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gennaio 2013 - I Siciliani giovani

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gennaio 2013 - I Siciliani giovani

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I <strong>Siciliani</strong><br />

A che serve essere vivi,<br />

se non c’è<br />

il coraggio di lottare?<br />

Società<br />

civile<br />

Tutti ne parlano<br />

ma pochi<br />

la prendono<br />

sul serio<br />

MAZZEO<br />

FERRARA<br />

CASTANO<br />

TRATTATIVA: CONTINUA ORA!<br />

Noi giornalisti marchionnizzati<br />

Mafia al Nord: il giorno della svolta<br />

Spartà/ NoMuos fra botte e lividi Capezzuto/ Apocalisse riuti<br />

Pettinari/ Un manager di Cosa Nostra Di Florio/ Maa in Abruzzo<br />

Catania/ Un ponte d'inquinamento Vita/ Bitcoin Satira “Mamma!”<br />

Caruso/ Periferie Pisciotta/ Buon anno,Gapa La primavera di Messina<br />

Spina/ Il cinema di Giuseppe Fava Vitale/ La lunga attesa di Felicia<br />

ITALIA DOVE: ROCCUZZO D'URSO ORSATTI DE GENNARO ABBAGNATO<br />

Dalla Chiesa/ La famiglia Brembrilla<br />

Caselli/ Antimafia e politica<br />

www.isiciliani.it<br />

<strong>giovani</strong><br />

Giornalisti imbavagliati, centri di quartiere presi a revolverate:<br />

eppure per la politica non sono ancora degli interlocutori<br />

<strong>gennaio</strong> <strong>2013</strong><br />

SALERNO<br />

Operaie<br />

Un album<br />

di famiglia<br />

ebook<br />

gratis


http://www.marsala.it/<br />

www.isiciliani.it<br />

facciamo<br />

rete<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 2


Società<br />

civile<br />

DA' UNA MANO: I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>, Banca Etica,<br />

IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />

www.isiciliani.it<br />

A Catania, una delle città d'Italia a più alto indice di criminalità<br />

minorile, le atttività educative nei quartieri veri sono ridottissime<br />

(ultimamente il Comune ha anche chiusto una scuola e fra i<br />

pochissimi a farle il più presente è probabilmente il Gapa.<br />

Nell'alto milanese, una delle zone d'Italia più a rischio 'ndrangheta<br />

in questo momento, i giornalisti che fanno informazione<br />

sulla mafia sono pochissimi e di essi i più attivi sono probabilmente<br />

quelli del settimanale Altomilanese.<br />

Quasi contemporaneamente, un paio di settimane fa, il Gapa è<br />

stato “infastidito” a colpi di rivoltella poche settimane fa e Altomilanese<br />

è stato messo a chiusura da un giorno all'altro dal suo<br />

editore. Coincidenza casuale, ma significativa.<br />

Non esistono altri presidi sostituutivi, nelle due diverse funzioni,<br />

nei luoghi di cui parliamo. Senza i volontari del Gapa la<br />

cultura mafiosa non incontrerebbe più ostacoli nel vecchio centro<br />

storico di Catania, né la ìndrangheta ne incontrerebbe - senza<br />

i giornalisti di Altomilanese – a nord di Milano. Eppure gli uni e<br />

gli altri, barriera a pericoli gravissimi per le rispettive comunità,<br />

sono sostanzialmente soli.<br />

Ecco: di questo parliamo quando parliamo di società civile.<br />

Non è solo un elegante dibattito, materia da talk-show più o<br />

meno spettacolari. E una questione di vita o di morte, in prospettiva<br />

non lontanissima, per due pezzi d'Italia – ai capi opposti<br />

della penisola – che fra dieci anni potrebbero ritrovarsi immerse<br />

nella più profonda e devastante barbarie. Da cui li separa solo<br />

l'impegno di poche decine di volontari.<br />

Non c'è molta traccia di questo, nel panorama politico - e giornalistico<br />

– attuale. Quando c'è, si presenta di solito come materiale<br />

mediatico, oggetto d'entertainment, folklore.<br />

Ci sono compagni nostri impegnati in entrambi i casi in questione,<br />

e perciò possiamo dire di conoscerli abbastanza bene. Temiamo<br />

però che si tratti solo di punte d'iceberg, di isole nel mare<br />

della disinformazione nazionale. E che tutto il Paese non sia in<br />

realtà che un gran San Cristoforo, un gran Sedriano – i due luoghi<br />

esemplari di cui abbiamo parlato – in cui di fronte alla violenza<br />

e alla disinformazione pochi si oppongono e molti stanno<br />

a guardare. Quei pochi di solito sono <strong>giovani</strong> e senza risorse, e i<br />

molti hanno età, status, opportunità e potere.<br />

La rete dei <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>, con le sue testate di base e i suoi<br />

giornalisti militanti, è un tentativo di andare in controtendenza,<br />

di opporsi all'”autobiografia della nazione” di cui parlava un altro<br />

giovane giornalista - Gobetti – molte anni fa.<br />

(R.O.)<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 3<br />

I <strong>Siciliani</strong>


www.isiciliani.it<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

GENNAIO <strong>2013</strong> numero tredici<br />

RIEPILOGANDO<br />

Come mai non siamo ancora in<br />

edicola? Semplice: i soldi. La<br />

sottoscrizione è riuscita bene fra<br />

i lettori poveri, ma non fra gli<br />

amici più titolati: la maggior<br />

parte dei quali ci colma generosamente<br />

di auguri e lodi, che<br />

però cartiere e tipografi tendono<br />

a non accettare.<br />

Dopo un anno di buon lavoro,<br />

sul livello professionale dei <strong>Siciliani</strong><br />

<strong>giovani</strong> c’è poco - credia-<br />

mo - da eccepire. Nel milanese<br />

come in Sicilia i nostri redattori<br />

fanno il loro dovere, scrivono,<br />

fanno inchieste, subiscono avvertimenti<br />

e querele. Vecchi colleghi<br />

e giornalisti nuovi lavorano<br />

tranquillamente a questo prodotto<br />

collettivo, che ha il suo baricentro<br />

nella rete ma che ha bisogno<br />

anche dell’edicola come<br />

fatto simbolico e di “ritorno in<br />

campo” pieno e totale. Pensiamo<br />

di riuscirci presto, ma in definitiva<br />

questo dipende da voi.<br />

*<br />

Questo numero è dedicato ad<br />

Aaron Swartz (Chicago, 8<br />

novembre 1986-New York, 11 <strong>gennaio</strong><br />

<strong>2013</strong>). Avremmo avuto difficoltà<br />

a fare il giornale senza di lui:<br />

è stato lui a inventare una cosa<br />

che si chiama RSS e che ci permette<br />

di far circolare facilmente i<br />

contenuti della nostra rete. Quanto<br />

c'è costato? Niente: l'ha messo a<br />

disposizione gratis.<br />

Lo usiamo noi, lo usano i grandi<br />

giornali, lo usano milioni di siti in<br />

tutto il mondo - un regalo di Swartz<br />

al progresso umano.<br />

S'è ucciso due settimane fa, per<br />

sfuggire a una galera di venti o<br />

trent'anni: aveva messo in rete testi<br />

vietati, di altissimo valore culturale<br />

ma copyrightati dalle varie società.<br />

Aveva ventisei anni ed è un gran<br />

peccato che regali del genere non<br />

possa farcene più. Noi, qui nella<br />

lontana Sicilia, gli siamo grati.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 4<br />

Questo numero<br />

Società civile I <strong>Siciliani</strong> 3<br />

Antimafia in tempo d'elezioni di Gian Carlo Caselli 6<br />

La famiglia Brembrilla in vacanza di Nando dalla Chiesa 7<br />

Giornalismo/ La Fiat a casa nostra di Norma Ferrara 8<br />

Eppure, cambiare si può di Riccardo Orioles 10<br />

Italia<br />

NoMuos/ Fra botte e lividi di Sara Spartà 12<br />

"Privatizziamo lo Stato di Antonio Roccuzzo 13<br />

Mafia al Nord/ Il giorno della svolta di Ester Castano 14<br />

Donne di 'ndrangheta di Vittoria Smaldone 15<br />

Rewind/Forward di Francesco Feola 17<br />

Poteri<br />

La trattativa continua ora di Antonio Mazzeo 18<br />

"Viva Sansonetti con tutti i filistei" di Rocco Lentini 24<br />

Expo fugit di Valerio Bella 29<br />

I Sud<br />

"Quella camurria di Rostagno" di Rino Giacalone 30<br />

Sgarbi, i picciriddi e... di Rino Giacalone 32<br />

Messina/ "Babba a chi?" di Ilaria Raffaele 33<br />

Apocalisse rifiuti di Arnaldo Capezzuto 34<br />

Diario da una scuola napoletana di Andrea Bottalico 36<br />

L'Abruzzo ha scoperto le mafie di Alessio Di Florio 38<br />

Si privatizza il cimitero di Enrica Frasca e Giorgio Ruta 39<br />

Un ponte d'inquinamento di Carmelo Catania 42


SOMMARIO<br />

Bologna/ Il Master "Pio La Torre" di Salvo Ognibene 47<br />

Satira<br />

"Mamma!" a cura di Gubitosa, Kanjano e Biani 48<br />

Periferie<br />

I beni confiscati usiamoli per i quartieri di Giovanni Caruso 50<br />

I tesori mafiosi smascherati dai ragazzi di Elio Camilleri 53<br />

I Briganti e i Salesiani di Federica Motta e Leandro Perrotta 54<br />

L'ospedale che non si fa di Luciano Bruno e Vincenzo Rosa 56<br />

Rapporto da Partinico di Pino Maniaci e Salvo Ognibene 58<br />

Testimonianze<br />

La lunga attesa di Felicia di Salvo Vitale 60<br />

Pianeta<br />

Bitcoin: l'anno della svolta di Fabio Vita 65<br />

Cultura<br />

Il cinema di Giuseppe Fava di Giuseppe Spina 66<br />

Musica<br />

Bix, Jerry e il signor Igor di Antonello Oliva 71<br />

Persone<br />

Appunti di un diario collettivo di Fabio D'Urso 72<br />

Polis<br />

Paese senz'anima, voto senza attese di Pietro Orsatti 74<br />

"E io vi marchionno tutti" di Riccardo De Gennaro 76<br />

Dove nulla finisce mai del tutto di Giovanni Abbagnato 77<br />

Un ebook in omaggio<br />

con questo numero<br />

Lorena Salerno Operaie/ Un album di famiglia<br />

Pippa e la Manifattura tabacchi<br />

www.isiciliani.it<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 5<br />

DA' UNA MANO: I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>, Banca Etica,<br />

IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />

DISEGNI DI MAURO BIANI<br />

Sicilie<br />

Un manager di Cosa Nostra di Aaron Pettinari 78<br />

Noi l'abbiamo ricordato così di GiulioPitroso 81<br />

La primavera di Messina di Irene Romeo 82<br />

Belice 45 anni di Francesco Appari e Giacomi Di Girolamo 83<br />

Il foglio dei <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> 84<br />

L'immagine<br />

Quale pace in Europa di Giovanni Caruso 86<br />

Il filo<br />

Noi emigranti di Giuseppe Fava 87<br />

Buon Anno, Gapa di Domenico Pisciotta 88<br />

kindle ipad pdf


Le candidature di Ingroia e Grasso<br />

alle “politiche” hanno scatenato infuo-<br />

cate discussioni. Fra i due magistrati<br />

ci sono differenze abissali. Grasso si è<br />

ritagliato una “nicchia” in un partito<br />

che gli garantisce un’elezione sicura.<br />

Ingroia per contro ha scelto di dar vita<br />

ad un nuovo movimento per una “ri-<br />

voluzione civile”, affrontando<br />

un’avventura densa di incognite e ri-<br />

schi. Ma la candidatura dei due ha so-<br />

prattutto rinfocolato polemiche mai<br />

sopite sulla conduzione delle inchieste<br />

antimafia, in special modo sul versan-<br />

te dei rapporti mafia/politica.<br />

Le polemiche su mafia e politica<br />

Ovviamente hanno diritto di cittadi-<br />

nanza le opinioni più diverse, purché<br />

non si dimentichi mai che questi rap-<br />

porti sono nel DNA della mafia e che<br />

non li hanno certamente inventati in-<br />

quirenti “creativi”. E purché le opinio-<br />

ni siano fondate su fatti e non su ipo-<br />

tesi di fantasia, al limite dell’onirico.<br />

Come nel caso di coloro che citano<br />

Giovanni Falcone come grandinasse,<br />

per sostenere che certe inchieste lui<br />

non le avrebbe mai cominciate o svi-<br />

luppate perché se non ci sono le prove<br />

è fatica sprecata.<br />

www.isiciliani.it<br />

Giustizia<br />

Mafia e politica<br />

in tempo d'elezioni<br />

di Gian Carlo Caselli<br />

Prima delle stragi, dopo le stragi<br />

A parte che si tratta di banalità per<br />

le quali scomodare Falcone non ha<br />

senso, il punto decisivo è un altro:<br />

nessuno al mondo può arrogarsi il di-<br />

ritto di millantare che l’orientamento<br />

di Falcone dopo le stragi del 1992<br />

sarebbe stato questo o quello.<br />

Se non altro perché dopo le stragi<br />

tutto ontologicamente cambia. Basti<br />

pensare che Tommaso Buscetta a Fal-<br />

cone non disse niente dei rapporti ma-<br />

fia/politica, perché temeva che lui e lo<br />

stesso Falcone sarebbero stati presi<br />

per folli. Soltanto dopo le stragi (ob-<br />

bedendo ad una specie di comanda-<br />

mento morale) Buscetta decise di rive-<br />

lare quel che sapeva ai Pm di Palermo.<br />

Che pertanto si trovarono di fronte<br />

ad un dovere imperioso: affrontare il<br />

tema cruciale dei rapporti mafia/politi-<br />

ca senza sconti, applicando la legge<br />

anche agli imputati “eccellenti”, con<br />

determinazione ed incisività assoluta-<br />

mente nuove, posto che in passato<br />

l’esistenza di tali rapporti di solito ve-<br />

niva solennemente proclamata sul pia-<br />

no teorico, per negarla sistematica-<br />

mente nel perimetro delle prassi inve-<br />

stigativo-giudiziarie.<br />

I magistrati delle Procura di Paler-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag.6<br />

mo del dopo stragi hanno semplice-<br />

mente assolto il loro compito istituzio-<br />

nale, traducendo la scritta che cam-<br />

peggia in tutte le aule di tribunale (la<br />

legge è uguale per tutti) in realtà ope-<br />

rativa. Differenziandosi da coloro che<br />

non vogliono vedere, o se vedono pre-<br />

feriscono “distrarsi”, magari accam-<br />

pando la scusa che è troppo difficile<br />

trovare le prove.<br />

Privilegiare il quieto vivere?<br />

Le prove prima si cercano, senza ti-<br />

midezze; e se risultano sufficienti per<br />

affrontare il giudizio si va avanti, an-<br />

che quando l’esito non é scontato.<br />

Senza preoccuparsi di coloro che pri-<br />

vilegiano normalizzazione e quieto vi-<br />

vere; e perciò preferiscono le opzioni<br />

investigativo-giudiziarie meno scomo-<br />

de. Magari tirando indebitamente per<br />

la giacca anche i defunti ( meglio se<br />

illustri come Falcone) attribuendo loro<br />

– con colpevole arroganza - linee di<br />

ipotetico intervento prospettate come<br />

se fosse possibile applicare al “dopo<br />

stragi” parametri e criteri che a tutto<br />

concedere si riferiscono ad ere “geolo-<br />

giche” tutt’affatto diverse, perché ante<br />

1992.


Alla fine la vicenda della candida-<br />

tura di Bruna Brembilla al parlamento<br />

si è conclusa con la rinuncia dell’inte-<br />

ressata. Ed è un bene. Bruna Brembil-<br />

la, per chi non lo sapesse, è una consi-<br />

gliera provinciale del Pd milanese, già<br />

assessore provinciale all’Ambiente<br />

con Filippo Penati e prima ancora sin-<br />

daco di Cesano Boscone, hinterland<br />

sud-ovest di Milano. La questione del-<br />

la sua candidatura era stata sollevata<br />

sulla stampa e nel partito democratico<br />

milanese per una ragione molto sem-<br />

plice.<br />

I clan calabresi<br />

La signora è stata a suo tempo in-<br />

tercettata dai Ros dei carabinieri men-<br />

tre trattava<br />

voti e soste-<br />

gni elettorali<br />

con perso-<br />

naggivicinis- simi a espo-<br />

nenti di spic-<br />

co di quei<br />

clan calabresi<br />

che da decen-<br />

niimperver- www.isiciliani.it<br />

Società<br />

La famiglia Brembrilla<br />

in vacanza...<br />

di Nando dalla Chiesa<br />

sano nella cintura sud milanese. Uno<br />

dei quali è stato definito “capitale<br />

sociale” della ‘ndrangheta in una<br />

recente ordinanza di custodia<br />

cautelare. Insomma, mentre alcuni<br />

suoi colleghi (e colleghe) di partito<br />

denunciavano, rischiando, le<br />

collusioni tra ‘ndrangheta e politica lei<br />

le alimentava. In qualsiasi democrazia<br />

questo dovrebbe bastare a chiudere il<br />

discorso.<br />

“Ma non è stata condannata...”<br />

Il discorso invece è stato tenuto<br />

aperto per intere settimane. Ed è ciò<br />

che stupisce al di là del suo esito fina-<br />

le (forse dovuto a una lettera aperta<br />

inviata a Bersani dagli esponenti anti-<br />

mafia del partito milanese). Perché<br />

vuol dire che alla nostra democrazia<br />

mancano ancora i cosiddetti “fonda-<br />

mentali” della virtù pubblica, o della<br />

questione morale.<br />

Basta vedere le argomentazioni<br />

addotte per respingere le obiezioni<br />

alla candidatura: non è stata condan-<br />

nata, è incensurata, tutto è stato archi-<br />

viato (ma le intercettazioni sono<br />

vere…), il tempo della caccia alle<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag.7<br />

streghe è finito nel medioevo (della<br />

serie: è la modernità, bellezza), non<br />

sapete nemmeno di cosa state par-<br />

lando, sono cose vecchie, è tutta una<br />

montatura.<br />

Una discussione surreale<br />

Una discussione surreale, dietro la<br />

quale c’è purtroppo una lunga storia di<br />

indifferenza, di aree grigie, di conti-<br />

guità, di affarismo, di neutralità etica,<br />

di cene elettorali, di scambi di favori<br />

alla faccia del primato delle istituzio-<br />

ni. C’è una palude che resiste a farsi<br />

bonificare.<br />

Oggi che il pericolo della ‘ndran-<br />

gheta al nord è stato indicato nelle sue<br />

vere dimensioni, continuare ad aspet-<br />

tare le condanne penali invece di in-<br />

tervenire tempestivamente (e con radi-<br />

calità) sui comportamenti pubblici si-<br />

gnifica farsi complici.<br />

Sempre che sia vero quel che i po-<br />

litici di sinistra dicono tra gli applausi<br />

nei convegni: che la mafia o la ‘ndran-<br />

gheta non sono semplici forme di de-<br />

linquenza organizzata, ma sono poteri,<br />

sistemi, economia e cultura. Cultura,<br />

appunto.


Giornalismo<br />

La Fiat<br />

a casa nostra<br />

Gennaio <strong>2013</strong>, il<br />

bollettino di questo<br />

mese registra nelle<br />

prime settimane: tre<br />

colpi d'arma da fuoco<br />

contro un centro<br />

di quartiere che a<br />

Catania si occupa di<br />

formazione e informazione, due proiettili<br />

sparati contro l'abitazione di una<br />

cronista in Abruzzo, un giornale<br />

dell'hinterland milanese che rischia di<br />

chiudere, perché dopo le querele e le<br />

minacce è arrivato (anche) il passo indietro<br />

dell'editore.<br />

E così siamo sui giornali (anche i nostri):<br />

“il cronista antimafia” “la giornalista<br />

minacciata” il “centro sociale contro<br />

i boss”. E ancora, il giornalista precario<br />

(che spesso è minacciato). Pronta la solidarietà<br />

della categoria “continua, siamo<br />

con te!”.<br />

Siamo tutti, ad esempio, Ester Castano,<br />

giovane cronista milanese che ha subìto<br />

“le attenzioni” dell'ex sindaco del suo<br />

paese. Ester fa parte di una generazione<br />

che chiede di entrare nella macchina organizzativa<br />

di un giornale, come si fa in fabbrica,<br />

il prima possibile. Anche se sa che<br />

non c'è più posto. Da un pezzo.<br />

Fra un esame di storia e uno di letteratura<br />

all'università, in questi mesi dovrà<br />

correre in tribunale a Biella, perché a dispetto<br />

dei suoi ventidue anni anni ha già<br />

da barcamenarsi con una denuncia per diffamazione<br />

plurima aggravata sporta<br />

dall'ex sindaco di Sedriano, Alfredo Celeste,<br />

indagato per corruzione all'interno<br />

dell'inchiesta della Procura di Milano che<br />

www.isiciliani.it<br />

"Dài, dài, dài, siamo tutti con te!" ci dicono a<br />

ogni aggressione o minaccia. Noi questo mestiere<br />

continuiamo a farlo. Ma è sempre più stretto,<br />

sempre più precario. Ci sentiamo, come dire,un<br />

po' marchionnizzati... di Norma Ferrara<br />

www.liberaintormazione.org<br />

ha portato all'arresto dell'assessore regionale<br />

alla Casa, Domenico Zambetti, accusato<br />

di aver acquistato voti dalla 'ndrangheta.<br />

Mesi fa il caso arriva alla grande stampa<br />

nazionale e il resto del Paese viene a<br />

conoscenza – grazie al monitoraggio<br />

dell'osservatorio “Ossigeno” - anche “delle<br />

attenzioni” e delle querele del primo<br />

cittadino contro Ester, ragazza dai capelli<br />

lunghissimi e lo sguardo attento, che collabora<br />

con il settimanale “Altomilanese”.<br />

Far domande, studiare le carte...<br />

Ester e i suoi colleghi, anche loro nel<br />

mirino, hanno l'abitudine di fare domande<br />

alle conferenze stampa, studiare le carte<br />

giudiziarie dei processi, esercitare il diritto<br />

di cronaca rispetto agli atti amministrativi<br />

e alla gestione della cosa pubblica.<br />

Fanno semplicemente i giornalisti.<br />

“In questi giorni sono scaduti i termini<br />

di custodia cautelare per l'ex sindaco Celeste<br />

- ci racconta Ester - è ed aberrante<br />

che su alcuni giornali locali sia stato quasi<br />

“assolto” quando il procedimento a suo<br />

carico continua ad essere in corso. C'è<br />

persino qualcuno che ha chiesto al sindaco<br />

“si sente una persona onesta, finalmente”?».<br />

Cronista in terra di mafia<br />

Superficialità? Convenienza? Forse entrambe,<br />

in paese piccolo si hanno meno<br />

guai se rimani al tuo posto e non disturbi<br />

chi comanda.<br />

Ester, invece, ha un altro concetto di<br />

cosa voglia dire “stare al proprio posto”.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 8<br />

Così vive da cronista di provincia in un<br />

giornale che si scopre, suo malgrado, di<br />

frontiera in una terra che non è più<br />

immune dalla mafia.<br />

Durante quest'ultimo anno la giovane<br />

cronista è soprattutto una ventenne sorpresa<br />

da tutto quello vede, che sente e che<br />

vive perché quando ha scelto di scrivere e<br />

occuparsi di quello che accade in città,<br />

tutto è cambiato rapidamente.<br />

Durante i primi anni ha conosciuto sulla<br />

propria pelle l'isolamento e il cono<br />

d'ombra informativo che circondava l'hinterland<br />

milanese. «Nessuno nel resto del<br />

Paese vedeva quello che stava accadendo<br />

da noi» - spiega.<br />

Ma adesso le cose sono cambiate.<br />

«La nota positiva di questa storia che<br />

mi ha coinvolta e ha coinvolto il territorio<br />

- spiega Ester – è che ha stimolato una<br />

presa di coscienza collettiva, oggi la cittadinanza<br />

vuole essere informata e ci sostiene.<br />

In questi giorni in cui il giornale ha rischiato<br />

di chiudere in tanti hanno fatto<br />

sentire la propria presenza, persino con<br />

donazioni. Noi abbiamo scelto di non<br />

mollare anche per loro».<br />

Cinquecento euro al mese<br />

Cinquecento euro al mese per capiredattori<br />

e direttori e così a scendere per tutti<br />

gli altri: questo il prezzo che l'“Altomilanese”<br />

ha scelto di pagare per evitare la<br />

chiusura del giornale “al momento – chiosa<br />

Ester – siamo certi di riuscire ad andare<br />

in edicola sino al mese di aprile e speriamo<br />

di continuare”.<br />

La storia di Ester come quella di Ilaria<br />

che da sette mesi aspetta di esser pagata<br />

dal suo giornale (leggetela qui su Errori<br />

di stampa) non sono un affare privato, né<br />

un problema di ordine pubblico o di politiche<br />

sindacali, non sono infine la conseguenza<br />

della crisi di un settore, quello<br />

dell'editoria.


“Ma non siamo<br />

all'anno zero”<br />

Sono, piuttosto, tutte queste dinamiche<br />

insieme ma soprattutto la cronaca di una<br />

fine annunciata: quella del giornalismo.<br />

Non è politicamente corretto dirlo dalle<br />

pagine di questo giornale (o forse si)<br />

ma la verità è che non sappiamo ancora<br />

cosa diventerà davvero questo mestiere.<br />

Forse lo stiamo ripensando, progettando,<br />

alcuni di noi sognano che torni ad essere<br />

un lavoro al servizio dei fatti e delle<br />

persone, nell'interesse della democrazia,<br />

ma di sicuro - come si scriveva nelle vecchie<br />

cronache di nera - c'è solo che è<br />

morto.<br />

Pochi hanno avuto il coraggio<br />

Non siamo all'anno zero, però. Oggi<br />

più di ieri riusciamo a raccontare queste<br />

storie, anche grazie al web, ma il passato<br />

e il presente di questo mestiere sono ancora<br />

stretti fra doppia morale e menzogne.<br />

“Come si diventa giornalisti”? chiedono<br />

ancora i <strong>giovani</strong> aspiranti cronisti sulle<br />

pagine dei giornali “famosi” e i direttori<br />

forniscono spavalde risposte che<br />

hanno in comune tutte un dato: mentono<br />

sapendo di mentire.<br />

Pochi, infatti, in questi lunghissimi<br />

anni di agonia del giornalismo come mestiere<br />

hanno avuto il coraggio di raccontare<br />

che quello in cui “comandavano” era<br />

soprattutto il luogo della schiavitù legalizzata<br />

(spesso perversa perché faceva<br />

leva su sentimenti diametralmente opposti,<br />

dalla passione civile al narcisismo, ad<br />

esempio). Poi - a sollevarli dall'incarico -<br />

è arrivata a fine 2012 l'approvazione della<br />

legge sull'equo compenso per i giornalisti<br />

e la campagna coraggiosa che l'ha<br />

preceduta.<br />

L'unica risposta onesta<br />

Cosa avrebbero dovuto dire? Solo la<br />

verità, per quanto crudele, sarebbe stata<br />

l'unica risposta onesta che avrebbe reso<br />

meno fragile il giornalismo, messo meno<br />

a rischio i cronisti di frontiera, fatto sentire<br />

meno soli i colleghi in tribunale.<br />

Invece è accaduto che in questi anni<br />

siamo stati con i lavoratori della Fiom e<br />

contro Marchionne, ma non abbiamo visto<br />

la Fiat che cresceva in casa nostra.<br />

www.isiciliani.it<br />

Un volantino<br />

Sosteniamo<br />

i <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong><br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 09<br />

"A che serve essere vivi, se non c'è<br />

il coraggio di lottare?”<br />

Vi ricordate quando Santoro vi chiese i soldi per il suo “servizio pubblico”? Dieci euro<br />

per sostenere il progetto. In centomila risposero, una grande dimostrazione di affetto e di<br />

sostegno sicuramente. Lo sapevate che ora Servizio Pubblico va in onda su La7? E i soldi<br />

che avevate dato per creare quel progetto autonomo? Vi sono stati restituiti?<br />

Noi adesso vi chiediamo di sostenerci, promettendo di non passare a La7.<br />

E’ passato un anno da quando al Festival del Clandestino abbiamo annunciato ai<br />

microfoni di Telejato la rinascita de I <strong>Siciliani</strong>. Non abbiamo più rifatto un giornale,<br />

abbiamo fatto I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>, che poi, forse, lo eravamo già.<br />

I <strong>Siciliani</strong> sono un gruppo sparso per l'Italia, Diecieventicinque a Bologna, Stampo<br />

antimafioso a Milano, Telejato, Il Clandestino, Napoli Monitor, La Domenica, e potrei<br />

continuare. I <strong>Siciliani</strong> sono un patrimonio comune, sono ragazzi e ragazze sparsi un po' in<br />

tutta Italia, sono anche professionisti e giornalisti come Mazzeo, Capezzuto, Giacalone,<br />

Finocchiaro, Salvo Vitale, Pino Maniaci.<br />

I <strong>Siciliani</strong> siamo noi <strong>giovani</strong>, che almeno qui non rappresentiamo il futuro, siamo il<br />

presente e lo viviamo da protagonisti con a fianco degli ottimi maestri. Abbiamo provato a<br />

mettere insieme il vecchio e il nuovo, passato e futuro, vivendo insieme in questo presente.<br />

I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> da un anno hanno faticato e lavorato, e quello che abbiamo fatto l'avete<br />

visto, ci siamo anche beccati le denunce e le intimidazioni.<br />

Siamo nati perché Giambattista Scidà ci ha ridato l'idea, perchè Giancarlo Caselli e<br />

Nando Dalla Chiesa si sono imbarcati con noi, su questa barca che vuole attraversare e<br />

raccontare la Sicilia e l'Italia, insieme, facendo rete, perseverando quella pubblica verità che<br />

ci ha insegnato il Direttore de “I <strong>Siciliani</strong>”, Pippo Fava.<br />

I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> però si fa anche con tutti voi.<br />

Usciremo, probabilmente, in edicola come mensile fra un mese, trent'anni dopo i "vecchi”<br />

<strong>Siciliani</strong>. Noi ci stiamo provando a fare tutto ciò ma abbiamo bisogno di voi. Tanti piccoli<br />

aiuti fanno un grande aiuto. Adesso vi chiediamo un contributo per sostenerci<br />

promettendovi che come sempre andremo avanti, navigando su questo mare in tempesta,<br />

rimanendo liberi, senza padroni alle spalle e di certo non daremo via la baracca come qualcuno,<br />

passando a La7.<br />

Salvo Ognibene<br />

www.diecieventicinque.it<br />

DA' UNA MANO:<br />

IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />

(Banca Etica/ “Associazione CulturaleI <strong>Siciliani</strong> Giovani”)<br />

oppure C/C 001008725614<br />

(“Associazione Culturale I <strong>Siciliani</strong> Giovani,<br />

via Cordai 47, Catania”)


www.isiciliani.it<br />

Italia<br />

Eppure<br />

cambiare si può<br />

I partiti (vecchi e nuovi) non riescono a prenderli<br />

sul serio. Ma i movimenti crescono lo<br />

stesso, e pesano sempre più di Riccardo Orioles<br />

- E lei per chi vota?”.<br />

“Beh, io voto per i ragazzi del No-<br />

Muos, oppure quelli che stanno facendo<br />

il teatro libero a Messina”.<br />

- Ma non si presentano! Sempre voglia<br />

di scherzare, lei!<br />

Beh, in realtà non è che non si siano<br />

presentati. Anzi. Hanno addirittura vinto<br />

le elezioni, due anni fa. Quando? Giugno<br />

2011, referendum sull'acqua. Là non c'era<br />

porcellum, così ci siamo contati. I progressisti,<br />

in Italia, sono decisamente la<br />

naggioranza. Il problema politico, per il<br />

potere, è di non farglielo sapere. Finora ci<br />

sono riusciti.<br />

“Grillo!”, “Bersani!”, “Ingroia!”<br />

“Io voto per Beppe Grillo!”. “Calma:<br />

meglio Bersani”. “Sì, però con Sel, così lo<br />

spingiamo avanti”. “Ingroia, Ingroia!”.<br />

Cari lettori, avete tutti ragione. Nel senso<br />

che più o meno volete tutti, più o meno<br />

convinti, le stesse cose. Siete gente civile,<br />

no? Basta ladroni, maledetti mafiosi, che<br />

schifo il precariato... Le cose un pochino<br />

si complicano quando dalla base si passa<br />

ai massimi dirigenti. “Antipolitico!”.<br />

“Estremista!”. “Servo di Monti!”.<br />

In Sicilia, ad esempio, uno penserebbe<br />

che dopo vent'anni d'antimafia (da cui<br />

molti politici sono pur venuti fuori) alla<br />

fine qualcosa insieme si sarebbe fatta, almeno<br />

sul tema antimafia. E invece no.<br />

Chi s'è messo a salvare il mondo da solo,<br />

chi a fare strani governi con l'Udc, chi<br />

complicatissimi accordi con questo e<br />

quello. Tutti beninteso giurando sulla politica<br />

nuova e sulla società civile.<br />

Che nel frattempo continua tranquillamente<br />

a ruminare il suo lavoro, tirando<br />

pazientemente la sua carretta (al Gapa lo<br />

fanno da venticinque anni), votando senza<br />

illusioni chi va votato, ma in fretta e pensando<br />

al lavoro, per non perdere tempo.<br />

A Catania, ultimamente, la società civile<br />

aveva ottenuto (altro esempio) una vittoria<br />

abbastanza importante: il riavvìo<br />

della Procura e l'arrivo di un giudice<br />

estraneo non coinvolto in niente. Si riuniscono<br />

i generali della sinistra, recitano le<br />

preghiere di rito a Santa Società, e scelgono<br />

(in una stanza) il candidato: che è esattamente<br />

l'unico esponente della sinistra<br />

locale che a quella battaglia civile non<br />

aveva partecipato, l'unico che con la società<br />

civile reale non aveva voluto avere<br />

nulla a che fare. Non è un caso isolato.<br />

Parliamo dei rivoluzionari di Ingroia,<br />

ma altrove non è che le cose vadano meglio.<br />

Per Grillo la mafia non esiste e fra<br />

fascismo e antifascismo non sa che dire.<br />

Bersani “non è Robespierre”, e dunque<br />

niente mai patrimoniale. Vendola finalmente<br />

è andato dagli operai, appena iniziata<br />

la campagna elettorale.<br />

“Qualunquista!”. No, io li voto,<br />

mannaggia a me. Ma mi piacerebbe<br />

votare invece per l'asino, quello che fa il<br />

lavoro duro e tira brontolando e ragliando<br />

la comune carretta.<br />

“Sono tutti una casta!”. No...<br />

“Maledetti partiti, sono tutta una<br />

casta!”. Non è così. Il livello dei gruppi<br />

dirigenti non è incivile. Il Pd ha concesso<br />

delle primarie vere, con larga partecipazione;<br />

l'estromissione di Crisafulli sarebbe<br />

stata impenssabile ai tempi di D'Alema o<br />

di Veltroni. Ai grillini (nonostante il rapido<br />

imbarbarimento del leader) va riconoscito<br />

un sincero spirito d'impegno civile.<br />

Vendola è un ottimo amministratore della<br />

sua regione. E Ingroia ha il merito di avere<br />

osato per primo (parliamo dei politici)<br />

per brevi istanti una politica di società civile<br />

e di movimento.<br />

La colpa non è loro, evidentemente. E'<br />

del decadimento collettivo del “popolo di<br />

sinistra”. Esperienze e valori che un tem-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 10<br />

po erano ovvi e condivisi - l'organizzazione<br />

collettiva, le idee sopra le persone, la<br />

dignità individuale di ogni “compagno”,<br />

l'importanza dell'impegno personale, il<br />

voler essere partecipi e non spettatori -<br />

ormai non ci sono più. Sarà colpa di Berlusconi<br />

o Monti,.del Ventennio, chissà.<br />

Fatto sta che non ci sono più, e non fra i<br />

politici ma fra la “gente”.<br />

Emergono ancora a volte - nelle ultime<br />

primarie, per esempio - ma episodicamente,<br />

come delle riscoperte improvvise o una<br />

indistinta nostalgia. E' facile, per il vecchio<br />

mondo, riassorbirle paternalisticamente<br />

e digerirle nei media. Di tutto si<br />

può fare dibbattito, purché resti tale.<br />

Libera, Gapa, i movimenti...<br />

Sono molto più solidi, quei valori, e<br />

bollono anzi in continua incandescenza,<br />

quando sono vissuti fuori dalla politica ufficiale,<br />

nell'impegno immediato. Penso ai<br />

ragazzi di Libera, del Gapa, di alcuni altri<br />

centri di quartiere, ai movimenti per la<br />

terra e per l'acqua, ad alcuni sindacati e,<br />

naturalmente, ai nostri <strong>giovani</strong> redattori.<br />

La politica antica (qui è un complimento)<br />

a mio parere sta rinascendo esattamente lì.<br />

Quanto tempo ci vorrà ancora perché<br />

essa si autogestisca del tutto, si omogeneizzi,<br />

porti a maturazione il percorso che<br />

anticamente dai primi sindacati e cooperative<br />

di poveri portò al grande e radicatissimo<br />

movimento socialista?<br />

Speriamo, a ogni tornata, che l'occasione<br />

sia questa, che non ci sia più da aspettare.<br />

Che si possa finalmente lottare per<br />

qualcosa di più che non la difesa pura e<br />

semplice della democrazia.<br />

Perché anche di questo si tratta: si parla<br />

di seconda e terza repubblica, ma la verità<br />

è che la repubblica non c'è più. Metà dei<br />

diritti costituzionali (a partire dall'articolo<br />

uno) sono stati ufficialmente cancellati.


www.isiciliani.it<br />

“Perché non posso votare il mio candidato? Quando me lo faranno,<br />

un contratto? E perché non posso iscrivermi a quel sindacato?<br />

Possiamo votare ancora, ma non scegliere<br />

i candidati. Non c'è (ma c'è già in fabbrica)<br />

una dittatura, ma non c'è più una totale<br />

democrazia. A poco è cresciuto un regime<br />

nuovo, che potremmo anche<br />

chiamare una semidemocrazia.<br />

E' facile abituarcisi, considerarlo “normale”.<br />

Ma noi no, dobbiamo restare ancorati<br />

alla realtà - quella della nostra repubblica,<br />

non quella fittizia dei media. Dov'è<br />

finito l'ufficio di collocamento? Perché<br />

non posso votare più per il mio candidato?<br />

Quando me lo faranno, un contratto? Va<br />

bene le primarie ogni tanto, ma poi non<br />

posso decidere più niente? E perché non<br />

posso iscrivermi a quel sindacato? Perché<br />

non possiamo farci una casa e sposarci, se<br />

oramai stiamo insieme da tre anni?<br />

Domande banali, d'accordo. Ma in realtà<br />

la politica sta là dentro.<br />

Attento alle cose “normali”<br />

“Ma insomma, per chi debbo votare?”.<br />

E che ne so, io. Certo, non voterai per<br />

Monti o Berlusconi o per il babbo del Trota<br />

(o il successore), se no non mi avresti<br />

letto fin qui. E questo è l'importante. Per il<br />

resto, sbrigatela tu. A me l'unica cosa che<br />

importa è che faccia qualcosa di piccolo,<br />

ma concreto e visibile, nel tuo paese; o<br />

nella tua scuola o fabbrica o quartiere.<br />

Qualcosa che sia fatto da te e non delegato<br />

agli altri, e senza affidarti ciecamente<br />

a nessuno. Se c'entra un po' d'antimafia,<br />

tanto meglio; non c'è nulla che faccia più<br />

danno ai padroni del paese, e nulla che ci<br />

tenga uniti più strettamente.<br />

E sta' in campana...<br />

E' tempo d'elezioni, perciò sta' in campana<br />

che non ti freghino il nome e non ti<br />

ritrovi sui cartelloni elettorali a tua insaputa<br />

com'è capitato al povero Pino<br />

Maniaci; non ti fidare dei leader, di nessun<br />

leader, perché se uno vuol fare il leader ha<br />

qualcosa di storto dentro la testa.<br />

Non puoi votare per me, perché non mi<br />

candido; ma per caso un giorno o l'altro mi<br />

candidassi, allora dimmi “fanculo”. Se un<br />

giorno ti candiderai tu, che sia in elezioni<br />

libere, senza bisogno di leader e senza<br />

montarsi la testa.<br />

Aspetta la repubblica, insomma. E lavora<br />

per farla arrivare, senza stancarti mai,<br />

senza paura.<br />

Promemoria<br />

Le tre parole<br />

della crisi<br />

“La mafia? A Catania non esiste”. “La mafia?<br />

Non c’è mafia a Roma”. “La ‘ndrangheta? Qualche<br />

caso isolato, qui a Milano”. Quante volte s’è<br />

sentito questo discorso, borbottato da un politico<br />

o elaborato con molti particolari mediatici da<br />

un giornale. Eppure la mafia c’era, fin dal primo<br />

momento. Pochi magistrati a combatterla, e fra<br />

noi giornalisti qualche collega eccentrico e qualche<br />

ragazzo. Così siamo arrivati fin qui. Ed<br />

ecco cosa c’era dietro il loro muro di gomma.<br />

Adesso, tutti i problemi sono esplosi ma la<br />

mafia per prima, perché è la cultura mafiosa,<br />

l’economia mafiosa, il potere mafioso a far da<br />

modello per tutto il resto. La mafia, e tutti i suoi<br />

inconsapevoli allievi a ogni livello.<br />

Forse non è ancora troppo tardi, a condizione<br />

di muoversi subito e con durezza. A monte, una<br />

scelta precisa: non ci fidiamo più della loro informazione.<br />

Perciò ce la facciamo da noi. Facciamola<br />

tutti insieme (noi diciamo “in rete”, in<br />

più sensi), e oggi tecnicamente si può. Ma senza<br />

vip e senza guru. Da noi, al centro della nostra<br />

moderna e sofisticata rete c’è in fondo un<br />

modesto doposcuola di quartiere.<br />

MAFIA E’ il principale problema d’Italia,<br />

quello che ci impoverisce di più. Non<br />

è una patologia criminale ma il principale<br />

potere economico del paese, che ormai fa<br />

da modello anche a molta economia legale.<br />

“Tratta” con tutti, e sempre ottiene<br />

qualcosa. Ma ha un punto debole: è molto<br />

vulnerabile alla mobilitazione popolare.<br />

Negli anni '90 è andata molto vicina ad<br />

essere sconfitta, e s’è salvata solo grazie<br />

alla “timidezza” dello Stato.<br />

Bisognerebbe:<br />

● Confiscare tutti i beni mafiosi o frutto<br />

di malversazione, di corruzione o di<br />

grande evasione fiscale;<br />

● Assegnarli alle cooperative di <strong>giovani</strong><br />

lavoratori, e sostenerle adeguatamente;<br />

anagrafe dei beni confiscati; sgravi fiscali<br />

ai commercianti che se ne fanno clienti;<br />

● Vigilare (comuni, regioni, assemblee<br />

cittadine) sull’applicazione;<br />

● Punire non ritualmente gli scambi politico-mafiosi<br />

(riforma 416ter).<br />

La mafia può essere non solo sconfitta,<br />

ma eliminata del tutto. A condizione di<br />

cominciare dai sedicenti “non mafiosi”<br />

(nelle imprese, nella politica, nello Stato)<br />

senza il cui aiuto e complicità non potrebbe<br />

sopravvivere un giorno.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 11<br />

OPERAI Era una parola nobile, adesso<br />

è schiavitù. La crisi economica non pesa<br />

perché gli operai “pretendono”, ma perché<br />

troppi imprenditori non sanno fare il loro<br />

mestiere (vediFiat) o portano tutto<br />

all’estero, alla faccia della (nostra) economia.<br />

Iniziative utili:<br />

●Applicare l’art.41 della Costituzione<br />

(“programmi e controlli opportuni perché<br />

l'attività economica pubblica e privata<br />

possa essere indirizzata e coordinata a<br />

fini sociali”);<br />

●Applicare l’art.42 della Costituzione<br />

(esproprio per motivi d'interesse generale)<br />

per sanzionare le delocalizzazioni, l’abuso<br />

di precariato e il mancato rispetto degli<br />

accordi di lavoro;<br />

● Separazione fra capitale finanziario e<br />

industriale; tetto alle partecipazioni finanziarie<br />

nell’editoria; Tobin tax;<br />

● Regolarizzare per legge i rapporti di<br />

lavoro di fatto;<br />

● Gestione pubblica dei servizi pubblici<br />

essenziali (scuola, università, difesa, acqua,<br />

energia, infrastrutture tecnologiche,<br />

credito internazionale); ristrutturazione<br />

della Rai su base pubblica; limite regionale<br />

per l’emittenza privata;<br />

● Progetto nazionale di messa in sicurezza<br />

del territorio, sul modello TVA, come<br />

volano economico soprattutto al Sud; divieto<br />

di ulteriori cementificazioni;<br />

● Responsabilità personale degli amministratori<br />

per il mancato uso di fondi;<br />

● Controllo del territorio nelle province<br />

ad alta intensità mafiosa.<br />

EUROPA L’Italia ormai è troppo piccola<br />

per risolvere da sola i suoi problemi:<br />

Cina, India, Giappone, Russia, l’America<br />

che raddoppia...<br />

Va bene, ma non abbiamo l’Europa per<br />

questo?<br />

Eh no che non ce l’abbiamo. L’Europa,<br />

fatta così, non ci appartiene: al massimo<br />

siamo utenti, non cittadini.<br />

Ma se provassimo a rifarla in un altro<br />

modo? Con più, come dicono i greci, più<br />

“dimokratìa”? E quindi con meno<br />

banchieri, per logica conseguenza.<br />

L’occasione ci sarebbe: nel <strong>2013</strong> in tre<br />

dei principali paesi europei (Francia,<br />

Germania, e noi) avremo con ogni<br />

probabilità tre governi di centrosinistra.<br />

Saranno tre altri governi delle banche?<br />

O possiamo provare a chiedergli qualcosa<br />

di meglio, a gran voce e tutti insieme?<br />

(1914 2014: fra poco è un secolo che l’Europa<br />

non c’è più)


www.isiciliani.it<br />

NoMuos/ Niscemi<br />

Fra botte e lividi<br />

la notte della verità<br />

“Oggi è il giorno dei lividi.<br />

Oggi è il giorno<br />

della vera lotta”.<br />

di Sara Spartà<br />

www.diecieventicinque.it<br />

Sono le parole a caldo di Elvira, attivista<br />

del No Muos Niscemi, dopo la notte<br />

dell’11 <strong>gennaio</strong>. Cinquanta giorni di<br />

presidio permanente per bloccare la<br />

gru che dovrebbe montare le parabole<br />

del terminale terrestre Muos, già in fase<br />

di completamento. Cinquanta, più o<br />

meno, come i ragazzi che quella notte si<br />

trovavano di fronte alla base per bloccare<br />

l’avanzata di sei camion Comina e<br />

di due gru partite da Belpasso.<br />

“La strategia adottata dalle forze<br />

dell’ordine per fare entrare quei convogli<br />

dentro la base si può paragonare tranquillamente<br />

ad una strategia militare. Erano<br />

circa quattrocento uomini fra carabinieri e<br />

polizia. Hanno bloccato tutte le vie di accesso<br />

al paese, impedendo così che altri<br />

attivisti No Muos dei paesi vicini<br />

potessero raggiungere la base. Ci siamo<br />

accorti che, per quanto cercassimo di contattare<br />

telefonicamente amici e parenti a<br />

Niscemi, era praticamente impossibile<br />

farlo. Per tutta la notte i cellulari non hanno<br />

funzionato, non c’era campo. È stato<br />

impossibile contattare chiunque. Questo,<br />

pensiamo, indubbiamente faceva parte<br />

della loro strategia".<br />

Una notte di resistenza che è sfociata in<br />

scontri con le forze dell’ordine. “Calci,<br />

pugni, qualche manganellata. C’eravamo<br />

sdraiati per terra in segno di protesta passiva<br />

ma pacifica. Io sono stata sollevata<br />

da quattro uomini che mi hanno presa per<br />

le gambe e per le braccia e mi hanno di<br />

peso allontanata dalla base, fino all’ordine<br />

del commissario di poggiarmi a terra. Ho<br />

temuto il peggio in quel momento”.<br />

Le forze dell’ordine, dal canto loro, parlano<br />

di "azioni di alleggerimento" e smentiscono<br />

qualsiasi azione violenta. Elvira<br />

ha un livido alla schiena, così come molti<br />

altri; e il ginocchio e il polso gonfi.<br />

“Azioni di alleggerimento”<br />

“O con le buone o con le cattive, noi<br />

stanotte dobbiamo entrare” queste sono le<br />

parole riportate dalle testimonianze dei ragazzi.<br />

Senza se e senza ma l’operazione<br />

doveva giungere al termine, così com'è<br />

stato. Evidentemente urge per gli americani<br />

ultimare i lavori che dovevano, secondo<br />

le previsioni iniziali del progetto, il<br />

Muos già in funzione oggi.<br />

L’alba non è stata delle migliori. Rammarico,<br />

sfiducia, delusione. Non si parla<br />

d'altro, dal barbiere, nella bottega, nelle<br />

piazze, per le strade. I ragazzi del liceo<br />

“Leonardo da Vinci” indicono un’assemblea<br />

straordinaria dove invitano alcune<br />

dei ragazzi coinvolti negli scontri.<br />

Ascoltano in silenzio, con i loro profes-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 12<br />

sori. “Il ricordo di quella notte non passerà<br />

tanto in fretta” commenta Fabio. Poi sta<br />

in silenzio per molto tempo, senza dire altro.<br />

“Non tocca a noi parlare, adesso,<br />

aspettiamo la risposta dai nostri politici<br />

che hanno permesso tutto questo”.<br />

Il presidente Crocetta e l’assessore Lo<br />

Bello si sono spesi per l’emanazione di un<br />

provvedimento per la sospensione dei lavori<br />

e la messa in mora dell’esercizio<br />

dell’impianto. Quindi un provvedimento<br />

che non revoca, ma sospende, cosa ben<br />

diversa che non sfugge ai comitati. Il presidente<br />

si mostra cauto, vorrebbe aspettare<br />

valutazioni sull'impatto sulla salute più sicure,<br />

come dall'Istituto superiore di sanità<br />

e dall'Agenzia regionale per la protezione<br />

dell'ambiente.<br />

La “politica” ha altro da fare...<br />

Non si percepisce lo stesso atteggiamento<br />

dalla ministra Cancellieri che<br />

invece si affretta a definire "d'importanza<br />

strategica militare" la struttura, sia per gli<br />

Usa che per le forze Nato e italiane. Anche<br />

se questo non risulta dai documenti<br />

ufficiali che ne attribuiscono invece l'uso<br />

esclusivo ai militari americani. Un'altra<br />

bella batosta per la Regione, che si vedrebbe<br />

così esautorata da ogni potere sulla<br />

zona. Fraa l'altro parliamo di una Regione<br />

a Statuto speciale, che potrebbe gestire in<br />

maniera diversa la situazione.<br />

Aspettando una risposta più decisa e<br />

convinta da parte della "politica", che forse<br />

ha la mente occupata o preoccupata per<br />

le prossime elezioni, il movimento sembra<br />

oggi più convinto che mai. Il 19 di questo<br />

mese è indetta una giornata dedicata alla<br />

sensibilizzazione al problema in tutte le<br />

maggiori città siciliane e non solo; il 30<br />

marzo la seconda manifestazione nazionale<br />

No Muos. E intanto tutta Italia si cerca<br />

di coordinarsi e di crescere. La notte del<br />

15 un alluvione improvviso ha distrutto la<br />

struttura del presidio. Ma tutti restano lo<br />

stesso là, fermi, a presidiare.


www.isiciliani.it<br />

Riforme<br />

“Privatizziamo<br />

lo Stato”<br />

Ma l'idea non è di Mr B.: già trent'anni fa<br />

un famoso "cavaliere dell'apocalisse mafiosa"<br />

aveva detto... di Antonio Roccuzzo<br />

L’idea di Mr B. è che lo Stato vada<br />

privatizzato. Sul palcoscenico di Santoro<br />

(10 <strong>gennaio</strong>) l'ha detto chiaro e<br />

tondo: “Nel prodotto interno non viene<br />

calcolato il sommerso”. Sommerso? Sì,<br />

l’evasione fiscale che “fa ricchezza nazionale”.<br />

Berlusconi parla per la prima volta di<br />

"moralità dell'evasione" in una conferenza<br />

stampa a Palazzo Chigi, il 17 febbraio<br />

di nove anni fa: ''Se si chiede una pressione<br />

del 50 per cento, ognuno si sentirà<br />

moralmente autorizzato ad evadere''. Il<br />

18 febbraio 2004, a “Radio anch’io”, torna<br />

sulla "giustificazione morale"<br />

dell'evasione, insita - a suo parere - nel<br />

"diritto naturale".<br />

“Tutti sono tenuti a concorrere alle<br />

spese pubbliche - dice la Costituzione,<br />

articolo 53 - in ragione della loro capacità<br />

contributiva”. Un articolo spazzato via<br />

dalle esternazioni di Mr B. In un dibattito<br />

pubblico impoverito, con un’informazione<br />

nell'angolo e una comunità civile senza<br />

orgoglio.<br />

Dove i fatti privati (economici, giudiziari<br />

e perfino i comportamenti sessuali)<br />

di Mr B sono stati al centro del voto del<br />

popolo sovrano, dell’attività degli organi<br />

di controllo giudiziario e di quelli che regolano<br />

i mercati, per non parlare<br />

dell’attività del Parlamento.<br />

A me questa storia della trasformazione<br />

di un dovere (o di un diritto) privato<br />

in oggetto di battaglia pubblica che torna<br />

ogni volta che il cavaliere va in scena, fa<br />

pensare ad alcune parole del cavaliere<br />

del lavoro catanese Mario Rendo, uno<br />

dei più grossi e controversi costruttori<br />

edili italiani degli anni Ottanta. Nella primavera<br />

'83, in un’intervista a "Repubblica"<br />

disse: “Perché non debbo occuparmi<br />

della nomina di un prefetto a Catania?<br />

Sono il primo contribuente qui e ho il diritto<br />

di farlo”.<br />

La Sicilia (e l'Italia) dell'83<br />

Il generale Dalla Chiesa era stato ucciso<br />

pochi mesi prima, dopo aver denunciato<br />

a Giorgio Bocca che “le quattro<br />

principale imprese catanesi, con il consenso<br />

della mafia, sono sbarcate a Palermo”.<br />

L’Italia scopriva che la mafia non<br />

era solo un problema di coppola e lupara<br />

e non riguardava solo i siciliani.<br />

Rendo era sotto inchiesta per una mega<br />

evasione fiscale: in un suo ufficio in<br />

Toscana erano state trovate delle “cartelline”<br />

in cui, con pressioni su tutti i partiti<br />

indistinamente, la sua impresa si occupava<br />

di incarichi pubblici, nomine di ministri,<br />

apparati dello Stato e appalti.<br />

Certo che il cittadino Rendo si poteva<br />

occupare pubblicamente della nomina di<br />

un prefetto: ma non se era indagato per<br />

truffa ai danni dello Stato e se erano in<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 13<br />

corso indagini su collusioni mafiose della<br />

sua impresa. Non con pressioni occulte e<br />

metodi illegali. Non nel fondato sospetto<br />

che quell’interessamento fosse legato a<br />

tentativi di "aggiustare" processi. Come<br />

poi fu dimostrato dal Csm e dal Ministero<br />

della Giustizia: un procuratore e un<br />

Pm – per questo trasferiti da Catania –<br />

postdatarono a penna i certificati di carichi<br />

penali pendenti sul cittadino Mario<br />

Rendo per permettergli di partecipare a<br />

gare d’appalto eludendo la legge Rognoni-La<br />

Torre.<br />

Fu il primo, forse il più clamoroso,<br />

caso di corruzione a palazzo di giustizia<br />

che la storia giudiziaria italiana ricordi.<br />

Perché ricordo quella vecchia storia su<br />

cui “i <strong>Siciliani</strong>” di Giuseppe Fava fece<br />

campagna? Cosa c’entrano le cartelline<br />

Rendo con le comparsate tv di Mr B.?<br />

Sono una piccola anteprima del dramma<br />

della nostra vita pubblica degli ultimi<br />

vent'anni.<br />

Essere il primo contribuente non concede<br />

più diritti. Pagare le tasse sul reddito<br />

non è una concessione da mecenati ma<br />

è un dovere civile. Pagare molte tasse<br />

non dà il diritto di contare di più. Di non<br />

farsi processare, di sviare i processi, di<br />

corrompere magistrati. Soprattutto se poi<br />

le tasse - alla Rendo - non le paghi tutte.<br />

Ecco perché anche in questa storia di<br />

Berlusconi che – ora, trent'anni dopo –<br />

giustifica l’evasione non c’è niente di<br />

personale. In questo intreccio di interessi<br />

pubblici e privati sta il dramma italiano.<br />

Giustificare i “fatti propri” facendoli diventare<br />

il problema centrale in vista di<br />

elezioni decisive per il futuro del Paese.<br />

Esattamente come accadde nella Sicilia<br />

di 30 anni fa.


www.isiciliani.it<br />

Milano/ La sentenza “Infinito”<br />

Mafia al Nord<br />

Il giorno della svolta<br />

Non passa un secondo<br />

dall'ultima parola del<br />

presidente dell'ottava<br />

sezione penale Maria<br />

Luisa Balzarotti che<br />

l'aula esplode in un<br />

boato di insulti. Si<br />

conclude così il maxiprocesso<br />

alla 'ndrangheta<br />

in Lombardia<br />

di Ester Castano<br />

www.stampoantimafioso.it<br />

I magistrati posano i fogli della sentenza<br />

sul banco, sollevano i faldoni,<br />

voltano le spalle ai presenti e lasciano<br />

l'aula: il loro lavoro, almeno per oggi,<br />

è terminato.<br />

La cinepresa si stacca e sposta l'obiettivo<br />

correndo velocemente verso la parte<br />

opposta della stanza: passa rapida sul<br />

volto del pubblico ministero Alessandra<br />

Dolci e gli uomini della scorta; sulle toghe<br />

nere degli avvocati, fra cordoni oro e<br />

argento; soffia sui taccuini dei giornalisti<br />

che improvvisamente si voltano incuriositi<br />

dal rumore e sale, sale lungo la gradinata<br />

circondata dalle sbarre: è lì che si<br />

agitano amici e parenti degli imputati.<br />

Da qui arriva il frastuono. Un grande e<br />

falso applauso - il suono del disprezzo -<br />

invade il bunker di piazza Filangieri.<br />

Ad essere processata a Milano è la<br />

'ndrangheta al Nord, l'associazione criminale<br />

di stampo mafioso nata in Calabria e<br />

capace di salire lo stivale fino a corrodere<br />

la capitale morale del Paese, la politica<br />

e le sue imprese. Quaranta le condanne<br />

di primo grado pronunciate giovedì 6 dicembre<br />

a conclusione del rito ordinario<br />

di Infinito, in un pomeriggio freddo e<br />

confuso di inizio inverno.<br />

Lombardissimi imprenditori...<br />

Pene da 3 ai 20 anni, risarcimenti fino<br />

a 1 milione e 200 mila euro. Un dirigente<br />

sanitario, un commercialista esperto in<br />

finanza, lombardissimi imprenditori del<br />

movimento terra con esperienza<br />

pluriennale nell'edilizia, carabinieri che<br />

indossano la divisa per proteggere i capi<br />

delle cosche; e poi: carpentieri,<br />

padroncini, autotrasportatori, trafficanti<br />

d'armi in pensione, rivenditori di<br />

automobili.<br />

Un mondo stratificato, quasi dantesco,<br />

differente al suo interno per ambiente<br />

culturale, classe sociale e linguaggio. C'è<br />

chi ha studiato e ha un lavoro ottimamente<br />

retribuito, come Carlo Antonio<br />

Chiriaco, odontoiatra amico dei politici<br />

ed ex vertice dell'Asl di Pavia, condannato<br />

a tredici anni.<br />

C'è chi ha distrutto per sempre la solida<br />

impresa di famiglia che nel comasco<br />

dava lavoro a molte persone, mettendola<br />

irrimediabilmente nelle mani delle cosche<br />

in cambio di fallaci vantaggi: una<br />

vita sopra la media, feste e auto di grossa<br />

cilindrata. E' il caso di Ivano Perego,<br />

lombardissimo titolare della Perego General<br />

Contractor.<br />

Gli anziani genitori di Ivano li si distingue<br />

subito, fra il pubblico presente in<br />

aula che muove convulsamente braccia e<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 14<br />

mani: composti nel vestire, biondi, “nordici”<br />

nello sguardo e nel pallore del viso,<br />

si isolano dai parenti degli altri imputati<br />

dai vestiti griffati e sberluccicanti con cui<br />

pensano di avere poco in comune.<br />

Ma la Lombardia non è mai stata più<br />

Sud di oggi, e la conseguenza è di fronte<br />

ai loro occhi: il figlio si assomma le colpe<br />

di un'intera generazione di negazionisti<br />

opportunisti che per decenni hanno<br />

sminuito il problema infiltrazione, ed è<br />

condannato a 12 anni per partecipazione<br />

in associazione mafiosa per aver appoggiato<br />

il boss di Seregno Salvatore Strangio<br />

nei suoi affari, fra cui la corsa agli<br />

appalti rhodensi di Expo 2015. Condannato<br />

a 10 anni e 10 mesi Cesare Rossi,<br />

70enne originario di Tropea e residente a<br />

Nerviano in provincia di Milano, piccola<br />

cittadina di 18mila abitanti bagnata<br />

dall'Olona.<br />

Un mondo quasi dantesco<br />

Qui, nel magazzino del signor Rossi,<br />

uomo distinto, capelli bianchi e baffo curato,<br />

si sono svolti importanti summit di<br />

'ndrangheta. Gli affiliati sfruttavano la tipica<br />

tradizione calabrese della macellazione<br />

del maiale per potersi incontrare in<br />

gran numero fra compaesani senza destare<br />

particolari sospetti fra gli autoctoni<br />

lùmbard.<br />

"Razzisti, bastardi, pezzi di merda: siete<br />

voi i mafiosi": anche i condannati, da<br />

dentro le gabbie, non risparmiano frasi<br />

ingiuriose contro la magistratura e i giornalisti<br />

presenti in aula. "Si costituisce<br />

parte civile, ma è la Regione Lombardia<br />

ad essere mafiosa, Formigoni è mafioso,<br />

questa è l'Italia!". Una donna bruna e minuta<br />

si accascia per terra: è Angelica Riggio,<br />

la giovane fidanzata del sessantasettenne<br />

Pio Domenico.


