gennaio 2013 - I Siciliani giovani
gennaio 2013 - I Siciliani giovani
gennaio 2013 - I Siciliani giovani
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I <strong>Siciliani</strong><br />
A che serve essere vivi,<br />
se non c’è<br />
il coraggio di lottare?<br />
Società<br />
civile<br />
Tutti ne parlano<br />
ma pochi<br />
la prendono<br />
sul serio<br />
MAZZEO<br />
FERRARA<br />
CASTANO<br />
TRATTATIVA: CONTINUA ORA!<br />
Noi giornalisti marchionnizzati<br />
Mafia al Nord: il giorno della svolta<br />
Spartà/ NoMuos fra botte e lividi Capezzuto/ Apocalisse riuti<br />
Pettinari/ Un manager di Cosa Nostra Di Florio/ Maa in Abruzzo<br />
Catania/ Un ponte d'inquinamento Vita/ Bitcoin Satira “Mamma!”<br />
Caruso/ Periferie Pisciotta/ Buon anno,Gapa La primavera di Messina<br />
Spina/ Il cinema di Giuseppe Fava Vitale/ La lunga attesa di Felicia<br />
ITALIA DOVE: ROCCUZZO D'URSO ORSATTI DE GENNARO ABBAGNATO<br />
Dalla Chiesa/ La famiglia Brembrilla<br />
Caselli/ Antimafia e politica<br />
www.isiciliani.it<br />
<strong>giovani</strong><br />
Giornalisti imbavagliati, centri di quartiere presi a revolverate:<br />
eppure per la politica non sono ancora degli interlocutori<br />
<strong>gennaio</strong> <strong>2013</strong><br />
SALERNO<br />
Operaie<br />
Un album<br />
di famiglia<br />
ebook<br />
gratis
http://www.marsala.it/<br />
www.isiciliani.it<br />
facciamo<br />
rete<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 2
Società<br />
civile<br />
DA' UNA MANO: I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>, Banca Etica,<br />
IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />
www.isiciliani.it<br />
A Catania, una delle città d'Italia a più alto indice di criminalità<br />
minorile, le atttività educative nei quartieri veri sono ridottissime<br />
(ultimamente il Comune ha anche chiusto una scuola e fra i<br />
pochissimi a farle il più presente è probabilmente il Gapa.<br />
Nell'alto milanese, una delle zone d'Italia più a rischio 'ndrangheta<br />
in questo momento, i giornalisti che fanno informazione<br />
sulla mafia sono pochissimi e di essi i più attivi sono probabilmente<br />
quelli del settimanale Altomilanese.<br />
Quasi contemporaneamente, un paio di settimane fa, il Gapa è<br />
stato “infastidito” a colpi di rivoltella poche settimane fa e Altomilanese<br />
è stato messo a chiusura da un giorno all'altro dal suo<br />
editore. Coincidenza casuale, ma significativa.<br />
Non esistono altri presidi sostituutivi, nelle due diverse funzioni,<br />
nei luoghi di cui parliamo. Senza i volontari del Gapa la<br />
cultura mafiosa non incontrerebbe più ostacoli nel vecchio centro<br />
storico di Catania, né la ìndrangheta ne incontrerebbe - senza<br />
i giornalisti di Altomilanese – a nord di Milano. Eppure gli uni e<br />
gli altri, barriera a pericoli gravissimi per le rispettive comunità,<br />
sono sostanzialmente soli.<br />
Ecco: di questo parliamo quando parliamo di società civile.<br />
Non è solo un elegante dibattito, materia da talk-show più o<br />
meno spettacolari. E una questione di vita o di morte, in prospettiva<br />
non lontanissima, per due pezzi d'Italia – ai capi opposti<br />
della penisola – che fra dieci anni potrebbero ritrovarsi immerse<br />
nella più profonda e devastante barbarie. Da cui li separa solo<br />
l'impegno di poche decine di volontari.<br />
Non c'è molta traccia di questo, nel panorama politico - e giornalistico<br />
– attuale. Quando c'è, si presenta di solito come materiale<br />
mediatico, oggetto d'entertainment, folklore.<br />
Ci sono compagni nostri impegnati in entrambi i casi in questione,<br />
e perciò possiamo dire di conoscerli abbastanza bene. Temiamo<br />
però che si tratti solo di punte d'iceberg, di isole nel mare<br />
della disinformazione nazionale. E che tutto il Paese non sia in<br />
realtà che un gran San Cristoforo, un gran Sedriano – i due luoghi<br />
esemplari di cui abbiamo parlato – in cui di fronte alla violenza<br />
e alla disinformazione pochi si oppongono e molti stanno<br />
a guardare. Quei pochi di solito sono <strong>giovani</strong> e senza risorse, e i<br />
molti hanno età, status, opportunità e potere.<br />
La rete dei <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>, con le sue testate di base e i suoi<br />
giornalisti militanti, è un tentativo di andare in controtendenza,<br />
di opporsi all'”autobiografia della nazione” di cui parlava un altro<br />
giovane giornalista - Gobetti – molte anni fa.<br />
(R.O.)<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 3<br />
I <strong>Siciliani</strong>
www.isiciliani.it<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
GENNAIO <strong>2013</strong> numero tredici<br />
RIEPILOGANDO<br />
Come mai non siamo ancora in<br />
edicola? Semplice: i soldi. La<br />
sottoscrizione è riuscita bene fra<br />
i lettori poveri, ma non fra gli<br />
amici più titolati: la maggior<br />
parte dei quali ci colma generosamente<br />
di auguri e lodi, che<br />
però cartiere e tipografi tendono<br />
a non accettare.<br />
Dopo un anno di buon lavoro,<br />
sul livello professionale dei <strong>Siciliani</strong><br />
<strong>giovani</strong> c’è poco - credia-<br />
mo - da eccepire. Nel milanese<br />
come in Sicilia i nostri redattori<br />
fanno il loro dovere, scrivono,<br />
fanno inchieste, subiscono avvertimenti<br />
e querele. Vecchi colleghi<br />
e giornalisti nuovi lavorano<br />
tranquillamente a questo prodotto<br />
collettivo, che ha il suo baricentro<br />
nella rete ma che ha bisogno<br />
anche dell’edicola come<br />
fatto simbolico e di “ritorno in<br />
campo” pieno e totale. Pensiamo<br />
di riuscirci presto, ma in definitiva<br />
questo dipende da voi.<br />
*<br />
Questo numero è dedicato ad<br />
Aaron Swartz (Chicago, 8<br />
novembre 1986-New York, 11 <strong>gennaio</strong><br />
<strong>2013</strong>). Avremmo avuto difficoltà<br />
a fare il giornale senza di lui:<br />
è stato lui a inventare una cosa<br />
che si chiama RSS e che ci permette<br />
di far circolare facilmente i<br />
contenuti della nostra rete. Quanto<br />
c'è costato? Niente: l'ha messo a<br />
disposizione gratis.<br />
Lo usiamo noi, lo usano i grandi<br />
giornali, lo usano milioni di siti in<br />
tutto il mondo - un regalo di Swartz<br />
al progresso umano.<br />
S'è ucciso due settimane fa, per<br />
sfuggire a una galera di venti o<br />
trent'anni: aveva messo in rete testi<br />
vietati, di altissimo valore culturale<br />
ma copyrightati dalle varie società.<br />
Aveva ventisei anni ed è un gran<br />
peccato che regali del genere non<br />
possa farcene più. Noi, qui nella<br />
lontana Sicilia, gli siamo grati.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 4<br />
Questo numero<br />
Società civile I <strong>Siciliani</strong> 3<br />
Antimafia in tempo d'elezioni di Gian Carlo Caselli 6<br />
La famiglia Brembrilla in vacanza di Nando dalla Chiesa 7<br />
Giornalismo/ La Fiat a casa nostra di Norma Ferrara 8<br />
Eppure, cambiare si può di Riccardo Orioles 10<br />
Italia<br />
NoMuos/ Fra botte e lividi di Sara Spartà 12<br />
"Privatizziamo lo Stato di Antonio Roccuzzo 13<br />
Mafia al Nord/ Il giorno della svolta di Ester Castano 14<br />
Donne di 'ndrangheta di Vittoria Smaldone 15<br />
Rewind/Forward di Francesco Feola 17<br />
Poteri<br />
La trattativa continua ora di Antonio Mazzeo 18<br />
"Viva Sansonetti con tutti i filistei" di Rocco Lentini 24<br />
Expo fugit di Valerio Bella 29<br />
I Sud<br />
"Quella camurria di Rostagno" di Rino Giacalone 30<br />
Sgarbi, i picciriddi e... di Rino Giacalone 32<br />
Messina/ "Babba a chi?" di Ilaria Raffaele 33<br />
Apocalisse rifiuti di Arnaldo Capezzuto 34<br />
Diario da una scuola napoletana di Andrea Bottalico 36<br />
L'Abruzzo ha scoperto le mafie di Alessio Di Florio 38<br />
Si privatizza il cimitero di Enrica Frasca e Giorgio Ruta 39<br />
Un ponte d'inquinamento di Carmelo Catania 42
SOMMARIO<br />
Bologna/ Il Master "Pio La Torre" di Salvo Ognibene 47<br />
Satira<br />
"Mamma!" a cura di Gubitosa, Kanjano e Biani 48<br />
Periferie<br />
I beni confiscati usiamoli per i quartieri di Giovanni Caruso 50<br />
I tesori mafiosi smascherati dai ragazzi di Elio Camilleri 53<br />
I Briganti e i Salesiani di Federica Motta e Leandro Perrotta 54<br />
L'ospedale che non si fa di Luciano Bruno e Vincenzo Rosa 56<br />
Rapporto da Partinico di Pino Maniaci e Salvo Ognibene 58<br />
Testimonianze<br />
La lunga attesa di Felicia di Salvo Vitale 60<br />
Pianeta<br />
Bitcoin: l'anno della svolta di Fabio Vita 65<br />
Cultura<br />
Il cinema di Giuseppe Fava di Giuseppe Spina 66<br />
Musica<br />
Bix, Jerry e il signor Igor di Antonello Oliva 71<br />
Persone<br />
Appunti di un diario collettivo di Fabio D'Urso 72<br />
Polis<br />
Paese senz'anima, voto senza attese di Pietro Orsatti 74<br />
"E io vi marchionno tutti" di Riccardo De Gennaro 76<br />
Dove nulla finisce mai del tutto di Giovanni Abbagnato 77<br />
Un ebook in omaggio<br />
con questo numero<br />
Lorena Salerno Operaie/ Un album di famiglia<br />
Pippa e la Manifattura tabacchi<br />
www.isiciliani.it<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 5<br />
DA' UNA MANO: I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>, Banca Etica,<br />
IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />
DISEGNI DI MAURO BIANI<br />
Sicilie<br />
Un manager di Cosa Nostra di Aaron Pettinari 78<br />
Noi l'abbiamo ricordato così di GiulioPitroso 81<br />
La primavera di Messina di Irene Romeo 82<br />
Belice 45 anni di Francesco Appari e Giacomi Di Girolamo 83<br />
Il foglio dei <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> 84<br />
L'immagine<br />
Quale pace in Europa di Giovanni Caruso 86<br />
Il filo<br />
Noi emigranti di Giuseppe Fava 87<br />
Buon Anno, Gapa di Domenico Pisciotta 88<br />
kindle ipad pdf
Le candidature di Ingroia e Grasso<br />
alle “politiche” hanno scatenato infuo-<br />
cate discussioni. Fra i due magistrati<br />
ci sono differenze abissali. Grasso si è<br />
ritagliato una “nicchia” in un partito<br />
che gli garantisce un’elezione sicura.<br />
Ingroia per contro ha scelto di dar vita<br />
ad un nuovo movimento per una “ri-<br />
voluzione civile”, affrontando<br />
un’avventura densa di incognite e ri-<br />
schi. Ma la candidatura dei due ha so-<br />
prattutto rinfocolato polemiche mai<br />
sopite sulla conduzione delle inchieste<br />
antimafia, in special modo sul versan-<br />
te dei rapporti mafia/politica.<br />
Le polemiche su mafia e politica<br />
Ovviamente hanno diritto di cittadi-<br />
nanza le opinioni più diverse, purché<br />
non si dimentichi mai che questi rap-<br />
porti sono nel DNA della mafia e che<br />
non li hanno certamente inventati in-<br />
quirenti “creativi”. E purché le opinio-<br />
ni siano fondate su fatti e non su ipo-<br />
tesi di fantasia, al limite dell’onirico.<br />
Come nel caso di coloro che citano<br />
Giovanni Falcone come grandinasse,<br />
per sostenere che certe inchieste lui<br />
non le avrebbe mai cominciate o svi-<br />
luppate perché se non ci sono le prove<br />
è fatica sprecata.<br />
www.isiciliani.it<br />
Giustizia<br />
Mafia e politica<br />
in tempo d'elezioni<br />
di Gian Carlo Caselli<br />
Prima delle stragi, dopo le stragi<br />
A parte che si tratta di banalità per<br />
le quali scomodare Falcone non ha<br />
senso, il punto decisivo è un altro:<br />
nessuno al mondo può arrogarsi il di-<br />
ritto di millantare che l’orientamento<br />
di Falcone dopo le stragi del 1992<br />
sarebbe stato questo o quello.<br />
Se non altro perché dopo le stragi<br />
tutto ontologicamente cambia. Basti<br />
pensare che Tommaso Buscetta a Fal-<br />
cone non disse niente dei rapporti ma-<br />
fia/politica, perché temeva che lui e lo<br />
stesso Falcone sarebbero stati presi<br />
per folli. Soltanto dopo le stragi (ob-<br />
bedendo ad una specie di comanda-<br />
mento morale) Buscetta decise di rive-<br />
lare quel che sapeva ai Pm di Palermo.<br />
Che pertanto si trovarono di fronte<br />
ad un dovere imperioso: affrontare il<br />
tema cruciale dei rapporti mafia/politi-<br />
ca senza sconti, applicando la legge<br />
anche agli imputati “eccellenti”, con<br />
determinazione ed incisività assoluta-<br />
mente nuove, posto che in passato<br />
l’esistenza di tali rapporti di solito ve-<br />
niva solennemente proclamata sul pia-<br />
no teorico, per negarla sistematica-<br />
mente nel perimetro delle prassi inve-<br />
stigativo-giudiziarie.<br />
I magistrati delle Procura di Paler-<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag.6<br />
mo del dopo stragi hanno semplice-<br />
mente assolto il loro compito istituzio-<br />
nale, traducendo la scritta che cam-<br />
peggia in tutte le aule di tribunale (la<br />
legge è uguale per tutti) in realtà ope-<br />
rativa. Differenziandosi da coloro che<br />
non vogliono vedere, o se vedono pre-<br />
feriscono “distrarsi”, magari accam-<br />
pando la scusa che è troppo difficile<br />
trovare le prove.<br />
Privilegiare il quieto vivere?<br />
Le prove prima si cercano, senza ti-<br />
midezze; e se risultano sufficienti per<br />
affrontare il giudizio si va avanti, an-<br />
che quando l’esito non é scontato.<br />
Senza preoccuparsi di coloro che pri-<br />
vilegiano normalizzazione e quieto vi-<br />
vere; e perciò preferiscono le opzioni<br />
investigativo-giudiziarie meno scomo-<br />
de. Magari tirando indebitamente per<br />
la giacca anche i defunti ( meglio se<br />
illustri come Falcone) attribuendo loro<br />
– con colpevole arroganza - linee di<br />
ipotetico intervento prospettate come<br />
se fosse possibile applicare al “dopo<br />
stragi” parametri e criteri che a tutto<br />
concedere si riferiscono ad ere “geolo-<br />
giche” tutt’affatto diverse, perché ante<br />
1992.
Alla fine la vicenda della candida-<br />
tura di Bruna Brembilla al parlamento<br />
si è conclusa con la rinuncia dell’inte-<br />
ressata. Ed è un bene. Bruna Brembil-<br />
la, per chi non lo sapesse, è una consi-<br />
gliera provinciale del Pd milanese, già<br />
assessore provinciale all’Ambiente<br />
con Filippo Penati e prima ancora sin-<br />
daco di Cesano Boscone, hinterland<br />
sud-ovest di Milano. La questione del-<br />
la sua candidatura era stata sollevata<br />
sulla stampa e nel partito democratico<br />
milanese per una ragione molto sem-<br />
plice.<br />
I clan calabresi<br />
La signora è stata a suo tempo in-<br />
tercettata dai Ros dei carabinieri men-<br />
tre trattava<br />
voti e soste-<br />
gni elettorali<br />
con perso-<br />
naggivicinis- simi a espo-<br />
nenti di spic-<br />
co di quei<br />
clan calabresi<br />
che da decen-<br />
niimperver- www.isiciliani.it<br />
Società<br />
La famiglia Brembrilla<br />
in vacanza...<br />
di Nando dalla Chiesa<br />
sano nella cintura sud milanese. Uno<br />
dei quali è stato definito “capitale<br />
sociale” della ‘ndrangheta in una<br />
recente ordinanza di custodia<br />
cautelare. Insomma, mentre alcuni<br />
suoi colleghi (e colleghe) di partito<br />
denunciavano, rischiando, le<br />
collusioni tra ‘ndrangheta e politica lei<br />
le alimentava. In qualsiasi democrazia<br />
questo dovrebbe bastare a chiudere il<br />
discorso.<br />
“Ma non è stata condannata...”<br />
Il discorso invece è stato tenuto<br />
aperto per intere settimane. Ed è ciò<br />
che stupisce al di là del suo esito fina-<br />
le (forse dovuto a una lettera aperta<br />
inviata a Bersani dagli esponenti anti-<br />
mafia del partito milanese). Perché<br />
vuol dire che alla nostra democrazia<br />
mancano ancora i cosiddetti “fonda-<br />
mentali” della virtù pubblica, o della<br />
questione morale.<br />
Basta vedere le argomentazioni<br />
addotte per respingere le obiezioni<br />
alla candidatura: non è stata condan-<br />
nata, è incensurata, tutto è stato archi-<br />
viato (ma le intercettazioni sono<br />
vere…), il tempo della caccia alle<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag.7<br />
streghe è finito nel medioevo (della<br />
serie: è la modernità, bellezza), non<br />
sapete nemmeno di cosa state par-<br />
lando, sono cose vecchie, è tutta una<br />
montatura.<br />
Una discussione surreale<br />
Una discussione surreale, dietro la<br />
quale c’è purtroppo una lunga storia di<br />
indifferenza, di aree grigie, di conti-<br />
guità, di affarismo, di neutralità etica,<br />
di cene elettorali, di scambi di favori<br />
alla faccia del primato delle istituzio-<br />
ni. C’è una palude che resiste a farsi<br />
bonificare.<br />
Oggi che il pericolo della ‘ndran-<br />
gheta al nord è stato indicato nelle sue<br />
vere dimensioni, continuare ad aspet-<br />
tare le condanne penali invece di in-<br />
tervenire tempestivamente (e con radi-<br />
calità) sui comportamenti pubblici si-<br />
gnifica farsi complici.<br />
Sempre che sia vero quel che i po-<br />
litici di sinistra dicono tra gli applausi<br />
nei convegni: che la mafia o la ‘ndran-<br />
gheta non sono semplici forme di de-<br />
linquenza organizzata, ma sono poteri,<br />
sistemi, economia e cultura. Cultura,<br />
appunto.
