una partnership coi geek di iStuff (www.istuff.it), per 

cui chi ha il pc si trova un po’ a disagio. 


brioche, cappuccino e il sorriso del Losio 

san franciscO 

javier 

es PujOLs 

tIPIc 

Avenida Miramar, 164 

Es Pujols 

+34-669-640421 

www.clubtipic.com 

Nella scorsa primavera è stato lanciato come il solito bar da aperitivo, 

con feste e gemellaggi nei fashion club italiani. Invece è uno dei luoghi 

più musicali dell’isola. Nel '71 lo inaugurarono i Pink Floyd, girandoci 

More, poi ci suonarono Bob Dylan e King Crimson. Un pizzico di 

trasgressione resta nell’aria, anche se il suono oggi è solo techno electro, 

con Tania Vulcano, Miss Kittin e i dj di Cocoon. Il design minimale, 

per una volta, si distacca dalla tradizione dell’isola ed è tutto italiano. 

Solo una vecchia volpe della notte come Beppe Riboli poteva pensare a 

tavolini azzurri in legno circondati da asettico cemento grezzo. 


l’elettronica dei dj di Cocoon, ogni giovedì 

PLaya MigjOrn 

10PuNto7 

Km 10.7 carretera La Mola 

Playa Migjorn 

+34-971-328485 

www.10punto7.com 

Fino a qualche tempo fa si chiamava Vista Y Sol ed era solo un gran 

bel posto in cui prendere un aperitivo rilassati sui soliti divani bianchi. 

Poi, pian piano, grazie alle passioni culinarie di Vittorio Aquaro è 

cresciuto ed è diventato anche uno dei migliori ristoranti dell’isola. 

La lounge music è rimasta, così come la lunga lista di cocktail. Ma la 

sostanza è il cibo. “Abbiamo 100 coperti e sei cuochi, un bel rapporto”, 

dice Vittorio. Si sceglie tra sushi, piatti fusion e cucina mediterranea. Il 

comune denominatore è il pesce fresco, che sull’isola non è così facile 

da trovare. 


la vista, il sole e il pesce 

FLIPPeR & chILLeR 

Playa Es Arenals 

Migjorn 

+34-971-664408061 

www.flipperandchiller.com 

I proprietari sono Nacho Vidal, porno attore molto noto in Spagna, 

sua sorella, artista, e Cal Pinxo, ristoratore da quattro generazioni. 

Un trio così da noi avrebbe poche speranze, invece a Formentera 

li hanno presi sul serio, anche grazie al loro tonno rosso, lo stesso 

di elBulli... Nato sei anni fa, questo chiringuito de playa è oggi 

uno dei ritrovi più internazionali dell’isola. Ci si arriva prima del 

tramonto per farsi massaggiare in terrazza, guardando il mare. 

Dalla carta si sceglie tra ayurvedico, facciale e anti stress, ma per 

rilassarsi davvero basta leggere il menu in italiano, pieno di errori 

eppure perfettamente comprensibile. Il buon cibo è un linguaggio 

universale. 


il riso, i massaggi e, per pranzo, i club sandwich 


oma mykonos & co. nightlife 

di 

di 

contributor 

lorenzo tiezzi 

name 

vento, mulini 

& party 

dall’alba al tramonto, all’alba 

dalla spiaggia alla chora, alla spiaggia 

aLeMaGou 

Ftelia Beach 

+30-69-44437343 

www.alemagou.com 

Ftelia è il paradiso dei surfisti. È esposta a nord, per cui il vento non 

manca mai, o quasi. La movida chiassosa delle spiagge più famose 

dell’isola sembra lontana anni luce e invece da Mykonos Town a 

qui ci sono solo 6 chilometri di strada. Il design creato da K-Firm 

è veramente riuscito. Più che reinterpretare i soliti dettagli della 

tradizione trasformandone il senso, il giovane studio ateniese è 

partito dalle necessità di chi vuol passare qualche ora comodamente 

in questo restaurant & bar, dove la cucina è ottima. Siccome di 

giorno il sole picchia forte e c’è molto vento, al posto delle anti 

estetiche reti mimetiche usate altrove, qui c’è un solido tetto di 

paglia spesso ben 60 cm, che tra l’altro attutisce il calore. In un posto 

così, qualunque lampadario sarebbe stato fuori luogo, per cui le 

lampadine stanno dentro vecchie zucche, come capita ancora in 

certe vecchie case greche. Dopo cena, ci si accomoda al bar. 

Il bancone che lo circonda è perfetto per chiacchiere infinite. 