Si dimena sul pavimento, grida, piange.<br />

Lui, condannato a 16 anni di carcere,<br />

responsabile delle estorsioni di Desio,<br />

comune lombardo della provincia di<br />

Monza e Brianza; lei, condannata a 6<br />

anni e 6 mesi, complice e vicaria degli<br />

affari dell'amante 'Mimmo'.<br />

“Infinito” è lo specchio di quella parte<br />

di società lombarda in cui la politica<br />

dell'arrivismo si è intrecciata ad un'economia<br />

criminale nel più indifferente silenzio<br />

delle Istituzioni, mietendo sul proprio<br />

cammino vittime di racket e usura,<br />

aziende fallite e persone costrette dal timore<br />

a versare reverenzialmente i propri<br />

soldi nelle casse della 'ndrangheta. “Massoneria<br />

dei poveri” la definisce l'avvocato<br />

tributarista Pino Neri che nell'ottobre<br />

2009 partecipa al tristemente celebre<br />

summit di Paderno Dugnano organizzato<br />

al circolo Arci Falcone e Borsellino.<br />

Politica ed economia criminale<br />

Sotto il quadro che ritrae i due magistrati,<br />

Neri prende le redini dell'associazione<br />

criminale riconfermando la stretta<br />

dipendenza dagli affiliati operanti in<br />

Lombardia alla casa madre, conferma necessaria<br />

dopo dell'uccisione del boss secessionista<br />

Carmelo Novella morto sparato<br />

un anno prima a San Vittore Olona.<br />

Per Neri, laureato a Pavia con una tesi<br />

sulla 'ndrangheta e condannato oggi a 18<br />

anni di carcere, è tutta una questione di<br />

folclore. Ma quali summit e summit: solo<br />

mangiate tra meridionali migrati al settentrione,<br />

soppressata piccante e vino<br />

buono. Minacce e concorrenza sleale fra<br />

le imprese edili? Macchè, è un'idea tutta<br />

dei polentoni visionari: “fra calabresi ci<br />

si conosce tutti e ci si aiuta sempre”.<br />

www.isiciliani.it<br />

Società<br />

Donne di<br />

'ndrangheta<br />

Boss nell'ombra<br />

Donne che condannano<br />

a morte altre donne.<br />

Madri, sorelle e figlie<br />

che progettano lo sterminio<br />

di intere famiglie<br />

di Vittoria Smaldone<br />

Nel villone in stile Scarface del boss<br />

latitante Michele Bellocco, arrestato a<br />

novembre dello scorso anno<br />

nell’ambito dell’inchiesta “Blue<br />

Call”sulle infiltrazioni della<br />

‘ndrangheta nei call center milanesi,<br />

sono stati rivenuti dei dipinti di donne<br />

che imbracciano dei mitra. Probabilmente<br />

un omaggio alle donne<br />

d’onore della 'ndrangheta.<br />

La ‘ndrangheta è l’unica mafia ad avere<br />

un carica sociale riservata alle donne,<br />

“la sorella di omertà”. E’prevista un’affiliazione<br />

al femminile che diventa automatica<br />

nel caso in cui si nasca in una famiglia<br />

‘ndranghetista. Altrimenti è necessario<br />

dimostrare la propria affidabilità<br />

per potervi accedere. Senza peraltro aspirare<br />

a far carriera.<br />

La donna di solito coadiuva l’uomo<br />

nelle attività illecite, supporta l’organizzazione<br />

e apparentemente non svolge<br />

funzioni di comando o comunque fondamentali<br />

alla vita della cosca. Ma agisce<br />

nell’ombra. Conserva la memoria. Educa<br />

i figli alla cultura mafiosa e tiene in vita<br />

la sua ‘ndrina tutelandone l’onore. E’la<br />

donna che alimenta la vendetta serbando<br />

nel cuore i morti e pretendendo che il<br />

sangue venga lavato con altro sangue.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 15<br />

Gli elementi emersi dall’operazione<br />

“Blue Call”, condotta dalla squadra mobile<br />

di Reggio Calabria e coordinata dalla<br />

Dda reggina in collegamento con le<br />

procure di Palmi, Milano e con la procura<br />

federale svizzera, confermano che il<br />

ruolo della donna nella ‘ndrangheta non<br />

è affatto marginale e soprattutto che le<br />

donne sono spietate quanto i loro uomini<br />

e non fanno sconti a nessuno.<br />

In un’intercettazione telefonica, Maria<br />

Teresa D’Agostino, madre di Umberto<br />

Bellocco, rampollo della potente cosca di<br />

Rosarno al centro dell’indagine, discute<br />

col figlio di una probabile faida che vedrebbe<br />

contrapposta la loro famiglia a<br />

quella dei Pesce, storici alleati della cosca.<br />

Sono stati uccisi due affiliati al clan<br />

e i sospetti ricadono sul clan amico. Si<br />

paventa l’inizio di una faida, tanto più<br />

che il giovane Bellocco, piccato, afferma:<br />

”Rosarno è nostro e deve essere per<br />

sempre nostro sennò non è di nessuno”.<br />

La madre replica:“Una volta che<br />

partiamo, partiamo tutti, una volta che<br />

siamo inguaiati, ci inguaiamo tutti…<br />

dopo, o loro o noi, vediamo chi vince la<br />

guerra, dopo… pure ai minorenni… Pari<br />

pari, a chi ha colpa e a chi non ha colpa,<br />

non mi interessa niente…e femmine”.<br />

La miccia della vendetta<br />

Ad innescare la miccia della vendetta è<br />

la donna che insinua nel figlio propositi<br />

funesti. Lei l’ha educato e l’ha cresciuto<br />

secondo i dettami della mafia. E sarà<br />

sempre lei, la madre, a decretare la sua<br />

sposa. Nella ‘ndrangheta, spesso, i matrimoni<br />

vengono utilizzati per stipulare delle<br />

alleanze più forti o per ricomporre delle<br />

faide. Ma non sempre i figli recepiscono<br />

l’insegnamento delle proprie madri e<br />

accade che, soprattutto se crescono in<br />

luoghi diversi dalla terra d’origine, si<br />

emancipino e vogliano addirittura<br />

rispettare le leggi.


www.isiciliani.it<br />

“La ribellione non è tollerata. Lo imparano sin da piccole.<br />

Non appartengono a loro stesse bensì alla famiglia. E’ la ‘ndrina<br />

che governa le loro vita. E per i figli valgono le stesse regole...”<br />

Saveria Strangio, appartenente ad una<br />

delle più antiche famiglie di ‘ndrangheta<br />

di San Luca, rimproverò i suoi figli, milanesi<br />

d’adozione, perché avevano osato<br />

pagare le bollette. “Ma siete pazzi?<br />

Come sarebbe a dire che avete pagato le<br />

bollette? Io non vi ho educato per farvi<br />

spendere soldi per l’acqua e la luce”. I<br />

ragazzi provarono a spiegare alla madre<br />

che non vivevano più in Calabria ma in<br />

Lombardia e che le bollette andavano pagate,<br />

ma la donna non voleva sentir ragioni.<br />

“Il tuo Stato è la 'ndrina!”<br />

Le microspie sparse in casa di uno dei<br />

due figli seguitarono a raccogliere l’indignazione<br />

di Saveria. Pagare le bollette o<br />

le tasse, dare soldi allo stato, ad enti che<br />

erogano dei servizi, è impensabile in una<br />

logica mafiosa. La ribellione poi non è<br />

tollerata. Le donne lo sanno perché lo<br />

imparano sin da piccole. Loro non appartengono<br />

a loro stesse bensì alla famiglia.<br />

E’la ‘ndrina che governa le loro vite e<br />

per i figli valgono le stesse regole.<br />

Nessuno può liberarsi dai tentacoli della<br />

‘ndrangheta. La famiglia controlla persino<br />

i matrimoni. Merce di scambio, istituzione<br />

di potere, da contrarre solo ed<br />

esclusivamente con i cognomi amici per<br />

mera utilità. Una donna di ‘ndrangheta,<br />

ormai radicata al nord, confida ad<br />

un’altra di aver ostacolato il rapporto<br />

sentimentale del proprio figlio con una<br />

ragazza del Nord. Sacrilegio.<br />

Le unioni le stabilisce la ‘ndrina. E se,<br />

come in questo caso, il boss-padre in carcere<br />

ha dato ordine a sua moglie che il figlio<br />

dovrà sposare un determinata fanciulla<br />

di buona famiglia mafiosa, l’altro<br />

matrimonio non s’ha da fare.<br />

Le donne entrano con facilità in carcere,<br />

prendono ordini dai loro compagni e<br />

mandano avanti gli affari nei periodi di<br />

detenzione dei boss. Le donne di ‘ndran-<br />

gheta sono al corrente dei traffici e dei<br />

business del clan e partecipano in prima<br />

persona alle attività. Lo dimostrano le<br />

conversazioni telematiche delle sorelle di<br />

Giovanni Strangio, condannato in primo<br />

grado all’ergastolo con l’accusa di essere<br />

stato l’organizzatore e esecutore<br />

materiale della strage di Duisburg (15<br />

agosto 2007).<br />

Teresa e Angela avevano creato dei<br />

nickname per comunicare sul web. Parlavano<br />

di armi, droga e facevano spesso riferimento<br />

all’episodio di Duisburg e al<br />

coinvolgimento del cognato Giuseppe<br />

Nirta, altro presunto autore della strage.<br />

Dagli atti dell’indagine Fehida III, in<br />

seguito alla quale le due sono finite in<br />

carcere insieme con l’altra sorella, Aurelia<br />

Strangio, moglie di Nirta, apprendiamo<br />

che le due signore nel 2008 si trovavano<br />

nel sobborgo di Amsterdam, dove<br />

poi verranno acciuffati sia Giuseppe Nirta<br />

che Giovanni Strangio. Teresa, moglie<br />

Franco Romeo finito in manette nella capitale<br />

olandese insieme con i cognati, risulta<br />

essere la reale proprietaria di due<br />

pizzerie a Kaarst, intestate al fratello.<br />

A volte la 'ndrangheta è donna<br />

La ‘ndrangheta che investe il denaro<br />

sporco a volte indossa la gonna. Le donne<br />

di ‘ndrangheta finiscono in carcere e<br />

sanno, se vogliono, come uscirne. Sono<br />

maestre nel depistare, fanno attenzione a<br />

cosa dicono in casa o al telefono. Sanno<br />

di essere ascoltate e inventano linguaggi<br />

cifrati. Gli inquirenti, indagando sul narcotraffico<br />

di alcuni clan ‘ndranghetisti<br />

nel 2007, si erano convinti che appartenesse<br />

ad una donna l’idea di dare dei<br />

nomi femminili ai paesi destinatari dello<br />

stupefacente.<br />

Le donne di ‘ndrangheta non sono affatto<br />

delle ingenue o delle sprovvedute.<br />

Sanno sempre come muoversi e come<br />

comunicare. Se è necessario, scendono<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 16<br />

persino in piazza per chiedere giustizia.<br />

Le signore Strangio parteciparono ad<br />

una manifestazione antimafia per sostenere<br />

l’innocenza del fratello Giovanni,<br />

allora latitante. Dicono di essere brave<br />

persone. Poveri abitanti di paesino di<br />

montagna dimenticato dal sole. Vivono<br />

in case apparentemente modeste. Di solito<br />

incompiute, non intonacate, con i mattoni<br />

a vista. Ma poi si scopre che il loro<br />

tenore di vita è altissimo, basta varcare<br />

l’uscio per immergersi nel lusso.<br />

Nel cuore dell'Aspromonte<br />

Le donne in ombra, le donne vestite di<br />

nero, “col lutto di sempre” canterebbe<br />

Rino Gaetano, il 1 settembre si ritrovano<br />

a Polsi, nel cuore dell’Aspromonte, al<br />

cospetto di un’altra donna, la Madonna<br />

della Montagna, che per molti è diventata<br />

la madonna della ‘ndrangheta perché, secondo<br />

gli inquirenti, durante la sua festa,<br />

si svolgerebbe la riunione annuale dei<br />

massimi esponenti della ‘ndrangheta,<br />

compresi nella “Provincia”, il vertice<br />

della mafia calabrese.<br />

Vengono dal Nord Italia, dal Canada,<br />

dall’Australia e dalla Germania e si riuniscono<br />

nei dintorni del piccolo santuario<br />

in pietra incastonato nella roccia. Protetti<br />

dalla natura, gli ‘ndranghetisti informano<br />

il capo crimine, considerato la massima<br />

autorità del sodalizio, su quanto accade<br />

nei loro territori. Comunicano il numero<br />

di affiliati, se c’è una faida in atto da far<br />

rientrare, e chiedono consiglio sulle decisioni<br />

da prendere nel corso dell’anno.<br />

Gli uomini si riuniscono in gran segreto,<br />

mentre le loro donne pregano in ginocchio<br />

davanti all’effigie della Madonna.<br />

Una donna ruvida con i tratti del volto<br />

contratti le guarda dall’alto della sua<br />

nicchia scavata nella roccia, una madre<br />

accoglie, suo malgrado, altre madri dai<br />

cuori oscuri, boss nell’ombra.


www.isiciliani.it<br />

accadrà ieri REWIND FORWARD accadde domani<br />

a cura di Francesco Feola<br />

Ormai rubano<br />

PURE IL BAMBINELLO...<br />

Nella notte tra il 4 e il 5 <strong>gennaio</strong> viene<br />

sottratto il bambinello dal presepe allestito<br />

in piazza Sant’Oronzo, nel cuore<br />

di Lecce. Nel 2010 era toccato alla statua<br />

della Madonna, mentre nel 2007 ad<br />

uno dei Re Magi. Fino a questo momento<br />

le ricerche non hanno dato alcun<br />

esito.<br />

Raddoppiano<br />

I CITTADINI ONESTI A BARI<br />

Il 9 vengono resi noti gli interventi<br />

compiuti dalla Guardia di Finanza di<br />

Bari nel corso del 2012. Sono quasi<br />

raddoppiate le segnalazioni fatte dai cittadini<br />

in merito a reati di natura fiscale,<br />

come la mancata emissione dello scontrino<br />

da parte dei negozianti e gli affitti<br />

in nero.<br />

“Manager<br />

CONTENTATEVI”<br />

Il 10 la Banca Cantonale di Glarona, in<br />

Svizzera, annuncia che dal 2014 i suoi<br />

top manager non potranno guadagnare<br />

più di 10 dei loro dipendenti con il salario<br />

più basso. E intanto anche a livello<br />

federale si preparano iniziative di legge<br />

per mettere un tetto agli stipendi dei<br />

manager.<br />

C'est tojours<br />

LA VILLE LUMIERE<br />

Il 13 diverse centinaia di migliaia di<br />

persone sfilano per le vie di Parigi per<br />

protestare contro la legge sui matrimoni<br />

tra persone dello stesso sesso. Promessa<br />

da Hollande in campagna elettorale, la<br />

legge comincerà il suo cammino parlamentare<br />

il 29 <strong>gennaio</strong>.<br />

Femministe<br />

A SAN PIETRO<br />

Nelle stesse ore in piazza San Pietro a<br />

Roma quattro attiviste del gruppo femminista<br />

ucraino Femen manifestano a<br />

favore dei diritti degli omosessuali durante<br />

l’Angelus del Papa. Le quattro<br />

donne, che sulle schiene nude mostravano<br />

la scritta “In gay we trust”, sono<br />

state poi fermate dai carabinieri.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 17<br />

La lingua<br />

DI ANA<br />

Il 13 febbraio, a Firenze, presso l'Istituto<br />

storico della Resistenza (via G. Carducci<br />

5) si presenta La lingua di Ana<br />

(Infinito edizioni), un romanzo di Elvira<br />

Mujčić che racconta la storia di<br />

un’adolescente moldava in Italia e dei<br />

suoi sforzi per integrarsi.<br />

www.infinitoedizioni.it<br />

Palestina<br />

per principianti<br />

Il 15 febbraio a Roma, presso il Cinema<br />

Detour (Via Urbana 107), si terrà il secondo<br />

Palestina per principianti, una<br />

rassegna di film e documentari a cura<br />

della Rete romana di solidarietà con la<br />

Palestina. Il programma prevede alle<br />

ore 20.30 il videoreportage "Voi non<br />

potete non sapere", di Nandino Capovila,<br />

e alle 21.00 il film-documentario<br />

“OCCUPATION”, di Sufyan e Abdallah<br />

Omeish, che racconta la vita sotto il<br />

controllo militare e analizza gli elementi<br />

che ostacolano il raggiungimento di<br />

una pace duratura e giusta.<br />

Corso di diritto<br />

DELL'IMMIGRAZIONE<br />

Il 25 febbraio chiudono i termini per le<br />

iscrizioni al corso di specializzazione in<br />

Diritto dell'immigrazione e riconoscimento<br />

della protezione internazionale,<br />

un corso organizzato dall'associazione<br />

Jus&Nomos con la collaborazione<br />

dell’Alto commissariato delle Nazioni<br />

Unite per i Rifugiati, del Consiglio Italiano<br />

Rifugiati e di altre organizzazioni<br />

attive nella tutela dei diritti umani. Il<br />

corso si terrà a Roma, presso la sede<br />

dell'Unicef (via Palestro 68).<br />

segreteria@iusnomos.eu


www.isiciliani.it<br />

IL CASO CATTAFI<br />

Mafia-Stato<br />

La trattativa<br />

continua ora<br />

Trattative per evitare attentati, trattative per difendere il potere politico,<br />

trattative per instaurarne uno nuovo. Difficile, in tutti questi anni,<br />

distinguere fra chi – fra gli uomini dello Stato – trattò “a fin di bene” e chi<br />

per fini eversivi. Comunque le trattative ci furono – e questo ormai non lo<br />

nega più nessuno – e uno dei principali “ambasciatori” fu il boss dei boss<br />

messinese, Rosario Cattafi. Che adesso sta continuando a “trattare”,<br />

riempiendo cartelle su cartelle... di Antonio Mazzeo<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 18


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“Nonostante i “non ricordo” di ministri e presidenti...”<br />

Un immenso cratere in autostrada, allo<br />

svincolo per Capaci. Il gran botto in via<br />

d’Amelio, carcasse d’auto e corpi straziati.<br />

Poi le bombe e le stragi a Roma, Firenze,<br />

Milano. L’offensiva mafiosa, la sapiente<br />

direzione strategica delle centrali<br />

del terrore. E la trattativa degli apparati<br />

infedeli dello Stato. Sino alla capitolazione:<br />

la seconda repubblica di matrice neoliberista,<br />

i nuovi interlocutori politici<br />

all’ombra del biscione, il colpo di spugna<br />

sul carcere duro per boss e gregari.<br />

Vent’anni di segreti e veleni, una tragedia<br />

infinita su cui indagano senza sosta tre<br />

Procure. Per inchiodare i mandanti dal<br />

volto coperto, esecutori e protettori, spie e<br />

doppiogiochisti. Nonostante i “non ricordo”<br />

di ex ministri e presidenti.<br />

Fra Stato e Antistato<br />

Sui presunti registi e intermediari della<br />

trattativa tra Stato e Antistato girano nomi<br />

eccellenti. Alcuni sono deceduti e non potranno<br />

fornire chiarimenti né difendersi. I<br />

Pm di Palermo nutrono forti sospetti<br />

sull’allora capo della polizia Vincenzo Parisi.<br />

E sull’alto dirigente del Sisde, il servizio<br />

segreto civile, Bruno Contrada.<br />

Nella black list c’è pure l’ex capo dei<br />

Ros dei Carabinieri e direttore del Sisde,<br />

Mario Mori. O l’ex ministro Calogero<br />

Mannino che, secondo gli inquirenti,<br />

avrebbe esercitato “indebite pressioni finalizzate<br />

a condizionare in senso favorevole<br />

a detenuti mafiosi la concreta applicazione<br />

del 41bis”: nel novembre ’93 fu<br />

deciso di non rinnovare il carcere duro a<br />

326 mafiosi, 45 dei quali ai vertici di<br />

Cosa nostra, ‘Ndrangheta, Camorra e Sacra<br />

corona unita.<br />

Gli inquirenti ipotizzano che tra i consiglieri<br />

dell’ammorbidimento del regime<br />

detentivo nei confronti della criminalità<br />

organizzata ci fosse l’allora vicecapo del<br />

Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria<br />

(Dap) Francesco Di Maggio, il<br />

magistrato tutto d’un pezzo scomparso<br />

prematuramente nel 1996, noto per<br />

l’inchiesta sulla scalata criminale di Angelo<br />

Epaminonda “il Tebano”, il re delle<br />

bische e della droga di Milano, convertito<br />

in collaboratore di giustizia.<br />

Dopo un breve e travagliato periodo<br />

all’Alto commissariato antimafia, Di<br />

Maggio aveva preferito trasferirsi a Vienna<br />

per fare da consulente giuridico<br />

dell’agenzia antidroga delle Nazioni Unite.<br />

Poi inaspettatamente, nel ’93, veniva<br />

chiamato a Roma per assumere l’incarico<br />

di supervisore delle carceri italiane. Ciò<br />

ha insospettito i Pm palermitani: non<br />

aveva alcuna competenza specifica per<br />

quel ruolo, non era magistrato di corte<br />

d’appello, titolo richiesto dalla legge. Per<br />

aggirare l’ostacolo fu nominato<br />

consigliere di Stato.<br />

Chi e perché lo volle alla guida del<br />

Dap? “L’ho scelto io”, ha spiegato Conso.<br />

“Era una persona che andava un po’ in televisione,<br />

quindi era combattivo, attivo,<br />

era un esternatore e mi era parso molto efficace”.<br />

Di diverso parere l’allora capo<br />

del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria,<br />

Adalberto Capriotti: “Ebbi<br />

l’impressione che a Conso, a sua volta, Di<br />

Maggio gli fu imposto”. I rapporti tra il<br />

guardasigilli e il magistrato erano<br />

tutt’altro che idilliaci. “Una volta ho assistito<br />

a una violentissima lite tra i due”, ha<br />

aggiunto. “Mi misi di mezzo perché Di<br />

Maggio, oltre a dargli del tu, insultava<br />

Conso e io non potevo permetterlo…”.<br />

La nota di Capriotti<br />

Il 29 ottobre 1993 Capriotti aveva sottoscritto<br />

una nota in cui si chiedeva a diverse<br />

autorità istituzionali un parere<br />

sull’eventuale proroga del 41bis a oltre<br />

trecento detenuti “per creare un clima positivo<br />

di distensione nelle carceri”, spiegava<br />

il capo del Dap. La nota fu poi consegnata<br />

a Conso dall’allora capo di gabinetto<br />

del ministero, Livia Pomodoro, odierna<br />

presidente del Tribunale di Milano. “Il<br />

ministro mi diede la direttiva di attendere<br />

ulteriori aggiornamenti, che avrebbero dovuto<br />

essere forniti dal vicecapo Di Maggio”,<br />

racconta Pomodoro. Nessuno però è<br />

in grado di ricordare cosa poi veramente<br />

accadde e quale fu davvero il ruolo del<br />

magistrato richiamato da Vienna.<br />

Quello stesso Di Maggio che in<br />

un’intervista in piena stagione terroristica<br />

si era dichiarato “decisamente a favore”<br />

del carcere duro per i mafiosi. “Era ritenuto<br />

un forcaiolo al Dap perché voleva mantenere<br />

il 41bis, ma riteneva che la sua linea<br />

fosse disattesa dal Ministero degli Interni”,<br />

ha rivendicato il fratello, Salvatore<br />

Di Maggio, all’udienza del processo che<br />

vede imputati il generale Mario Mori e il<br />

colonnello Mauro Obinu per favoreggiamento<br />

aggravato a Cosa nostra dopo la<br />

mancata cattura del superboss Bernardo<br />

Provenzano nel 1995.<br />

A rendere più fitto il mistero è spuntato<br />

un vecchio verbale d’interrogatorio<br />

dell’ispettore della polizia penitenziaria,<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 19<br />

Nicola Cristella, che fa il punto sulle frequentazioni<br />

di allora di Francesco Di<br />

Maggio. Cristella avrebbe dichiarato che,<br />

nell’estate delle bombe del ’93, il magistrato<br />

era solito cenare con il giornalista<br />

Guglielmo Sasinini, poi finito sotto inchiesta<br />

per i dossier illegali di Telecom,<br />

l’immancabile generale-prefetto Mori e il<br />

colonnello dei carabinieri Umberto Bonaventura,<br />

morto nel 2002 per arresto cardiocircolatorio.<br />

Figlio del capocentro del<br />

Sifar a Palermo fra la fine degli anni ’60 e<br />

l’inizio degli anni ’70, Bonaventura era<br />

stato prima membro dei nuclei antiterrorismo<br />

del generale Dalla Chiesa, poi capo<br />

della 1.a divisione del Sismi, il servizio<br />

segreto militare subentrato al Sifar. Cene<br />

sospette. Inopportune. Inquietanti.<br />

Quasi a confermare la relazione privilegiata<br />

tra Mario Mori e il giudice Di Maggio<br />

un’annotazione nell’agenda personale<br />

del militare, alla data del 27 luglio 1993,<br />

vigilia della notte in cui esplosero tre autobombe,<br />

la prima a Milano e le altre due<br />

a Roma, a San Giovanni in Laterano e davanti<br />

alla chiesa di San Giorgio al Velabro.<br />

“Per prob. detenuti mafiosi” c’è scritto<br />

in riferimento ad un appuntamento fissato<br />

quel giorno con Di Maggio.<br />

La notte delle autobombe<br />

Stranamente, cinque mesi prima, la<br />

mattina del 27 febbraio, presso la Sezione<br />

Anticrimine di Roma, Mori aveva incontrato<br />

il magistrato (ancora consulente<br />

dell’agenzia antidroga dell’Onu) per discutere<br />

sull’omicidio del giornalista de La<br />

Sicilia Beppe Alfano, assassinato dalla<br />

mafia l’8 <strong>gennaio</strong> 1993 a Barcellona Pozzo<br />

di Gotto.<br />

E da quanto accertato dal Pm di Firenze,<br />

Gabriele Chelazzi, recentemente<br />

scomparso, Di Maggio e Mori s’incontrarono<br />

nuovamente il successivo 22 ottobre,<br />

congiuntamente all’allora colonnello<br />

Giampaolo Ganzer, poi comandante del<br />

Ros, condannato il 12 luglio 2010 dal Tribunale<br />

di Milano a quattordici anni di reclusione<br />

e 65 mila euro di multa per traffico<br />

di stupefacenti, falso e peculato.<br />

Come Alfano, anche Francesco Di Maggio<br />

era originario di Barcellona, il maggiore<br />

centro tirrenico della provincia di<br />

Messina. E barcellonesi sono pure alcuni<br />

dei padrini in odor di massoneria e servizi<br />

segreti entrati a pieno titolo nelle cronache<br />

nere italiane di quegli anni o certi<br />

strani garanti dell’impunità e del depistaggio<br />

istituzionale. Mere coincidenze, forse.


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“In logge e para-logge s'incontravano notabili e mafiosi”<br />

Ma a Barcellona convergono e s’incrociano<br />

più di un filo investigativo, troppi<br />

attori, programmi eversivi, esplosivi e telecomandi.<br />

La città è crocevia di poteri<br />

più o meno occulti, laboratorio sperimentale<br />

per le alleanze della seconda repubblica,<br />

centro strategico di traffici di droga<br />

ed armi, eldorado delle ecomafie, pontecerniera<br />

tra organizzazioni criminali siciliane,<br />

‘ndrangheta, camorra ed estrema<br />

destra. Un paradiso dorato per i latitanti di<br />

primo livello, come Bernando Provenzano,<br />

Pietro Aglieri e Benedetto Santapaola.<br />

Una Corleone del XXI secolo<br />

Una Corleone del XXI secolo dove<br />

campieri, ex vivaisti e piccoli allevatori<br />

semianalfabeti hanno imposto il proprio<br />

dominio agli eredi di una borghesia locale<br />

consociativa e parassitaria. Una colonia di<br />

cosche efferate, sanguinarie, predatrici. I<br />

vincitori e i perdenti di una guerra che negli<br />

anni ’80 ha lasciato sul campo un centinaio<br />

di morti e una decina di desaparecidos.<br />

Omicidi brutali, corpi arsi vivi nei<br />

greti dei torrenti, minorenni torturati e<br />

sgozzati, arti mozzati. Il devastante saccheggio<br />

delle risorse di un territorio unico<br />

per bellezze e tradizioni; la capacità<br />

d’infiltrazione in ogni livello delle istituzioni.<br />

Mafia finanziaria e imprenditrice, onnipresente<br />

nella gestione delle opere pubbliche<br />

e private, dai lavori ferroviari e autostradali<br />

sulla Messina-Palermo alla discarica<br />

a cielo aperto di rifiuti di Mazzarrà<br />

Sant’Andrea, una delle più grandi del<br />

Mezzogiorno d’Italia, ai complessi turistici<br />

del golfo di Tindari e di Milazzo. E la<br />

bramosia d’impossessarsi del padre di tutte<br />

le Grandi infrastrutture, il Ponte sullo<br />

Stretto.<br />

Per lungo tempo le fittissime rete di relazioni<br />

e contiguità trasversali si sono tessute<br />

all’interno delle logge massoniche<br />

più o meno spurie e nel “circolo<br />

culturale” Corda Fratres, l’officina che ha<br />

forgiato l’élite politica, sociale, economica<br />

e amministrativa locale. Della Fédération<br />

Internationale des Etudiants Corda<br />

Fratres Consulat de Barcellona (questo il<br />

nome ufficiale) sono stati soci e dirigenti<br />

giudici, avvocati, insigni giuristi, poeti,<br />

scrittori, artisti, giornalisti, diplomatici,<br />

militari, liberi professionisti, parlamentari,<br />

sindaci, consiglieri provinciali e comunali.<br />

E un buon numero di frammassoni. Su<br />

36 iscritti nel 1994 alla loggia Fratelli<br />

Bandiera del Grande Oriente d’Italia, ben<br />

14 erano soci Corda Fratres.<br />

Tra i cordafratrini “onorari” pure due<br />

uomini di vertice dei Carabinieri, i generali<br />

Sergio Siracusa (già direttore del Sismi<br />

ed ex comandante dell’Arma) e Giuseppe<br />

Siracusano (tessera n. 1607 della<br />

P2), indicato dalla relazione di minoranza<br />

dell’on. Massimo Teodori sulla superloggia<br />

atlantica come “fedelissimo di Gelli<br />

da antica data”.<br />

Stelle di prima grandezza del panorama<br />

politico-culturale nazionale i partecipanti<br />

ai convegni della Corda. Compreso il vicecapo<br />

Dap Francesco Di Maggio, relatore<br />

all’incontro su Principio di legalità e<br />

carcerazione preventiva, anno 1994.<br />

Gullotti e la Corda Frates<br />

Nel circolo di Barcellona si contano<br />

pure presenze e frequentazioni perlomeno<br />

imbarazzanti. Come quella del mafioso<br />

Giuseppe Gullotti, condannato in via definitiva<br />

quale mandante dell’omicidio di<br />

Beppe Alfano. Gullotti è stato membro<br />

del direttivo di Corda Fratres nel 1989 e<br />

socio fino all’autunno del 1993, quando<br />

fu “allontanato” a seguito dei pesanti rilievi<br />

fatti dalla Commissione parlamentare<br />

antimafia in visita nella città del Longano.<br />

“Venne ordinato uomo d’onore nel<br />

1991, per intercessione del vecchio boss<br />

di San Mauro Castelverde, Giuseppe Farinella”,<br />

ha raccontato Giovanni Brusca.<br />

“Sempre il Gullotti si sarebbe dovuto occupare<br />

di reperire l’esplosivo necessario<br />

per l’attentato che venne progettato tra il<br />

’92 e il ’93 contro il leader del Partito socialista<br />

Claudio Martelli, attraverso l’interessamento<br />

e la mediazione del clan di<br />

Nitto Santapaola”.<br />

“Il telecomando me lo dette Gullotti”<br />

Deponendo al processo Mare Nostrum<br />

contro le cosche della provincia di Messina,<br />

lo stesso Brusca ha dichiarato che il<br />

telecomando da lui adoperato per la realizzazione<br />

della strage di Capaci, gli era<br />

stato materialmente consegnato poco prima<br />

proprio da Gullotti. L’assegnazione al<br />

barcellonese di tale incarico, secondo<br />

Brusca, sarebbe stata patrocinata dal mafioso<br />

Pietro Rampulla (originario di Mistretta),<br />

l’artificiere del tragico attentato<br />

del 23 maggio ‘92 contro Falcone.<br />

“Anch’io avevo rapporti con Gullotti<br />

-ha raccontato nel giugno del 1999 il controverso<br />

collaboratore Luigi Sparacio, già<br />

a capo della criminalità messinese- mi era<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 20<br />

stato presentato da Michelangelo Alfano<br />

come persona vicina a Cosa nostra, e in<br />

tale ambito fornii al predetto uno-due<br />

telecomandi da utilizzare per attentati e<br />

che erano stati per me realizzati su<br />

commissione, da un dipendente<br />

dell’Arsenale militare di Messina…”.<br />

Nome ancora più indigesto dell’albosoci<br />

di Corda Frates quello di Rosario Pio<br />

Cattafi, professione avvocato, ritenuto il<br />

capo dei capi della mafia barcellonese.<br />

“Numerosi collaboratori di giustizia, tra<br />

i quali spiccano Angelo Epaminonda e<br />

Maurizio Avola hanno indicato Cattafi<br />

come personaggio inserito in importanti<br />

operazioni finanziarie illecite e di numerosi<br />

traffici di armi, in cui sono emersi gli<br />

interessi di importanti organizzazioni mafiose<br />

quali, oltre alla cosca Santapaola, le<br />

famiglie Carollo, Fidanzati, Ciulla e<br />

Bono”, hanno scritto i giudici di Messina<br />

nell’ordinanza del luglio 2000 che ha imposto<br />

al Cattafi l’obbligo di soggiorno nel<br />

Comune di Barcellona per la durata di<br />

cinque anni.<br />

I pestaggi insieme a Rampulla<br />

Da <strong>giovani</strong>ssimo egli aveva militato<br />

nelle file della destra eversiva rendendosi<br />

protagonista nell’ambiente universitario<br />

messinese di alcuni pestaggi (unitamente<br />

all’allora ordinovista Pietro Rampulla),<br />

risse aggravate, danneggiamento, detenzione<br />

illegale di armi.<br />

Trasferitosi in Lombardia a metà degli<br />

anni ’70, Cattafi fu sospettato di essere<br />

stato uno dei capi di una presunta associazione<br />

operante a Milano, responsabile del<br />

sequestro, nel <strong>gennaio</strong> 1975, dell’imprenditore<br />

Giuseppe Agrati, rilasciato dopo il<br />

pagamento di un riscatto miliardario.<br />

All’organizzazione fu anche contestata<br />

la compartecipazione nei traffici di stupefacenti<br />

e nella gestione delle case da gioco<br />

per conto delle famiglie mafiose siciliane.<br />

Nel maggio 1984, i presunti appartenenti<br />

alla cellula in odor di mafia furono<br />

raggiunti da un mandato di cattura firmato<br />

dal Pm Francesco Di Maggio. Cattafi, residente<br />

in Svizzera, sfuggì all’arresto. Pochi<br />

giorni dopo fu però l’autorità giudiziaria<br />

locale ad ottenerne l’arresto nell’ambito<br />

di un’inchiesta per traffico di stupefacenti.<br />

Così il 30 maggio dell’84 Di Maggio<br />

potè raggiungere Cattafi in cella a Bellinzona<br />

per un interrogatorio ancora top secret:<br />

i verbali furono infatti trattenuti dalle<br />

autorità elvetiche.


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“Al vertice delle organizzazioni mafiose siciliane”<br />

Negli stessi mesi, Angelo Epaminonda<br />

riferì ai magistrati (tra cui ancora Francesco<br />

Di Maggio) che nel 1983 il Cattafi,<br />

per conto del clan Santapaola, gli aveva<br />

inutilmente proposto di gestire in società<br />

l’attività di cambio-assegni ai giocatori<br />

del casinò di St. Vincent. Il fatto tuttavia<br />

non fu ritenuto rilevante, e il barcellonese<br />

venne tenuto fuori dalle inchieste sulla penetrazione<br />

mafiosa a Milano.<br />

“Cattafi, per conto di Santapaola...”<br />

Di Maggio e Cattafi si sarebbero incrociati<br />

pure nel corso delle indagini<br />

sull’efferato omicidio del Procuratore<br />

capo di Torino, Bruno Caccia. Lo ha raccontato<br />

al Corriere della sera (8 giugno<br />

1995), l’allora sostituto procuratore di<br />

Barcellona Olindo Canali, recentemente<br />

condannato in primo grado a due anni per<br />

falsa testimonianza commessa nel corso<br />

del processo contro le organizzazioni mafiose<br />

barcellonesi Mare Nostrum.<br />

“Fu Di Maggio ad arrestare Cattafi<br />

nell’85 per l’inchiesta sull’omicidio Caccia<br />

a Torino. Fu il giudice istruttore ad assolverlo,<br />

ma rimase dentro per un anno”.<br />

Cattafi, in verità, non venne arrestato a<br />

seguito dell’assassinio del magistrato, ma<br />

fu interrogato in carcere dai pubblici ministeri<br />

milanesi titolari dell’inchiesta. Anche<br />

Canali conosceva da lungo tempo Di<br />

Maggio. Con il magistrato barcellonese,<br />

egli aveva fatto un periodo di tirocinio da<br />

uditore a Milano.<br />

“Sempre Di Maggio, il cui padre era<br />

stato maresciallo dei Carabinieri a Pozzo<br />

di Gotto, m’informò, in generale, sulla situazione<br />

barcellonese prima di trasferirmi<br />

in Sicilia”, ha spiegato Canali.<br />

Un oscuro passaggio sui rapporti tra Di<br />

Maggio e Cattafi fu riportato in quegli<br />

stessi anni in uno dei dossier anonimi fatti<br />

circolare ad arte per screditare la figura<br />

del giudice Antonio Di Pietro e finiti nelle<br />

mani del leader Psi Bettino Craxi, latitante<br />

ad Hammamet.<br />

Bufale e mezze verità<br />

“Cattafi - vi si legge - a Milano, dove<br />

aveva iniziato un’attività nel campo dei<br />

farmaceutici e sanitari, rivede e frequenta<br />

il giudice Francesco Di Maggio, che ha<br />

passato la sua giovinezza fra Milazzo e<br />

Barcellona, dove ha frequentato le scuole,<br />

compreso il liceo (il padre era appuntato<br />

dei carabinieri), e dove ha conosciuto Cattafi,<br />

di cui è coetaneo.<br />

Di Maggio introduce Cattafi nell’ ambiente<br />

dei magistrati, dove pare Cattafi<br />

abbia conosciuto Di Pietro (allora sconosciuto)<br />

e la sua donna, poi divenuta sua<br />

moglie”.<br />

Quella su Di Pietro era una bufala,<br />

quella su Di Maggio una mezza verità. “Il<br />

giudice Di Maggio l’ho visto un paio di<br />

volte e sono stato anche inquisito e poi<br />

prosciolto per una vicenda relativa ad un<br />

conto corrente bancario con sede in Svizzera…”,<br />

ammetterà lo stesso Cattafi in<br />

un’intervista al settimanale Centonove a<br />

fine anni ‘90.<br />

Qualche mese fa, il controverso avvocato<br />

barcellonese è stato arrestato perché ritenuto<br />

uno degli uomini di vertice delle<br />

organizzazioni mafiose siciliane.<br />

Da allora, ha riempito pagine e pagine<br />

di verbali fornendo in particolare tutt’altra<br />

versione sui suoi rapporti con il giudice<br />

Di Maggio. Al centro, ancora una volta, la<br />

trattativa Stato-mafia negli anni delle stragi<br />

e delle bombe in mezza Italia.<br />

Le dichiarazioni di Epaminonda<br />

Il racconto di Cattafi parte da quando<br />

venne arrestato in Canton Ticino e fu sentito<br />

in carcere dal magistrato barcellonese.<br />

“I pm di Milano Di Maggio e Davigo<br />

emisero un mandato di cattura nel quale<br />

ero accusato, fra l’altro, di essere il cassiere<br />

della mafia”, ha raccontato il boss.<br />

“Il mandato fu notificato all’Autorità<br />

svizzera ed io fui arrestato il 17 maggio<br />

1984. All’incirca nello stesso periodo,<br />

quando comunque già Di Maggio si stava<br />

convincendo della mia estraneità alla vicenda<br />

del sequestro Agrati, costui mi<br />

chiese se ero disposto a rilasciare dichiarazioni<br />

sul conto di Salvatore Cuscunà<br />

detto Turi Buatta, indicandolo come uomo<br />

di Santapaola. Ricordo che Epaminonda<br />

aveva fatto dichiarazioni contro il Cuscunà<br />

sostenendo che costui faceva parte della<br />

famiglia Santapaola e che lui stesso<br />

aveva venduto al Cuscunà alcuni chili di<br />

cocaina. Egli negava tutto ciò ed affermava<br />

che Epaminonda lo accusava per malanimo<br />

nei suoi confronti. A questo punto<br />

intervennero le mie dichiarazioni rese al<br />

pm Di Maggio ed io confermai le frequentazioni<br />

fra Angelo Epaminonda e Cuscunà…”.<br />

Cattafi aggiunge che “negli anni<br />

'89-'90”, dopo essere tornato in libertà, ricevette<br />

la visita in casa a Milano di un carabiniere<br />

che gli chiese di raggiungere la<br />

caserma di via Moscova dove lo attendeva<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 21<br />

per un colloquio Francesco Di Maggio.<br />

Giunto in caserma, Cattafi incontrò il giudice<br />

in compagnia del capitano dei carabinieri<br />

Morini.<br />

“Da pochi giorni l'attentato”<br />

“Di Maggio mi comunicò che aveva ricevuto<br />

una nomina presso l’Alto commissariato<br />

antimafia. -ha raccontato - Sempre<br />

in quel frangente, Di Maggio mi disse: so<br />

che lei ha contatti con personaggi di vario<br />

genere, con imprenditori, se lei sa qualcosa<br />

sul riciclaggio di denaro, io sono qui.<br />

Non posso definirmi un informatore di Di<br />

Maggio ma semplicemente una persona<br />

che era entrata in buoni rapporti con costui<br />

e che dunque era disposta a fornirgli<br />

informazioni nel caso in cui ne fossi venuto<br />

a conoscenza. Io garantii la mia disponibilità<br />

ed il dottor Di Maggio mi disse:<br />

da me troverete sempre un amico”.<br />

Cattafi afferma di non aver più rivisto il<br />

magistrato sino al maggio del ‘93: “Di<br />

Maggio si trovava a Messina, mandò un<br />

carabiniere nella casa di mia madre e mi<br />

fece sapere che mi aspettava al bar Doddis,<br />

ed è lì che lo incontrai. Mi disse che<br />

era stato nominato vicedirettore del Dap.<br />

C’erano state le stragi Falcone e Borsellino<br />

e da pochi giorni l’attentato a Maurizio<br />

Costanzo. Dobbiamo bloccarli questi porci,<br />

mi disse. Dobbiamo prendere la cosa<br />

in mano e portare avanti una trattativa, il<br />

concetto era quello, ma non so se usò questa<br />

parola”.<br />

“Promettergli qualunque cosa”<br />

Di Maggio aveva individuato un potenziale<br />

interlocutore, Benedetto Santapaola,<br />

al tempo latitante, ritenendolo un capomafia<br />

“più malleabile”.<br />

“Di Maggio mi chiese se, attraverso il<br />

boss Salvatore Cuscunà che avevo frequentato<br />

a Milano nell’Autoparco di via<br />

Salomone, potevo cercare un contatto con<br />

Santapaola, che non ho mai conosciuto,<br />

per tentare di aprire un dialogo - ha aggiunto<br />

Cattafi - dovevo contattare l’avvocato<br />

di Cuscunà promettendogli qualunque<br />

cosa, tutti i benefici possibili per il<br />

suo cliente, pur di riuscire a parlare con<br />

Santapaola per riuscire a trovare nuove<br />

strade per disinnescare la violenza di Cosa<br />

nostra. Mi parlò anche di dissociazione<br />

ma così…”.<br />

Stando a Cattafi, al faccia a faccia con il<br />

magistrato si aggiunsero in un secondo<br />

tempo anche i carabinieri del Ros.


“Al bar giunsero cinque-sei persone, alcune<br />

delle quali in divisa ed altre in borghese.<br />

Ricordo ancora che Di Maggio mi<br />

presentò nominativamente tutti i carabinieri<br />

presenti. Anzi aggiunse che per le<br />

eventuali esigenze avrei dovuto contattare<br />

due di essi (…). Qualcuno di questi ufficiali<br />

era particolarmente spiritoso e raccontava<br />

barzellette. Non escludo che fra<br />

costoro ci fosse anche il generale Mori,<br />

ma onestamente non posso dirlo con certezza”.<br />

Il racconto, in verità, è poco convincente.<br />

“Ma se Cattafi da decenni è in<br />

rapporti con Santapaola perché rivolgersi<br />

a terzi per avere un tramite?”, si domanda<br />

l’avvocato Fabio Repici nell’e-book “La<br />

peggio gioventù”, pubblicato con il numero<br />

scorso de I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>. “E perché<br />

poi incontrare il giudice a Messina quando<br />

Cattafi poteva incontrarlo più comodamente<br />

in qualche ufficio romano?”.<br />

Santapaola a Barcellona<br />

Lo stesso Santapaola fu arrestato a<br />

Mazzarrone, in provincia di Catania, il 18<br />

maggio 1993, qualche giorno dopo il presunto<br />

incontro Cattafi-Di Maggio a Messina<br />

e dopo aver liberamente scorrazzato<br />

“latitante” nel barcellonese almeno fino al<br />

29 aprile di quell’anno.<br />

Una prova certa della presenza di Santapaola<br />

nella città del Longano è emersa<br />

dalle intercettazioni telefoniche e ambientali<br />

avviate subito dopo l’uccisione del<br />

giornalista Beppe Alfano.<br />

E come poi accertato dal Servizio anticriminalità<br />

organizzata della Guardia di<br />

Finanza, tra il 30 aprile e il 2 maggio<br />

1993, in un hotel della città di Milazzo<br />

avevano preso alloggio il fratello di don<br />

Nitto, Giuseppe Santapaola, sua moglie, i<br />

quattro figli e il pregiudicato catanese Salvatore<br />

Di Mauro.<br />

Quell'albergo di Milazzo<br />

Responsabile dell’ufficio contabile di<br />

quell’albergo era il barcellonese Stefano<br />

Piccolo, commercialista di fiducia di Rosario<br />

Cattafi. E la moglie, Ferdinanda Corica,<br />

ha ricoperto sino a tempo fa l’incarico<br />

di rappresentante legale e socia della<br />

Dibeca Sas, la società tuttofare della famiglia<br />

Cattafi oggi tra i beni posti sotto sequestro<br />

dalla DDA peloritana. Strane<br />

coincidenze. Davvero.<br />

Rosario Cattafi ha pure spiegato di avere<br />

avuto un altro contatto con Francesco<br />

www.isiciliani.it<br />

“L'indisturbata “latitanza” del boss mafioso”<br />

Di Maggio nel carcere di Opera tra il<br />

1994 e il 1995, dopo il suo arresto<br />

nell’ambito dell’inchiesta sui traffici di<br />

armi e droga nell’Autoparco di Milano.<br />

“Nella stanza del direttore”<br />

“Mentre ero detenuto a Milano fui convocato<br />

nella stanza del direttore, dottore<br />

Fabozzi”, riferisce Cattafi. “Una volta che<br />

venni portato lì trovai il dottor Di Maggio.<br />

Costui mi comunicò che presso il carcere<br />

di Opera era o forse sarebbe arrivato il palermitano<br />

Ugo Martello, che io non conoscevo.<br />

Di Maggio mi disse che si trattava<br />

di un personaggio importante appartenente<br />

alla mafia palermitana e che proveniva<br />

dal 41bis e che era stato collocato nel mio<br />

stesso carcere e nella mia stessa sezione.<br />

Di Maggio mi chiese di recare un preciso<br />

messaggio al Martello che doveva essere<br />

poi recapitato agli altri mafiosi palermitani.<br />

Il Martello, in sostanza, doveva riferire<br />

che si doveva portare avanti il discorso<br />

della dissociazione e che in cambio costoro<br />

avrebbero ricevuto dei vantaggi da parte<br />

delle Istituzioni. Di Maggio mi specificò<br />

che in questo modo, ci sarebbe stato un<br />

atteggiamento di emulazione da parte dei<br />

mafiosi cosicché dopo le prime dissociazioni<br />

ben presto ne sarebbero arrivate tante<br />

altre. Di Maggio mi fece l’esempio del<br />

bastone e della carota e mi disse che la carota<br />

sarebbe conseguita a questa eventuale<br />

dissociazione. Mi ribadì che io potevo<br />

promettere qualsiasi cosa…”.<br />

Il messaggio a Cuscunà<br />

La lusinghiera proposta avrebbe però<br />

scatenato le proteste del pregiudicato.<br />

“Gli risposi male, rinfacciandogli che mi<br />

ero prestato a recare il messaggio a Cuscunà<br />

come mi era stato richiesto e tuttavia<br />

mi trovavo in carcere ingiustamente…<br />

Di Maggio mi rispose: per quella vicenda<br />

abbiamo risolto, abbiamo fatto tutto, tutto<br />

a posto, senza specificarmi altro”.<br />

Cattafi avrebbe incontrato Cuscunà nel<br />

centro clinico del carcere milanese di san<br />

Vittore.<br />

“Presso quello stesso centro, in un’altra<br />

stanza posta sulla mia sinistra c’era il Cuscunà.<br />

Costui mi trattò malissimo dal momento<br />

che lo avevo accusato nell’ambito<br />

del procedimento Autoparco. Io cercai di<br />

calmarlo: ti dico una cosa che forse può<br />

aiutarti a farti uscire e gli riferii quello che<br />

mi aveva detto il Di Maggio: che se fossi<br />

riuscito a trovare un contatto con il Santa-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 22<br />

paola c’era la disponibilità del giudice a<br />

fargli ottenere gli arresti domiciliari”.<br />

L’allora direttore Aldo Fabozzi, odierno<br />

provveditore dell’amministrazione penitenziaria<br />

della Lombardia, ha seccamente<br />

respinto sul settimanale Panorama le dichiarazioni<br />

del barcellonese: “All’epoca<br />

non c’era il regime del 41bis ad Opera e<br />

nella mia lunga esperienza professionale,<br />

mai ho permesso che un detenuto oltrepassasse<br />

la porta carraia”.<br />

Fabozzi ha tuttavia ammesso di aver conosciuto<br />

molto bene il giudice Di Maggio.<br />

“Posso garantire che era un magistrato serio,<br />

fra i migliori, con valori istituzionali<br />

ferrei e inossidabili, mai avrebbe trattato<br />

con la mafia, mai sceso a compressi o a<br />

semplici contatti con malavitosi. Queste<br />

dichiarazioni sono un affronto alla memoria<br />

di un magistrato per bene e alla sua intelligenza”.<br />

Diversamente la pensava Loris<br />

D’Ambrosio, il consigliere del Quirinale<br />

scomparso prematuramente qualche tempo<br />

fa. “La linea di Di Maggio era quella<br />

di consentire un agevole accesso nelle<br />

carceri ai suoi amici che in qualche modo<br />

collaboravano, come confidenti…”, si lasciò<br />

sfuggire in un colloquio telefonico<br />

del 25 novembre 2011 con l’ex ministro<br />

degli interni Nicola Mancino, che lamentava<br />

le modalità d’indagine sulla “trattativa”<br />

dei magistrati di Palermo.<br />

Nel carcere di Sollicciano<br />

Come se non bastasse, il 28 settembre<br />

2012 Rosario Cattafi ha raccontato ai Pm<br />

di Messina di aver avuto rapporti telefonici<br />

con il giudice Di Maggio anche quando<br />

era detenuto in isolamento nel carcere di<br />

Sollicciano.<br />

“Venivo portato nella stanza del direttore<br />

Quattrone, costui chiamava al telefono<br />

il Ministero e mi passava il dottore Di<br />

Maggio. Il suo ufficio era al primo piano,<br />

di fronte all’ingresso avvocati. Di Maggio<br />

anche in questo caso mi esortò ad avere<br />

contatti con Cuscunà”.<br />

Per la cronaca, il direttore Paolo Maria<br />

Quattrone è morto suicida nel luglio del<br />

2010 dopo essere stato rinviato a giudizio<br />

per abuso d’ufficio, nell’ambito di<br />

un’inchiesta sui lavori di ammodernamento<br />

del carcere di Cosenza. A difenderne la<br />

memoria sono scesi in campo i familiari<br />

che in una lettera aperta hanno definito<br />

come ridicole, oltraggiose e vergognose le<br />

parole di Cattafi.


“Gli inquirenti<br />

hanno accertato<br />

che fra il 1990 e il 1993<br />

Marcello Dell’Utri realizzò<br />

58 viaggi aerei tra Roma<br />

e la Sicilia. Di essi, ben 34<br />

ebbero come destinazione<br />

la città di Catania,<br />

per lo più concentrati<br />

nell'arco del 1992”<br />

“Il dottor Quattrone è sempre stato un<br />

leale e integerrimo uomo di Stato, di Giustizia<br />

e di Cultura”, hanno spiegato. “Dalla<br />

‘ndrangheta ha ricevuto numerose intimidazioni<br />

e attentati. Il più grave, una<br />

bomba esplosa nella sua camera da letto,<br />

quando dirigeva il carcere di Reggio Calabria.<br />

L’allora capo del Dap, Nicolò Amato,<br />

per salvargli la vita lo trasferì a Sollicciano”.<br />

Chi non ha voluto il 41 bis nel '93?<br />

Nicolò Amato ha ricoperto l’incarico al<br />

Dap fino al 4 giugno 1993 quando fu sostituito<br />

da Adalberto Capriotti.<br />

Originario di Messina, animatore negli<br />

anni ’50 dell’associazione “universitaria”<br />

Corda Fratres insieme a Franco Antonio<br />

Cassata (odierno Procuratore generale<br />

della città dello stretto) e Francesco Paolo<br />

Fulci (poi ambasciatore a Washington e<br />

alla Nato e, negli anni delle stragi mafiose,<br />

direttore del Cesis, il comitato esecutivo<br />

dei servizi segreti), Amato ha poi intrapreso<br />

l’attività di avvocato. Tra i suoi assistiti,<br />

secondo Massimo Ciancimino, il<br />

padre don Vito “su consiglio del generale<br />

Mario Mori”.<br />

Adesso Nicolò Amato sostiene che fu<br />

proprio Francesco Di Maggio a non aver<br />

voluto il rinnovo del 41bis contro i mafiosi<br />

nel novembre del ’93.<br />

“Amato nulla ha saputo (o voluto o potuto)<br />

dire, però, su un documento, da lui<br />

Fabio Repici La peggio gioventù<br />

Mafia, estremisti neri, servizi segreti<br />

Rapporto su Rosario Cattafi<br />

scaricabile liberamente su http://www.isiciliani.it/<br />

www.isiciliani.it<br />

redatto nel marzo 1993, nel quale veniva<br />

sollecitata la messa in mora della normativa<br />

sul carcere duro per i mafiosi”, rilevano<br />

l’avvocato Fabio Repici e Marco Bertelli<br />

in una documentata inchiesta giornalistica.<br />

“Quella nota dell’ex capo del Dap faceva<br />

riferimento ad orientamenti già emersi<br />

il 12 febbraio 1993, lo stesso giorno<br />

dell’insediamento di Conso al posto di<br />

Martelli in via Arenula, nel corso di una<br />

seduta del comitato nazionale per l’ordine<br />

e la sicurezza pubblica (…) Nei verbali di<br />

quel comitato, risulta che fu lo stesso Nicolò<br />

Amato a sollecitare un alleggerimento<br />

del 41bis”.<br />

E i giochi in quei tragici giorni delle<br />

stragi si fanno ancora più torbidi.<br />

I giorni delle stragi<br />

Nelle carte della Procura palermitana<br />

sulla trattativa Stato-mafia si ripete, troppo<br />

spesso, il nome del senatore Marcello<br />

Dell’Utri, una condanna in appello per<br />

concorso esterno in associazione mafiosa<br />

annullata con rinvio dalla Cassazione.<br />

Dell’Utri, per gli inquirenti, potrebbe<br />

essere stato uno dei maggiori “intermediari”<br />

con Cosa nostra che cercava d’imporre<br />

gli obiettivi del papello minacciando altro<br />

sangue dopo Capaci e via d’Amelio.<br />

Nel biennio 92-93, secondo alcuni collaboratori<br />

di giustizia, il manager di Publitalia<br />

sarebbe stato un visitatore abitudi-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 23<br />

nario del messinese. Maurizio Avola ha riferito<br />

di avere accompagnato nel 1992 a<br />

Barcellona Pozzo di Gotto il boss Marcello<br />

D’Agata per un appuntamento con<br />

Dell’Utri.<br />

Nel corso di un interrogatorio davanti ai<br />

Pm di Catania e Caltanissetta, Avola ha<br />

pure accennato ad un incontro avvenuto -<br />

sempre a Barcellona - tra Marcello<br />

Dell’Utri e i boss catanesi Aldo Ercolano,<br />

Nino Pulvirenti e Benedetto Santapaola.<br />

I viaggi di Dell'Utri<br />

Gli inquirenti hanno accertato che nel<br />

periodo compreso tra il 1990 e il 1993,<br />

Marcello Dell’Utri ha realizzato ben 58<br />

viaggi aerei tra Roma e la Sicilia, di cui<br />

ben 34 da e per Catania nel solo 1992.<br />

Nella loro requisitoria al processo contro<br />

il braccio destro di Silvio Berlusconi, i<br />

pubblici ministeri di Palermo riportano<br />

che, quando Santapaola era ospite dei clan<br />

barcellonesi, Rosario Cattafi si teneva in<br />

contatto con l’utenza in uso a Giuseppe<br />

Gullotti.<br />

“E non deve sfuggire che lo stesso Cattafi<br />

è stato identificato come soggetto più<br />

volte chiamato da persone appartenenti al<br />

circuito del Dell’Utri, cioè da persone entrate<br />

con lui in contatto telefonico od esistenti<br />

nelle sue agende”, specificano i pm.<br />

Sempre e ancora Cattafi. E l’inferno di<br />

Barcellona Pozzo di Gotto.<br />

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Calabria/ Informazione<br />

“Viva Sansonetti<br />

con tutti i filistei”<br />

Dopo l'epurazione di<br />

Paride Leporace e di<br />

Paolo Pollichieni, Piero<br />

Sansonetti smorza la<br />

dissidenza e la critica<br />

che ha coinvolto CalabriaOra<br />

e gli editori<br />

Fausto Aquino e Piero<br />

Citrigno<br />

di Rocco Lentini<br />

Angela Napoli, ex finiana, componente<br />

della commissione antimafia, in<br />

un'intervista pubblicata da Il Fatto<br />

Quotidiano il 1 luglio 2010, definì “allarmante<br />

problema etico la partecipazione<br />

ad una festa con i boss”, riferendosi alla<br />

presenza del governatore della Calabria<br />

Giuseppe Scopelliti alla festa dei Barbieri,<br />

come emerso nel corso dell'operazione<br />

Meta. Angela Napoli parlò apertamente<br />

della “democrazia calabrese<br />

come di una palude melmosa, in cui la<br />

connessione fra ‘ndrangheta e politica<br />

continua ad essere forte e radicata, in<br />

un intreccio di poteri mafiosi e<br />

massoni”.<br />

A Scopelliti si addebitano la candidatura<br />

e l’elezione di Massimo Labate, ex capogruppo<br />

An, arrestato per collusioni mafiose,<br />

come il consigliere regionale Santo Zappalà,<br />

ex sindaco di Bagnara, arrestato e ancora<br />

detenuto con l’accusa di essere il referente<br />

delle cosche di San Luca. Ma il “modello<br />

Reggio” non finisce qui . I locali utilizzati<br />

per la sua campagna elettorale del<br />

2007 furono messi a disposizione dal “re<br />

dei videopoker” Nino Campolo.<br />

Da qua il sospetto del sostegno alle<br />

campagne elettorali da parte della 'ndrangheta,<br />

aspetto che emerge dalle dichiarazioni<br />

del pentito Nino Fiume nell’ambito<br />

del processo “Testamento”. A questo si aggiunga<br />

il contributo concesso a Paolo e<br />

Francesca Labate, figli del boss Michele,<br />

beneficiari di un finanziamento comunale<br />

di novantamila euro per l'apertura di un<br />

salumificio e il tenore delle intercettazioni<br />

dei consiglieri comunali Marcianò e Flesca,<br />

contenute nell'Operazione “Meta”,<br />

dalle quali si delinea, sull'asse di commistioni<br />

politica-mafia-imprenditoria, il quadro<br />

dei suoi consensi elettorali.<br />

Un ginepraio che ha portato allo<br />

scioglimento del comune di Reggio Calabria<br />

e che fornisce elementi quotidiani a<br />

CalabriaOra, che Paolo Pollichieni ha diretto<br />

da quando è stato epurato il direttorefondatore<br />

Paride Leporace – attualmente<br />

alla guida del Quotidiano della Basilicata<br />

– insieme ad un gruppo di bravi giornalisti<br />

calabresi.<br />

Gli albori di Calabria Ora<br />

Leporace, già caporedattore centrale del<br />

Quotidiano della Calabria – giornale dove<br />

ha lavorato fin dalla fondazione nel giugno<br />

del 1995 contribuendo con Ennio Simeone<br />

a farne uno dei giornali più letti<br />

della regione – ha ricoperto il ruolo di direttore<br />

responsabile di CalabriaOra e ha<br />

fatto aumentare la lettura dei quotidiani in<br />

una regione con indici molto bassi di diffusione,<br />

portando le vendite a settemila<br />

copie al giorno.<br />

Nella sua breve direzione, durata tredici<br />

mesi, il giornale si è caratterizzato per<br />

alcuni scoop ripresi dai maggiori mass<br />

media italiani e in un anno e mezzo è<br />

riuscito a dargli un’anima e un ruolo nel<br />

dibattito politico e culturale.<br />

Poi è stato costretto a lasciare le inchieste<br />

sulle collusioni tra politica e criminalità<br />

organizzata e sull’omicidio di Francesco<br />

Fortugno, vice presidente della Regione<br />

Calabria assassinato il giorno delle primarie<br />

nel seggio elettorale: un caso da nascondere<br />

a tutti i costi. Una storia che<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 24<br />

nessuno ha raccontato fino in fondo. Si è<br />

preferito – come scrive Piero Orsatti –<br />

dimenticarla nel cassetto della memoria. È<br />

la storia della nascita e dei primi anni di<br />

vita di Calabria Ora, tuttora in edicola ma<br />

con un corpus redazionale mutato. Il<br />

clima attorno alla direzione di Leporace,<br />

nonostante i grandi successi, mutò infatti<br />

in brevissimo tempo. Gli editori tentarono<br />

di addomesticare un'inchiesta nella quale<br />

risultò coinvolto un politico di Forza<br />

Italia. La vicenda si dipanava in un<br />

ristorante dove si incontrava la politica<br />

calabrese e uno degli editori chiese a<br />

Leporace di non mettere il nome del<br />

politico in prima pagina. Poi la condanna<br />

per usura di Piero Citrigno, uno degli<br />

editori, e la pubblicazione della notizia.<br />

È il tempo di “Why not”, delle inchieste<br />

di Luigi De Magistris, del disvelamento<br />

dell’intreccio fra affari e politica in Calabria;<br />

Leporace e i giornalisti di CalabriaOra<br />

puntano a smascherare le terribili commistioni<br />

emerse, non ancora del tutto,<br />

sull'omicidio Fortugno, sulle connivenze,<br />

sui gruppi di potere, sulle dichiarazioni<br />

profetiche di Francesco Cossiga che prevedeva<br />

nel mese di giugno "omicidi eccellenti<br />

in Calabria".<br />

Ma gli editori Fausto Aquino, amministratore<br />

delegato, vicepresidente nazionale<br />

della Piccola industria e Piero Citrigno,<br />

direttore generale della società editoriale<br />

Cec Sc. indirizzano, decidono, censurano.<br />

“Quando ci cacciarono”<br />

La Calabria è una regione complicata,<br />

difficile, qui le regole non esistono per una<br />

classe dirigente insensibile, inadeguata,<br />

sulla quale la classe politica ed il consiglio<br />

regionale più inquisito d'Italia stendono la<br />

patina di legittimità conferita loro dal consenso<br />

popolare. Per Leporace l'esilio resta<br />

l'unica alternativa possibile. Alcuni dei<br />

giornalisti vengono costretti alle dimissioni<br />

o allontanati, anche quelli che hanno<br />

contribuito alla fondazione, come il sottoscritto,<br />

lavorando senza retribuzione per<br />

tredici mesi (si offre un contratto a riga:<br />

quattro centesimi, prendere o lasciare).