Giornalismo<br />
La Fiat<br />
a casa nostra<br />
Gennaio <strong>2013</strong>, il<br />
bollettino di questo<br />
mese registra nelle<br />
prime settimane: tre<br />
colpi d'arma da fuoco<br />
contro un centro<br />
di quartiere che a<br />
Catania si occupa di<br />
formazione e informazione, due proiettili<br />
sparati contro l'abitazione di una<br />
cronista in Abruzzo, un giornale<br />
dell'hinterland milanese che rischia di<br />
chiudere, perché dopo le querele e le<br />
minacce è arrivato (anche) il passo indietro<br />
dell'editore.<br />
E così siamo sui giornali (anche i nostri):<br />
“il cronista antimafia” “la giornalista<br />
minacciata” il “centro sociale contro<br />
i boss”. E ancora, il giornalista precario<br />
(che spesso è minacciato). Pronta la solidarietà<br />
della categoria “continua, siamo<br />
con te!”.<br />
Siamo tutti, ad esempio, Ester Castano,<br />
giovane cronista milanese che ha subìto<br />
“le attenzioni” dell'ex sindaco del suo<br />
paese. Ester fa parte di una generazione<br />
che chiede di entrare nella macchina organizzativa<br />
di un giornale, come si fa in fabbrica,<br />
il prima possibile. Anche se sa che<br />
non c'è più posto. Da un pezzo.<br />
Fra un esame di storia e uno di letteratura<br />
all'università, in questi mesi dovrà<br />
correre in tribunale a Biella, perché a dispetto<br />
dei suoi ventidue anni anni ha già<br />
da barcamenarsi con una denuncia per diffamazione<br />
plurima aggravata sporta<br />
dall'ex sindaco di Sedriano, Alfredo Celeste,<br />
indagato per corruzione all'interno<br />
dell'inchiesta della Procura di Milano che<br />
www.isiciliani.it<br />
"Dài, dài, dài, siamo tutti con te!" ci dicono a<br />
ogni aggressione o minaccia. Noi questo mestiere<br />
continuiamo a farlo. Ma è sempre più stretto,<br />
sempre più precario. Ci sentiamo, come dire,un<br />
po' marchionnizzati... di Norma Ferrara<br />
www.liberaintormazione.org<br />
ha portato all'arresto dell'assessore regionale<br />
alla Casa, Domenico Zambetti, accusato<br />
di aver acquistato voti dalla 'ndrangheta.<br />
Mesi fa il caso arriva alla grande stampa<br />
nazionale e il resto del Paese viene a<br />
conoscenza – grazie al monitoraggio<br />
dell'osservatorio “Ossigeno” - anche “delle<br />
attenzioni” e delle querele del primo<br />
cittadino contro Ester, ragazza dai capelli<br />
lunghissimi e lo sguardo attento, che collabora<br />
con il settimanale “Altomilanese”.<br />
Far domande, studiare le carte...<br />
Ester e i suoi colleghi, anche loro nel<br />
mirino, hanno l'abitudine di fare domande<br />
alle conferenze stampa, studiare le carte<br />
giudiziarie dei processi, esercitare il diritto<br />
di cronaca rispetto agli atti amministrativi<br />
e alla gestione della cosa pubblica.<br />
Fanno semplicemente i giornalisti.<br />
“In questi giorni sono scaduti i termini<br />
di custodia cautelare per l'ex sindaco Celeste<br />
- ci racconta Ester - è ed aberrante<br />
che su alcuni giornali locali sia stato quasi<br />
“assolto” quando il procedimento a suo<br />
carico continua ad essere in corso. C'è<br />
persino qualcuno che ha chiesto al sindaco<br />
“si sente una persona onesta, finalmente”?».<br />
Cronista in terra di mafia<br />
Superficialità? Convenienza? Forse entrambe,<br />
in paese piccolo si hanno meno<br />
guai se rimani al tuo posto e non disturbi<br />
chi comanda.<br />
Ester, invece, ha un altro concetto di<br />
cosa voglia dire “stare al proprio posto”.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 8<br />
Così vive da cronista di provincia in un<br />
giornale che si scopre, suo malgrado, di<br />
frontiera in una terra che non è più<br />
immune dalla mafia.<br />
Durante quest'ultimo anno la giovane<br />
cronista è soprattutto una ventenne sorpresa<br />
da tutto quello vede, che sente e che<br />
vive perché quando ha scelto di scrivere e<br />
occuparsi di quello che accade in città,<br />
tutto è cambiato rapidamente.<br />
Durante i primi anni ha conosciuto sulla<br />
propria pelle l'isolamento e il cono<br />
d'ombra informativo che circondava l'hinterland<br />
milanese. «Nessuno nel resto del<br />
Paese vedeva quello che stava accadendo<br />
da noi» - spiega.<br />
Ma adesso le cose sono cambiate.<br />
«La nota positiva di questa storia che<br />
mi ha coinvolta e ha coinvolto il territorio<br />
- spiega Ester – è che ha stimolato una<br />
presa di coscienza collettiva, oggi la cittadinanza<br />
vuole essere informata e ci sostiene.<br />
In questi giorni in cui il giornale ha rischiato<br />
di chiudere in tanti hanno fatto<br />
sentire la propria presenza, persino con<br />
donazioni. Noi abbiamo scelto di non<br />
mollare anche per loro».<br />
Cinquecento euro al mese<br />
Cinquecento euro al mese per capiredattori<br />
e direttori e così a scendere per tutti<br />
gli altri: questo il prezzo che l'“Altomilanese”<br />
ha scelto di pagare per evitare la<br />
chiusura del giornale “al momento – chiosa<br />
Ester – siamo certi di riuscire ad andare<br />
in edicola sino al mese di aprile e speriamo<br />
di continuare”.<br />
La storia di Ester come quella di Ilaria<br />
che da sette mesi aspetta di esser pagata<br />
dal suo giornale (leggetela qui su Errori<br />
di stampa) non sono un affare privato, né<br />
un problema di ordine pubblico o di politiche<br />
sindacali, non sono infine la conseguenza<br />
della crisi di un settore, quello<br />
dell'editoria.
“Ma non siamo<br />
all'anno zero”<br />
Sono, piuttosto, tutte queste dinamiche<br />
insieme ma soprattutto la cronaca di una<br />
fine annunciata: quella del giornalismo.<br />
Non è politicamente corretto dirlo dalle<br />
pagine di questo giornale (o forse si)<br />
ma la verità è che non sappiamo ancora<br />
cosa diventerà davvero questo mestiere.<br />
Forse lo stiamo ripensando, progettando,<br />
alcuni di noi sognano che torni ad essere<br />
un lavoro al servizio dei fatti e delle<br />
persone, nell'interesse della democrazia,<br />
ma di sicuro - come si scriveva nelle vecchie<br />
cronache di nera - c'è solo che è<br />
morto.<br />
Pochi hanno avuto il coraggio<br />
Non siamo all'anno zero, però. Oggi<br />
più di ieri riusciamo a raccontare queste<br />
storie, anche grazie al web, ma il passato<br />
e il presente di questo mestiere sono ancora<br />
stretti fra doppia morale e menzogne.<br />
“Come si diventa giornalisti”? chiedono<br />
ancora i <strong>giovani</strong> aspiranti cronisti sulle<br />
pagine dei giornali “famosi” e i direttori<br />
forniscono spavalde risposte che<br />
hanno in comune tutte un dato: mentono<br />
sapendo di mentire.<br />
Pochi, infatti, in questi lunghissimi<br />
anni di agonia del giornalismo come mestiere<br />
hanno avuto il coraggio di raccontare<br />
che quello in cui “comandavano” era<br />
soprattutto il luogo della schiavitù legalizzata<br />
(spesso perversa perché faceva<br />
leva su sentimenti diametralmente opposti,<br />
dalla passione civile al narcisismo, ad<br />
esempio). Poi - a sollevarli dall'incarico -<br />
è arrivata a fine 2012 l'approvazione della<br />
legge sull'equo compenso per i giornalisti<br />
e la campagna coraggiosa che l'ha<br />
preceduta.<br />
L'unica risposta onesta<br />
Cosa avrebbero dovuto dire? Solo la<br />
verità, per quanto crudele, sarebbe stata<br />
l'unica risposta onesta che avrebbe reso<br />
meno fragile il giornalismo, messo meno<br />
a rischio i cronisti di frontiera, fatto sentire<br />
meno soli i colleghi in tribunale.<br />
Invece è accaduto che in questi anni<br />
siamo stati con i lavoratori della Fiom e<br />
contro Marchionne, ma non abbiamo visto<br />
la Fiat che cresceva in casa nostra.<br />
www.isiciliani.it<br />
Un volantino<br />
Sosteniamo<br />
i <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong><br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 09<br />
"A che serve essere vivi, se non c'è<br />
il coraggio di lottare?”<br />
Vi ricordate quando Santoro vi chiese i soldi per il suo “servizio pubblico”? Dieci euro<br />
per sostenere il progetto. In centomila risposero, una grande dimostrazione di affetto e di<br />
sostegno sicuramente. Lo sapevate che ora Servizio Pubblico va in onda su La7? E i soldi<br />
che avevate dato per creare quel progetto autonomo? Vi sono stati restituiti?<br />
Noi adesso vi chiediamo di sostenerci, promettendo di non passare a La7.<br />
E’ passato un anno da quando al Festival del Clandestino abbiamo annunciato ai<br />
microfoni di Telejato la rinascita de I <strong>Siciliani</strong>. Non abbiamo più rifatto un giornale,<br />
abbiamo fatto I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>, che poi, forse, lo eravamo già.<br />
I <strong>Siciliani</strong> sono un gruppo sparso per l'Italia, Diecieventicinque a Bologna, Stampo<br />
antimafioso a Milano, Telejato, Il Clandestino, Napoli Monitor, La Domenica, e potrei<br />
continuare. I <strong>Siciliani</strong> sono un patrimonio comune, sono ragazzi e ragazze sparsi un po' in<br />
tutta Italia, sono anche professionisti e giornalisti come Mazzeo, Capezzuto, Giacalone,<br />
Finocchiaro, Salvo Vitale, Pino Maniaci.<br />
I <strong>Siciliani</strong> siamo noi <strong>giovani</strong>, che almeno qui non rappresentiamo il futuro, siamo il<br />
presente e lo viviamo da protagonisti con a fianco degli ottimi maestri. Abbiamo provato a<br />
mettere insieme il vecchio e il nuovo, passato e futuro, vivendo insieme in questo presente.<br />
I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> da un anno hanno faticato e lavorato, e quello che abbiamo fatto l'avete<br />
visto, ci siamo anche beccati le denunce e le intimidazioni.<br />
Siamo nati perché Giambattista Scidà ci ha ridato l'idea, perchè Giancarlo Caselli e<br />
Nando Dalla Chiesa si sono imbarcati con noi, su questa barca che vuole attraversare e<br />
raccontare la Sicilia e l'Italia, insieme, facendo rete, perseverando quella pubblica verità che<br />
ci ha insegnato il Direttore de “I <strong>Siciliani</strong>”, Pippo Fava.<br />
I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> però si fa anche con tutti voi.<br />
Usciremo, probabilmente, in edicola come mensile fra un mese, trent'anni dopo i "vecchi”<br />
<strong>Siciliani</strong>. Noi ci stiamo provando a fare tutto ciò ma abbiamo bisogno di voi. Tanti piccoli<br />
aiuti fanno un grande aiuto. Adesso vi chiediamo un contributo per sostenerci<br />
promettendovi che come sempre andremo avanti, navigando su questo mare in tempesta,<br />
rimanendo liberi, senza padroni alle spalle e di certo non daremo via la baracca come qualcuno,<br />
passando a La7.<br />
Salvo Ognibene<br />
www.diecieventicinque.it<br />
DA' UNA MANO:<br />
IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />
(Banca Etica/ “Associazione CulturaleI <strong>Siciliani</strong> Giovani”)<br />
oppure C/C 001008725614<br />
(“Associazione Culturale I <strong>Siciliani</strong> Giovani,<br />
via Cordai 47, Catania”)
www.isiciliani.it<br />
Italia<br />
Eppure<br />
cambiare si può<br />
I partiti (vecchi e nuovi) non riescono a prenderli<br />
sul serio. Ma i movimenti crescono lo<br />
stesso, e pesano sempre più di Riccardo Orioles<br />
- E lei per chi vota?”.<br />
“Beh, io voto per i ragazzi del No-<br />
Muos, oppure quelli che stanno facendo<br />
il teatro libero a Messina”.<br />
- Ma non si presentano! Sempre voglia<br />
di scherzare, lei!<br />
Beh, in realtà non è che non si siano<br />
presentati. Anzi. Hanno addirittura vinto<br />
le elezioni, due anni fa. Quando? Giugno<br />
2011, referendum sull'acqua. Là non c'era<br />
porcellum, così ci siamo contati. I progressisti,<br />
in Italia, sono decisamente la<br />
naggioranza. Il problema politico, per il<br />
potere, è di non farglielo sapere. Finora ci<br />
sono riusciti.<br />
“Grillo!”, “Bersani!”, “Ingroia!”<br />
“Io voto per Beppe Grillo!”. “Calma:<br />
meglio Bersani”. “Sì, però con Sel, così lo<br />
spingiamo avanti”. “Ingroia, Ingroia!”.<br />
Cari lettori, avete tutti ragione. Nel senso<br />
che più o meno volete tutti, più o meno<br />
convinti, le stesse cose. Siete gente civile,<br />
no? Basta ladroni, maledetti mafiosi, che<br />
schifo il precariato... Le cose un pochino<br />
si complicano quando dalla base si passa<br />
ai massimi dirigenti. “Antipolitico!”.<br />
“Estremista!”. “Servo di Monti!”.<br />
In Sicilia, ad esempio, uno penserebbe<br />
che dopo vent'anni d'antimafia (da cui<br />
molti politici sono pur venuti fuori) alla<br />
fine qualcosa insieme si sarebbe fatta, almeno<br />
sul tema antimafia. E invece no.<br />
Chi s'è messo a salvare il mondo da solo,<br />
chi a fare strani governi con l'Udc, chi<br />
complicatissimi accordi con questo e<br />
quello. Tutti beninteso giurando sulla politica<br />
nuova e sulla società civile.<br />
Che nel frattempo continua tranquillamente<br />
a ruminare il suo lavoro, tirando<br />
pazientemente la sua carretta (al Gapa lo<br />
fanno da venticinque anni), votando senza<br />
illusioni chi va votato, ma in fretta e pensando<br />
al lavoro, per non perdere tempo.<br />
A Catania, ultimamente, la società civile<br />
aveva ottenuto (altro esempio) una vittoria<br />
abbastanza importante: il riavvìo<br />
della Procura e l'arrivo di un giudice<br />
estraneo non coinvolto in niente. Si riuniscono<br />
i generali della sinistra, recitano le<br />
preghiere di rito a Santa Società, e scelgono<br />
(in una stanza) il candidato: che è esattamente<br />
l'unico esponente della sinistra<br />
locale che a quella battaglia civile non<br />
aveva partecipato, l'unico che con la società<br />
civile reale non aveva voluto avere<br />
nulla a che fare. Non è un caso isolato.<br />
Parliamo dei rivoluzionari di Ingroia,<br />
ma altrove non è che le cose vadano meglio.<br />
Per Grillo la mafia non esiste e fra<br />
fascismo e antifascismo non sa che dire.<br />
Bersani “non è Robespierre”, e dunque<br />
niente mai patrimoniale. Vendola finalmente<br />
è andato dagli operai, appena iniziata<br />
la campagna elettorale.<br />
“Qualunquista!”. No, io li voto,<br />
mannaggia a me. Ma mi piacerebbe<br />
votare invece per l'asino, quello che fa il<br />
lavoro duro e tira brontolando e ragliando<br />
la comune carretta.<br />
“Sono tutti una casta!”. No...<br />
“Maledetti partiti, sono tutta una<br />
casta!”. Non è così. Il livello dei gruppi<br />
dirigenti non è incivile. Il Pd ha concesso<br />
delle primarie vere, con larga partecipazione;<br />
l'estromissione di Crisafulli sarebbe<br />
stata impenssabile ai tempi di D'Alema o<br />
di Veltroni. Ai grillini (nonostante il rapido<br />
imbarbarimento del leader) va riconoscito<br />
un sincero spirito d'impegno civile.<br />
Vendola è un ottimo amministratore della<br />
sua regione. E Ingroia ha il merito di avere<br />
osato per primo (parliamo dei politici)<br />
per brevi istanti una politica di società civile<br />
e di movimento.<br />
La colpa non è loro, evidentemente. E'<br />
del decadimento collettivo del “popolo di<br />
sinistra”. Esperienze e valori che un tem-<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 10<br />
po erano ovvi e condivisi - l'organizzazione<br />
collettiva, le idee sopra le persone, la<br />
dignità individuale di ogni “compagno”,<br />
l'importanza dell'impegno personale, il<br />
voler essere partecipi e non spettatori -<br />
ormai non ci sono più. Sarà colpa di Berlusconi<br />
o Monti,.del Ventennio, chissà.<br />
Fatto sta che non ci sono più, e non fra i<br />
politici ma fra la “gente”.<br />
Emergono ancora a volte - nelle ultime<br />
primarie, per esempio - ma episodicamente,<br />
come delle riscoperte improvvise o una<br />
indistinta nostalgia. E' facile, per il vecchio<br />
mondo, riassorbirle paternalisticamente<br />
e digerirle nei media. Di tutto si<br />
può fare dibbattito, purché resti tale.<br />
Libera, Gapa, i movimenti...<br />
Sono molto più solidi, quei valori, e<br />
bollono anzi in continua incandescenza,<br />
quando sono vissuti fuori dalla politica ufficiale,<br />
nell'impegno immediato. Penso ai<br />
ragazzi di Libera, del Gapa, di alcuni altri<br />
centri di quartiere, ai movimenti per la<br />
terra e per l'acqua, ad alcuni sindacati e,<br />
naturalmente, ai nostri <strong>giovani</strong> redattori.<br />
La politica antica (qui è un complimento)<br />
a mio parere sta rinascendo esattamente lì.<br />
Quanto tempo ci vorrà ancora perché<br />
essa si autogestisca del tutto, si omogeneizzi,<br />
porti a maturazione il percorso che<br />
anticamente dai primi sindacati e cooperative<br />
di poveri portò al grande e radicatissimo<br />
movimento socialista?<br />
Speriamo, a ogni tornata, che l'occasione<br />
sia questa, che non ci sia più da aspettare.<br />
Che si possa finalmente lottare per<br />
qualcosa di più che non la difesa pura e<br />
semplice della democrazia.<br />
Perché anche di questo si tratta: si parla<br />
di seconda e terza repubblica, ma la verità<br />
è che la repubblica non c'è più. Metà dei<br />
diritti costituzionali (a partire dall'articolo<br />
uno) sono stati ufficialmente cancellati.