Al posto dei soliti sgabelli, ci sono sedie spaiate prese chissà dove. 

La musica spazia dal chill out alla house e spesso in console c’è il 

greco Odsounds. 


una giornata sotto il sole, al fresco 

oNIRo BaR 

Old Port 

+30-2289-024045 

www.mykonosview.gr 

Il nome, bar da sogno, dice tutto. Di posti così per gustarsi il 

tramonto, sull’isola o altrove, ce ne sono pochi. Guardando la baia, a 

perdita d’occhio, si vedono solo edifici bianchi e non ci vuole molto 

a capire che il total white non l’hanno certo inventato gli archistar. 

L’unica cosa colorata sono le lampade rosse scelte da Zanni Kouka, 

ma si notano poco. Lo staff, di sera, ha scelto di concentrarsi su 

cocktail realizzati con cura con frutta fresca, ce n’è pure uno con 

ricetta segreta che si chiama come il locale. Per gustare torte e 

biscotti fatti in casa, invece, bisogna venirci al mattino e servirsi da 

soli, al buffet. 


il tramonto e la colazione 

MykOnOs tOwn 

Lakka 

roma & co. nightlife 


fteLia beach 

Paradise beach 

caVo PaRaDIso 

Paradise Beach 

+30-2289-027205 

www.cavoparadiso.gr 

È il più italiano tra tutti i club internazionali, soprattutto in agosto: 

il 5 suona Alex Gaudino, amatissimo in Uk e in Francia, il 6 Joe T 

Vannelli, Mr Supalova. L’8 invece arriva sua maestà Ralf (il 20 torna 

col senatore Coccoluto), il 15 suona la cassa sempre più dolce di 

Benny Benassi. La sua Beautiful People, prodotta con Chris Brown, 

è pura house. Si balla a bordo piscina, continuando fino alle 8 del 

mattino, quando si capisce di essere a due passi dal mare. Il Cavo, 

nell’annuale classifica dei lettori di Dj Mag, batte il vicino Paradise 

(il primo è decimo, il secondo 67esimo), ma l’atmosfera non è così 

diversa. Qui il suono è un po’ più elettronico, ecco tutto. 


l’alba, per chi ce la fa 

di contributor name 

BaKaLo 

Lakka, Mykonos Town 

+30-2289-078121 

aperto la sera dalle 19 all'1.30 

www.bakalo.gr 

Dopo aver portato al successo il Gola, lussuoso pool restaurant 

d’ispirazione italiana perfetto per chi è stanco del mare (www. 

gola.gr), lo stesso team greco/italiano punta sulla cucina casalinga. 

Sembra impossibile, ma sull’isola non ci aveva ancora pensato 

nessuno, almeno non con questo stile. Si mangia in una vecchia casa 

del 18esimo secolo, al chiuso oppure nella piccola corte. Alle pareti 

vecchi manifesti, nel piatto carne di maiale o d’agnello e formaggi, 

che qui spesso vengono fritti. Più in generale, per una sera bisogna 

rinunciare alle solite grigliate di pesce. Mykonos è un’isola, ma qui si 

mangia cibo tradizionale di tutta la Grecia. 


le torte fatte in casa 

MatsuhIsa 

School of Fine Arts district 

+30-2289-027362 

aperto ogni sera dalle 19.30 all'1. 30 

www.matsuhisamykonos.com 

Il suo nome, Nobu, gli appassionati di sushi creativo e di cucina 

fusion lo conoscono bene. Il cognome, per ora, è meno noto, perché 

la sua ‘seconda linea’ conta solo un paio di ristoranti negli Usa oltre 

a questo. La qualità, però, è la stessa e come per Nobu contano le 

partnership. Qui la location è il giardino, quello del Belvedere, l’hotel 

più amato dal jet set. I prezzi sono alti, ma il pesce è freschissimo. 

Dopo cena è d’obbligo una sosta al bar, dove lavora un mixologist di 

fama mondiale come Dale DeGroff. Lo chiamano Mr Cocktail e non 

si toglie mai i guanti bianchi. Gli avventurosi provano i drink a base di 

azoto liquido. 


new style sashimi e black code (merluzzo)

strombolI roma & co. nightlife 

salIna 

di contributor Ciro CaCCiola name 

72 | urban 

La LaMPaRa 

via Vittorio Emanuele, 27 

090-986009 

Siete appena sbarcati su una delle isole più suggestive al mondo ma non sapete 

ancora dove riempire lo stomaco? Se capitate da queste parti è un buon inizio. 