Scheda<br />

CITRIGNO E AQUINO:<br />

LE MANI SU L'ORA<br />

L'Ora, dichiaratamente di sinistra, ha<br />

rappresentato, attraverso le coraggiose<br />

inchieste contro i poteri occulti, l’indagine,<br />

i servizi, l’informazione di frontiera<br />

facendo del giornalismo uno strumento<br />

di lotta politica. La testata palermitana<br />

ha però pagato a caro prezzo l'attività di<br />

denuncia di piccoli e grandi scandali,<br />

corruzione, collusioni politiche: in termini<br />

di sacrifici umani, infatti, è il quotidiano<br />

che nella storia della stampa italiana<br />

ha il più alto numero di giornalisti uccisi<br />

dalla mafia: Mauro De Mauro, Cosimo<br />

Cristina, Giovanni Spampinato.<br />

Il quotidiano non fu però solo questo.<br />

La redazione palermitana è stata centro<br />

di cultura e di aggregazione per un numero<br />

impressionante di intellettuali italiani:<br />

Vicenzo Consolo, Danilo Dolci,<br />

Gioacchino Lanza Tomasi, Vittorio Nisticò,<br />

Salvatore Quasimodo e Giuliana<br />

Saladino. Accanto a queste “penne” vi<br />

erano anche i “pennelli” di Renato Guttuso<br />

e le “matite” di Bruno Caruso. Alla<br />

fine degli anni Ottanta il Pci decise di<br />

cedere la gestione editoriale del quotidiano<br />

alla società Nuova Editrice Meridionale,<br />

ma i contrasti tra i rappresentanti<br />

della cooperativa e i fiduciari del<br />

partito sugli indirizzi editoriali, portarono<br />

alla decisione del Pci di sostituire in<br />

blocco il gruppo dirigente del giornale.<br />

Segnò il destino del quotidiano. La tiratura<br />

calò a picco passando da 25 mila<br />

copie a poco più di mille, fino a cessare<br />

le pubblicazioni nel 1992. Nel 2000 la<br />

proprietà giunse nelle mani dell'imprenditore<br />

Vinicio Boschetti, poi arrestato<br />

per bancarotta fraudolenta, che riportò<br />

la storica testata in edicola per un breve<br />

periodo prima del passaggio agli imprenditori<br />

calabresi Piero Citrigno e<br />

Fausto Aquino.<br />

Si aprono delle vertenze legali, qualcuno<br />

intenta causa presso il Tribunale di Palmi<br />

ma, dopo anni d'attesa, deve prendere atto<br />

che la Cec Sc cambia, si svuota, e aumentano<br />

le scatole cinesi. La Cec Sc Acquisisce<br />

due marchi importanti, storici, quello<br />

del giornale siciliano L’Ora e quello del<br />

romano Paese Sera e oggi la società che<br />

edita CalabriaOra, affidata all'amministratore<br />

unico Nunzio Aquino – solo omonimo<br />

di uno dei compratori – si chiama<br />

proprio Paese Sera. La società "Paese<br />

Sera srl".<br />

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Chi sono gli editori<br />

Ma chi sono gli editori di CalabriaOra?<br />

Piero Citrigno. Il 15 dicembre del 2006,<br />

davanti alla seconda sezione penale del<br />

Tribunale di Cosenza si conclude, con diciotto<br />

condanne, il processo per la maxioperazione<br />

dell’inchiesta anti-usura “Twister”,<br />

condotta dai Carabinieri e dalla Direzione<br />

distrettuale antimafia di Catanzaro<br />

nel 2004 contro un’organizzazione che gestiva<br />

un vasto giro di usura a Cosenza,<br />

un’associazione a delinquere capace di tenere<br />

mezza città in pugno con prestiti usurari<br />

che hanno creato una vera e propria<br />

economia parallela; sequestrano 30 milioni<br />

di euro in beni e società, ma soprattutto<br />

arrestano 39 persone per associazione per<br />

delinquere di stampo mafioso, usura,<br />

estorsione e riciclaggio. Tra questi Piero<br />

Citrigno, al quale fu inflitta una pena di 3<br />

anni e 8 mesi di reclusione.<br />

Leporace e gli altri pubblicano. È la<br />

goccia che fa traboccare il vaso. Qualche<br />

mese dopo, il 10 aprile 2007, avviene il<br />

cambio della guardia alla direzione del<br />

quotidiano calabrese. L'incarico di direttore<br />

passa a Paolo Pollichieni.<br />

La difesa dell’imprenditore e anche la<br />

Procura hanno proposto appello, chiedendo<br />

rispettivamente l'assoluzione<br />

dell’imputato e l’aggravamento della condanna;<br />

il 9 febbraio 2010, la pena inflitta<br />

in primo grado è aggravata. Il collegio di<br />

secondo grado ha ritenuto l’editore di “Calabria<br />

Ora” Pietro Citrigno colpevole del<br />

reato di usura e ha rideterminato la pena in<br />

4 anni e 8 mesi di reclusione, 10 mila euro<br />

di multa ed il risarcimento alle parti civili<br />

da liquidarsi in separata sede. L'impianto<br />

accusatorio resiste anche alla Cassazione,<br />

che il 17 giugno conferma le condanne,<br />

anche se la posizione di Citrigno viene<br />

stralciata per richiesta degli avvocati.<br />

La vicenda “Sanitopoli”<br />

Paolo Pollichieni, massone, nel luglio<br />

1999 fu vittima di un attentato dinamitardo<br />

che gli distrusse l'auto. In quell'anno<br />

però ci fu un altro episodio analogo: a febbraio<br />

fu bruciata la vettura di Giuseppe<br />

Costantino, allora direttore generale<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 25<br />

dell'Asl numero 11. Nella stessa estate, gli<br />

investigatori intercettarono una telefonata<br />

tra il giornalista e Marco Minniti, ex sottosegretario<br />

alla presidenza del Consiglio<br />

nel governo D'Alema, nonché compagno<br />

di scuola dello stesso Pollichieni.<br />

Minniti, parlando al telefonino di Pollichieni,<br />

rassicurava il direttore della Gazzetta<br />

del Sud Nino Calarco, all'epoca presidente<br />

della "Ponte sullo Stretto", che<br />

avrebbe fatto di tutto per inserire in finanziaria<br />

5-6 miliardi per pagare gli advisor<br />

della società rimasti senza una lira.<br />

«La chiamo oggi perché sono qui a<br />

Scilla con Marco e la voleva salutare» dice<br />

il giornalista al proprio direttore, Nino Calarco,<br />

nel corso di una telefonata intercettata<br />

dagli investigatori il 30 luglio 1999. Il<br />

cellulare passa al politico diessino: «Senti<br />

una cosa... l'unica potenza che tu non riesci<br />

a esplicare... con questi maledetti burocrati<br />

del ministero dei Lavori Pubblici...<br />

ancora questo decreto del bando non c'è!».<br />

Si tratta di un bando per il finanziamento<br />

della Società Stretto di Messina: Calarco,<br />

il presidente, vorrebbe che fosse acquisita<br />

dall'Anas. Un tema già trattato direttamente<br />

dal direttore della Gazzetta col premier<br />

Giuliano Amato. Minniti: «Con Giuliano<br />

Amato come è andata?». Calarco:<br />

«Oh! Favoloso, favoloso... Però il<br />

problema caro Marco è che bisogna trovare<br />

nella Finanziaria un po' di spiccioli perché<br />

io debbo chiudere la società perché<br />

non ho più una lira! ... Non è che è una<br />

grossa cifra... 4... 5 miliardi...».<br />

Anche il generale dei carabinieri Francesco<br />

Delfino (condannato in primo grado<br />

per truffa ai danni dell'imprenditore sequestrato<br />

Giuseppe Soffiantini) in una telefonata<br />

intercettata il 9 settembre '99 si rivolgeva<br />

a Pollichieni per sollecitare un intervento<br />

di Minniti in relazione alla sua vicenda<br />

processuale.<br />

Si aprono le indagini che conducono<br />

all'arresto, l'anno dopo, di undici<br />

personalità tra cui anche Paolo Pollichieni,<br />

allora responsabile della redazione reggina<br />

della Gazzetta del Sud, il più filogovernativo<br />

quotidiano meridionale.


Scheda<br />

“IL GATTO E LA VOLPE”<br />

PERDONO PAESE SERA<br />

Il "gatto e la volpe" perdono Paese<br />

Sera. Si gioca sull'asse Roma-Cosenza<br />

il futuro dello storico quotidiano. A disputarselo<br />

Citrigno e Aquino da una<br />

parte e la Nuovo Paese Sera srl, una<br />

società editoriale che fa capo al commercialista<br />

romano Massimo Vincenti.<br />

La battaglia legale allontana, per il momento,<br />

i discussi imprenditori calabresi<br />

da Paese Sera. Non basta pubblicare<br />

qualche numero unico di una testata<br />

per mantenerne la proprietà. Lo stabilisce<br />

una "calda" sentenza dell'estate<br />

scorsa del Tribunale Civile di Roma, IX<br />

sezione, che ha rigettato il ricorso di<br />

Pietro Citrigno e Fausto Aquino editori<br />

di CalabriaOra, per rivendicare la proprietà<br />

di Paese Sera. Il "gatto e la volpe"<br />

già editori de La Provincia Cosentina,<br />

avevano rilevato nel 2008 il marchio<br />

attraverso la Pieffe Holding. Dal '99 la<br />

testata usciva con un numero unico<br />

all'anno; da qui l'estinzione di ogni diritto<br />

da parte dei vecchi proprietari che<br />

hanno venduto ai due la testata, visto<br />

che, come osserva il giudice Massimo<br />

Falabella con rinvio alla legge sulla tutela<br />

della proprietà intellettuale, "la pubblicazione<br />

con cadenza annuale di un<br />

quotidiano è senz'altro assimilabile a<br />

una non pubblicazione".<br />

La sentenza spiana adesso la strada<br />

alla cordata di imprenditori romani raccolti<br />

intorno ad Alessio D'Amato, ex<br />

consigliere regionale del Pd, che nell'<br />

estate del 2007 si era fatto tra i promotori<br />

del rilancio di Paese Sera, registrandone<br />

il marchio e il dominio internet. Nel<br />

novembre dello stesso anno è così nata<br />

la Nuovo Paese Sera srl, una società<br />

editoriale che dopo diversi passaggi<br />

azionari fa oggi capo al commercialista<br />

Massimo Vincenti (46%), presidente del<br />

collegio sindacale dell'Agenzia Sviluppo<br />

Lazio, all'imprenditore Roberto Capecchi<br />

(25%), e per le restanti quote a Giuseppe<br />

Diana, Alessandro Radicchi, Angelo<br />

Muzio (già socio degli Editori Riuniti)<br />

e alla Umbra tel coop.<br />

Per il giornalista furono disposti i domiciliari,<br />

anziché i due anni di reclusione.<br />

Secondo gli inquirenti, con i suoi articoli<br />

aveva contribuito a delegittimare il direttore<br />

dell'Asl oltre ad “avere, in concorso con<br />

altri esponenti del mondo politico ed imprenditoriale,<br />

costituito un gruppo di potere<br />

politico-affaristico-imprenditoriale che,<br />

www.isiciliani.it<br />

avvalendosi delle specifiche competenze e<br />

dei relativi ambiti di intervento di ciascuno,<br />

previa ripartizione dei ruoli, nel campo<br />

della politica, della informazione, della<br />

amministrazione pubblica e privata, era in<br />

grado di condizionare l’indirizzo gestionale<br />

dell’Azienda Ospedaliera di Reggio Calabria,<br />

facendo ricorso all’intimidazione<br />

ed al ricatto per conseguire il controllo degli<br />

appalti e servizi relativi alla detta<br />

Azienda e per pilotare nomine ed incarichi<br />

di dirigenti sanitari ed amministrativi". La<br />

delegittimazione pubblica permise la rimozione<br />

dall'incarico di Costantino ad appannaggio<br />

di Neri prima e Cosentino poi,<br />

entrambi intenzionati ad appoggiare la<br />

Edil Minniti nelle gare di appalto. Pollichieni<br />

sarà poi assolto in Appello.<br />

Sulla vicenda – anche perché alcuni degli<br />

inquisiti appartenevano ai Ds – si avventarono<br />

nel 2003, con una interrogazione<br />

parlamentare, i deputati di Alleanza<br />

Nazionale Meduri, Bevilacqua ed altri.<br />

Nel 2008, il direttore del quotidiano CalabriaOra<br />

è coinvolto nell’inchiesta sulla<br />

malasanità che ha portato all’arresto del<br />

consigliere regionale Domenico Crea, il<br />

politico subentrato a Franco Fortugno<br />

dopo la sua uccisione, e nelle indagini sulla<br />

talpa e la fuga di notizie relativa alla vicenda<br />

"toghe reggine". Si tratta di una storia<br />

all'interno della quale ritroviamo anche<br />

la figura del corvo (si firma così l'autore di<br />

una serie di missive che gettano fango su<br />

alcuni magistrati quali Luigi De Magistris,<br />

Nicola Gratteri, titolare delle indagini sulla<br />

strage di Duisburg, e Franco Scuderi) e<br />

la questione delle coperture politiche.<br />

Come all'epoca di Giovanni Falcone e<br />

Paolo Borsellino. Ritroviamo anche denunce<br />

di anomalie nella gestione del caso<br />

De Gregorio (il senatore avrebbe agevolato<br />

affari immobiliari in favore di cosche<br />

reggine) e un’inchiesta "segretissima" finita<br />

sulle pagine di CalabriaOra insieme<br />

all’indagine sul presunto voto di scambio<br />

del senatore Marcello dell’Utri.<br />

Sotto la direzione Pollichieni CalabriaOra<br />

guadagna la fiducia del diessino<br />

pluri-inquisito vice presidente della Giunta<br />

regionale della Calabria ed assessore regionale<br />

al Turismo Nicola Adamo; attacca<br />

il movimento antimafia Ammazzatecitutti e<br />

il suo leader Aldo Pecora.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 26<br />

Luigi De Magistris, in uno degli interrogatori<br />

rilasciati ai suoi colleghi di Salerno,<br />

rileva che nel corso delle sue inchieste<br />

Poseidone e Why not, “Pollichieni ha messo<br />

in atto una vera e propria strategia di<br />

stampa per cercare di screditare le indagini,<br />

con delle ricostruzioni assolutamente<br />

inverosimili e capziose, per cercare di rafforzare<br />

l'ipotesi dell'incompatibilità ambientale<br />

e quindi rafforzare le ragioni poste<br />

a fondamento della richiesta di trasferimento<br />

cautelare. Ritengo che Pollichieni<br />

abbia rapporti stretti, per esempio, con Pittelli,<br />

con Nicola Adamo, ma ciò che è più<br />

preoccupante sono i rapporti stretti che<br />

stavano emergendo tra Pollichieni ed anche<br />

alcuni magistrati. E su questo credo<br />

sia opportuno anche andare a verificare: è<br />

un'indagine che io avrei fatto perché stavo<br />

lavorando su Pollichieni, sulla proprietà di<br />

Calabria Ora, cioè verificare che non vi<br />

fossero magari degli interessi collegati<br />

proprio a questo aspetto”. Paolo Pollichieni<br />

era il vice presidente della società che,<br />

con Nicola Adamo, ha gestito diversi miliardi<br />

nella campagna promozionale della<br />

regione affidata a Oliviero Toscani.<br />

“E Peppe incontrò il mafioso”<br />

Su che cosa si è dunque rotto l'equilibrio<br />

tra gli editori e il direttore di CalabriaOra<br />

Paolo Pollichieni? Presto detto. Peppe, il<br />

governatore. Gli interessi economici, e<br />

non solo, dei due imprenditori si incontrano<br />

con una realtà politica regionale che<br />

esige rispetto, si fa sentire, e quando Pollichieni,<br />

che ha il dente avvelenato contro<br />

Peppe e il centrodestra per le prese di posizione<br />

sui suoi "infortuni" giudiziari, entra<br />

in possesso delle carte del processo<br />

"Meta" nel quale è coinvolto il governatore<br />

Scopelliti, pubblica tutto in prima a piena<br />

pagina con risalto di colore. Scopelliti<br />

frequenta uomini della 'ndrangheta, ma Citrigno<br />

e Aquino non vogliono che si dica,<br />

l'alzata di scudi del centrodestra è prevedibile,<br />

la reazione degli editori anche.


Pollichieni pensa di poterla contenere<br />

ma lo mettono alle strette. Decide di pubblicare<br />

tutto. La sua prima pagina costruita<br />

con le indiscrezioni legate all’inchiesta<br />

della Dda di Reggio e Milano sulla 'ndrangheta<br />

esce con titolo e sottotitolo in rosso:<br />

E Peppe incontrò il mafioso. A Milano<br />

Scopelliti vide più volte Martino, ambasciatore<br />

del clan De Stefano.<br />

Gli editori sono infuriati, intervengono<br />

con tagli sulla distribuzione del giornale<br />

che in molte zone della regione non giunge<br />

in edicola, in altre con molto ritardo.<br />

La scelta di pubblicare quelle notizie costa<br />

la sedia a Paolo Pollichieni. Con lui si<br />

sono dimessi alcuni bravi giornalisti: Pietro<br />

Comito e Agostino Pantano, il caporedattore<br />

centrale Barbara Talarico, i vicecaporedattori<br />

Francesco Graziadio e<br />

Stefano Vetere, il caposervizio di Cosenza<br />

Pablo Petrasso, quello della cultura Eugenio<br />

Furia e il responsabile delle cronache<br />

politiche Antonio Ricchio. Di Peppe e<br />

di questo governo regionale gli editori<br />

hanno bisogno per portare avanti i loro interessi<br />

economici.<br />

"Sapevamo che nessun politico importante<br />

di questa regione poteva rimanere indifferente<br />

agli articoli che parlavano delle<br />

sue equivoche frequentazioni, dei ricevimenti<br />

organizzati da imprenditori oggi arrestati<br />

per mafia, di quei banchetti dove<br />

con i mafiosi brindavano politici eccellenti<br />

– scrive Pollichieni nell'editoriale di commiato<br />

–; sapevo, e con me i colleghi che<br />

hanno firmato gli articoli, che raccontando<br />

le inchieste giudiziarie delle ultime settimane,<br />

scrivendo dei rapporti tra la mafia e<br />

la politica, non limitandoci al doveroso applauso<br />

verso le forze dell’ordine e i magistrati,<br />

ma raccontando anche i retroscena<br />

più inquietanti di quella zona grigia che è<br />

il vero capitale sociale della ‘ndrangheta,<br />

avremmo pagato dei prezzi altissimi".<br />

Quell’editoriale però non giunge in edicola.<br />

Il giornale è arrivato solo in quelle di<br />

Cosenza, a Reggio Calabria poche copie<br />

dopo le undici, niente nelle altre province<br />

calabresi. Guasti alle rotative a detta degli<br />

editori. Poi è uno degli editori, Fausto<br />

Aquino, a prendere le redini e dirigere,<br />

"temporaneamente" - disse - CalabriaOra.<br />

Non è usuale nel panorama della stampa<br />

italiana che l'editore assuma la direzione<br />

www.isiciliani.it<br />

del giornale, ma qui si può. Il quotidiano<br />

nei giorni successivi dà ampio spazio<br />

all'attività politica della giunta regionale e<br />

ai fondi europei portati in Calabria da<br />

Scopelliti mentre non vi è traccia<br />

dell’inchiesta sulle frequentazioni del governatore<br />

con elementi del clan De Stefano.<br />

Alla redazione, il direttore responsabile<br />

dice di non essere più in grado di garantire<br />

l’autonomia dei giornalisti nel pieno rispetto<br />

della libertà di stampa.<br />

L’Assemblea dei giornalisti del quotidiano,<br />

rispondendo all’appello del<br />

segretario del Sindacato dei Giornalisti<br />

della Calabria Carlo Parisi, componente<br />

della giunta esecutiva Fnsi, si compatta:<br />

elegge il comitato di redazione e rivendica<br />

con forza la massima chiarezza sul “caso<br />

Pollichieni”, le più ampie garanzie a tutela<br />

dei posti di lavoro e il pieno rispetto<br />

dell’autonomia e dei principi etici e deontologici<br />

della professione giornalistica.<br />

L’Assemblea dei giornalisti ha, quindi,<br />

votato all’unanimità la decisione di proclamare<br />

da subito lo stato di agitazione in attesa<br />

dei chiarimenti da parte degli editori e<br />

della presentazione del piano editoriale da<br />

parte del nuovo direttore responsabile e, in<br />

attesa dei chiarimenti richiesti da parte degli<br />

editori, pur ribadendo il massimo impegno<br />

nella fattura del giornale, ha infine deciso<br />

di ritirare le firme dagli articoli invitando<br />

i corrispondenti ed i collaboratori<br />

esterni ad imitarlo.<br />

Il comportamento degli editori di CalabriaOra<br />

“provoca sconcerto e preoccupazione"<br />

ha commentato l'onorevole Maria<br />

Grazia Laganà, deputata del Pd e<br />

vedova di Francesco Fortugno, ora condannata<br />

per gli appalti truccati dell’Asl di<br />

Locri. «Nessuno deve sapere: il classico<br />

linguaggio mafioso per fare tacere chi fa<br />

il proprio dovere». Di “attentato alla libertà<br />

di stampa" e di "plateale ingerenza<br />

del centrodestra calabrese nella vita di<br />

CalabriaOra” parla l'onorevole Michelangelo<br />

Tripodi, segretario regionale del<br />

Pdci.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 27<br />

Sansonetti e il “Boia chi molla”<br />

Ci vuole una scelta autorevole per smorzare<br />

la critica che ha coinvolto i due editori<br />

Fausto Aquino e Piero Citrigno, CalabriaOra,<br />

il sindacato dei giornalisti, i citrigniani<br />

della redazione.<br />

Un nome grosso, ma chi? Piero Sansonetti,<br />

giornalista “rivoluzionario”, pupillo<br />

di Fausto Bertinotti. Arriva con la promessa<br />

del ritorno in edicola di Paese Sera lo<br />

storico quotidiano protagonista di mille<br />

battaglie. Un sacrificio si può fare: confino<br />

in Calabria e un quotidiano, storico, tutto<br />

per lui a Roma.<br />

Le cose, però, non sono mai come appaiono<br />

e Sansonetti, guida del proletariato<br />

antagonista e nemico del padronato, chiude<br />

entrambi gli occhi sui guai giudiziari di<br />

Citrigno e Aquino e sui licenziamenti dei<br />

giornalisti “ribelli”. Diventa poi fustigatore<br />

dei giornalisti, di Susanna Camusso,<br />

passando per Ciccio Franco e il “Boia chi<br />

molla”.<br />

Dopo aver licenziato il cronista Lucio<br />

Musolino, minacciato dalla 'ndrangheta –<br />

e poche ore querelato dal presidente della<br />

Regione Peppe Scopelliti - dopo aver annunciato<br />

e poi rinunciato un incontro su<br />

fascismo e antifascismo con Roberto Fiore<br />

presso Forza Nuova di Milano, ha riesumato<br />

persino il "Boia chi molla" della rivolta<br />

di Reggio di quarant’anni fa.<br />

“Boia chi molla” è la parola d’ordine.<br />

Era lo slogan della “rivolta di Reggio”,<br />

una delle pagine più buie della storia italiana,<br />

un misto di massoneria, eversione,<br />

interessi politici e mafia, che Sansonetti<br />

riabilita. Altro che slogan fascista, scrive<br />

in un editoriale, “Boia chi molla lo inventarono<br />

gli insorti della Repubblica napoletana<br />

e fu ripreso da Carlo Rosselli”.<br />

Il 13 novembre, a Lamezia Terme, CalabriaOra-Sansonetti<br />

e l’editore Piero Citrigno<br />

hanno discusso su “Il vento del sud”<br />

perché "il nord sfrutta il sud, vuole il suo<br />

lavoro, la sua fatica, la sua ricchezza, le<br />

sue tasse. Vuole dominarlo, vuole comandare.<br />

Per questo la Calabria deve ribellarsi,<br />

insorgere, aprire una grande vertenza,<br />

riprendersi i suoi diritti e la sua dignità.<br />

Boia chi molla!".


Una sorta di leghismo dalle tinte nere -<br />

non senza riferimenti revisionisti, come<br />

quello di considerare sbagliata ed «insensata»<br />

la scelta dei sindacati di manifestare<br />

nel 1972 a Reggio Calabria contro la rivolta<br />

di Ciccio Franco e camerati - a pochi<br />

giorni da Forza del Sud, il topolino partorito<br />

da Gianfranco Miccichè in Sicilia.<br />

La manifestazione unitaria dei sindacati<br />

del 1972, centinaia di migliaia di lavoratori<br />

e studenti da tutta Italia, “fu sbagliata,<br />

sbagliatissima” - scrive Sansonetti - perché<br />

animata da una “logica da occupazione<br />

militare”, e poi quello slogan “Nord e<br />

Sud uniti nella lotta era insensato”.<br />

Il giudizio di Sansonetti sui “Boia chi<br />

molla” ha rivoltato le budella a molti tra i<br />

quali un personaggio mitico della sinistra<br />

calabrese, Peppino Lavorato, amico fraterno<br />

di Peppe Valarioti, il segretario del Pci<br />

di Rosarno ucciso dalla mafia nel giugno<br />

del 1980, sindaco, consigliere provinciale<br />

e parlamentare comunista: “Sansonetti ha<br />

aperto una riflessione sui moti di Reggio<br />

che io contesto. Altro che storie, ci sono<br />

atti e sentenze che dimostrano come quella<br />

rivolta fu un fatto eversivo, si stava<br />

preparando il terreno di massa al consenso<br />

per una svolta fascista. Non dimentichiamo<br />

che poi venne il tentativo di golpe del<br />

principe Borghese. Allora Pci e sindacati<br />

difesero la democrazia. L’ho scritto in un<br />

articolo inviato a Calabria Ora che però<br />

non è stato mai pubblicato”.<br />

Contro questa operazione politicoeditoriale<br />

è partita una petizione da parte<br />

di alcuni sindacalisti della Cgil. «Tutti<br />

sanno che si tratta di un motto fascista –<br />

denunciò Bruno Talarico, segretario della<br />

Cgil di Catanzaro – adoperato quarant’anni<br />

fa a Reggio. Il motto, usato da<br />

www.isiciliani.it<br />

Sansonetti, riabilita anche Peppe<br />

Scopelliti, l’ultimo segretario<br />

del Fronte della Gioventù, che<br />

dà il patrocinio della regione<br />

all'iniziativa e Calabria Ora, in<br />

caduta libera con le vendite,<br />

cerca di ritagliarsi uno spazio di<br />

mercato cavalcando un fronte<br />

autonomista meridionale che guarda con<br />

nostalgia ai moti reggini.<br />

Alla riunione nostalgica dei "Boia chi<br />

molla" c’è Peppe Bova, consigliere regionale<br />

espulso dal Pd, - 211mila euro di<br />

benzina spesi in un anno e prontamente<br />

rimborsatigli dalla Regione - l'imprenditore<br />

Antonino Gatto, presidente di Despar<br />

Italia, la cui ascesa economica è stata ricostruita<br />

nella relazione dell’Antimafia<br />

sulla ‘ndrangheta, Enza Bruno Bossio,<br />

l’imprenditrice del Pd - moglie del consigliere<br />

regionale Nicola Adamo, altro<br />

espulso dal Pd oggi inquisito per l’affaire<br />

dell’energia eolica, rinviata a giudizio<br />

dalla procura di Lecce per i finanziamenti<br />

equivoci della 488, Vincenzo De Luca,<br />

sindaco di Salerno e Nicola La Torre. Le<br />

conclusioni a chi sono state affidate? A<br />

Peppe Scopelliti. E’ questo il “nuovo vento<br />

del Sud” ?<br />

La notte su “Paese Sera”<br />

Scende la notte su "Paese Sera". Dopo<br />

gli anni ruggenti con il Pci, le storiche<br />

firme e il sofferto fallimento che portò alla<br />

chiusura del 1994, il quotidiano "rosso<br />

anche nella testata" finisce nelle mani di<br />

due signori particolari: Pietro Citrigno e<br />

Fausto Aquino, sua storica "spalla". Questo<br />

sembrava il destino di Paese Sera con<br />

in sella l'ex rivoluzionario Piero Sansonetti<br />

e l’obiettivo di 120mila copie di tiratura<br />

iniziale e 80mila a regime.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 28<br />

"Faremo battaglie civili e politiche - affermò<br />

Citrigno - e combatteremo là dove<br />

ci sarà da combattere".<br />

Per ora le uniche battaglie che<br />

combattono i due soci, noti in Calabria<br />

come "il gatto e la volpe", sono quelle<br />

giudiziarie. Citrigno condannato a quattro<br />

anni e otto mesi per usura nel processo<br />

"Twister" in cui 39 persone, vicini alle<br />

famiglie Presta e Chirillo che controllano<br />

la città di Cosenza e il territorio di Tarsia,<br />

furono accusate di associazione per<br />

delinquere di stampo mafioso, usura,<br />

estorsione e riciclaggio.<br />

Tra gli arrestati anche l'editore di<br />

CalabriaOra-Paese Sera, Pietro Citrigno. Il<br />

suo nome salta fuori anche nel corso di<br />

un’altra inchiesta, quella sulla casa di cura<br />

«Giovanni XXIII», la cosiddetta "clinica<br />

degli scandali" di Serra D’Aiello, in<br />

provincia di Cosenza. A tirarlo in ballo,<br />

pur senza mai nominarlo, è l'ex<br />

parlamentare dell’Udeur Ennio Morrone,<br />

oggi nelle patrie galere, secondo cui un assessore<br />

della giunta di Agazio Loiero, insieme<br />

a un magistrato, brigavano per far<br />

finire la clinica nelle sue mani.<br />

Il pm dell’inchiesta, Eugenio Facciolla,<br />

decide di sentire sia Citrigno che Fausto<br />

Aquino per il quale invece è stato chiesto<br />

il rinvio a giudizio per aver affittato<br />

all’Asp di Cosenza un palazzina di cui la<br />

sua società, «L’Edera srl», non aveva la<br />

proprietà ma solo un mero diritto di superficie.


Milano<br />

Expo fugit...<br />

Mancano solo 850 giorni<br />

all'evento. E la Expo<br />

Spa? Segna il passo<br />

di Valerio Berra<br />

www.stampoantimafioso.it<br />

Tic-tac-tic-tac. Il rumore dei rintocchi, il<br />

rumore silenzioso del tempo che scorre,<br />

accompagna gli uomini da secoli. «Tempus<br />

fugit», diceva Virgilio, il tempo fugge,<br />

e non può essere più ripreso.<br />

Sul sito ufficiale di Expo 2015 compare<br />

il numero dei giorni che distano dal primo<br />

maggio 2015, quindo i nastri tricolori<br />

dell'inaugurazione verranno tagliati e comincerà<br />

ufficialmente l'esposizione universale.<br />

Ad oggi mancano circa 850 giorni prima<br />

dell'inizio del grande evento, giorni che si<br />

preannunciano molto densi per i suoi organizzatori.<br />

Il tempo diventa quindi un fattore<br />

fondamentale per capire le vicende che<br />

interessano e hanno interessato Expo<br />

2015. Nel febbraio 2012 era stato varato<br />

dai vertici della società pubblica Expo<br />

S.p.a., quella che si dovrà occupare della<br />

realizzazione e gestione dell'evento, un<br />

documento chiamato «Protocollo di legalità».<br />

Un plico di fogli all'interno dei quali si<br />

potevano leggere le linee guida che avrebbero<br />

accompagnato i cantieri. I buoni propositi<br />

c'erano tutti: controlli per evitare infiltrazioni<br />

d'appalto, white list per garantire<br />

che le aziende fossero pulite, e tante<br />

promesse sulla trasparenza e sulla legalità.<br />

Peccato che tutto questo non aveva fatto i<br />

conti con le lancette prima citate, con quei<br />

rintocchi che si susseguono freddi e incuranti<br />

di ogni tipo di scandalo che può accadere.<br />

Secondo le previsioni degli organizzatori<br />

la macchina Expo dovrebbe<br />

essere pronta circa due mesi prima<br />

dell'inaugurazione. Tempi ottimistici che<br />

www.isiciliani.it<br />

stanno creando problemi sia dal lato finanziario<br />

che dal punto di vista della legalità,<br />

come si è subito capito nell'ambito<br />

del primo dei tre cantieri che dovranno garantire<br />

la realizzazione della grande opera.<br />

Iniziamo dalla parte strettamente economica.<br />

Il primo appalto riguarda la «rimozione<br />

delle interferenze», si occupa cioè di<br />

sistemare la viabilità attorno al sito<br />

dell'esposizione universale e garantire il<br />

collegamento con le reti idriche ed elettriche.<br />

Questo cantiere è partito nel novembre<br />

2011, guidato dalla CMC di Ravenna.<br />

L'azienda che si è aggiudicata la gara di<br />

appalto al massimo ribasso offrendo ben il<br />

42, 83% di sconto sula base d'asta, 65 milioni<br />

di euro contro i 90 stimati dai periti<br />

che hanno valutato i lavori. L'azienda si è<br />

accorta però che i tempi previsti erano<br />

troppo stretti e nel novembre 2012 ha richiesto<br />

ad Expo S.p.a. altri 30 milioni per<br />

poter finire i lavori. In questo modo non<br />

solo viene a mancare tutto quello sconto<br />

che era stato promesso dall'azienda, ma si<br />

aggiungono altri 5 milioni di euro al prezzo<br />

stimato in partenza.<br />

Se però dal lato economico la perdita<br />

non è poi tanto eclatante rispetto alla<br />

quantità di soldi in gioco, il vero problema<br />

emerge subito sul versante della legalità.<br />

Per capire quanto questa mancanza di tempo<br />

possa diventare pericolosa, basta analizzare<br />

due casi, sempre inerenti a questo<br />

primo cantiere. Il primo riguarda le modalità<br />

con cui è stata concessa la gara<br />

d'appalto.<br />

Il criterio utilizzato è quello del «massimo<br />

ribasso», vince cioè l'azienda che offre<br />

lo sconto maggiore sulla base d'asta.<br />

Questo è un metodo molto pericoloso, perché<br />

più si abbassa il prezzo, più è probabile<br />

che le imprese mafiose entrino ad inquinare<br />

l'appalto. Tali aziende possono infatti<br />

contare su un enorme quantitativo di<br />

denaro sporco da riciclare oltre che su metodi<br />

di persuasione poco ortodossi, potendo<br />

così facilmente battere la concorrenza<br />

di altre imprese. La motivazione per la<br />

quale il primo cantiere è stato assegnato in<br />

questo modo è però proprio quella tempo,<br />

la tabella di marcia era già stata ritardata e<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 29<br />

quello del massimo ribasso è il modo più<br />

veloce per assegnare i lavori. Con questo<br />

non si vuole dire che la CMC di Ravenna<br />

sia direttamente collegata alla società<br />

criminale, ma il rischio che lo sia una delle<br />

moltissime aziende che hanno ottenuto i<br />

subappalti, oppure un'azienda esterna che<br />

si occupa di qualche fornitura, è molto<br />

alto.<br />

La Procura apre fascicoli<br />

Tanto alto che il 25 maggio 2012 i pm<br />

Paolo Filippini e Antonio D'Alessio hanno<br />

aperto presso la Procura di Milano un<br />

fascicolo per indagare sul possibile reato<br />

di turbativa d'asta su questo appalto. Il secondo<br />

problema nell'ambito della legalità<br />

risale al 6 luglio 2012, quando sulla base<br />

di un'informativa della Prefettura di Milano,<br />

Expo S.p.a decide di rimuovere dal<br />

cantiere una delle aziende che avevano in<br />

gestione un subappalto, la Elios di Piacenza.<br />

I vertici della società che si occupa<br />

di realizzare l'esposizione universale, dichiarano<br />

infatti che dalle carte della Prefettura<br />

emergono elementi tali da pregiudicare<br />

il rapporto di fiducia con questa impresa,<br />

sulla base del «Protocollo di legalità»<br />

firmato pochi mesi prima.<br />

La scelta viene immediatamente ripresa<br />

da tutte le figure politiche che ruotano attorno<br />

ad Expo 2015, riportata come una<br />

fiera testimonianza di un sistema di controlli<br />

fitto ed intransigente. Peccato però<br />

che i giorni scorrono in fretta e un cambio<br />

di impresa richiede tempo, così poche settimane<br />

dopo la revoca del subappalto, il<br />

Tar sostiene l'illegittimità dell'allontanamento<br />

e reintegra le Elios nel cantiere.<br />

Una decisione presa in fretta, per non perdere<br />

neanche un giorno nei lavori. Tic-tactic-tac.<br />

Quando il tempo scorre così veloce,<br />

non ci si può fermare a controllare che<br />

tutto sia a norma, che tutto sia trasparente.<br />

Bisogna procedere. Andare avanti scavo<br />

dopo scavo, colata dopo colata, rendendo<br />

così poco più che carta straccia tutti i<br />

protocolli firmati. Per i processi, le polemiche<br />

e la giustizia, ci sarà tempo dopo.<br />

Expo fugge, Expo non aspetta.


www.isiciliani.it<br />

Così dicevano i boss<br />

“Quella camurrìa”<br />

di Rostagno!”<br />

Un delitto di mafia: la<br />

Corte di Trapani riassume<br />

quasi due anni di<br />

processo<br />

di Rino Giacalone<br />

Ventiquattro pagine: una ordinanza<br />

che non riapre il processo per l’omicidio<br />

di Mauro Rostagno, non scrive nuovi<br />

scenari, non cancella le ipotesi<br />

dell’accusa, il delitto di mafia, l’omicidio<br />

ordinato dal patriarca belicino<br />

Francesco Messina Denaro, il killer,<br />

Vito Mazzara, mandato ad uccidere dal<br />

capo mafia del mandamento di Trapani<br />

Vincenzo Virga.<br />

C’è sempre qualcuno a dire che quello<br />

di Rostagno non fu un delitto di mafia. E’<br />

successo anche dinanzi ad un'ordinanza<br />

che invece, se letta bene, svela l’unico intento<br />

della Corte di Assise di Trapani, e<br />

cioè quello di avere un quadro ben chiaro.<br />

La Corte ha messo nero su bianco la propria<br />

convinzione che tante delle cose<br />

ascoltate durante le quarantuno udienze ed<br />

i quasi due anni di processo possono essere<br />

perfettamente vere e vanno, semmai,<br />

approfondite. L' ha fatto con le previsioni<br />

dell’art. 507 del codice che prevede, finita<br />

l'escussione dei testi, la possibilità di esaminare<br />

nuovi testi o documenti in qualche<br />

modo richiamati nella prima fase.<br />

Ci sono state le richieste delle parti, la<br />

pubblica accusa che ha puntato dritto contro<br />

il presunto killer, Vito Mazzara, sicario<br />

conclamato della mafia trapanese; ci sono<br />

state le richieste delle parti civili a proposito<br />

delle indagini giornalistiche svolte da<br />

Rostagno nel territorio e con la indicazione<br />

di alcune fonti; ci sono state le richieste<br />

delle difese degli imputati, che hanno puntato<br />

essenzialmente a introdurre altri scenari<br />

(corna tipo “Beautiful”, traffici<br />

d'armi, Gladio, l’assassinio di Ilaria Alpi e<br />

Miran Hrovatin).<br />

A tutte le richieste la Corte ha concesso<br />

tanto, ma il grosso dell’ordinanza è frutto<br />

delle valutazioni proprie dei giudici, togati<br />

e popolari. Le richieste della Corte guardano<br />

verso una unica direzione: le colpe della<br />

mafia nel delitto, ipotesi che resta il fulcro<br />

del processo. "Rostagno, una camurrìa",<br />

diceva passeggiando sotto gli aranci<br />

del suo giardino il boss di Castelvetrano<br />

Ciccio Messina Denaro. Non è escluso che<br />

a commettere quel delitto la sera del 26<br />

settembre 1988 sia andato anche suo figlio,<br />

l’attuale latitante Matteo Messina<br />

Denaro, uno che con Vito Mazzara spesso<br />

andava a sparare - e per uccidere. Perché<br />

quell'ordine partito da Castelvetrano? Perché<br />

Rostagno aveva puntato l’attenzione<br />

in quel 1988 sulla mafia belicina, seguendo<br />

il processo per un delitto eclatante,<br />

quello dell’ex sindaco di Castelvetrano<br />

Vito Lipari, ammazzato otto anni prima.<br />

Nell'esordio dell’ordinanza i giudici cominciano<br />

subito ad approfondire. Sono<br />

stati chiesti atti su perizie balistiche di<br />

armi usate da Cosa nostra, trovate<br />

all’imputato Vito Mazzara, nochè le perizie<br />

relative all'omicidio del giudice trapanese<br />

Alberto Giacomelli, ucciso per vendetta<br />

(era già in pensione) per ordine di<br />

Totò Riina. Qualche giorno prima, nelle<br />

campagne di Trapani era diventata definitiva<br />

una confisca, disposta a suo tempo da<br />

Giacomelli, contro il fratello di Totò Riina.<br />

Nel corso del processo è emerso con<br />

forza il livore dei capimafia contro Rostagno:<br />

ne hanno parlato diversi collaboratori<br />

di giustizia come Angelo Siino e Giovanni<br />

Brusca. Il segnale era arrivato anche<br />

all’editore di Rtc, la tv dove Rostagno lavorava.<br />

All’imprenditore Puccio Bulgarella<br />

(deceduto da poco)il pentito Siino ha<br />

detto di avere riferito che Rostagno stava<br />

"dando fastidio"; la moglie di Bulgarella,<br />

prof. Caterina Ingrasciotta (che verrà riascoltata<br />

dai giudici), ha detto che si coglievano<br />

fastidi “nei salotti” della città. Un<br />

giornalista di Rtc, Ninni Ravazza, a dibattimento<br />

e non prima, si è ricordato che un<br />

giorno Bulgarella irruppe in redazione, assente<br />

Rostagno, per dire, e non con buone<br />

maniere, che era ora di abbassare certi<br />

toni.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 30<br />

I giudici vogliono conoscere gli affari di<br />

Bulgarella, le indagini che lo hanno riguardato,<br />

gli appalti truccati ai quali la sua<br />

impresa avrebbe partecipato, sempre raccomandato<br />

da Cosa nostra. Aveva la stanza<br />

vicinissima a quella di Mauro Rostagno:<br />

se Peppino Impastato a Cinisi conduceva<br />

le sue battaglie a cento passi dalla<br />

casa di don Tano Badalamenti, Rostagno<br />

faceva tv a cinque passi dalla stanza dove<br />

di tanto in tanto arrivava Angelo Siino,<br />

l’emissario più vicino all’allora latitante<br />

Totò Riina.<br />

A cinque passi dalla stanza di Siino<br />

La Corte di Assise ha deciso di guardare<br />

negli armadi dei segreti sui traffici di armi<br />

passati per Trapani, e in quelli delle indagini<br />

sul Gladio trapanese: verranno sentiti<br />

il senatore Massimo Brutti, che a livello<br />

nazionale per il Pci si occupò di Gladio,<br />

l’ex vice presidente dell’Ars Camillo<br />

Oddo, che da segretario del Pci a suo tempo<br />

fece un documento legando il delitto<br />

Rostagno a Gladio, ed i più alti ufficiali di<br />

Gladio, Piacentino, Fornaro e Martini - se<br />

ancora in vita - ed è stato chiesto alla Procura<br />

di depositare senza omissioni il verbale<br />

di interrogatorio del capo centro Vincenzo<br />

Li Causi, morto misteriosamente<br />

durante una missione in Somalia proprio<br />

mentre i magistrati di Trapani si apprestavano<br />

a risentirlo.<br />

La difesa ha molto insistito su questi<br />

aspetti (ma non sono state ammesse testimonianze<br />

eccezionali come quella dell’ex<br />

capo della Polizia Gianni De Gennaro):<br />

non fu un delitto di mafia, ma un delitto<br />

ordito da altre entità perché Rostagno aveva<br />

scoperto affari segreti dei “servizi segreti”.<br />

La Corte vuole scandagliare anche<br />

questo terreno, ma anche in questo caso<br />

l’ombra della mafia c’è: è stato il pentito<br />

Sinacori a fornire un dato storico, che<br />

Cosa nostra nei traffici di armi c’è sempre<br />

entrata. E quindi Rostagno poteva essere<br />

diventato una “camurrìa” -come andava<br />

sbraitando il patriarca della mafia Francesco<br />

Messina Denaro - perché avrebbe potuto<br />

mettere gli occhi su questi interessi.


Intanto però c’è una smentita rispetto<br />

alla storia che lui, in compagnia di una<br />

donna, avrebbe scoperto un atterraggio segreto<br />

su un aeroporto chiuso (Chinisia o di<br />

Milo, tutti e due in punti opposti ed esterni<br />

rispetto al centro urbano trapanese): la<br />

donna che lo accompagnava, Leonid<br />

Heuer, moglie di un generale dei servizi<br />

segreti, Angelo Chizzoni, sentita di recente<br />

a verbale, ha smentito di avere mai conosciuto<br />

Mauro Rostagno. Verrà il giornalista<br />

Sergio Di Cori (palesatosi d’improvviso<br />

amico di Rostagno e suo buon conoscitore<br />

nell’estate del 1996, quando la Polizia<br />

arrestò per favoreggiamento la compagna<br />

di Mauro, Chicca Roveri, e per omicidio<br />

una serie di ospiti di Saman: la pista cosiddetta<br />

interna totalmente caduta) a dire<br />

come seppe di quel traffico e come parlò<br />

con Rostagno, cosa gli disse il giornalista,<br />

a lui, amico fidato, “all’insaputa dei familiari<br />

di Mauro”.<br />

Ma tutto questo si troverà nella parte finale<br />

dell’ordinanza, perché prima di arrivare<br />

a questi punti la Corte di Assise ne ha<br />

posti altri, come la necessità di interrogare<br />

Giacoma Filippello, compagna del boss<br />

campobellese Natale L’Ala, mafioso e<br />

massone, ammazzato dai suoi rivali corleonesi<br />

dopo tre tentativi andati a vuoto,<br />

che prima di morire avrebbe incontrato<br />

Rostagno e a lui avrebbe svelato segreti<br />

della massoneria.<br />

Le presenze di Licio Gelli<br />

In secondo piano è passata la circostanza<br />

che Rostagno aveva ottenuto informazioni<br />

importanti proprio sulle logge segrete<br />

trapanesi, come le ripetute presenze nel<br />

trapanese del gran maestro della P2 Licio<br />

Gelli: se questa conoscenza oggi sembra<br />

poca cosa mentre all’epoca l’Italia veniva<br />

attraversata da strane trame, forse si commette<br />

un grave errore di sottovalutazione.<br />

E’ Licio Gelli in quegli anni a “benedire”<br />

con il rito massonico la loggia segreta di<br />

Trapani dove si troveranno iscritti mafiosi,<br />

politici, burocrati, banchieri, colletti bianchi,<br />

professionisti, funzionari di prefettura,<br />

questura, loggia frequentata da cardinali e<br />

anche da emissari di Gheddafi.<br />

La Corte di Assise vuole sapere di più<br />

sull’omicidio di Vincenzo Mastrantonio,<br />

ammazzato pochi mesi dopo Mauro Rostagno.<br />

Mastrantonio era il tecnico dell’Enel<br />

che faceva le manutenzioni a Lenzi, sul<br />

luogo del delitto, e quel 26 settembre 1988<br />

c’era buio nella zona, un corto circuito<br />

aveva spento i fanali: ma Mastrantonio era<br />

anche l’autista di Vincenzo Virga, e il pen-<br />

www.isiciliani.it<br />

tito Milazzo ha detto che fu ucciso perché<br />

non era capace di tenersi dentro i segreti, e<br />

con lui parlò del delitto di Mauro Rostagno.<br />

Per questa ragione in aula tornerà<br />

l’ex capo della Mobile di Trapani, oggi<br />

questore di Piacenza, Rino Germanà.<br />

Si colloca ugualmente nel filone degli<br />

appalti mafiosi l’approfondimento investigativo<br />

su mafia e riciclaggio dei rifiuti che<br />

proprio in quel 1988 conosceva il suo apice:<br />

il boss Vincenzo Virga, che gestiva<br />

tranquillamente un impianto di riciclaggio<br />

costruito a Trapani con finanziamenti pubblici,<br />

andava dicendo sornione: “trasi<br />

munnizza e nesci oro”.<br />

“Trasi munnizza e nesci oro”<br />

Nomi eccellenti quelli che la Corte vuole<br />

pure sentire, come il giornalista Corrado<br />

Augias che dedicò una puntata della sua<br />

serie “Telefono Giallo” al delitto Rostagno<br />

quando si parlava tanto di pista interna, o<br />

ancora i giornalisti Palladino e Scalettari,<br />

che di recente sul Fatto Quotidiano hanno<br />

scritto di contatti tra servizi segreti e uno<br />

dei sospettati del delitto, poi archiviato:<br />

Giuseppe Cammisa, il famoso Jupiter,<br />

braccio destro del guru Francesco Cardella.<br />

Anche Cammisa la Corte vuole sentire,<br />

così come il giornalista maltese Stagno<br />

Navarra che si occupò degli interessi illeciti<br />

a Malta del guru Cardella. Ed infine la<br />

giornalista Valeria Gandus, per delle dichiarazioni<br />

rese mentre la Procura di Trapani<br />

indagava sulla pista interna.<br />

Siamo a quasi due anni dall’inizio del<br />

processo (prima udienza 2 febbraio 2011).<br />

Si sono tenute sino al 14 dicembre 41<br />

udienze, la prossima è il 18 <strong>gennaio</strong>, e nel<br />

frattempo si attende il deposito di una<br />

super perizia a proposito dei reperti che<br />

vengono ricondotti all’abile tiratore Vito<br />

Mazzara, campione di tiro a volo della nazionale<br />

italiana e tiratore scelto della mafia<br />

trapanese, molto bravo ad ammazzare<br />

cristiani. La Corte di Assise con la sua ordinanza<br />

vuole ancorare a precisi riscontri<br />

fatti dibattimentali molto importanti, a cominciare<br />

dalla cosiddetta firma di Cosa<br />

nostra su quelle cartucce che Vito Mazzara<br />

era solito sovraccaricare e sparare a freddo<br />

per sovrapporre diverse striature. Lui che<br />

poteva permettersi di girare con il suo fucile<br />

calibro 12 in auto, pronto ad andare ad<br />

uccidere per ordine dei boss, se fosse stato<br />

fermato avrebbe detto che stava andando<br />

ad esercitarsi per la sua passione sportiva<br />

pluripremiata, e invece, come hanno raccontato<br />

i pentiti, spesso andava ad uccidere<br />

in compagnia di Matteo Messina Dena-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 31<br />

ro o ancora con<br />

coperture<br />

eccellenti come<br />

quella dell’allora<br />

consigliere<br />

comunale del Psi<br />

Franco Orlando<br />

che, sebbene<br />

condannato per<br />

mafia, fu assolto<br />

dalle accuse di<br />

avere partecipato a delitti.<br />

Un proiettile scomparso dai reperti<br />

Però c’è un giallo da risolvere: la scomparsa<br />

di un proiettile calibro 38 dai reperti.<br />

Un proiettile estratto dal corpo di Mauro<br />

Rostagno durante l’autopsia. Mistero, giallo,<br />

c’è una indagine in corso ma sembra<br />

che se qualcuno abbia voluto togliere di<br />

mezzo una prova: di fatto di quel proiettile<br />

esistono fotografie che pare siano più nitide<br />

del proiettile stesso, e poi con la perizia<br />

su Mazzara non c’entra nulla.<br />

Potrebbe entrarci con qualche altro accertamento<br />

ora chiesto dalla Corte, tra le<br />

comparazioni per le quali i giudici hanno<br />

mostrato attenzione e curiosità non fine a<br />

se stessa ma per potere giudicare. Se ciò è<br />

vero, quella sparizione potrebbe essere<br />

stata frutto di una azione preventiva, non<br />

per aiutare agenti di servizi segreti, gladiatori<br />

o altro, ma solo e sempre mafiosi, perché<br />

i delitti sui quali la Corte ha puntato<br />

attenzione sono omicidi di mafia, decisi<br />

dalla cupola, la stessa che volle Rostagno<br />

morto.<br />

Ma diamo tempo al tempo, la Procura di<br />

Marcello Viola sta indagando e il giallo<br />

non resterà tale ancora per molto. Intanto,<br />

scorrendo l’ordinanza della Corte di Assise<br />

è difficile che il processo Rostagno possa<br />

concludersi nel <strong>2013</strong>.<br />

La Trapani di 25 anni fa – cioè di ora<br />

Si arricchirà ancora di ulteriori elementi<br />

lo scenario trapanese di quel 1988. Un<br />

puzzle che si va componendo, presentando<br />

elementi molto attuali. Il processo Rostagno<br />

ci sta raccontando la Trapani di 25<br />

anni fa, ma molte cose oggi sembrano<br />

proprio le stesse. A cominciare dalle delegittimazioni<br />

e dai falsi gialli grazie ai quali<br />

mafia e poteri forti hanno piantato qui salde<br />

radici. E Mauro Rostagno era una "camurrìa"<br />

perché le sue denunce irridevano<br />

quella mafia che non era più fatta da contadini<br />

ma da menti fine.


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Occhiello<br />

Sgarbi, i picciriddi e...<br />

“Toglieteli di mezzo se<br />

no li uccido”. Certo:<br />

non parlano di affari...<br />

di Rino Giacalone<br />

Dell’ex sindaco di Salemi e noto critico<br />

d’arte Vittorio Sgarbi si sanno tante cose,<br />

ma che nutra “un odio verso i bambini” è<br />

risulta nuovo. Eppure sta scritto nero su<br />

bianco su un atto giudiziario. “Il sindaco<br />

Sgarbi ha avuto sempre un rapporto difficilissimo<br />

con i bambini” recita la<br />

testimonianza in Tribunale di un suo ex assessore,<br />

l’avvocato Ketti Bivona. “Quando<br />

si vedevano bambini in giro, lui diceva:<br />

toglieteli di mezzo perché sennò li<br />

uccido”. La Bivona è stata sentita a Trapani<br />

nel procedimento per l’applicazione<br />

della misura di prevenzione e la confisca<br />

dei beni contro l’ex deputato Dc Pino<br />

Giammarinaro.<br />

Il contenuto dell’accusa è noto: riguardo<br />

all’amministrazione comunale di Salemi,<br />

nel periodo in cui c’era a guidarla il critico<br />

prof. Sgarbi, Giammarinaro avrebbe esercitato<br />

un preciso ruolo di influenza sulle<br />

decisioni del sindaco e della Giunta, sempre<br />

secondo l’accusa con una impronta dichiaratamente<br />

mafiosa. Caratteristica che<br />

Sgarbi ha sempre negato recisamente, e invece<br />

denunciarono assessori della sua amministrazione,<br />

come il famoso fotografo<br />

Oliviero Toscani, che si dimise. E l’assessore<br />

Bivona, sentita nel procedimento, ha<br />

ricostruito un po’ quello che accadeva durante<br />

la sindacatura di Vittorio Sgarbi. E i<br />

retroscena non sono pochi.<br />

Se i bambini per lui erano come fumo<br />

negli occhi, Giammarinaro invece sarebbe<br />

stato perennemente il suo punto di riferimento.<br />

“Appena arrivava a Salemi – ha<br />

detto la teste – non faceva altro che chiedere<br />

dove fosse Giammarinaro, chiedeva<br />

che venisse chiamato, che doveva stare<br />

con lui…Vittorio Sgarbi aveva un rapporto<br />

fortissimo con Giammarinaro. Appena<br />

metteva piede a Salemi, si rivolgeva a noi<br />

e diceva dov'è quel Giammarinaro? Chiamatelo<br />

e... si rapportava con lui, parlava<br />

con lui, loro parlavano, loro facevano…”.<br />

La sede dell’amministrazione, Sgarbi di<br />

fatto l’aveva trasferita in un appartamento<br />

di grande bellezza artistica che lui aveva<br />

preso in affitto per risiedere a Salemi, “ma<br />

con la scusa che in Municipio c’erano lavori<br />

in corso una stanza veniva usata per<br />

le riunioni di Giunta, e le altre stanze erano<br />

di sua personale pertinenza”. Riunioni<br />

di Giunta che spesso di facevano a notte<br />

fonda, alle 2 o alle 3, oppure qualche ora<br />

prima dell’alba, alle 5, “lui decideva di<br />

fare Giunta e chiamava il segretario generale,<br />

poveraccio, o il vice segretario”.<br />

“Noi – ha proseguito l’ex assessore - lo<br />

dovevamo rincorrere per fare le giunte.<br />

Vittorio si muoveva sempre con un codazzo,<br />

con una corte di...infinita. C'erano ballerine,<br />

artisti, scrittori…Noi approfittavamo<br />

della sua presenza perché avevamo bisogno<br />

di indicazioni, lui veniva saltuariamente<br />

due, tre, volte al mese…”. E mentre<br />

si facevano le riunioni di Giunta “Giammarinaro…poverino<br />

veniva anche lui e<br />

stava nell’anticamera”. E la storia dei<br />

bambini? Presto spiegata.<br />

“Giammarinaro? Veniva anche lui”<br />

Ogni anno la scuola elementare per le<br />

recite di Natale doveva andare in un locale<br />

a Gibellina. A Salemi era stato recuperato<br />

un immobile e all’assessore Bivona venne<br />

l’idea di proporre al sindaco di concedere<br />

alla scuola quel locale: “Lui (Sgarbi ndr)<br />

fece un inferno, che schifo, se un bambino<br />

mette piede lì, io faccio un macello. Finì<br />

così e io mi sono tenuta questa cosa. Poi<br />

arrivò l'istanza del direttore della scuola e<br />

io gliela firmai e poi mi sfogai con Giammarinaro…io<br />

non avevo nessuna intenzione<br />

di fare brutta figura col direttore”.<br />

Una vicenda che nel procedimento ha<br />

fatto ingresso per via di una intercettazione<br />

in la Bivona pare ricevere da Giammarinaro<br />

l’assenso a firmare quell'autorizzazione<br />

anche col dissenso di Sgarbi, circostanza<br />

che però l’ex assessore ha negato:<br />

“Sarei stata una cretina a fare una cosa del<br />

genere…Mi sono solo sfogata come mi<br />

sono sfogata altre volte con lui”.<br />

I retroscena dell’amministrazione Sgarbi<br />

però non si fermano a queste circostanze.<br />

Ce ne sono anche altre. Come quando<br />

Sgarbi decise di nominare il cantante Morgan<br />

come assessore. Erano i giorni in cui<br />

era scoppiato lo scandalo per le dichiara-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 32<br />

zioni rese dallo stesso cantante a proposito<br />

dell’uso di droga che lui aveva fatto, cosa<br />

che gli aveva provocato l’esclusione dal<br />

Festival di Sanremo. E Sgarbi allora decise<br />

di nominarlo assessore.<br />

“Vittorio ridendo ci comunicò ora lo<br />

facciamo venire qua come assessore…eravamo<br />

tutti così, allibiti... dicevamo ma ancora<br />

gente porta? gente che non ci porta<br />

niente… cominciava a emergere la delusione,<br />

la stanchezza. Non arrivavano soldi,<br />

non arrivano progetti, non arrivava... non<br />

arrivava niente, tranne quella sua potenza<br />

mediatica che ci ha resi noti in tutto il<br />

mondo. Noi avevamo altri obiettivi per cui<br />

ci lamentammo, tutti non solo io…”.<br />

La Bivona ad un certo punto si è messa<br />

anche a piangere dovendo ricordare un affronto<br />

subito da Toscani: “Quando comunicai<br />

che ero in attesa di un bambino, Toscani<br />

mi chiese chi avevo incastrato…<br />

Qualche tempo dopo ero presente ad una<br />

manifestazione con il mio compagno, Giuseppe<br />

Parrino (figlio della senatrice alcamese<br />

ed ex ministro dei Beni Culturali ai<br />

tempi della prima repubblica, Vincenza<br />

Bono Parrino ndr), che si presentò a Toscani<br />

dicendogli che era lui che si era fatto<br />

incastrare”.<br />

Poi i discorsi sono tornati su Sgarbi che<br />

invece di parlare di problemi amministrativi<br />

“guardava le donne e le giudicava a secondo<br />

se avevano o meno i tacchi alti”. E<br />

Giammarinaro non si è mai pentito della<br />

scelta fatta di candidare e fare eleggere<br />

sindaco Vittorio Sgarbi? “A me non me<br />

l'ha mai detto, ma...”.<br />

Il discorso è stato completato dall’ex vicesindaco<br />

Scalisi, uomo di Pino Giammarinaro<br />

senza dubbio: ha raccontato quando<br />

durante una riunione al Kempiski (magnifico<br />

hotel di Mazara del Vallo scelto da<br />

Sgarbi per i suoi soggiorni) per parlare del<br />

progetto della vendita a un euro delle case<br />

terremotate di proprietà comunale (iniziativa<br />

servita solo a riempire pagine di giornali<br />

senza altri concreti risultati), ad un<br />

certo punto Sgarbi e Giammarinaro si appartarono<br />

in una stanza, e qualche minuto<br />

dopo si sentì un gran fragore di piatti che<br />

si rompevano. Sottovoce, in aula, durante<br />

la testimonianza di Scalisi, l’ex onorevole<br />

Giammarinaro ha confermato che Sgarbi<br />

gli scagliò addosso una serie di piatti che<br />

si trovò a portata di mano. Gli avrà gridato<br />

anche “capra capra capra”?