www.isiciliani.it<br />
“Perché non posso votare il mio candidato? Quando me lo faranno,<br />
un contratto? E perché non posso iscrivermi a quel sindacato?<br />
Possiamo votare ancora, ma non scegliere<br />
i candidati. Non c'è (ma c'è già in fabbrica)<br />
una dittatura, ma non c'è più una totale<br />
democrazia. A poco è cresciuto un regime<br />
nuovo, che potremmo anche<br />
chiamare una semidemocrazia.<br />
E' facile abituarcisi, considerarlo “normale”.<br />
Ma noi no, dobbiamo restare ancorati<br />
alla realtà - quella della nostra repubblica,<br />
non quella fittizia dei media. Dov'è<br />
finito l'ufficio di collocamento? Perché<br />
non posso votare più per il mio candidato?<br />
Quando me lo faranno, un contratto? Va<br />
bene le primarie ogni tanto, ma poi non<br />
posso decidere più niente? E perché non<br />
posso iscrivermi a quel sindacato? Perché<br />
non possiamo farci una casa e sposarci, se<br />
oramai stiamo insieme da tre anni?<br />
Domande banali, d'accordo. Ma in realtà<br />
la politica sta là dentro.<br />
Attento alle cose “normali”<br />
“Ma insomma, per chi debbo votare?”.<br />
E che ne so, io. Certo, non voterai per<br />
Monti o Berlusconi o per il babbo del Trota<br />
(o il successore), se no non mi avresti<br />
letto fin qui. E questo è l'importante. Per il<br />
resto, sbrigatela tu. A me l'unica cosa che<br />
importa è che faccia qualcosa di piccolo,<br />
ma concreto e visibile, nel tuo paese; o<br />
nella tua scuola o fabbrica o quartiere.<br />
Qualcosa che sia fatto da te e non delegato<br />
agli altri, e senza affidarti ciecamente<br />
a nessuno. Se c'entra un po' d'antimafia,<br />
tanto meglio; non c'è nulla che faccia più<br />
danno ai padroni del paese, e nulla che ci<br />
tenga uniti più strettamente.<br />
E sta' in campana...<br />
E' tempo d'elezioni, perciò sta' in campana<br />
che non ti freghino il nome e non ti<br />
ritrovi sui cartelloni elettorali a tua insaputa<br />
com'è capitato al povero Pino<br />
Maniaci; non ti fidare dei leader, di nessun<br />
leader, perché se uno vuol fare il leader ha<br />
qualcosa di storto dentro la testa.<br />
Non puoi votare per me, perché non mi<br />
candido; ma per caso un giorno o l'altro mi<br />
candidassi, allora dimmi “fanculo”. Se un<br />
giorno ti candiderai tu, che sia in elezioni<br />
libere, senza bisogno di leader e senza<br />
montarsi la testa.<br />
Aspetta la repubblica, insomma. E lavora<br />
per farla arrivare, senza stancarti mai,<br />
senza paura.<br />
Promemoria<br />
Le tre parole<br />
della crisi<br />
“La mafia? A Catania non esiste”. “La mafia?<br />
Non c’è mafia a Roma”. “La ‘ndrangheta? Qualche<br />
caso isolato, qui a Milano”. Quante volte s’è<br />
sentito questo discorso, borbottato da un politico<br />
o elaborato con molti particolari mediatici da<br />
un giornale. Eppure la mafia c’era, fin dal primo<br />
momento. Pochi magistrati a combatterla, e fra<br />
noi giornalisti qualche collega eccentrico e qualche<br />
ragazzo. Così siamo arrivati fin qui. Ed<br />
ecco cosa c’era dietro il loro muro di gomma.<br />
Adesso, tutti i problemi sono esplosi ma la<br />
mafia per prima, perché è la cultura mafiosa,<br />
l’economia mafiosa, il potere mafioso a far da<br />
modello per tutto il resto. La mafia, e tutti i suoi<br />
inconsapevoli allievi a ogni livello.<br />
Forse non è ancora troppo tardi, a condizione<br />
di muoversi subito e con durezza. A monte, una<br />
scelta precisa: non ci fidiamo più della loro informazione.<br />
Perciò ce la facciamo da noi. Facciamola<br />
tutti insieme (noi diciamo “in rete”, in<br />
più sensi), e oggi tecnicamente si può. Ma senza<br />
vip e senza guru. Da noi, al centro della nostra<br />
moderna e sofisticata rete c’è in fondo un<br />
modesto doposcuola di quartiere.<br />
MAFIA E’ il principale problema d’Italia,<br />
quello che ci impoverisce di più. Non<br />
è una patologia criminale ma il principale<br />
potere economico del paese, che ormai fa<br />
da modello anche a molta economia legale.<br />
“Tratta” con tutti, e sempre ottiene<br />
qualcosa. Ma ha un punto debole: è molto<br />
vulnerabile alla mobilitazione popolare.<br />
Negli anni '90 è andata molto vicina ad<br />
essere sconfitta, e s’è salvata solo grazie<br />
alla “timidezza” dello Stato.<br />
Bisognerebbe:<br />
● Confiscare tutti i beni mafiosi o frutto<br />
di malversazione, di corruzione o di<br />
grande evasione fiscale;<br />
● Assegnarli alle cooperative di <strong>giovani</strong><br />
lavoratori, e sostenerle adeguatamente;<br />
anagrafe dei beni confiscati; sgravi fiscali<br />
ai commercianti che se ne fanno clienti;<br />
● Vigilare (comuni, regioni, assemblee<br />
cittadine) sull’applicazione;<br />
● Punire non ritualmente gli scambi politico-mafiosi<br />
(riforma 416ter).<br />
La mafia può essere non solo sconfitta,<br />
ma eliminata del tutto. A condizione di<br />
cominciare dai sedicenti “non mafiosi”<br />
(nelle imprese, nella politica, nello Stato)<br />
senza il cui aiuto e complicità non potrebbe<br />
sopravvivere un giorno.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 11<br />
OPERAI Era una parola nobile, adesso<br />
è schiavitù. La crisi economica non pesa<br />
perché gli operai “pretendono”, ma perché<br />
troppi imprenditori non sanno fare il loro<br />
mestiere (vediFiat) o portano tutto<br />
all’estero, alla faccia della (nostra) economia.<br />
Iniziative utili:<br />
●Applicare l’art.41 della Costituzione<br />
(“programmi e controlli opportuni perché<br />
l'attività economica pubblica e privata<br />
possa essere indirizzata e coordinata a<br />
fini sociali”);<br />
●Applicare l’art.42 della Costituzione<br />
(esproprio per motivi d'interesse generale)<br />
per sanzionare le delocalizzazioni, l’abuso<br />
di precariato e il mancato rispetto degli<br />
accordi di lavoro;<br />
● Separazione fra capitale finanziario e<br />
industriale; tetto alle partecipazioni finanziarie<br />
nell’editoria; Tobin tax;<br />
● Regolarizzare per legge i rapporti di<br />
lavoro di fatto;<br />
● Gestione pubblica dei servizi pubblici<br />
essenziali (scuola, università, difesa, acqua,<br />
energia, infrastrutture tecnologiche,<br />
credito internazionale); ristrutturazione<br />
della Rai su base pubblica; limite regionale<br />
per l’emittenza privata;<br />
● Progetto nazionale di messa in sicurezza<br />
del territorio, sul modello TVA, come<br />
volano economico soprattutto al Sud; divieto<br />
di ulteriori cementificazioni;<br />
● Responsabilità personale degli amministratori<br />
per il mancato uso di fondi;<br />
● Controllo del territorio nelle province<br />
ad alta intensità mafiosa.<br />
EUROPA L’Italia ormai è troppo piccola<br />
per risolvere da sola i suoi problemi:<br />
Cina, India, Giappone, Russia, l’America<br />
che raddoppia...<br />
Va bene, ma non abbiamo l’Europa per<br />
questo?<br />
Eh no che non ce l’abbiamo. L’Europa,<br />
fatta così, non ci appartiene: al massimo<br />
siamo utenti, non cittadini.<br />
Ma se provassimo a rifarla in un altro<br />
modo? Con più, come dicono i greci, più<br />
“dimokratìa”? E quindi con meno<br />
banchieri, per logica conseguenza.<br />
L’occasione ci sarebbe: nel <strong>2013</strong> in tre<br />
dei principali paesi europei (Francia,<br />
Germania, e noi) avremo con ogni<br />
probabilità tre governi di centrosinistra.<br />
Saranno tre altri governi delle banche?<br />
O possiamo provare a chiedergli qualcosa<br />
di meglio, a gran voce e tutti insieme?<br />
(1914 2014: fra poco è un secolo che l’Europa<br />
non c’è più)
www.isiciliani.it<br />
NoMuos/ Niscemi<br />
Fra botte e lividi<br />
la notte della verità<br />
“Oggi è il giorno dei lividi.<br />
Oggi è il giorno<br />
della vera lotta”.<br />
di Sara Spartà<br />
www.diecieventicinque.it<br />
Sono le parole a caldo di Elvira, attivista<br />
del No Muos Niscemi, dopo la notte<br />
dell’11 <strong>gennaio</strong>. Cinquanta giorni di<br />
presidio permanente per bloccare la<br />
gru che dovrebbe montare le parabole<br />
del terminale terrestre Muos, già in fase<br />
di completamento. Cinquanta, più o<br />
meno, come i ragazzi che quella notte si<br />
trovavano di fronte alla base per bloccare<br />
l’avanzata di sei camion Comina e<br />
di due gru partite da Belpasso.<br />
“La strategia adottata dalle forze<br />
dell’ordine per fare entrare quei convogli<br />
dentro la base si può paragonare tranquillamente<br />
ad una strategia militare. Erano<br />
circa quattrocento uomini fra carabinieri e<br />
polizia. Hanno bloccato tutte le vie di accesso<br />
al paese, impedendo così che altri<br />
attivisti No Muos dei paesi vicini<br />
potessero raggiungere la base. Ci siamo<br />
accorti che, per quanto cercassimo di contattare<br />
telefonicamente amici e parenti a<br />
Niscemi, era praticamente impossibile<br />
farlo. Per tutta la notte i cellulari non hanno<br />
funzionato, non c’era campo. È stato<br />
impossibile contattare chiunque. Questo,<br />
pensiamo, indubbiamente faceva parte<br />
della loro strategia".<br />
Una notte di resistenza che è sfociata in<br />
scontri con le forze dell’ordine. “Calci,<br />
pugni, qualche manganellata. C’eravamo<br />
sdraiati per terra in segno di protesta passiva<br />
ma pacifica. Io sono stata sollevata<br />
da quattro uomini che mi hanno presa per<br />
le gambe e per le braccia e mi hanno di<br />
peso allontanata dalla base, fino all’ordine<br />
del commissario di poggiarmi a terra. Ho<br />
temuto il peggio in quel momento”.<br />
Le forze dell’ordine, dal canto loro, parlano<br />
di "azioni di alleggerimento" e smentiscono<br />
qualsiasi azione violenta. Elvira<br />
ha un livido alla schiena, così come molti<br />
altri; e il ginocchio e il polso gonfi.<br />
“Azioni di alleggerimento”<br />
“O con le buone o con le cattive, noi<br />
stanotte dobbiamo entrare” queste sono le<br />
parole riportate dalle testimonianze dei ragazzi.<br />
Senza se e senza ma l’operazione<br />
doveva giungere al termine, così com'è<br />
stato. Evidentemente urge per gli americani<br />
ultimare i lavori che dovevano, secondo<br />
le previsioni iniziali del progetto, il<br />
Muos già in funzione oggi.<br />
L’alba non è stata delle migliori. Rammarico,<br />
sfiducia, delusione. Non si parla<br />
d'altro, dal barbiere, nella bottega, nelle<br />
piazze, per le strade. I ragazzi del liceo<br />
“Leonardo da Vinci” indicono un’assemblea<br />
straordinaria dove invitano alcune<br />
dei ragazzi coinvolti negli scontri.<br />
Ascoltano in silenzio, con i loro profes-<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 12<br />
sori. “Il ricordo di quella notte non passerà<br />
tanto in fretta” commenta Fabio. Poi sta<br />
in silenzio per molto tempo, senza dire altro.<br />
“Non tocca a noi parlare, adesso,<br />
aspettiamo la risposta dai nostri politici<br />
che hanno permesso tutto questo”.<br />
Il presidente Crocetta e l’assessore Lo<br />
Bello si sono spesi per l’emanazione di un<br />
provvedimento per la sospensione dei lavori<br />
e la messa in mora dell’esercizio<br />
dell’impianto. Quindi un provvedimento<br />
che non revoca, ma sospende, cosa ben<br />
diversa che non sfugge ai comitati. Il presidente<br />
si mostra cauto, vorrebbe aspettare<br />
valutazioni sull'impatto sulla salute più sicure,<br />
come dall'Istituto superiore di sanità<br />
e dall'Agenzia regionale per la protezione<br />
dell'ambiente.<br />
La “politica” ha altro da fare...<br />
Non si percepisce lo stesso atteggiamento<br />
dalla ministra Cancellieri che<br />
invece si affretta a definire "d'importanza<br />
strategica militare" la struttura, sia per gli<br />
Usa che per le forze Nato e italiane. Anche<br />
se questo non risulta dai documenti<br />
ufficiali che ne attribuiscono invece l'uso<br />
esclusivo ai militari americani. Un'altra<br />
bella batosta per la Regione, che si vedrebbe<br />
così esautorata da ogni potere sulla<br />
zona. Fraa l'altro parliamo di una Regione<br />
a Statuto speciale, che potrebbe gestire in<br />
maniera diversa la situazione.<br />
Aspettando una risposta più decisa e<br />
convinta da parte della "politica", che forse<br />
ha la mente occupata o preoccupata per<br />
le prossime elezioni, il movimento sembra<br />
oggi più convinto che mai. Il 19 di questo<br />
mese è indetta una giornata dedicata alla<br />
sensibilizzazione al problema in tutte le<br />
maggiori città siciliane e non solo; il 30<br />
marzo la seconda manifestazione nazionale<br />
No Muos. E intanto tutta Italia si cerca<br />
di coordinarsi e di crescere. La notte del<br />
15 un alluvione improvviso ha distrutto la<br />
struttura del presidio. Ma tutti restano lo<br />
stesso là, fermi, a presidiare.
www.isiciliani.it<br />
Riforme<br />
“Privatizziamo<br />
lo Stato”<br />
Ma l'idea non è di Mr B.: già trent'anni fa<br />
un famoso "cavaliere dell'apocalisse mafiosa"<br />
aveva detto... di Antonio Roccuzzo<br />
L’idea di Mr B. è che lo Stato vada<br />
privatizzato. Sul palcoscenico di Santoro<br />
(10 <strong>gennaio</strong>) l'ha detto chiaro e<br />
tondo: “Nel prodotto interno non viene<br />
calcolato il sommerso”. Sommerso? Sì,<br />
l’evasione fiscale che “fa ricchezza nazionale”.<br />
Berlusconi parla per la prima volta di<br />
"moralità dell'evasione" in una conferenza<br />
stampa a Palazzo Chigi, il 17 febbraio<br />
di nove anni fa: ''Se si chiede una pressione<br />
del 50 per cento, ognuno si sentirà<br />
moralmente autorizzato ad evadere''. Il<br />
18 febbraio 2004, a “Radio anch’io”, torna<br />
sulla "giustificazione morale"<br />
dell'evasione, insita - a suo parere - nel<br />
"diritto naturale".<br />
“Tutti sono tenuti a concorrere alle<br />
spese pubbliche - dice la Costituzione,<br />
articolo 53 - in ragione della loro capacità<br />
contributiva”. Un articolo spazzato via<br />
dalle esternazioni di Mr B. In un dibattito<br />
pubblico impoverito, con un’informazione<br />
nell'angolo e una comunità civile senza<br />
orgoglio.<br />
Dove i fatti privati (economici, giudiziari<br />
e perfino i comportamenti sessuali)<br />
di Mr B sono stati al centro del voto del<br />
popolo sovrano, dell’attività degli organi<br />
di controllo giudiziario e di quelli che regolano<br />
i mercati, per non parlare<br />
dell’attività del Parlamento.<br />
A me questa storia della trasformazione<br />
di un dovere (o di un diritto) privato<br />
in oggetto di battaglia pubblica che torna<br />
ogni volta che il cavaliere va in scena, fa<br />
pensare ad alcune parole del cavaliere<br />
del lavoro catanese Mario Rendo, uno<br />
dei più grossi e controversi costruttori<br />
edili italiani degli anni Ottanta. Nella primavera<br />
'83, in un’intervista a "Repubblica"<br />
disse: “Perché non debbo occuparmi<br />
della nomina di un prefetto a Catania?<br />
Sono il primo contribuente qui e ho il diritto<br />
di farlo”.<br />
La Sicilia (e l'Italia) dell'83<br />
Il generale Dalla Chiesa era stato ucciso<br />
pochi mesi prima, dopo aver denunciato<br />
a Giorgio Bocca che “le quattro<br />
principale imprese catanesi, con il consenso<br />
della mafia, sono sbarcate a Palermo”.<br />
L’Italia scopriva che la mafia non<br />
era solo un problema di coppola e lupara<br />
e non riguardava solo i siciliani.<br />
Rendo era sotto inchiesta per una mega<br />
evasione fiscale: in un suo ufficio in<br />
Toscana erano state trovate delle “cartelline”<br />
in cui, con pressioni su tutti i partiti<br />
indistinamente, la sua impresa si occupava<br />
di incarichi pubblici, nomine di ministri,<br />
apparati dello Stato e appalti.<br />
Certo che il cittadino Rendo si poteva<br />
occupare pubblicamente della nomina di<br />
un prefetto: ma non se era indagato per<br />
truffa ai danni dello Stato e se erano in<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 13<br />
corso indagini su collusioni mafiose della<br />
sua impresa. Non con pressioni occulte e<br />
metodi illegali. Non nel fondato sospetto<br />
che quell’interessamento fosse legato a<br />
tentativi di "aggiustare" processi. Come<br />
poi fu dimostrato dal Csm e dal Ministero<br />
della Giustizia: un procuratore e un<br />
Pm – per questo trasferiti da Catania –<br />
postdatarono a penna i certificati di carichi<br />
penali pendenti sul cittadino Mario<br />
Rendo per permettergli di partecipare a<br />
gare d’appalto eludendo la legge Rognoni-La<br />
Torre.<br />
Fu il primo, forse il più clamoroso,<br />
caso di corruzione a palazzo di giustizia<br />
che la storia giudiziaria italiana ricordi.<br />
Perché ricordo quella vecchia storia su<br />
cui “i <strong>Siciliani</strong>” di Giuseppe Fava fece<br />
campagna? Cosa c’entrano le cartelline<br />
Rendo con le comparsate tv di Mr B.?<br />
Sono una piccola anteprima del dramma<br />
della nostra vita pubblica degli ultimi<br />
vent'anni.<br />
Essere il primo contribuente non concede<br />
più diritti. Pagare le tasse sul reddito<br />
non è una concessione da mecenati ma<br />
è un dovere civile. Pagare molte tasse<br />
non dà il diritto di contare di più. Di non<br />
farsi processare, di sviare i processi, di<br />
corrompere magistrati. Soprattutto se poi<br />
le tasse - alla Rendo - non le paghi tutte.<br />
Ecco perché anche in questa storia di<br />
Berlusconi che – ora, trent'anni dopo –<br />
giustifica l’evasione non c’è niente di<br />
personale. In questo intreccio di interessi<br />
pubblici e privati sta il dramma italiano.<br />
Giustificare i “fatti propri” facendoli diventare<br />
il problema centrale in vista di<br />
elezioni decisive per il futuro del Paese.<br />
Esattamente come accadde nella Sicilia<br />
di 30 anni fa.