Il locale è semplice ma curato, il servizio, per fortuna, ancora piacevolmente 

familiare, i tavolini sono tutti all’aperto, la luce non è invadente e il menu è vario 

abbastanza da spaziare dall’insalata eoliana, un must-have almeno una volta nella 

vita, a pizze sui generis che hanno ben poco della specialità napoletana ma sono 

buone comunque e, soprattutto, genuine. 


il dessert: biscottini al sesamo fatti in casa, di quelli che con un po’ di fortuna 

potete trovare anche dal fornaio dell’isola e portare con voi come souvenir. 

Da inzuppare nel bicchierino di Malvasia freddissima che arriva al seguito. Da 

prenotare e non dividere con nessuno! 

INGRID 

piazza S. Vincenzo 

090-986385 

ginOstra 

Deve il suo nome alla Bergman il bar più popolare dell’isola, al centro 

della piazza principale, frequentato a tutte le ore del giorno e della 

notte. Le sue terrazze ombreggiate con vista sullo scoglio detto 

Strombolicchio dominano il paese e regolano un po’ tutta la vita 

dell’isola: qui ci si dà appuntamento tra amici, vecchi e nuovi, ma anche 

con le guide che accompagnano nella salita al Vulcano, o con i barcaioli 

che fanno la spola fra Stromboli e Ginostra, da dove si gode la vista delle 

altre sei isole. 


tra i riti dell’isola c’è quello di andare alla ricerca delle migliori granite, o delle 

arancine più saporite. Ingrid è sempre nella top 3, e spesso al primo posto 

rolling stones 

tra lapilli che saltano e pietre che rotolano 

La LIBReRIa suLL'IsoLa 

via Vittorio Emanuele 

090-9865755 

Non portate libri con voi se passate da Stromboli quest’estate. 

Lungo la strada che dal centro porta alle spiagge, quasi celata dal 

verde di un giardino rigoglioso, puntellato dal rosso degli ibiscus, 

la Libreria ammalia con i suoi mille titoli che raccontano miti e 

leggende, storie vere e cucina locale. Nel buio ufficiale, privo di 

ansie, rivendicato dagli abitanti dell’isola e che regala un’atmosfera 

unica, questo minuto cinema all’aperto è un piccolo faro per 

l’anima. Anche web point. 


le serate in cui si proietta il film Stromboli terra di Dio, un cult del 

neorealismo che, nel 1949, Roberto Rossellini e Ingrid Bergman girarono 

sull’isola, ospiti degli isolani, facendo scoprire il Vulcano a tutto il mondo e 

aprendo la via al turismo 

La taRtaNa 

via Marina, 33 

090-986025 

ficOgrande 

“A Stromboli di notte si vedono le stelle” recita uno degli slogan più 

celebri. E, alla Tartana, talora si avvistano anche quelle del cinema 

o dell’alta moda. Chi alla tranquillità del giorno ama contrapporre 

anche un po’ di mondanità e divertimento ci fa tappa, anche ogni 

sera. Sulla grande terrazza on the beach su Ficogrande si alternano 

prime colazioni, pranzi, aperitivi e cene a lume di candela, con tutte le 

specialità tipiche della cucina eoliana. 


il dj set. Ogni estate ha i suoi tormentoni. E il dj del Tartana li passa ogni sera 

tutti nella stessa sequenza, dando vita a una compilation ossessiva quanto 

contagiosa, nella quale tutti si ritrovano a ballare, per una volta, senza 

snobismi culturali. Freak out! 

La LocaNDa DeL BaRBaBLù 

via Vittorio Emanuele, 17-19 

090-986118 

san vincenzO 

In un’isola remota e misteriosa, dove il mare è primitivo e il vulcano 

ricorda la sua presenza ogni quarto d’ora (boati divini e rolling stone 

cocente sulla Sciara del Fuoco), non poteva mancare il mito di 

Barbablù, qui tradotto in una elegante guest house, ristorante e bar. 

La bella casa antica, nella parte alta del paese, è stata trasformata da 

Andrea, napoletano, e Neva, originaria di Venezia, in un luogo di delizie 

gastronomiche: originali ricette campano-siciliane rimaneggiate alla 

veneta! 


il rapporto qualità prezzo è corretto, ma per molti può essere un po’ 

proibitivo. L’alternativa per tutti è il dopocena, per un bicchiere di ottima 

Malvasia o un buon distillato dopo aver consumato l’ultimo cannolo 

di Ciro CaCCiola 

Da aLFReDo 

piazza Marina Garibaldi 

loc. Lingua 

090-9843075 

Oui, d’accord, è su tutte le guide. Yeah, you’re right, in agosto è preso d’assalto. 