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Messina<br />

“Babba” a chi?<br />

Sulle rive dello Stretto<br />

la mafia prospera, ma<br />

pochi ci fanno caso<br />

di Ilaria Raffaele<br />

«Andatevene via, qui la mafia non<br />

c'è». Con queste parole i ragazzi di Addiopizzo<br />

sono stati cacciati dalla tradizionale<br />

festa della Vara, il carro costruito<br />

dai devoti della Vergine Maria che<br />

ogni anno il 15 agosto attraversa il centro<br />

della città.<br />

Eppure i <strong>giovani</strong> del comitato di Messina<br />

sono miti, anche se determinati nel portare<br />

la lotta alla mafia in riva allo Stretto.<br />

Giorgia Celi ed Enrico Pistorino di mestiere<br />

fanno gli operatori sociali, hanno da<br />

anni la passione per il volontariato e in<br />

cima ai loro desideri per la Sicilia ce n'è<br />

uno: liberarla dalla mafia. Sono loro il<br />

cuore del comitato Addiopizzo.<br />

«Io collaboravo già con alcune associazioni<br />

di volontariato, come la Caritas –<br />

racconta Giorgia – e parlando con Enrico<br />

ed altri amici abbiamo pensato di dare il<br />

nostro contributo alla lotta alla mafia». Insieme<br />

ad altre tredici persone si sono<br />

iscritti ad Addiopizzo e hanno cominciato<br />

la loro attività. Ora gestiscono un bene<br />

confiscato a un uomo accusato di usura.<br />

«Questo edificio è stato confiscato nel<br />

2001, ma l'affidamento al comitato è avvenuto<br />

per caso – spiega Enrico – Avevo saputo<br />

dai giornali che c'era un bene in via<br />

Roosevelt, ma non riuscivo a individuarlo<br />

fra queste palazzine. Così mi sono informato<br />

all'Agenzia nazionale per l'amministrazione<br />

dei beni sequestrati e mi hanno<br />

comunicato che era un appartamento in un<br />

limbo: non era né di loro proprietà né del<br />

Comune perché l'amministrazione non<br />

aveva avviato le procedure per<br />

acquisirlo».<br />

Un salone con una parete dipinta coi ritratti<br />

di Falcone e Borsellino, una piccola<br />

cucina, uno stanzino pieno di carte: in<br />

questa, che era la casa di un usuraio, si<br />

raccolgono e impacchettano i cesti natalizi<br />

con i prodotti che ci arrivano da Libera,<br />

dal consorzio Terre del Sole e dalla cooperativa<br />

Goel, due associazioni calabresi che<br />

gestiscono terre confiscate alla 'ndrangheta,<br />

ma da <strong>gennaio</strong> inizieranno anche i cineforum<br />

e i dibattiti. Intanto vanno nelle<br />

scuole a spiegare la legalità.<br />

“Qui la mafia c'è sempre stata”<br />

Il primo passo per combattere la mafia è<br />

riconoscere che c'è. La Direzione<br />

investigativa antimafia descrive così la<br />

provincia di Messina: «Caratterizzata dalla<br />

presenza di distinte strutture criminali di<br />

tipo mafioso, ciascuna operante su una<br />

propria area di influenza, ma tutte<br />

accomunate dalla capacità di condizionamento<br />

del tessuto economico-imprenditoriale<br />

e della pubblica amministrazione».<br />

Gli investigatori della Dia descrivono un<br />

quadro ben diverso dalla città “babba” in<br />

cui i messinesi pensano di vivere.<br />

«Qui la mafia c'è e c'è sempre stata –<br />

dice il questore Carmelo Gugliotta – Controlla<br />

il territorio in base a una spartizione<br />

che divide la città in tre macro-zone (nord,<br />

centro e sud), ciascuna con alcuni quartieri<br />

sotto il controllo delle famiglie. Faccio gli<br />

esempi di Giostra nella zona nord, Camaro<br />

al centro e Villaggio Cep e Santa Lucia<br />

Superiore nella zona sud di Messina». Oltre<br />

a queste, ci sono altre zone critiche:<br />

Contesse, Gravitelli e Mangialupi, «per lo<br />

più guidate da reggenti, dato lo stato di detenzione<br />

dei capi storici».<br />

La 'ndrangheta e le cosche<br />

Messina, schiacciata com'è dall'influenza<br />

delle cosche di Palermo e Catania e da<br />

quella della 'ndrangheta calabrese, viene<br />

descritta dal questore come una «città cuscinetto,<br />

dove viene mantenuta una calma<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 33<br />

Scheda<br />

LA CITTA' SPARTITA<br />

Il territorio di Messina e provincia, così<br />

come tutta la Sicilia, è rigorosamente<br />

diviso fra le cosche locali. Barcellona<br />

Pozzo di Gotto è notoriamente sede di<br />

uno dei clan più minacciosi della regione,<br />

Mistretta è segnalata per la famiglia<br />

locale, e la cronaca descrive una<br />

situazione di controllo del territorio da<br />

parte della mafia: è del 19 dicembre<br />

scorso l'arresto a Messina di otto persone<br />

per estorsione e usura (per alcuni di loro<br />

è stata ipotizzata l'aggravante mafiosa); il<br />

21 novembre la Direzione investigativa<br />

antimafia di Messina ha sequestrato beni<br />

per un valore di 600 mila euro agli<br />

imprenditori Antonino e Tindaro Lamonica<br />

di Caronia, accusati di essere vicini ad<br />

esponenti di spicco di gruppi mafiosi<br />

operanti nella fascia tirrenica della<br />

provincia (a marzo agli stessi imprenditori<br />

la Dia aveva sequestrato beni per un<br />

valore di 30 milioni di euro); il 13<br />

dicembre 2 milioni di euro erano stati<br />

sequestrati al latitante della famiglia<br />

barcellonese Filippo Barresi.<br />

apparente per preservare i rapporti economici<br />

fra siciliani e calabresi, che fanno affari<br />

soprattutto con la droga».<br />

L'acquisto e l'importazione in Italia delle<br />

sostanze stupefacenti vengono gestiti dalle<br />

famiglie palermitane e calabresi. «Messina<br />

è per lo più una piazza di spaccio mentre<br />

manca il livello più alto della gestione dei<br />

rapporti per l'acquisto all'ingrosso della<br />

droga».<br />

Il consumo di queste sostanze, dice il<br />

questore, è aumentato: «Negli ultimi quindici<br />

anni è cresciuto quello di cocaina, che<br />

è una sostanza eccitante e quindi era indicata<br />

per ritmi di lavoro più sostenuti e una<br />

vita che diventava più complessa. In questa<br />

fase di crisi è in aumento l'uso di eroina,<br />

che è depressiva».<br />

La strada da fare a Messina è ancora<br />

lunga. «Bisogna cambiare la mentalità di<br />

questa città» dice Massimo, che non è ancora<br />

iscritto ufficialmente ad Addiopizzo<br />

ma è già impegnato a dare una mano in<br />

sede. E racconta: «Ci sono persone che<br />

vengono ad acquistare qui i loro regali per<br />

Natale ma ci chiedono di togliere il logo<br />

Addiopizzo dalla confezione perché “chissà<br />

cosa pensa la gente”. Io non me lo riesco<br />

a spiegare: se vieni a comprare qui<br />

vuol dire che credi nel progetto, no? Allora<br />

che ti importa di cosa pensano gli<br />

altri?».


www.isiciliani.it<br />

Coi soldi di logge e clan<br />

Apocalisse rifiuti<br />

da Nord a Sud<br />

Il disastro è stato fissato<br />

per l'anno 2064<br />

quando il percolato inquinerà<br />

le falde un disastro<br />

ambientale senza<br />

precedenti<br />

di Arnaldo Capezzuto<br />

www.ladomenicasettimanale.it<br />

“É una storia maledetta. Un lungo e<br />

tossico romanzo criminale. Qui la camorra<br />

c'entra, eccome. Ma non è la<br />

sola. É un intreccio di poteri, saldature<br />

e coessenze da mettere i brividi. Un piano<br />

parallelo dove la politica e le istituzioni<br />

sono state piegate agli interessi e<br />

agli affari più spregiudicati. La massoneria<br />

ne è diventato il punto di sintesi,<br />

il porto sicuro, la corazza”.<br />

Il quadro d'insieme, i fatti ricostruiti e<br />

tratteggiati dall'ordinanza controfirmata<br />

dal Gip Anita Polito fa letteralmente accapponare<br />

la pelle. Nero su bianco in oltre<br />

cinquecento pagine sono ricostruiti un<br />

quarto di secolo di attentati all'ambiente e<br />

alla salute dei cittadini che fotografano<br />

l'industria del ciclo delle ecomafie nel territorio<br />

campano.<br />

Per la prima volta in assoluto viene contestato<br />

nel provvedimento cautelare il reato<br />

di disastro ambientale ad un capo della<br />

camorra casalese: il padrino ergastolano<br />

Francesco Bidognetti detto Cicciotto 'e<br />

mezzanotte.<br />

L'ambasciatore della cosca<br />

Con lui c'è il cugino Gaetano Cerci,<br />

considerato l'ambasciatore della cosca e<br />

più che altro il referente della massoneria<br />

di Castel Fibocchi facente capo al gran<br />

maestro e fondatore della P2 Licio Gelli.<br />

Ma non è finita. C'è spazio anche per<br />

l'avvocato Cipriano Chianese, prima titolare<br />

della Sestri, quindi della Resit srl, società<br />

che gestivano le discariche ubicate<br />

su un'area di 21.4 ettari, che assieme a<br />

Cicciotto 'e mezzanotte e a Cerci era il<br />

grande ideatore che avrebbe organizzato e<br />

portato a interrare negli invasi illegali<br />

806.590 tonnellate di rifiuti, solo in trascurabile<br />

parte proveniente dal sud.<br />

L'altra tessera del mosaico porta il<br />

nome di Giulio Facchi, sub-commissario<br />

all'emergenza rifiuti nominato dall'allora<br />

governatore e commissario distratto Antonio<br />

Bassolino. Questi “compagni di merenda”<br />

a più riprese subentrando al progetto<br />

- secondo l'inchiesta dei magistrati<br />

della Dda di Napoli - avrebbero scientifi-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 34<br />

camente pianificato e attuato dal 1989 ai<br />

giorni nostri il traffico di rifiuti chimici e<br />

industriali dal Nord Italia alla Campania.<br />

Le scorie dell'Acna di Cengio<br />

Dai riscontri, dalle analisi, dalle perizie<br />

è emerso che nelle discariche, nelle cave,<br />

nei terreni di Villaricca, Giugliano e<br />

Parete sono stati smaltiti circa 31mila<br />

tonnellate di scorie provenienti dall'Acna<br />

di Cengio. Ma questo non è tutto perché<br />

al peggio si aggiunge il disastro.<br />

C'è un timer che lento e inesorabile<br />

scandisce un countdown quotidiano con<br />

scadenza fissata al 2064. Quella massa di<br />

scorie tossiche interrate ha prodotto 57mila<br />

tonnellate di percolato e toccherà la<br />

punta massima di inquinamento e contaminazione<br />

delle falde acquifere nel 2064.<br />

Gli effetti sulla popolazione - stimano in<br />

maniera prudenziale gli studiosi - dureranno<br />

fino al 2080. Le patologie can- cerogene<br />

e le malformazioni - specialmente<br />

nei bambini - saranno simili a epidemie.<br />

Lo scenario è apocalittico. Territori violentati,<br />

devastati, stuprati irrimediabilmente.<br />

Un attentato e un disastro ambientale<br />

che non ha pari al mondo. Una tragedia<br />

immane. Come i genocidi nazisti.<br />

Società a capitale di camorra<br />

L'ingegneria massonica aveva pensato<br />

proprio a tutto. Addirittura è riuscita a<br />

costruire una società la “Ecologia 89” a<br />

capitale di camorra e gestita dai capi<br />

casalesi tra cui i big Francesco Schiavone<br />

“Sandokan” e Antonio Iovine “'O ninno”.<br />

Incontri, riunioni, conciliaboli settimanali<br />

alla circumvallazione esterna di<br />

Villaricca, un ristorante scelto come luogo<br />

neutro per ritrovarsi e intrecciare i fili di<br />

quel tessuto d'illegalità di poteri che ha<br />

messo in ginocchio una intera regione.


Era il 4 febbraio del 1991 quando Mario<br />

Tamburrino, autista di un tir che trasportava<br />

rifiuti chimici della Ecomovil di<br />

Cuneo fino alle campagne Di Qualiano,<br />

Villaricca e Giugliano, restò intossicato.<br />

www.isiciliani.it<br />

Dalle indagini si capì che sotto a quei<br />

terreni ci andava a finire di tutto e di più.<br />

A squarciare definitivamente il velo di<br />

omertà ed a mettere a nudo la piovra mostruosa<br />

dell'affare rifiuti tossici fu Gaetano<br />

Vassallo, l'imprenditore pentito che<br />

con i suoi racconti ha svelato la struttura<br />

e la sovrastruttura del sistema. I nomi dei<br />

politici si confondono con quelli dei camorristi,<br />

dei funzionari dello Stato infedeli,<br />

dei settori degli apparati di sicurezza<br />

diventando un enorme impasto che ha<br />

attentato la vita democratica di un paese.<br />

Il referente politico<br />

Il referente politico e di collegamento è<br />

- secondo l'accusa – il parlamentare Nicola<br />

Cosentino, ex sottosegretario<br />

all'Economia, ex coordinatore regionale<br />

del Pdl e attuale deputato in cerca disperata<br />

di un posto in lista per garantirsi immunità<br />

e impunità.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 35<br />

“Un contesto collusivo<br />

dove camorristi,<br />

imprenditori,<br />

impiegati infedeli<br />

tramavano<br />

per favorire i grandi<br />

gruppi industriali<br />

del Nord Est”<br />

Le indagini hanno scoperto e acclarato<br />

che tra l'area di Villaricca, Giugliano,<br />

Qualiano, Parete, Chiaiano e Pianura<br />

sono state smaltite illegalmente centinaia<br />

di migliaia di tonnellate di rifiuti ospedalieri,<br />

fanghi speciali, polveri di amianto,<br />

residui di verniciatura, alimenti avariati,<br />

medicinali scaduti e le scorie della lavorazione<br />

di alcune industrie del torinese,<br />

milanese, bolognese e veneto.<br />

Di cosa parliamo? La Campania infelix<br />

a tavolino è stata designata e adibita sulla<br />

scacchiera degli affari a grande discarica<br />

del Nord Italia. Ancora agli inizi degli<br />

anni Novanta, Carmine Schiavone spiegò<br />

come i casalesi, per soddisfare le esigenze<br />

del Settentrione, non esitarono a riempire<br />

gli scavi realizzati per la costruzione<br />

della superstrada Nola-Villaliterno, con<br />

tonnellate di rifiuti trasportati da tutta<br />

l'Italia.<br />

“Beviamo acqua minerale”<br />

Stesso concetto ribadito qualche anno<br />

dopo da Domenico Bidognetti: “Nei terreni<br />

agricoli per anni sono stati smaltiti i<br />

fanghi di depurazione provenienti da<br />

aziende della Lombardia. L'organizzazione<br />

guadagnava e faceva risparmiare centinaia<br />

di milioni di euro alle industrie del<br />

Nord Est garantendo sempre documenti<br />

puliti”. A chi, preso da un rimorso di coscienza,<br />

rifletteva: “Tutti questi rifiuti<br />

posso inquinare le falde acquifere”, il<br />

boss manager rispondeva: “A noi che<br />

cazzo c'importa, beviamo l'acqua<br />

minerale”.


www.isiciliani.it<br />

Società civile<br />

Diario da una<br />

scuola napoletana<br />

Michele, Antonio, Domenico...<br />

Fra inganno e<br />

solitudine, e vita amara<br />

di Andrea Bottalico<br />

www.napolimonitor.it<br />

Forse avevi ragione tu, Titina mia. Io<br />

mi domando ancora chi me l’ha fatto<br />

fare. Resto seduto a guardare al di là<br />

della finestra. Piove. Le gocce sbattono<br />

sui vetri, le pozzanghere si allargano e il<br />

traffico va in tilt. Si sentono i clacson in<br />

lontananza, le sirene della polizia e<br />

dell’ambulanza. Le ringhiere di alcuni<br />

bassi nel vico sono addobbate a festa,<br />

qualcuno spara i raudi anche sotto il diluvio.<br />

Nella stanza ci sono gli spifferi, fa<br />

talmente freddo che indosso due maglioni<br />

di lana e quattro paia di calzini.<br />

Guardo il temporale mentre provo a<br />

scriverti due righe. Sono trascorsi altri due<br />

mesi. Il panorama da qua m’inganna ogni<br />

mattina, quando mi sveglio e bevo il caffè<br />

dietro al vetro della finestra prima di andare<br />

a scuola. E osservo mezzo assonnato i<br />

tetti dei palazzi bagnati, i campanili, le terrazze<br />

piene di antenne e le navi in rada che<br />

aspettano di entrare nel porto, e penso di<br />

scappare via, raggiungerti, ma lei mi si<br />

piazza davanti senza dire niente. Ricordi<br />

quei versi di Bodini? «Qui non vorrei morire<br />

dove vivere/ mi tocca, mio paese,/<br />

così sgradito da doverti amare...».<br />

Come questo tempo, Tina. Passeggiare<br />

per le strade trafficate, girare l’angolo.<br />

Camminare. Leggere i titoli delle prime<br />

pagine con la stessa estraneità di un cane<br />

randagio nel parcheggio di un centro commerciale.<br />

Respirare a pieni polmoni<br />

quest’aria, restare assuefatti, bere bicchieri<br />

di Negroni sbagliati per sopperire al cinismo.<br />

E osservare i manichini delle vetrine,<br />

pensare al destino, alla barbarie somministrata<br />

in pillole.<br />

La storia drammatica, il traffico di stupefacenti,<br />

il Rom di ventuno anni ucciso<br />

in una sparatoria con la polizia, e le cari-<br />

che, le dichiarazioni ufficiali degli ultimi<br />

sottosegretari, le indagini preliminari, i<br />

sequestri, le statistiche, gli arresti, tutti<br />

quei morti ammazzati.<br />

Lasciamo perdere. L’altra volta, nel corso<br />

del laboratorio in una classe era in atto<br />

una discussione sul nome da dare alla testata<br />

del giornalino. Allora un alunno ha<br />

gridato: «La scissione! Chiamiamolo “La<br />

scissione”». Si tratta della stessa scuola<br />

media vandalizzata nella notte tra il 13 e il<br />

14 novembre da ignoti. Istituto allagato,<br />

estintori aperti, danni gravi. Un mese prima<br />

a Marianella due sicari uccidevano per<br />

errore Lino Romano, trent’anni, sotto casa<br />

della fidanzata. Quattordici colpi di pistola,<br />

Tina, già ne parlammo. Il bersaglio era<br />

un altro, quella sera si trovava nello stesso<br />

palazzo. Uno dei responsabili è stato arrestato<br />

a San Giovanni a Teduccio. Ha ventidue<br />

anni, si chiama Giovanni Marino. Ha<br />

avuto il ruolo di basista nell’omicidio.<br />

“Chiamiamolo La Scissione!”<br />

L’hanno preso grazie al pentimento della<br />

zia della fidanzata della vittima designata.<br />

Lei doveva inviare un messaggio ai killer<br />

per far uccidere il fidanzato della nipote,<br />

ma quelli non aspettarono e spararono a<br />

Lino Romano, scambiandolo per il vero<br />

obiettivo dell’agguato. Nel giorno dei funerali,<br />

il ministro dell’interno si è recato<br />

nell’abitazione dei familiari della vittima<br />

assicurando che gli assassini sarebbero<br />

stati presi.<br />

Il sindaco dopo l’arresto di Giovanni<br />

Marino commentava così: «Non posso che<br />

esprimere tutta la soddisfazione, personale<br />

e della città, per l’arresto di uno dei sicari<br />

che hanno ucciso Lino Romano. Un grazie<br />

alle forze dell’ordine e alla magistratura<br />

che sono impegnate nel contrasto al crimine<br />

organizzato. L’arresto non servirà a restituire<br />

Lino ai suoi familiari, ma rappresenta<br />

un importante atto di giustizia e un<br />

segnale di speranza per la città e il Paese<br />

che, senza tentennamento…». Il presidente<br />

della Regione? «Una notizia che dà fiducia<br />

(…) Una risposta che significa che<br />

lo Stato c’è e che è un successo della giustizia.<br />

Risultati così positivi ci rendono<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 36<br />

tutti fiduciosi». I due figli della donna<br />

pentita hanno avuto un ruolo minore, adesso<br />

stanno ai domiciliari.<br />

“Dove la verità suona come menzogna”<br />

Da quando lavoro nella zona orientale<br />

mi pare di tenere i piedi inchiodati per terra.<br />

Entro in certe scuole tra Ponticelli, Barra<br />

e San Giovanni, e oltre all’inadeguatezza<br />

mi sento come schiacciato da un peso<br />

irriducibile, essenziale. La comparazione<br />

con il carcere è troppo scontata, e poi in<br />

un carcere non ci sono mai entrato. Ogni<br />

tanto mi ritrovo a riflettere sulla natura del<br />

potere che subiscono passivamente i ragazzi;<br />

anzi, la natura “dei poteri”. Ci sono<br />

scuole in cui i professori rinunciano alla<br />

didattica, e gli alunni, oltre al mancato diritto<br />

all’apprendimento, si sentono privati<br />

del diritto di scegliere di non seguire la lezione<br />

del docente ignavo di turno. Questa<br />

è una delle immagini dell’istituzione ai<br />

loro occhi. So di un ragazzo in un istituto<br />

superiore, che disse di volersi togliere lo<br />

sfizio di vedere almeno una volta la faccia<br />

del suo professore di matematica.<br />

Quell’esigenza nascondeva la voglia di<br />

vedere il volto dell’autorità. Poi avrebbe<br />

deciso lui se sputargli in faccia o meno.<br />

Di tanto in tanto immagino di portarti in<br />

classe con me, farti conoscere Michele,<br />

Antonio, Domenico, Mauro, Vincenzo.<br />

Dai loro sguardi capiresti l’inganno e il significato<br />

della solitudine, Tina. Reagiresti<br />

con il silenzio di chi ha visto una verità,<br />

consapevole che “ci sono persone in presenza<br />

delle quali ogni verità suona come<br />

una menzogna”.<br />

Un giorno entrai nella loro classe con le<br />

Cronache di Napoli, il solo giornale di<br />

merda che i ragazzi sentono vicino alle<br />

loro vite, quello che pare scrivere e descrivere<br />

il loro mondo (che è anche il nostro).<br />

Michele quasi me lo strappò dalla mano.<br />

Avevano arrestato un certo Mariano Abete<br />

il giorno prima. Ventun anni. Il Viminale<br />

l’aveva inserito nell’elenco, in uno dei tanti<br />

elenchi, dei cinque latitanti più pericolosi<br />

del momento. Si nascondeva in un’intercapedine<br />

ricavata tra due pareti. Michele<br />

lesse tutta la pagina dedicata all’arresto.


Non l’avevo mai visto così impegnato e<br />

attento nell’esercizio della lettura. In quel<br />

momento pensai di sfuggita alla relazione<br />

tra il potere criminale e il potere dello stato,<br />

e a una frase letta anni addietro: “È<br />

inutile chiedersi se è più dannoso il secondo<br />

o il primo. Senza il secondo il primo<br />

non ci sarebbe. Senza il primo, il secondo<br />

lo inventerebbe”.<br />

Poteri criminali e non<br />

A Barra, nei pressi della Vesuviana,<br />

vedo spesso un vecchio che sta da solo.<br />

Aspetta, cammina avanti e indietro, ogni<br />

tanto dice qualcosa ma nessuno l’ascolta. I<br />

murales degli ultras ricoprono il muro che<br />

costeggia i binari, si avverte un forte odore<br />

di caffè tostato proveniente da una torrefazione,<br />

si vedono le ciminiere delle fabbriche<br />

dismesse. Se chiedi ai ragazzi della<br />

media da dove provengono, loro rispondono<br />

con orgoglio ‘Ind ‘a Bbarra. Sembrano<br />

circondati da un recinto invalicabile. Mimmo,<br />

paffutello; Armando, il padre in carcere;<br />

Elena e Bianca timide, bocciate due<br />

volte. Mimmo e Armando calzavano quei<br />

jeans aderenti, dallo smartphone ascoltavano<br />

le canzoni della festa dei gigli, simulavano<br />

i movimenti per i corridoi finché la<br />

bidella non cominciava a urlare. Dopodiché<br />

si placavano. Pensammo di far intervistare<br />

ai ragazzi uno storico della festa.<br />

Durante la conversazione emersero momenti<br />

interessanti, ma a tratti i ragazzi avvertivano<br />

il peso del giudizio sui loro idoli<br />

che orbitavano intorno all’attuale festa dei<br />

gigli, oggi ricettacolo di malavitosi, a detta<br />

dello storico. Mimmo e Armando, così ossessionati<br />

dai gigli, non gli posero alcuna<br />

domanda. Mimmo s’incuriosì quando lo<br />

storico mostrò alcune foto d’epoca. C’era<br />

in mezzo suo nonno.<br />

Agli inizi di dicembre portai di nuovo il<br />

giornale in classe di Michele, nell’istituto<br />

superiore di San Giovanni. Un uomo era<br />

stato ammazzato in pieno giorno nel cortile<br />

della scuola materna “Eugenio<br />

Montale”. La vittima era stata inseguita<br />

dai sicari fin dentro il cortile dell’istituto,<br />

non lontano dall’ingresso principale. Lo<br />

avevano già colpito, poi l’avevano raggiunto<br />

nella scuola dove il ferito cercava<br />

scampo. Due giorni prima un altro morto,<br />

sull’asse mediano all’altezza di Giugliano.<br />

Si chiamava Mirko Romano. Ventisette<br />

anni. «Sparare nel cortile di una scuola è<br />

un atto terroristico di una gravità indefinibile<br />

che fa male a questa città, in particolare<br />

alla società civile che, proprio a Scampia,<br />

è da sempre impegnata nel contrasto<br />

ai clan. Come sindaco non posso che rin-<br />

www.isiciliani.it<br />

xxxxx graziare le forze dell’ordine e la magistra-<br />

Domenico<br />

tura, ma al governo non posso che chiedere<br />

un potenziamento delle strutture giudiziarie<br />

e investigative, oltre che una maggior<br />

presenza delle forze dell’ordine sul<br />

territorio. Resta, infine, il tema centrale<br />

per contrastare e vincere le…».<br />

Sempre a Scampia, Tina, dieci giorni<br />

dopo. Da una macchina in corsa avevano<br />

lanciato una bomba carta. Le schegge<br />

dell’esplosione ferirono una ragazza di tredici<br />

anni e un bambino di nove. Un altro<br />

bambino fu soccorso per uno stato di choc.<br />

Dopo le cure all’ospedale, i bambini furono<br />

dimessi. Il giorno dopo i carabinieri<br />

trovarono un ordigno inesploso in un piazzale<br />

delle cosiddette case celesti. Intervennero<br />

i militari del nucleo artificieri. Si trattava<br />

di una bomba a mano dello stesso<br />

tipo di quelle utilizzate durante il conflitto<br />

nell’ex Jugoslavia.<br />

Napoli finiva a Poggioreale<br />

Un insegnante una volta mi raccontò di<br />

una lezione con i ragazzi sulla geografia<br />

della città a partire dalle loro impressioni.<br />

Il mare per loro era a Mergellina, Napoli<br />

era Poggioreale, “dove sta il carcere”; San<br />

Giovanni era irraggiungibile, Ponticelli era<br />

un paese. Eravamo all’interno di un edificio<br />

scolastico basso che appare non appena<br />

lasci alle spalle via Argine, non lontano<br />

dalle schiere di palazzine di edilizia popolare<br />

che s’intravedono oltre. Sembra studiato<br />

a tavolino, Tina, come se gli<br />

architetti avessero progettato anche i comportamenti<br />

umani degli abitanti di quegli<br />

spazi. O viceversa i comportamenti umani<br />

degli abitanti deportati in quegli spazi hanno<br />

condizionato i progettisti?<br />

Da quelle parti c’ero già stato per<br />

un’intervista a una famiglia di occupanti,<br />

con la figlia agli arresti domiciliari per detenzione<br />

e spaccio e il padre morto di<br />

overdose. Tra i nomi delle strade di Ponticelli<br />

ricordo viale della Metamorfosi, ci<br />

passammo dopo esserci persi per l’ennesima<br />

volta. L’impatto con l’edificio cambiava<br />

a seconda dell’orario e del mezzo con il<br />

quale arrivavi fin lì. In autobus, in motorino,<br />

quando i ragazzi uscivano da scuola,<br />

quando erano ancora dentro. Fuori invece<br />

la distanza spaziale coincideva con la distanza<br />

mentale, una percezione che sentivi<br />

non appena l’odore della nafta penetrava<br />

nelle narici all’altezza dei serbatoi, tra San<br />

Giovanni a Teduccio e Gianturco.<br />

Gli alunni in quella scuola media erano<br />

pochi, c’era poca luce nell’atrio. La stanza<br />

che utilizzavamo sembrava il deposito di<br />

un vecchio teatrino. Sui muri tante scritte,<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 37<br />

tra cui una enorme: Basile ‘o Ras. C’erano<br />

Ciro, Fatima, Davide, Maria e Carla, bocciata<br />

tre volte, fidanzata con un ragazzo di<br />

trent’anni. I ragazzi chiamarono il loro<br />

giornale “La scuola dell’infame”. In copertina<br />

c’erano alcune immagini di uomini<br />

che impugnavano pistole verso un uomo<br />

con le mani legate.<br />

In quella scuola un giorno entrò un professore<br />

nel corso del laboratorio perché<br />

aveva bisogno dei ragazzi, avrebbero dovuto<br />

spazzare a terra in una sala. Aprì la<br />

porta senza bussare. Gli chiesi se era proprio<br />

necessario, dissi che stavamo lavorando,<br />

lui quasi perse la pazienza e mi ripose<br />

la domanda: «Possono venire si o no?».<br />

Gli risposi di no, e lui stizzito chiuse la<br />

porta. I ragazzi rimasero increduli.<br />

Alla fine del laboratorio il professore mi<br />

aspettò all’esterno della scuola, disse di<br />

seguirlo. Osservarono tutti la scena. Quel<br />

“no” aveva delegittimato il suo misero potere<br />

in quell’edificio. Doveva ristabilirlo<br />

in maniera plateale e loro dovevano capirlo,<br />

proprio quelli che avevano assistito alla<br />

richiesta negata mezz’ora prima. Il professore<br />

mi fece entrare in una classe e tra le<br />

altre cose disse: «La prossima volta che mi<br />

rispondi in quel modo io vi caccio, perché<br />

se voi siete qui lo dovete soltanto a me!».<br />

“La prossima volta vi caccio”<br />

Titina mia, ti chiederai perché ti ho raccontato<br />

tutto questo. Per mitigare la nostalgia,<br />

sublimare la rabbia che tengo dentro<br />

e che mi corrode a poco a poco se non<br />

la caccio fuori. Ti prometto che un giorno<br />

ti porterò a vedere il tramonto da Castellammare,<br />

poi andremo in costiera, ti regalerò<br />

una rosa e mangeremo i frutti di mare<br />

a Vico Equense. Continuo a pensare che<br />

forse avevi ragione tu, e mi domando ancora<br />

una volta chi me l’ha fatto fare. Avrei<br />

dovuto seguirti, ma è probabile che avremmo<br />

litigato perché io e te siamo come i<br />

due mari che s’accavallano giù all’isola<br />

delle Correnti, l’uno calmo piatto, l’altro<br />

agitato inquieto. Ricordi quella notte,<br />

quando andammo a vedere se era veramente<br />

così?<br />

Non dimenticare, Tina. Quando ci rivedremo<br />

saremo felici come due bambini,<br />

avremo dimenticato gli errori, le paure, le<br />

insicurezze, avremo dimenticato le parole<br />

inutili, e sarà inverno e avrai come al solito<br />

freddo, e avremo vergogna di guardarci<br />

negli occhi, e allora le tue mani tremeranno,<br />

e la coscienza mia si dimostrerà mite,<br />

libera di andarsene via da qui, con la testa<br />

fieramente trafitta dal pensiero di sapersi<br />

ancora vivi.


www.isiciliani.it<br />

Abruzzo<br />

L'”isola felice”<br />

che ha scoperto le mafie<br />

Qui per decenni prosperità<br />

e ricchezza<br />

sono stati garantiti dal<br />

clientelismo e dal familismo<br />

Dc. Nel '92 il<br />

sistema è crollato,<br />

mentre le mafie penetravano<br />

nel profondo<br />

della società<br />

di Alessio Di Florio<br />

Zio Remo. Era il nomignolo (affettivo<br />

o dispregiativo, a seconda di chi lo<br />

pronunciava) di Remo Gaspari, parlamentare<br />

e per 16 volte ministro della<br />

DC, nato a Gissi, un paese montano<br />

abruzzese. Per tutti i decenni del dopoguerra<br />

l'Abruzzo era Zio Remo.<br />

Non c'era industria, ospedale, opera<br />

pubblica, ufficio postale, che non fosse<br />

sorto grazie a lui. Tutto in cambio di voti<br />

e sostegno. Intorno a Remo Gaspari la<br />

DC abruzzese ha incardinato il suo sistema<br />

di potere clientelare. Il tessuto industriale<br />

ed economico abruzzese, dopo la<br />

guerra, è risorto tra le processioni di migliaia<br />

di persone in ginocchio da Gaspari<br />

nella sua natìa Gissi o negli stabilimenti<br />

balneari di Vasto Marina o Casalbordino.<br />

Quotidianamente centinaia di persone<br />

accorrevano presso il "re del clientelismo",<br />

disposti ad attendere anche ore e<br />

ore.<br />

L'Abruzzo è stato forgiato dal clientelismo<br />

e dal sistema di potere clientelare<br />

della DC: la libera iniziativa non esiste, il<br />

riconoscimento dei propri diritti neanche.<br />

Per ottenere l'agognata pensione dopo<br />

anni e anni di duro lavoro o per avere un<br />

lavoro (anche sottopagato e schiavizzati),<br />

si chiede il "favore", ci si inginocchia al<br />

potente di turno. E' una mentalità che,<br />

ancora oggi, domina le menti degli<br />

abruzzesi.<br />

Nel 1992 il ciclone Tangentopoli investe<br />

anche l'Abruzzo. Varie amministrazioni<br />

comunali(tra le prime Casalbordino)<br />

e anche quella regionale furono azzerate<br />

dalle inchieste giudiziarie.<br />

Tra i Comuni va segnalato il capoluogo<br />

di provincia Chieti (che, essendo la<br />

provincia natìa, era anche il feudo più solido<br />

di Remo Gaspari), con l'arresto del<br />

febbraio del sindaco Andrea Buracchio e<br />

di due terzi dell'intera giunta. Il 29 settembre<br />

1992 vengono arrestati Rocco Salini<br />

(che sarà poi condannato) e altri<br />

esponenti della giunta regionale.<br />

Ottobre '91: arrivano i primi killer<br />

E' il crollo del potere democristiano,<br />

"l'agonia di un regime" come l'ebbe superbamente<br />

a descrivere anni dopo il<br />

compianto (e purtroppo quasi da tutti dimenticato)<br />

Sergio Turone. Ma c'è un altro<br />

episodio di cronaca di quei mesi che<br />

va evidenziato e che segnò uno spartiacque<br />

nella storia recente dell'Abruzzo: il 4<br />

ottobre 1991 viene assassinato a Pescara<br />

l'avvocato Fabrizio Fabrizi. L'omicidio<br />

Fabrizi, rimasto praticamente senza colpevole<br />

ufficialmente, è considerato il primo<br />

delitto di mafia in terra abruzzese.<br />

Quella notte l'Abruzzo perse la sua<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 38<br />

verginità, smise definitivamente i panni<br />

di isola felice. In Abruzzo si faceva affari<br />

illeciti, anche gli interessi criminali prosperavano.<br />

E si uccideva. Nello studio di<br />

Fabrizi gli investigatori trovarono enormi<br />

faldoni di documenti che, dai rifiuti ai<br />

centri commerciali, testimoniavano il sistema<br />

di corruttela e malaffare che portò<br />

alla fine della DC e alcuni degli arresti<br />

riportati sopra.<br />

L'inchiesta Re Mida<br />

Cominciò allora la storia recente<br />

dell'Abruzzo, la storia di una classe politica<br />

in larga parte sempre più asfittica e<br />

incapace di qualsiasi visione, pronta solo<br />

a soddisfare gli interessi di lobby e gruppi<br />

di potere privati. Arrivando a favorire<br />

tranquillamente anche gli interessi delle<br />

mafie, che stanno prosperando proprio lì<br />

dove la politica è più incapace.<br />

A partire dal campo dei rifiuti, dove la<br />

gestione pubblica appare sempre più incapace<br />

e inefficiente, mentre monopoli<br />

privati e traffici con altre regioni (negli<br />

ultimi 15 anni sono oltre 20 le inchieste<br />

della magistratura, così come documenta<br />

anche un dossier dei mesi scorsi di PeaceLink<br />

Abruzzo e Ass. Antimafie Rita<br />

Atria, che hanno scoperto reti di traffico<br />

illecito nazionale e internazionale di rifiuti<br />

che avevano uno dei perni in Abruzzo)<br />

dominano incontrastati.<br />

L'inchiesta Re Mida della Procura di<br />

Pescara, che il 22 settembre 2010 coinvolse<br />

anche i senatori Paolo Tancredi e<br />

Fabrizio Di Stefano (già noto alle cronache<br />

nazionali come promotore dell'<br />

dell'abolizione della disposizione costituzionale<br />

che vieta la ricostituzione del<br />

Partito Fascista).


E ricostruì la vicenda di vera e propria<br />

spartizione affaristica del territorio della<br />

Regione Abruzzo, tra politici e<br />

imprenditori privati, con i primi che avevano<br />

il compito di piegare le leggi agli<br />

interessi dei secondi.<br />

La nazionale adriatica<br />

Per non parlare della speculazione edilizia:<br />

la costa abruzzese è attraversata per<br />

tutta la sua lunghezza dalla strada nazionale<br />

adriatica, nel percorrerla il mare si<br />

vede solo in piccolissimi spicchi, mentre<br />

dominano colate e colate di cemento.<br />

Pura speculazione edilizia, che sta mettendo<br />

in gravissimo rischio il territorio,<br />

ma anche fonte di affari illecito. A partire<br />

da Vasto, al confine con il Molise, dove<br />

centinaia e centinaia sono gli immobili<br />

sequestrati dalla magistratura.<br />

Davanti a questi scempi, e all'evidenza<br />

dei fatti acclarati anche da studi universitari<br />

(che fanno espresso riferimento anche<br />

al riciclaggio del denaro sporco nel<br />

"ciclo del cemento" abruzzese), larga<br />

parte della politica abruzzese continua a<br />

contorcersi solo nel balbettìo di videosorveglianze<br />

che dissanguano le casse<br />

pubbliche, ronde più o meno neofasciste,<br />

ideologie xenofobe e sicuritarie buone<br />

solo per la propaganda.<br />

Oltre a continuare a favorire le lobby<br />

del cemento (basti pensare alla recente<br />

legge regionale sull'edilizia o alla mancanza<br />

da quasi trent'anni di una legge regionale<br />

che disciplini le cave) e della<br />

speculazione.<br />

La Regione che si vanta di essere la<br />

"Regione verde d'Europa", la Regione<br />

dei Parchi e delle Aree Protette, grazie al<br />

saldarsi di destra e centrosinistra (PDL e<br />

www.isiciliani.it<br />

PD per intenderci, insieme a FLI), continua<br />

da oltre dieci anni ad impedire la definitiva<br />

istituzione del Parco Nazionale<br />

della Costa Teatina (diventata ormai<br />

un'unica immensa colata di cemento) o a<br />

ridurre l'Area Marina Protetta Torre del<br />

Cerrano per favorire espressamente alcuni<br />

costruttori.<br />

E nel frattempo la penetrazione delle<br />

organizzazioni criminali, dedite anche ai<br />

floridi mercati di prostituzione, sfruttamento<br />

illegale del lavoro dei migranti e<br />

delle droghe, continua la sua escalation.<br />

La prima 'ndrina abruzzese<br />

Nel 2007 la Procura di Vasto ha sgominato<br />

la prima 'ndrina nata e cresciuta interamente<br />

in Abruzzo, sorta intorno al<br />

boss della camorra in esilio Michele Pasqualone<br />

ma che coinvolgeva anche professionisti<br />

e personaggi della locale società(nel<br />

2008 in una seconda inchiesta<br />

la magistratura accusò anche un secondino<br />

del carcere locale di continuare a permettere<br />

a Pasqualone di continuare a comandare<br />

la 'ndrina dagli arresti). Il 2012<br />

è iniziato con una nuova inchiesta, che<br />

coinvolse quasi cento persone, che sgominò<br />

addirittura due reti criminali dedite<br />

allo spaccio di cui fu accusato di essere a<br />

capo il boss camoristico in esilio Lorenzo<br />

Cozzolino.<br />

Nell'estate scorsa furono arrestati moltissimi<br />

<strong>giovani</strong>ssimi (nessuno con un'età<br />

superiore ai 30 anni), che hanno importato<br />

in Abruzzo il cobrat, una nuova droga<br />

derivante dal processo di raffinazione<br />

dell'eroina.<br />

Droga e prostituzione sono tra gli affari<br />

che più permettono alle mafie di movimentare<br />

capitali, ma sono solo la punta<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 39<br />

“Ma qualcuno<br />

resiste:<br />

Peacelink<br />

la Rita Atria,<br />

Zona 22,<br />

Site.it...”<br />

avanzata di un'iceberg molto più profondo<br />

che coinvolge e devasta il tessuto sociale<br />

ed economico. A partire da L'Aquila,<br />

dove il terremoto del 6 aprile 2009 è<br />

diventato occasione incontrollata di affari<br />

criminali.<br />

Nei mesi scorsi una nuova inchiesta<br />

della procura di Roma ha fatto nuovamente<br />

tornare a parlare di Massimo<br />

Ciancimino, il figlio dell'ex sindaco DC<br />

di Palermo e considerato vicino alle cosche<br />

mafiose palermitane. Quell'inchiesta<br />

è stata solo l'ennesima partita da L'Aquila.<br />

E' cronaca di queste settimane, e si sta<br />

evolvendo ancora mentre sto completando<br />

queste righe, il sequestro di sette società<br />

di capitali, immobili e molti altri<br />

beni tra Roma, la Campania e il Vastese,<br />

la zona abruzzese al confine con il Molise.<br />

Secondo l'accusa le persone coinvolte<br />

sono prestanomi del clan dei Casalesi.<br />

Ieri la Dc, oggi i “poteri forti”<br />

Oltre 20 anni dopo il crollo del sistema<br />

di potere clientelare Dc, il vuoto politico<br />

non è stato mai "riempito", anche se<br />

mentalità clientelare e che attende i<br />

favori del potente di turno sopravvive.<br />

Oggi il presente è questo, infiltrazioni<br />

criminali sempre più in profondità, lobby<br />

che dominano incontrastate, nessuna visione<br />

del futuro. Qualcuno resiste (la rivista<br />

Site.it, l'Associazione Antimafie<br />

Rita Atria, PeaceLink, il centro sociale<br />

Zona22, associazioni storiche come Arci<br />

e WWF, alcuni esponenti politici coraggiosi<br />

comunisti, alcuni comitati e movimenti)<br />

e non si arrende. Sono I <strong>Siciliani</strong><br />

abruzzesi. Hanno contrastato il sistema<br />

di potere democristiano, oggi contrastano<br />

i nuovi "poteri forti".


www.isiciliani.it<br />

Modica/ Si privatizza anche qui. E i prezzi lievitano<br />

Le mani sul cimitero<br />

Parte il project financing<br />

che affida il cimitero<br />

alla gestione privata.<br />

Migliorìe evidenti<br />

sono state apportate<br />

alla struttura, ma i<br />

prezzi dei loculi e dei<br />

servizi sono aumentati<br />

di Enrica Frasca Caccia<br />

e Giorgio Ruta<br />

www.ilclandestino.info<br />

In occasione dei referendum del 2011<br />

la stragrande maggioranza degli italiani<br />

si è dichiarata contraria alla gestione<br />

privata dei beni e dei servizi pubblici<br />

a rilevanza economica. Con buona<br />

pace della sovranità popolare, però, si<br />

è continuato a preferire la via della<br />

privatizzazione per i beni comuni, e<br />

perciò per l’acqua, i rifiuti e i servizi<br />

cimiteriali.<br />

A Modica, la gestione privata del cimitero<br />

entra in pieno regime e i prezzi<br />

aumentano. Si sapeva. Invece non si sapeva<br />

bene se il servizio fosse migliorato.<br />

Ma girando per il cimitero non si può<br />

dire il contrario. La struttura è tenuta<br />

bene e tutto sembra orientato a un’ottica<br />

di efficienza. Sono state sistemate le fontanelle<br />

e messi 110 cassonetti, c’è il servizio<br />

di custodia 24 ore su 24 e gli ascensori<br />

sono entrati in funzione. I lavori di<br />

costruzione dei loculi e di manutenzione<br />

della parte vecchia sono iniziati. Il tutto<br />

targato SCM (Servizi Cimiteriali Modica).<br />

L’ingresso della Edilzeta dei fratelli Zaccaria<br />

nelle mura del camposanto ha provocato<br />

tanti pruriti. I primi a storcere il<br />

naso sono coloro che hanno dato ad<br />

un’occhiata ai prezzi. Per un loculo, con<br />

la gestione pubblica, si spendevano 1400<br />

euro. Oggi ce ne vogliono mediamente<br />

2000.<br />

Un loculo costa 600 euro in più<br />

Prendiamo un loculo di terza fila. Oggi<br />

costa 2135 euro, prima ne costava 1400.<br />

Prevedibile: adesso il prezzo comprende<br />

pure l’Iva e l’utile del privato. Per Giorgio<br />

Zaccaria, di Edilzeta, va considerato<br />

anche un altro aspetto: “I prezzi applicati<br />

dal Comune erano stati stabiliti nel 2001.<br />

Oggi è chiaro che c’è un aumento del costo<br />

della vita. Lo abbiamo calcolato riferendoci<br />

agli indici Istat”.<br />

Il Comune di Scicli ha riformulato, con il<br />

Commissario Margherita Rizza, il prezziario<br />

del cimitero nel maggio di<br />

quest’anno. Se prendiamo come riferimento<br />

ancora un loculo di terza fila il<br />

prezzo è di 1600 euro. Tra Modica e Scicli<br />

la differenza è quindi di 500 euro.<br />

“Ogni cimitero ha una storia a sé e dei<br />

costi diversi. Se prendiamo Ragusa il<br />

prezzo è maggiore”, spiega Zaccaria.<br />

L’aumento dei prezzi è una valanga che<br />

coinvolge tutti i servizi. Per esempio<br />

oggi una tumulazione in tombe di famiglia<br />

costa 302,47 euro più Iva al 10%.<br />

Secondo Graziana Stracquadanio della<br />

Fillea-CGIL l’aumento è consistente:<br />

“Prima il prezzo che facevano le ditte andava<br />

dagli 80 ai 150 euro”.<br />

Negli ultimi mesi da Contrada Piano<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 39<br />

Ceci sono partite delle lettere per la preassegnazione<br />

dei loculi. Nelle lettere, oltre<br />

a scoprire i prezzi, i destinatari hanno<br />

subito l’ennesima doccia fredda alla notizia<br />

del pagamento del 50% della spesa<br />

entro cinque giorni per poi veder realizzati<br />

i lavori nel 2015. Per fortuna il Comune<br />

è intervenuto e i cinque giorni si<br />

sono trasformati in quindici. Ma poco<br />

cambia. Per Vito D’Antona, consigliere<br />

di Sel, “questo aspetto va regolamentato<br />

perché non è stato disciplinato. Va colmato<br />

il vuoto per evitare imprevisti”.<br />

“C'è un monopolio di fatto”<br />

La questione che si gioca all’interno<br />

del cimitero non è soltanto quella<br />

dell’aumento dei prezzi in cambio di un<br />

aumento dei servizi. La questione è più<br />

complessa e i sindacati mostrano segni di<br />

preoccupazione. “All’interno del cimitero<br />

lavoravano cinque ditte edili, con circa<br />

una decina di operai. Ora queste ditte –<br />

spiega Stracquadanio - sono in seria difficoltà<br />

perché Zaccaria ha un monopolio<br />

di fatto. Questi lavoratori porteranno soldi<br />

a casa non per molto tempo ancora.<br />

Che futuro avranno? Saranno lasciati per<br />

strada?”.<br />

È chiaro che la Edilzeta nella realizzazione<br />

dei loculi sui suoli ottenuti in concessione<br />

dai cittadini ha una posizione di<br />

vantaggio. Anche questo si sapeva, ma<br />

cosa si farà per gli operai che rischieranno<br />

di perdere il lavoro?<br />

C’è confusione anche per i venditori di<br />

fiori. “Saranno trasferiti in alcuni box<br />

che stiamo realizzando” spiega Zaccaria.<br />

Ma qualcuno ha ancora delle perplessità.<br />

L’amministrazione capeggiata da Buscema<br />

ha più volte rassicurato chi temeva i<br />

rischi di una gestione privata. Per il primo<br />

cittadino una commissione di saggi<br />

controllerà che tutto sia regolare. Ma ad<br />

oggi nessuno ha visto né i saggi né la<br />

commissione.


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B A C H E C A<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 40


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Sicilia/Ambiente<br />

Un ponte d'inquinamento<br />

tra Sicilia e Calabria<br />

Sul versante tirrenico<br />

del messinese il colosso<br />

Terna vuole piazzare<br />

un gigantesco elettrodotto.<br />

I cittadini<br />

protestano. Ma invano<br />

di Carmelo Catania<br />

C’è un altro ponte tra la Sicilia e la<br />

Calabria che alimenta il dissenso di<br />

molti cittadini siciliani e calabresi, è il<br />

cosiddetto “ponte dell’energia”, un<br />

nuovo elettrodotto Terna, l’importante<br />

società a controllo pubblico e quotata<br />

in Borsa che possiede e gestisce la rete<br />

di trasmissione elettrica italiana.<br />

L'infrastruttura, il cui iter è iniziato nel<br />

2004, è un’opera, per la quale il gestore<br />

prevede un investimento di oltre 700 milioni<br />

di euro, con una capacità di 2.000<br />

megawatt di 105 km di lunghezza complessiva<br />

di cui 38 in cavo sottomarino,<br />

61 km in linea aerea e 5 km in cavo interrato.<br />

Unico al mondo<br />

Da Rizziconi, in Calabria, i cavi si immergeranno<br />

nel mar Tirreno a Favazzina,<br />

per poi approdare in corrispondenza del<br />

torrente Gallo a Villafranca Tirrena, in<br />

Sicilia, da dove partirà il collegamento<br />

aereo che attraverserà tutta la fascia collinare<br />

del versante tirrenico della provincia<br />

messinese, fino alla stazione elettrica<br />

di Sorgente-Corriolo, a San Filippo del<br />

Mela.<br />

Presentato in pompa magna al Palacultura<br />

di Messina nel giugno del 2011, pre-<br />

senti il presidente di Terna, Luigi Roth<br />

(uno dei pezzi grossi della Compagnia<br />

delle opere di CL) e l’amministratore delegato,<br />

Flavio Cattaneo, è stato definito<br />

dall’allora ministro dell’Ambiente Stefania<br />

Prestigiacomo «Un’infrastruttura che<br />

migliora l’ambiente, il territorio perché<br />

avremo una minore emissione di CO2,<br />

670 mila tonnellate in meno all’anno. E<br />

questo è uno straordinario aiuto al Paese<br />

a raggiungere gli obiettivi europei e internazionali.<br />

Quindi, un passo concreto<br />

per un Sud, una Sicilia che ha bisogno di<br />

occupazione , di sviluppo, di competitività.»<br />

Decidono le Giunte<br />

Per l’ad Terna, Flavio Cattaneo la nuova<br />

infrastruttura annullerà «tutti questi<br />

black out quotidiani che abbiamo in diverse<br />

zone della Sicilia. Oltre a far risparmiare<br />

800 milioni di euro all’anno in<br />

bolletta.» I lavori dovrebbero terminare<br />

per la fine del <strong>2013</strong>, e la struttura diventare<br />

operativa tra la fine <strong>2013</strong> e l'inizio<br />

2014.<br />

Dalle 670.000 tonnellate in meno<br />

l’anno di emissioni di CO2 ai 10.000 metri<br />

quadri di territorio non occupato, sono<br />

tanti i grandi “numeri” dell’opera sciorinati<br />

da Terna sul suo sito ufficiale. Eppure<br />

tra questi ce n’è uno, piccolo piccolo,<br />

che invece è rimasto nel silenzio più totale<br />

da parte degli organi di stampa nazionale.<br />

Sono 21 comuni coinvolti tra Sicilia<br />

(13) e Calabria (8). Dalla dorsale peloritana<br />

e della valle del Mela, nel messinese,<br />

alle zone di Cosoleto, Sinopoli,<br />

Sant’Eufemia D’Aspromonte e Scilla in<br />

Calabria.<br />

Nonostante la fase di concertazione<br />

fosse partita nel settembre 2005 per concludersi<br />

a <strong>gennaio</strong> 2007 con la firma del<br />

Protocollo di Intesa tra Terna, la Regione<br />

Sicilia, la Provincia di Messina e tutti i<br />

Comuni interessati con il quale è stata<br />

condivisa la localizzazione del nuovo<br />

elettrodotto, non sono mai stati sentiti i<br />

consigli comunali e tutte le decisioni<br />

sono state prese con delibere di giunta.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 42<br />

Le proteste<br />

A metà del 2010, si scopre l’esistenza<br />

del progetto e si diffonde tra i cittadini<br />

dei comuni coinvolti la notizia che l’elettrodotto<br />

transiterà vicinissimo ai centri<br />

abitati.<br />

Preoccupati per le possibili ricadute<br />

sulla salute e sul territorio – l’elettrodotto<br />

ricade infatti in parte nell’Area ad Alto<br />

Rischio Ambientale del Mela interessa<br />

aree Zps, Sic riconosciute da norme comunitarie<br />

e contrasta con piani paesaggistici<br />

e con la tutela dell’avifauna – iniziano<br />

a formarsi diversi comitati e movimenti<br />

“no elettrodotto” e partono le prime<br />

iniziative di lotta: petizioni, manifestazioni,<br />

appelli al Governo nazionale e<br />

al Capo dello Stato – caduti nel vuoto –<br />

fino ad arrivare alla recente clamorosa<br />

occupazione di un traliccio dell’alta tensione.<br />

Il quartiere delle parrucche<br />

A Pace del Mela ad esempio il tracciato<br />

di elettrodotto passerà all’interno del<br />

centro abitato di Passo Vela, una zona<br />

che già risente in maniera pesantissima<br />

dall’accumulo di fattori inquinanti, dove<br />

per i progetti di elettrificazione precedenti<br />

ed un errato modello di sviluppo economico,<br />

basato sull’industria pesante ad<br />

elevato impatto industriale, si registrano<br />

già centinaia di morti sospette per tumori<br />

o altre malattie dipendenti da inquinamento<br />

ambientale. Tristemente noto è,<br />

proprio per questo, il “quartiere delle<br />

parrucche”, dove ogni anno decine e decine<br />

di persone si ammalano e muoiono.<br />

Un traliccio in mezzo al parco<br />

Un altro centro interessato è Serro, frazione<br />

di Villafranca. Qui è prevista<br />

l’installazione di uno dei tralicci al centro<br />

del parco urbano di Pietra Giuliana, il<br />

luogo della memoria dei serrentini, meta<br />

delle passeggiate estive, luogo di incontro<br />

dei <strong>giovani</strong>, di spettacoli musicali<br />

spontanei.


Il traliccio di 80 metri con i cavi verrebbe<br />

posto sulla strada che porta al vicino<br />

Puntale Serra, punto panoramico di<br />

notevole bellezza e di visione di impareggiabili<br />

tramonti. La strada è percorsa<br />

continuamente per raggiungere le altre<br />

abitazioni della zona, le vicine campagne,<br />

una struttura di ristorazione posta<br />

sulla collina. Tutto l’elettrodotto che riguarda<br />

Serro ricade all’interno di una<br />

delle citate Zone di Protezione Speciale.<br />

Il ricorso al Tar<br />

Contro l’autorizzazione unica rilasciata<br />

per decreto dal ministero dello Sviluppo<br />

economico nel luglio 2010 di concerto<br />

col ministero dell’Ambiente, hanno fatto<br />

ricorso al Tar del Lazio Legambiente, i<br />

Comuni di Pace e S. Filippo del Mela, gli<br />

abitanti di Serro e l’associazione MAN.<br />

La pronuncia del tribunale amministrativo<br />

emessa lo scorso novembre è però risultata<br />

favorevole a Terna.<br />

Nel rigettare i ricorsi i giudici sottolineano<br />

come «non sia mancato il coinvolgimento<br />

degli enti locali nel<br />

procedimento di autorizzazione unica e<br />

nei sub-procedimenti di “Valutazione<br />

d’impatto ambientale”, preceduti da interlocuzioni,<br />

tavoli tecnici, sopralluoghi,<br />

protocolli d’intesa (ricordato quello del<br />

<strong>gennaio</strong> 2007) e di programma con le<br />

Regioni (2004)»<br />

www.isiciliani.it<br />

Ed è proprio sulla “leggerezza” dei sindaci<br />

che punta l’indice padre Trifirò, parroco<br />

di Archi e San Filippo del Mela, secondo<br />

il quale nel firmare quel protocollo<br />

d’intesa i primi cittadini sarebbero stati<br />

«molto faciloni» e avrebbero fatto «tutte<br />

le cose di nascosto» perché «non si<br />

sono resi conto del danno che procuravano<br />

alla comunità».<br />

Terna non fa un passo indietro<br />

Sorda alle proteste dei cittadini e “infastidita”<br />

dalla campagna contro il progetto,<br />

Terna non intende fare passi indietro<br />

«non è accettabile – si legge in un comunicato<br />

diffuso all’indomani dell’occupazione<br />

del traliccio di Passo vela – che<br />

dopo anni e anni di incontri, tavoli tecnici<br />

e protocolli firmati dalle amministrazioni<br />

competenti, un’opera fondamentale<br />

per la sicurezza del sistema elettrico siciliano<br />

e per abbattere i costi della bolletta<br />

a beneficio di imprese e cittadini, venga<br />

continuamente osteggiata senza tenere<br />

nel minimo conto che il progetto ha ottenuto<br />

tutti i permessi ed è stato regolarmente<br />

autorizzato dal governo centrale<br />

che, fino a prova contraria, ha l’ultima<br />

parola su opere simili».<br />

Per Terna, sulla base di uno studio realizzato<br />

dall'ingegnere Vittorio Cecconi<br />

«non ci sono casi conclamati di relazione<br />

tra le esposizioni alle onde elettromagne-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 43<br />

tiche e i danni alla salute dei cittadini e<br />

che non è perseguibile, per la tratta<br />

dell’elettrodotto nell’area di Villafranca e<br />

Pace del Mela, la soluzione interrata».<br />

Due cantieri già aperti<br />

Sono già due sono i cantieri aperti sul<br />

territorio comunale di Villafranca, in fase<br />

molto avanzata. Quello sulla spiaggia di<br />

Divieto, vicino all’area industriale ex Pirelli<br />

e a pochi chilometri di distanza il secondo<br />

che servirà alla realizzazione, a ridosso<br />

di una montagna, della stazione<br />

elettrica di Villafranca.<br />

Opera strategica. Ma per chi?<br />

Nonostante la Sicilia produca più di<br />

quanto consumi – il bisogno di energia<br />

della Sicilia è di circa 300 chilowattora al<br />

giorno e già da fonti alternative ne arrivano<br />

2700 – e paghi da svariati anni un<br />

costo dell’energia elettrica quasi raddoppiato<br />

rispetto all’Italia continentale – così<br />

come testimoniano gli ultimi dati tra il<br />

2005 e il 2010 registrati dall’Autorità per<br />

l’energia – Terna sta focalizzando la sua<br />

attenzione proprio sull’Isola e nel 2011 è<br />

stato ulteriormente rafforzata la<br />

collaborazione con la Regione con la firma<br />

di un accordo per lo sviluppo sostenibile<br />

della rete elettrica, integrando il protocollo<br />

Vas del 2007.


Per Cattaneo la Sicilia «è un nodo strategico<br />

e questo nuovo elettrodotto è un<br />

tassello ulteriore per fare dell’Italia un<br />

vero e proprio hub elettrico del Mediterraneo<br />

per la trasmissione di energia elettrica.<br />

La Sicilia è una piattaforma energetica<br />

ideale anche per la sua conformazione<br />

geografica per connettere tra loro il<br />

Nord Africa e la sponda sud del bacino<br />

del Mediterraneo e del centro Europa».<br />

Nelle bollette per 40 anni...<br />

Complessivamente sono previsti in Sicilia<br />

investimenti per 1 miliardo di euro<br />

sui complessivi 7,5 a livello nazionale.<br />

Oltre al “Sorgente-Rizziconi” sono previsti<br />

altri due mega elettrodotti a 380 kV,<br />

il “Paternò-Priolo”, nell’area compresa<br />

tra Catania e Siracusa e il “Chiaramonte<br />

Gulfi-Ciminna” tra Ragusa e Palermo.<br />

Completeranno l’anello che circonderà<br />

tutta l’Isola la linea “Partanna-Ciminna”,<br />

la “Sorgente-Ciminna”, entrambe a 380<br />

kv – in fase di concertazione – e la linea<br />

a 150 kV “Partinico-Fulgatore”.<br />

Chi pagherà? I costi saranno diluiti sulle<br />

bollette dei prossimi 40 anni.<br />

www.isiciliani.it<br />

Interviste/ Nino La Rosa<br />

“Via Terna<br />

dalle nostre<br />

case”<br />

Con “politici locali poco<br />

sensibili alle tematiche<br />

ambientali” tocca ai<br />

cittadini far sentire la<br />

propria voce...<br />

Nino La Rosa, avvocato di Villafranca<br />

Tirrena, è stato tra i primi ad opporsi al<br />

progetto di realizzazione dell’elettrodotto<br />

Terna tra Sorgente e Rizziconi, fa parte<br />

del pool di legali che sta contrastando<br />

il progetto di Terna davanti ai giudici<br />

amministrativi. Ascoltiamolo.<br />

Per padre Trifirò i sindaci sono stati<br />

«molto faciloni» e hanno fatto «tutte le<br />

cose di nascosto». Condivide questa<br />

sua valutazione o c'è qualcos'altro dietro<br />

il comportamento ambiguo tenuto<br />

in questi anni dalle amministrazioni<br />

locali?<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 44<br />

I nostri politici sono notoriamente<br />

poco sensibili alle tematiche ambientali;<br />

nel caso specifico, Terna si è presentata<br />

al tavolo di concertazione sventolando<br />

ben nove milioni di somme compensative<br />

da dividere. Come ha dichiarato qualche<br />

Sindaco, l’unica preoccupazione è<br />

stata quella di ottenere il più possibile<br />

senza valutare che un’opera di queste dimensioni<br />

incide in maniera irreversibile<br />

nel territorio.<br />

9 milioni di ragioni<br />

Purtroppo, la possibilità di offrire somme<br />

a compensazione altera la serenità del<br />

confronto tra chi ha tutto l’interesse a<br />

realizzare l’opera nella maniera più economica<br />

e gli amministratori degli enti locali<br />

sempre alla ricerca di soldi per le<br />

opere pubbliche.