www.isiciliani.it<br />
Milano/ La sentenza “Infinito”<br />
Mafia al Nord<br />
Il giorno della svolta<br />
Non passa un secondo<br />
dall'ultima parola del<br />
presidente dell'ottava<br />
sezione penale Maria<br />
Luisa Balzarotti che<br />
l'aula esplode in un<br />
boato di insulti. Si<br />
conclude così il maxiprocesso<br />
alla 'ndrangheta<br />
in Lombardia<br />
di Ester Castano<br />
www.stampoantimafioso.it<br />
I magistrati posano i fogli della sentenza<br />
sul banco, sollevano i faldoni,<br />
voltano le spalle ai presenti e lasciano<br />
l'aula: il loro lavoro, almeno per oggi,<br />
è terminato.<br />
La cinepresa si stacca e sposta l'obiettivo<br />
correndo velocemente verso la parte<br />
opposta della stanza: passa rapida sul<br />
volto del pubblico ministero Alessandra<br />
Dolci e gli uomini della scorta; sulle toghe<br />
nere degli avvocati, fra cordoni oro e<br />
argento; soffia sui taccuini dei giornalisti<br />
che improvvisamente si voltano incuriositi<br />
dal rumore e sale, sale lungo la gradinata<br />
circondata dalle sbarre: è lì che si<br />
agitano amici e parenti degli imputati.<br />
Da qui arriva il frastuono. Un grande e<br />
falso applauso - il suono del disprezzo -<br />
invade il bunker di piazza Filangieri.<br />
Ad essere processata a Milano è la<br />
'ndrangheta al Nord, l'associazione criminale<br />
di stampo mafioso nata in Calabria e<br />
capace di salire lo stivale fino a corrodere<br />
la capitale morale del Paese, la politica<br />
e le sue imprese. Quaranta le condanne<br />
di primo grado pronunciate giovedì 6 dicembre<br />
a conclusione del rito ordinario<br />
di Infinito, in un pomeriggio freddo e<br />
confuso di inizio inverno.<br />
Lombardissimi imprenditori...<br />
Pene da 3 ai 20 anni, risarcimenti fino<br />
a 1 milione e 200 mila euro. Un dirigente<br />
sanitario, un commercialista esperto in<br />
finanza, lombardissimi imprenditori del<br />
movimento terra con esperienza<br />
pluriennale nell'edilizia, carabinieri che<br />
indossano la divisa per proteggere i capi<br />
delle cosche; e poi: carpentieri,<br />
padroncini, autotrasportatori, trafficanti<br />
d'armi in pensione, rivenditori di<br />
automobili.<br />
Un mondo stratificato, quasi dantesco,<br />
differente al suo interno per ambiente<br />
culturale, classe sociale e linguaggio. C'è<br />
chi ha studiato e ha un lavoro ottimamente<br />
retribuito, come Carlo Antonio<br />
Chiriaco, odontoiatra amico dei politici<br />
ed ex vertice dell'Asl di Pavia, condannato<br />
a tredici anni.<br />
C'è chi ha distrutto per sempre la solida<br />
impresa di famiglia che nel comasco<br />
dava lavoro a molte persone, mettendola<br />
irrimediabilmente nelle mani delle cosche<br />
in cambio di fallaci vantaggi: una<br />
vita sopra la media, feste e auto di grossa<br />
cilindrata. E' il caso di Ivano Perego,<br />
lombardissimo titolare della Perego General<br />
Contractor.<br />
Gli anziani genitori di Ivano li si distingue<br />
subito, fra il pubblico presente in<br />
aula che muove convulsamente braccia e<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 14<br />
mani: composti nel vestire, biondi, “nordici”<br />
nello sguardo e nel pallore del viso,<br />
si isolano dai parenti degli altri imputati<br />
dai vestiti griffati e sberluccicanti con cui<br />
pensano di avere poco in comune.<br />
Ma la Lombardia non è mai stata più<br />
Sud di oggi, e la conseguenza è di fronte<br />
ai loro occhi: il figlio si assomma le colpe<br />
di un'intera generazione di negazionisti<br />
opportunisti che per decenni hanno<br />
sminuito il problema infiltrazione, ed è<br />
condannato a 12 anni per partecipazione<br />
in associazione mafiosa per aver appoggiato<br />
il boss di Seregno Salvatore Strangio<br />
nei suoi affari, fra cui la corsa agli<br />
appalti rhodensi di Expo 2015. Condannato<br />
a 10 anni e 10 mesi Cesare Rossi,<br />
70enne originario di Tropea e residente a<br />
Nerviano in provincia di Milano, piccola<br />
cittadina di 18mila abitanti bagnata<br />
dall'Olona.<br />
Un mondo quasi dantesco<br />
Qui, nel magazzino del signor Rossi,<br />
uomo distinto, capelli bianchi e baffo curato,<br />
si sono svolti importanti summit di<br />
'ndrangheta. Gli affiliati sfruttavano la tipica<br />
tradizione calabrese della macellazione<br />
del maiale per potersi incontrare in<br />
gran numero fra compaesani senza destare<br />
particolari sospetti fra gli autoctoni<br />
lùmbard.<br />
"Razzisti, bastardi, pezzi di merda: siete<br />
voi i mafiosi": anche i condannati, da<br />
dentro le gabbie, non risparmiano frasi<br />
ingiuriose contro la magistratura e i giornalisti<br />
presenti in aula. "Si costituisce<br />
parte civile, ma è la Regione Lombardia<br />
ad essere mafiosa, Formigoni è mafioso,<br />
questa è l'Italia!". Una donna bruna e minuta<br />
si accascia per terra: è Angelica Riggio,<br />
la giovane fidanzata del sessantasettenne<br />
Pio Domenico.
Si dimena sul pavimento, grida, piange.<br />
Lui, condannato a 16 anni di carcere,<br />
responsabile delle estorsioni di Desio,<br />
comune lombardo della provincia di<br />
Monza e Brianza; lei, condannata a 6<br />
anni e 6 mesi, complice e vicaria degli<br />
affari dell'amante 'Mimmo'.<br />
“Infinito” è lo specchio di quella parte<br />
di società lombarda in cui la politica<br />
dell'arrivismo si è intrecciata ad un'economia<br />
criminale nel più indifferente silenzio<br />
delle Istituzioni, mietendo sul proprio<br />
cammino vittime di racket e usura,<br />
aziende fallite e persone costrette dal timore<br />
a versare reverenzialmente i propri<br />
soldi nelle casse della 'ndrangheta. “Massoneria<br />
dei poveri” la definisce l'avvocato<br />
tributarista Pino Neri che nell'ottobre<br />
2009 partecipa al tristemente celebre<br />
summit di Paderno Dugnano organizzato<br />
al circolo Arci Falcone e Borsellino.<br />
Politica ed economia criminale<br />
Sotto il quadro che ritrae i due magistrati,<br />
Neri prende le redini dell'associazione<br />
criminale riconfermando la stretta<br />
dipendenza dagli affiliati operanti in<br />
Lombardia alla casa madre, conferma necessaria<br />
dopo dell'uccisione del boss secessionista<br />
Carmelo Novella morto sparato<br />
un anno prima a San Vittore Olona.<br />
Per Neri, laureato a Pavia con una tesi<br />
sulla 'ndrangheta e condannato oggi a 18<br />
anni di carcere, è tutta una questione di<br />
folclore. Ma quali summit e summit: solo<br />
mangiate tra meridionali migrati al settentrione,<br />
soppressata piccante e vino<br />
buono. Minacce e concorrenza sleale fra<br />
le imprese edili? Macchè, è un'idea tutta<br />
dei polentoni visionari: “fra calabresi ci<br />
si conosce tutti e ci si aiuta sempre”.<br />
www.isiciliani.it<br />
Società<br />
Donne di<br />
'ndrangheta<br />
Boss nell'ombra<br />
Donne che condannano<br />
a morte altre donne.<br />
Madri, sorelle e figlie<br />
che progettano lo sterminio<br />
di intere famiglie<br />
di Vittoria Smaldone<br />
Nel villone in stile Scarface del boss<br />
latitante Michele Bellocco, arrestato a<br />
novembre dello scorso anno<br />
nell’ambito dell’inchiesta “Blue<br />
Call”sulle infiltrazioni della<br />
‘ndrangheta nei call center milanesi,<br />
sono stati rivenuti dei dipinti di donne<br />
che imbracciano dei mitra. Probabilmente<br />
un omaggio alle donne<br />
d’onore della 'ndrangheta.<br />
La ‘ndrangheta è l’unica mafia ad avere<br />
un carica sociale riservata alle donne,<br />
“la sorella di omertà”. E’prevista un’affiliazione<br />
al femminile che diventa automatica<br />
nel caso in cui si nasca in una famiglia<br />
‘ndranghetista. Altrimenti è necessario<br />
dimostrare la propria affidabilità<br />
per potervi accedere. Senza peraltro aspirare<br />
a far carriera.<br />
La donna di solito coadiuva l’uomo<br />
nelle attività illecite, supporta l’organizzazione<br />
e apparentemente non svolge<br />
funzioni di comando o comunque fondamentali<br />
alla vita della cosca. Ma agisce<br />
nell’ombra. Conserva la memoria. Educa<br />
i figli alla cultura mafiosa e tiene in vita<br />
la sua ‘ndrina tutelandone l’onore. E’la<br />
donna che alimenta la vendetta serbando<br />
nel cuore i morti e pretendendo che il<br />
sangue venga lavato con altro sangue.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 15<br />
Gli elementi emersi dall’operazione<br />
“Blue Call”, condotta dalla squadra mobile<br />
di Reggio Calabria e coordinata dalla<br />
Dda reggina in collegamento con le<br />
procure di Palmi, Milano e con la procura<br />
federale svizzera, confermano che il<br />
ruolo della donna nella ‘ndrangheta non<br />
è affatto marginale e soprattutto che le<br />
donne sono spietate quanto i loro uomini<br />
e non fanno sconti a nessuno.<br />
In un’intercettazione telefonica, Maria<br />
Teresa D’Agostino, madre di Umberto<br />
Bellocco, rampollo della potente cosca di<br />
Rosarno al centro dell’indagine, discute<br />
col figlio di una probabile faida che vedrebbe<br />
contrapposta la loro famiglia a<br />
quella dei Pesce, storici alleati della cosca.<br />
Sono stati uccisi due affiliati al clan<br />
e i sospetti ricadono sul clan amico. Si<br />
paventa l’inizio di una faida, tanto più<br />
che il giovane Bellocco, piccato, afferma:<br />
”Rosarno è nostro e deve essere per<br />
sempre nostro sennò non è di nessuno”.<br />
La madre replica:“Una volta che<br />
partiamo, partiamo tutti, una volta che<br />
siamo inguaiati, ci inguaiamo tutti…<br />
dopo, o loro o noi, vediamo chi vince la<br />
guerra, dopo… pure ai minorenni… Pari<br />
pari, a chi ha colpa e a chi non ha colpa,<br />
non mi interessa niente…e femmine”.<br />
La miccia della vendetta<br />
Ad innescare la miccia della vendetta è<br />
la donna che insinua nel figlio propositi<br />
funesti. Lei l’ha educato e l’ha cresciuto<br />
secondo i dettami della mafia. E sarà<br />
sempre lei, la madre, a decretare la sua<br />
sposa. Nella ‘ndrangheta, spesso, i matrimoni<br />
vengono utilizzati per stipulare delle<br />
alleanze più forti o per ricomporre delle<br />
faide. Ma non sempre i figli recepiscono<br />
l’insegnamento delle proprie madri e<br />
accade che, soprattutto se crescono in<br />
luoghi diversi dalla terra d’origine, si<br />
emancipino e vogliano addirittura<br />
rispettare le leggi.
www.isiciliani.it<br />
“La ribellione non è tollerata. Lo imparano sin da piccole.<br />
Non appartengono a loro stesse bensì alla famiglia. E’ la ‘ndrina<br />
che governa le loro vita. E per i figli valgono le stesse regole...”<br />
Saveria Strangio, appartenente ad una<br />
delle più antiche famiglie di ‘ndrangheta<br />
di San Luca, rimproverò i suoi figli, milanesi<br />
d’adozione, perché avevano osato<br />
pagare le bollette. “Ma siete pazzi?<br />
Come sarebbe a dire che avete pagato le<br />
bollette? Io non vi ho educato per farvi<br />
spendere soldi per l’acqua e la luce”. I<br />
ragazzi provarono a spiegare alla madre<br />
che non vivevano più in Calabria ma in<br />
Lombardia e che le bollette andavano pagate,<br />
ma la donna non voleva sentir ragioni.<br />
“Il tuo Stato è la 'ndrina!”<br />
Le microspie sparse in casa di uno dei<br />
due figli seguitarono a raccogliere l’indignazione<br />
di Saveria. Pagare le bollette o<br />
le tasse, dare soldi allo stato, ad enti che<br />
erogano dei servizi, è impensabile in una<br />
logica mafiosa. La ribellione poi non è<br />
tollerata. Le donne lo sanno perché lo<br />
imparano sin da piccole. Loro non appartengono<br />
a loro stesse bensì alla famiglia.<br />
E’la ‘ndrina che governa le loro vite e<br />
per i figli valgono le stesse regole.<br />
Nessuno può liberarsi dai tentacoli della<br />
‘ndrangheta. La famiglia controlla persino<br />
i matrimoni. Merce di scambio, istituzione<br />
di potere, da contrarre solo ed<br />
esclusivamente con i cognomi amici per<br />
mera utilità. Una donna di ‘ndrangheta,<br />
ormai radicata al nord, confida ad<br />
un’altra di aver ostacolato il rapporto<br />
sentimentale del proprio figlio con una<br />
ragazza del Nord. Sacrilegio.<br />
Le unioni le stabilisce la ‘ndrina. E se,<br />
come in questo caso, il boss-padre in carcere<br />
ha dato ordine a sua moglie che il figlio<br />
dovrà sposare un determinata fanciulla<br />
di buona famiglia mafiosa, l’altro<br />
matrimonio non s’ha da fare.<br />
Le donne entrano con facilità in carcere,<br />
prendono ordini dai loro compagni e<br />
mandano avanti gli affari nei periodi di<br />
detenzione dei boss. Le donne di ‘ndran-<br />
gheta sono al corrente dei traffici e dei<br />
business del clan e partecipano in prima<br />
persona alle attività. Lo dimostrano le<br />
conversazioni telematiche delle sorelle di<br />
Giovanni Strangio, condannato in primo<br />
grado all’ergastolo con l’accusa di essere<br />
stato l’organizzatore e esecutore<br />
materiale della strage di Duisburg (15<br />
agosto 2007).<br />
Teresa e Angela avevano creato dei<br />
nickname per comunicare sul web. Parlavano<br />
di armi, droga e facevano spesso riferimento<br />
all’episodio di Duisburg e al<br />
coinvolgimento del cognato Giuseppe<br />
Nirta, altro presunto autore della strage.<br />
Dagli atti dell’indagine Fehida III, in<br />
seguito alla quale le due sono finite in<br />
carcere insieme con l’altra sorella, Aurelia<br />
Strangio, moglie di Nirta, apprendiamo<br />
che le due signore nel 2008 si trovavano<br />
nel sobborgo di Amsterdam, dove<br />
poi verranno acciuffati sia Giuseppe Nirta<br />
che Giovanni Strangio. Teresa, moglie<br />
Franco Romeo finito in manette nella capitale<br />
olandese insieme con i cognati, risulta<br />
essere la reale proprietaria di due<br />
pizzerie a Kaarst, intestate al fratello.<br />
A volte la 'ndrangheta è donna<br />
La ‘ndrangheta che investe il denaro<br />
sporco a volte indossa la gonna. Le donne<br />
di ‘ndrangheta finiscono in carcere e<br />
sanno, se vogliono, come uscirne. Sono<br />
maestre nel depistare, fanno attenzione a<br />
cosa dicono in casa o al telefono. Sanno<br />
di essere ascoltate e inventano linguaggi<br />
cifrati. Gli inquirenti, indagando sul narcotraffico<br />
di alcuni clan ‘ndranghetisti<br />
nel 2007, si erano convinti che appartenesse<br />
ad una donna l’idea di dare dei<br />
nomi femminili ai paesi destinatari dello<br />
stupefacente.<br />
Le donne di ‘ndrangheta non sono affatto<br />
delle ingenue o delle sprovvedute.<br />
Sanno sempre come muoversi e come<br />
comunicare. Se è necessario, scendono<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 16<br />
persino in piazza per chiedere giustizia.<br />
Le signore Strangio parteciparono ad<br />
una manifestazione antimafia per sostenere<br />
l’innocenza del fratello Giovanni,<br />
allora latitante. Dicono di essere brave<br />
persone. Poveri abitanti di paesino di<br />
montagna dimenticato dal sole. Vivono<br />
in case apparentemente modeste. Di solito<br />
incompiute, non intonacate, con i mattoni<br />
a vista. Ma poi si scopre che il loro<br />
tenore di vita è altissimo, basta varcare<br />
l’uscio per immergersi nel lusso.<br />
Nel cuore dell'Aspromonte<br />
Le donne in ombra, le donne vestite di<br />
nero, “col lutto di sempre” canterebbe<br />
Rino Gaetano, il 1 settembre si ritrovano<br />
a Polsi, nel cuore dell’Aspromonte, al<br />
cospetto di un’altra donna, la Madonna<br />
della Montagna, che per molti è diventata<br />
la madonna della ‘ndrangheta perché, secondo<br />
gli inquirenti, durante la sua festa,<br />
si svolgerebbe la riunione annuale dei<br />
massimi esponenti della ‘ndrangheta,<br />
compresi nella “Provincia”, il vertice<br />
della mafia calabrese.<br />
Vengono dal Nord Italia, dal Canada,<br />
dall’Australia e dalla Germania e si riuniscono<br />
nei dintorni del piccolo santuario<br />
in pietra incastonato nella roccia. Protetti<br />
dalla natura, gli ‘ndranghetisti informano<br />
il capo crimine, considerato la massima<br />
autorità del sodalizio, su quanto accade<br />
nei loro territori. Comunicano il numero<br />
di affiliati, se c’è una faida in atto da far<br />
rientrare, e chiedono consiglio sulle decisioni<br />
da prendere nel corso dell’anno.<br />
Gli uomini si riuniscono in gran segreto,<br />
mentre le loro donne pregano in ginocchio<br />
davanti all’effigie della Madonna.<br />
Una donna ruvida con i tratti del volto<br />
contratti le guarda dall’alto della sua<br />
nicchia scavata nella roccia, una madre<br />
accoglie, suo malgrado, altre madri dai<br />
cuori oscuri, boss nell’ombra.