Ma l’iconografia dell’isola non può prescindere dalle variopinte, uniche, 

inimitabili, indimenticabili e, soprattutto, altrove non riproducibili, granite 

– niente ghiaccio, solo frutta gelata – di Alfredo. Che sia al mattino per la 

colazione tardiva con brioche (calda!), che sia per il dopospiaggia con contorno 

di partitina a tressette (per chi riuscisse a trovare anche posto a… sedere!), le 

granite di Alfredo, dal 1968 al centro della piazzetta di Lingua, punta estrema 

verso Lipari della più verde delle sette Eolie, sono definitivamente un rito. Fichi 

e mandorle o mandorle e fichi? Come? La stessa cosa? Ah, ma allora non ci siete 

mai stati. E allora: limone, anguria, gelso, caffè, pesca, pistacchio… 


il "pane cunzato" condito appunto con capperi, cucunci e ricotta infornata. Da gustare 

con un bicchiere di Malvasia. Paradiso terrestre 

nella tana 

dei gattopardi 

dopo, niente aVrà lo stesso sapore 

sIGNuM 

via Scalo, 15 

loc. Malfa 

090-9844222 

Ovvero come trasformare un antico borgo in un piccolo hotel de 

charme ancora capace di esprimere il tipico stile eoliano. Immerso 

nel verde rigoglioso di Malfa, tra agrumeti e gelsomini, nella zona 

resa celebre da Massimo Troisi nel film Il postino, Signum apre il suo 

ristorante, riferimento per la cucina locale, anche a chi non è ospite 

ufficiale della casa. 


l’aperitivo al tramonto o la cena a lume di candela, con il profilo di Panarea 

e le variopinte eruzioni dello Stromboli in lontananza, da abbinare a uno dei 

percorsi per benessere che utilizzano le acque geotermali ricche di sali minerali 

della nuova spa. Per romantici, buongustai ma anche per chi non rinuncia a 

quel pizzico di sana mondanità che, tra un cappero e l’altro, non guasta 

PoRtoBeLLo 

via Bianchi, 1 

loc. Santa Marina Salina 

090-9843125 

MaLfa 

Affacciato sul porticciolo principale dell’isola, diffonde profumi 

e sapore di mare dal 1978. La grande casa familiare, trasformata in 

ristorante dal signor Teodoro, accoglie i suoi ospiti su meravigliose 

terrazze ombreggiate a vite, l’azzurro del mare interrotto dal verde e dai 

fiori, le colonne spezzate, le pagliarelle. La conduzione è familiare, in 

roma & co. nightlife 

caPoFaRo ResoRt 

via Faro, 3 

loc. Malfa 

090-9844330/1 

di contributor name 

Sulla punta del Capo che spinge il suggestivo Faro verso il blu, la 

famiglia Tasca d’Almerita, tra gli ultimi gattopardi di Sicilia, sinonimo 

di viticoltura e qualità, ha dato vita a una casa cinque stelle immersa nei 

vigneti di Malvasia, il dolce vino dei Vulcani, come lo chiamava Guy de 

Maupassant. Tutto è meraviglioso, perfetto connubio fra le architetture 

tipiche del luogo e il design contemporaneo. Costa non poco. Ma se ne 

può godere anche solo per l’aperitivo, come fanno in molti, o per una 

cenetta di Ferragosto: tradizione marinara, con particolare attenzione 

alle cotture veloci e leggere che esaltano i sapori delle materie prime, 

quasi tutte bio e a chilometro zero. In cantina, ovvio, tutte le etichette 

"di famiglia". 


i corsi di cucina (veloci!) con tanto di degustazioni e, a settembre, la raccolta 

delle uve e la loro vinificazione: un’esperienza unica! 

cucina c’è tutta la dinastia, marito, moglie e figli, nei piatti il “best of ” 

della tradizione locale. 


le polpette di pesce con la cipolla di Troppa, i gamberi allo yogurt, gli 

spaghetti in qualunque variante e il dessert della casa, al cioccolato su letto di 

marmellata fatta in casa 

IL GaMBeRo 

via Marina Garibaldi, 3 

loc. Lingua 

090-9843049 

Sull’isola tutti conoscono Silvana D'Albora, patron e chef del Gambero, 

che è ristorante e bar ma anche pizzeria con forno a legna e, per la 

straordinaria ubicazione sul mare, anche un posto molto carino 

per dormire. Il bianco è dominante, la semplicità regna sovrana e il 

panorama mette sotto stress anche la più tecnologica delle macchine 

fotografiche. Da qui è facile noleggiare gozzi e gommoni per girare 

nell’arcipelago (si può fare riferimento anche ai signori Follone, 

proprietari della Pescheria di Salina, che organizzano anche totanate by 

night con cucina a bordo). 