Caso emblematico della disattenzione<br />

dei tecnici di Terna e dei tecnici e gli<br />

amministratori comunali è quello della<br />

frazione Serro del Comune di Villafranca<br />

Tirrena dove, con un semplice e poco<br />

costoso spostamento del tracciato, si<br />

sarebbe abbattuto del 70 % l’impatto e<br />

l’interferenza con il centro abitato.<br />

Nel rigettare i ricorsi promossi dai<br />

comuni di Pace del Mela e San Filippo<br />

del Mela e dai cittadini di Serro, i<br />

giudici sottolineano come «non sia<br />

mancato il coinvolgimento degli enti<br />

locali nel procedimento di<br />

autorizzazione unica e nei subprocedimenti<br />

di “Valutazione<br />

d’impatto ambientale”, preceduti da<br />

interlocuzioni, tavoli tecnici,<br />

sopralluoghi, protocolli d’intesa<br />

(ricordato quello del <strong>gennaio</strong> 2007,<br />

ndc) e di programma con le Regioni<br />

(2004)».<br />

Pensate di poter ribaltare in appello<br />

la decisione dei giudici romani?<br />

Il ricorso in appello<br />

Innanzitutto sono stati rigettati in<br />

primo grado solo i ricorsi dei Comuni di<br />

Pace e San Filippo del Mela e dei 101<br />

ricorrenti di Serro; i ricorsi delle<br />

Associazioni MAN e Legambiente<br />

Sicilia non sono stati ancora discussi dal<br />

Tar del Lazio. I nostri ricorsi erano<br />

imperniati su diversi motivi di<br />

impugnazione della procedura di<br />

autorizzazione che continuiamo a<br />

ritenere fondati. La Sentenza del Tar del<br />

Lazio è eccessivamente generica e priva<br />

www.isiciliani.it<br />

di precisi riferimenti sia alla disciplina<br />

applicabile, sia alle vicende<br />

procedimentali sottese al rilascio<br />

dell’autorizzazione unica. È mancato il<br />

coinvolgimento dei consigli comunali –<br />

organi rappresentativi della volontà<br />

popolare e titolari della potestà in tema<br />

di programmazione del territorio; è<br />

mancato il coinvolgimento delle<br />

popolazioni che dovranno subire gli<br />

effetti di un’opera di così alto impatto<br />

ambientale. Noi auspichiamo che<br />

un’analisi più approfondita delle<br />

argomentazioni proposte, con un criterio<br />

paritario delle parti in causa, possa<br />

sicuramente orientare il Consiglio di<br />

Stato verso una revisione della procedura<br />

che consenta a tutti gli interessati di<br />

partecipare alla procedura.<br />

Con Terna o coi cittadini?<br />

In una nota del comitato del sei<br />

dicembre scorso si legge che "La<br />

Provincia, per mezzo del suo assessore<br />

all’ambiente Carmelo Torre, ha<br />

affossato nello scorso mese di<br />

settembre il tavolo tecnico<br />

faticosamente attivato su spinta del<br />

Consiglio Provinciale e delle<br />

associazioni ambientaliste,<br />

schierandosi apertamente con la<br />

società Terna, intimidendo le<br />

associazioni, escludendole dal tavolo, e<br />

chiedendo alle stesse di dare la prova<br />

delle criticità denunciate.<br />

Perché la giunta provinciale - a<br />

differenza del consiglio - sembra<br />

pendere più dalla parte di Terna che<br />

da quella dei cittadini?<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 45<br />

“Senza<br />

il coinvolgimento<br />

dei rappresentanti<br />

dei cittadini”<br />

Il ruolo della Provincia<br />

Grazie anche all’azione di diversi<br />

consiglieri, alla fine di febbraio si è<br />

tenuto un consiglio provinciale aperto<br />

dove le associazioni ambientaliste, i<br />

sindaci del territorio e gli stessi<br />

consiglieri provinciali hanno preso<br />

coscienza, alla presenza dei tecnici di<br />

Terna, delle problematiche sollevate dal<br />

progetto; il consiglio ha votato<br />

all’unanimità una mozione che<br />

impegnava l’Amministrazione<br />

Provinciale a chiedere a Terna una<br />

revisione del progetto.<br />

Due milioni di compensazione<br />

Su questo aveva preso un preciso impegno<br />

il Presidente Ricevuto; gli stessi<br />

concetti sono stati ribaditi in occasione<br />

della riunione del 7 agosto dopo che Terna<br />

aveva presentato il progetto esecutivo.<br />

Al tavolo tecnico del 21 settembre, dopo<br />

che l’Assessore Torre si è rifiutato di allargare<br />

la delegazione delle associazioni<br />

(era stato chiesto di far partecipare un<br />

rappresentante per ogni zona dove era<br />

emersa la criticità), invece di discutere<br />

sugli interventi per l’eliminazione delle<br />

criticità si è chiesto alle associazioni di<br />

“dimostrare che vi erano delle criticità”.<br />

Terna, con il supporto della Provincia,<br />

ha fatto passare la tesi che bisognava dimostrare<br />

che vi erano delle persone (definite<br />

recettori) che sarebbero state danneggiate<br />

dall’inquinamento elettromagnetico.<br />

Non dobbiamo dimenticare che la Provincia<br />

di Messina ha svolto un ruolo di<br />

coordinamento per la stipula della convenzione<br />

del 27/1/2007 e che riceve una<br />

compensazione di due milioni di euro.<br />

Terna procede nella realizzazione<br />

dell’opera e risponde alle preoccupazioni<br />

per la salute con uno studio realizzato<br />

dall'ingegnere Vittorio Cecconi,<br />

secondo il quale «non ci sono casi conclamati<br />

di relazione tra le esposizioni


alle onde elettromagnetiche e i danni<br />

alla salute dei cittadini»<br />

Possibile che non esistano alternative<br />

che siano rispettose delle istanze della<br />

popolazione?<br />

Le alternative ci sono<br />

L’ingegnere Cecconi è un consulente<br />

di Terna, non sappiamo se pagato o no,<br />

ma non ha alcun titolo professionale per<br />

escludere tassativamente, come ha fatto,<br />

gli effetti negativi di un’esposizione al<br />

campo elettromagnetico a bassa frequenza.<br />

È un ingegnere, non un medico.<br />

Diversamente avrebbe ben presente il<br />

Principio di Precauzione del Trattato della<br />

Comunità Europea.<br />

Basti pensare al parere diametralmente<br />

opposto dell’Organizzazione Mondiale<br />

per la Sanità, ai ripetuti documenti<br />

dell’Istituto Superiora di Sanità e al grande<br />

dibattito in corso sull’argomento sin<br />

dal 1994 presso la Comunità Europea.<br />

Impedita ogni discussione<br />

Purtroppo, il documento presentato da<br />

Cecconi, alla riunione del 21 settembre<br />

2012 (ma inoltrato prima alla provincia<br />

regionale) è stato fatto proprio dalla Provincia<br />

per impedire qualunque discussioni,<br />

alla faccia dell’abbondantissima letteratura<br />

reperibile su Internet da un qualunque<br />

lettore di buona volontà.<br />

In merito alle diverse soluzioni,<br />

l’asserzione del prof. Cecconi è priva di<br />

fondamento ed è in contrasto con quanto<br />

Sebastiano Gulisano<br />

Frammenti d'Italia<br />

“Oggi, in tempi di liberismo sfrenato, di Unione<br />

europea solo bancaria (i popoli possono aspettare), di<br />

compressione dei diritti individuali, di macelleria<br />

sociale, di crisi economica, le mafie – non più e non<br />

solo quelle italiane, ma anche tante straniere – si sono<br />

insediate su tutto il territorio nazionale, controllano<br />

ampie fette di economia legale, “pesano” sul Pil più<br />

della Fiat e sono le sole a possedere enormi liquidità<br />

di denaro che consentono alla Nazione di non dovere<br />

dichiarare bancarotta o, come si dice ora, default.<br />

www.isiciliani.it<br />

ripetutamente dichiarato dai vari tecnici<br />

di Terna in occasione dei numerosi incontri<br />

in merito ai costi o agli spazi necessari.<br />

In Calabria, per esempio, è previsto un<br />

tratto in galleria, come richiesto dalla<br />

Soprintendenza, per lo stesso progetto di<br />

elettrodotto.<br />

Terna deve fare marcia indietro<br />

Il fatto è che mentre per le altre regioni<br />

le diverse soluzioni sono state discusse e<br />

scelte in una fase preliminare, in Sicilia<br />

le istituzioni interpellate non hanno certamente<br />

brillato per la tutela del territorio<br />

e dei cittadini.<br />

Terna ora deve difendere delle scelte,<br />

quando pensava già di avere superato<br />

tutti gli ostacoli ed ha ovviamente<br />

difficoltà a fare marcia indietro.<br />

Non siamo noi a dover dare indicazioni<br />

sulle scelte tecniche; Terna aveva ed ha il<br />

dovere di progettare e realizzare un elettrodotto<br />

che tenga conto delle istanze, ed<br />

anche delle paure, delle popolazioni nel<br />

rispetto dei principi che salvaguardano la<br />

salute, ma anche nel rigoroso rispetto<br />

dell’art. 9 della Costituzione che obbliga<br />

alla tutela del paesaggio quale risorsa per<br />

la nostra vita e la nostra economia.<br />

All'indomani dell'occupazione del<br />

traliccio di Passo Vela da parte di alcuni<br />

esponenti delle associazioni "no<br />

elettrodotto", il presidente della regio-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 46<br />

“La Regione<br />

dovrebbe chiedere<br />

la revisione<br />

del progetto”<br />

ne Crocetta ha disposto l'invio di ispettori<br />

nell'area interessata dai lavori<br />

dell'elettrodotto aereo e per ascoltare<br />

anche i comitati e i cittadini del comprensorio.<br />

Ritieni che questo porterà a<br />

dei passi concreti nella revisione del<br />

progetto di Terna?<br />

Confidiamo in Crocetta<br />

In situazioni normali la Regione non<br />

dovrebbe più poter incidere sull’iter del<br />

progetto. Noi non sappiamo quali argomenti<br />

ha Crocetta, così come non sappiamo<br />

con quali argomenti Terna ha ottenuto<br />

per il progetto una attenzione particolarmente<br />

favorevole.<br />

Esempio: come ha fatto la Regione a<br />

dimenticare nel febbraio 2010 che già nel<br />

giugno del 2009 aveva approvato il Piano<br />

di Gestione della ZPS Monti Peloritani,<br />

che prevede l’obbligo di effettuare i<br />

nuovi elettrodotti con interramento? (non<br />

esiste negli atti una motivazione sulla disattenzione<br />

a questa prescrizione di Piano,<br />

pur nell’ambito dello stesso Assessorato<br />

Regionale Territorio e Ambiente).<br />

Auspichiamo, però, un intervento politico<br />

a difesa dell’autodeterminazione delle<br />

popolazioni interessate; speriamo che<br />

il Presidente Crocetta chieda a Terna una<br />

revisione del progetto per renderlo compatibile<br />

con la valorizzazione del pregevole<br />

territorio che possa servire ad un rilancio<br />

economico dei paesi della fascia<br />

tirrenica.<br />

Frammenti d’Italia allinea una<br />

serie di istantanee di pezzi Paese,<br />

fino a ricomporne l’insieme,<br />

attraverso sedici testi più una<br />

notizia d’agenzia (con l’aggiunta<br />

delle “note”, cioè dei link di<br />

approfondimento che ne fanno un<br />

prodotto multimediale), dalle<br />

stragi del ’92 ai giorni nostri,<br />

facendo intravvedere come la<br />

Repubblica che verrà sia<br />

pericolosamente vicina a diventare<br />

Repubblica criminale”.


www.isiciliani.it<br />

Antimafia/ Bologna<br />

Un Master sui beni<br />

confiscati intitolato<br />

a Pio La Torre<br />

Per formare dei<br />

<strong>giovani</strong> professionisti<br />

in grado di gestire i<br />

beni e le aziende<br />

confiscate alla mafia<br />

di Salvo Ognibene<br />

www.diecieventicinque.it<br />

In Italia esiste un patrimonio che rischia<br />

l’abbandono: ville, aziende, case<br />

e terreni edificabili. Sono quei beni<br />

confiscati alle mafie e condannati al<br />

degrado dalla burocrazia.<br />

Bologna, profondo sud, dove fino a<br />

pochi anni fa la mafia “non esisteva”: è<br />

proprio qui che si è dato vita al primo<br />

Master Universitario annuale in gestione<br />

e riutilizzo di beni e aziende confiscati<br />

alle mafie, intitolato a Pio La Torre.<br />

S’inserisce in quel percorso portato<br />

avanti in questi anni dalla Prof.ssa Stefania<br />

Pellegrini, docente di Mafie e Antimafia<br />

e direttrice del Master, e dalla sua<br />

cattedra. Negli ultimi due anni ha dato<br />

vita ad un laboratorio di giornalismo,<br />

coordinato da Gaetano Alessi, che<br />

insieme ad alcuni studenti ha realizzato<br />

due dossier sulle mafie in Emilia-<br />

Romagna.<br />

(scaricali qui: http://www.diecieventi-<br />

cinque.it/2012/08/07/ii-dossier-sulle-mafie-in<br />

emilia-romagna/ )<br />

Oggi in Emilia Romagna dei 110 beni<br />

confiscati negli ultimi sedici anni, solo<br />

55 sono stati destinati e assegnati.<br />

Si tratta di un tesoro confiscato alle<br />

mafie che non viene riutilizzato per problemi<br />

burocratici o per mancanza di risorse<br />

e di competenze adeguate.<br />

Dalla custodia alla confisca<br />

Il Master in oggetto si propone di formare<br />

professionalità in grado di gestire<br />

un bene o un’azienda dal momento della<br />

custodia a quello della confisca, per poi<br />

divenire oggetto di una richiesta di assegnazione<br />

a fini sociali e ritornare a produrre<br />

una ricchezza “sana”, diversamente<br />

da come accadeva quando era di proprietà<br />

delle mafie.<br />

Al Deputato siciliano, Pio La Torre, si<br />

deve la proposta di una legge che ha introdotto<br />

il reato di associazione a delin-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 47<br />

quere di tipo mafioso all’interno del nostro<br />

codice penale ed ha indicato la confisca<br />

dei beni ai mafiosi come uno tra gli<br />

strumenti più efficaci di contrasto alla<br />

criminalità organizzata.<br />

La legge La Torre<br />

Il 30 aprile 1982, Pio La Torre viene<br />

ucciso da Cosa Nostra, ma per l’emanazione<br />

della legge n. 646/1982, cosiddetta<br />

“Rognoni-La Torre”, si dovranno<br />

attendere ancora quattro mesi ed un’altra<br />

morte, quella di Carlo Alberto dalla<br />

Chiesa, Prefetto di Palermo. A completare<br />

il percorso ci penseranno la legge<br />

n. 109/96 sul riutilizzo sociale dei beni<br />

confiscati, il 7 marzo 1996, voluta fortemente<br />

dall’associazione Libera e l’istituzione<br />

dell’Agenzia nazionale (istituita<br />

con d.l. 4/2010), che si occupa<br />

dell’amministrazione e destinazione dei<br />

beni sequestrati e confiscati alle mafie.<br />

Il Master è rivolto soprattutto a professionisti<br />

che vogliano rivestire il ruolo di<br />

amministratori giudiziari di beni e/o<br />

aziende confiscati alla criminalità organizzata,<br />

funzionari e/o dipendenti di Enti<br />

Locali.<br />

Il Master, che si concluderà a luglio, è<br />

iniziato lo scorso 23 novembre ed ha visto<br />

salire in cattedra, alla prima lezione,<br />

oltre che la Prof.ssa Stefani Pellegrini,<br />

anche il Procuratore aggiunto di Reggio<br />

Calabria Nicola Gratteri ed il Dott. Antonio<br />

Nicaso. Come si dice, chi ben comincia<br />

è a metà dell’opera.


MAMMA !<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 48


I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 49


www.isiciliani.it<br />

Periferie/ I beni confiscati<br />

Confiscati ai mafiosi<br />

e lasciati a marcire:<br />

usiamoli per i quartieri!<br />

Chiediamo un uso sociale<br />

dei beni confiscati.<br />

Restituiamoli ai<br />

quartieri. E uno, destiniamolo<br />

a Casa dell'<br />

informazione nel nome<br />

di Giuseppe Fava<br />

di Giovanni Caruso<br />

www.associazionegapa.org/i-cordai.html<br />

Prima di scrivere questo pezzo avevo<br />

bisogno di respirare l’aria di via Caprera<br />

dove è stato abbattutto l’immobile<br />

confiscato alla mafia. Seduti sulla<br />

panchina, Domenico mi descriveva il<br />

luogo, circondato da case basse più o<br />

meno fatiscenti e una casa restaurata e<br />

ben tenuta, quella di Santo Mazzei.<br />

Mi si avvicina una signora: “Buongiorno,<br />

si ricorda di me, sono Anna del comitato<br />

delle “donne madri” che occupò<br />

l’Andrea Doria”.<br />

- “Si certo che mi ricordo…”<br />

Anna: “Certo è stato un bellissimo momento,<br />

l’occupazione dell’Andrea<br />

Doria… adesso i miei figli frequentano<br />

le scuole superiori e forse è merito di<br />

quella lotta”.<br />

Ritornando sui nostri passi, pensavo a<br />

quei giorni: l’occupazione, le assemblee i<br />

momenti divertenti, la prima vittoria contro<br />

lo sfratto e quella lista civica del 2008<br />

per il consiglio di quartiere dove “brindammo<br />

per la sconfitta” felici per aver<br />

fatto un percorso democratico e di base.<br />

* * *<br />

Dal Giornale di Sicilia 28 novembre<br />

2012<br />

“Quanto avviene oggi – ha detto Raffaele<br />

Stancanelli - ha una valenza non<br />

solo simbolica ma anche concreta perché<br />

l’immobile confiscato fu realizzato con<br />

una copertura in amianto con rischi per<br />

la salute dei cittadini… questo è un segnale<br />

di legalità forte e chiaro da parte di<br />

tutte le istituzioni per lottare concretamente<br />

la mafia e le organizzazioni criminali.<br />

In sostituzione di questo rudere sorgerà<br />

una piccola piazzetta, recuperando<br />

uno spazio per la pubblica fruizione in<br />

uno dei quartieri più disagiati della città.<br />

Proseguiamo in questa azione di legalità<br />

fatta di gesti e atti concreti e non di parole<br />

che restituisce alla legge situazioni che<br />

da tempo erano rimaste sospese”.<br />

* * *<br />

“Bravo! Il nostro sindaco Stancanelli è<br />

proprio bravo!” In queste parole ci sono<br />

alcune contraddizioni.<br />

La prima è sicuramente, secondo noi, e<br />

per i motivi raccontate alle cronache di<br />

questi ultimi anni, Stancanelli e la sua<br />

amministrazione non brillano per legalità.<br />

La seconda contraddizione è tutta lì<br />

nel quartiere di San Cristoforo davanti a<br />

noi, davanti ai nostri occhi.<br />

Se il sindaco Stancanelli ha realmente<br />

a cuore la lotta alle mafie e all’illegalità<br />

dovrebbe guardare prima le illegalità istituzionali<br />

che si compiono quotidianamente<br />

nel quartiere di San Cristoforo:<br />

povertà, evasione scolare, chiusura per<br />

sfratto della scuola media Andrea Doria,<br />

le piazze abbandonate alla mafia e allo<br />

spaccio, come piazza Don Puglisi, piazza<br />

Don Bonomo e l’area verde attrezzata di<br />

via De Lorenzo, realtà che il sindaco<br />

Stancanelli non può negare.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 50<br />

Più volte abbiamo descritto su queste<br />

pagine le condizioni delle piazze citate<br />

che Sindaco, Municipalità, forze<br />

dell’ordine, Magistratura e Prefettura nonostante<br />

le denuncie, le tante parole scritte,<br />

le immagini mostrate fanno finta di<br />

non vedere e di non sentire.<br />

Non vedono e non sentono<br />

Abbiamo qualche dubbio che quella<br />

stalla di via Caprera 28 confiscata alla famiglia<br />

Mazzei andasse abbattuta; ci sta<br />

bene che sia diventata una piazzetta, ma<br />

non ci starà bene se verrà abbandonata<br />

come le altre piazze che dovevano essere<br />

luoghi di svago e di libera fruizione per i<br />

cittadini e le cittadine di San Cristoforo,<br />

per i loro figli e figlie luoghi di incontro<br />

e di aggregazione.<br />

Questo non è, perché la gente ha paura<br />

dei motorini che scorazzano, dei pusher<br />

che vendono tutti i tipi di droghe e molte<br />

volte anche sotto gli occhi delle forze<br />

dell’ordine.<br />

Il controllo mafioso sul territorio<br />

Comprendiamo che le ormai prossime<br />

elezioni del sindaco di Catania sono vicine<br />

e che il nostro “bravo sindaco” legittimamente<br />

si faccia la propria campagna<br />

elettorale e che mostri il suo “volto pulito”<br />

di buon amministratore; ma sappiamo<br />

anche che conosce la situazione di quelle<br />

piazze che non può o non vuole recuperare<br />

o perché sa in quali situazioni disastrose<br />

versano o perché non vuole spezzare<br />

gli equilibri del controllo mafioso<br />

sul territorio.


Crediamo che sia necessario recuperare<br />

quelle piazze, oggi, chiamate “piazza<br />

della cocaina” e “super market della droga”<br />

e riconsegnarle agli abitanti del quartiere<br />

con una buona sorveglianza delle<br />

istituzioni. Pensiamo che l’immobile di<br />

via Caprera 28, magari bonificando soltanto<br />

il tetto in amianto, potesse a parer<br />

nostro diventare un presidio sociale consegnato<br />

a un associazione.<br />

Prendiamo per buone le parole del<br />

sindaco e gli chiediamo con fermezza di<br />

“liberare” e assegnare quei sessanta beni<br />

confiscati alla mafia che dovrebbero<br />

essere assegnati alle organizzazioni<br />

sociali, senza dover aspettare quindici<br />

www.isiciliani.it<br />

anni come accaduto per via Caprera, o<br />

chiudere dopo averlo assegnato, i locali<br />

del Centro Astalli nel quartiere di San<br />

Giorgio o mettere paletti e difficoltà nei<br />

locali di via Anapo destinati all’Associazione<br />

Fiadda Onlus che non ne usufruisce<br />

pur pagando il condominio del bene<br />

confiscato e pagando l’affitto di un’altra<br />

sede per poter operare.<br />

Insomma che non scoraggi e anzi<br />

involi i tanti <strong>giovani</strong> organizzati, che di<br />

questi beni confiscati potrebbero<br />

realizzare luoghi di lavoro, in un<br />

momento così delicato per la nostra<br />

economia e punti di riferimento per i<br />

quartieri più disagiati di Catania.<br />

Assegnare davvero i beni confiscati<br />

Proponiamo e chiediamo al signor<br />

sindaco, alla Prefettura e alla<br />

Magistratura di essere coerenti e di<br />

accellerare in collaborazione con<br />

l’”Agenzia Nazionale per l’amministrazione<br />

e la destinazione dei beni<br />

confiscati alla criminalità organizzata”,<br />

l’assegnazione di tali beni e l’attivazione<br />

di contributi per il restauro degli stessi,<br />

in modo da non costringere le associazioni<br />

a rivolgersi alle banche a cui poco importa<br />

di finanziare cooperative e organizzazioni<br />

sociali. Chiediamo a questi organi<br />

una conferenza dei servizi per agevolare<br />

la consegna dei beni confiscati.<br />

Chiediamo che due di questi beni con-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 51<br />

“Vogliamo davvero<br />

recuperare le piazze<br />

che adesso sono<br />

in mano a mafiosi<br />

e spacciatori?”<br />

fiscati siano assegnati, uno per adibirlo<br />

alla “Casa delle associazioni” prive di<br />

sedi, e una seconda alle testate giornalistiche<br />

cartacee e on line che tanta buona<br />

informazione danno a questa città, intotolandola<br />

al giornalista ucciso dalla mafia<br />

nel 1984, Giuseppe Fava; testate che<br />

sono reale alternativa, per un giornalismo<br />

di verità, al monopolio dell’informazione<br />

a Catania da parte de “La Sicilia”.<br />

Belle parole e comizi elettorali<br />

Solo in questo modo le sue belle<br />

parole, caro signor sindaco Stancanelli,<br />

avranno un valore e nessuno potrà dire<br />

nei prossimi mesi che quelle parole erano<br />

solo un comizio elettorale.<br />

I beni confiscati alle mafie<br />

appartegono alla collettività, e possono<br />

creare lavoro ed essere volano per una<br />

nuova economia. Né il Comune né gli<br />

altri enti preposti alla loro assegnazione<br />

possono “incatenarle” con la burocrazia e<br />

tante altre scuse. Sulla porta di quella<br />

stalla, in via Caprera, vi era scritto, “<br />

Faveti i cazzi vostri”, l’intimidazione era<br />

chiara ma noi non ci facciamo intimidire<br />

né dalla mafia né dalla cattiva politica.<br />

Al Procuratore della Repubblica di<br />

Catania, Giovanni Salvi chiediamo che<br />

attivi tutti i poteri di sua competenza per<br />

accellerare le procedure di assegnazione<br />

dei beni confiscati.<br />

Una casa dell'informazione<br />

Per quanto riguarda le testate che<br />

compongono la rete de “I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>”<br />

da subito inizieremo questa battaglia<br />

che finirà soltanto quando avremo la<br />

casa “dell’informazione libera e indipendente”<br />

chiamata “Giuseppe Fava”.


UNA STORIA ESEMPLARE<br />

IL BENE CONFISCATO<br />

E ABBATTUTO<br />

A SAN CRISTOFORO<br />

IN VIA CAPRERA<br />

Il bene confiscato alla mafia al numero<br />

civico 28 di via Caprera, di appena 32<br />

mq, apparteneva alla famiglia mafiosa di<br />

Santo Mazzei, soprannominata “i carcagnusi”,<br />

famiglia legata alla cosca Santapaola.<br />

Santo Mazzei sconta il 41bis e fu nominato<br />

“uomo d’onore” dallo stesso Riina<br />

nel 1992.<br />

Il bene fu confiscato alla suddetta famiglia<br />

nel 1992 ed era adibito a garage o<br />

stalla abusiva, dove si tenevano i cavalli<br />

per le corse clandestine. Rispetto a tutte<br />

le altre case questa piccola costruzione<br />

era ben curata e sulla porta c’era scritto a<br />

mo’ di intimidazione “fatevi i cazzi vostri”.<br />

Nel 1999 il bene confiscato fu assegnato<br />

al Comune di Catania, che avrebbe dovuto<br />

utilizzarlo come suggeriva l’Ente di<br />

recente costituzione “Agenzia Nazionale<br />

per l’Amministrazione e la Destinazione<br />

dei beni confiscati alla criminalità organizzata”,<br />

per fini sociali.<br />

Il suggerimento che dava l’Agezia era<br />

una scelta di buon senso, in quanto il<br />

quartiere di San Cristoforo è un quartiere<br />

che presenta problematiche assai gravi<br />

come: fatiscenza e precarietà degli edifici,<br />

assoluta mancanza di spazi pubblici,<br />

di verde e di servizi, e un alto tasso di dispersione<br />

scolastica e criminalità, considerando<br />

che le strade del quartiere sono<br />

prive di segnaletiche stradali, che indicano<br />

divieti o direzioni, insomma, una vera<br />

“anarchia” urbanistica. Il controllo del<br />

territorio da parte della criminalità organizzata<br />

individua immediatamente il<br />

“forestiero” e a chi chiedeva cosa accadeva<br />

al civico 28 di via Caprera difficilmente<br />

avrebbe avuto delle informazioni.<br />

Smentiti i dati del Comune<br />

Nella lista dei beni confiscati in possesso<br />

della Prefettura e in quelle del Comune<br />

di Catania il civico 28 risulta un<br />

rudere, in netta discordanza con il parere<br />

dell’Agenzia. Il Comune sosteneva che<br />

fosse un rudere pericoloso per le case vicine<br />

e perché poteva essere utilizzato<br />

come deposito per nascondere armi o altri<br />

affari illeciti. Ma l’immobile smentiva<br />

le cose dette dal Comune.<br />

Eppure la legge, prima delle modifiche<br />

www.isiciliani.it<br />

apportate dalla norma n. 50 del marzo<br />

2010, non prevedeva la demolizione di<br />

un bene dello Stato. La concessione di<br />

poterla abbattere fu data a patto che<br />

l’area venisse utilizzata per scopi sociali.<br />

Il Comune, che all’ultima richiesta di aggiornamento<br />

della Prefettura aveva risposto<br />

che il locale non era ancora stato demolito<br />

perché era indeciso su cosa farne<br />

e come utilizzarlo, ha difatto nel mese di<br />

novembre dello scorso anno, demolito<br />

quello che definiva un rudere.<br />

Nell’elenco dell’Ente di recente costituzione<br />

al quale spetta in via esclusiva il<br />

potere decisionale sui beni confiscati,<br />

l’edificio di via Caprera risulta essere<br />

consegnato come sede per le organizzazioni<br />

sociali.<br />

A nostro parere l’indicazione dell’<br />

Agenzia era più che giusta in quanto in<br />

quel luogo si sarebbe potuto creare un<br />

presidio di legalità e per la politica sociale.<br />

Quello di via Caprera a Catania è solo<br />

uno dei sessanta beni, aziende escluse,<br />

confiscati nel Comune di Catania per un<br />

valore di quasi 8,5 milioni di euro. Di<br />

questi solo cinque sono utilizzati.<br />

Fra i beni consegnati e utilizzati c’è<br />

quello di via Grasso Finocchiaro, 112 a<br />

Catania nel quartiere di Picanello al<br />

coordinamento provinciale dell’Associazione<br />

“Libera” di Catania e all’Associazione<br />

“Addio Pizzo”.<br />

Quest’ultimo è un appartamento trovato<br />

in condizioni fatiscenti e che è stato<br />

recuperato e restaurato dopo diversi anni<br />

grazie ai contributi dei fondi speciali della<br />

Provincia Regionale di Catania la cui<br />

inaugurazione fu fatta alla presenza del<br />

presidente Castiglione.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 52<br />

Mentre invece il bene cosegnato al<br />

Centro Astalli che lavora a sostegno e<br />

all’assistenza degli emigranti e sito nel<br />

quartiere di San Giorgio a Catania, dopo<br />

poco tempo dalla cosegna è stato sequestrato<br />

perché pare non avesse le caratteristiche<br />

indicate dalle normative sulla sicurezza<br />

per gli stabili.<br />

Infine c’è da dire che i contratti di comodato<br />

d’uso gratuito stipulati dal Comune<br />

di Catania sui beni confiscati è di<br />

appena solo due anni, il che è un tempo<br />

troppo breve e scoraggia le tante organizzazioni<br />

sociali che volessero chiedere<br />

l’utilizzo di un bene confiscato, così<br />

come è successo all’Associazione Fiadda<br />

Onlus una delle prime a chiedere l’utilizzo<br />

di un bene confiscato alla mafia<br />

all’allora sindaco di Catania Scapagnini,<br />

confiscato nel 1986 al boss Benedetto<br />

Santapaola e assegnato al Comune fin<br />

dal 1999.<br />

Assegnati solo per finta<br />

Da allora è stata una lunga battaglia e<br />

attesa, fino a quando nel 2009 l’appartamento<br />

è stato assegnato. Per questo bene<br />

è già stato stanziato un finanziamento,<br />

ma i lavori non sono ancora iniziati.<br />

L’Associazione è costretta dunque a operare<br />

in un’altra sede per la quale paga<br />

800 euro di affitto, che si sommano alle<br />

35 euro di condominio che l’Associazione<br />

versa per l’appartamento di via Anapo<br />

da quando ha stipulato il contratto di comodato<br />

d’uso col Comune da soli due<br />

anni.<br />

G.C


LICEALI CONTRO LA MAFIA<br />

I TESORI MAFIOSI<br />

SMASCHERATI<br />

DAI RAGAZZI<br />

di Elio Camilleri<br />

A Catania i primi a fare una<br />

mappa dei beni confiscatisono<br />

stati gli studenti di un liceo col<br />

loro insegnante, un vecchio militante<br />

dei <strong>Siciliani</strong>. Non sono<br />

stati purtroppo presi a interlocutori<br />

dalle successive inizia-<br />

tive "ufficiali" sul tema. (r.o.)<br />

La legge Rognoni La Torre (646/1982)<br />

aveva indicato come itinerario da percorrere<br />

quello del sequestro e della confisca<br />

dei tesori mafiosi accumulati con il traffico<br />

internazionale della droga, il racket,<br />

ecc. …, introducendo nel Codice Penale<br />

l’art. 416/bis che permise di delineare la<br />

particolarità dei reati e dei soggetti criminali.<br />

Nel corso dell’anno scolastico<br />

2004/2005 un gruppo di studenti del Liceo<br />

Scientifico “Galilei” di Catania,<br />

coordinati dal sottoscritto, volle impegnarsi<br />

a svolgere, per la prima volta in<br />

Italia, una ricerca sul tema dei beni confiscati<br />

essendo motivati dalle seguenti<br />

curiosità:<br />

a) tenuto che dopo la legge Rognoni<br />

La Torre è stata promulgata la legge<br />

109/1996, che disciplina, in particolare,<br />

www.isiciliani.it<br />

tutte le fasi successive al sequestro ed<br />

alla confisca dei beni mafiosi e ne indica<br />

le modalità di riconversione per fini sociali,<br />

quali obiettivi e risultati si sono effettivamente<br />

raggiunti in particolare a<br />

Catania e provincia?<br />

b) Quali sono stati gli effetti della costituzione<br />

di un Osservatorio permanente<br />

sui beni confiscati e della istituzione, nel<br />

1999, di un Ufficio del Commissario<br />

straordinario del Governo per la gestione<br />

e la destinazione dei beni confiscati?<br />

c) Quali sono state le conseguenze della<br />

soppressione dell’Ufficio del Commissario<br />

straordinario deliberata con decreto<br />

del Governo Berlusconi in data 23 Dicembre<br />

2003?<br />

d) Quali problematiche ineriscono al<br />

tentativo governativo di riformare la legge<br />

109/1996 e quali sono le preoccupazioni<br />

riguardo alla prosecuzione della<br />

lotta contro le organizzazioni mafiose?<br />

Abbiamo chiesto collaborazione ai<br />

Magistrati e prontamente si è reso disponibile<br />

il Dott. Vincenzo D’Agata, Procuratore<br />

aggiunto presso la Procura della<br />

Repubblica di Catania, la Dott.ssa Marisa<br />

Acagnino, consigliere di Corte<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 53<br />

“Già nel 2004<br />

gli studenti del<br />

Galilei, guidati da<br />

un vecchio militante<br />

dei <strong>Siciliani</strong>,<br />

avevano iniziato<br />

il censimento<br />

dei beni mafiosi”<br />

d’Appello, il Dott. Alfio Spadaro, dirigente<br />

dell’Ufficio del Demanio di Catania,<br />

L’On.le Giuseppe Lumia, componente<br />

della Commissione Nazionale Antimafia,<br />

ha indotto, con una relazione efficace<br />

ed articolata, all’attenzione, alla<br />

riflessione ed all’impegno per la legalità<br />

tutti i <strong>giovani</strong> presenti in aula magna.<br />

In estrema sintesi abbiamo preso coscienza<br />

che:<br />

a) la confisca dei beni è, in sé, un formidabile<br />

strumento per fare indietreggiare<br />

l’offensiva mafiosa nel controllo del<br />

territorio.<br />

b) che si sono registrati gravi ritardi<br />

nella esecuzione delle confische e<br />

nell’assegnazione dei beni ai Comuni e<br />

allo Stato,<br />

c) che è in atto un tentativo di depotenziamento<br />

del progetto di smantellare i<br />

patrimoni accumulati dalle organizzazioni<br />

mafiose,<br />

d) che le organizzazioni mafiose denunciano<br />

grande sofferenza per l’attacco<br />

ai loro patrimoni e che, quindi, è assolutamente<br />

necessario insistere nel progetto<br />

di sequestro e confisca,<br />

e) che ogni incertezza e ritardo permette<br />

alle organizzazioni mafiose di acquisire<br />

e mantenere formidabili mezzi economici<br />

e di esercitare tutte le sciagurate<br />

pressioni possibili sul territorio.<br />

http://www.liceogalileict.it/Aulaperta/popdown.asp?cod=25


www.isiciliani.it<br />

Librino/ Il campo di San Teodoro<br />

“Lo levo ai Briganti<br />

e lo dò ai salesiani...”<br />

Catania. Abbandonato<br />

dal Comune, restaurato<br />

dai cittadini, l'unico<br />

moderno campo sportivo<br />

della perferia rischia<br />

la fine. Il Comune<br />

non copre le spese.<br />

Non c'è un progetto.<br />

Affidarlo ai salesiani?<br />

La squadra di rugby<br />

del quartiere (che<br />

mesi gestisce il campo<br />

a sue spese) non ci sta<br />

di Federica Motta<br />

e Leandro Perrotta<br />

www.ctzen.it<br />

«Il campo da rugby un oratorio?<br />

Non possiamo accettare che diventi<br />

un’altra cosa e che il lavoro svolto in<br />

questi mesi dai ragazzi del quartiere<br />

per renderlo nuovamente fruibile venga<br />

sminuito così».<br />

Piero Mancuso è il fondatore dei Briganti<br />

rugby di Librino, quartiere alla periferia<br />

sud di Catania dove non c'è niente.<br />

Un dormitorio dove però dallo scorso<br />

25 aprile un comitato locale, con in testa<br />

gli amanti della palla ovale, ha deciso di<br />

sostituirsi alle istituzioni e riqualificare<br />

l'impianto San Teodoro. Una mega struttura<br />

costruita per le Universiadi del 1997<br />

che comprende due palestre, spogliatori,<br />

campo da calcetto e campo da rugby, costata<br />

10milioni di euro e consegnata solo<br />

in parte nel 2003.<br />

“Settemila firme, e nessuna risposta”<br />

Adesso l'intenzione del Comune di<br />

affidare il campo ai salesiani fa infuriare<br />

i Briganti. «Sono stati i nostro ragazzi i<br />

primi a strappare l’erba e ripulire le<br />

palestre fino a renderle un luogo di<br />

incontro – racconta Mancuso – Da<br />

allora, qui, nessuno si è più permesso di<br />

sporcare o distruggere qualcosa».<br />

«Da aprile abbiamo raccolto e presentato<br />

al Comune oltre settemila firme per<br />

farci affidare ufficialmente la gestione<br />

del campo, ma non abbiamo mai avuto<br />

risposte concrete», lamenta Mancuso.<br />

«Alla fine, circa un mese fa, siamo stati<br />

finalmente convocati. Dal confronto è<br />

emerso che i salesiani sarebbero diventati<br />

beneficiari di una parte del campo, assumendo<br />

un ruolo di presenza salvifica<br />

per la struttura», racconta Mancuso.<br />

«Una situazione per noi inaccettabile. Si<br />

tratta chiaramente di un modo della vecchia<br />

politica di gestire i beni comuni con<br />

interessi privati. Non si spiegherebbe altrimenti<br />

perché a noi, che abbiamo ri-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 54<br />

messo in sesto il campo, non possa essere<br />

affidata la gestione, mentre alla Chiesa<br />

sì».<br />

“Perché a noi no e alla Chiesa sì?”<br />

Intanto dal Comune nessuno conferma<br />

né smentisce la voce. «Di scritto non c’è<br />

nulla», dice l’ingegnere Orazio Palmeri,<br />

alla direzione dell’ufficio Patrimonio, a<br />

cui fa riferimento la gestione del centro<br />

sportivo. «Di certo il Campo San Teodoro<br />

fa parte di quel terreno che dovrà essere<br />

ceduto alla società che costruirà il<br />

nuovo stadio del Calcio Catania», continua<br />

Palmeri, ricordando il progetto del<br />

sindaco Raffaele Stancanelli, espresso<br />

pubblicamente circa un anno fa. E che, se<br />

dovesse concretizzarsi, cancellerebbe definitivamente<br />

il sogno dei Briganti di poter<br />

utilizzare il campo.<br />

“Nè conferme né smentite”<br />

Con la costruzione dello stadio, diventerebbe<br />

impossibile parlare di cessione<br />

del terreno. «Semmai di comodato d’uso<br />

gratuito per un paio d’anni ancora, in attesa<br />

che inizino i lavori», chiarisce Palmeri.<br />

D'altronde «per rimettere in sesto il<br />

centro sportivo, sarebbero necessari almeno<br />

200 mila euro – continua - E considerato<br />

che tutti gli impianti sportivi della<br />

città sono in passivo, il Comune non può<br />

permettersi di investire in una struttura a<br />

scopo sociale senza averne un ricavo<br />

economico».


Scheda<br />

BRIGANTE A CHI?<br />

La storia del campo San Teodoro nasce<br />

nei progetti del piano di zona Librino<br />

a metà anni '70 . La sua costruzione<br />

è iniziata però a metà anni '90, per essere<br />

utilizzato nel corso delle Universiadi<br />

siciliane del 1997, ma la consegna<br />

dell'impianto incompleto è avvenuta<br />

solo nel 2003, senza il previsto stadio<br />

da trentamila posti , ma con due campi<br />

di calcio e palestre per gli sport al chiuso.<br />

Il San Teodoro è stato utilizzato per la<br />

prima volta nel 2006, l'anno della fondazione<br />

della squadra di rugby dei Briganti.<br />

Nata per iniziativa del centro sociale<br />

Iqbal Masih di Librino, che da quasi<br />

vent'anni opera in una delle zone più<br />

problematiche della popolosa città satellite<br />

etnea, quella del palazzo di cemento<br />

di viale Moncada. Proprio di fronte<br />

a uno dei simboli più potenti del malaffare<br />

si estende l'area del San Teodoro.<br />

L'unico campo in erba sintetica completo<br />

dell'impianto sportivo è stato utilizzato<br />

fino al 2009, quando l'amministrazione<br />

comunale lo ha concesso in comodato<br />

d'uso al Catania calcio per realizzare<br />

una scuola calcio, mai avviata.<br />

Dopo anni di esilio dal quartiere, i Briganti<br />

hanno deciso di ripristinare l'area<br />

dove era previsto il secondo campo di<br />

calcio, da convertire al rugby. Un'impresa<br />

riuscita con sei mesi di lavoro. Ma<br />

l'uso ufficiale della struttura è impedito<br />

da una promessa dell'amministrazione<br />

comunale: realizzare in project financing<br />

il nuovo stadio da affidare al Catania<br />

calcio.<br />

www.isiciliani.it<br />

Eppure grazie al lavoro degli attivisti<br />

del Comitato campo San Teodoro - formato<br />

dai Briganti rugby, dal centro Iqbal<br />

Masih e da molte altre realtà del volontariato<br />

sociale catanese - dove prima c'era<br />

una struttura abbandonata all'incuria e al<br />

vandalismo, adesso c'è un luogo di incontro,<br />

usato periodicalmente per attività<br />

sportive. E non solo.<br />

Il centro sociale del quartiere<br />

Mentre la domenica i Briganti, a fine<br />

partita, sfruttano alcune delle strutture a<br />

bordo campo per accogliere gli avversari<br />

durante il cosiddetto terzo tempo, nel resto<br />

della settimana il San Teodoro ospita<br />

concerti, rappresentazioni teatrali e persino<br />

un progetto di orto sociale. Il vecchio<br />

centro sportivo di Librino è diventato a<br />

tutti gli effetti il centro sociale che mancava<br />

ai ragazzi del quartiere, oltre a essere<br />

il campo d'allenamento che i Briganti,<br />

attivi in tutte le serie <strong>giovani</strong>li a partire<br />

dall'under 14, aspettavano da anni.<br />

A partire dal 25 aprile, giorno della Liberazione<br />

anche del campo, i volontari<br />

hanno zappato la terra ed estirpato le erbacce,<br />

anche nei giorni di festa.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 55<br />

Una lettera all'assessore<br />

Un incontro ormai fisso, quello della<br />

domenica al campo, per dare una mano,<br />

incontrarsi, progettare e costruire, insieme.<br />

Tanti in città si sono uniti. Altri<br />

attivisti hanno appoggiato la brigata e<br />

aiutato i ragazzi a ripulire. Perfino i vertici<br />

della Federazione italiana rugby sono<br />

intervenuti. Il 19 marzo scorso, infatti, il<br />

presidente nazionale della federazione<br />

Giancarlo Dondi ha scritto una lettera<br />

all’allora assessore allo sport di Catania<br />

Ottavio Vaccaro, per sollecitare l'amministrazione<br />

nell'affidamento della struttura<br />

alla squadra di rugby.<br />

L'ennesimo appello caduto nel vuoto.<br />

Da qui l'occupazione, il lavoro continuo<br />

e la nascita del Comitato, qualche mese<br />

dopo. Fino ad arrivare ad oggi, al rischio<br />

che tutto possa essere gestito da altri.<br />

“Non molleremo”<br />

«Evidentemente per una questione di<br />

scelte ideologiche», commenta Mancuso.<br />

Ecco perché «esigiamo che l'ter venga<br />

seguito regolarmente – continua l'attivista<br />

– Non vogliamo creare scontri, anzi,<br />

siamo disposti a collaborare con chiunque,<br />

anche con i salesiani. Purché si tratti<br />

di un dialogo in senso orizzontale – chiarisce<br />

– Vogliamo che la struttura resti un<br />

centro di aggregazione culturale e sportiva,<br />

quello per cui è nata e per cui stiamo<br />

lavorando. Non molleremo».


www.isiciliani.it<br />

Librino/ L'ospedale che non si fa<br />

“Vi ricovero al<br />

centro commerciale!”<br />

Catania. L'ospedale<br />

San Marco è in costruzione<br />

da vent'anni, fra<br />

giri d'appalti e speculazioni.<br />

In compenso,<br />

fioriscono i centri commerciali...<br />

di Luciano Bruno<br />

e Vincenzo Rosa<br />

Librino, il quartiere più popoloso di<br />

Catania, conta circa 80.000 abitanti.<br />

Un agglomerato di palazzoni da tipica<br />

edilizia popolare fatto sorgere nella periferia<br />

sud della città, in una zona che<br />

un tempo era coltivata ad arance e vigneti,<br />

definita ”terra forte” dagli abitanti<br />

del luogo per la sua fertilità.<br />

Un progetto ambiziosissimo fu alla<br />

base della costruzione di Librino negli<br />

anni settanta, quando ancora la recessione<br />

economica non c'era e i progetti edilizi<br />

dagli appalti miliardari foraggiavano e<br />

ingrassavano i centri di interesse e i comitati<br />

d'affari a Catania. Librino doveva<br />

diventare la new town, il naturale sbocco<br />

architettonico alla vocazione modernistica<br />

di Catania per ospitare uffici e strutture<br />

pubbliche all'avanguardia. Addirittura<br />

per dirigere i lavori venne chiamato il<br />

notissimo architetto Kenzo Tange, che<br />

immaginò un quartiere innovativo e futuristico,<br />

con grandi strade a 3 corsie per<br />

separare spazi abitativi pieni di verde e<br />

forniti di tutti i servizi. Del progetto originale<br />

dell'architetto giapponese rimangono<br />

purtroppo solo gli stradoni malsani<br />

e poco illuminati, che sembrano voler<br />

cingere in un abbraccio mortale i palazzoni<br />

popolari che dividono.<br />

Librino è diventato in poco tempo dalla<br />

sua costruzione quello che è adesso,<br />

uno dei simboli maggiori del degrado e<br />

dell'abbandono delle periferie popolari:<br />

un quartiere mancante dei principali servizi<br />

pubblici, poco collegato con il resto<br />

della città e non solo nel significato “viario”<br />

del termine, a causa del sostanziale<br />

abbandono nei suoi confronti da parte<br />

delle varie amministrazioni comunali che<br />

si sono succedute nel tempo.<br />

Cementificazione selvaggia<br />

Eppure Librino, insieme alle altre zone<br />

vicine come il Pigno e San Giorgio, è un<br />

quartiere molto dinamico dal punto di vista<br />

edilizio. La cementificazione procede<br />

imperterrita nel tempo, con nuove costruzioni<br />

dalla dubbia qualità stilistica e non<br />

solo a modificare continuamente il suo<br />

skyline. La conformazione del quartiere<br />

negli anni è stata affidata a continue e disorganiche<br />

varianti al piano regolatore<br />

che hanno permesso la creazione di un<br />

quartiere enorme, scomposto ed alienante,<br />

senza precise idee sulla collocazione e<br />

distribuzione degli abitati e dei servizi<br />

pubblici essenziali. Basti ricordare come<br />

esempio quando nell’aprile del 2008, prima<br />

che il sindaco Scapagnini si dimettesse,<br />

fu votata una variante al PRG che<br />

permise una nuova cementificazione della<br />

città. Tra il Pigno e Librino stanno attualmente<br />

nascendo circa un milione di<br />

metri cubi di case; facendo un rapido calcolo,<br />

330 mila metri quadri di appartamenti.<br />

Questa abbandonata periferia di Catania,<br />

con i palazzoni e le altre colate di cemento<br />

che deturpano il suo volto, rappresenta<br />

una continua ed enorme occasione<br />

di speculazione edilizia che ha arricchito<br />

e arricchisce i poteri economici della città,<br />

i soliti personaggi noti, alcuni dei<br />

quali potrebbero sicuramente essere considerati<br />

al di sopra di ogni sospetto.<br />

Librino, pur essendo il quartiere più<br />

popoloso della città, non ha mai avuto<br />

neppure un ospedale. Pur essendo ormai<br />

più di 25 anni che il quartiere attende la<br />

creazione di un presidio ospedaliero, una<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 56<br />

nebulosa vicenda ha contraddistinto la<br />

sua costruzione nel corso del tempo.<br />

Risale infatti al 1986 il piano di costruzione,<br />

quando l'Usl dell'epoca avanzò il<br />

cosiddetto “progetto Prometeo” che prevedeva<br />

la costruzione di tre ospedali nelle<br />

periferie della città: il Cannizzaro, il<br />

nuovo Garibaldi e appunto il San Marco,<br />

quest'ultimo pensato per Librino.<br />

Un primo bando di gara esce nel 1990<br />

e ad aggiudicarselo è il raggruppamento<br />

Cogefar-Impresit che però non inizierà<br />

mai i lavori di costruzione a causa di successive<br />

controversie giudiziarie. Sono gli<br />

anni delle tangenti per la costruzione del<br />

nuovo Garibaldi, a causa dei quali verranno<br />

successivamente indagati per corruzione<br />

e turbativa d'asta personaggi del<br />

calibro di Giuseppe Castiglione e Pino<br />

Firrarello.<br />

Per molti anni il progetto rimane bloccato.<br />

Ma come nella migliore tradizione<br />

catanese, anche quello sul San Marco è<br />

un silenzio che conta più di mille parole.<br />

L'odore degli immensi guadagni fatti col<br />

cemento è nell'aria e una sorta di macchina<br />

speculativa sembra mettersi in moto.<br />

Fra i proprietari c'è Ciancio<br />

Una vastissima area interessata, che<br />

comprende i 230.000 mq dove sorgerà il<br />

San Marco oltre che altre zone a ridosso<br />

del Pigno, viene fatta oggetto di operazioni<br />

transattive; dopo le compravendite<br />

dei terreni (tra i proprietari ritroviamo<br />

anche Mario Ciancio Sanfilippo con 80<br />

ettari) viene autorizzata una variazione<br />

d'uso per la suddetta area con un decreto<br />

regionale del 2005 seguito da una modifica<br />

al PRG, che da zona verde rurale<br />

verrà classificata come adibita a “servizi<br />

generali”. Questo significa che quei terreni<br />

sono considerati edificabili e conseguentemente<br />

il loro valore aumenterà di<br />

molto.<br />

A beneficio degli espropriati, ma soprattutto<br />

a danno degli espropriandi, cioè<br />

l'Azienda Ospedaliera “Policlinico-Vittorio<br />

Emanuele”. Non si sa a che titolo,<br />

ma dalla variazione d'uso dei terreni saranno<br />

coinvolti anche quelli su cui


Scheda<br />

APPALTI E SUBAPPALTI<br />

Soggetto affidatario progettazione e costruzione:<br />

Uniter cs a rl<br />

Progetto architettonico: Studio Valle<br />

progettazioni srl, prof. ing. Giliberto Valle,<br />

arch. Tommaso Valle<br />

Progetto strutture: Studio Sia Get srl,<br />

ing. Renato Grecuzzo, ing. Concetto<br />

Costa<br />

Progetto impianti cogenerazione, hvac,<br />

gas, antincendio: prof. ing. Francesco<br />

Patania<br />

Coordinatore per la progettazione: ing.<br />

Renato Grecuzzo<br />

Coordinatore per l’esecuzione: ing. Silvio<br />

Torre<br />

Responsabile unico del procedimento:<br />

ing. Angelo Spampinato<br />

Direzione dei lavori: ing. Pietro Nicolosi<br />

Direttore tecnico e responsabile di commessa:<br />

ing. Daniele Naty<br />

Direttore cantiere: ing. Carmelo Leone<br />

Responsabile del servizio di prevenzione<br />

e protezione: ing. Carmelo Leone<br />

Subappaltatori: Cag srl<br />

sarà successivamente edificato l'immenso<br />

centro commerciale “Le Porte di Catania”,<br />

di cui è proprietario Mario Ciancio Sanfilippo<br />

con una quota del 30% circa.<br />

Poco tempo dopo l'A. O. farà uscire un<br />

nuovo progetto. Viene prevista la costruzione<br />

non solo della struttura ospedaliera<br />

nel territorio di Librino ma anche la creazione<br />

di un Centro di Eccellenza Ortopedico,<br />

previsto nell’accordo di programma<br />

quadro siglato per il settore degli investimenti<br />

sanitari nel 2002, tra il Ministero<br />

della Salute, il Ministero dell’Economia e<br />

la Regione Siciliana. Quest’ultimo<br />

avrebbe dovuto rappresentare uno dei<br />

punti di forza del nuovo piano di offerta<br />

sanitaria regionale, oltre che un centro<br />

specialistico moderno e all’avanguardia,<br />

costruito per diventare punto di riferimento<br />

nel settore. Tutto questo ovviamente<br />

con un sensibile aumento di spesa<br />

pubblica: si passa infatti da 90 a 140 milioni<br />

di euro, attrezzature e arredamenti<br />

inclusi.<br />

La nuova gara d'appalto<br />

La nuova gara d'appalto per la costruzione<br />

del San Marco e del polo ortopedico<br />

viene fatta uscire nel 2008: a vincerla è<br />

l'Unite Consorzio Stabile, un gruppo di<br />

aziende che vede come capofila la Tecnis<br />

Spa, guidata dal dott. Mimmo Costanzo e<br />

dall'Ing. Concetto Bosco e i tempi di<br />

consegna dell’opera vengono previsti per<br />

ottobre del 2011.<br />

La vicenda sembrava finalmente con-<br />

www.isiciliani.it<br />

clusa e Librino avere il suo ospedale, oltre<br />

che un polo specialistico all’avanguardia<br />

nel proprio territorio che, chissà, avrebbe<br />

potuto contribuire allo sviluppo lavorativo<br />

ed economico del quartiere e combattere il<br />

degrado sociale nel quale lo stesso versa.<br />

Poco tempo dopo però si scopre che il<br />

Centro di Eccellenza non potrà più essere<br />

costruito: con una legge regionale del<br />

2009 vengono infatti sciolte le fondazioni<br />

responsabili dei centri di eccellenza e<br />

quindi anche quella che avrebbe dovuto<br />

occuparsi del polo specialistico di ortopedia.<br />

L'allora assessore alla Sanità Massimo<br />

Russo, con i classici slogan di quei<br />

politici che ti pisciano in testa ma ti dicono<br />

che piove, assicura che non cambierà<br />

molto: “puntiamo ad avere eccellenza<br />

nella normalità” dichiara. Tradotto:<br />

l'ortopedia avrà un regolare reparto<br />

all'interno del nosocomio con 96 posti<br />

letto. Dal progetto esecutivo, invece,<br />

risultava che ne avrebbe avuti 160, oltre<br />

ad un'autonomia amministrativa che ne<br />

avrebbe fatto il principale polo ortopedico<br />

regionale. Dopo l'abbandono del progetto,<br />

i terreni da utilizzare per la costruzione del<br />

Centro di Eccellenza accoglieranno un<br />

parcheggio multipiano da 600 posti oltre<br />

che un gran numero di negozi e altri<br />

esercizi commerciali.<br />

In questa lunga e frastagliata cronistoria<br />

l’ospedale San Marco, 26 anni dopo la sua<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 57<br />

progettazione, non è ancora stato costruito.<br />

Pare passerà ancora altro tempo prima<br />

della conclusione dei lavori e della sua<br />

consegna. A patire le conseguenze di una<br />

così palese incapacità amministrativa e<br />

politica, che sembra a volte guidata (anzi<br />

deviata!) da interessi di consorterie<br />

economiche e del malaffare, saranno gli<br />

abitanti di Librino e di tutta la grande<br />

fascia periferica a sud di Catania che<br />

dovranno ancora aspettare per vedere<br />

costruito l’ospedale San Marco.<br />

Sulla pelle degli abitanti<br />

E’ davvero inaccettabile che in una delle<br />

zone più povere di Catania vengano<br />

progettati e rapidamente costruiti enormi<br />

parchi commerciali, quando per la<br />

costruzione di una struttura pubblica volta<br />

a soddisfare le reali esigenze del territorio<br />

debbono aspettarsi decenni. Pare proprio<br />

che il più grande quartiere catanese<br />

rappresenti una specie di zona franca, un<br />

grande cantiere aperto dove l’interesse<br />

economico e speculativo scavalca e mette<br />

in secondo piano le normalissime esigenze<br />

di pianificazione urbana costituite dalla<br />

costruzione di un ospedale in una zona<br />

periferica, densamente abitata e poco<br />

conurbata con il resto della città.<br />

Librino rappresenta null'altro che una<br />

grande occasione di guadagno, un quartiere<br />

dove sulla pelle degli abitanti è possibile<br />

ricavare enormi quantità di denaro.<br />

Vincono i potenti, che coi progetti, i finanziamenti<br />

e le leggi (e i soldi dei cittadini)<br />

fanno il vecchio gioco, tradizionale in Sicilia,<br />

della speculazione edilizia.<br />

A dicembre è arrivato il neo-presidente<br />

Crocetta per una riunione di giunta organizzata<br />

“fuori porta”. Tra macchine fotografiche,<br />

riflettori, giornalisti e microfoni,<br />

Librino, quartiere marginale di una<br />

regione marginale, ha avuto i suoi 15 minuti<br />

di fama con qualche servizio nei tg. E<br />

la domanda sorge spontanea: tolto il<br />

dorato velo dei media, la nuova politica<br />

siciliana, tra grillini e crocettiani, sarà in<br />

grado di dare un nuovo corso allo sviluppo<br />

di Librino?


Antimafia<br />

Rapporto<br />

da Partinico<br />

Dall'operazione “The<br />

End” ad oggi. La presa<br />

della mafia, le indagini<br />

dei carabinieri, i guai<br />

della giustizia, la crescita<br />

della società civile.<br />

E una piccola tv<br />

senza paura<br />

di Pino Maniaci<br />

e Salvo Ognibene<br />

www.telejato.globalist.it<br />

www.diecieventicinque.it<br />

Il 30 novembre 2010, tra Partinico,<br />

Borgetto e Balestrate, circa 200 Carabinieri<br />

del Gruppo di Monreale, a conclusione<br />

di una mirata e prolungata attività<br />

investigativa condotta dal Nucleo<br />

Investigativo convenzionalmente denominata<br />

The end, hanno eseguito 23 ordinanze<br />

di custodia cautelare in carcere<br />

(associazione di tipo mafioso, estorsioni,<br />

incendi, porto e detenzione illegale<br />

di armi da fuoco, spaccio di sostanze<br />

stupefacenti e altro) nei confronti<br />

di altrettanti soggetti ritenuti<br />

appartenenti al mandamento mafioso<br />

di Partinico.<br />

www.isiciliani.it<br />

La famiglia “Fardazza”<br />

L'attività investigativa, durata quasi<br />

due anni, ha permesso di:<br />

- Menomare fortemente lo storico<br />

mandamento mafioso di Partinico, molto<br />

importante sia per la sua collocazione<br />

geografica a cavallo delle province di<br />

Trapani, Agrigento e Palermo, sia per i<br />

complessi fenomeni criminosi che lo caratterizzano;<br />

azzerare la capacità operativa<br />

della famiglia dei Vitale, alias "Fardazza",<br />

attraverso l'arresto di Leonardo e<br />

Giovanni Vitale, <strong>giovani</strong> figli del boss ergastolano<br />

Vito Vitale, ed attualmente reggenti<br />

del mandamento mafioso.<br />

- Scoprire un'imponente attività di<br />

estorsione ai danni degli imprenditori<br />

edili presenti nel territorio, effettuata attraverso<br />

l'imposizione della fornitura del<br />

cemento, allo scopo di finanziare le casse<br />

dell'organizzazione criminale;<br />

- Disarticolare sul nascere un traffico<br />

di sostanze stupefacenti necessario ai Vitale<br />

per avere maggiori guadagni per il<br />

pagamento delle spese legali e per l'assistenza<br />

alle famiglie dei detenuti.<br />

Il potente “mandamento” di Partinico<br />

L’operazione antimafia The End ha azzerato<br />

i nuovi vertici e leve del potente<br />

mandamento di Partinico, ha assestato un<br />

duro colpo in un territorio considerato<br />

dagli investigatori un irrequieto e irriducibile<br />

regno dell’omertà. Il mandamento<br />

di Partinico “è strategico per l’intera<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 58<br />

Cosa nostra e non sfugge l’influenza della<br />

figura di Matteo Messina Denaro.<br />

Di recente Giuseppe Giambrone - detto<br />

Pino Stagnalisi - tra i personaggi di spicco<br />

del comprensorio e implicato in vari<br />

omicidi di mafia nei territori di Partinico<br />

e Borgetto, è tornato il libertà causa scadenza<br />

dei termini di custodia cautelare.<br />

Scaduti i termini di custodia, c'è poco da<br />

fare: è la legge -giusta o sbagliata che sia<br />

- che impone la scarcerazione.<br />

Molti processi, pochi giudici<br />

Una legge malata, in questo caso, quella<br />

che regola il nostro ordinamento giudiziario.<br />

Una legge che permette a pluriomicidi,<br />

uomini di spicco della criminalità<br />

organizzata, di poter camminare liberamente<br />

per la strada.<br />

Processi interminabili, che non hanno<br />

come risultato quello di fare giustizia ma<br />

di perder tempo.<br />

Processi gestiti da un personale, quello<br />

della procura palermitana, che ogni giorno<br />

viene ridotto. Il numero dei processi<br />

cresce, il numero di chi i processi li deve<br />

celebrare diminuisce.<br />

Il risultato è questo. Lo vediamo con i<br />

nostri occhi. Tutte le operazione compiute<br />

sul territorio vengono nullificate,<br />

l'impegno delle forze dell'ordine viene<br />

vanificato. La magistratura non può far<br />

nulla, la cittadinanza nemmeno. E il risultato<br />

è che un elemento così pericoloso<br />

è tornato a calpestare queste strade già<br />

così disgraziate.