www.isiciliani.it<br />
accadrà ieri REWIND FORWARD accadde domani<br />
a cura di Francesco Feola<br />
Ormai rubano<br />
PURE IL BAMBINELLO...<br />
Nella notte tra il 4 e il 5 <strong>gennaio</strong> viene<br />
sottratto il bambinello dal presepe allestito<br />
in piazza Sant’Oronzo, nel cuore<br />
di Lecce. Nel 2010 era toccato alla statua<br />
della Madonna, mentre nel 2007 ad<br />
uno dei Re Magi. Fino a questo momento<br />
le ricerche non hanno dato alcun<br />
esito.<br />
Raddoppiano<br />
I CITTADINI ONESTI A BARI<br />
Il 9 vengono resi noti gli interventi<br />
compiuti dalla Guardia di Finanza di<br />
Bari nel corso del 2012. Sono quasi<br />
raddoppiate le segnalazioni fatte dai cittadini<br />
in merito a reati di natura fiscale,<br />
come la mancata emissione dello scontrino<br />
da parte dei negozianti e gli affitti<br />
in nero.<br />
“Manager<br />
CONTENTATEVI”<br />
Il 10 la Banca Cantonale di Glarona, in<br />
Svizzera, annuncia che dal 2014 i suoi<br />
top manager non potranno guadagnare<br />
più di 10 dei loro dipendenti con il salario<br />
più basso. E intanto anche a livello<br />
federale si preparano iniziative di legge<br />
per mettere un tetto agli stipendi dei<br />
manager.<br />
C'est tojours<br />
LA VILLE LUMIERE<br />
Il 13 diverse centinaia di migliaia di<br />
persone sfilano per le vie di Parigi per<br />
protestare contro la legge sui matrimoni<br />
tra persone dello stesso sesso. Promessa<br />
da Hollande in campagna elettorale, la<br />
legge comincerà il suo cammino parlamentare<br />
il 29 <strong>gennaio</strong>.<br />
Femministe<br />
A SAN PIETRO<br />
Nelle stesse ore in piazza San Pietro a<br />
Roma quattro attiviste del gruppo femminista<br />
ucraino Femen manifestano a<br />
favore dei diritti degli omosessuali durante<br />
l’Angelus del Papa. Le quattro<br />
donne, che sulle schiene nude mostravano<br />
la scritta “In gay we trust”, sono<br />
state poi fermate dai carabinieri.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 17<br />
La lingua<br />
DI ANA<br />
Il 13 febbraio, a Firenze, presso l'Istituto<br />
storico della Resistenza (via G. Carducci<br />
5) si presenta La lingua di Ana<br />
(Infinito edizioni), un romanzo di Elvira<br />
Mujčić che racconta la storia di<br />
un’adolescente moldava in Italia e dei<br />
suoi sforzi per integrarsi.<br />
www.infinitoedizioni.it<br />
Palestina<br />
per principianti<br />
Il 15 febbraio a Roma, presso il Cinema<br />
Detour (Via Urbana 107), si terrà il secondo<br />
Palestina per principianti, una<br />
rassegna di film e documentari a cura<br />
della Rete romana di solidarietà con la<br />
Palestina. Il programma prevede alle<br />
ore 20.30 il videoreportage "Voi non<br />
potete non sapere", di Nandino Capovila,<br />
e alle 21.00 il film-documentario<br />
“OCCUPATION”, di Sufyan e Abdallah<br />
Omeish, che racconta la vita sotto il<br />
controllo militare e analizza gli elementi<br />
che ostacolano il raggiungimento di<br />
una pace duratura e giusta.<br />
Corso di diritto<br />
DELL'IMMIGRAZIONE<br />
Il 25 febbraio chiudono i termini per le<br />
iscrizioni al corso di specializzazione in<br />
Diritto dell'immigrazione e riconoscimento<br />
della protezione internazionale,<br />
un corso organizzato dall'associazione<br />
Jus&Nomos con la collaborazione<br />
dell’Alto commissariato delle Nazioni<br />
Unite per i Rifugiati, del Consiglio Italiano<br />
Rifugiati e di altre organizzazioni<br />
attive nella tutela dei diritti umani. Il<br />
corso si terrà a Roma, presso la sede<br />
dell'Unicef (via Palestro 68).<br />
segreteria@iusnomos.eu
www.isiciliani.it<br />
IL CASO CATTAFI<br />
Mafia-Stato<br />
La trattativa<br />
continua ora<br />
Trattative per evitare attentati, trattative per difendere il potere politico,<br />
trattative per instaurarne uno nuovo. Difficile, in tutti questi anni,<br />
distinguere fra chi – fra gli uomini dello Stato – trattò “a fin di bene” e chi<br />
per fini eversivi. Comunque le trattative ci furono – e questo ormai non lo<br />
nega più nessuno – e uno dei principali “ambasciatori” fu il boss dei boss<br />
messinese, Rosario Cattafi. Che adesso sta continuando a “trattare”,<br />
riempiendo cartelle su cartelle... di Antonio Mazzeo<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 18
www.isiciliani.it<br />
“Nonostante i “non ricordo” di ministri e presidenti...”<br />
Un immenso cratere in autostrada, allo<br />
svincolo per Capaci. Il gran botto in via<br />
d’Amelio, carcasse d’auto e corpi straziati.<br />
Poi le bombe e le stragi a Roma, Firenze,<br />
Milano. L’offensiva mafiosa, la sapiente<br />
direzione strategica delle centrali<br />
del terrore. E la trattativa degli apparati<br />
infedeli dello Stato. Sino alla capitolazione:<br />
la seconda repubblica di matrice neoliberista,<br />
i nuovi interlocutori politici<br />
all’ombra del biscione, il colpo di spugna<br />
sul carcere duro per boss e gregari.<br />
Vent’anni di segreti e veleni, una tragedia<br />
infinita su cui indagano senza sosta tre<br />
Procure. Per inchiodare i mandanti dal<br />
volto coperto, esecutori e protettori, spie e<br />
doppiogiochisti. Nonostante i “non ricordo”<br />
di ex ministri e presidenti.<br />
Fra Stato e Antistato<br />
Sui presunti registi e intermediari della<br />
trattativa tra Stato e Antistato girano nomi<br />
eccellenti. Alcuni sono deceduti e non potranno<br />
fornire chiarimenti né difendersi. I<br />
Pm di Palermo nutrono forti sospetti<br />
sull’allora capo della polizia Vincenzo Parisi.<br />
E sull’alto dirigente del Sisde, il servizio<br />
segreto civile, Bruno Contrada.<br />
Nella black list c’è pure l’ex capo dei<br />
Ros dei Carabinieri e direttore del Sisde,<br />
Mario Mori. O l’ex ministro Calogero<br />
Mannino che, secondo gli inquirenti,<br />
avrebbe esercitato “indebite pressioni finalizzate<br />
a condizionare in senso favorevole<br />
a detenuti mafiosi la concreta applicazione<br />
del 41bis”: nel novembre ’93 fu<br />
deciso di non rinnovare il carcere duro a<br />
326 mafiosi, 45 dei quali ai vertici di<br />
Cosa nostra, ‘Ndrangheta, Camorra e Sacra<br />
corona unita.<br />
Gli inquirenti ipotizzano che tra i consiglieri<br />
dell’ammorbidimento del regime<br />
detentivo nei confronti della criminalità<br />
organizzata ci fosse l’allora vicecapo del<br />
Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria<br />
(Dap) Francesco Di Maggio, il<br />
magistrato tutto d’un pezzo scomparso<br />
prematuramente nel 1996, noto per<br />
l’inchiesta sulla scalata criminale di Angelo<br />
Epaminonda “il Tebano”, il re delle<br />
bische e della droga di Milano, convertito<br />
in collaboratore di giustizia.<br />
Dopo un breve e travagliato periodo<br />
all’Alto commissariato antimafia, Di<br />
Maggio aveva preferito trasferirsi a Vienna<br />
per fare da consulente giuridico<br />
dell’agenzia antidroga delle Nazioni Unite.<br />
Poi inaspettatamente, nel ’93, veniva<br />
chiamato a Roma per assumere l’incarico<br />
di supervisore delle carceri italiane. Ciò<br />
ha insospettito i Pm palermitani: non<br />
aveva alcuna competenza specifica per<br />
quel ruolo, non era magistrato di corte<br />
d’appello, titolo richiesto dalla legge. Per<br />
aggirare l’ostacolo fu nominato<br />
consigliere di Stato.<br />
Chi e perché lo volle alla guida del<br />
Dap? “L’ho scelto io”, ha spiegato Conso.<br />
“Era una persona che andava un po’ in televisione,<br />
quindi era combattivo, attivo,<br />
era un esternatore e mi era parso molto efficace”.<br />
Di diverso parere l’allora capo<br />
del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria,<br />
Adalberto Capriotti: “Ebbi<br />
l’impressione che a Conso, a sua volta, Di<br />
Maggio gli fu imposto”. I rapporti tra il<br />
guardasigilli e il magistrato erano<br />
tutt’altro che idilliaci. “Una volta ho assistito<br />
a una violentissima lite tra i due”, ha<br />
aggiunto. “Mi misi di mezzo perché Di<br />
Maggio, oltre a dargli del tu, insultava<br />
Conso e io non potevo permetterlo…”.<br />
La nota di Capriotti<br />
Il 29 ottobre 1993 Capriotti aveva sottoscritto<br />
una nota in cui si chiedeva a diverse<br />
autorità istituzionali un parere<br />
sull’eventuale proroga del 41bis a oltre<br />
trecento detenuti “per creare un clima positivo<br />
di distensione nelle carceri”, spiegava<br />
il capo del Dap. La nota fu poi consegnata<br />
a Conso dall’allora capo di gabinetto<br />
del ministero, Livia Pomodoro, odierna<br />
presidente del Tribunale di Milano. “Il<br />
ministro mi diede la direttiva di attendere<br />
ulteriori aggiornamenti, che avrebbero dovuto<br />
essere forniti dal vicecapo Di Maggio”,<br />
racconta Pomodoro. Nessuno però è<br />
in grado di ricordare cosa poi veramente<br />
accadde e quale fu davvero il ruolo del<br />
magistrato richiamato da Vienna.<br />
Quello stesso Di Maggio che in<br />
un’intervista in piena stagione terroristica<br />
si era dichiarato “decisamente a favore”<br />
del carcere duro per i mafiosi. “Era ritenuto<br />
un forcaiolo al Dap perché voleva mantenere<br />
il 41bis, ma riteneva che la sua linea<br />
fosse disattesa dal Ministero degli Interni”,<br />
ha rivendicato il fratello, Salvatore<br />
Di Maggio, all’udienza del processo che<br />
vede imputati il generale Mario Mori e il<br />
colonnello Mauro Obinu per favoreggiamento<br />
aggravato a Cosa nostra dopo la<br />
mancata cattura del superboss Bernardo<br />
Provenzano nel 1995.<br />
A rendere più fitto il mistero è spuntato<br />
un vecchio verbale d’interrogatorio<br />
dell’ispettore della polizia penitenziaria,<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 19<br />
Nicola Cristella, che fa il punto sulle frequentazioni<br />
di allora di Francesco Di<br />
Maggio. Cristella avrebbe dichiarato che,<br />
nell’estate delle bombe del ’93, il magistrato<br />
era solito cenare con il giornalista<br />
Guglielmo Sasinini, poi finito sotto inchiesta<br />
per i dossier illegali di Telecom,<br />
l’immancabile generale-prefetto Mori e il<br />
colonnello dei carabinieri Umberto Bonaventura,<br />
morto nel 2002 per arresto cardiocircolatorio.<br />
Figlio del capocentro del<br />
Sifar a Palermo fra la fine degli anni ’60 e<br />
l’inizio degli anni ’70, Bonaventura era<br />
stato prima membro dei nuclei antiterrorismo<br />
del generale Dalla Chiesa, poi capo<br />
della 1.a divisione del Sismi, il servizio<br />
segreto militare subentrato al Sifar. Cene<br />
sospette. Inopportune. Inquietanti.<br />
Quasi a confermare la relazione privilegiata<br />
tra Mario Mori e il giudice Di Maggio<br />
un’annotazione nell’agenda personale<br />
del militare, alla data del 27 luglio 1993,<br />
vigilia della notte in cui esplosero tre autobombe,<br />
la prima a Milano e le altre due<br />
a Roma, a San Giovanni in Laterano e davanti<br />
alla chiesa di San Giorgio al Velabro.<br />
“Per prob. detenuti mafiosi” c’è scritto<br />
in riferimento ad un appuntamento fissato<br />
quel giorno con Di Maggio.<br />
La notte delle autobombe<br />
Stranamente, cinque mesi prima, la<br />
mattina del 27 febbraio, presso la Sezione<br />
Anticrimine di Roma, Mori aveva incontrato<br />
il magistrato (ancora consulente<br />
dell’agenzia antidroga dell’Onu) per discutere<br />
sull’omicidio del giornalista de La<br />
Sicilia Beppe Alfano, assassinato dalla<br />
mafia l’8 <strong>gennaio</strong> 1993 a Barcellona Pozzo<br />
di Gotto.<br />
E da quanto accertato dal Pm di Firenze,<br />
Gabriele Chelazzi, recentemente<br />
scomparso, Di Maggio e Mori s’incontrarono<br />
nuovamente il successivo 22 ottobre,<br />
congiuntamente all’allora colonnello<br />
Giampaolo Ganzer, poi comandante del<br />
Ros, condannato il 12 luglio 2010 dal Tribunale<br />
di Milano a quattordici anni di reclusione<br />
e 65 mila euro di multa per traffico<br />
di stupefacenti, falso e peculato.<br />
Come Alfano, anche Francesco Di Maggio<br />
era originario di Barcellona, il maggiore<br />
centro tirrenico della provincia di<br />
Messina. E barcellonesi sono pure alcuni<br />
dei padrini in odor di massoneria e servizi<br />
segreti entrati a pieno titolo nelle cronache<br />
nere italiane di quegli anni o certi<br />
strani garanti dell’impunità e del depistaggio<br />
istituzionale. Mere coincidenze, forse.
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“In logge e para-logge s'incontravano notabili e mafiosi”<br />
Ma a Barcellona convergono e s’incrociano<br />
più di un filo investigativo, troppi<br />
attori, programmi eversivi, esplosivi e telecomandi.<br />
La città è crocevia di poteri<br />
più o meno occulti, laboratorio sperimentale<br />
per le alleanze della seconda repubblica,<br />
centro strategico di traffici di droga<br />
ed armi, eldorado delle ecomafie, pontecerniera<br />
tra organizzazioni criminali siciliane,<br />
‘ndrangheta, camorra ed estrema<br />
destra. Un paradiso dorato per i latitanti di<br />
primo livello, come Bernando Provenzano,<br />
Pietro Aglieri e Benedetto Santapaola.<br />
Una Corleone del XXI secolo<br />
Una Corleone del XXI secolo dove<br />
campieri, ex vivaisti e piccoli allevatori<br />
semianalfabeti hanno imposto il proprio<br />
dominio agli eredi di una borghesia locale<br />
consociativa e parassitaria. Una colonia di<br />
cosche efferate, sanguinarie, predatrici. I<br />
vincitori e i perdenti di una guerra che negli<br />
anni ’80 ha lasciato sul campo un centinaio<br />
di morti e una decina di desaparecidos.<br />
Omicidi brutali, corpi arsi vivi nei<br />
greti dei torrenti, minorenni torturati e<br />
sgozzati, arti mozzati. Il devastante saccheggio<br />
delle risorse di un territorio unico<br />
per bellezze e tradizioni; la capacità<br />
d’infiltrazione in ogni livello delle istituzioni.<br />
Mafia finanziaria e imprenditrice, onnipresente<br />
nella gestione delle opere pubbliche<br />
e private, dai lavori ferroviari e autostradali<br />
sulla Messina-Palermo alla discarica<br />
a cielo aperto di rifiuti di Mazzarrà<br />
Sant’Andrea, una delle più grandi del<br />
Mezzogiorno d’Italia, ai complessi turistici<br />
del golfo di Tindari e di Milazzo. E la<br />
bramosia d’impossessarsi del padre di tutte<br />
le Grandi infrastrutture, il Ponte sullo<br />
Stretto.<br />
Per lungo tempo le fittissime rete di relazioni<br />
e contiguità trasversali si sono tessute<br />
all’interno delle logge massoniche<br />
più o meno spurie e nel “circolo<br />
culturale” Corda Fratres, l’officina che ha<br />
forgiato l’élite politica, sociale, economica<br />
e amministrativa locale. Della Fédération<br />
Internationale des Etudiants Corda<br />
Fratres Consulat de Barcellona (questo il<br />
nome ufficiale) sono stati soci e dirigenti<br />
giudici, avvocati, insigni giuristi, poeti,<br />
scrittori, artisti, giornalisti, diplomatici,<br />
militari, liberi professionisti, parlamentari,<br />
sindaci, consiglieri provinciali e comunali.<br />
E un buon numero di frammassoni. Su<br />
36 iscritti nel 1994 alla loggia Fratelli<br />
Bandiera del Grande Oriente d’Italia, ben<br />
14 erano soci Corda Fratres.<br />
Tra i cordafratrini “onorari” pure due<br />
uomini di vertice dei Carabinieri, i generali<br />
Sergio Siracusa (già direttore del Sismi<br />
ed ex comandante dell’Arma) e Giuseppe<br />
Siracusano (tessera n. 1607 della<br />
P2), indicato dalla relazione di minoranza<br />
dell’on. Massimo Teodori sulla superloggia<br />
atlantica come “fedelissimo di Gelli<br />
da antica data”.<br />
Stelle di prima grandezza del panorama<br />
politico-culturale nazionale i partecipanti<br />
ai convegni della Corda. Compreso il vicecapo<br />
Dap Francesco Di Maggio, relatore<br />
all’incontro su Principio di legalità e<br />
carcerazione preventiva, anno 1994.<br />
Gullotti e la Corda Frates<br />
Nel circolo di Barcellona si contano<br />
pure presenze e frequentazioni perlomeno<br />
imbarazzanti. Come quella del mafioso<br />
Giuseppe Gullotti, condannato in via definitiva<br />
quale mandante dell’omicidio di<br />
Beppe Alfano. Gullotti è stato membro<br />
del direttivo di Corda Fratres nel 1989 e<br />
socio fino all’autunno del 1993, quando<br />
fu “allontanato” a seguito dei pesanti rilievi<br />
fatti dalla Commissione parlamentare<br />
antimafia in visita nella città del Longano.<br />
“Venne ordinato uomo d’onore nel<br />
1991, per intercessione del vecchio boss<br />
di San Mauro Castelverde, Giuseppe Farinella”,<br />
ha raccontato Giovanni Brusca.<br />
“Sempre il Gullotti si sarebbe dovuto occupare<br />
di reperire l’esplosivo necessario<br />
per l’attentato che venne progettato tra il<br />
’92 e il ’93 contro il leader del Partito socialista<br />
Claudio Martelli, attraverso l’interessamento<br />
e la mediazione del clan di<br />
Nitto Santapaola”.<br />
“Il telecomando me lo dette Gullotti”<br />
Deponendo al processo Mare Nostrum<br />
contro le cosche della provincia di Messina,<br />
lo stesso Brusca ha dichiarato che il<br />
telecomando da lui adoperato per la realizzazione<br />
della strage di Capaci, gli era<br />
stato materialmente consegnato poco prima<br />
proprio da Gullotti. L’assegnazione al<br />
barcellonese di tale incarico, secondo<br />
Brusca, sarebbe stata patrocinata dal mafioso<br />
Pietro Rampulla (originario di Mistretta),<br />
l’artificiere del tragico attentato<br />
del 23 maggio ‘92 contro Falcone.<br />
“Anch’io avevo rapporti con Gullotti<br />
-ha raccontato nel giugno del 1999 il controverso<br />
collaboratore Luigi Sparacio, già<br />
a capo della criminalità messinese- mi era<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 20<br />
stato presentato da Michelangelo Alfano<br />
come persona vicina a Cosa nostra, e in<br />
tale ambito fornii al predetto uno-due<br />
telecomandi da utilizzare per attentati e<br />
che erano stati per me realizzati su<br />
commissione, da un dipendente<br />
dell’Arsenale militare di Messina…”.<br />
Nome ancora più indigesto dell’albosoci<br />
di Corda Frates quello di Rosario Pio<br />
Cattafi, professione avvocato, ritenuto il<br />
capo dei capi della mafia barcellonese.<br />
“Numerosi collaboratori di giustizia, tra<br />
i quali spiccano Angelo Epaminonda e<br />
Maurizio Avola hanno indicato Cattafi<br />
come personaggio inserito in importanti<br />
operazioni finanziarie illecite e di numerosi<br />
traffici di armi, in cui sono emersi gli<br />
interessi di importanti organizzazioni mafiose<br />
quali, oltre alla cosca Santapaola, le<br />
famiglie Carollo, Fidanzati, Ciulla e<br />
Bono”, hanno scritto i giudici di Messina<br />
nell’ordinanza del luglio 2000 che ha imposto<br />
al Cattafi l’obbligo di soggiorno nel<br />
Comune di Barcellona per la durata di<br />
cinque anni.<br />
I pestaggi insieme a Rampulla<br />
Da <strong>giovani</strong>ssimo egli aveva militato<br />
nelle file della destra eversiva rendendosi<br />
protagonista nell’ambiente universitario<br />
messinese di alcuni pestaggi (unitamente<br />
all’allora ordinovista Pietro Rampulla),<br />
risse aggravate, danneggiamento, detenzione<br />
illegale di armi.<br />
Trasferitosi in Lombardia a metà degli<br />
anni ’70, Cattafi fu sospettato di essere<br />
stato uno dei capi di una presunta associazione<br />
operante a Milano, responsabile del<br />
sequestro, nel <strong>gennaio</strong> 1975, dell’imprenditore<br />
Giuseppe Agrati, rilasciato dopo il<br />
pagamento di un riscatto miliardario.<br />
All’organizzazione fu anche contestata<br />
la compartecipazione nei traffici di stupefacenti<br />
e nella gestione delle case da gioco<br />
per conto delle famiglie mafiose siciliane.<br />
Nel maggio 1984, i presunti appartenenti<br />
alla cellula in odor di mafia furono<br />
raggiunti da un mandato di cattura firmato<br />
dal Pm Francesco Di Maggio. Cattafi, residente<br />
in Svizzera, sfuggì all’arresto. Pochi<br />
giorni dopo fu però l’autorità giudiziaria<br />
locale ad ottenerne l’arresto nell’ambito<br />
di un’inchiesta per traffico di stupefacenti.<br />
Così il 30 maggio dell’84 Di Maggio<br />
potè raggiungere Cattafi in cella a Bellinzona<br />
per un interrogatorio ancora top secret:<br />
i verbali furono infatti trattenuti dalle<br />
autorità elvetiche.