s. Marina saLina 


gli spaghetti al fuoco che la signora Silvana sa preparare come pochi sull’isola 

e, in generale, nel mondo: i pomodorini qui sono messi a marinare in olio con 

sale, aglio, peperoncino fresco e basilico 

Lingua 

urban | 73

MILANO & CO. ULTIMA FERMATA 

DI FRANCO BOLELLI 

74 | URBAN 

ARCIPELAGHI MENTALI 

Se nell’orizzonte del vostro sguardo e 

della vostra mente c’è la proverbiale 

isoletta più o meno deserta dove prendervi 

un rigenerante time out, credo che nessuno 

al mondo possa dissentire. Se invece 

l’isola la preferite affollata e mondana, 

beh faccio personalmente un po’ più fatica 

a capirvi: dovessi scegliere, non andrei 

né su un atollo disabitato né a Ibiza, ma 

semmai in Islanda, che è a mille miglia 

da tutto ma pienamente dentro la corrente 

dell’evoluzione (anzi a dire il vero la 

mia isola elettiva, che mi ha davvero 

stregato, che mi è entrata sotto pelle, 

è quella di Lost: al punto che ogni volta 

che salgo su un aereo faccio un ideale 

casting fra i miei compagni di volo 

immaginando chi sarebbe all’altezza di 

una saga epica su un’isola fuori da tutte 

le mappe). Un paio o più di settimane su 

un’isola sono come la classica goccia nera 

nel campo bianco del simbolo del tao: 

riequilibrano, completano, compenetrano 

la vita in città e i suoi ritmi con uno 

squarcio del suo complementare opposto. 

Ma lo sapete vero che nessuna isola 

deserta potrà mai essere più di 

un’estemporanea pausa consolatoria se 

non siete capaci di costruirvi una vostra 

isola personale e di trovare respiro anche 

nel mezzo della situazione più frenetica e 

impegnativa? È abbondantemente noto 

DON’T FORGET 

– tanti illusoriamente attratti da lontani 

Fateci caso: quanto più una città è 

altrove l’hanno imparato sulla propria 

evoluta, quanto più è espressione del 

pelle – che in nessun viaggio, in nessuna 

mondo globale, tanto più ogni volta che 

vacanza esotica, troverai mai qualcosa 

ci andate non potete non accorgervi che 

che in qualche modo non hai già dentro 

aumenta il numero di bambini che non si 

di te. Uno dei talenti più preziosi per 

riesce a defi nire in base ad alcuna identità 

chi se la gioca in una grande città è 

etnica e razziale. È così a New York, 

proprio la capacità di crearsi momenti, 

a Los Angeles, e poi a Londra, e giù a 

luoghi, condizioni quanto più autonomi e 

scendere. Le grandi metropoli sono sempre 

singolari, come un surfer che disegna la 

più popolate da spettacolari frullati 

propria linea sull’onda. Fateci caso: chi 

genetici, seconda o terza generazione di 

fa così, chi sta dentro la corrente ma 

combinazioni dove le origini scivolano 

per quanto è possibile danza al proprio 

sempre più sullo sfondo e nuove misteriose 

ritmo e si fa autore di se stesso, ben 

sfumature conquistano la scena. Ok, non 

diffi cilmente si ritrova con il fi ato corto, 

tutte riusciranno come Jessica Alba o come 

e alla fi ne sente molto meno degli altri il 

– permettetemelo – la spettacolare bambina 

bisogno di evadere. 

californiana di mio fi glio (babbo milanese e 

Lo dico allora per chi nelle prossime 

madre di San Francisco ma taiwanese): però 

settimane per un motivo o per l’altro non 

questa condizione indefi nibile e plurale sta 

ha in mano nessun biglietto per nessuna 

diventando non dico trendy ma in qualche 

isola: potete tranquillamente godervi 

modo familiare. D’altra parte qualunque 

anche un’estate in città, se non ve ne 

evoluzione in qualunque campo è sempre 

sentite prigionieri, se nella metropoli 

nata da connessioni al di là dei confi ni, 

vedete e vivete isole, oasi, piccoli mondi 

e viceversa le culture più arretrate sono 

personali. Sì, è possibile sentirsi su 

quelle difensivamente arroccate su se 

un’isola anche fra i grattacieli. 

stesse. Per esempio le città di frontiera 

hanno sempre avuto una loro particolare

LUGLIO/AGOSTO 2011 NUMERO 99 - Urban

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