L'ordinamento giuridico italiano ha<br />

delle regole complesse. Non basta che un<br />

soggetto sia "pericoloso" per trattenerlo<br />

in carcere. Se i termini per la custodia<br />

scadono, a causa dei lunghi tempi processuali,<br />

è la legge stessa a imporre la<br />

scarcerazione. Da una parte la legge<br />

quindi, e dall'altra la realtà.<br />

Il clima che si respira a Partinico non<br />

verrà certo favorito dal ritorno di Giuseppe<br />

Giambrone. I cittadini come fanno a<br />

sentirsi sicuri sapendo che criminali di<br />

tale rango girano per le strade? Dobbiamo<br />

prepararci ad un'altra stagione di faide?<br />

Ad un'altra guerra? Dobbiamo ricominciare<br />

a vedere morti ammazzati distesi<br />

sulle nostre strade? Dobbiamo credere<br />

che questa lotta quotidiana contro la mafia<br />

non serve a niente se la legge non è<br />

dalla nostra parte?<br />

Il ritorno di Giuseppe Giambrone<br />

Ma facciamo alcune supposizioni su<br />

quello che è accaduto in questi giorni.<br />

Supponiamo che Nicolò Salto, un altro<br />

pezzo da 90, uomo dei Vitale “Fardazza”<br />

si trovi a casa con problemi di salute; immaginiamo<br />

che “u stagnalisi” si trovi a<br />

casa perché non riescono a processarlo<br />

per via della motivazioni sopracitate: entrambi<br />

sono liberi di scorrazzare, nonostante<br />

i colpi inflitti dalle diverse operazioni<br />

delle forze dell’ordine.<br />

Quindi supponiamo anche che le condizioni<br />

socioeconomiche del territorio<br />

siano molto diverse rispetto a quando entrambi<br />

sono stati arrestati. E’ passato<br />

www.isiciliani.it<br />

molto tempo. Logicamente, cambiano<br />

anche gli assetti di “cosa nostra” ed i due<br />

tenteranno di riorganizzarsi nel territorio,<br />

con l’estremo tentativo di riappropriarsi<br />

dei giri economici persi durante la prigionia,<br />

attraverso gli appalti ed il pizzo.<br />

Il monopolio del calcestruzzo<br />

Supponiamo che nel territorio ci siano<br />

tre impianti per la produzione del calcestruzzo,<br />

e che Giambrone realizzi una attività<br />

di forniture di materiale sabbioso<br />

ad utilizzo edile. Immaginando che uno<br />

di questi impianti sia direttamente riconducibile<br />

a Benny Valenza, mentre l’altro<br />

appartenga ai figli di Impastato, oggi<br />

soci attivi di un’associazione antiracket,<br />

rimane l’ultimo impianto, gestito dai figli<br />

di D’Arrigo, anche loro soci della stessa<br />

associazione.<br />

Ammesso che costoro, attenendosi allo<br />

statuto dell’associazione, non si siano<br />

piegati alle estorsioni, continuano a lavorare.<br />

In che modo uno dei tre potrebbe<br />

avere il monopolio del mercato? Semplicemente<br />

se e soltanto se gli altri due impianti<br />

fossero annullati oppure distrutti!<br />

Adesso facciamo un ultimo sforzo ed<br />

immaginiamo che le nostre supposizioni<br />

siano corrette: la logica porta a pensare<br />

che quei due uomini incappucciati, registrati<br />

dalle telecamere di sorveglianza,<br />

uno dalla corporatura robusta con andamento<br />

molleggiato, l’altro un po’ più<br />

basso, ingiubbottato e incappucciato, potrebbero<br />

presto essere individuati dalle<br />

attività inquirenti.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 59<br />

“La mafia domina<br />

spietatamente<br />

il territorio con<br />

estorsioni e minacce.<br />

Ma molti si ribellano<br />

e cominciano<br />

a denunciare”<br />

Supponiamo ancora che l’ambiente di<br />

Partinico e Borgetto, già abbastanza caldo,<br />

potrebbe diventare rovente: presto le<br />

nostre telecamere potrebbero filmare i<br />

cadaveri scannati per le strade.<br />

Intanto, dall’altro lato, se ancora non si<br />

fosse notato, c’è già una rivoluzione culturale<br />

in corso, i commercianti e gli imprenditori<br />

alzano la testa e denunciano<br />

alle forze dell’ordine, i soprusi, le prevaricazioni<br />

ed il racket delle estorsioni,<br />

contribuendo alla cattura dei "pezzi di<br />

merda" liberi di scorazzare in giro per il<br />

territorio.<br />

I soci dell’associazione antiracket e<br />

consumo critico aumentano in maniera<br />

esponenziale: persone oneste, che lottano<br />

per una cultura di riscatto...<br />

Il contributo di Telejato<br />

Siamo curiosi di sapere da voi che ogni<br />

giorno ascoltate l’informazione libera di<br />

Telejato una cosa fondamentale: quanto<br />

ha contributo a questa rivoluzione culturale<br />

il sacrificio di Telejato?<br />

Se davvero questi grandi risultati sono<br />

stati ottenuti grazie anche al nostro contributo,<br />

possiamo affermare con orgoglio<br />

che stiamo realizzando il nostro sogno.<br />

Possiamo ribadire che c’è ancora speranza<br />

e che stiamo raccogliendo i frutti di<br />

anni e anni di duro lavoro nel territorio.<br />

Stiamo disonorando gli “uomini<br />

d’onore” e camminiamo mano nella<br />

mano con gli uomini liberi della nostra<br />

terra. Insieme si può vincere.


www.isiciliani.it<br />

Testimonianze<br />

La lunga attesa<br />

di Felicia<br />

Felicia Impastato,<br />

“mamma Felicia” per i<br />

ragazzi dell'antimafia,<br />

raccontata da un<br />

vecchio compagno e<br />

amico di Peppino.<br />

Amore e sofferenza, e<br />

una siciliana ironia<br />

di Salvo Vitale<br />

Ho conosciuto Felicia intorno al ’67,<br />

quando cominciai a frequentare la<br />

casa di Peppino e con lui ci<br />

scambiavamo qualche libro o qualche<br />

giornale. In quel tempo la ricordo<br />

come un’ombra silenziosa, la classica<br />

“vestale” del focolare domestico: solo<br />

chi avesse guardato bene i suoi occhi<br />

avrebbe potuto intravedervi un<br />

dramma interiore di cui all’apparenza<br />

non c’era segno.<br />

Mi resi conto di questo anni dopo,<br />

quando mi disse, tra un singhiozzo e<br />

l’altro: “un martirio…quello che ho passato….la<br />

dittatura…sul niente attaccava<br />

brighe…disperazione e paura…quando<br />

lo sentivo arrivare mi pisciavo<br />

addosso…mai una parola dolce, mai uno<br />

svago, mai una festa, mai una lira…<br />

teneva tutto in mano… mi faceva uscire<br />

solo per andare a trovare Tanino<br />

Badalamenti e parlare con sua moglie…<br />

mai un regalo, quello che ho passato,<br />

solo io lo so, e anche Peppino se lo<br />

immaginava, mi diceva: “io vegnu cà<br />

sulu pi tia” (1).<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 60<br />

Nel suo silenzio non c’era ostilità né<br />

diffidenza: io ero l’amico di suo figlio, il<br />

nipote di Cola Maltese, quello del Molinazzo,<br />

non certo quello che lo portava<br />

sulla cattiva strada. Peppino abitava ancora<br />

in famiglia e suo padre contava su<br />

di me perché lo stimolassi a studiare e a<br />

prendersi “un pezzo di carta”. Successivamente,<br />

quando si accorse che tutto era<br />

inutile lo buttò fuori di casa, per dare agli<br />

“amici” una stupida dimostrazione di<br />

forza e di presa di distanza.<br />

Zia Fara, una seconda madre<br />

Peppino andò ad abitare alla stazione,<br />

con la zia Fara, una sorella di Felicia, che<br />

lo aveva ospitato più volte e che fu per<br />

lui come una seconda madre. Quando<br />

Fara restò vedova, egli si trasferì definitivamente<br />

nella casa della stazione per farle<br />

compagnia e lì rimase, anche dopo la<br />

morte del padre. Morto Peppino, Fara si<br />

trasferì a casa di Felicia: due donne sole<br />

che si tenevano compagnia. Fara era una<br />

donna molto semplice e silenziosa: aveva<br />

sofferto per la morte di Peppino come<br />

per quella di un figlio, ma sapeva nascondere<br />

bene la sua sofferenza.


Cominciai a scoprire un’altra Felicia<br />

cinque giorni dopo la morte di Peppino,<br />

ovvero il 13 maggio 1978, giorno delle<br />

elezioni comunali: in quella circostanza,<br />

rompendo una regola secolare che imponeva<br />

a chi è a lutto di non uscire di casa<br />

almeno per il primo mese, Felicia e sua<br />

sorella Fara si recarono al seggio elettorale<br />

a votare per Peppino.<br />

Poco prima dell’ingresso al seggio<br />

c’erano due galoppini che distribuivano<br />

facsimili democristiani: quando videro<br />

Felicia e Fara si avvicinarono per fare le<br />

condoglianze, dicendo loro che stavano<br />

invitando la gente a votare per Peppino e<br />

per la sua lista: Felicia li guardò con fierezza,<br />

quasi con disprezzo, senza dire<br />

una parola: non appena le due donne voltarono<br />

le spalle, essi continuarono a distribuire<br />

i loro facsimili.<br />

Per noi era “mamma Felicia”<br />

Da quel momento non volle più ricevere<br />

i fratelli e parenti del marito, tra i quali<br />

Iacuzzu (Giacomo), detto “U Sinnacheddu”<br />

e Peppino, detto “Sputafuoco”, mafiosi<br />

di rango, a cui imputava la responsabilità<br />

di avere dato il proprio assenso<br />

alla decisione di uccidere suo figlio.<br />

La sua casa divenne per noi quasi un<br />

posto di pellegrinaggio: a turno andavamo<br />

a trovarla e lei era sempre curiosa di<br />

sapere cosa stava succedendo fuori.<br />

Il suo “Chi è? Cu c’è? Chi stati cumminannu?<br />

Stamu attenti e ‘un vi raccumannu<br />

autru” rivelava, per un verso, una<br />

sorta di vicinanza affettiva e di partecipazione<br />

spirituale alle nostre iniziative, per<br />

l’altro la paura che non ci succedesse<br />

qualcosa, ma, più di tutto, che non succedesse<br />

qualcosa al figlio Giovanni. Per<br />

tutti noi compagni di Peppino era diventata<br />

“mamma Felicia”, la madre che tutti<br />

avremmo voluto avere. Una volta mi disse:<br />

“Quannu viru a tia è comu si virissi a<br />

me figghiu”, lasciandomi commosso per<br />

un intero giorno.<br />

Uscì di casa pochissime volte: per andare<br />

a votare o per difendere in tribunale<br />

l’immagine del figlio, ma era sempre<br />

bene informata, sia di quello che succedeva<br />

in paese, sia di quello che succedeva<br />

in Italia e nel mondo: sue fonti la televisione<br />

e alcuni parenti e vicini di casa,<br />

tra cui una cugina, Maria, detta Parasacca<br />

e il fratello di lei Peppino, Parasaccu<br />

anche lui, malato di cancro al polmone, il<br />

quale scelse di morire continuando a fumare<br />

le sue nazionali senza filtro.<br />

Un giorno Maria le portò la strana no-<br />

www.isiciliani.it<br />

tizia che Procopio Di Maggio, il boss locale,<br />

da sempre nemico di Badalamenti,<br />

aveva fatto sapere della sua intenzione di<br />

rendere giustizia a Peppino e alla sua famiglia<br />

e che andava cercando “Tanino”<br />

per liquidarlo. Felicia la guardò con sufficienza<br />

e le rispose : “Non per mio figlio,<br />

ma per suo figlio”.<br />

Nella sua risposta si nascondeva tutta<br />

una storia: uno dei figli di Procopio, che<br />

corteggiava una figlia di Sarino Badalamenti,<br />

era infatti morto in uno strano incidente:<br />

poiché i Badalamenti erano contrari<br />

a questo rapporto, Procopio si era<br />

convinto che fossero stati loro a liquidarlo.<br />

Felicia conosceva bene il modo di ragionare<br />

dei mafiosi.<br />

Aveva anche una memoria lucidissima<br />

ed era in grado di raccontare episodi anche<br />

lontanissimi della sua vita e della<br />

vita del paese, come ha fatto nella lunga<br />

intervista pubblicata ne “La mafia a casa<br />

mia”<br />

Non aveva peli sulla lingua per nessuno:<br />

qualche mese dopo la morte di Peppino<br />

venne convocata dal giudice Signorino,<br />

che conduceva le indagini e, mentre<br />

aspettava, venne avvicinata da una persona<br />

con un taccuino in mano: “Signora,<br />

mi chiamo Mario Francese e sono un<br />

giornalista del Giornale di Sicilia. Posso<br />

farle qualche domanda?”. La risposta di<br />

Felicia fu violenta: “Non voglio parlare<br />

con nessuno. Voi giornalisti avete trattato<br />

mio figlio come un criminale”.<br />

Si addolcì un po’ quando Francese le<br />

disse di essere convinto anche lui che<br />

Peppino era stato ucciso da Badalamenti<br />

e parlarono per un bel po’. Non poteva<br />

sapere che qualche mese dopo, il 27 <strong>gennaio</strong><br />

del '79, quel giornalista sarebbe stato<br />

ucciso, come suo figlio, dalla stessa<br />

mafia.<br />

Tra il 1981 e il 1990 la guerra di mafia<br />

arrivò a Cinisi lasciando sul terreno una<br />

quarantina di morti: fu il massacro della<br />

cosca dei Badalamenti, (che Mario Francese<br />

chiamava “dei guanti di velluto”) ad<br />

opera dei Corleonesi di Totò Riina e dei<br />

loro alleati locali.<br />

Quando nell’81 venne ucciso Nino Badalamenti<br />

e mi recai da Felicia, il suo<br />

commento fu spietato e preciso: “Buonu<br />

ficiru: appi chiddu chi si miritava”.<br />

Felicia ignorava, o sospettava solamente<br />

che Nino Badalamenti era stato<br />

uno degli assassini di suo figlio, come<br />

verrà poi testimoniato dal pentito Salvatore<br />

Palazzolo. Nella radicalità del suo<br />

rancore era rimasta una traccia visibile di<br />

quella cultura mafiosa nella quale era<br />

stata educata e dentro la quale era stata<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 61<br />

cresciuta. Nessuna ombra di pietà dentro<br />

il suo dolore, dove il suo desiderio di<br />

giustizia si mescolava con la voglia di<br />

vendetta. Nessun perdono nei confronti<br />

di chi l’aveva privata di una parte del suo<br />

sangue.<br />

Felicia non sapeva fare l’ipocrita e non<br />

aveva nessuna voglia di perdonare. A chi<br />

glielo chiedeva, rispondeva in maniera<br />

netta: “Vorrei capire perché dovrei perdonare<br />

un mafioso che ha ucciso mio figlio,<br />

soprattutto se non ha mai chiesto<br />

perdono. Il Signore deve perdonarlo, se<br />

ci riesce, perché viene difficile pure a lui<br />

e li manderà tutti all’inferno”.<br />

Il brindisi e i fiori<br />

Non ci si dovrebbe rallegrare per la<br />

fine violenta d’una persona, ma, in quella<br />

occasione mi scappò di dirle: “Allora<br />

dobbiamo brindare”. Non se lo fece dire<br />

due volte: tirò fuori dalla vecchia vetrina<br />

una polverosa bottiglia di amaretto e due<br />

bicchierini: appena poche gocce per un<br />

brindisi, più simbolico che reale, tra due<br />

persone profondamente ferite dentro.<br />

Da allora quel gesto divenne un’abitudine,<br />

quasi una forma di complicità: tornammo<br />

a ripeterlo per l’omicidio di Giuseppe<br />

Finazzo, “u Parrineddu”, indiziato<br />

nell’omicidio di Peppino, dalle cui cave<br />

era presumibilmente uscito il tritolo per<br />

farlo saltare in aria.<br />

In quell’occasione, ancora una volta i<br />

carabinieri, invece di indirizzare le indagini<br />

negli ambienti mafiosi, effettuarono<br />

una perquisizione nella casa a di Giovanni<br />

Impastato, proprio dirimpetto a quella<br />

di Felicia, sospettandolo dell’omicidio,<br />

per vendetta. Felicia ebbe una reazione<br />

violenta, gridando ai carabinieri: “Chi<br />

vuliti? Nun v’abbastau a prima vota? Ca<br />

‘un c’è nienti. Itivi a circari l’assassini<br />

nna li casi d’i mafiusi” (Che volete? Non<br />

vi è bastato la prima volta? Qua non c’è<br />

niente. Andate a cercare gli assassini nelle<br />

case dei mafiosi)<br />

Tornammo a brindare per la morte di<br />

Leonardo Galante, di Natale Badalamenti,<br />

di Leonardo Rimi.<br />

Poi ci fermammo, non solo perché la<br />

bottiglia era quasi alla fine, ma perché<br />

quel gioco non ci piaceva più e non ci<br />

apparteneva più. Una lunga pausa durata<br />

molti anni, a parte un cin cin per l’arresto<br />

di Badalamenti (1984) e per la morte di<br />

Ciccio Di Trapani, (1996), da noi sospettato<br />

e poi anche lui indicato dal pentito<br />

Salvatore Palazzolo come uno dei killer<br />

di Peppino.


Intanto la figura di Peppino intanto cominciava<br />

a varcare i confini del suo territorio<br />

e ad essere nota a una cerchia sempre<br />

più vasta di persone.<br />

La casa di corso Umberto I, oggi ribattezzata<br />

“Casa Memoria”, dove fa bella<br />

mostra una lapide messa privatamente<br />

per iniziativa del Centro Impastato, è diventata<br />

nel tempo un punto di riferimento<br />

e d’incontro per i ragazzi e per ogni<br />

genere di persone che si riconoscono nelle<br />

idee e nella lotta di Peppino contro il<br />

dominio mafioso. Una cosa che lei amava<br />

dire spesso era che la sua era una casa<br />

viva e piena di gente, quella di Badalamenti<br />

chiusa e deserta.<br />

“Assassino, tu fusti!”<br />

Nessun brindisi neanche per la condanna<br />

di Vito Palazzolo prima e di Tano Badalamenti<br />

poi, nel 2002. Felicia aveva<br />

pazientemente atteso quel momento. Era<br />

sopravvissuta a un ictus cerebrale, che<br />

l’aveva costretta anche a un’operazione,<br />

era sopravvissuta alla rottura del femore,<br />

alla sua difficoltà di respirazione, alla<br />

bronchite, all’asma, alla morte della sorella<br />

Fara solo per arrivare a quel momento,<br />

aspettato da venti anni.<br />

www.isiciliani.it<br />

Il suo gesto nell’indicare, secco e spietato,<br />

la sua voce ferma nell’accusare Badalamenti<br />

dell’assassinio del figlio, il suo<br />

terribile: “Assassino, tu fusti” hanno avuto<br />

un ruolo decisivo per giungere alla<br />

condanna dei due mafiosi.<br />

In quella donna magra, vestita di nero,<br />

che a stento riusciva a muoversi, ma che<br />

conservava dentro tanta rabbia e tanta<br />

energia, c’erano tutte le donne siciliane,<br />

c’era il riscatto della loro dignità dopo<br />

secoli di silenzio, di umiliazioni, di violenze<br />

subite, di sopportazione.<br />

Le manifestazioni molto partecipate<br />

degli ultimi anni le hanno riempito il<br />

cuore di gioia: puntualmente si affacciava<br />

a salutare, mentre un’onda di gente<br />

urlava il suo nome.<br />

Nei suoi occhi ci fu una forte commozione<br />

quando venne la Commissione Antimafia<br />

a consegnarle la propria inchiesta<br />

sul depistaggio iniziale delle indagini, assieme<br />

alla lettera di Peppino, usata proditoriamente<br />

come prova per giustificare<br />

l’ipotesi del suicidio: nel momento in cui<br />

Beppe Lumia chiese scusa, in nome dello<br />

stato, per gli errori allora fatti e per la<br />

mancata giustizia, Felicia disse: “E’<br />

come se mi aveste restituito Peppino ancora<br />

vivo”.<br />

Non potevo mancare di andarla a tro-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 62<br />

vare appena sentito della morte di Gaetano<br />

Badalamenti, il 30 aprile del 2004: si<br />

era diffusa la voce che il boss potesse<br />

tornare in Italia per estradizione o per<br />

condono della pena; c’era il timore che<br />

ricominciasse l’attesa snervante di giustizia<br />

attraverso il processo di appello, ma<br />

di colpo ogni timore venne meno e forse<br />

da quel momento Felicia cominciò ad avvertire<br />

di avere ormai chiuso vittoriosamente<br />

e definitivamente la sua lunga<br />

attesa e il suo conto con la vita. Si era<br />

vendicata degli assassini e li aveva seppelliti.<br />

Le chiesi se l’era rimasto qualche goccio<br />

d’amaretto per l’ultimo brindisi. Mi<br />

rispose: “Figghiu meu, quannu ntisi ca<br />

ddu porcu avia murutu, dd’anticchia chi<br />

c’era m’u vippi tuttu” (Figlio mio, quando<br />

ho sentito che quel porco era morto,<br />

quel po’ che c’era me lo sono bevuto tutto).<br />

Qualcuno mi ha rimproverato per<br />

avere raccontato questo personale ricordo,<br />

con un’osservazione tipicamente cinisara:<br />

“I cristiani chi hannu a diri, ca<br />

era na ‘mbriacuna?” (le persone cosa<br />

devono dire, che era un’ubriacona?).<br />

Come se bere poche gocce significasse<br />

ubriacarsi: in tal senso anche i preti dovrebbero<br />

essere ubriaconi, quando celebrano<br />

la messa. E poi, chi se ne frega di<br />

quello che possono dire “i cristiani”?


E’ morta otto mesi dopo e sarebbe stata<br />

felice di sapere di essere diventata un<br />

punto di riferimento per tutto il movimento<br />

antimafia.<br />

Nella sua ultima apparizione in pubblico,<br />

filmata dal regista Gregorio Mascolo,<br />

Felicia è ripresa davanti alla porta della<br />

sua casa, mentre distribuisce fiori ai partecipanti<br />

al tradizionale corteo del nove<br />

maggio: un’immagine per ricordarla, con<br />

un mezzo sorriso, mentre dà un fiore a<br />

tutti, con alle spalle una strada lunga 87<br />

anni e un viso dov’è scavata e scolpita la<br />

sua storia, insieme a quella delle donne<br />

della sua terra.<br />

Una poesia<br />

U chiantu di dù madri<br />

di Sara Favarò<br />

Sta sira avanti a mia<br />

‘na vecchia ca si chiama storia<br />

chianci scunsulata picchi l’anni passaru<br />

senza lassari signi di vittoria<br />

e rasti supra a terra.<br />

Mi dici ca ddi picciotti<br />

ca luttavanu cu idda e ci currianu appressu<br />

c’à speranza all’occhi,<br />

ora sunnu n’a panza d’a terra vurricati.<br />

Mi fici du nomi,<br />

unu chiù granni e l’autru chiù nicu,<br />

ca patri e figghiu essiri putianu<br />

e appiru a stessa sorti.<br />

Mi dici:<br />

Pippinu Impastatu i Cinisi dicia ‘nt’e chiazzi:<br />

pi jiri avanti iuncemu vrazza, manu e cori,<br />

dicemulu u nomi d’assassini<br />

ca mpastanu a terra<br />

cu u sangu d’i travagghiatura.<br />

E continua a vecchia:<br />

‘na matina d’u 78 u truvaru<br />

nn’a linia d’a ferrovia<br />

a pezzi e muddichi, comu siddu u trenu<br />

passannu dda notti l’avissi macinatu.<br />

U trenu unn’era trenu:<br />

era bumma a tritolu d’i mafiusi<br />

scattata nn’a panza di Pippinu pi vinnitta.<br />

L’occhi, sulu l’occhi eranu vivi,<br />

circavanu a Cristu ncelu<br />

e ci addumannavanu pietati.<br />

Pietati pi mia,vecchia sempri a luttu,<br />

e iu sugnu cca, a malidiri li mafiusi barbari,<br />

can un vulianu e nun vonnu<br />

ca li picciotti lottanu pi nna Sicilia libbira,<br />

unni a terra ngrassari si putissi cu l’onestà<br />

e no cu u sangu limpidu di li ‘nnucenti<br />

‘mputenti contro l’omertà.<br />

E chianci a vecchia, chianci, chianci,<br />

un chianti comu marusu ntimpesta,<br />

u chianti di du matri.<br />

Chi sira! Chi sira!” (4)<br />

www.isiciliani.it<br />

Tra le donne siciliane offese dalla mafia<br />

esiste una straordinaria vicinanza tra Felicia<br />

e Francesca Serio, la madre di Turiddu<br />

Carnevale, il sindacalista ucciso dai mafiosi<br />

di Sciara il 16 maggio 1955. Anche<br />

Francesca si costituì parte civile per<br />

l’assassinio del figlio:<br />

“Una donna sola, prima abbandonata dal<br />

marito e poi vedova, che ha allevato l’unico<br />

figlio tra mille sacrifici e che è cresciuta accanto<br />

a lui, nel dialogo quotidiano con un<br />

militante coraggioso e spesso isolato dal suo<br />

stesso partito. Dopo la sua morte accusa gli<br />

assassini, ne ottiene una prima condanna ma<br />

poi deve subire lo smacco della loro assoluzione.<br />

Da allora continua a testimoniare la<br />

sua vicenda, parlando del figlio con tutti<br />

quelli che vanno a trovarla, e le sue parole<br />

sono pietre, come scriverà Carlo Levi che ha<br />

scritto le pagine più intense su di lei e su suo<br />

figlio. Mamma Carnevale partecipa anche a<br />

manifestazioni pubbliche accanto a Pertini,<br />

organizzate da un partito che sarà sempre<br />

più un’altra cosa. Il 18 luglio 1992 è morta<br />

dimenticata nella sua casetta di Sciara”(2).<br />

Il richiamo al libro di Levi e l’accostamento<br />

tra le due donne risaltano in questo<br />

passaggio:<br />

“Parla, racconta, ragiona, discute, accusa,<br />

rapidissima e precisa. alternando il dialetto e<br />

l’italiano, la narrazione distesa e la logica<br />

dell’interpretazione. ed è tutta e soltanto in<br />

quel discorso senza fine, tutta intera…niente<br />

altro esiste di lei e per lei, se non questo<br />

processo che essa istruisce e svolge da sola,<br />

seduta nella sua sedia accanto al letto: il<br />

processo del feudo, della condizione servile<br />

contadina, il processo della mafia e dello<br />

stato. Essa stessa si identifica totalmente nel<br />

suo processo e ha le sue qualità: acuta, attenta,<br />

diffidente, astuta, abile, imperiosa,<br />

implacabile. Così questa donna si è fatta in<br />

un giorno: le lacrime non sono più lacrime<br />

ma parole e le parole sono pietre”(3).<br />

Quello che Levi dice per Francesca<br />

vale, parola dopo parola, pietra dopo pietra,<br />

per Felicia. Pietrificazione del dolore<br />

nei più profondi abissi dell’animo.<br />

Francesca e Turiddu ebbero immortalata<br />

la loro storia dal poeta Ignazio Buttitta<br />

in una famosa ballata, Peppino e Felicia<br />

hanno incontrato sulla loro strada il regista<br />

Marco Tullio Giordana che dalla loro<br />

storia ha ricavato due personaggi cinematografici<br />

di grande effetto emotivo.<br />

In tempi in cui l’immagine ha finito con<br />

il sostituirsi alla parola, Francesca è morta<br />

dimenticata da tutti, Felicia è diventata un<br />

simbolo nazionale della Sicilia che non si<br />

piega alla prepotenza mafiosa.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 63<br />

I funerali di Felicia hanno avuto una notevole<br />

risonanza sulla stampa e sulle televisioni.<br />

La presenza di magistrati, artisti,<br />

sacerdoti, studiosi, di figure impegnate<br />

nella lotta contro la mafia, non è stata tuttavia<br />

sufficiente a ingrossare un corteo al<br />

quale hanno partecipato circa cinquecento<br />

persone. Il neo-sindaco di Cinisi ha proclamato<br />

il lutto cittadino e si è presentato<br />

ai funerali con la giunta e buona parte del<br />

Consiglio, tuttavia all’ordinanza non è<br />

stata data opportuna diffusione e molti<br />

l’hanno ignorata.<br />

Al passaggio del feretro alcuni commercianti<br />

hanno abbassato la saracinesca, altri<br />

hanno continuato tranquillamente a vendere<br />

la loro roba. Quasi tutti i giornali<br />

hanno scritto che Cinisi era assente e hanno<br />

affrettatamente concluso che il paese è<br />

rimasto mafioso, malgrado la fine del dominio<br />

dei Badalamenti.<br />

Qualche giorno dopo la morte di Peppino,<br />

in un comizio Umberto Santino disse:<br />

“Sino a quando queste finestre resteranno<br />

chiuse Peppino sarà morto invano”.<br />

Su questa storia delle finestre chiuse voglio<br />

tuttavia fare una constatazione. Da<br />

sessant’anni conosco il corso di Cinisi ed<br />

ho sempre visto chiusa la maggioranza<br />

delle finestre, sia d’estate, per proteggersi<br />

dal caldo, sia d’inverno, per ripararsi dal<br />

freddo; molte case sono vuote perché i<br />

loro proprietari sono emigrati, altre appartengono<br />

a gente che va a lavorare fuori<br />

dal paese, altre a gente che non vede il<br />

motivo di aprirle se passa un corteo.<br />

Si potrebbe obiettare che ai funerali di<br />

Peppone, (settembre 2000), il figlio ucciso<br />

del boss Procopio Di Maggio, c’erano<br />

circa ottocento persone, che il feretro è<br />

stato salutato con un applauso, che le saracinesche<br />

erano tutte abbassate, che molti<br />

gettavano fiori al suo passaggio, che le<br />

ghirlande erano fatte di orchidee. Ma anche<br />

in quell’occasione c’erano le finestre<br />

chiuse, per cui l’appello ad aprirle ha più<br />

un valore simbolico che un riferimento<br />

reale.


Resta il fatto che gli abitanti di Cinisi,<br />

se si eccettuano i parenti, le autorità, qualche<br />

esponente politico e gli irriducibili<br />

compagni di Peppino, malgrado il paese<br />

fosse stato tappezzato da un bel manifesto<br />

con la foto di Felicia, non c’erano. Sarebbe<br />

ingiusto però dire che non c’erano perché<br />

sono mafiosi.<br />

Se a Cinisi ci sono alcuni mafiosi questo<br />

non vuol dire che tutti i cinisari sono<br />

mafiosi. Si tratta di quelle accuse, facilmente<br />

strumentalizzabili, studiate per<br />

sviare l’attenzione dal problema reale. E il<br />

problema in quel momento era Felicia e<br />

l’importanza della sua figura.<br />

Molti cinisari hanno fatto rimostranze,<br />

altri si sono offesi, altri hanno preso le distanze<br />

dall’“antimafia funeralaia”, altri<br />

hanno tentato di giustificarsi e di motivare<br />

la loro assenza mettendo in giro cumuli di<br />

menzogne: il docente di una scuola mi ha<br />

riferito di aver sentito dire da un alunno di<br />

Cinisi,sicuramente imbeccato dai genitori,<br />

che Felicia era una donna inutile e insignificante,<br />

salita alla ribalta solo dopo il<br />

film, che non amava Peppino perché lo<br />

aveva abbandonato e lasciato alla sorella<br />

Fara, che mentre era fidanzata con uno era<br />

fuggita con un altro, che poi sarebbe stato<br />

Luigi Impastato. Perché la gente avrebbe<br />

dovuto andare ai funerali di una simile disumana<br />

persona?<br />

Tutto ciò ci rimanda alla secolare trasmissione<br />

di valori sedimentati nel tempo,<br />

come la paura, la diffidenza, la conservazione<br />

dei principi ereditati, il rifiuto<br />

dell’innovazione, il sospetto, la cultura<br />

del rispetto nei confronti del potente,<br />

l’orgoglio di far parte di una catena che ti<br />

protegge, il servilismo, la svendita della<br />

propria dignità, il ricatto, la roba, l’affermazione<br />

della famiglia, anche a costo del<br />

delitto, cioè quella che in due parole si<br />

chiama cultura mafiosa, della quale un<br />

paese come Cinisi è imbevuto.<br />

La tecnica della diffamazione è uno degli<br />

archetipi fondamentali della strategia<br />

mafiosa nei confronti delle persone su cui<br />

si vuole gettare il discredito, specialmente<br />

se si tratta di accuse non controllabili e<br />

non verificabili, utilissime a generare un<br />

sospetto e un dubbio, studiate per far morire<br />

il morto un’altra volta, distruggendone<br />

la memoria.<br />

Per citare qualche esempio di sviamento<br />

diffamatorio della dignità d’una persona,<br />

Giuseppe Fava sarebbe stato ucciso da un<br />

marito cornuto, Cosimo Cristina si sarebbe<br />

suicidato perché si sentiva un fallito,<br />

Mauro Rostagno sarebbe stato ucciso dalla<br />

moglie Chicca e dall’amico Cardella<br />

che se la intendevano, Giuseppe Impasta-<br />

www.isiciliani.it<br />

to sarebbe andato a mettere<br />

una bomba per far saltare in<br />

aria un treno carico di operai<br />

(bel compagno!) e così via.<br />

Non siamo certamente<br />

nell’ambiente mafiogeno di un<br />

quartiere malfamato: l’ambiente<br />

di Cinisi è più raffinato, la<br />

sua piccola e media borghesia<br />

è infarcita di ipocrita perbenismo<br />

ed ha la capacità di credere<br />

e fare credere anormale ciò<br />

che in altri modelli di società è<br />

normale e viceversa. Normale<br />

è ciò che è omogeneo al sistema<br />

di valori in circolazione, al<br />

codice mafioso, anormale è ciò<br />

che lo nega e ne vuole proporre<br />

un altro.<br />

Quell’ambiente su cui l’anticonformismo<br />

di Peppino ha infierito con la satira,<br />

mettendolo in ridicolo, non può riconoscersi<br />

in figure così diverse da sé, come lo<br />

sono state Peppino e sua madre e così normali:<br />

rischierebbe la propria estinzione.<br />

Qualcuno ha detto che il paese si è<br />

chiuso a riccio nei confronti di chi lo aveva<br />

ferito e denigrato, cercando di colpevolizzare,<br />

ancora una volta, chi da anni si<br />

batte per fare entrare un soffio d’aria nuova.<br />

Il paese era chiuso a riccio già da molto<br />

prima, allorché ha scelto l’indifferenza<br />

e il distacco, così come fa ogni anno in<br />

occasione delle manifestazioni per ricordare<br />

Peppino.<br />

Ecco perché Mafiopoli deve fare ancora<br />

molti passi per arrivare dalla casa di Badalamenti<br />

a quella di Peppino e di Felicia,<br />

prima di rendersi conto che “se tra le donne<br />

siciliane ce n’è qualcuna che merita un<br />

ruolo di primo piano nella lotta contro la<br />

mafia, per la sua modestia, per la sua decisa<br />

volontà di denunciarne i delitti, di accettare<br />

la sofferenza senza rassegnarvisi,<br />

per la sua insistenza nel volere un paese e<br />

una società più puliti, questa è Felicia<br />

Bartolotta”.(5)<br />

NOTE:<br />

1 Salvo Vitale, Nel cuore dei coralli, Soveria<br />

Mannelli, Rubbettino, 1996, p. 47.<br />

2 Umberto Santino, Storia del movimento antimafia,<br />

Roma, Editori Riuniti, 2000, p. 179.<br />

3 Carlo Levi, Le parole sono pietre, Einaudi,<br />

1955, p.160.<br />

4 Salvo Vitale (a c. di),Quasi un urlo di libertà,<br />

Palermo, Ed.della Battaglia,1996, p. 21.<br />

5 Salvo Vitale, Nel cuore dei coralli, p.186.<br />

Questa testimonianza è stata pubblicata anche<br />

nel volume Cara Felicia, pubblicato nell’aprile<br />

2005 dal Centro Siciliano di Documentazione<br />

Giuseppe Impastato.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 64<br />

In basso: Il Comune di Anzola in Emilia concede<br />

la cittadinanza onoraria a Felicia Impastato (2002).<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

SU FELICIA IMPASTATO<br />

Anna Puglisi e Umberto Santino (a c.<br />

di), Cara Felicia, Palermo, “Centro<br />

Siciliano di documentazione Giuseppe Impastato”,<br />

2005, che contiene una serie di<br />

atti giudiziari, testimonianze e messaggi:<br />

“Dalle pagine di questo libro Felicia esce<br />

con tutta se stessa, senza coloriture retoriche,<br />

con la sua tenacia e le sue accuse<br />

che già suonano come condanne irrevocabili,<br />

ma pure con le sue paure e le sue<br />

contraddizioni” (p.?).<br />

Gabriella Ebano, Felicia e le sue sorelle,<br />

Roma, Cedam 2006 (seconda edizione<br />

2010). Interviste a 20 donne vittime della<br />

violenza mafiosa: una via scavata attraverso<br />

la memoria, il dolore, la speranza. Il<br />

libro è stato ripubblicato nel 2012 in una<br />

nuova edizione contenente un cd.<br />

Salvo Vitale (a c. di), “Peppino è vivo”,<br />

poesie per Peppino Impastato, Cinisi, Associazione<br />

Culturale Peppino Impastato,<br />

2006, che contiene diverse poesie dedicate<br />

a Felicia, riprodotte nella presente pubblicazione.<br />

Il libro è stato ripubblicato, in<br />

edizione interamente rinnovata, nel 2008,<br />

dalle edizioni EGA di Torino.<br />

Giacomo Pilati, Felicia Impastato, Trapani,<br />

Coppola, 2006. Si tratta di<br />

un’intervista che fa parte della collana “i<br />

pizzini della legalità”. La stessa intervista è<br />

stata pubblicata nel libro “Le Siciliane”, curata<br />

dallo stesso autore e dallo stesso editore<br />

nel 1998 e nel 2008.<br />

Nando Dalla Chiesa, Donne ribelli,<br />

Milano, Melampo, 2007.<br />

Salvo Vitale e Guido Orlando (a c. di),<br />

Felicia (tributo alla madre di Peppino Impastato),<br />

Palermo, Navarra, 2006.<br />

Film di Gregorio Mascolo, Felicia” (la<br />

mafia uccide, il silenzio pure (2010). Lo<br />

stesso regista è autore di alcuni cortometraggi<br />

su Felicia.


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Pianeta<br />

Bitcoin: l'anno<br />

della svolta<br />

In questo momento vale<br />

13 dollari. Un anno fa<br />

ne valeva quattro...<br />

di Fabio Vita<br />

bitcoin-italia.blogspot.com<br />

L'anno s'è concluso col Bitcoin che supera<br />

i 13 dollari (o i 10 euro). A <strong>gennaio</strong><br />

2012 valeva solo quattro dollari: è una<br />

crescita superiore a quella di qualunque<br />

altra valuta e persino dell'oro.<br />

Il valore del blocco premio è sceso<br />

come previsto da 50 a 25 Bitcoin, e quindi<br />

anche la quantità di moneta immessa giornalmente<br />

viene dimezzata, in uno scenario<br />

deflazionista. Nella rete Bitcoin la quantità<br />

di monete create viene dimezzata ogni<br />

quattro anni, come nel paradosso di Zenone<br />

su Achille e la tartaruga. Nel 2030 saranno<br />

stati generati circa 20 dei 21 milioni<br />

di Bitcoin complessivi previsti.<br />

Il contrario accade nella tradizionale<br />

moneta a corso legale, che è tendenzialmente<br />

inflazionata (e dagli accordi di Breton<br />

Woods in poi ha perso ogni legame<br />

con l'oro). Poco prima della rielezione di<br />

Obama la Fed (Federal Reserve) con il<br />

“Quantitative Easing 3” ha immesso alcuni<br />

miliardi di dollari sul mercato, diminuendo<br />

di fatto valore il valore della moneta<br />

più diffusa del pianeta.<br />

Il "mining" del Bitcoin (cioè la pratica<br />

di "fabbricare" nuove monete in rete) avrà<br />

TWIT DEL MESE<br />

Gavin Andresen risponde su Twitter sulle<br />

prospettive del Bitcoin: Bitcoin IT News<br />

@bitcoin_ita @gavinandresen What do you<br />

think of ASIC? Repercussions on mining? Or<br />

benefit of those who produce the cards before<br />

selling? #bitcoin Gavin Andresen<br />

@gavinandresen @bitcoin_ita ASICS: meh.<br />

Difficulty will go up, the blockchain will keep<br />

chugging along, just like the CPU->GPU<br />

transition we went through<br />

una spintra entro la fine di <strong>gennaio</strong>. sta per<br />

avere nel corso del mese di <strong>gennaio</strong> una<br />

nuova spinta. Quattro anni fa per minare<br />

Bitcoin si utilizzava ancora il processore<br />

del computer (Cpu); poi si è passati a<br />

sfruttare la maggior potenza computazionale<br />

delle schede video (Gpu). Adesso<br />

stanno per essere commercializzati dispositivi<br />

hardware appositi per minare Bitcoin<br />

limitando i consumi elettrici, gli Asic.<br />

Da un lato aumenta quindi la difficoltà<br />

teorica di generazione della moneta, ma<br />

dall'altro aumenta la potenza<br />

computazionale immessa<br />

nella rete. Se si considera che<br />

in questo momento sono già<br />

attivi circa dieci milioni di<br />

monete, possiamo star<br />

tranquilli sulla morbidezza<br />

del salto dalla fase iniziale<br />

alla fase matura del Bitcoin.<br />

Almeno così assicura Gavin<br />

Andresen – il crittografo a<br />

capo del team di sviluppo del software<br />

Bitcoin - rispondendo su Twitter a vari<br />

interlocutori.<br />

Dove dollari non ce n'è<br />

“Meno dollari, gli iraniani scoprono la<br />

moneta virtuale”: intanto un articolo del<br />

Business Week mette in evidenza come in<br />

un paese sotto embargo il valore della moneta<br />

locale tenda a calare precipitosamente.<br />

Il rial iraniano è passato dai 20.160 a<br />

dollaro di agosto (nel mercato su strada) ai<br />

36.500 a dollaro di ottobre. Adesso è attorno<br />

ai 27.000. Il tasso fisso ufficiale della<br />

banca centrale è di 12.260. Questo ha portato<br />

- secondo il popolare musicista iraniano<br />

Mohammad Rafigh - a una diffusione<br />

dell'uso del Bitcoin in quel Paese.<br />

Parecchi negozianti di tutto il mondo<br />

(dalla panetteria di San Francisco al dentista<br />

scandinavo) accettano ormai i Bitcoin.<br />

Le persone che li posseggono e vogliono<br />

scambiarli con monete fisiche come euro o<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 65<br />

La moneta elettronica<br />

Trend, tecnologia, applicazioni, mercati<br />

Tutto sul bitcoin (in tempo reale)<br />

dollari possono usare siti di scambio come<br />

Localbitcoins.com, un sito finlandese<br />

fondato da Jeremias Kangas. Così, per<br />

esempio, " Beyond Matter" - l'ultimo<br />

album di Mohammad Rafig - può essere<br />

tranquillamente scaricato per .039 Bitcoin<br />

in negozi online (simili agli iTunes store)<br />

come coinDL.com.<br />

“Io credo che Bitcoin sia, o possa essere<br />

in futuro, uno strumento molto efficace<br />

per persone che hanno bisogno di aggirare<br />

sanzioni, restrizioni di moneta, e alta infla-<br />

zione in paesi come l’Iran” scrive Kangas<br />

in una email.<br />

“Bitcoin è così interessante per me”<br />

scrive in un'altra email Rafigh, che oltre<br />

che essere musicista studia ingegneria informatica<br />

- che vorrei che la cultura della<br />

moneta digitale si diffondesse nel mondo,<br />

perché non ha alcuna dipendenza da qualcosa<br />

come la politica”. Rafigh ha tradotto<br />

alcuni programmi Bitcoin in lingua Farsi<br />

per i suoi amici. “Io amo l’Iran, e se Bitcoin<br />

è buono per me, può esserlo per altri<br />

iraniani come me”.<br />

“In Iran ne sono stati affascinati - ha<br />

detto, di ritorno da Teherano, il consulente<br />

Farzad Hashemi - Gli iraniani che vivono<br />

all’estero possono mandare Bitcoin alle famiglie,<br />

e possono usare uno dei servizi online<br />

per trovare qualcuno con cui scambiare<br />

Bitcoin per euro, rial o dollari. Sono utili<br />

anche per gli iraniani che vogliono spostare<br />

soldi all’estero, o semplicemente tenerli<br />

in un luogo sicuro...”


www.isiciliani.it<br />

Cinema<br />

Una voce contro il potere<br />

I film di Giuseppe Fava<br />

Dopo i film di Vancini e<br />

Zampa, l'Orso d'Oro a<br />

Berlino, Fava realizza<br />

due serie televisive per la<br />

nascente RaiTre. Ancora<br />

sconosciute a molti queste<br />

opere torneranno in giro<br />

per l'Italia, tra la gente.<br />

di Giuseppe Spina<br />

www.nomadica.eu<br />

A colpirci profondamente sono stati<br />

sei film che gli amici del<br />

“Coordinamento Fava” di Palazzolo<br />

Acreide ci hanno mostrato esattamente<br />

un anno fa, sei film a noi prima<br />

sconosciuti nonostante da tempo siamo<br />

vicini alle opere di Fava.<br />

Lavoriamo fuori dai confini di un ambiente<br />

cinematografico caratterizzato da<br />

forti rapporti di potere, seguendo la nostra<br />

pratica quotidiana di resistenza: la<br />

diffusione di film non visibili, in molti<br />

casi realizzati a bassi budget, che spesso<br />

non sono “regie” in senso classico, ma<br />

testimonianze, sforzi narrativi che tirano<br />

dall'oblio spaccati di realtà, portandola su<br />

un piano parallelo, quello del cinema appunto.<br />

Dopo aver conosciuto questi aspetti<br />

del lavoro di Fava, così vicini al lavoro<br />

che facciamo, abbiamo sentito la<br />

necessità di trovare il modo di diffondere<br />

queste opere, convinti che siano, oggi ancor<br />

più di ieri, dei documenti illuminanti,<br />

utili, originali, tanto nei contenuti che<br />

nelle forme.<br />

Un veicolo contemporaneo per portare<br />

il pensiero di Fava tra la gente.<br />

La scrittura e l'immagine<br />

L'interesse di Fava per il cinema si avverte<br />

già dai primi scritti, segni evidenti<br />

e continui di note, particolari e didascalie<br />

che esprimono un rapporto con il frammento<br />

narrativo e scenico sempre in tensione,<br />

come se la spinta descrittiva interna<br />

a questi lavori fosse trasportata da un<br />

movimento teso e continuo verso un rapporto<br />

diretto con i personaggi e con l'attenta<br />

osservazione della realtà (per quanto<br />

immaginata, inventata, ripresa e/o rimodellata).<br />

Prima che vi uccidano - primo<br />

romanzo del 1967 ma pubblicato da<br />

Bompiani solo nel 1977, dopo il successo<br />

di Gente di rispetto - possiede già pienamente<br />

questo linguaggio e qualcuno ha<br />

fatto notare (nella seconda di copertina<br />

dell'edizione citata) la relazione con alcuni<br />

tratti tipici dei kolossal cinematografici,<br />

tanto per l'epopea che vi si racconta<br />

quanto per la quantità di personaggi<br />

che si muovono tra le storie. Ma è importante<br />

notare come Fava spoglia questa<br />

dimensione dal divismo e dall'esagerazione<br />

romantica a cui la mente subito<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 66<br />

corre: non ci sono eroi, le scene di povertà,<br />

di violenza, di potere sono spesso<br />

dure e impressionanti a causa della loro<br />

crudezza e di quei primi piani lucidi e<br />

atroci che solo un racconto minuzioso (o<br />

una sequenza ben costruita) è in grado di<br />

generare.<br />

Adatte a questo caso le stesse parole di<br />

Florestano Vancini che, sotto la spinta di<br />

Dino De Laurentiis, riprese il testo teatrale<br />

La Violenza del 1970, per il film La<br />

violenza: Quinto potere (1972), che “non<br />

fu accolto bene dalla critica. Probabilmente<br />

a causa del fatto che era un film<br />

privo di un eroe. I film di mafia che funzionavano<br />

all'epoca, quelli di Damiani o<br />

di Petri per intenderci, avevano sempre<br />

una risoluzione... c'è sempre una figura<br />

emergente. Nel mio film invece questa<br />

figura non c'è. Tanti personaggi e nessun<br />

eroe: nessuno è protagonista” (in Florestano<br />

Vancini. Intervista a un maestro<br />

del cinema di Valeria Napolitano).<br />

Questa dimensione di equilibrio tra i<br />

personaggi, è già propria del testo<br />

teatrale. É una dimensione che si<br />

ripresenta spesso nelle opere di Fava: la<br />

moltiplicazione dei personaggi centrali<br />

che rappresentano di volta in volta parti<br />

differenti di società, e parlano, agiscono<br />

o urlano in nome di quelle precise parti<br />

sociali.<br />

È l'individuo che predomina, con la<br />

sua forza e la sua disperazione, la<br />

supremazia, la vigliaccheria, il male, la<br />

debolezza e la speranza.


www.isiciliani.it<br />

“Un veicolo contemporaneo per portare l'opera di Fava tra la gente”<br />

È nota l'importanza che la fotografia<br />

ha avuto nel lavoro di Fava, dal giornalismo<br />

alla pittura. Allo stesso modo credo<br />

che la sua scrittura nasca da un rapporto<br />

intrinseco con l'immagine in movimento:<br />

è la scrittura di un regista che fa vedere e<br />

racconta attraverso un movimento della<br />

descrizione.<br />

Vittorio Sindoni ci dice che sono stati<br />

necessari solo tre giorni per scrivere la<br />

sceneggiatura delle 6 puntate per la Rai.<br />

6 film, tra documentario, fiction e teatro,<br />

scritti in soli tre giorni. Sono infatti film<br />

tratti dalle inchieste contenute in Processo<br />

alla Sicilia e I <strong>Siciliani</strong>, testi che sono<br />

già in sé delle sceneggiature complete.<br />

Film che contengono estratti di quelle<br />

opere teatrali le cui didascalie sono così<br />

minuziose che lo stesso Giorgio Albertazzi<br />

ne sottolineò la bellezza dicendo<br />

che “avrebbero meritato una pubblicazione<br />

a parte” (è una dichiarazione di Pippo<br />

Pattavina, contenuta negli Atti della<br />

giornata di studi dell'Università di Catania).<br />

La sceneggiatura è dunque già scritta,<br />

è il risultato di trent'anni di lavoro e analisi,<br />

basta spezzare, riallacciare, incastrare<br />

i pezzi in questo grande quadro postmoderno<br />

di cui Fava conosce ormai le<br />

venature più sottili, i solchi più profondi,<br />

poetici, terribili.<br />

Le opere tra cinema e televisione<br />

È intorno alla fine degli anni settanta<br />

che Fava prende in considerazione la<br />

possibilità di usare - in prima persona - le<br />

immagini in movimento, di scrivere e<br />

agire mediante il cinema, o meglio, la televisione.<br />

E' il periodo in cui si comprende<br />

il potere (anche il più oscuro) del<br />

mezzo e le guerre combattute su vari<br />

fronti porteranno al conosciuto predominio<br />

della Tv commerciale. Dal canto suo<br />

Fava ha sempre preferito il teatro come<br />

veicolo di pensiero, perché arriva in<br />

modo diretto alla gente, quindi più adatto<br />

a “restare dentro la verità” (Cronaca di<br />

un uomo libero, di Rosalba Cannavò,<br />

p.107), evita le trappole e le crisi economiche<br />

del cinema, e può “...essere fruibile<br />

anche da un punto di vista televisivo.<br />

[...] Attraverso lo strumento televisivo il<br />

teatro può essere portato alla conoscenza<br />

di immense moltitudini [...]” (Pietro<br />

Isgrò, Cinque domande “cattive” a Giuseppe<br />

Fava, “La Sicilia”, 25.1.1975).<br />

Mediante le immagini televisive poteva<br />

intrecciare le inchieste, mettere in scena<br />

stralci delle opere teatrali, ricostruendo<br />

– ancora - certi personaggi, riadattando<br />

storie e narrazioni, poteva mettere in<br />

gioco la stessa propria presenza fisica e<br />

mostrare a milioni di persone quello di<br />

cui stava così assiduamente scrivendo.<br />

Fava in passato aveva collaborato con<br />

registi di spessore: con Vancini per La<br />

violenza: quinto potere, con Zampa per il<br />

deludente Gente di rispetto, con Werner<br />

Schroeter per Palermo oder Wolfsburg,<br />

Orso d'oro a Berlino, capolavoro mai distribuito<br />

in Italia.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 67<br />

I FILM<br />

La violenza: quinto potere<br />

regia: Florestano Vancini<br />

(Italia, 1972, 85') dal testo teatrale “La<br />

Violenza” di Giuseppe Fava.<br />

Gente di rispetto<br />

regia: Luigi Zampa<br />

(Italia, 1975, 115') dal romanzo omonimo<br />

di Giuseppe Fava.<br />

Palermo oder Wolfsburg<br />

regia: Werner Schroeter<br />

(RFT/Svizzera, 1980, 175') sceneggiatura:<br />

Giuseppe Fava, Werner Schroeter,<br />

O. Torrisi, K. Dethloff (Orso d'Oro a<br />

Berlino, mai distribuito in Italia. Dalla<br />

sceneggiatura Fava trasse il romanzo<br />

Passione di Michele).<br />

LE SERIE PER RAITRE<br />

“<strong>Siciliani</strong>”<br />

regia Vittorio Sindoni<br />

da e con Giuseppe Fava<br />

1980 - durata totale 210'<br />

(per ordine di trasmissione RAI)<br />

Gaetano Falsaperla, emigrante<br />

L'occasione mancata<br />

La conversazione mai interrotta<br />

Opere Buffe<br />

La rivoluzione mancata<br />

Da Villalba a Palermo<br />

“Effetto luna sulla Sicilia ellenica”<br />

regia e sceneggiatura Giuseppe Fava<br />

1982 – durata totale 114'<br />

Il tempo, la bellezza, il silenzio<br />

Clowns del teatro antico ovvero il<br />

Miles siciliano<br />

Anonimo siciliano


Conosce quindi la povertà culturale di<br />

cui soffre l'industria-cinematografica italiana,<br />

e non si fida: troppe trappole, il cinema<br />

è in piena crisi economica, le sale<br />

iniziano a svuotarsi e da lì a poco una<br />

percentuale altissima passerà ai porno e<br />

successivamente chiuderà i battenti.<br />

E' durante l'esperienza con Schroeter<br />

che Fava segue la troupe a Berlino e<br />

Wolfsburg, per intere settimane, scoprendo<br />

così i segreti della macchina-cinema:<br />

questo viaggio sarà fondamentale per il<br />

suo rapporto con la macchina da presa<br />

che da lì a breve si svilupperà.<br />

L'esperimento televisivo<br />

Nello stesso periodo Mario Giusti viene<br />

nominato direttore della Terza Rete siciliana<br />

della Rai. Giusti non è solo un<br />

amico di Fava, ma anche uno stretto collaboratore:<br />

è direttore del teatro Stabile<br />

di Catania, ha lavorato su diverse opere<br />

di Fava, dunque accetta la richiesta di<br />

quest'ultimo e approva il progetto per<br />

una serie di episodi televisivi che raccontino<br />

“gli aspetti più agghiaccianti dell'isola”<br />

(da un articolo ritrovato su ufficiostampa.rai.it).<br />

Si arriva così alla serie televisiva “<strong>Siciliani</strong>”<br />

- un misto tra documentario, film<br />

d'inchiesta, teatro filmato – girata in 16<br />

mm, che verrà trasmessa sulla rete nazionale<br />

un'unica volta nel 1982.<br />

La Rai affida la regia a Vittorio Sindoni<br />

ed è quest'ultimo che chiama Riz Ortolani<br />

per la colonna sonora. Il viaggio di<br />

www.isiciliani.it<br />

Fava e Sindoni lungo l'isola dura circa un<br />

mese.<br />

“Vogliamo proporre al resto degli italiani<br />

un'immagine dei siciliani diversa da<br />

quella stereotipata che si sono fatti ancor<br />

prima dell'unità d'Italia”, questa la dichiarazione<br />

che Fava e Sindoni rilasciano<br />

all'ufficio stampa della Rai.<br />

<strong>Siciliani</strong>: i sei film<br />

Il risultato sono 6 film dalle caratteristiche<br />

molto diverse tra loro ma con una<br />

precisa coerenza nella ripresa e ricostruzione<br />

della realtà, tra improvvisazione e<br />

finzione.<br />

I temi sono diversi: la lucida sintesi<br />

storica dalla vecchia alla nuova mafia<br />

(Da Villalba a Palermo), lo scandalo dei<br />

terremotati della Valle del Belice (L'occasione<br />

mancata), la miseria in cui i<br />

bambini vengono fatti emigranti (La rivoluzione<br />

mancata), i “paesi buoni” senza<br />

criminalità ma “morti” (La conversazione<br />

mai interrotta), la devastazione<br />

delle industrie e la beffa delle miniere<br />

(Opere Buffe), l'emigrazione forzata<br />

(Gaetano Falsaperla, emigrante).<br />

Al cambiare dei temi cambiano i registri<br />

narrativi, il linguaggio che si dà è a<br />

volte freddo e serrato altre volte triste e<br />

malinconico. La regia di Sindoni è semplice,<br />

si limita a seguire la voce e l'intrecciarsi<br />

dei testi, mentre la voce-off,<br />

dello stesso Fava, è a tratti onnisciente a<br />

tratti talmente umana da confondersi con<br />

quella della gente, per strada: in Da Vil-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 68<br />

lalba a Palermo Fava chiede ad un ragazzo<br />

“ma se vedessi ammazzare una<br />

persona per strada, andresti alla<br />

polizia?”, e il ragazzo risponde “e se io le<br />

chiedessi la stessa cosa? Lei cosa farebbe?”.<br />

La voce-off rende esaltante e amplifica<br />

la presenza fisica di Fava che intervista,<br />

sta dietro la camera, entra in relazione<br />

con i personaggi, recita, con la leggerezza<br />

di chi sa parlare con le persone (di teatro<br />

o di strada che siano), con la sicurezza<br />

di chi conosce altrettanto a fondo<br />

quell'intricata situazione sociale dominante.<br />

Fava intervista uomini, donne, bambini,<br />

vecchi, che sono minatori, disoccupati,<br />

casalinghe col marito all'estero, migranti,<br />

mafiosi, professori, poeti, artisti.<br />

Si serve di fotografie, ricostruisce<br />

scene di omicidi, di viaggi in treno, si<br />

cala dentro le miniere dell'entroterra, tira<br />

fuori testi di teatro, di romanzi, di<br />

inchieste. Alcuni di questi incontri sono<br />

fortuiti, fatti lungo il viaggio, altri sono<br />

scritti e recitati.<br />

Effetto luna sulla Sicilia ellenica<br />

(l'immagine come scrittura)<br />

Dietro questi lavori c'è una struttura<br />

creata a Catania da Fava per il teatro, la<br />

Cooperativa Alpha, che inizia a occuparsi<br />

di produzione cinematografica lavorando<br />

con un gruppo di <strong>giovani</strong> tecnici<br />

siciliani.