www.isiciliani.it<br />
“Al vertice delle organizzazioni mafiose siciliane”<br />
Negli stessi mesi, Angelo Epaminonda<br />
riferì ai magistrati (tra cui ancora Francesco<br />
Di Maggio) che nel 1983 il Cattafi,<br />
per conto del clan Santapaola, gli aveva<br />
inutilmente proposto di gestire in società<br />
l’attività di cambio-assegni ai giocatori<br />
del casinò di St. Vincent. Il fatto tuttavia<br />
non fu ritenuto rilevante, e il barcellonese<br />
venne tenuto fuori dalle inchieste sulla penetrazione<br />
mafiosa a Milano.<br />
“Cattafi, per conto di Santapaola...”<br />
Di Maggio e Cattafi si sarebbero incrociati<br />
pure nel corso delle indagini<br />
sull’efferato omicidio del Procuratore<br />
capo di Torino, Bruno Caccia. Lo ha raccontato<br />
al Corriere della sera (8 giugno<br />
1995), l’allora sostituto procuratore di<br />
Barcellona Olindo Canali, recentemente<br />
condannato in primo grado a due anni per<br />
falsa testimonianza commessa nel corso<br />
del processo contro le organizzazioni mafiose<br />
barcellonesi Mare Nostrum.<br />
“Fu Di Maggio ad arrestare Cattafi<br />
nell’85 per l’inchiesta sull’omicidio Caccia<br />
a Torino. Fu il giudice istruttore ad assolverlo,<br />
ma rimase dentro per un anno”.<br />
Cattafi, in verità, non venne arrestato a<br />
seguito dell’assassinio del magistrato, ma<br />
fu interrogato in carcere dai pubblici ministeri<br />
milanesi titolari dell’inchiesta. Anche<br />
Canali conosceva da lungo tempo Di<br />
Maggio. Con il magistrato barcellonese,<br />
egli aveva fatto un periodo di tirocinio da<br />
uditore a Milano.<br />
“Sempre Di Maggio, il cui padre era<br />
stato maresciallo dei Carabinieri a Pozzo<br />
di Gotto, m’informò, in generale, sulla situazione<br />
barcellonese prima di trasferirmi<br />
in Sicilia”, ha spiegato Canali.<br />
Un oscuro passaggio sui rapporti tra Di<br />
Maggio e Cattafi fu riportato in quegli<br />
stessi anni in uno dei dossier anonimi fatti<br />
circolare ad arte per screditare la figura<br />
del giudice Antonio Di Pietro e finiti nelle<br />
mani del leader Psi Bettino Craxi, latitante<br />
ad Hammamet.<br />
Bufale e mezze verità<br />
“Cattafi - vi si legge - a Milano, dove<br />
aveva iniziato un’attività nel campo dei<br />
farmaceutici e sanitari, rivede e frequenta<br />
il giudice Francesco Di Maggio, che ha<br />
passato la sua giovinezza fra Milazzo e<br />
Barcellona, dove ha frequentato le scuole,<br />
compreso il liceo (il padre era appuntato<br />
dei carabinieri), e dove ha conosciuto Cattafi,<br />
di cui è coetaneo.<br />
Di Maggio introduce Cattafi nell’ ambiente<br />
dei magistrati, dove pare Cattafi<br />
abbia conosciuto Di Pietro (allora sconosciuto)<br />
e la sua donna, poi divenuta sua<br />
moglie”.<br />
Quella su Di Pietro era una bufala,<br />
quella su Di Maggio una mezza verità. “Il<br />
giudice Di Maggio l’ho visto un paio di<br />
volte e sono stato anche inquisito e poi<br />
prosciolto per una vicenda relativa ad un<br />
conto corrente bancario con sede in Svizzera…”,<br />
ammetterà lo stesso Cattafi in<br />
un’intervista al settimanale Centonove a<br />
fine anni ‘90.<br />
Qualche mese fa, il controverso avvocato<br />
barcellonese è stato arrestato perché ritenuto<br />
uno degli uomini di vertice delle<br />
organizzazioni mafiose siciliane.<br />
Da allora, ha riempito pagine e pagine<br />
di verbali fornendo in particolare tutt’altra<br />
versione sui suoi rapporti con il giudice<br />
Di Maggio. Al centro, ancora una volta, la<br />
trattativa Stato-mafia negli anni delle stragi<br />
e delle bombe in mezza Italia.<br />
Le dichiarazioni di Epaminonda<br />
Il racconto di Cattafi parte da quando<br />
venne arrestato in Canton Ticino e fu sentito<br />
in carcere dal magistrato barcellonese.<br />
“I pm di Milano Di Maggio e Davigo<br />
emisero un mandato di cattura nel quale<br />
ero accusato, fra l’altro, di essere il cassiere<br />
della mafia”, ha raccontato il boss.<br />
“Il mandato fu notificato all’Autorità<br />
svizzera ed io fui arrestato il 17 maggio<br />
1984. All’incirca nello stesso periodo,<br />
quando comunque già Di Maggio si stava<br />
convincendo della mia estraneità alla vicenda<br />
del sequestro Agrati, costui mi<br />
chiese se ero disposto a rilasciare dichiarazioni<br />
sul conto di Salvatore Cuscunà<br />
detto Turi Buatta, indicandolo come uomo<br />
di Santapaola. Ricordo che Epaminonda<br />
aveva fatto dichiarazioni contro il Cuscunà<br />
sostenendo che costui faceva parte della<br />
famiglia Santapaola e che lui stesso<br />
aveva venduto al Cuscunà alcuni chili di<br />
cocaina. Egli negava tutto ciò ed affermava<br />
che Epaminonda lo accusava per malanimo<br />
nei suoi confronti. A questo punto<br />
intervennero le mie dichiarazioni rese al<br />
pm Di Maggio ed io confermai le frequentazioni<br />
fra Angelo Epaminonda e Cuscunà…”.<br />
Cattafi aggiunge che “negli anni<br />
'89-'90”, dopo essere tornato in libertà, ricevette<br />
la visita in casa a Milano di un carabiniere<br />
che gli chiese di raggiungere la<br />
caserma di via Moscova dove lo attendeva<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 21<br />
per un colloquio Francesco Di Maggio.<br />
Giunto in caserma, Cattafi incontrò il giudice<br />
in compagnia del capitano dei carabinieri<br />
Morini.<br />
“Da pochi giorni l'attentato”<br />
“Di Maggio mi comunicò che aveva ricevuto<br />
una nomina presso l’Alto commissariato<br />
antimafia. -ha raccontato - Sempre<br />
in quel frangente, Di Maggio mi disse: so<br />
che lei ha contatti con personaggi di vario<br />
genere, con imprenditori, se lei sa qualcosa<br />
sul riciclaggio di denaro, io sono qui.<br />
Non posso definirmi un informatore di Di<br />
Maggio ma semplicemente una persona<br />
che era entrata in buoni rapporti con costui<br />
e che dunque era disposta a fornirgli<br />
informazioni nel caso in cui ne fossi venuto<br />
a conoscenza. Io garantii la mia disponibilità<br />
ed il dottor Di Maggio mi disse:<br />
da me troverete sempre un amico”.<br />
Cattafi afferma di non aver più rivisto il<br />
magistrato sino al maggio del ‘93: “Di<br />
Maggio si trovava a Messina, mandò un<br />
carabiniere nella casa di mia madre e mi<br />
fece sapere che mi aspettava al bar Doddis,<br />
ed è lì che lo incontrai. Mi disse che<br />
era stato nominato vicedirettore del Dap.<br />
C’erano state le stragi Falcone e Borsellino<br />
e da pochi giorni l’attentato a Maurizio<br />
Costanzo. Dobbiamo bloccarli questi porci,<br />
mi disse. Dobbiamo prendere la cosa<br />
in mano e portare avanti una trattativa, il<br />
concetto era quello, ma non so se usò questa<br />
parola”.<br />
“Promettergli qualunque cosa”<br />
Di Maggio aveva individuato un potenziale<br />
interlocutore, Benedetto Santapaola,<br />
al tempo latitante, ritenendolo un capomafia<br />
“più malleabile”.<br />
“Di Maggio mi chiese se, attraverso il<br />
boss Salvatore Cuscunà che avevo frequentato<br />
a Milano nell’Autoparco di via<br />
Salomone, potevo cercare un contatto con<br />
Santapaola, che non ho mai conosciuto,<br />
per tentare di aprire un dialogo - ha aggiunto<br />
Cattafi - dovevo contattare l’avvocato<br />
di Cuscunà promettendogli qualunque<br />
cosa, tutti i benefici possibili per il<br />
suo cliente, pur di riuscire a parlare con<br />
Santapaola per riuscire a trovare nuove<br />
strade per disinnescare la violenza di Cosa<br />
nostra. Mi parlò anche di dissociazione<br />
ma così…”.<br />
Stando a Cattafi, al faccia a faccia con il<br />
magistrato si aggiunsero in un secondo<br />
tempo anche i carabinieri del Ros.
“Al bar giunsero cinque-sei persone, alcune<br />
delle quali in divisa ed altre in borghese.<br />
Ricordo ancora che Di Maggio mi<br />
presentò nominativamente tutti i carabinieri<br />
presenti. Anzi aggiunse che per le<br />
eventuali esigenze avrei dovuto contattare<br />
due di essi (…). Qualcuno di questi ufficiali<br />
era particolarmente spiritoso e raccontava<br />
barzellette. Non escludo che fra<br />
costoro ci fosse anche il generale Mori,<br />
ma onestamente non posso dirlo con certezza”.<br />
Il racconto, in verità, è poco convincente.<br />
“Ma se Cattafi da decenni è in<br />
rapporti con Santapaola perché rivolgersi<br />
a terzi per avere un tramite?”, si domanda<br />
l’avvocato Fabio Repici nell’e-book “La<br />
peggio gioventù”, pubblicato con il numero<br />
scorso de I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>. “E perché<br />
poi incontrare il giudice a Messina quando<br />
Cattafi poteva incontrarlo più comodamente<br />
in qualche ufficio romano?”.<br />
Santapaola a Barcellona<br />
Lo stesso Santapaola fu arrestato a<br />
Mazzarrone, in provincia di Catania, il 18<br />
maggio 1993, qualche giorno dopo il presunto<br />
incontro Cattafi-Di Maggio a Messina<br />
e dopo aver liberamente scorrazzato<br />
“latitante” nel barcellonese almeno fino al<br />
29 aprile di quell’anno.<br />
Una prova certa della presenza di Santapaola<br />
nella città del Longano è emersa<br />
dalle intercettazioni telefoniche e ambientali<br />
avviate subito dopo l’uccisione del<br />
giornalista Beppe Alfano.<br />
E come poi accertato dal Servizio anticriminalità<br />
organizzata della Guardia di<br />
Finanza, tra il 30 aprile e il 2 maggio<br />
1993, in un hotel della città di Milazzo<br />
avevano preso alloggio il fratello di don<br />
Nitto, Giuseppe Santapaola, sua moglie, i<br />
quattro figli e il pregiudicato catanese Salvatore<br />
Di Mauro.<br />
Quell'albergo di Milazzo<br />
Responsabile dell’ufficio contabile di<br />
quell’albergo era il barcellonese Stefano<br />
Piccolo, commercialista di fiducia di Rosario<br />
Cattafi. E la moglie, Ferdinanda Corica,<br />
ha ricoperto sino a tempo fa l’incarico<br />
di rappresentante legale e socia della<br />
Dibeca Sas, la società tuttofare della famiglia<br />
Cattafi oggi tra i beni posti sotto sequestro<br />
dalla DDA peloritana. Strane<br />
coincidenze. Davvero.<br />
Rosario Cattafi ha pure spiegato di avere<br />
avuto un altro contatto con Francesco<br />
www.isiciliani.it<br />
“L'indisturbata “latitanza” del boss mafioso”<br />
Di Maggio nel carcere di Opera tra il<br />
1994 e il 1995, dopo il suo arresto<br />
nell’ambito dell’inchiesta sui traffici di<br />
armi e droga nell’Autoparco di Milano.<br />
“Nella stanza del direttore”<br />
“Mentre ero detenuto a Milano fui convocato<br />
nella stanza del direttore, dottore<br />
Fabozzi”, riferisce Cattafi. “Una volta che<br />
venni portato lì trovai il dottor Di Maggio.<br />
Costui mi comunicò che presso il carcere<br />
di Opera era o forse sarebbe arrivato il palermitano<br />
Ugo Martello, che io non conoscevo.<br />
Di Maggio mi disse che si trattava<br />
di un personaggio importante appartenente<br />
alla mafia palermitana e che proveniva<br />
dal 41bis e che era stato collocato nel mio<br />
stesso carcere e nella mia stessa sezione.<br />
Di Maggio mi chiese di recare un preciso<br />
messaggio al Martello che doveva essere<br />
poi recapitato agli altri mafiosi palermitani.<br />
Il Martello, in sostanza, doveva riferire<br />
che si doveva portare avanti il discorso<br />
della dissociazione e che in cambio costoro<br />
avrebbero ricevuto dei vantaggi da parte<br />
delle Istituzioni. Di Maggio mi specificò<br />
che in questo modo, ci sarebbe stato un<br />
atteggiamento di emulazione da parte dei<br />
mafiosi cosicché dopo le prime dissociazioni<br />
ben presto ne sarebbero arrivate tante<br />
altre. Di Maggio mi fece l’esempio del<br />
bastone e della carota e mi disse che la carota<br />
sarebbe conseguita a questa eventuale<br />
dissociazione. Mi ribadì che io potevo<br />
promettere qualsiasi cosa…”.<br />
Il messaggio a Cuscunà<br />
La lusinghiera proposta avrebbe però<br />
scatenato le proteste del pregiudicato.<br />
“Gli risposi male, rinfacciandogli che mi<br />
ero prestato a recare il messaggio a Cuscunà<br />
come mi era stato richiesto e tuttavia<br />
mi trovavo in carcere ingiustamente…<br />
Di Maggio mi rispose: per quella vicenda<br />
abbiamo risolto, abbiamo fatto tutto, tutto<br />
a posto, senza specificarmi altro”.<br />
Cattafi avrebbe incontrato Cuscunà nel<br />
centro clinico del carcere milanese di san<br />
Vittore.<br />
“Presso quello stesso centro, in un’altra<br />
stanza posta sulla mia sinistra c’era il Cuscunà.<br />
Costui mi trattò malissimo dal momento<br />
che lo avevo accusato nell’ambito<br />
del procedimento Autoparco. Io cercai di<br />
calmarlo: ti dico una cosa che forse può<br />
aiutarti a farti uscire e gli riferii quello che<br />
mi aveva detto il Di Maggio: che se fossi<br />
riuscito a trovare un contatto con il Santa-<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 22<br />
paola c’era la disponibilità del giudice a<br />
fargli ottenere gli arresti domiciliari”.<br />
L’allora direttore Aldo Fabozzi, odierno<br />
provveditore dell’amministrazione penitenziaria<br />
della Lombardia, ha seccamente<br />
respinto sul settimanale Panorama le dichiarazioni<br />
del barcellonese: “All’epoca<br />
non c’era il regime del 41bis ad Opera e<br />
nella mia lunga esperienza professionale,<br />
mai ho permesso che un detenuto oltrepassasse<br />
la porta carraia”.<br />
Fabozzi ha tuttavia ammesso di aver conosciuto<br />
molto bene il giudice Di Maggio.<br />
“Posso garantire che era un magistrato serio,<br />
fra i migliori, con valori istituzionali<br />
ferrei e inossidabili, mai avrebbe trattato<br />
con la mafia, mai sceso a compressi o a<br />
semplici contatti con malavitosi. Queste<br />
dichiarazioni sono un affronto alla memoria<br />
di un magistrato per bene e alla sua intelligenza”.<br />
Diversamente la pensava Loris<br />
D’Ambrosio, il consigliere del Quirinale<br />
scomparso prematuramente qualche tempo<br />
fa. “La linea di Di Maggio era quella<br />
di consentire un agevole accesso nelle<br />
carceri ai suoi amici che in qualche modo<br />
collaboravano, come confidenti…”, si lasciò<br />
sfuggire in un colloquio telefonico<br />
del 25 novembre 2011 con l’ex ministro<br />
degli interni Nicola Mancino, che lamentava<br />
le modalità d’indagine sulla “trattativa”<br />
dei magistrati di Palermo.<br />
Nel carcere di Sollicciano<br />
Come se non bastasse, il 28 settembre<br />
2012 Rosario Cattafi ha raccontato ai Pm<br />
di Messina di aver avuto rapporti telefonici<br />
con il giudice Di Maggio anche quando<br />
era detenuto in isolamento nel carcere di<br />
Sollicciano.<br />
“Venivo portato nella stanza del direttore<br />
Quattrone, costui chiamava al telefono<br />
il Ministero e mi passava il dottore Di<br />
Maggio. Il suo ufficio era al primo piano,<br />
di fronte all’ingresso avvocati. Di Maggio<br />
anche in questo caso mi esortò ad avere<br />
contatti con Cuscunà”.<br />
Per la cronaca, il direttore Paolo Maria<br />
Quattrone è morto suicida nel luglio del<br />
2010 dopo essere stato rinviato a giudizio<br />
per abuso d’ufficio, nell’ambito di<br />
un’inchiesta sui lavori di ammodernamento<br />
del carcere di Cosenza. A difenderne la<br />
memoria sono scesi in campo i familiari<br />
che in una lettera aperta hanno definito<br />
come ridicole, oltraggiose e vergognose le<br />
parole di Cattafi.
“Gli inquirenti<br />
hanno accertato<br />
che fra il 1990 e il 1993<br />
Marcello Dell’Utri realizzò<br />
58 viaggi aerei tra Roma<br />
e la Sicilia. Di essi, ben 34<br />
ebbero come destinazione<br />
la città di Catania,<br />
per lo più concentrati<br />
nell'arco del 1992”<br />
“Il dottor Quattrone è sempre stato un<br />
leale e integerrimo uomo di Stato, di Giustizia<br />
e di Cultura”, hanno spiegato. “Dalla<br />
‘ndrangheta ha ricevuto numerose intimidazioni<br />
e attentati. Il più grave, una<br />
bomba esplosa nella sua camera da letto,<br />
quando dirigeva il carcere di Reggio Calabria.<br />
L’allora capo del Dap, Nicolò Amato,<br />
per salvargli la vita lo trasferì a Sollicciano”.<br />
Chi non ha voluto il 41 bis nel '93?<br />
Nicolò Amato ha ricoperto l’incarico al<br />
Dap fino al 4 giugno 1993 quando fu sostituito<br />
da Adalberto Capriotti.<br />
Originario di Messina, animatore negli<br />
anni ’50 dell’associazione “universitaria”<br />
Corda Fratres insieme a Franco Antonio<br />
Cassata (odierno Procuratore generale<br />
della città dello stretto) e Francesco Paolo<br />
Fulci (poi ambasciatore a Washington e<br />
alla Nato e, negli anni delle stragi mafiose,<br />
direttore del Cesis, il comitato esecutivo<br />
dei servizi segreti), Amato ha poi intrapreso<br />
l’attività di avvocato. Tra i suoi assistiti,<br />
secondo Massimo Ciancimino, il<br />
padre don Vito “su consiglio del generale<br />
Mario Mori”.<br />
Adesso Nicolò Amato sostiene che fu<br />
proprio Francesco Di Maggio a non aver<br />
voluto il rinnovo del 41bis contro i mafiosi<br />
nel novembre del ’93.<br />
“Amato nulla ha saputo (o voluto o potuto)<br />
dire, però, su un documento, da lui<br />
Fabio Repici La peggio gioventù<br />
Mafia, estremisti neri, servizi segreti<br />
Rapporto su Rosario Cattafi<br />
scaricabile liberamente su http://www.isiciliani.it/<br />
www.isiciliani.it<br />
redatto nel marzo 1993, nel quale veniva<br />
sollecitata la messa in mora della normativa<br />
sul carcere duro per i mafiosi”, rilevano<br />
l’avvocato Fabio Repici e Marco Bertelli<br />
in una documentata inchiesta giornalistica.<br />
“Quella nota dell’ex capo del Dap faceva<br />
riferimento ad orientamenti già emersi<br />
il 12 febbraio 1993, lo stesso giorno<br />
dell’insediamento di Conso al posto di<br />
Martelli in via Arenula, nel corso di una<br />
seduta del comitato nazionale per l’ordine<br />
e la sicurezza pubblica (…) Nei verbali di<br />
quel comitato, risulta che fu lo stesso Nicolò<br />
Amato a sollecitare un alleggerimento<br />
del 41bis”.<br />
E i giochi in quei tragici giorni delle<br />
stragi si fanno ancora più torbidi.<br />
I giorni delle stragi<br />
Nelle carte della Procura palermitana<br />
sulla trattativa Stato-mafia si ripete, troppo<br />
spesso, il nome del senatore Marcello<br />
Dell’Utri, una condanna in appello per<br />
concorso esterno in associazione mafiosa<br />
annullata con rinvio dalla Cassazione.<br />
Dell’Utri, per gli inquirenti, potrebbe<br />
essere stato uno dei maggiori “intermediari”<br />
con Cosa nostra che cercava d’imporre<br />
gli obiettivi del papello minacciando altro<br />
sangue dopo Capaci e via d’Amelio.<br />
Nel biennio 92-93, secondo alcuni collaboratori<br />
di giustizia, il manager di Publitalia<br />
sarebbe stato un visitatore abitudi-<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 23<br />
nario del messinese. Maurizio Avola ha riferito<br />
di avere accompagnato nel 1992 a<br />
Barcellona Pozzo di Gotto il boss Marcello<br />
D’Agata per un appuntamento con<br />
Dell’Utri.<br />
Nel corso di un interrogatorio davanti ai<br />
Pm di Catania e Caltanissetta, Avola ha<br />
pure accennato ad un incontro avvenuto -<br />
sempre a Barcellona - tra Marcello<br />
Dell’Utri e i boss catanesi Aldo Ercolano,<br />
Nino Pulvirenti e Benedetto Santapaola.<br />
I viaggi di Dell'Utri<br />
Gli inquirenti hanno accertato che nel<br />
periodo compreso tra il 1990 e il 1993,<br />
Marcello Dell’Utri ha realizzato ben 58<br />
viaggi aerei tra Roma e la Sicilia, di cui<br />
ben 34 da e per Catania nel solo 1992.<br />
Nella loro requisitoria al processo contro<br />
il braccio destro di Silvio Berlusconi, i<br />
pubblici ministeri di Palermo riportano<br />
che, quando Santapaola era ospite dei clan<br />
barcellonesi, Rosario Cattafi si teneva in<br />
contatto con l’utenza in uso a Giuseppe<br />
Gullotti.<br />
“E non deve sfuggire che lo stesso Cattafi<br />
è stato identificato come soggetto più<br />
volte chiamato da persone appartenenti al<br />
circuito del Dell’Utri, cioè da persone entrate<br />
con lui in contatto telefonico od esistenti<br />
nelle sue agende”, specificano i pm.<br />
Sempre e ancora Cattafi. E l’inferno di<br />
Barcellona Pozzo di Gotto.<br />
kindle/ ipad/ pdf
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Calabria/ Informazione<br />
“Viva Sansonetti<br />
con tutti i filistei”<br />
Dopo l'epurazione di<br />
Paride Leporace e di<br />
Paolo Pollichieni, Piero<br />
Sansonetti smorza la<br />
dissidenza e la critica<br />
che ha coinvolto CalabriaOra<br />
e gli editori<br />
Fausto Aquino e Piero<br />
Citrigno<br />
di Rocco Lentini<br />
Angela Napoli, ex finiana, componente<br />
della commissione antimafia, in<br />
un'intervista pubblicata da Il Fatto<br />
Quotidiano il 1 luglio 2010, definì “allarmante<br />
problema etico la partecipazione<br />
ad una festa con i boss”, riferendosi alla<br />
presenza del governatore della Calabria<br />
Giuseppe Scopelliti alla festa dei Barbieri,<br />
come emerso nel corso dell'operazione<br />
Meta. Angela Napoli parlò apertamente<br />
della “democrazia calabrese<br />
come di una palude melmosa, in cui la<br />
connessione fra ‘ndrangheta e politica<br />
continua ad essere forte e radicata, in<br />
un intreccio di poteri mafiosi e<br />
massoni”.<br />
A Scopelliti si addebitano la candidatura<br />
e l’elezione di Massimo Labate, ex capogruppo<br />
An, arrestato per collusioni mafiose,<br />
come il consigliere regionale Santo Zappalà,<br />
ex sindaco di Bagnara, arrestato e ancora<br />
detenuto con l’accusa di essere il referente<br />
delle cosche di San Luca. Ma il “modello<br />
Reggio” non finisce qui . I locali utilizzati<br />
per la sua campagna elettorale del<br />
2007 furono messi a disposizione dal “re<br />
dei videopoker” Nino Campolo.<br />
Da qua il sospetto del sostegno alle<br />
campagne elettorali da parte della 'ndrangheta,<br />
aspetto che emerge dalle dichiarazioni<br />
del pentito Nino Fiume nell’ambito<br />
del processo “Testamento”. A questo si aggiunga<br />
il contributo concesso a Paolo e<br />
Francesca Labate, figli del boss Michele,<br />
beneficiari di un finanziamento comunale<br />
di novantamila euro per l'apertura di un<br />
salumificio e il tenore delle intercettazioni<br />
dei consiglieri comunali Marcianò e Flesca,<br />
contenute nell'Operazione “Meta”,<br />
dalle quali si delinea, sull'asse di commistioni<br />
politica-mafia-imprenditoria, il quadro<br />
dei suoi consensi elettorali.<br />
Un ginepraio che ha portato allo<br />
scioglimento del comune di Reggio Calabria<br />
e che fornisce elementi quotidiani a<br />
CalabriaOra, che Paolo Pollichieni ha diretto<br />
da quando è stato epurato il direttorefondatore<br />
Paride Leporace – attualmente<br />
alla guida del Quotidiano della Basilicata<br />
– insieme ad un gruppo di bravi giornalisti<br />
calabresi.<br />
Gli albori di Calabria Ora<br />
Leporace, già caporedattore centrale del<br />
Quotidiano della Calabria – giornale dove<br />
ha lavorato fin dalla fondazione nel giugno<br />
del 1995 contribuendo con Ennio Simeone<br />
a farne uno dei giornali più letti<br />
della regione – ha ricoperto il ruolo di direttore<br />
responsabile di CalabriaOra e ha<br />
fatto aumentare la lettura dei quotidiani in<br />
una regione con indici molto bassi di diffusione,<br />
portando le vendite a settemila<br />
copie al giorno.<br />
Nella sua breve direzione, durata tredici<br />
mesi, il giornale si è caratterizzato per<br />
alcuni scoop ripresi dai maggiori mass<br />
media italiani e in un anno e mezzo è<br />
riuscito a dargli un’anima e un ruolo nel<br />
dibattito politico e culturale.<br />
Poi è stato costretto a lasciare le inchieste<br />
sulle collusioni tra politica e criminalità<br />
organizzata e sull’omicidio di Francesco<br />
Fortugno, vice presidente della Regione<br />
Calabria assassinato il giorno delle primarie<br />
nel seggio elettorale: un caso da nascondere<br />
a tutti i costi. Una storia che<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 24<br />
nessuno ha raccontato fino in fondo. Si è<br />
preferito – come scrive Piero Orsatti –<br />
dimenticarla nel cassetto della memoria. È<br />
la storia della nascita e dei primi anni di<br />
vita di Calabria Ora, tuttora in edicola ma<br />
con un corpus redazionale mutato. Il<br />
clima attorno alla direzione di Leporace,<br />
nonostante i grandi successi, mutò infatti<br />
in brevissimo tempo. Gli editori tentarono<br />
di addomesticare un'inchiesta nella quale<br />
risultò coinvolto un politico di Forza<br />
Italia. La vicenda si dipanava in un<br />
ristorante dove si incontrava la politica<br />
calabrese e uno degli editori chiese a<br />
Leporace di non mettere il nome del<br />
politico in prima pagina. Poi la condanna<br />
per usura di Piero Citrigno, uno degli<br />
editori, e la pubblicazione della notizia.<br />
È il tempo di “Why not”, delle inchieste<br />
di Luigi De Magistris, del disvelamento<br />
dell’intreccio fra affari e politica in Calabria;<br />
Leporace e i giornalisti di CalabriaOra<br />
puntano a smascherare le terribili commistioni<br />
emerse, non ancora del tutto,<br />
sull'omicidio Fortugno, sulle connivenze,<br />
sui gruppi di potere, sulle dichiarazioni<br />
profetiche di Francesco Cossiga che prevedeva<br />
nel mese di giugno "omicidi eccellenti<br />
in Calabria".<br />
Ma gli editori Fausto Aquino, amministratore<br />
delegato, vicepresidente nazionale<br />
della Piccola industria e Piero Citrigno,<br />
direttore generale della società editoriale<br />
Cec Sc. indirizzano, decidono, censurano.<br />
“Quando ci cacciarono”<br />
La Calabria è una regione complicata,<br />
difficile, qui le regole non esistono per una<br />
classe dirigente insensibile, inadeguata,<br />
sulla quale la classe politica ed il consiglio<br />
regionale più inquisito d'Italia stendono la<br />
patina di legittimità conferita loro dal consenso<br />
popolare. Per Leporace l'esilio resta<br />
l'unica alternativa possibile. Alcuni dei<br />
giornalisti vengono costretti alle dimissioni<br />
o allontanati, anche quelli che hanno<br />
contribuito alla fondazione, come il sottoscritto,<br />
lavorando senza retribuzione per<br />
tredici mesi (si offre un contratto a riga:<br />
quattro centesimi, prendere o lasciare).
Scheda<br />
CITRIGNO E AQUINO:<br />
LE MANI SU L'ORA<br />
L'Ora, dichiaratamente di sinistra, ha<br />
rappresentato, attraverso le coraggiose<br />
inchieste contro i poteri occulti, l’indagine,<br />
i servizi, l’informazione di frontiera<br />
facendo del giornalismo uno strumento<br />
di lotta politica. La testata palermitana<br />
ha però pagato a caro prezzo l'attività di<br />
denuncia di piccoli e grandi scandali,<br />
corruzione, collusioni politiche: in termini<br />
di sacrifici umani, infatti, è il quotidiano<br />
che nella storia della stampa italiana<br />
ha il più alto numero di giornalisti uccisi<br />
dalla mafia: Mauro De Mauro, Cosimo<br />
Cristina, Giovanni Spampinato.<br />
Il quotidiano non fu però solo questo.<br />
La redazione palermitana è stata centro<br />
di cultura e di aggregazione per un numero<br />
impressionante di intellettuali italiani:<br />
Vicenzo Consolo, Danilo Dolci,<br />
Gioacchino Lanza Tomasi, Vittorio Nisticò,<br />
Salvatore Quasimodo e Giuliana<br />
Saladino. Accanto a queste “penne” vi<br />
erano anche i “pennelli” di Renato Guttuso<br />
e le “matite” di Bruno Caruso. Alla<br />
fine degli anni Ottanta il Pci decise di<br />
cedere la gestione editoriale del quotidiano<br />
alla società Nuova Editrice Meridionale,<br />
ma i contrasti tra i rappresentanti<br />
della cooperativa e i fiduciari del<br />
partito sugli indirizzi editoriali, portarono<br />
alla decisione del Pci di sostituire in<br />
blocco il gruppo dirigente del giornale.<br />
Segnò il destino del quotidiano. La tiratura<br />
calò a picco passando da 25 mila<br />
copie a poco più di mille, fino a cessare<br />
le pubblicazioni nel 1992. Nel 2000 la<br />
proprietà giunse nelle mani dell'imprenditore<br />
Vinicio Boschetti, poi arrestato<br />
per bancarotta fraudolenta, che riportò<br />
la storica testata in edicola per un breve<br />
periodo prima del passaggio agli imprenditori<br />
calabresi Piero Citrigno e<br />
Fausto Aquino.<br />
Si aprono delle vertenze legali, qualcuno<br />
intenta causa presso il Tribunale di Palmi<br />
ma, dopo anni d'attesa, deve prendere atto<br />
che la Cec Sc cambia, si svuota, e aumentano<br />
le scatole cinesi. La Cec Sc Acquisisce<br />
due marchi importanti, storici, quello<br />
del giornale siciliano L’Ora e quello del<br />
romano Paese Sera e oggi la società che<br />
edita CalabriaOra, affidata all'amministratore<br />
unico Nunzio Aquino – solo omonimo<br />
di uno dei compratori – si chiama<br />
proprio Paese Sera. La società "Paese<br />
Sera srl".<br />
www.isiciliani.it<br />
Chi sono gli editori<br />
Ma chi sono gli editori di CalabriaOra?<br />
Piero Citrigno. Il 15 dicembre del 2006,<br />
davanti alla seconda sezione penale del<br />
Tribunale di Cosenza si conclude, con diciotto<br />
condanne, il processo per la maxioperazione<br />
dell’inchiesta anti-usura “Twister”,<br />
condotta dai Carabinieri e dalla Direzione<br />
distrettuale antimafia di Catanzaro<br />
nel 2004 contro un’organizzazione che gestiva<br />
un vasto giro di usura a Cosenza,<br />
un’associazione a delinquere capace di tenere<br />
mezza città in pugno con prestiti usurari<br />
che hanno creato una vera e propria<br />
economia parallela; sequestrano 30 milioni<br />
di euro in beni e società, ma soprattutto<br />
arrestano 39 persone per associazione per<br />
delinquere di stampo mafioso, usura,<br />
estorsione e riciclaggio. Tra questi Piero<br />
Citrigno, al quale fu inflitta una pena di 3<br />
anni e 8 mesi di reclusione.<br />
Leporace e gli altri pubblicano. È la<br />
goccia che fa traboccare il vaso. Qualche<br />
mese dopo, il 10 aprile 2007, avviene il<br />
cambio della guardia alla direzione del<br />
quotidiano calabrese. L'incarico di direttore<br />
passa a Paolo Pollichieni.<br />
La difesa dell’imprenditore e anche la<br />
Procura hanno proposto appello, chiedendo<br />
rispettivamente l'assoluzione<br />
dell’imputato e l’aggravamento della condanna;<br />
il 9 febbraio 2010, la pena inflitta<br />
in primo grado è aggravata. Il collegio di<br />
secondo grado ha ritenuto l’editore di “Calabria<br />
Ora” Pietro Citrigno colpevole del<br />
reato di usura e ha rideterminato la pena in<br />
4 anni e 8 mesi di reclusione, 10 mila euro<br />
di multa ed il risarcimento alle parti civili<br />
da liquidarsi in separata sede. L'impianto<br />
accusatorio resiste anche alla Cassazione,<br />
che il 17 giugno conferma le condanne,<br />
anche se la posizione di Citrigno viene<br />
stralciata per richiesta degli avvocati.<br />
La vicenda “Sanitopoli”<br />
Paolo Pollichieni, massone, nel luglio<br />
1999 fu vittima di un attentato dinamitardo<br />
che gli distrusse l'auto. In quell'anno<br />
però ci fu un altro episodio analogo: a febbraio<br />
fu bruciata la vettura di Giuseppe<br />
Costantino, allora direttore generale<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 25<br />
dell'Asl numero 11. Nella stessa estate, gli<br />
investigatori intercettarono una telefonata<br />
tra il giornalista e Marco Minniti, ex sottosegretario<br />
alla presidenza del Consiglio<br />
nel governo D'Alema, nonché compagno<br />
di scuola dello stesso Pollichieni.<br />
Minniti, parlando al telefonino di Pollichieni,<br />
rassicurava il direttore della Gazzetta<br />
del Sud Nino Calarco, all'epoca presidente<br />
della "Ponte sullo Stretto", che<br />
avrebbe fatto di tutto per inserire in finanziaria<br />
5-6 miliardi per pagare gli advisor<br />
della società rimasti senza una lira.<br />
«La chiamo oggi perché sono qui a<br />
Scilla con Marco e la voleva salutare» dice<br />
il giornalista al proprio direttore, Nino Calarco,<br />
nel corso di una telefonata intercettata<br />
dagli investigatori il 30 luglio 1999. Il<br />
cellulare passa al politico diessino: «Senti<br />
una cosa... l'unica potenza che tu non riesci<br />
a esplicare... con questi maledetti burocrati<br />
del ministero dei Lavori Pubblici...<br />
ancora questo decreto del bando non c'è!».<br />
Si tratta di un bando per il finanziamento<br />
della Società Stretto di Messina: Calarco,<br />
il presidente, vorrebbe che fosse acquisita<br />
dall'Anas. Un tema già trattato direttamente<br />
dal direttore della Gazzetta col premier<br />
Giuliano Amato. Minniti: «Con Giuliano<br />
Amato come è andata?». Calarco:<br />
«Oh! Favoloso, favoloso... Però il<br />
problema caro Marco è che bisogna trovare<br />
nella Finanziaria un po' di spiccioli perché<br />
io debbo chiudere la società perché<br />
non ho più una lira! ... Non è che è una<br />
grossa cifra... 4... 5 miliardi...».<br />
Anche il generale dei carabinieri Francesco<br />
Delfino (condannato in primo grado<br />
per truffa ai danni dell'imprenditore sequestrato<br />
Giuseppe Soffiantini) in una telefonata<br />
intercettata il 9 settembre '99 si rivolgeva<br />
a Pollichieni per sollecitare un intervento<br />
di Minniti in relazione alla sua vicenda<br />
processuale.<br />
Si aprono le indagini che conducono<br />
all'arresto, l'anno dopo, di undici<br />
personalità tra cui anche Paolo Pollichieni,<br />
allora responsabile della redazione reggina<br />
della Gazzetta del Sud, il più filogovernativo<br />
quotidiano meridionale.