Dopo la serie <strong>Siciliani</strong>, la Cooperativa<br />

produce per RaiTre le serie Minoranze<br />

etniche in Sicilia, dell'allora sconosciuto<br />

Giuseppe Tornatore; Le feste popolari, di<br />

Orazio Torrisi (che era stato aiuto regia<br />

nel film di Schroeter e organizzatore di<br />

produzione per <strong>Siciliani</strong>); e andrà coi<br />

conti in rosso per Effetto luna sulla Sicilia<br />

ellenica, le quattro regie di Fava.<br />

Uno di questi quattro film – si parla di<br />

una Medea siciliana con Ida Di Benedetto<br />

- lo stiamo ancora cercando, ma scoprire<br />

le tre regie realizzate interamente<br />

LE PROSSIME DATE<br />

24 e 25 <strong>gennaio</strong><br />

Sala Trevi - Cineteca Nazionale<br />

(Roma)<br />

28, 29 e 30 <strong>gennaio</strong><br />

Museo Nazionale del Cinema<br />

(Torino)<br />

Per info e programmi:<br />

www.nomadica.eu<br />

info@nomadica.eu<br />

www.isiciliani.it<br />

da Fava (con l'aiuto di Orazio Torrisi),<br />

con una troupe leggerissima è stata una<br />

grossa emozione, soprattutto per la totale<br />

libertà di espressione che risulta subito<br />

evidente. Certo da un punto di vista tecnico<br />

questi film sono disastrosi, ma Fava<br />

è finalmente svincolato dai linguaggi che<br />

in un modo o nell'altro i suoi collaboratori<br />

hanno apportato nei film precedenti e<br />

si sente libero di sperimentare: Il tempo,<br />

la bellezza, il silenzio è una poesia per<br />

immagini, in Clowns del teatro antico<br />

ovvero il Miles siciliano riadatta Plauto,<br />

in Anonimo Siciliano riprende la sua regia<br />

teatrale, Foemina Ridens, lasciandola<br />

impressionata su pellicola.<br />

La retrospettiva<br />

La retrospettiva sul cinema di Pippo<br />

Fava curata da Nomadica – circuito autonomo<br />

per il cinema di ricerca è<br />

itinerante, e intreccia spazi istituzionali e<br />

non, centri sociali, teatri, scuole e<br />

quant'altro.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 69<br />

“...Una serie di episodi<br />

che raccontino gli<br />

aspetti più<br />

agghiaccianti<br />

dell'isola...”<br />

Vogliamo superare quelle divisioni<br />

che purtroppo regnano nella cultura<br />

italiana rendendo sterile ogni<br />

manifestazione, da una parte e dall'altra.<br />

Questi eventi sono organizzati con il<br />

sostegno e il prezioso aiuto della<br />

Fondazione Fava, del Coordinamento<br />

Fava, de I mille occhi – festival del<br />

cinema e delle arti, di Fuori Orario –<br />

Raitre, della Cineteca Nazionale di<br />

Roma, del Museo Nazionale del Cinema<br />

di Torino, della Deutsche Kinemathek, di<br />

Aiace Torino, di Prime Bande e di tutti<br />

quei centri e gruppi che ci permetteranno<br />

di ridare liberamente alla gente immagini<br />

e pensieri.


www.isiciliani.it<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 70


www.isiciliani.it<br />

Musica<br />

Bix, Jerry<br />

e il signor Igor<br />

Ovvero, come può<br />

un’ottica di precisione<br />

viaggiare a ritroso nel<br />

tempo, trovarsi sul letto<br />

di morte di un fragile<br />

trombettista bianco,<br />

e salvargli, ancora per<br />

poco la vita? Niente<br />

paura, si tratta di un<br />

disco…<br />

di Antonello Oliva<br />

… Un bel disco, per spiegare il perché<br />

però bisogna prima capire da dove cominciare<br />

e di cosa esattamente parlare.<br />

Andiamo con ordine.<br />

Il lavoro è di Mauro Ottolini, che qui si<br />

presenta con la sua Sousaphonix band<br />

composta da 11 elementi ( Mauro Negri,<br />

Vincenzo Vasi, Dan Kinzelman, Paolo<br />

Botti, Danilo Gallo, Zeno De Rossi, etc.),<br />

che con lui fanno dodici.<br />

Lui si sa, suona il trombone ed è uno<br />

dei più brillanti ed eclettici jazzisti italiani<br />

del momento. Per chi non seguisse molto<br />

il jazz diciamo che è quello col cappello<br />

che suona il trombone – anche - nella<br />

band di Vinicio Capossela.<br />

Il disco in realtà sono due, due CD, per<br />

una durata totale di 85 minuti suddivisi in<br />

venti tracce, il che lascia intuire uno sforzo<br />

produttivo e compositivo niente male,<br />

ma poi sbirciando meglio si scopre che<br />

Ottolini di queste tracce in effetti ne firma<br />

una soltanto, e che le altre sono distribuite<br />

più o meno procapite tra Stravinsky, La<br />

Rocca, Victor Young, Blind Willie Johnson,<br />

W.C. Handy, Hoagy Carmichael, Bix<br />

Beiderbecke, e altri. Non si capisce.<br />

Il titolo, Bix Factor, potrebbe far pensare<br />

a un lavoro dedicato a Bix Beiderbecke,<br />

un omaggio come si dice, ma l’ipotesi<br />

non regge, c’è un solo brano di Bix in scaletta.<br />

Per cominciare a capire qualcosa bisogna<br />

allora tirar fuori il libretto che accompagna<br />

i dischetti, dove oltre a tutte le<br />

solite cose relative a missaggio, ringraziamenti,<br />

eccetera, ben quaranta pagine sono<br />

occupate da un racconto: Bix Factor, racconto<br />

fantastico scritto da Mauro Ottolini<br />

e Vanessa Tagliabue Yorke. Lei prima non<br />

l’avevamo citata ma è anche una delle due<br />

–bravissime- cantanti della band. L’altra è<br />

Stephanie Ocèan Ghizzoni. Insomma, capita<br />

che musicisti in vena di romanzerie<br />

approfittino del libretto per buttarci dentro<br />

anche un raccontino scritto qua e là.<br />

Non separabili, musica e scrittura<br />

Non c’è niente di male a leggerselo,<br />

magari però prima si fa intanto la recensione<br />

del disco, giusto per non parlarne un<br />

anno dopo. In questo caso però è diverso,<br />

perché già dalle prime pagine del racconto<br />

fantastico si capisce che libro e disco in<br />

realtà non sono separabili. Cioè, lo sono,<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 71<br />

ma sarebbe come vedersi Les Triplettes<br />

de Belleville senza l’ausilio della colonna<br />

sonora e viceversa. Doppio lavoro quindi,<br />

bisogna leggerselo tutto il libro, che non è<br />

proprio un librettino.<br />

Venti capitoli per venti tracce musicali,<br />

non fa una piega. Ma è un’operazione<br />

fondamentale, perché è solo a questo punto<br />

che il tutto finalmente risulta chiaro, e<br />

si può quindi usufruire della complessità<br />

del lavoro nella sua interezza.<br />

Forse, era il disco dell'anno<br />

Prima era solo un bel disco, anzi diciamolo<br />

pure, un gran bel disco, insolito per<br />

il panorama italiano, inciso magnificamente,<br />

e perche no? candidabile pure a disco<br />

dell’anno con buone probabilità di<br />

successo. Insieme però diventano un’altra<br />

cosa, una sorta di terzo elemento, finale e<br />

sommatorio, che stravolge le leggi aritmetiche<br />

e ottiene cinque da due più due. Geniale.<br />

Il racconto è una mirabolante metafora<br />

che coglie in modo intelligente una porzione<br />

di spirito di questo presente e ne<br />

trattiene con passione la parte offesa,<br />

quella mancante. Il respiro è quello di un<br />

Triste, Solitario y Final ambientato nella<br />

musica americana degli anni Trenta, qua e<br />

là mischiato con cazzate stile Blues Brothers.<br />

Scritto, sembrerebbe, tutto d’un fiato,<br />

bene, quasi senza però voler mostrare<br />

pretese letterarie. Con un pizzico di immaginazione<br />

lo si può leggere anche come<br />

un film, irresistibile nel ritmo, e con una<br />

strepitosa colonna sonora. Chissà se qualche<br />

regista stavolta troverà il coraggio di<br />

farlo.


www.isiciliani.it<br />

Persone<br />

Appunti di un diario<br />

collettivo<br />

Dopo la sentenza della<br />

Cassazione sull'affidamento<br />

di un figlio alla<br />

madre lesbica<br />

di Fabio D'Urso<br />

- Pronto?<br />

Quella mattina di qualche giorno fa, prima<br />

di leggere sui giornali la notizia della<br />

sentenza della Corte di Cassazione, mi era<br />

arrivata la telefonata di una amica di cui vi<br />

racconterò fra un poco.<br />

Questa telefonata inaspettata, un po'<br />

maldestramente mi aveva messo l'ansia di<br />

scrivere qualcosa, come se ci si aspettasse<br />

da me un'azione che doveva prodursi.<br />

La mia anziana amica mi conosceva da<br />

piccoletto, aveva in qualche modo seguito<br />

tutta la mia "sformazione” da cattolico a<br />

laico. Da giovinetto ad ora, a parte una<br />

frequentazione periodica di un paio di<br />

anni, ci eravamo visti tante volte, ma i nostri<br />

incontri per strada, sempre casuali, di<br />

volta in volta mi avevano reso sempre il<br />

piacere della nostra amicizia.<br />

Lei oggi ha più o meno ottanta anni, e io<br />

quarandue. E per ricordamelo scrivo più di<br />

diciotto dopo il mio coming out, e il collettivo<br />

gay di Circuito elettrico, Catania: e<br />

tanto è cambiata la vita da gay dichiarato.<br />

Perciò non appena finita la telefonata ,<br />

ho aperto il motore di ricerca del web, e<br />

sono andato a leggermi la notizia della<br />

Corte di Cassazione che affida il figlio a<br />

una donna che vive in coppia con la sua<br />

patner.<br />

La nostra vita reale<br />

Il diritto all'affidamento, penso leggendomi<br />

la notizia, è solo una delle questioni<br />

che hanno a che fare con la vita reale di<br />

tante donne e uomini in Italia. Con la mia<br />

e con la tua che leggi.<br />

C'è anche il diritto alla vivibilità, alla visibilità,<br />

a non essere discriminati, a non<br />

dover dissimulare stile di vita per non dovere<br />

essere licenziati dal lavoro, o per es-<br />

sere semplicemente assunti come tutti.<br />

Il diritto alla visibilità, le nuove generazioni<br />

lesbiche e gay in Italia a mio avviso<br />

se lo sono dimenticato. Perchè è un diritto<br />

che non serve, che non funziona in un sistema<br />

sociale come il nostro. Perchè non<br />

serve? Perchè prima o poi ti può relegare<br />

all'esclusione.<br />

Questo però lo ammetto, è un giudizio<br />

di parte, che va confrontato con la vita singola<br />

di ognuno, e con i veloci cambiamenti<br />

collettivi.<br />

Il giudizio di un ex giornalista che oggi<br />

di professione non fa il sociologo ma il<br />

volantinatore. Un giudizio dopo due decenni<br />

di visibilità passati in un quartiere di<br />

periferia catanese con la gente che mi ha<br />

visto andare a vent'anni in televisione, a<br />

trenta a fare il cameriere, a quaranta con<br />

uno zaino per le strade a spartire pubblicità.<br />

E ancora per me, c'è la questione della<br />

violenza di ogni giorno, quella dell'intolleranza<br />

culturale, o quella straodinariamente<br />

reale delle botte di ogni genere, in una<br />

strada solitaria, o in un pub, o allo stadio,<br />

negli angoli della città dove il diritto ha a<br />

che a fare con la sopraf-fazione concreta,<br />

ma invisibile.<br />

Leggendo e rileggendo<br />

E torniamo così all'oggetto iniziale, alla<br />

sentenza della Corte di Cassazione.<br />

Leggendo e rileggendo la notizia, mentre<br />

scrivo, cucino, lavoro con Pedro, Antonio<br />

Andrea , gli altri alla pagina facebook<br />

“LGBTQfobia?Nograzie” e telefono per<br />

confrontarmi, mi chiedo: come mai in Italia,<br />

nessuna proposta di legge per la tutela<br />

dei diritti di uomini e donne omosessuali<br />

sia stata approvata? Perchè la vita e le relazioni<br />

omosessuali rimangono ferme<br />

all'interno degli spazi privati, e sono rese<br />

solo come fatto mediatico, o come bandiera<br />

appartenente alla politiche dei movimenti?<br />

Quando davvero il termine gay indicherà<br />

davvero una felicità solidale per<br />

tutti?<br />

Questi diritti non riguardano solo una<br />

minoranza, appartengono a tutto il paese,<br />

così come le battaglie per la “Rivoluzione<br />

civile” dell'Italia.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 72<br />

Allora penso che prima del matrimonio<br />

gay in Italia avremo dei figli di coppie lesbiche<br />

e gay, che hanno per legge un solo<br />

genitore, e quindi non possono essere<br />

adottati dall'altro compagno.<br />

Senza il formale passaggio da “compagni<br />

a coniugi”, senza il diritto all'adozione<br />

da parte di uno dei patner, comunque senza<br />

una risoluzione positiva sulla questione<br />

dell'omogenitorialità, questi figli non<br />

avranno i diritti necessari alla loro tutela<br />

ma saranno di fatto discrimati.<br />

“Parliamone, dài!”<br />

Ma ritorniamo a quella telefonata che mi<br />

ha svegliato, per spiegarvi la mia ingenua<br />

felicità a proposito della sentenza.<br />

- Pronto, Fabio.<br />

Segreto svelato, l'anziana amica è la mia<br />

vecchia catechista di cresima. Si chiama<br />

Ida. Ha gli occhi allegri e ti ricorda Papa<br />

Giovanni se fosse stato donna.<br />

“Pronto Ida!”.<br />

- Pronto Fabio! Come stai, stai scrivendo?<br />

Stai lavorando? Come sta il compagno?<br />

La telefonata finisce e a me viene in<br />

mente quella discussione con Gabriele,<br />

uno dei miei cari amici che fa il frate francescano.<br />

Come per darmi coraggio, mi<br />

dice:<br />

- Fabio, lo fai un figlio?.<br />

“Dove? Qui, dove la discrimazione parte<br />

dalla struttura religiosa e sociale del<br />

paese ?”.<br />

- E però il comportamento pian piano<br />

cambia.<br />

Come alla clinica ostetrica dell'ospedale<br />

di Padova, due settimane fa alla compagna<br />

di una donna che ha dato alla luce un bimbo,<br />

le hanno segnato nel braccialetto “patner”;<br />

così che l'hanno fatta entrare e uscire<br />

dal reparto come per ogni altro genitore.<br />

Ma il senso comune è ancora lontano da<br />

queste eccezioni; è la cosidetta “sensibilità”<br />

dei cattolici il solo terrerente all'impossibilità<br />

ai cambiamenti effettivi?<br />

Quali altri motivi, in definitiva, ci fanno<br />

soffrire una mancata applicazione dei diritti<br />

sociali, che sono anche orientamenti<br />

specifici dell'Unione Europea da due decenni?


Non solo la Cassazione<br />

Qui ci vogliono tante donne e uomini<br />

come Ida, e fra Gabriele che in ogni<br />

“luogo” del paese sanno superare quella<br />

incapacità intriseca al cambiamento e<br />

che sanno spiegare alla gente che ogni<br />

relazione di per se è bella e positiva<br />

quando è vissuta serenamente. Ma non<br />

solo, ci vuole anche il coraggio di saper<br />

render questo conflitto implicito, come<br />

un fatto che rientra davvero nei programmi<br />

politici.<br />

Oggi in Italia la Corte di Cassazione ci<br />

dice che qui il diritto c'è. E la politica<br />

quanto ci metterà a spiegare che il diritto,<br />

alla famiglia e ai figli è di tutti? Che siamo<br />

dentro alla Costituzione, e all'Europa<br />

dei popoli e dei diritti?<br />

Lo sappiamo bene che in ogni stato, il<br />

diritto e la vita della gente viaggiano con<br />

tempi diversi, ma qui in Italia, bisogna<br />

passare dal giudizio della Cassazione<br />

all'estensione del diritto al matrimonio, e<br />

all'adozione come un fatto giuridico, intregato<br />

con la vita della gente.<br />

Alla televisione, il riformatore Monti<br />

ci ha spiegato con tre parole - un uomo,<br />

una donna, una famiglia - che il sistema<br />

di equilibrio finanziario ed economico e<br />

politico del paese, che unisce l'Italia con<br />

l'euro e l'euro con l'Europa passa dallo<br />

Stato del Vaticano. E che le direttive europee<br />

sui diritti degli individui valgono<br />

poca cosa.<br />

Bersani invece si appella al rispetto per<br />

la sensibilità cattolica. Ma allora c'è davvero<br />

un' incapacità ad affrontare questa<br />

questione, o no?<br />

Pertanto qui in Italia non basta solo il<br />

si della Cassazione. Ci vuole una affermazione<br />

del diritto dentro la politica dei<br />

partiti. Prima ancora quel sì sincero della<br />

società civile. E infine il nostro, quello<br />

della nostra mente, e delle nostre azioni<br />

specifiche, che ci mettono in condizioni<br />

di affrontare un processo di cambiamento.<br />

“Cosa ci manca”<br />

In questi giorni,<br />

me la sono discussa<br />

con tanti amici. Vorrei<br />

finire con due rifles-<br />

sioni, la prima è<br />

di Luigi Malerba<br />

ventisei anni; questa<br />

è una parte del suo<br />

diario, postato nel<br />

suo blog, e risponde<br />

alla domanda "che ci<br />

www.isiciliani.it<br />

Scheda<br />

LA SENTENZA 601<br />

La Prima sezione civile della Corte di Cassazione,<br />

con la sentenza numero 601, ha<br />

affrontato il caso dell'affidamento di un figlio.<br />

La Corte d'appello di Brescia, con la sentenza<br />

del 26 luglio 2011, aveva affidato il bambino<br />

alla madre. Il padre si era opposto, con la mo-<br />

tivazione che l'ex moglie conviveva con una<br />

nuova partner, e che il bambino sarebbe stato<br />

inserito in una famiglia omosessuale con «ripercussioni<br />

negative sull'equilibrio emotivo e<br />

psichico del bambino». La Cassazione ha confermato<br />

l'affidamento esclusivo alla madre, evidenziando<br />

che alla base delle lamentele «non<br />

sono poste certezze scientifiche o dati di esperienza,<br />

bensì il mero pregiudizio che sia dannoso<br />

per l'equilibrato sviluppo del bambino il<br />

fatto di vivere in una famiglia incentrata su una<br />

coppia omosessuale».<br />

Daniela Tomasino<br />

Arcigay Palermo<br />

manca come gay e come <strong>giovani</strong>, in<br />

questo paese".<br />

"In teoria non mi manca nulla. Ho un<br />

lavoro, ed ho pure la fortuna che faccio il<br />

lavoro che desidero. Ho una famiglia e<br />

sto bene e non ho problemi nè di salute<br />

nè di altri tipi. Ho degli amici, non tantissimi,<br />

ma nemmeno pochi; anzi penso che<br />

siano proprio il giusto. Con loro mi diverto<br />

e anche adesso che son lontano li<br />

sento ancora come se ogni sera ci mettessimo<br />

daccordo per uscire, per spassarcela.<br />

E potrei continuare questa lista inserendo<br />

tantissime altre cose scontate, passando<br />

dalla buona salute ad altre banalità<br />

che non voglio nemmeno soffermarmi,<br />

non perche non voglio pensare chissà che<br />

e non voglio nemmeno piangermi addosso.<br />

Voglio solo riflettere perchè alle volte<br />

dentro di noi sentiamo certi vuoti. Ci<br />

manca cosa? L'affetto<br />

di una persona al nostro<br />

fianco? Ci manca<br />

l'amore? O forse è<br />

solo colpa di questo<br />

brutto tempo?".<br />

La seconda è di<br />

Guido Alabiso, che<br />

vive a Bergamo. Eccola<br />

qui:<br />

"Io ho sofferto da<br />

sempre nel dover accettare<br />

il fatto di non<br />

diventare padre; io un figlio lo adotterei<br />

subito se potessi, anche se sarebbe difficile<br />

e complicato farlo crescere e vivere<br />

nella nostra società. Ma ammetto che<br />

dell'ultima frase non ne sono pienamente<br />

convinto. Perchè sulle mie spalle ho provato<br />

che ad essere se stessi si riceve sempre<br />

tanto bene".<br />

Video: https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=_doGMGG6dl0<br />

-<br />

https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=_doG -<br />

MGG6dl0https://www.youtube.com/watch?<br />

feature=player_embedded&v=_doGMGG6dl0#)<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 73<br />

Commenti/1<br />

IERI E OGGI<br />

Sapevamo che una lesbica può essere una<br />

buona madre, un gay può essere un buon<br />

padre. Ce lo diceva la vita reale, il nostro desiderio<br />

genitoriale, i sorrisi dei bambini.<br />

La Corte Costituzionale lo conferma con una<br />

recentissima sentenza e noi lo prendiamo<br />

come riscatto delle sofferenze e dei pregiudizi<br />

che ostacolano i nostri percorsi di persone lesbiche,<br />

gay, bisex, transex, queer.<br />

Volevo ricordarvi che oggi che ricorre il quindicesimo<br />

anniversario del suicidio di Alfredo Ormando,<br />

poeta e scrittore siciliano bruciatosi<br />

vivo a Piazza S. Pietro, in Vaticano, in quella<br />

stessa piazza quattro femministe del gruppo<br />

ucraino Femen svestono i loro corpi rivendicando<br />

le istanze dei nostri diritti civili. Dimostrando<br />

così a noi, e al mondo che niente ci<br />

sarà regalato e che dovremo lottare per avere<br />

quello che ci spetta. E allora copriamo le nostre<br />

paure con il loro coraggio, e lottiamo, lottiamo.<br />

Ancora. Fino a quando non avremo né<br />

paura e nemmeno sensi di colpa. e saremo finalmente<br />

lesbiche, gay, bisessuali, transessuali,<br />

queer liberi e liberati, tutte e tutti!<br />

Sara Crescimone<br />

Open Mind Catania<br />

Commenti/2<br />

“E' QUASI BANALE”<br />

La sentenza 601 della Cassazione è quasi banale.<br />

Non esiste uno studio scientifico che confermi<br />

il pregiudizio che essere cresciuti da una<br />

persona o da una coppia omosessuale danneggi<br />

la salute psico-fisica di un bambino. Di<br />

contro, esistono studi che evidenziano una minore<br />

incidenza di disagi psichici in bambini cresciuti<br />

in famiglie omogenitoriali.<br />

In altre parole, le teorie secondo cui le coppie<br />

omosessuali non sono buoni genitori sono balle.<br />

Bugie ideologiche, spacciate come vere da<br />

giornalisti superficiali e politici omofobi.<br />

Per questo la sentenza è banale nella sua<br />

semplice ovvietà: se non esiste alcuna prova<br />

delle affermazioni del padre (che l'aveva abbandonato<br />

quando aveva 10 mesi, e aveva<br />

malmenato madre e compagna), il figlio resta<br />

affidato alla madre. Semplice buon senso.<br />

A riuscire ogni volta a stupirmi sono le polemiche<br />

e i commenti: la Cei, alcuni prelati, alcuni<br />

politici affannati a rilasciare dichiarazioni:<br />

anche se scienza e buon senso dicono il<br />

contrario, la sentenza sarebbe “contro natura".<br />

Queste persone credono che sia giusto e<br />

“naturale” strappare un bambino alla propria<br />

famiglia o consegnarlo a un padre violento.<br />

Sono queste le persone che impediscono, in<br />

Italia, l'adozione di provvedimenti di legge che<br />

sono baluardi di civiltà e che garantirebbero la<br />

pienezza dei diritti di cittadinanza per le persone<br />

LGBT: la legge contro l'omofobia (ovvero<br />

un'aggravante per i crimini commessi per omofobia,<br />

come già succede ad es. per il razzismo)<br />

e il riconoscimento del diritto di matrimonio per<br />

tutti. Sono loro che impediscono all'Italia di diventare<br />

un Paese pienamente civile, anteponendo<br />

alla cultura dei diritti umani un'ideologia<br />

cieca e violenta.<br />

Daniela Tomasino


www.isiciliani.it<br />

Politica/ La vigilia<br />

Il voto senza attese<br />

di un Paese senz’anima<br />

Tempo di elezioni. Nonostante<br />

le attese, nulla<br />

di epocale...<br />

di Pietro Orsatti<br />

La classe politica, vecchia e nuova, da<br />

una parte e il Paese dall'altra a cercare<br />

di capire non cosa sia meglio ma cosa<br />

sia meno peggio. Non perché ci sia un<br />

deficit da parte dei partiti in termini di<br />

progetto o di costruzione di programmi<br />

e architetture di governo, ma perché<br />

sono gli italiani a non avere nessuna<br />

idea di come uscire da una crisi economica,<br />

sociale, etica e culturale che ha<br />

trascinato il paese in un vortice, nel collo<br />

di un imbuto che tutto inghiotte e tutto<br />

fa ricadere al suolo.<br />

Bisognerebbe ringraziare Mario Monti<br />

per aver dissipato ogni dubbio sulla vera<br />

natura del suo progetto politico e culturale<br />

con la sua discesa in campo. Altro che "salita".<br />

Ha scelto di far emergere il gioco<br />

sporco (e basso) che ha tenuto in piedi il<br />

suo governo: rappresentare gli interessi di<br />

un'élite ristretta (molto più angusta della<br />

presunta borghesia italiana) a discapito del<br />

paese, della maggioranza dei cittadini e<br />

dell'insieme di bisogni (molto diversi dagli<br />

interessi) degli italiani. Un'élite che non ha<br />

nessun punto di contatto con la realtà produttiva<br />

ed economica nazionale (ed anche<br />

europea) ma che guarda solo agli utili finanziari<br />

a breve durata. E che ha governato<br />

per un anno prima millantando una missione<br />

salvifica e poi con la minaccia di un<br />

fantomatico Armageddon: "senza noi il<br />

baratro".<br />

A dimostrazione di quale sia il vero<br />

mandato di Monti, il disagio di pezzi importanti<br />

(anche clericali) del cosiddetto<br />

mondo cattolico che pur appoggiandolo<br />

non mancano occasione di chiedere a gran<br />

voce una maggiore attenzione al sociale e<br />

all'economia reale e una via di uscita<br />

dall'ossessione finanziaria del professore.<br />

Ulteriore conferma di quale sia il mondo<br />

di riferimento di Monti e di quanto sia stato<br />

poco tecnico e molto invece corporativistico<br />

e politico il suo mandato di governo<br />

ci viene fornita dai comportamenti del<br />

professore sulle alleanze non tanto a livello<br />

nazionale quanto in Lombardia con<br />

l’appoggio al candidato Albertini in chiave<br />

anti centrosinistra. Appoggio dietro il quale<br />

ci sarebbe come architetto Gianni Letta<br />

che sta cercando, con la sua usuale abilità,<br />

di creare i presupposti per rendere instabile<br />

un governo nazionale di centro sinistra a<br />

guida Pd/Sel sottraendo, attraverso i cavilli<br />

del porcellum, la maggioranza assoluta<br />

alla coalizione guidata da Pierluigi Bersani<br />

al Senato e costringendo quindi il Pd a<br />

cercare un’alleanza post elettorale con lo<br />

strano oggetto politico montiano. E quindi<br />

con i poteri che rappresenta.<br />

Letta e Berlusconi<br />

La chiave delle elezioni è in Lombardia.<br />

E sul voto e sul premio di maggioranza sul<br />

piano regionale previsto dalla attuale legge<br />

al Senato. Basta un voto in meno in Lombardia<br />

per togliere la maggioranza assoluta<br />

alla coalizione Pd/Sel.<br />

E’ Berlusconi che comanda Letta o è<br />

Letta che condiziona Berlusconi? Letta è<br />

uomo di contatto (e di governo?) di un<br />

certo mondo culturale e finanziario Italiano.<br />

Ben prima dell’innamoramento con il<br />

cavaliere.<br />

Non è un caso che sia il fondatore (e il<br />

condizionatore) di un oggetto particolare<br />

come l’Aspen Institute Italia, dove politici<br />

e esponenti del mondo economico e finanziario,<br />

si incontrino “riservatamente” (non<br />

lo diciamo noi ma lo stesso statuto<br />

dell’Istituto) per studiare assieme strategie<br />

comuni. Una sorta di forum delle lobby<br />

principalmente finanziarie che da<br />

vent’anni almeno ha cercato di condizionare<br />

le scelte economiche e politiche non<br />

solo dei governi guidati da Silvio Berluscuni<br />

ma anche quelli guidati dal centro sinistra.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 74<br />

Che Letta sia stato in tutti i governi del<br />

cavaliere il braccio destro del premier<br />

(senza passare mai attraverso la verifica<br />

del voto) racconta quanto questi sia stato<br />

uomo di garanzia per la finanza italiana (e<br />

non solo) e forse di “vigilanza” per tenere<br />

sotto controllo il tornado Silvio. Ed è anche<br />

interessante rilevare come si tenesse in<br />

disparte nelle convulse fasi finali del governo<br />

Pdl/Lega e come cercò in tutti i<br />

modi di tenere bassi i toni nel passaggio di<br />

consegne fra Berlusconi e Monti.<br />

Che Letta oggi sia artefice dei giochetti<br />

di prestigio in Lombardia in favore di<br />

Monti (nonostante il suo presunto “padrone”<br />

tuoni ogni giorno contro il professore)<br />

dimostra quanto e come le lobby che siedono<br />

al tavolo delle riunioni riservate alla<br />

Aspen siano attive in questi tempi.<br />

In questo tipo di scenario Berlusconi assume<br />

più che la caratteristica di un avversario<br />

del centro sinistra quella di un’arma<br />

utilizzata dal potere finanziario per condizionare<br />

le scelte di governo del Pd attraverso,<br />

se il progetto avrà successo,<br />

un’alleanza obbligata di Bersani con Monti<br />

per garantire il sogno di governabilità. E<br />

le alleanze significano precisi punti programmatici<br />

(no alla patrimoniale e no alla<br />

tassazione delle rendite e transazioni finanziarie).<br />

Berlusconi ha pochissime possibilità<br />

di vincere le elezioni, Bersani ne<br />

ha molte di vincerle zoppe, cioè con la<br />

maggioranza assoluta solo alla Camera e<br />

con l’obbligo quindi di trattare con Monti.<br />

Qualcosa si muove nel centrosinistra<br />

Le primarie per la scelta per il premier<br />

prima e per selezionare parte dei candidati<br />

al parlamento poi, hanno innescato, purtroppo<br />

timidamente, un meccanismo di<br />

rinnovamento della classe politica. Purtroppo<br />

il cosiddetti “listini” (che sono diventati<br />

dei listoni per cercare di accontentare<br />

correnti e correntine) hanno condizionato<br />

e non poco sia il Pd che Sel. Inaspettatamente<br />

è il Pd che sembra aver metabolizzato<br />

meglio il meccanismo primarie. In<br />

particolare grazie all’ingresso di moltissime<br />

donne in posizioni “eleggibili” nelle liste<br />

elettorali.


Questa è una novità di non poco conto<br />

che però ha riguardato se non marginalmente<br />

anche la composizione delle liste di<br />

Sel. Alla fine la struttura-partito del Pd<br />

(con tutte le sue difficoltà e contraddizioni)<br />

si è aperta più del partito di Vendola. In<br />

parte favorita anche dall’apparente ritirata<br />

degli eterni duellanti Veltroni e D’Alema.<br />

In parte perché Vendola, che guida un cartello<br />

elettorale più che un partito, tenuto<br />

insieme più dal suo carisma che da un progetto<br />

culturale comune, anche se contraddittorio<br />

come quello del Pd, ha subito di<br />

più le pressioni delle varie anime della sua<br />

organizzazione.<br />

E ancora, Sel non ha trovato una forma<br />

di organizzazione e di rappresentanza interna<br />

delle varie anime e priorità che gli<br />

consentissero di avviarsi in termini ancora<br />

più evidenti del Pd a un processo di apertura<br />

e di rinnovamento del ceto politico.<br />

In ogni caso l’alleanza di centro sinistra<br />

sembra tenere, il programma anche se<br />

“monco” su molti piani ha una sua forma e<br />

un suo chiaro indirizzo. Che reggerà anche<br />

con una maggioranza chiara alla Camera a<br />

fronte di un mancato obiettivo “di sicurezza”<br />

al Senato? La questione è tutta lì. Con<br />

la necessità di aprire al centro montiano<br />

per governare cosa accadrà alla coalizione<br />

nata dal popolo delle primarie?<br />

Il sospetto è che ci sia all’interno del Pd<br />

chi si augura una mancata maggioranza al<br />

Senato per imbarcare il professore. Con<br />

effetti a medio termine pesanti per il centro<br />

sinistra che probabilmente deflagrerebbe<br />

con conseguenze (visto il momento storico<br />

che stiamo attraversando) ben peggiori<br />

di quelle provocate dalla caduta del secondo<br />

governo Prodi nel 2008.<br />

Personale o messianico? Il partito-Grillo<br />

Il comico genovese, nonostante i proclami<br />

e lo tsunami tour (scrivo nel giorno di<br />

partenza della campagna elettorale di<br />

M5S) sta attraversando un momentaccio.<br />

L’abbraccio con Gianroberto Casaleggio<br />

si è fatto troppo stretto, gli ha provocato<br />

un sacco di guai (mezzo movimento in<br />

Emilia espulso, problemi anche in Piemonte<br />

e polemiche a non finire interne ed<br />

esterne sulla democrazia nel M5S). Per il<br />

resto ha fatto il carattere del “messia” (parola<br />

sempre del buon Gianroberto) che<br />

non tollera discussioni, dibattiti e tanto<br />

meno critiche. Si è capito ormai che l’unica<br />

forma di democrazia tollerata da Grillo<br />

è la democrazia “diretta” da lui.<br />

Poi a metterlo in difficoltà c’è anche un<br />

programma elettorale che spesso si contraddice<br />

da se, che guarda poco alla realtà<br />

economica del paese (mica basta urlare<br />

www.isiciliani.it<br />

contro l’euro per essere credibili imitando<br />

o facendosi imitare solo da Berlusconi) e<br />

che non tocca i problemi chiave che<br />

affliggono gli italiani: peso della<br />

tassazione e lavoro. E gli effetti si vedono.<br />

Il M5S sta erodendo il consenso nei sondaggi.<br />

E non di poco. Certo, il fenomeno<br />

M5S rimane lì dove il movimento si è<br />

mosso, a prescindere da Grillo e da Casaleggio,<br />

sul territorio. Ma si sta trasformando<br />

da consenso diffuso di opinione a consenso<br />

esclusivamente fidelizzato. E in termini<br />

percentuali al voto fra una forte spinta<br />

degli elettori “free” e quelli “di movimento”<br />

questa stretta si farà sentire. Anche<br />

perché amici e ex amici caduti in disgrazia<br />

in conseguenze qualche impennata umorale<br />

di troppo del “messia” si sono organizzati.<br />

E andranno a pescare nello stesso bacino<br />

elettorale di Grillo.<br />

Il cartello di Ingroia<br />

Parliamo ovviamente di Antonio Ingroia<br />

e del cartello elettorale che si è raccolto attorno<br />

alla sua candidatura. Un cartello<br />

strano assai, dove la convivenza fra Ferrero,<br />

Diliberto, Bonelli, De Magistris e Di<br />

Pietro e pezzi dell’Antimafia e dei movimenti<br />

sociali sarà sicuramente difficile.<br />

Molto complicata anche se su alcuni punti<br />

sono riusciti a trovare un quadra a prima<br />

vista improbabile.<br />

Non me ne voglia l’ex procuratore aggiunto<br />

di Palermo, ma le prime mosse sue<br />

e della novella formazione politica sono<br />

state non proprio all’altezza delle aspettative<br />

visto il valore della sua candidatura.<br />

Prima l’attacco a Pietro Grasso, l’ex procuratore<br />

nazionale antimafia candidato col<br />

Pd, poi le polemiche sempre verso il Pd<br />

per la mancata risposta da parte di Bersani<br />

alle richieste di contatto, potevano essere<br />

facilmente evitate e comunque hanno rappresentato<br />

una repentina caduta di stile.<br />

Che ben poco ha portato al suo progetto e<br />

molto invece ai suoi detrattori.<br />

Un peccato, perché nonostante il cartello<br />

spurio che si è formato, il tentativo serio di<br />

dare voce a chi spesso voce e rappresentanza<br />

non la ha era ed è una cosa seria e<br />

importante. Ancora più importante dopo la<br />

cancellazione dal Parlamento nel 2008 di<br />

temi e realtà che un peso e un valore ben<br />

più rilevanti della semplice testimonianza<br />

ne hanno.<br />

Probabilmente ha giocato il fattore della<br />

mancata esperienza a inficiare in parte le<br />

prime mosse di Ingroia. Non basta, in questa<br />

fase e sempre, essere un magistrato del<br />

valore dell’ex pm per scendere in politica<br />

e conquistarsi spazi e interlocuzioni con<br />

altri soggetti. Cercando di ignorare, poi, le<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 75<br />

difficoltà di Bersani con Di Pietro da un<br />

lato e di Vendola con Ferrero e Diliberto<br />

dall’altro. La recente storia politica (e in<br />

alcuni casi personale) non è ignorabile e<br />

soprattutto non va sottovalutata.<br />

La malattia italiana<br />

E’ il Paese il grande malato, la politica<br />

di conseguenza. La cultura del berlusconismo<br />

è difficile da cancellare e superare in<br />

così poco tempo. Ha inquinato la società<br />

ben più profondamente di quanto si potesse<br />

immaginare. Non ha solo rappresentato<br />

un pezzo del paese, ha penetrato profondamente<br />

etica, cultura, tenuta sociale, processi<br />

di coesione, percezione della realtà.<br />

Il berlusconismo, che va ben oltre alla figura<br />

di Berlusconi, rappresenta la faccia<br />

maggioritaria anche se occultata dell’Italia.<br />

Di questa Italia che non riesce a scrollarsi<br />

di dosso egoismi e furbizie mutuate<br />

dall’ormai ex unto del signore e che si incupisce<br />

oggi nell’inasprirsi della crisi. E<br />

che vede emergere gli istinti peggiori e i<br />

poteri più occulti.<br />

Che la grande criminalità organizzata<br />

sembri (in particolare in Sicilia) stare lontana<br />

dalla politica non significa che questa<br />

non stia già cercando di individuare chi saranno<br />

i prossimi interlocutori con cui sedersi<br />

al tavolo o ai quali apparentemente<br />

mettersi al servizio per inquinarli e condizionarli<br />

a caccia di guadagno e impunità.<br />

Che l’élite finanziaria, direttamente con<br />

Monti e indirettamente con il ricatto di un<br />

ipotetico default, intenda soffiare sul fuoco<br />

della recessione per continuare a speculare<br />

sui flussi provocati dagli sbalzi borsistici e<br />

dai parametri di indebitamento rende chiaro<br />

chi vuole guadagnare sulle spalle del<br />

paese reale.<br />

Che il paese sia diventato socialmente<br />

egoista, che la già ampia fascia di poveri<br />

dell’ultima stagione berlusconiana sia precipitata<br />

dalla povertà alla miseria e che la<br />

classe media stia repentinamente contraendosi<br />

rende evidente lo stato di ricattabilità<br />

sociale di questo paese. Un paese che<br />

svuota il concetto di sovranità popolare<br />

cedendolo a una presunzione di governabilità.<br />

Dalle politiche sociali a quelle del<br />

contenimento del disagio in gabbie fra<br />

loro impermeabili.<br />

E l’unica via di uscita è che la società e<br />

la politica trovino il coraggio di ricostruire<br />

quelle reti di relazioni e di elaborazione<br />

collettiva che trasformino questa palude di<br />

interessi corporativistici e personali che<br />

hanno attraversato questo ventennio in un<br />

processo di ricostruzione culturale e sociale<br />

per tornare ad essere un paese europeo e<br />

non una tragica barzelletta.


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Politica/ L'agenda Monti<br />

“E io<br />

vi marchionno tutti”<br />

“Tutta l'Italia deve diventare<br />

come Menfi e<br />

Pomigliano”. Un programma<br />

semplice, forse<br />

“tecnico” ma sicuramente<br />

anche politico.<br />

E senza sconti<br />

di Riccardo De Gennaro<br />

Il presidente del consiglio uscente,<br />

Mario Monti, non più un “tecnico” ma<br />

definitivamente uomo politico dopo la<br />

conferenza stampa di fine anno, punta<br />

alla conferma per acclamazione della<br />

sua leadership. L’uomo delle istituzioni<br />

creditizie europee, che è riuscito anche<br />

a “strappare” senza troppi problemi<br />

il Vaticano a Berlusconi, è intenzionato<br />

a proseguire il suo cammino in<br />

politica.<br />

Oltre al sostegno dell’Udc, di Fli e del<br />

“centro” di Montezemolo, è infatti impegnato<br />

a strappare pezzi del Pd da un lato<br />

(vedi Ichino e altri quattro senatori) e del<br />

Pdl dall’altro con il solo richiamo della<br />

sua “agenda”.<br />

La sua campagna elettorale è cominciata<br />

nello stabilimento Fiat di Melfi, davanti<br />

ai vertici della casa automobilistica<br />

e a una platea plaudente fatta di dirigenti,<br />

ma anche di operai non sindacalizzati o<br />

iscritti alla Fim e alla Uil, mentre i delegati<br />

Fiom venivano tenuti fuori per evitare<br />

dissensi al patto d’acciaio Monti-Marchionne.<br />

Quest’ultimo, ora, è il manager di riferimento,<br />

che molto prima di Monti e di<br />

Elsa Fornero aveva sottratto altri diritti ai<br />

lavoratori. L’obiettivo di Monti, d’altronde,<br />

è facilmente sintetizzabile: trasformare<br />

tutti i lavoratori italiani in lavoratori di<br />

Melfi e Pomigliano con iniezioni progressive<br />

di thatcherismo nelle riforme.<br />

L'uomo della provvidenza<br />

È Monti, oggi, l’uomo forte, l’uomo<br />

della provvidenza. La lotta tra Bersani e<br />

Renzi per le primarie è dimenticata. Se<br />

fino a qualche settimana fa lo scenario<br />

più probabile era un governo Bersani con<br />

Monti ministro dell’Economia, ora si è<br />

ribaltato e i nomi si sono scambiati il posto:<br />

Monti nuovamente presidente del<br />

Consiglio con Bersani ministro, magari<br />

con una delega alle liberalizzazioni. Che<br />

Monti possa “ripiegare” sulla carica di<br />

presidente della Repubblica non è da<br />

escludere, ma non è questo il suo obiettivo.<br />

La sua volontà è di continuare a riformare<br />

l’Italia a modo suo, cosa possibile<br />

soltanto nelle vesti di primo ministro, anche<br />

perché è chiarissimo che il “mandato”<br />

della grande finanza e delle banche<br />

europee gli è stato rinnovato.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 76<br />

Visto il predecessore...<br />

Forte del riconoscimento che gli viene<br />

da molte parti per aver recuperato credibilità<br />

all’Italia agli occhi del mondo (lo<br />

sforzo richiesto non era dei più difficili<br />

considerato il predecessore), Monti non<br />

avrebbe problemi se decidesse di diventare<br />

presidente della Repubblica, ma non<br />

ora: “Per me sarebbe conveniente non<br />

fare assolutamente niente, ma è un imperativo<br />

morale tentare di contribuire a<br />

cambiare la cultura del Paese”, ha detto.<br />

Sappiamo benissimo quale cultura<br />

Monti intende modificare e l’impegno<br />

profuso: qui, nel settore del lavoro, della<br />

contrattazione, delle pensioni il suo incarico<br />

l’ha portato “brillantemente” a termine,<br />

ma è in altri ambiti, dove la cultura<br />

del Paese va senza dubbio cambiata, che<br />

purtroppo ha mancato.<br />

Provvedimenti arenati<br />

Tra i provvedimenti che sono rimasti<br />

nei cassetti (di Palazzo Chigi o di qualche<br />

commissione parlamentare) ci sono<br />

quelli che dovevano migliorare la trasparenza<br />

degli atti e dei bilanci pubblici, tagliare<br />

il numero delle province, ridurre<br />

deputati e senatori, accorciare i tempi del<br />

divorzio, riconoscere la cittadinanza ai<br />

figli di immigrati nati in Italia, garantire<br />

la possibilità del testamento biologico,<br />

provvedimenti portati avanti con il massimo<br />

entusiasmo dalla propaganda, ma<br />

che poi – senza voti di fiducia o corsie<br />

preferenziali utilizzati per questioni che<br />

il premier aveva maggiormente a cuore –<br />

si sono arenati. Un caso?


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Sicilia<br />

Dove nulla mai inizia<br />

o finisce del tutto<br />

Movimenti simmetrici<br />

del governo Crocetta<br />

di Giovanni Abbagnato<br />

La percezione che si ha della Sicilia è<br />

di una terra in cui sembra che tutto non<br />

sia mai iniziato perché c’è da sempre e<br />

non sembra possa mai finire, dato che il<br />

preesistente tende a rimodellarsi in forme<br />

che non perdono mai del tutto il loro<br />

profilo originale.<br />

Con tutto il rischio della strumentalità<br />

delle congetture, prendiamo il caso del<br />

Parlamento e del Governo regionale. Si<br />

può oggettivamente dire che nulla sia<br />

cambiato dopo le recenti elezioni, marcate<br />

pesantemente da un assenteismo record?<br />

Di contro, è possibile affermare che è in<br />

atto una trasformazione del sistema politico<br />

e di governo in Sicilia? Ognuno a queste<br />

domande dia le risposte che la sua<br />

esperienza e la sua osservazione gli suggeriscono.<br />

Ma il commento del cronista, forse, non<br />

può che essere impietoso rispetto ad una<br />

politica siciliana che sembra perennemente<br />

e inesorabilmente schiacciata tra il freddo<br />

calcolo - spesso almeno eticamente discutibile<br />

- dei mediatori politici di tutti gli<br />

interessi presenti nella società e l’improvvisazione<br />

un po’ vanesia di chi pensa che<br />

il nuovo si afferma per definizione e non<br />

per pratica rigorosa e competente di scelte<br />

coerenti. Se non si vuole dare la stura al<br />

conformismo di maniera, non si può non<br />

essere molto perplessi sulla gestione delle<br />

origini di questo Esecutivo del Presidente<br />

Crocetta, a prescindere dalle giustificate<br />

diffidenze iniziali su certe alleanze, ufficiali<br />

o ufficiose.<br />

Con il metodo della cronaca, proviamo a<br />

mettere in fila alcuni episodi emblematici<br />

di questa indefinibilità di scelte, francamente<br />

imbarazzanti per come condotte e<br />

motivate, anche pubblicamente.<br />

Ma Battiato è un assessore?<br />

La gestione improvvida, e a tratti tragicomica,<br />

della vicenda dell’Assessorato<br />

“anomalo” per Battiato, ancora irrisolta in<br />

punta di diritto e di regolamenti amministrativi<br />

e surrettiziamente affidata alle<br />

cure istituzionali di un commis della politica<br />

siciliana come il Professor Pitruzzella,<br />

noto per essere uomo per tutte le stagioni.<br />

La doppia scivolata sulle vicende degli<br />

Assessori Valenti e Zichichi, forse relativamente<br />

gravi per gli addebiti etici attribuiti,<br />

ma sicuramente molto mal gestite,<br />

prima che rientrassero in una ricomposizione<br />

che, dati i trascorsi dei due, non può<br />

certo rassicurare circa la vocazione<br />

all’innovazione dei due personaggi.<br />

L’uno - il tecnico - suggerito dalla componente<br />

centrista del governo che vuole<br />

capitalizzare al massimo il suo potere<br />

d’interdizione, l’altro - lo scienziato -<br />

noto, più che per l’elaborazione di leggi di<br />

fisica, per le sue capacità di gestione di<br />

istituzioni scientifiche, fortemente “benedette”<br />

da potenti padrinati politici.<br />

La troppo fresca gioventù, nel senso di<br />

non supportata da adeguato curriculum,<br />

dell’Assessora Scilabra, è probabilmente<br />

segno di attenzione troppo estemporanea e<br />

viziata da procurato coup de scéne, considerata<br />

la grande perizia ed esperienza necessarie<br />

per sradicare e trasformare i con-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 77<br />

tenuti politici della formazione professionale,<br />

uno dei più gravi bubboni del bilancio<br />

regionale.<br />

A questi fatti strani vanno aggiunti il<br />

rientro tempestivissimo, per non meglio<br />

definite motivazioni personali, di una prima<br />

nomina al fondamentale Assessorato al<br />

bilancio della Dottoressa D’Amelio Basilio<br />

e la designazione dell’Assessore Cartabellotta<br />

che del sistema di potere di Cuffaro<br />

nell’Agricoltura siciliana ne dovrebbe<br />

sapere qualcosa, anche per essere stato<br />

candidato in una lista di “Vasa vasa”.<br />

L’impressione impietosa di chi, sotto diverse<br />

forme e ruoli, segue le cose di<br />

Palazzo d’Orleans è che, a certi imbarazzanti<br />

“ritorni al passato” nelle occasioni<br />

istituzionali, pubbliche e interne al palazzo,<br />

si contrappone un’aria - per certi versi<br />

simpatica - da armata Brancaleone.<br />

Imbarazzanti esternazioni<br />

Ma ovviamente questi giudizi, ancorché<br />

confermati in modo imbarazzante da alcune<br />

esternazioni del Presidente e degli Assessori,<br />

potrebbero essere smentiti<br />

dall’entrata a regime dell’azione di<br />

governo. Intanto, passando all’altro inevitabile<br />

polo del nostro ragionamento sul<br />

governo della Sicilia, nonostante la presenza<br />

neofita e anche un po’ goliardica dei<br />

numerosi grillini, domina all’Assemblea<br />

regionale uno scenario, sicuramente molto<br />

meno naif di quello del governo, ma molto<br />

più inquietante e complesso.<br />

La situazione assai traballante di una<br />

maggioranza praticamente inesistente, da<br />

cercare provvedimento per provvedimento,<br />

rappresenta l’ennesima grande occasione,<br />

che si può cogliere con molte trasversalità,<br />

per fare emergere prepotentemente<br />

quanto ci si affanna a negare in questo<br />

nuovo corso della politica siciliana. Ossia<br />

una paralisi incombente da sbloccare con<br />

la continua soluzione di ricatti, più o meno<br />

discreti.


Sul piano più generale, sempre mettendo<br />

in fila solo alcuni degli argomenti, il rischio<br />

più grave è rappresentato (non necessariamentein<br />

quest'ordine) da un Presidente<br />

della Regione che dimostra di pensare<br />

che la cifra riformatrice antimafiosa<br />

di un Governo possa essere perseguita essenzialmente<br />

sul piano di una nuova immagine<br />

mediatica da contrapporre a quella<br />

dei Governatori siamesi Cuffaro e Lombardo<br />

che, però, da parte loro.<br />

I Beni culturali di Zurigo...<br />

E, non senza qualche fondamento, continuano<br />

a dirsi convinti di essere in qualche<br />

modo parte, discreta fino ad un certo punto,<br />

di questo Governo un Assessore che<br />

continua a cercare un suo centro di gravità<br />

permanente mentre qualcuno, non del tutto<br />

disinteressatamente, sta provando a cucirgli<br />

addosso un improbabile vestito amministrativo;<br />

un altro che pensa di potere governare<br />

la risorsa -insieme straordinaria e<br />

terribile- dei Beni culturali siciliani da Zurigo,<br />

mentre in altre faccende affaccendato<br />

e con metodi ed equilibri da padrinato politico<br />

democristiano; e un’Assessora che<br />

-si capisce chiaramente dalle sue dichiarazioni-<br />

se non è ancora del tutto consapevole<br />

di quello che le è successo, figurarsi se<br />

sa da dove iniziare.<br />

Con questo panorama, da allargare alle<br />

incredibili contraddizioni delle maggioranze<br />

inevitabilmente variabili, e se è vero,<br />

com’è vero, che in politica gli spazi vuoti<br />

prima o poi vengono sempre occupati, il<br />

rischio ancor più forte è che se l’Amministrazione<br />

regionale non la farà il Governo<br />

qualche altro la farà sicuramente. E allora<br />

si dimostrerà ancora una volta che è inesorabilmente<br />

vero che in Sicilia mai nulla<br />

inizia dal nulla e finisce del tutto.<br />

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Poteri<br />

Un manager<br />

di Cosa Nostra<br />

Estradato dalla Thailandia<br />

Vito Roberto Palazzolo,<br />

tesoriere di Riina e<br />

Provenzano. “Potrebbe<br />

chiarire molti misteri<br />

italiani”<br />

di Aaron Pettinari<br />

www.antimafiaduemila.com<br />

La Corte penale di Bangkok il 20 dicembre<br />

ha ordinato l'estradizione del finanziere<br />

italiano Vito Roberto Palazzolo,<br />

considerato il riciclatore di denaro<br />

sporco per la mafia. Condannato nel<br />

2009 per associazione mafiosa a nove anni<br />

con sentenza definitiva, Palazzolo era stato<br />

arrestato lo scorso marzo in Thailandia<br />

mentre si preparava a lasciare il Paese.<br />

L'ambasciata italiana a Bangkok ha condotto<br />

nove lunghi mesi di battaglie diplomatiche,<br />

con il boss che ha tentato il tutto<br />

per tutto, forte della cittadinanza sudafricana<br />

acquisita nei quasi 25 anni anni di latitanza<br />

vissuti alla luce del sole in Sud<br />

Africa.<br />

Protetto dalla falsa identità di Robert<br />

Von Palace Kolbatschenko, dal 1988 viveva<br />

infatti da uomo libero nello Stato africano,<br />

frequentando i salotti buoni dell'alta<br />

finanza e dell'imprenditoria locale. Tra i<br />

suoi business più conosciuti la produzione<br />

di vini, il controllo di sorgenti idriche,<br />

l'imbottigliamento dell'acqua “La Vie”<br />

(venduta alla compagnia aerea di bandiera<br />

“South African Airways”), l'allevamento<br />

di struzzi, lo sfruttamento minerario del<br />

terreno per l’estrazione di pietre preziose<br />

in Angola e la gestione in Namibia di una<br />

esclusiva riserva di caccia frequentata da<br />

facoltosi personaggi locali.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 78<br />

Palazzolo l'imprendibile<br />

Era ricercato sin dagli anni '80, ai tempi<br />

della storica indagine Pizza Connection,<br />

coordinata da Giovanni Falcone. Le autorità<br />

italiane e straniere eseguirono importanti<br />

sequestri di sostanze stupefacenti in<br />

Inghilterra, Canada, Olanda e alla frontiera<br />

italiana con la Svizzera.<br />

Le indagini che seguirono alle operazioni,<br />

condotte anche negli ambienti bancari,<br />

permisero di comprendere che a tirare le<br />

fila dell’illecito traffico vi era un’unica organizzazione<br />

con molteplici ramificazioni,<br />

la quale occupava un circuito operativo e<br />

finanziario che vedeva coinvolti paesi di<br />

tutto il mondo: dalla Thailandia e l'India<br />

(fornitori di eroina e hashish), alla Turchia<br />

e il Libano (fornitori di morfina base),<br />

dall’Italia agli Stati Uniti, al Canada, alla<br />

Gran Bretagna e alla Svizzera. Alla complessa<br />

associazione appartenevano diversi<br />

gruppi di persone che operavano in sinergia<br />

e fra il 1980 e il 1983 trasferirono circa<br />

50 milioni di dollari.<br />

I conti sulla banca svizzera<br />

La loro attività, gestita da Cosa Nostra,<br />

aveva base centrale in Sicilia, dove veniva<br />

raffinata la morfina base proveniente dalla<br />

Turchia e dal Medio Oriente e rientravano<br />

i proventi delle vendite del prodotto finito,<br />

realizzate negli Stati Uniti. Punto di convergenza<br />

era invece la Svizzera, paese in<br />

cui il denaro, attraverso conti bancari, veniva<br />

materialmente incassato e reso disponibile<br />

per altri traffici. Tra i tanti conti correnti<br />

in uso all’organizzazione ce n'era<br />

uno, denominato “Coer Establissement”<br />

della UBS di Ginevra, su cui operava /oltre<br />

ad Alfonso Caruana, a Giuseppe Cuffaro<br />

ed a Pasquale Cuntrera) proprio lui,<br />

Vito Roberto Palazzolo, che partecipava<br />

attivamente sia come intermediario tra fornitori<br />

e boss mafiosi per l’approvvigionamento<br />

della droga, sia come collettore dei<br />

proventi destinati agli appartenenti<br />

all’associazione mafiosa.


Palazzolo contribuì poi, con operazioni<br />

bancarie di ridistribuzione delle somme, al<br />

rifinanziamento di singoli episodi di traffici<br />

che si sono nel tempo susseguiti.<br />

Nel 1984 venne arrestato in Svizzera. La<br />

sua pena cinque anni e mezzo di reclusione<br />

a fronte delle pesantissime condanne<br />

che le autorità italiane e americane distribuirono<br />

a decine di altri imputati.<br />

A pochi mesi dall’inizio della detenzione,<br />

durante la quale venne più volte richiesta<br />

e mai ottenuta la sua estradizione in<br />

Italia, le autorità elvetiche, il 26 dicembre<br />

del 1986, commisero un errore concedendogli<br />

un permesso premio. Palazzolo non<br />

fece più ritorno in carcere rifugiandosi in<br />

Sudafrica con un passaporto falso intestato<br />

al compagno di cella Domenico Stelio<br />

Frapolli.<br />

“Evaso” dalla Svizzera<br />

Il 31 <strong>gennaio</strong> dell’88 venne nuovamente<br />

arrestato nei pressi di Città del Capo e successivamente<br />

estradato in Svizzera; le autorità<br />

elvetiche lo trovarono in possesso di<br />

un passaporto e di una carta d’identità, rilasciati<br />

dallo stato del Ciskei, intestati a<br />

Robert Von Palace Kolbatschenko. Con<br />

questa nuova identità, nel 1994, con<br />

l’avvento al potere dell’African National<br />

Congress e l’inserimento del Ciskey fra gli<br />

stati membri, ottenne il passaporto ufficiale.<br />

Anche questa volta il carcere è solo una<br />

breve parentesi: 18 mesi di ottimi trattamenti,<br />

nonostante la sua precedente evasione,<br />

e poi la liberazione, presumibilmente<br />

per buona condotta, e il rientro definitivo<br />

in Sudafrica.<br />

Dallo Stato africano riuscì a evitare la<br />

prima richiesta di estradizione, emessa il<br />

24 dicembre del 1991, nascondendosi sotto<br />

le ali dell’allora dittatore militare del<br />

Ciskei Oupa Gqozo.<br />

Negli anni a seguire la Dia mise sotto<br />

controllo le utenze telefoniche intestate al<br />

Palazzolo scoprendo, tra l’altro, che questi<br />

era in costante contatto con la sorella Sara.<br />

In particolare emerse che quest’ultima<br />

www.isiciliani.it<br />

svolgeva un ruolo di broker nelle attività<br />

commerciali svolte dai fratelli Vito, Roberto<br />

e Pietro Efisio in Sudafrica.<br />

Nel corso di una telefonata intercettata il<br />

22 marzo del 1996, Palazzolo chiese alla<br />

sorella di prendere contatto con tale Abbate,<br />

medico di Cinisi, perché costui avvertisse<br />

Giuseppe Bonomo della necessità di<br />

contattare suo padre Giovanni, latitante,<br />

ospite del Kolbatschenko in Sudafrica. Il<br />

contatto tra i due avvenne quello stesso<br />

giorno.<br />

Due mesi dopo, nell’ambito di un’operazione<br />

di polizia nel territorio di Partinico,<br />

sfuggirono alla cattura due personaggi<br />

strettamente legati al boss Giovanni Brusca.<br />

Uno di questi è proprio Giovanni Bonomo,<br />

l’altro è Giuseppe Gelardi. Entrambi<br />

rifugiati nel paradiso sudafricano del<br />

Palazzolo.<br />

Il 30 maggio, con una ulteriore telefonata,<br />

Giacomo Gelardi comunicava a suo<br />

fratello di “non chiamare più per nessun<br />

motivo, in quanto sono successe male<br />

cose… bruttissime…”. Il riferimento era<br />

non solo all’operazione condotta dal Ros,<br />

ma soprattutto alla conferma che Bonomo<br />

e Gelardi si trovavano in Sudafrica.<br />

Il contatto in Sudafrica<br />

Il 19 febbraio 1997 il giudice per le indagini<br />

preliminari di Palermo emise<br />

un’ulteriore ordinanza di custodia<br />

cautelare nei confronti del boss di Terrasini.<br />

L’accusa, stavolta, è di associazione<br />

mafiosa, ”per avere, in concorso con numerosi<br />

altri associati, tra i quali Riina Salvatore,<br />

Bonomo Giovanni e Gelardi Giuseppe”,<br />

commesso reati “finalizzati al<br />

traffico di sostanze stupefacenti e di<br />

T.L.E., nonché di armi e valuta” e “per<br />

avere inoltre favorito la latitanza, anche in<br />

territorio straniero, di associati mafiosi”.<br />

Le indagini che hanno portato alla richiesta<br />

di arresto, specificavano i giudici,<br />

riguardano fatti commessi successivamente<br />

al 29 marzo 1992 e nascono<br />

nell’ambito di un complesso procedimento<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 79<br />

“Cerniera<br />

fra mondo<br />

imprenditoriale<br />

e associazione<br />

criminale”<br />

riguardante il riciclaggio internazionale di<br />

pietre preziose e l’insediamento in Sudafrica<br />

di soggetti di origine siciliana legati a<br />

Cosa Nostra.<br />

Nel giugno del 1998 arrivò l’ennesima<br />

richiesta di estradizione, ma ancora una<br />

volta venne bocciata. Persino Mandela,<br />

messo sotto pressione da autorità italiane,<br />

americane e stampa si vide costretto ad intervenire<br />

ordinando agli Scorpioni, l’élite<br />

dei corpi speciali del Sudafrica che raggruppa<br />

pubblici ministeri, poliziotti e<br />

agenti segreti, di indagare su Robert Von<br />

Palace Kolbatschenko. Niente da fare: in<br />

tribunale emerse a suo riguardo l'immagine<br />

di un uomo rispettabile come le sue<br />

amicizie.<br />

“Cerca Dell'Utri”<br />

Nel 2003, l'intercettazione di una serie<br />

di telefonate, sempre con la sorella Sara,<br />

avevano rivelato un suo tentativo di “aggiustamento”<br />

del processo in corso contro<br />

di lui, per il quale il boss aveva detto alla<br />

sorella di cercare il senatore Marcello<br />

Dell'Utri, specificando: “Non devi convertirlo,<br />

è già convertito”.<br />

Come lo aveva definito in passato la<br />

Procura di Palermo, Vito Roberto<br />

Palazzolo è sicuramente “una delle più importanti<br />

e oscure figure dell'associazione<br />

Cosa Nostra”, inserito “da oltre vent'anni<br />

nelle dinamiche associative mafiose, con<br />

funzioni rilevanti di cerniera tra il mondo<br />

imprenditoriale internazionale e l'associazione<br />

criminale, con lo scopo precipuo di<br />

consentire a Cosa Nostra la gestione e il<br />

reimpiego dei capitali assunti illecitamente”.<br />

Un profilo che risalta ancora di più<br />

l'importanza dell'arresto.<br />

In manette grazie a Facebook<br />

L'operazione che nello scorso marzo ha<br />

portato al fermo del boss finanziere<br />

all'aeroporto di Bangkok, è avvenuta in<br />

maniera fulminea per violazione delle leggi<br />

thailandesi sull'immigrazione.


“Questo non è<br />

un pentimento.<br />

E' un accordo<br />

alla luce<br />

del sole”<br />

La Procura di Palermo e l’Interpol erano<br />

sulle sue tracce ormai da due mesi, quando<br />

lo avevano individuato ad Hong Kong,<br />

prima che si spostasse improvvisamente in<br />

Thailandia. Per arrivare a lui avevano eseguito<br />

una serie di attività investigative,<br />

coordinate dalla locale Dda e sviluppatesi<br />

attraverso intercettazioni telematiche e acquisizione<br />

di notizie da fonti confidenziali.<br />

In particolare il Nucleo Investigativo, in<br />

collaborazione con il Ros, aveva seguito i<br />

profili Facebook e di altri social network<br />

riferibili al latitante e al nucleo familiare.<br />

Da Hong Kong alla Thailandia<br />

Ed ora gli sforzi compiuti potrebbero<br />

davvero essere ripagati con la notizia<br />

dell'estradizione. A risultare decisivo sarebbe<br />

stato il ruolo della Farnesina che, in<br />

collaborazione con l'Ambasciata, è riuscita<br />

a far pesare il mandato di cattura internazionale<br />

emesso dall'autorità giudiziaria italiana<br />

ai sensi dell'articolo 416-bis del Codice<br />

penale (associazione a delinquere di<br />

stampo mafioso). Infatti lo scorso 20 aprile<br />

le autorità thailandesi hanno disposto<br />

l'arresto a fini di estradizione di Palazzolo,<br />

accogliendo la richiesta italiana e il 9 luglio<br />

si è svolta a Bangkok la prima udienza<br />

del processo di estradizione.<br />

In quella data l'Ambasciata italiana ha<br />

trasmesso alle autorità thailandesi la richiesta<br />

di rogatoria della Procura della Repubblica<br />

di Palermo, volta ad ottenere<br />

l'interrogatorio a Bangkok di Palazzolo da<br />

parte dei pm Ingroia e Paci. Un'istanza accolta<br />

lo scorso 10 ottobre da parte del ministero<br />

thailandese.<br />

Un verbale di Brusca<br />

Adesso, dopo anni di richieste andate a<br />

vuoto, potremmo essere davvero ad una<br />

svolta anche perché il fascicolo su Palazzolo,<br />

nel frattempo, si era arricchito di<br />

nuovi elementi. Tra le carte presentate<br />

dall'ex procuratore aggiunto di Palermo,<br />

Antonio Ingroia, e dal sostituto, Gaetano<br />

www.isiciliani.it<br />

Paci, alle autorità di Bangkok, vi era anche<br />

un verbale del pentito Giovanni Brusca,<br />

reso nel 2010, che chiama in causa<br />

Palazzolo come il fornitore di droga e<br />

dell’esplosivo di tipo Semptex (provenienti<br />

entrambi proprio dalla Thailandia).<br />

Il Semptex della strage<br />

“Quest’ultimo è lo stesso utilizzato -sostiene<br />

il gip di Napoli Alessandro Modestino<br />

nell’ordinanza di custodia sui mandanti<br />

e gli esecutori della strage del rapido<br />

904 del 23 dicembre 1984- anche per la<br />

strage di via D’Amelio”. Questo verbale è<br />

stato acquisito anche dalla Procura di Caltanissetta,<br />

che indaga sulle stragi di Capaci<br />

e via D’Amelio.<br />

“Nel 1986 -racconta Brusca durante una<br />

delle udienze del maxi-processo- io ero libero,<br />

Pippo Calò e Antonino Rotolo, che<br />

invece erano detenuti, mi chiesero di far<br />

sparire del materiale esplosivo che faceva<br />

parte di un arsenale che avevamo occultato<br />

a San Giuseppe Jato, e che aveva la medesima<br />

provenienza del materiale e della<br />

droga che erano stati rinvenuti nel casale<br />

vicino Roma, ove, nel 1985, era stato scoperto,<br />

dietro una parete , quell'esplosivo<br />

che era nella disponibilità del Calò e che<br />

venne poi ricollegato alla strage del Rapido<br />

904”.<br />

Prosegue il pentito: “Tale materiale -e<br />

anche la droga- proveniva tutto dalla Thailandia,<br />

tramite il medesimo canale, ovvero<br />

Vito Roberto Palazzolo, attualmente latitante<br />

forse in Sudafrica”.<br />

Ma il nome di Palazzolo emerge anche<br />

tra i partecipanti a una riunione con una<br />

delegazione italiana in Angola e compare<br />

nell’inchiesta sugli affari di Finmeccanica<br />

e Agusta condotta dalla Procura di Napoli.<br />

Le accuse sono sempre state smentite<br />

dal prestanome dei boss. In un'intervista<br />

del 2010, rilasciata al quotidiano La Stampa,<br />

Palazzolo aveva dichiarato di essere un<br />

perseguitato, negando di conoscere i capimafia<br />

Riina e Provenzano. Tuttavia non<br />

negava di aver conosciuto i latitanti Gio-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 80<br />

vanni Bonomo e Giuseppe Gelardi e, rispondendo<br />

alle domande, interveniva anche<br />

sul tema delle stragi.<br />

“È impossibile che i mafiosi abbiano<br />

fatto tutto da soli - sosteneva - Come potevano<br />

sapere gli spostamenti di un magistrato<br />

che viaggiava con voli privati di<br />

Stato? E poi che interesse avevano a colpire<br />

Falcone, quando ormai si era trasferito a<br />

Roma?”. Sull'ipotesi di una trattativa tra<br />

Stato e mafia aggiunse: “solo i capi del<br />

Ros lo sanno”: rivelazioni che il boss potrebbe<br />

tornare a fare di fronte ai pm.<br />

“Solo i capi del Ros lo sanno”<br />

Lo scorso giugno il suo legale, Baldassare<br />

Lauria, si era detto disposto a non opporsi<br />

all'estradizione “a condizione che<br />

venga celebrato un nuovo processo. Palazzolo<br />

è stato condannato in contumacia, nel<br />

2007, a 9 anni di reclusione per mafia, in<br />

violazione dei diritti della difesa”. Ma aveva<br />

aggiunto: “Vito Roberto Palazzolo potrebbe<br />

chiarire molti irrisolti misteri italiani”.<br />

E a quanto pare con l'estradizione sarebbero<br />

state portate avanti le premesse<br />

per una possibile collaborazione con la<br />

giustizia. Raggiunto da alcuni quotidiani,<br />

il legale di Palazzolo avrebbe infatti confermato:<br />

“Questo non è un pentimento ma<br />

un accordo alla luce del sole”.<br />

“Per potermi difendere dall’accusa di<br />

essere un mafioso devo raccontare chi<br />

sono e cosa ho fatto nella mia vita di finanziere”,<br />

avrebbe detto il finanziere ai<br />

pm che l'hanno raggiunto in Thailandia nei<br />

mesi scorsi. Entro venti giorni è previsto<br />

l’arrivo in Italia, con destinazione top secret<br />

così come segreti restano i nomi che<br />

Palazzolo avrebbe citato nel corso dei suoi<br />

colloqui con i magistrati.<br />

Quel che è certo è che la sua collaborazione<br />

potrebbe aprire scenari inediti e di<br />

grande rilevanza investigativa, in particolare<br />

sui metodi del riciclaggio internazionale.<br />

E in tanti, forse, iniziano già ora a tremare.


www.isiciliani.it<br />

Ragusa<br />

Noi l'abbiamo<br />

ricordato così<br />

Un torneo di calcio - il<br />

"Memorial Giuseppe<br />

Fava" - per ricordare<br />

un uomo. E per parlare<br />

fra di come continuare<br />

la sua lotta<br />

di Giulio Pitroso<br />

www.generazionezero.org.<br />

4 <strong>gennaio</strong> 2012. Davanti all’ingresso<br />

del City di Ragusa, ci sono una manciata<br />

di ragazzi, distribuiti qua e là<br />

sull’architettura futuristica del complesso,<br />

a quattro passi dalle porte della<br />

villa Margherita. Aspettano il momento<br />

della premiazione, in una puntualità disarmante,<br />

più o meno alle quattro del<br />

pomeriggio.<br />

Hanno partecipato al torneo Coppa Natale-Memorial<br />

Pippo Fava, che ha coinvolto<br />

12 squadre di calcio a cinque; gli incontri<br />

si sono disputati interamente presso<br />

un complesso sportivo privato durante il<br />

periodo natalizio.<br />

Gli organizzatori intrattengono questi<br />

<strong>giovani</strong>, perlopiù premiati o amici degli<br />

stessi. Ciccio è un anello di un piccolo<br />

cerchio di persone sullo spiazzo; è un ragazzo<br />

trentenne con i capelli un po’ lunghi<br />

e l’aria serena, che tutti conoscono in città<br />

per i tornei calcistici che mette in piedi<br />

con la società sportiva “Golden Boys”. Simone<br />

Lo Presti, Generazione Zero, è più<br />

in là, sulle scale, con un altro gruppetto:<br />

insieme a Ciccio, ha costruito il torneo e<br />

anche scelto alcuni premiati.<br />

Seduto ad uno dei tavoli, c’è Paolo Caligiore,<br />

presidente dell’Associazione Antircacket<br />

di Palazzolo, quella intitolata a<br />

Pippo Fava nella città che gli ha dato i natali;<br />

coordina anche le altre Associazioni<br />

Antiracket della provincia di Siracusa.<br />

Si è prestato gentilmente come relatore,<br />

insieme a Giorgio Abate di Libera. Giorgio<br />

è il referente provinciale dell’organizzazione<br />

a Ragusa e, se si cerca bene, si<br />

può trovare la sua firma in diversi numeri<br />

de Il Clandestino di Modica.<br />

Il City è un locale pubblico realizzato<br />

nell’ambito della riqualificazione<br />

dell’area villa Margherita-via Natanelli<br />

dall’amministrazione Dipasquale e concesso<br />

nel 2008 alla Medisol srl e, nel<br />

2012, per avvenuta scissione parziale,<br />

passata alla Ciana srl. Lo stesso Dipasquale<br />

ha avuto modo di indicarlo come<br />

un luogo di aggregazione <strong>giovani</strong>le. Per<br />

via di questa sua peculiare e doppia natura,<br />

è possibile, in un territorio in cui la<br />

mancanza di spazi sociali è stata più volte<br />

denunciata, che le associazioni possano<br />

usufruire dei locali gratuitamente per attività<br />

non a scopo di lucro.<br />

Il che lascia tutti i margini alla critica:<br />

un luogo pubblico deve essere comunque<br />

un luogo di consumo, dove sia sempre<br />

l’acquisto a farla da padrone o a circondare<br />

gli aspetti della condivisione delle<br />

idee? D’altro canto, questa sua peculiarità<br />

permette al City di contribuire all’animazione<br />

economica della vita cittadina e a<br />

creare un’area di condivisione tra chi intende<br />

aprire spazi di confronto e chi vuole<br />

bere una birra nel mercoledì di coppa.<br />

Giù, nel piano sotterraneo del locale, è<br />

stata allestita la sala, con i trofei in bella<br />

vista. I relatori preferiscono non sedersi<br />

dietro il tavolo preparato per loro e affrontano<br />

in piedi un pubblico di circa venti ragazzi.<br />

Sono liceali, universitari, lavoratori,<br />

nati perlopiù dopo il crollo del muro di<br />

Berlino.<br />

Si discute di mafia e di lavoro<br />

Giorgio interviene per primo. Il problema<br />

mafioso è strettamente connesso al lavoro<br />

e alla sua mancanza e «Il problema è<br />

anche stato nostro, dei nostri genitori, dei<br />

nostri nonni» che non hanno avuto il coraggio<br />

di denunciare. Pippo Fava rappresenta,<br />

dato questo contesto, un esempio di<br />

rara coerenza. Chi avrebbe il coraggio<br />

oggi di fare quello che lui ha fatto?<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 81<br />

«Come popolo Siciliano, siamo abituati<br />

ad essere schiavi» dice Giorgio con tono<br />

pacato. In Libera dei ragazzi si incontrano<br />

per parlare anche e non solo di mafia,<br />

spiega. Non tutti siamo eroi, chiarisce<br />

Giorgio: «Non so se ho il coraggio di mettere<br />

a disposizione la mia vita per questi<br />

ideali» chiarisce - anche se suona più<br />

come una battuta per non spaventare<br />

l’uditorio.<br />

Paolo Caligiore parte da Palazzolo nella<br />

sua esposizione: da piccola isola felice divenne<br />

un luogo dove far pagare il pizzo.<br />

Ne pagò personalmente il prezzo con il<br />

suo supermercato, perché si ribellò. Alla<br />

fine, la scelta della denuncia non è rimasta<br />

isolata. Adesso ci sono dodici associazioni<br />

che fanno antiracket nel siracusano.<br />

Poi i premi e le foto di rito<br />

E c’è un nesso tra l’operato di Paolo e<br />

lo sport: «Legale significa rispettare», anche<br />

nel calcio. Inoltre, il pizzo alza i prezzi<br />

e crea svantaggi a tutta l’economia:«Io<br />

ho due figli in età di lavoro che sono disoccupati».<br />

Del resto, «Non è semplice<br />

stare dalla parte della legalità», ma, quando<br />

paghi il pizzo «Già stai vendendo la<br />

tua anima, la tua dignità».<br />

Anche se un po’ lunghi, i discorsi hanno<br />

creato un certo interesse o almeno così<br />

sembra: aleggia a margine della schiera di<br />

sedie e sui visi di tutti una pacata soddisfazione.<br />

Ma bisogna pur arrivare al dunque: Ciccio<br />

passa alla consegna dei premi e alle<br />

foto di rito. Prima classificata è la Nigga<br />

Team, seconda Aston Vigna, terza Savini,<br />

quarta Golden Boys. Premi individuali:<br />

Miglior Giocatore Marco Mandarà (Nigga<br />

Team), Miglior Difensore Angelo Cavalieri<br />

(Aston Vigna), Miglior Portiere Nicola<br />

Lupu (Savini), Capocannoniere Giovanni<br />

Bellio (Golden Boys). Applausi e<br />

generale allegria, flash e sorrisi.


Società civile<br />

La primavera<br />

di Messina<br />

Abbandonato in vista<br />

della speculazione: il<br />

destino, da anni, del<br />

Teatro Fiera. Finché un<br />

bel giorno una folla di<br />

ragazzi l'ha occupato, e<br />

ne ha fatto il nuovo<br />

cuore della città<br />

di Irene Romeo<br />

A fine novembre apprendemmo che<br />

Forza Nuova intendeva sfilare per le<br />

strade di Messina. Si decise di indire un<br />

corteo antifascista, consapevoli del rischio<br />

che comportava. Ma decidemmo<br />

di farlo comunque. Perchè il fascismo<br />

non è solo un fatto storico ma un rischio<br />

permanente in cui qualunque<br />

paese può incorrere, maggiormente in<br />

periodi di crisi come quello che stiamo<br />

attraversando.<br />

Così il 15 dicembre 2012 ci siamo ripresi<br />

le strade. Decidemmo di dare un segnale<br />

forte: contro l'ignoranza fascista, riprendiamoci<br />

la cultura. Attivisti,<br />

lavoratori precari e intermittenti, artisti e<br />

studenti, donne e uomini che sceglievano<br />

di non subordinarsi al sistema dei più forti<br />

contro i più deboli, tutti insieme decidemmo<br />

di restituire alla città uno spazio da<br />

tempo sequestrato dall'incompetenza e<br />

dall'incuria delle istituzioni.<br />

www.isiciliani.it<br />

Il Teatro in Fiera, da quel giorno,<br />

rappresenta il luogo in cui è possibile<br />

abitare questa crisi (non solo economica<br />

e finanziaria ma di vita individuale<br />

e collettiva) provando a tenersi,<br />

a stare insieme, a riscoprire un<br />

“senso” mentre tutti intorno sembrano<br />

averlo smarrito.<br />

Il “senso” per noi è risieduto, dal 15 dicembre<br />

in poi, nella gratuità del dono, nel<br />

recupero del patrimonio culturale e artistico<br />

della nostra città. Risiede nella forza<br />

che ci ha permesso di non terrorizzarci<br />

quando, appena saliti sul palco, il nostro<br />

sguardo si è affacciato sulle macerie della<br />

platea: un cratere senza fondo nel quale<br />

non abbiamo voluto sprofondare ma che<br />

abbiamo deciso di esporre agli avventori<br />

di questo luogo.<br />

Abbiamo provato ad aprire una “finestra<br />

sulla realtà”. E da quel momento le<br />

nostre ragioni acquisivano autoevidenza,<br />

splendevano sullo sfondo di una catastrofe.<br />

"L'arte rinata", dice l'istallazione che a<br />

lettere cubitali separa oggi il palco dalla<br />

realtà.<br />

Non più spettatori ma attori<br />

Visto che la platea era inagibile abbiamo<br />

deciso di prenderci il palco. Non più<br />

spettatori delle nostre vite ma tutti attori<br />

protagonisti.<br />

Dal 15 dicembre, a Messina, sembra<br />

iniziata una fase nuova. Si sono intrecciate<br />

esperienze, storie, vite personali.<br />

Da quel giorno s'è capito che la strada<br />

da percorrere era quella rivitalizzare la<br />

cultura, decretandola come non-neutrale,<br />

motore di trasformazione della storia mediante<br />

le lotte. Una cultura che scende sul<br />

terreno di battaglia, che comprende che<br />

non c'è liberazione individuale ma solo<br />

collettiva; che esonda dalle mura accademiche<br />

e si fa della società, del cambiamento.<br />

Il Teatro in Fiera, ribattezzato<br />

“Pinelli”da noi occupanti, era stato costruito<br />

nel cuore di una città sventrata da<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 82<br />

anni e anni di politiche privatistiche. Noi<br />

abbiamo scelto di riportare alla luce<br />

quelle esperienze che rappresentano un<br />

baluardo di resistenza: ci siamo connessi<br />

con le vertenze dei lavoratori in<br />

lotta,cercando di affiancare alla<br />

ricostruzione fisica di un teatro la<br />

ricostruzione di una trama di brandelli di<br />

società; elaborando di politiche dal basso,<br />

riprendendoci e gestendo insieme spazi<br />

fin qui negati.<br />

Debbono diventare beni comuni<br />

Questi spazi debbono diventare beni comuni,<br />

luoghi attraversabili da tutte e tutti,<br />

luoghi aperti al confronto; non solo il teatro<br />

ma l'intera cittadella fieristica non possono<br />

più essere concepiti come oggetto di<br />

meccanismi speculativi nell'interesse di<br />

pochi privati.<br />

E' una battaglia aperta, che da qualche<br />

giorno vede l'ex Irrera a mare – un altro<br />

spazio ri-aperto e restituito – minacciato<br />

di sgombero. Il volto ambiguo che le autorità<br />

avevano assunto in questo mese<br />

riacquista la sua più propria attitudine repressiva.<br />

Ma questo non ci spaventa.<br />

Sentiamo che s'è iniziato a costruire un<br />

percorso comune, che nasce da un territorio<br />

preciso ma tiene uno sguardo cosmopolita<br />

sul mondo. Sento già forte – e lo<br />

leggo anche nei volti delle mie compagne<br />

e dei miei compagni – il senso di appartenenza<br />

ad una comunità larga, che vuole la<br />

liberazione degli spazi ma che non dipende<br />

da essa, che ha deciso di tenersi e di<br />

lottare insieme.<br />

"Possono tentare di recidere tutti i fiori -<br />

direbbe Brecht - ma non possono fermare<br />

la primavera".


www.isiciliani.it<br />

Memoria<br />

Belice 45 anni dopo<br />

Quasi mezzo secolo è<br />

passato. Che ne oggi è<br />

di quei paesi, sconosciuti<br />

all’alba del rivoluzionario<br />

’68, che vennero<br />

rasi al suolo?<br />

di Francesco Appari<br />

e Giacomo Di Girolamo<br />

www.marsala.it<br />

Un minuto interminabile, nella notte<br />

tra il 14 e il 15 <strong>gennaio</strong> 1968, per cancellare<br />

dalle cartine geografiche piccoli<br />

centri come Vita, Santa Ninfa, Poggioreale,<br />

Salaparuta, Calatafimi. Gibellina<br />

e Salemi. Montevago e Santa Margherita.<br />

370 vittime fece quel sisma, 1000 feriti,<br />

90.000 sfollati. E cosa ne è della ricostruzione<br />

del Belìce?<br />

Paesi poveri in cui vigeva ancora quel<br />

sistema primitivo fatto di feudi, casupole e<br />

coppole. Gente semplice, umile, che vedeva<br />

per la prima volta le telecamere. I giornalisti<br />

arrivavano in questo pezzetto di Sicilia<br />

occidentale, e storpiavano il nome al<br />

microfono: “Bèlice”. Raccoglievano le testimonianze<br />

di chi aveva perso tutto, pur<br />

non avendo niente. I salemitani, ad esempio,<br />

raccontano con amarezza quel lunedì<br />

di 45 anni fa. Il giorno prima, la domenica,<br />

le famiglie religiosamente a tavola, che<br />

vedono oscillare i lumicini appesi al soffitto.<br />

E le prime scosse di assestamento sottovalutate.<br />

Poi il boato, nella notte.<br />

E ancora più amare furono le domeniche<br />

degli anni seguenti. Prima la tendopoli, in<br />

una piana fuori città. Poi le baraccopoli.<br />

Anni e anni, nelle baracche, aspettando i<br />

soldi per la ricostruzione delle case andate<br />

distrutte. I primi soldi erano per le opere<br />

pubbliche. Arrivarono subito, ma non tutti.<br />

E quando si aprirono i rubinetti per la ricostruzione<br />

delle case private, la speculazione<br />

di palazzinari improvvisati fu incredibile.<br />

Con centinaia di famiglie truffate.<br />

Paesi distrutti, dicevamo. In tutti i sensi.<br />

Prendiamo Gibellina ad esempio. Rasa al<br />

suolo. È stata ricostruita da un’altra parte.<br />

Doveva essere un museo a cielo aperto,<br />

fatta dall’ingegno dei migliori artisti mondiali<br />

del tempo. Poi è stata praticamente<br />

abbandonata. Oggi la nuova Gibellina è<br />

deserta, la gente non ha fiducia. Ci ha fatto<br />

il callo. Passando per la piazza di Vita, o<br />

Salemi, la stessa Gibellina, non incontri un<br />

ventenne nemmeno a pagarlo. Il prima<br />

possibile i <strong>giovani</strong> scappano. A Salemi, la<br />

città dei cugini Salvo, gli esattori della<br />

mafia, la città di Vittorio Sgarbi, quello<br />

che urlava che la mafia non c’era a Salemi<br />

mentre il comune veniva sciolto per inquinamento<br />

mafioso.<br />

Irpinia, Umbria, Marche, Abruzzo...<br />

Qui, il più grande centro del Belice colpito<br />

dal terremoto, sono ancora presenti i<br />

segni del sisma. Case crollate e abbandonate.<br />

Peggio ancora a Poggioreale, dove<br />

sono emblematiche le parti del paese fantasma.<br />

Eppure, a 45 anni dal sisma, si parla<br />

ancora di ricostruzione. Una ricostruzione<br />

infinita. Perché sono state tante le promesse<br />

fatte e non mantenute in questi<br />

anni. “La burocrazia uccide più del terremoto”,<br />

scrisse Danilo Dolci che aveva anche<br />

messo su la prima radio libera italiana<br />

nelle ore successive al sisma. Gliela fecero<br />

chiudere dopo un giorno.<br />

Tantissimi gli sprechi. Le ruberie e le<br />

magagne durante il post terremoto del Belice,<br />

se vogliamo, sono state da antipasto a<br />

quelle delle altre calamità naturali avvenute<br />

negli anni successivi: Irpinia, Umbria e<br />

Marche, Abruzzo...<br />

Servono ancora 390 milioni di euro per<br />

la ricostruzione del Belice. 390 milioni.<br />

Eppure poco prima di Natale sono stati<br />

stanziati altri soldi, ancora, per la ricostruzione<br />

all’interno della legge di stabilità: 45<br />

milioni di euro. Si aspetta il decreto del<br />

Ministero delle Infrastrutture che stabilisca<br />

la ripartizione tra i 14 paesi della valle.<br />

Per trovare questi soldi è stato necessario<br />

tagliare il Fondo per lo Sviluppo e la Coesione.<br />

Per non parlare dell’accisa di 10 lire<br />

sul prezzo della benzina, ancora in vigore,<br />

applicata per reperire fondi nell’immediatezza<br />

della tragedia.<br />

Ma quanto è costata l’eterna ricostruzione<br />

nella valle del Belice? I conti, dal 1968,<br />

si fermano al 1995. E fanno accapponare<br />

la pelle. Lo stato ha stanziato infatti 2.272<br />

miliardi di vecchie lire. Ma la spesa autorizzata<br />

era ancora più alta. 3.100 miliardi<br />

di lire. La differenza, appunto, porta a quei<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. XX<br />

390 milioni di euro che adesso i sindaci<br />

della Valle del Belice chiedono.<br />

È un’eterna ricostruzione, ma 45 anni<br />

dopo di sviluppo nemmeno l’ombra. Eppure<br />

questa valle, che incantevole e violenta<br />

fu via preferenziale degli antichi greci,<br />

oggi è minacciata dalle trivelle. La società<br />

Enel Longanesi Developments srl,<br />

costola del gruppo Enel Trade spa, da tempo<br />

ha messo gli occhi sul Belice, presentando<br />

alla Regione Siciliana un permesso<br />

di ricerca di idrocarburi, petrolio e gas naturale.<br />

Il 10 ottobre scorso, l’Ufficio regionale<br />

per gli idrocarburi e la geotermia (secondo<br />

quanto reso pubblico dall’associazione<br />

L’Altra Sciacca, organica al comitato<br />

No trivelle nella Valle del Belice) avrebbe<br />

dato il primo via libera alla ricerca.<br />

Si aspetta ancora la ricostruzione<br />

Il permesso, inquadrato sotto il nome di<br />

“Masseria Frisella”, consentirebbe alla<br />

Enel Longanesi di perforare in un’area notoriamente<br />

ad alto rischio sismico di ben<br />

680 chilometri quadrati, che comprende<br />

parchi, bacini idrici, strutture zootecniche<br />

e zone strategicamente importanti dal punto<br />

di vista paesaggistico e culturale. La richiesta<br />

di perforazione prevede la realizzazione<br />

di un pozzo esplorativo profondo dai<br />

2.000 ai 3.500 metri entro 42 mesi dalla<br />

concessione del permesso.<br />

Niente trivelle. Allora è meglio l’energia<br />

pulita nel Belìce. Non proprio, perché negli<br />

anni le colline che circondano la valle<br />

sono state violentate da parchi eolici costruiti<br />

da imprese e soggetti a braccetto<br />

con la criminalità organizzata. Ancora una<br />

volta razziando il denaro pubblico: quello<br />

dell’Unione europea per l’esattezza. Tutte<br />

ferme le pale, nessuna in funzione. Non<br />

producono un Watt di energia. Non producono<br />

sviluppo. Mentre si aspetta ancora la<br />

ricostruzione.


I <strong>Siciliani</strong>gio an <strong>giovani</strong> an – pag. a . 84<br />

www.isiciliani.it<br />

IL FOGLIO DEI SICILIANI GIOVANI è già in distribuzione a Palermo, Catania,<br />

Roma,Napoli, Bologna e Milano. LA RIVISTA lo sarà (se tutto va bene, e<br />

cioè se i soldi raccolti basteranno...) da febbraio. Sostenete i <strong>Siciliani</strong>!<br />

“A che serve essere vivi,<br />

se non c’è<br />

il coraggio di lottare?”<br />

Giuseppe Fava<br />

1 euro<br />

ncora questo non è<br />

i <strong>Siciliani</strong>, ma<br />

solo un foglio<br />

in cui si parla<br />

di loro. I<br />

<strong>Siciliani</strong><br />

<strong>giovani</strong><br />

è in rete da<br />

un anno, è<br />

presente in una decina di<br />

città con una rete di <strong>giovani</strong><br />

giornalisti che ha pochi eguali<br />

in Italia.<br />

E allora, come mai non siamo<br />

ancora in edicola? Semplice: i<br />

soldi. La sottoscrizione è<br />

riuscita bene fra i lettori<br />

poveri, ma non fra gli amici<br />

più titolati: la maggior parte<br />

dei quali ci colma generosa-<br />

mente di auguri e lodi, che<br />

però tipografi e cartiere<br />

tendono a non accettare.<br />

* * *<br />

Dopo un anno di buon<br />

lavoro, sul livello professio-<br />

nale dei <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> c’è<br />

poco - crediamo - da eccepire.<br />

In Lombardia come in Sicilia i<br />

nostri redattori fanno il loro<br />

dovere, scrivono, fanno<br />

inchieste, subiscono avvertimenti<br />

e querele. Vecchi<br />

colleghi e giornalisti nuovi<br />

lavorano tranquillamente a<br />

questo prodotto collettivo, che<br />

ha il suo baricentro (<strong>2013</strong>!)<br />

nella rete ma che ha bisogno<br />

anche dell’edicola come fatto<br />

simbolico e di “ritorno in<br />

campo” pieno e totale.<br />

Perciò abbiamo poco da<br />

aggiungere. Sostenete i<br />

<strong>Siciliani</strong>, in quest’ennesima<br />

incarnazione della sua lunga<br />

storia. E’ un giornale di<br />

<strong>giovani</strong>, è un giornale di<br />

profondissime radici. Ne ha<br />

bisogno la Sicilia, ne ha bisogno<br />

il Paese. Non tradite con<br />

la vostra indifferenza coloro<br />

che stanno<br />

lottando<br />

anche per<br />

voi.<br />

Facciamocil’Europa<br />

L’Italia ormai è<br />

troppo piccola per<br />

risolvere da sola i suoi<br />

problemi: Cina, India,<br />

Giappone, Russia, l’America<br />

che raddoppia...<br />

Va bene, ma non abbiamo<br />

l’Europa per questo?<br />

Eh no che non ce l’abbiamo.<br />

L’Europa, fatta così, non ci<br />

appartiene: al massimo siamo<br />

utenti, non cittadini.<br />

Ma se provassimo a rifarla in un<br />

altro modo? Con più, come dicono<br />

i greci, più “dimokratìa”? E quindi<br />

con meno banchieri, per logica<br />

conseguenza.<br />

L’occasione ci sarebbe:<br />

nel <strong>2013</strong> in tre dei<br />

principali paesi europei<br />

(Francia, Germania, e<br />

noi) avremo con ogni<br />

probabilità tre governi<br />

di centrosinistra.<br />

Saranno tre altri governi delle banche? O possiamo provare<br />

a chiedergli qualcosa di meglio, a gran voce e tutti insieme?<br />

(1914-2014: fra poco è un secolo che l’Europa non c’è più)<br />

Muro<br />

di gomma<br />

“La mafia? A Catania non esiste”. “La mafia? Non c’è mafia a Roma”. “La ‘ndrangheta? Qualche caso<br />

isolato, qui a Milano”. Quante volte s’è sentito questo discorso,<br />

borbottato da un politico o elaborato con molti particolari<br />

mediatici da un giornale. Eppure la mafia c’era, fin dal primo<br />

momento. Pochi magistrati a combatterla, e fra noi giornalisti<br />

qualche collega eccentrico e qualche ragazzo. Così siamo<br />

arrivati fin qui. Ed ecco cosa c’era dietro il loro muro di gomma.<br />

Adesso, tutti i problemi sono esplosi - ma la mafia per prima,<br />

perché è la cultura mafiosa, l’economia mafiosa, il potere<br />

mafioso a far da modello per tutto il resto. La mafia, e tutti i<br />

suoi inconsapevoli allievi a ogni livello.<br />

Forse non è ancora troppo tardi, a condizione di muoversi<br />

subito e con durezza. A monte, una scelta precisa: non ci<br />

fidiamo più della loro informazione. Perciò ce la facciamo da noi. Facciamola tutti insieme (noi<br />

diciamo “in rete”, in più sensi), e oggi tecnicamente si può. Ma senza vip e senza guru. Da noi, al<br />

centro della nostra moderna e sofisticata rete c’è in fondo un modesto doposcuola di quartiere.<br />

Maa<br />

<strong>gennaio</strong> <strong>2013</strong><br />

Il foglio de<br />

E’ il principale problema<br />

d’Italia, quello che ci<br />

impoverisce di più. Non è<br />

una patologia criminale ma<br />

il principale potere economico del paese, che ormai fa da<br />

modello anche a molta economia legale. “Tratta” con tutti, e<br />

sempre ottiene qualcosa. Ma ha un punto debole: è molto<br />

vulnerabile alla mobilitazione popolare. Negli anni Novanta è<br />

andata molto vicina ad essere sconfitta, e s’è salvata solo<br />

grazie alla “timidezza” dello Stato. Adesso bisogna:<br />

- Confiscare TUTTI i beni mafiosi o frutto di malversazione, di<br />

corruzione o di grande evasione fiscale;<br />

- Assegnarli alle cooperative di <strong>giovani</strong> lavoratori, e sostenerle<br />

adeguatamente; anagrafe dei beni confiscati; sgravi fiscali ai<br />

commercianti che se ne fanno clienti;<br />

- Vigilare (comuni, regioni, assemblee cittadine) sull’applicazione,<br />

cacciando i funzionari incapaci;<br />

- Punire seriamente gli scambi<br />

politico-mafiosi (riforma 416ter).<br />

ma io<br />

non sono Stato<br />

La mafia, se ci decidiamo davvero, può essere non solo sconfitta,<br />

ma eliminata del tutto. A condizione di cominciare dai sedicenti<br />

“non-mafiosi” (nelle imprese, nella politica, nello Stato) senza il cui<br />

aiuto e complicità non potrebbe sopravvivere un solo giorno.<br />

DA’ UNA MANO<br />

A RIPORTARE IN EDICOLA I SICILIANI:<br />

IBAN Banca Etica<br />

IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />

(“Associazione Culturale I <strong>Siciliani</strong> Giovani")<br />

oppure C/C 001008725614<br />

(Conto corrente postale “Assoc.Culturale<br />

I <strong>Siciliani</strong> Giovani, via Cordai 47, Catania”)<br />

www.<br />

ISICILIANI.IT<br />

TRATTATIVE<br />

L’anello<br />

mancante<br />

MILANO<br />

“Expo fugit”,<br />

sospirò<br />

il poeta...<br />

CATANIA<br />

Operai<br />

“Ragazzo,<br />

niente sport:<br />

sei di Librino”<br />

CULTURA<br />

Tutto il cinema<br />

di Giuseppe<br />

Fava<br />

Era una parola nobile,<br />

adesso è schiavitù. La<br />

crisi economica non<br />

pesa perché gli operai<br />

“pretendono”, ma perché troppi imprenditori non<br />

sanno fare il loro mestiere (vedi Fiat) o portano<br />

tutto all’estero, alla faccia della (nostra) economia. Bisogna:<br />

- Applicare l’art.41 della Costituzione (”programmi e controlli<br />

opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa<br />

essere indirizzata e coordinata a fini sociali”);<br />

- Applicare l’art.42 della Costituzione (”esproprio per motivi di<br />

interesse generale”) per sanzionare le delocalizzazioni, l’abuso<br />

di precariato e il mancato rispetto degli accordi di lavoro;<br />

- Separazione fra capitale finanziario e industriale; tetto alle<br />

partecipazioni finanziarie nell’editoria; Tobin tax;<br />

- Regolarizzare i rapporti di lavoro precari o di fatto;<br />

- Gestione pubblica dei servizi pubblici essenziali (scuola,<br />

università, difesa, acqua, energia, infrastrutture tecnologiche,<br />

credito internazionale); ristrutturazione della Rai su base<br />

pubblica; limite regionale per l’emittenza privata;<br />

- Progetto nazionale di messa in sicurezza del territorio, sul<br />

modello TVA, come volano economico soprattutto al Sud; divieto<br />

di ulteriori cementificazioni;<br />

- Responsabilità degli<br />

amministratori per il<br />

mancato uso di fondi;<br />

- Controllo del territorio<br />

nelle province ad alta<br />

intensità mafiosa.<br />

e Sud


MILANO<br />

Alla faccia dei Maya<br />

(e della ‘ndrangheta)<br />

Non è finito il mondo, creduloni che non siete altro. Niente<br />

asteroidi infuocati nè pestilenze. Almanacco gregoriano batte<br />

calendario Maya, un sospiro di sollievo per le agende <strong>2013</strong> di<br />

politici, tecnici e magistrati in coda alle urne dorate: son colme di<br />

appuntamenti, peccato dar<br />

buca a qualche coalizione.<br />

Siamo salvi, per Giunone! Ci si<br />

era allarmati tutti, qualcuno è<br />

fuggito sui monti, altri han fatto<br />

scorta di farina. Una pendolare<br />

su un treno lombardo, più carro<br />

merci che passeggieri: "Io non<br />

voglio morire al lavoro, domani<br />

non vado in ufficio!".<br />

Signori miei, non bisogna<br />

campar cent'anni per profetizzare<br />

che questo mondo finirà solo<br />

quando finiremo noi di farci<br />

solleticare le orecchie coi talk<br />

show di prima e seconda serata.<br />

Fuori dalla scatola parlante del<br />

salotto, oltre gli angoli del maxi<br />

schermo full hd, sono accaduti<br />

fatti incredibili: operai di destra e<br />

sinistra sono scesi insieme nelle<br />

piazze d'Italia e hann occupato le<br />

fabbriche. Giovani studenti<br />

milanesi hanno sostenuto con<br />

presidi e manifestazioni le<br />

vittime del potere mafioso: come<br />

la piccola Denise Cosco, loro<br />

coetanea, o Loreno Tetti,<br />

paninaro strozzato dagli usurai.<br />

E mentre addobbavamo<br />

l'alberello mettendo al fresco lo<br />

champagne, il direttore di<br />

Altomilanese, settimanale<br />

d'inchiesta di Magenta, riceveva<br />

un proiettile in busta chiusa con<br />

GIORNALI<br />

GENERAZIONI<br />

tanto di auguri per un felice anno<br />

nuovo e la sua foto.<br />

Quasi in contemporanea, la casa<br />

editrice Blu Edizioni decide<br />

irrevocabilmente di chiudere i<br />

battenti con la testata, condannando<br />

l'intera redazione a morire<br />

senza uscire nelle edicole.<br />

A meno che qualcuno,<br />

riconoscente di essere sopravvissuto<br />

ai Maya, dia il suo sostegno<br />

evitando l'estinzione di questi<br />

CON I SICILIANI<br />

Non illusi,<br />

non rassegnati<br />

Tanti giornali <strong>giovani</strong><br />

In rete e per le strade<br />

L’idea dei <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> è nata (in quest’ultima versione) in una<br />

riunione a casa di Giambattista Scidà nell’estate del 2011: fare una rete<br />

di testate <strong>giovani</strong> di base, sia su carta che su web, sviluppare insieme<br />

un sito, una rivista pdf e una serie di ebook e, prima o poi, riportare in<br />

edicola un giornale ispirato ai <strong>Siciliani</strong> di Giuseppe Fava.<br />

Le testate che hanno aderito<br />

finora sono I Cordai, La<br />

Periferica e Ucuntu (Catania), Il<br />

Clandestino (Modica), Telejato<br />

(Partinico), Stampo Antimafioso<br />

(Milano), Diecieventicinque<br />

(Bologna), CtZen (Catania), La<br />

Domenica Settimanale (Napoli),<br />

Generazione Zero (Ragusa),<br />

Il disastro nascosto<br />

e il tempo di ricostruire<br />

Sono stati pochi, nel giornalismo italiano, i giornali<br />

come i <strong>Siciliani</strong> di Giuseppe Fava, completamente<br />

liberi e senza - neanche indiretto - alcun padrone.<br />

Se tutti fossero stati così. Se tutti avessero potuto<br />

scrivere solo e semplicemente la verità. Se avessero<br />

avvertito in tempo chi si fidava di loro di ciò che<br />

l’Italia stava diventando.<br />

La mafia, non denunciata in tempo, è molto più<br />

potente di prima. Speculatori e corrotti, trattati<br />

come grandi industriali, hanno portato avanti la<br />

crisi. La politica stessa, fra adulazioni e carriere,<br />

s’è trasformata in un’altra cosa. Adesso, toccato il<br />

fondo, molti sentono che è tempo di risalire.<br />

E’ possibile ricominciare la lotta, una generazione dopo,<br />

di un giornale come I <strong>Siciliani</strong>? Noi siamo<br />

sicuri di sì, perché noi questo filo non<br />

l’abbiamo interrotto mai. Molti dei<br />

nostri redattori non erano nati, al<br />

tempo dei primi <strong>Siciliani</strong>. Ma<br />

adesso, i <strong>Siciliani</strong> sono loro.<br />

cronisti di provincia che<br />

tenacemente rompono le scatole<br />

a 'ndrangheta e malapolitica. Per<br />

un <strong>2013</strong> libero nel diritto al<br />

lavoro, libero nella pura bellezza<br />

della lotta antimafia.<br />

Ester Castano<br />

Radio Marsala.it (Marsala),<br />

DaSud (Calabria), Mamma!<br />

(Bologna), Antimafia Duemila,<br />

Liberainformazione, Agoravox.<br />

Il giornale è fatto da Gian Carlo<br />

Caselli, Nando dalla Chiesa,<br />

Giovanni Caruso, Giovanni<br />

Abbagnato, Francesco Appari,<br />

Lorenzo Baldo, Valerio Berra,<br />

Nando Benigno, Mauro Biani,<br />

Lello Bonaccorso, Paolo Brogi,<br />

Luciano Bruno, Anna Bucca,<br />

Elio Camilleri, Giulio Cavalli,<br />

Arnaldo Capezzuto, Ester<br />

Castano, Salvo Catalano,<br />

www.isiciliani.it<br />

NAPOLI<br />

La nave per Catania,<br />

i carbonari, la Marsigliese<br />

Inutile girarci intorno: Napoli non è una città normale. Il giornalista<br />

deve fare il giornalista: documentare, indagare e fare domande e se non<br />

ti rispondono fare di nuovo domande. Almeno io cosi intendo la<br />

professione di cronista. L'esperienza più bella di quest'anno passa per<br />

l'imbarco sulla nave Napoli-<br />

Catania. Il tempo dell'ormeggio e<br />

già ero a gustarmi un cannolo<br />

alla crema. Arriva la vecchia 500<br />

di un volontario ed eccomi al<br />

Gapa nel cuore di San Cristoforo<br />

- zona della famiglia mafiosa dei<br />

Santapaola. Qui un manipolo di<br />

“pazzi” guidati dal capitano<br />

Giovanni Caruso da circa 20<br />

anni lavora con le bambine e i<br />

bambini, le ragazze e i ragazzi e<br />

le famiglie del quartiere realiz.<br />

zando un mensile porta a porta<br />

DA' UNA MANO: I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>, Banca Etica,<br />

IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />

Carmelo Catania, Giulio Cavalli,<br />

Antonio Cimino, Giancarla<br />

Codrignani, Dario Costantino,<br />

Tano D’Amico, Fabio D’Urso,<br />

Jack Daniel, Riccardo De<br />

Gennaro, Giacomo Di Girolamo,<br />

(in senso buono), i “Cordai”.<br />

Mi sono ritrovato in una riunione<br />

di carbonari composta da<br />

volontari, attivisti, colleghi e ex<br />

redattori di Pippo Fava, per i<br />

nostri “<strong>Siciliani</strong> Giovani”.<br />

Passione, grinta, scambi accesi,<br />

maleparole, riflessioni, visioni del<br />

mondo: è come aver partecipato<br />

ad una sinfonia di orchestra che<br />

intonava la Marsigliese. Ecco la<br />

stampa, bella, non la fermi.<br />

Arnaldo Capezzuto<br />

5 GENNAIO<br />

Ricordare<br />

lavorando<br />

Rosa Maria Di Natale, Francesco<br />

Feola, Norma Ferrara, Pino<br />

Finocchiaro, Paolo Fior, Enrica<br />

Frasca, Renato Galasso, Rino<br />

Giacalone, Marcella Giammusso,<br />

Giuseppe Giustolisi, Carlo<br />

Gubitosa, Sebastiano Gulisano,<br />

Bruna Iacopino, Massimiliano<br />

Nicosia, Max Guglielmino,<br />

Diego Gutkowski, Bruna<br />

Iacopino, Margherita Ingoglia,<br />

Kanjano, Gaetano Liardo,<br />

Sabina Longhitano, Luca<br />

Salici, Michela<br />

Mancini, Antonio<br />

Mazzeo,Martina<br />

Mazzeo,<br />

Emanuele<br />

Midoli,<br />

Lu-<br />

ciano<br />

Mirone, Pino<br />

Maniaci, Attilio<br />

Occhipinti, Salvo<br />

Ognibene, Antonello<br />

Oliva, Riccardo Orioles, Pietro<br />

Orsatti, Salvo Perrotta, Giulio<br />

Petrelli, Aaron Pettinari,<br />

Giuseppe Pipitone, Antonio<br />

Roccuzzo, Vincenzo Rosa, Luca<br />

Rossomando, Giorgio Ruta, Luca<br />

Salici, Daniela Sammito, Mario<br />

Spada, Sara Spartà, Giuseppe<br />

Spina, Miriana Squillaci,<br />

Giudrppe Teri, Marilena Teri,<br />

Fabio Vita, Salvo Vitale,<br />

Chiara Zappalà, Andrea<br />

Zolea.<br />

Ogni anno a Catania i cittadini<br />

liberi si incontrano, il 5<br />

<strong>gennaio</strong>, nel luogo dove i<br />

padroni della città fecero<br />

uccidere Giuseppe Fava.<br />

Saremo tutti lì alle 17. Più<br />

tardi, al Centro Zo, c’è un<br />

ricordo organizzato dalla<br />

Fondazione Fava. Infine, alle<br />

21 a Cittàinsieme in via Siena,<br />

c’è l’assemblea dei <strong>Siciliani</strong><br />

<strong>giovani</strong>, per fare il punto sul<br />

giornale e organizzare il<br />

lavoro e la solidarietà.<br />

Senza grandi parole ma col<br />

laoro<br />

DA’ UNA MANO<br />

A RIPORTARE IN EDICOLA<br />

I SICILIANI:<br />

IBAN Banca Etica<br />

IT 28 B 05018 04600<br />

000000148119<br />

(“Assoc.Culturale I <strong>Siciliani</strong> Giovani")<br />

oppure C/C 001008725614<br />

(Conto corrente postale Ass.Culturale<br />

I <strong>Siciliani</strong> Giovani,v.Cordai 47 Catania)<br />

I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>, registr.Tribunale<br />

Catania n.23/2011 del 20/09/2011,<br />

dir.responsabile Riccardo Orioles<br />

Progetto grafico di<br />

Piergiorgio Maoloni<br />

(da un inedito del 1993)<br />

I <strong>Siciliani</strong> Sici i<strong>giovani</strong><br />

iov ni – pag. pag 85


www.isiciliani.it<br />

L'immagine<br />

Quale pace<br />

in Europa<br />

Ricordando Pio La Torre<br />

Immaginiamo quei capi di stato dentro i loro scuri vestiti.<br />

Li immaginiamo con le facce pulite, sorridenti, mentre<br />

stringono mani lorde di sangue e polvere da sparo. Hanno<br />

ritirato il premio Nobel per la pace alla comunità europea.<br />

Una pace, dicono, che continua nella vecchia Europa da 68<br />

anni.<br />

Può essere - e non è così - che la terra europea dal '45 non<br />

sia stata insanguinata dalle guerra. Ma l'hanno esportata,<br />

insieme alle false democrazie, in Africa e in Medio Oriente.<br />

I paesi Europei, è vero, non si sparano più fra loro. Ma con<br />

l'ingiustizia sociale, la negazione dei diritti più<br />

elementari, la discriminazione razziale, hanno creato<br />

tante guerre e violenze. Non usano più le armi ma le<br />

vendono, per destabilizzare e ottenere potere.<br />

Questo bambino e i suoi genitori - i movimenti per la pace<br />

e contro la guerra - non avranno alcun premio Nobel ma<br />

semmai, riceveranno una carica della polizia in nome della<br />

pacifica Europa. GIOVANNI CARUSO<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 86<br />

SIGONELLA<br />

1999<br />

Foto di Giovanni Caruso


www.isiciliani.it<br />

Catania<br />

”Buon anno, Gapa”<br />

Tre colpi di pistola<br />

contro la sede del<br />

centro<br />

di Domenico Pisciotta<br />

www.associazionegapa.org<br />

Scheda<br />

IL QUARTIERE DI SAN CRISTOFORO<br />

Quartiere storico di Catania, vive tutte le difficoltà delle zone periferiche.<br />

È situato tra il Duomo, l’area portuale e la Playa.<br />

Un tempo era sede di numerose attività produttive, quali mobilifici<br />

e botteghe artigiane. Oggi, di quelle attività produttive, rimane<br />

molto poco. Con la loro scomparsa, molti hanno perso il posto di<br />

lavoro, non riuscendo a trovare, altrove, una sistemazione<br />

lavorativa dignitosa.<br />

L’assenza di lavoro ha determinato un terreno fertile per la<br />

A Capodanno, a San Cristoforo si spara<br />

per festeggiare. C’è un luogo che ogni<br />

anno subisce le conseguenze di questi festeggiamenti,<br />

l’ufficio postale di via Plebiscito.<br />

Alcuni colpi di pistola sono stati<br />

sparati contro la vetrata e la porta<br />

dell’ufficio postale. Per non lasciar le<br />

cose a metà, alcuni giorni dopo lo stesso<br />

ufficio è stato luogo di una rapina.<br />

Durante i festeggiamenti per il nuovo<br />

anno, qualcuno ha pensato bene di coinvolgere<br />

anche il Gapa, sede de I Cordai e<br />

centro di volontariato che da venticinque<br />

anni lavora con le bambine, i bambini e<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 87<br />

le famiglie del quartiere.<br />

Tre proiettili sono stati esplosi contro<br />

la sede del centro; uno ha rotto una finestra,<br />

gli altri due hanno bucato una porta<br />

di metallo. La sede, nell’occasione, non<br />

era aperta.<br />

I danni si riparano; la finestra e la porta<br />

si cambiano. Rimane il gesto, che lascia<br />

perplessi e incerti sulla sua natura e sul<br />

suo significato, ma al tempo stesso dimostra,<br />

con certezza, che tanto, ancora, va<br />

fatto. Sicuramente, sarebbe stata più gradita<br />

una cartolina d’auguri, ad ogni modo<br />

buon anno a tutti.<br />

criminalità organizzata che, oggi, riesce a re<br />

clutare manodopera con molta facilità. La vendita di sostanze stupefacenti<br />

non conosce sosta e numerose famiglie riescono a vivere<br />

con i relativi proventi.<br />

Oggi, San Cristoforo è un quartiere povero, abbandonato al controllo<br />

della mafia da politica e istituzioni, che se ne ricordano solo<br />

in periodo elettorale. Numerose testimonianze confermano che<br />

partiti di ogni tipo, in periodo elettorale, promettono buoni benzina,<br />

sacchi della spesa o pagamento di bollette. Il quartiere è un<br />

sacco pieno di voti di cui dimenticarsi una volta conclusasi la<br />

campagna elettorale.


www.isiciliani.it<br />

IL FILO<br />

Noi<br />

emigranti<br />

Dalla Sicilia partivano i Gasterarbeiter, i “lavoratori<br />

ospiti” dell'Europa perbene. Erano loro a<br />

fare le fabbriche, le miniere, le autostrade. Eppure<br />

l'Europa ricca – allora – non li amava<br />

____________________________________<br />

La Fondazione Fava<br />

La fondazione nasce nel 2002 per mantenere<br />

vivi la memoria e l’esempio di Giuseppe Fava,<br />

con la raccolta e l’archiviazione di tutti i suoi<br />

scritti, la ripubblicazione dei suoi principali libri,<br />

l'educazione antimafia nelle scuole, la promozione<br />

di attività culturali che coinvolgano i <strong>giovani</strong><br />

sollecitandoli a raccontare. Il sito permette<br />

la consultazione gratuita di tutti gli articoli di<br />

Giuseppe Fava sui <strong>Siciliani</strong>.<br />

Per consultare gli archivi fotografico e teatrale,<br />

o altri testi, o acquistare i libri<br />

della Fondazione, scrivere a<br />

elenafava@fondazionefava.it<br />

mariateresa.ciancio@virgilio.it<br />

____________________________________<br />

Il sito “I <strong>Siciliani</strong> di Giuseppe Fava”<br />

Pubblica tesi su Giuseppe Fava e i <strong>Siciliani</strong>, da<br />

quelle di Luca Salici e Rocco Rossitto, che ne<br />

sono i curatori. E' un archivio, anzi un deposito<br />

operativo, della prima generazione dei <strong>Siciliani</strong>.<br />

Senza retorica, senza celebrazioni,<br />

semplicemente uno strumento<br />

di lavoro. Serio, concreto<br />

e utile: nel nostro stile.<br />

I limiti della tragedia siciliana sono<br />

precisi. Viviamo in una terra<br />

potenzialmente ricca come nessun’altra<br />

poiché ha miniere, terra fertilissima,<br />

una posizione storica e geografica al<br />

centro di tutte le civiltà e di tutte le rotte<br />

commerciali, bellezze della natura<br />

incomparabili, e talento umano, cioè<br />

fantasia, pazienza, sopportazione al dolore,<br />

coraggio.<br />

E tuttavia da centinaia di anni siamo<br />

colpiti e feriti, siamo sempre più poveri,<br />

sempre più lontani dall’Europa, vittime<br />

di tutte le violenze.<br />

Neri cantieri, nelle miniere...<br />

C’è un dato obbiettivo che riassume<br />

tutte queste miserie e violenze: un milione<br />

di siciliani emigrati, quasi tutti<br />

nell’età più vigorosa, dai venti ai quarant’anni,<br />

sono dispersi nel mondo dei<br />

cantieri, nelle miniere, nelle piantagioni,<br />

la maggior parte a lavorare come<br />

bestie.<br />

Hanno dovuto abbandonare il paese,<br />

la casa, la famiglia, gli amici, azzerare<br />

la loro esistenza per ricominciarla da<br />

un’altra parte.<br />

Ogni mese in media mandano alle famiglie<br />

rimaste in Sicilia quattrocento o<br />

cinquecento mila lire perché possano<br />

sopravvivere, mettere le fondamenta di<br />

una casa civile, pagare il cibo, le scarpe,<br />

le medicine.<br />

Sudore, sacrificio, dolore umano<br />

Riduciamo le cifre al sicuro:<br />

ottocentomila emigrati che spediscono<br />

ogni mese quattrocentomila lire, significano<br />

trecentoquaranta miliardi al<br />

mese, e in un anno quasi quattromila<br />

miliardi.<br />

Noi siciliani viviamo su questo immenso<br />

fiume di denaro, inutile negarlo:<br />

denaro, sudore, sacrificio, dolore umano,<br />

disperazione.<br />

(I <strong>Siciliani</strong>, febbraio 1983)<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 88


I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>/ Reg.Trib.Catania n.23/2011 del 20/09/2011 / d.responsabile riccardo orioles<br />

www.isiciliani.it<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

Rivista di politica, attualità e cultura<br />

Fatta da:<br />

Gian Carlo Caselli, Nando dalla Chiesa, Giovanni Caruso,<br />

Giovanni Abbagnato, Francesco Appari, Lorenzo Baldo, Valerio<br />

Berra, Nando Benigno, Mauro Biani, Lello Bonaccorso, Paolo<br />

Brogi, Luciano Bruno, Anna Bucca, Elio Camilleri, Giulio<br />

Cavalli, Arnaldo Capezzuto, Ester Castano, Salvo Catalano,<br />

Carmelo Catania, Giulio Cavalli, Antonio Cimino, Giancarla<br />

Codrignani, Dario Costantino, Tano D’Amico, Fabio D’Urso,<br />

Jack Daniel, Riccardo De Gennaro, Giacomo Di Girolamo, Rosa<br />

Maria Di Natale, Francesco Feola, Norma Ferrara, Pino<br />

Finocchiaro, Paolo Fior, Enrica Frasca, Renato Galasso, Rino<br />

Giacalone, Marcella Giamusso, Giuseppe Giustolisi, Carlo<br />

Gubitosa, Sebastiano Gulisano, Bruna Iacopino, Massimiliano<br />

Nicosia, Max Guglielmino, Diego Gutkowski, Bruna Iacopino,<br />

Margherita Ingoglia, Kanjano, Gaetano Liardo, Sabina<br />

Longhitano, Luca Salici, Michela Mancini, Antonio Mazzeo,<br />

Martina Mazzeo, Emanuele Midoli, Luciano Mirone, Pino<br />

Maniaci, Attilio Occhipinti, Salvo Ognibene, Antonello Oliva,<br />

Riccardo Orioles, Pietro Orsatti, Salvo Perrotta, Giulio Petrelli,<br />

Aaron Pettinari, Giuseppe Pipitone, Antonio Roccuzzo,<br />

Vincenzo Rosa, Luca Rossomando, Giorgio Ruta, Luca Salici,<br />

Daniela Sammito, Vittoria Smaldone, Mario Spada, Sara Spartà,<br />

Giuseppe Spina, Miriana Squillaci, Giuseppe Teri, Marilena<br />

Teri, Fabio Vita, Salvo Vitale, Chiara Zappalà, Andrea Zolea<br />

Webmaster: Max Guglielmino max.guglielmino@isiciliani.org<br />

Net engineering: Carlo Gubitosa gubi@isiciliani.it<br />

Art director: Luca Salici lsalici@isiciliani.it<br />

Coordinamento: Giovanni Caruso gcaruso@isiciliani.it<br />

Segreteria di redazione: Riccardo Orioles riccardo@isiciliani.it<br />

Progetto grafico di Luca Salici<br />

(da un'idea di C.Fava e R.Orioles)<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 89<br />

redazione@isiciliani.it


Giambattista<br />

Scidà e Gian<br />

Carlo Caselli<br />

sono stati fra<br />

i primissimi<br />

promotori della<br />

rinascita dei <strong>Siciliani</strong>.<br />

Lo spirito di un<br />

giornale<br />

"Un giornalismo fatto di<br />

verità impedisce molte<br />

corruzioni, frena la<br />

violenza e la criminalità,<br />

accelera le opere<br />

pubbliche indispensabili.<br />

pretende il funzionamento<br />

dei servizi sociali. tiene<br />

continuamente allerta le<br />

forze dell'ordine, sollecita<br />

la costante attenzione<br />

della giustizia, impone ai<br />

politici il buon governo".<br />

Giuseppe Fava<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

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Una piccola


libertà<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

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SOTTOSCRIVI PER I SICILIANI GIOVANI<br />

IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />

Associazione I <strong>Siciliani</strong> Giovani/ Banca Etica


I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> ­ rivista di politica, attualità e cultura<br />

fatta da: Gian Carlo Caselli, Nando dalla Chiesa, Antonio Roccuzzo,<br />

Giovanni Caruso, Margherita Ingoglia, Norma Ferrara, Michela<br />

Mancini, Sara Spartà, Francesco Feola, Luca Rossomando, Lorenzo<br />

Baldo, Aaron Pettinari. Salvo Ognibene, Beniamino Piscopo, Giulio<br />

Cavalli, Paolo Fior, Arnaldo Capezzuto, Pino Finocchiaro, Luciano<br />

Mirone, Rino Giacalone, Ester Castano, Antonio Mazzeo, Carmelo<br />

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I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

Cronache<br />

Catania, Giacomo Di Girolamo, Francesco Appari, Leandro Perrotta,<br />

Giulio Pitroso, Giorgio Ruta, Carlo Gubitosa, Mauro Biani, Kanjano,<br />

Luca Ferrara, Luca Salici, Jack Daniel, Anna Bucca, Grazia Bucca,<br />

Luciano Bruno, Antonello Oliva, Elio Camilleri, Fabio Vita, Diego<br />

Gutkowski, Giovanni Abbagnato, Pietro Orsatti, Roberto Rossi, Bruna<br />

Iacopino, Nerina Platania, Nadia Furnari, Riccardo De Gennaro, Fabio<br />

D'Urso, Sabina Longhitano, Salvo Vitale.<br />

SOTTOSCRIVI IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />

Associazione I <strong>Siciliani</strong> Giovani/ Banca Etica


dalla vita com'è<br />

redazione@isiciliani.it<br />

Webmaster: Max Guglielmino. Net engineering: Carlo<br />

Gubitosa. Art director: Luca Salici. Coordinamento:<br />

Giovanni Caruso e Massimiliano Nicosia. Segreteria di<br />

redazione: Riccardo Orioles.<br />

Progetto grafico di Luca Salici<br />

I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>/ Reg.Trib.Catania n.23/2011 del 20/09/2011 / Dir.responsabile Riccardo<br />

Orioles/ Associazione culturale I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>, via Cordai 47, Catania / 30 agosto 2012<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

Gli ebook<br />

dei <strong>Siciliani</strong><br />

I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> sono stati fra i primissimi in Italia ad<br />

adottare le tecnologie Issuu, a usare tecniche di<br />

impaginazione alternative, a trasferire in rete e su Pdf i<br />

prodotti giornalistici tradizionali. Niente di strano,<br />

perché già trent'anni fa i <strong>Siciliani</strong> di Giuseppe Fava<br />

furono fra i primi in Italia ad adottare ­ ad esempio ­ la<br />

fotocomposizione fin dal desk redazionale.<br />

Gli ebook dei <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>, che affiancano il<br />

giornale, si collocano su questa strada ed affrontano<br />

con competenza e fiducia il nuovo mercato editoriale<br />

(tablet, smartphone, ecc.), che fra i primi in Italia hanno<br />

saputo individuare.<br />

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www.isiciliani.it<br />

Ai lettori 1984<br />

Caro lettore, sono in tanti, oggi, ad accusare la Sicilia<br />

di essere mafiosa: noi, che combattiamo la mafia in<br />

prima fila, diciamo invece che essa è una terra ricca di<br />

tradizioni, storia, civiltà e cultura, tiranneggiata dalla<br />

mafia ma non rassegnata ad essa. Questo, però,<br />

bisogna dimostrarlo con i fatti: è un preciso dovere di<br />

tutti noi siciliani, prima che di chiunque altro; di fronte<br />

ad esso noi non ci siamo tirati indietro.<br />

Se sei siciliano, ti chiediamo francamente di aiutarci,<br />

non con le parole ma coi fatti. Abbiamo bisogno di<br />

lettori, di abbonamenti, di solidarietà. Perciò ti<br />

abbiamo mandato questa lettera: tu sai che dietro di<br />

essa non ci sono oscure manovre e misteriosi centri di<br />

potere, ma semplicemente dei siciliani che lottano per<br />

la loro terra. Se non sei siciliano, siamo del tuo stesso<br />

Paese: la mafia, che oggi attacca noi, domani<br />

travolgerà anche te.<br />

Abbiamo bisogno di sostegno, le nostre sole forze non<br />

bastano. Perciò chiediamo la solidarietà di tutti i<br />

siciliani onesti e di tutti coloro che vogliono lottare<br />

insieme a loro. Se non l'avremo, andremo avanti lo<br />

stesso: ma sarà tutto più difficile.<br />

I <strong>Siciliani</strong><br />

Ai lettori 2012<br />

Quando abbiamo deciso di continuare il percorso,<br />

mai interrotto, dei <strong>Siciliani</strong>, pensavamo che questa<br />

avventura doveva essere di tutti voi. Voi che ci avete<br />

letto, approvato o criticato e che avete condiviso con<br />

noi un giornalismo di verità, un giornalismo giovane<br />

sulle orme di Giuseppe Fava.<br />

In questi primi otto mesi, altrettanti numeri dei<br />

<strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> sono usciti in rete e i risultati ci<br />

lasciano soddisfatti, al punto di decidere di uscire entro<br />

l'anno anche su carta e nel formato che fu<br />

originariamente dei <strong>Siciliani</strong>.<br />

Ci siamo inoltre costituiti in una associazione<br />

culturale "I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>", che accoglierà tutti i<br />

componenti delle varie redazioni e testate sparse da<br />

nord a sud, e chi vorrà affiancarli.<br />

Pensiamo che questo percorso collettivo vada<br />

sostenuto economicamente partendo dal basso,<br />

partendo da voi. Basterà contribuire con quello che<br />

potrete, utilizzando i mezzi che vi proporremo nel<br />

nostro sito.<br />

Tutto sarà trasparente e rendicontato, e per essere<br />

coerenti col nostro percorso abbiamo deciso di<br />

appoggiarci alla "Banca Etica Popolare", che con i suoi<br />

principi di economia equa e sostenibile ci garantisce<br />

trasparenza e legalità.<br />

I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong><br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

Chi sostiene i <strong>Siciliani</strong><br />

Una pagina dei <strong>Siciliani</strong> del 1993<br />

Nel 1986, e di nuovo nel 1996, i <strong>Siciliani</strong><br />

dovettero chiudere per mancanza di<br />

pubblicità, nonostante il successo di<br />

pubblico e il buon andamento delle<br />

vendite. I redattori lavoravano gratis, ma<br />

gli imprenditori non sostennero in alcuna<br />

maniera il giornale che pure si batteva per liberare anche<br />

loro dalla stretta mafiosa.<br />

Non è una pagina onorevole, nella storia dell'imprenditoria<br />

siciliana.<br />

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Associazione I <strong>Siciliani</strong> Giovani/ Banca Etica


I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

In rete, e per le strade<br />

I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> che cos'è<br />

I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> è un giornale, è un pezzo di storia,<br />

ma è anche diciotto testate di base ­ da Milano a<br />

Modica, da Catania a Roma, da Napoli a Bologna, a<br />

Trapani, a Palermo ­ che hanno deciso di lavorare<br />

insieme per costituire una rete.<br />

Non solo inchieste e denunce, ma anche il racconto<br />

quotidiano di un Paese giovane, fatto da <strong>giovani</strong>, vissuto in<br />

prima persona dai protagonisti dell'Italia di domani. Fuori dai<br />

palazzi. In rete, e per le strade.<br />

facciamo rete!<br />

www.isiciliani.it


I <strong>Siciliani</strong><br />

<strong>giovani</strong><br />

1982-2012<br />

"A che serve essere vivi, se non c'è<br />

il coraggio di lottare?"<br />

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Oppure:<br />

Conto corrente postale<br />

n. C/C 001008725614<br />

Associazione Culturale I <strong>Siciliani</strong> Giovani, via Cordai 47 Catania

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