Scheda<br />
“IL GATTO E LA VOLPE”<br />
PERDONO PAESE SERA<br />
Il "gatto e la volpe" perdono Paese<br />
Sera. Si gioca sull'asse Roma-Cosenza<br />
il futuro dello storico quotidiano. A disputarselo<br />
Citrigno e Aquino da una<br />
parte e la Nuovo Paese Sera srl, una<br />
società editoriale che fa capo al commercialista<br />
romano Massimo Vincenti.<br />
La battaglia legale allontana, per il momento,<br />
i discussi imprenditori calabresi<br />
da Paese Sera. Non basta pubblicare<br />
qualche numero unico di una testata<br />
per mantenerne la proprietà. Lo stabilisce<br />
una "calda" sentenza dell'estate<br />
scorsa del Tribunale Civile di Roma, IX<br />
sezione, che ha rigettato il ricorso di<br />
Pietro Citrigno e Fausto Aquino editori<br />
di CalabriaOra, per rivendicare la proprietà<br />
di Paese Sera. Il "gatto e la volpe"<br />
già editori de La Provincia Cosentina,<br />
avevano rilevato nel 2008 il marchio<br />
attraverso la Pieffe Holding. Dal '99 la<br />
testata usciva con un numero unico<br />
all'anno; da qui l'estinzione di ogni diritto<br />
da parte dei vecchi proprietari che<br />
hanno venduto ai due la testata, visto<br />
che, come osserva il giudice Massimo<br />
Falabella con rinvio alla legge sulla tutela<br />
della proprietà intellettuale, "la pubblicazione<br />
con cadenza annuale di un<br />
quotidiano è senz'altro assimilabile a<br />
una non pubblicazione".<br />
La sentenza spiana adesso la strada<br />
alla cordata di imprenditori romani raccolti<br />
intorno ad Alessio D'Amato, ex<br />
consigliere regionale del Pd, che nell'<br />
estate del 2007 si era fatto tra i promotori<br />
del rilancio di Paese Sera, registrandone<br />
il marchio e il dominio internet. Nel<br />
novembre dello stesso anno è così nata<br />
la Nuovo Paese Sera srl, una società<br />
editoriale che dopo diversi passaggi<br />
azionari fa oggi capo al commercialista<br />
Massimo Vincenti (46%), presidente del<br />
collegio sindacale dell'Agenzia Sviluppo<br />
Lazio, all'imprenditore Roberto Capecchi<br />
(25%), e per le restanti quote a Giuseppe<br />
Diana, Alessandro Radicchi, Angelo<br />
Muzio (già socio degli Editori Riuniti)<br />
e alla Umbra tel coop.<br />
Per il giornalista furono disposti i domiciliari,<br />
anziché i due anni di reclusione.<br />
Secondo gli inquirenti, con i suoi articoli<br />
aveva contribuito a delegittimare il direttore<br />
dell'Asl oltre ad “avere, in concorso con<br />
altri esponenti del mondo politico ed imprenditoriale,<br />
costituito un gruppo di potere<br />
politico-affaristico-imprenditoriale che,<br />
www.isiciliani.it<br />
avvalendosi delle specifiche competenze e<br />
dei relativi ambiti di intervento di ciascuno,<br />
previa ripartizione dei ruoli, nel campo<br />
della politica, della informazione, della<br />
amministrazione pubblica e privata, era in<br />
grado di condizionare l’indirizzo gestionale<br />
dell’Azienda Ospedaliera di Reggio Calabria,<br />
facendo ricorso all’intimidazione<br />
ed al ricatto per conseguire il controllo degli<br />
appalti e servizi relativi alla detta<br />
Azienda e per pilotare nomine ed incarichi<br />
di dirigenti sanitari ed amministrativi". La<br />
delegittimazione pubblica permise la rimozione<br />
dall'incarico di Costantino ad appannaggio<br />
di Neri prima e Cosentino poi,<br />
entrambi intenzionati ad appoggiare la<br />
Edil Minniti nelle gare di appalto. Pollichieni<br />
sarà poi assolto in Appello.<br />
Sulla vicenda – anche perché alcuni degli<br />
inquisiti appartenevano ai Ds – si avventarono<br />
nel 2003, con una interrogazione<br />
parlamentare, i deputati di Alleanza<br />
Nazionale Meduri, Bevilacqua ed altri.<br />
Nel 2008, il direttore del quotidiano CalabriaOra<br />
è coinvolto nell’inchiesta sulla<br />
malasanità che ha portato all’arresto del<br />
consigliere regionale Domenico Crea, il<br />
politico subentrato a Franco Fortugno<br />
dopo la sua uccisione, e nelle indagini sulla<br />
talpa e la fuga di notizie relativa alla vicenda<br />
"toghe reggine". Si tratta di una storia<br />
all'interno della quale ritroviamo anche<br />
la figura del corvo (si firma così l'autore di<br />
una serie di missive che gettano fango su<br />
alcuni magistrati quali Luigi De Magistris,<br />
Nicola Gratteri, titolare delle indagini sulla<br />
strage di Duisburg, e Franco Scuderi) e<br />
la questione delle coperture politiche.<br />
Come all'epoca di Giovanni Falcone e<br />
Paolo Borsellino. Ritroviamo anche denunce<br />
di anomalie nella gestione del caso<br />
De Gregorio (il senatore avrebbe agevolato<br />
affari immobiliari in favore di cosche<br />
reggine) e un’inchiesta "segretissima" finita<br />
sulle pagine di CalabriaOra insieme<br />
all’indagine sul presunto voto di scambio<br />
del senatore Marcello dell’Utri.<br />
Sotto la direzione Pollichieni CalabriaOra<br />
guadagna la fiducia del diessino<br />
pluri-inquisito vice presidente della Giunta<br />
regionale della Calabria ed assessore regionale<br />
al Turismo Nicola Adamo; attacca<br />
il movimento antimafia Ammazzatecitutti e<br />
il suo leader Aldo Pecora.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 26<br />
Luigi De Magistris, in uno degli interrogatori<br />
rilasciati ai suoi colleghi di Salerno,<br />
rileva che nel corso delle sue inchieste<br />
Poseidone e Why not, “Pollichieni ha messo<br />
in atto una vera e propria strategia di<br />
stampa per cercare di screditare le indagini,<br />
con delle ricostruzioni assolutamente<br />
inverosimili e capziose, per cercare di rafforzare<br />
l'ipotesi dell'incompatibilità ambientale<br />
e quindi rafforzare le ragioni poste<br />
a fondamento della richiesta di trasferimento<br />
cautelare. Ritengo che Pollichieni<br />
abbia rapporti stretti, per esempio, con Pittelli,<br />
con Nicola Adamo, ma ciò che è più<br />
preoccupante sono i rapporti stretti che<br />
stavano emergendo tra Pollichieni ed anche<br />
alcuni magistrati. E su questo credo<br />
sia opportuno anche andare a verificare: è<br />
un'indagine che io avrei fatto perché stavo<br />
lavorando su Pollichieni, sulla proprietà di<br />
Calabria Ora, cioè verificare che non vi<br />
fossero magari degli interessi collegati<br />
proprio a questo aspetto”. Paolo Pollichieni<br />
era il vice presidente della società che,<br />
con Nicola Adamo, ha gestito diversi miliardi<br />
nella campagna promozionale della<br />
regione affidata a Oliviero Toscani.<br />
“E Peppe incontrò il mafioso”<br />
Su che cosa si è dunque rotto l'equilibrio<br />
tra gli editori e il direttore di CalabriaOra<br />
Paolo Pollichieni? Presto detto. Peppe, il<br />
governatore. Gli interessi economici, e<br />
non solo, dei due imprenditori si incontrano<br />
con una realtà politica regionale che<br />
esige rispetto, si fa sentire, e quando Pollichieni,<br />
che ha il dente avvelenato contro<br />
Peppe e il centrodestra per le prese di posizione<br />
sui suoi "infortuni" giudiziari, entra<br />
in possesso delle carte del processo<br />
"Meta" nel quale è coinvolto il governatore<br />
Scopelliti, pubblica tutto in prima a piena<br />
pagina con risalto di colore. Scopelliti<br />
frequenta uomini della 'ndrangheta, ma Citrigno<br />
e Aquino non vogliono che si dica,<br />
l'alzata di scudi del centrodestra è prevedibile,<br />
la reazione degli editori anche.
Pollichieni pensa di poterla contenere<br />
ma lo mettono alle strette. Decide di pubblicare<br />
tutto. La sua prima pagina costruita<br />
con le indiscrezioni legate all’inchiesta<br />
della Dda di Reggio e Milano sulla 'ndrangheta<br />
esce con titolo e sottotitolo in rosso:<br />
E Peppe incontrò il mafioso. A Milano<br />
Scopelliti vide più volte Martino, ambasciatore<br />
del clan De Stefano.<br />
Gli editori sono infuriati, intervengono<br />
con tagli sulla distribuzione del giornale<br />
che in molte zone della regione non giunge<br />
in edicola, in altre con molto ritardo.<br />
La scelta di pubblicare quelle notizie costa<br />
la sedia a Paolo Pollichieni. Con lui si<br />
sono dimessi alcuni bravi giornalisti: Pietro<br />
Comito e Agostino Pantano, il caporedattore<br />
centrale Barbara Talarico, i vicecaporedattori<br />
Francesco Graziadio e<br />
Stefano Vetere, il caposervizio di Cosenza<br />
Pablo Petrasso, quello della cultura Eugenio<br />
Furia e il responsabile delle cronache<br />
politiche Antonio Ricchio. Di Peppe e<br />
di questo governo regionale gli editori<br />
hanno bisogno per portare avanti i loro interessi<br />
economici.<br />
"Sapevamo che nessun politico importante<br />
di questa regione poteva rimanere indifferente<br />
agli articoli che parlavano delle<br />
sue equivoche frequentazioni, dei ricevimenti<br />
organizzati da imprenditori oggi arrestati<br />
per mafia, di quei banchetti dove<br />
con i mafiosi brindavano politici eccellenti<br />
– scrive Pollichieni nell'editoriale di commiato<br />
–; sapevo, e con me i colleghi che<br />
hanno firmato gli articoli, che raccontando<br />
le inchieste giudiziarie delle ultime settimane,<br />
scrivendo dei rapporti tra la mafia e<br />
la politica, non limitandoci al doveroso applauso<br />
verso le forze dell’ordine e i magistrati,<br />
ma raccontando anche i retroscena<br />
più inquietanti di quella zona grigia che è<br />
il vero capitale sociale della ‘ndrangheta,<br />
avremmo pagato dei prezzi altissimi".<br />
Quell’editoriale però non giunge in edicola.<br />
Il giornale è arrivato solo in quelle di<br />
Cosenza, a Reggio Calabria poche copie<br />
dopo le undici, niente nelle altre province<br />
calabresi. Guasti alle rotative a detta degli<br />
editori. Poi è uno degli editori, Fausto<br />
Aquino, a prendere le redini e dirigere,<br />
"temporaneamente" - disse - CalabriaOra.<br />
Non è usuale nel panorama della stampa<br />
italiana che l'editore assuma la direzione<br />
www.isiciliani.it<br />
del giornale, ma qui si può. Il quotidiano<br />
nei giorni successivi dà ampio spazio<br />
all'attività politica della giunta regionale e<br />
ai fondi europei portati in Calabria da<br />
Scopelliti mentre non vi è traccia<br />
dell’inchiesta sulle frequentazioni del governatore<br />
con elementi del clan De Stefano.<br />
Alla redazione, il direttore responsabile<br />
dice di non essere più in grado di garantire<br />
l’autonomia dei giornalisti nel pieno rispetto<br />
della libertà di stampa.<br />
L’Assemblea dei giornalisti del quotidiano,<br />
rispondendo all’appello del<br />
segretario del Sindacato dei Giornalisti<br />
della Calabria Carlo Parisi, componente<br />
della giunta esecutiva Fnsi, si compatta:<br />
elegge il comitato di redazione e rivendica<br />
con forza la massima chiarezza sul “caso<br />
Pollichieni”, le più ampie garanzie a tutela<br />
dei posti di lavoro e il pieno rispetto<br />
dell’autonomia e dei principi etici e deontologici<br />
della professione giornalistica.<br />
L’Assemblea dei giornalisti ha, quindi,<br />
votato all’unanimità la decisione di proclamare<br />
da subito lo stato di agitazione in attesa<br />
dei chiarimenti da parte degli editori e<br />
della presentazione del piano editoriale da<br />
parte del nuovo direttore responsabile e, in<br />
attesa dei chiarimenti richiesti da parte degli<br />
editori, pur ribadendo il massimo impegno<br />
nella fattura del giornale, ha infine deciso<br />
di ritirare le firme dagli articoli invitando<br />
i corrispondenti ed i collaboratori<br />
esterni ad imitarlo.<br />
Il comportamento degli editori di CalabriaOra<br />
“provoca sconcerto e preoccupazione"<br />
ha commentato l'onorevole Maria<br />
Grazia Laganà, deputata del Pd e<br />
vedova di Francesco Fortugno, ora condannata<br />
per gli appalti truccati dell’Asl di<br />
Locri. «Nessuno deve sapere: il classico<br />
linguaggio mafioso per fare tacere chi fa<br />
il proprio dovere». Di “attentato alla libertà<br />
di stampa" e di "plateale ingerenza<br />
del centrodestra calabrese nella vita di<br />
CalabriaOra” parla l'onorevole Michelangelo<br />
Tripodi, segretario regionale del<br />
Pdci.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 27<br />
Sansonetti e il “Boia chi molla”<br />
Ci vuole una scelta autorevole per smorzare<br />
la critica che ha coinvolto i due editori<br />
Fausto Aquino e Piero Citrigno, CalabriaOra,<br />
il sindacato dei giornalisti, i citrigniani<br />
della redazione.<br />
Un nome grosso, ma chi? Piero Sansonetti,<br />
giornalista “rivoluzionario”, pupillo<br />
di Fausto Bertinotti. Arriva con la promessa<br />
del ritorno in edicola di Paese Sera lo<br />
storico quotidiano protagonista di mille<br />
battaglie. Un sacrificio si può fare: confino<br />
in Calabria e un quotidiano, storico, tutto<br />
per lui a Roma.<br />
Le cose, però, non sono mai come appaiono<br />
e Sansonetti, guida del proletariato<br />
antagonista e nemico del padronato, chiude<br />
entrambi gli occhi sui guai giudiziari di<br />
Citrigno e Aquino e sui licenziamenti dei<br />
giornalisti “ribelli”. Diventa poi fustigatore<br />
dei giornalisti, di Susanna Camusso,<br />
passando per Ciccio Franco e il “Boia chi<br />
molla”.<br />
Dopo aver licenziato il cronista Lucio<br />
Musolino, minacciato dalla 'ndrangheta –<br />
e poche ore querelato dal presidente della<br />
Regione Peppe Scopelliti - dopo aver annunciato<br />
e poi rinunciato un incontro su<br />
fascismo e antifascismo con Roberto Fiore<br />
presso Forza Nuova di Milano, ha riesumato<br />
persino il "Boia chi molla" della rivolta<br />
di Reggio di quarant’anni fa.<br />
“Boia chi molla” è la parola d’ordine.<br />
Era lo slogan della “rivolta di Reggio”,<br />
una delle pagine più buie della storia italiana,<br />
un misto di massoneria, eversione,<br />
interessi politici e mafia, che Sansonetti<br />
riabilita. Altro che slogan fascista, scrive<br />
in un editoriale, “Boia chi molla lo inventarono<br />
gli insorti della Repubblica napoletana<br />
e fu ripreso da Carlo Rosselli”.<br />
Il 13 novembre, a Lamezia Terme, CalabriaOra-Sansonetti<br />
e l’editore Piero Citrigno<br />
hanno discusso su “Il vento del sud”<br />
perché "il nord sfrutta il sud, vuole il suo<br />
lavoro, la sua fatica, la sua ricchezza, le<br />
sue tasse. Vuole dominarlo, vuole comandare.<br />
Per questo la Calabria deve ribellarsi,<br />
insorgere, aprire una grande vertenza,<br />
riprendersi i suoi diritti e la sua dignità.<br />
Boia chi molla!".
Una sorta di leghismo dalle tinte nere -<br />
non senza riferimenti revisionisti, come<br />
quello di considerare sbagliata ed «insensata»<br />
la scelta dei sindacati di manifestare<br />
nel 1972 a Reggio Calabria contro la rivolta<br />
di Ciccio Franco e camerati - a pochi<br />
giorni da Forza del Sud, il topolino partorito<br />
da Gianfranco Miccichè in Sicilia.<br />
La manifestazione unitaria dei sindacati<br />
del 1972, centinaia di migliaia di lavoratori<br />
e studenti da tutta Italia, “fu sbagliata,<br />
sbagliatissima” - scrive Sansonetti - perché<br />
animata da una “logica da occupazione<br />
militare”, e poi quello slogan “Nord e<br />
Sud uniti nella lotta era insensato”.<br />
Il giudizio di Sansonetti sui “Boia chi<br />
molla” ha rivoltato le budella a molti tra i<br />
quali un personaggio mitico della sinistra<br />
calabrese, Peppino Lavorato, amico fraterno<br />
di Peppe Valarioti, il segretario del Pci<br />
di Rosarno ucciso dalla mafia nel giugno<br />
del 1980, sindaco, consigliere provinciale<br />
e parlamentare comunista: “Sansonetti ha<br />
aperto una riflessione sui moti di Reggio<br />
che io contesto. Altro che storie, ci sono<br />
atti e sentenze che dimostrano come quella<br />
rivolta fu un fatto eversivo, si stava<br />
preparando il terreno di massa al consenso<br />
per una svolta fascista. Non dimentichiamo<br />
che poi venne il tentativo di golpe del<br />
principe Borghese. Allora Pci e sindacati<br />
difesero la democrazia. L’ho scritto in un<br />
articolo inviato a Calabria Ora che però<br />
non è stato mai pubblicato”.<br />
Contro questa operazione politicoeditoriale<br />
è partita una petizione da parte<br />
di alcuni sindacalisti della Cgil. «Tutti<br />
sanno che si tratta di un motto fascista –<br />
denunciò Bruno Talarico, segretario della<br />
Cgil di Catanzaro – adoperato quarant’anni<br />
fa a Reggio. Il motto, usato da<br />
www.isiciliani.it<br />
Sansonetti, riabilita anche Peppe<br />
Scopelliti, l’ultimo segretario<br />
del Fronte della Gioventù, che<br />
dà il patrocinio della regione<br />
all'iniziativa e Calabria Ora, in<br />
caduta libera con le vendite,<br />
cerca di ritagliarsi uno spazio di<br />
mercato cavalcando un fronte<br />
autonomista meridionale che guarda con<br />
nostalgia ai moti reggini.<br />
Alla riunione nostalgica dei "Boia chi<br />
molla" c’è Peppe Bova, consigliere regionale<br />
espulso dal Pd, - 211mila euro di<br />
benzina spesi in un anno e prontamente<br />
rimborsatigli dalla Regione - l'imprenditore<br />
Antonino Gatto, presidente di Despar<br />
Italia, la cui ascesa economica è stata ricostruita<br />
nella relazione dell’Antimafia<br />
sulla ‘ndrangheta, Enza Bruno Bossio,<br />
l’imprenditrice del Pd - moglie del consigliere<br />
regionale Nicola Adamo, altro<br />
espulso dal Pd oggi inquisito per l’affaire<br />
dell’energia eolica, rinviata a giudizio<br />
dalla procura di Lecce per i finanziamenti<br />
equivoci della 488, Vincenzo De Luca,<br />
sindaco di Salerno e Nicola La Torre. Le<br />
conclusioni a chi sono state affidate? A<br />
Peppe Scopelliti. E’ questo il “nuovo vento<br />
del Sud” ?<br />
La notte su “Paese Sera”<br />
Scende la notte su "Paese Sera". Dopo<br />
gli anni ruggenti con il Pci, le storiche<br />
firme e il sofferto fallimento che portò alla<br />
chiusura del 1994, il quotidiano "rosso<br />
anche nella testata" finisce nelle mani di<br />
due signori particolari: Pietro Citrigno e<br />
Fausto Aquino, sua storica "spalla". Questo<br />
sembrava il destino di Paese Sera con<br />
in sella l'ex rivoluzionario Piero Sansonetti<br />
e l’obiettivo di 120mila copie di tiratura<br />
iniziale e 80mila a regime.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 28<br />
"Faremo battaglie civili e politiche - affermò<br />
Citrigno - e combatteremo là dove<br />
ci sarà da combattere".<br />
Per ora le uniche battaglie che<br />
combattono i due soci, noti in Calabria<br />
come "il gatto e la volpe", sono quelle<br />
giudiziarie. Citrigno condannato a quattro<br />
anni e otto mesi per usura nel processo<br />
"Twister" in cui 39 persone, vicini alle<br />
famiglie Presta e Chirillo che controllano<br />
la città di Cosenza e il territorio di Tarsia,<br />
furono accusate di associazione per<br />
delinquere di stampo mafioso, usura,<br />
estorsione e riciclaggio.<br />
Tra gli arrestati anche l'editore di<br />
CalabriaOra-Paese Sera, Pietro Citrigno. Il<br />
suo nome salta fuori anche nel corso di<br />
un’altra inchiesta, quella sulla casa di cura<br />
«Giovanni XXIII», la cosiddetta "clinica<br />
degli scandali" di Serra D’Aiello, in<br />
provincia di Cosenza. A tirarlo in ballo,<br />
pur senza mai nominarlo, è l'ex<br />
parlamentare dell’Udeur Ennio Morrone,<br />
oggi nelle patrie galere, secondo cui un assessore<br />
della giunta di Agazio Loiero, insieme<br />
a un magistrato, brigavano per far<br />
finire la clinica nelle sue mani.<br />
Il pm dell’inchiesta, Eugenio Facciolla,<br />
decide di sentire sia Citrigno che Fausto<br />
Aquino per il quale invece è stato chiesto<br />
il rinvio a giudizio per aver affittato<br />
all’Asp di Cosenza un palazzina di cui la<br />
sua società, «L’Edera srl», non aveva la<br />
proprietà ma solo un mero diritto di superficie.
Milano<br />
Expo fugit...<br />
Mancano solo 850 giorni<br />
all'evento. E la Expo<br />
Spa? Segna il passo<br />
di Valerio Berra<br />
www.stampoantimafioso.it<br />
Tic-tac-tic-tac. Il rumore dei rintocchi, il<br />
rumore silenzioso del tempo che scorre,<br />
accompagna gli uomini da secoli. «Tempus<br />
fugit», diceva Virgilio, il tempo fugge,<br />
e non può essere più ripreso.<br />
Sul sito ufficiale di Expo 2015 compare<br />
il numero dei giorni che distano dal primo<br />
maggio 2015, quindo i nastri tricolori<br />
dell'inaugurazione verranno tagliati e comincerà<br />
ufficialmente l'esposizione universale.<br />
Ad oggi mancano circa 850 giorni prima<br />
dell'inizio del grande evento, giorni che si<br />
preannunciano molto densi per i suoi organizzatori.<br />
Il tempo diventa quindi un fattore<br />
fondamentale per capire le vicende che<br />
interessano e hanno interessato Expo<br />
2015. Nel febbraio 2012 era stato varato<br />
dai vertici della società pubblica Expo<br />
S.p.a., quella che si dovrà occupare della<br />
realizzazione e gestione dell'evento, un<br />
documento chiamato «Protocollo di legalità».<br />
Un plico di fogli all'interno dei quali si<br />
potevano leggere le linee guida che avrebbero<br />
accompagnato i cantieri. I buoni propositi<br />
c'erano tutti: controlli per evitare infiltrazioni<br />
d'appalto, white list per garantire<br />
che le aziende fossero pulite, e tante<br />
promesse sulla trasparenza e sulla legalità.<br />
Peccato che tutto questo non aveva fatto i<br />
conti con le lancette prima citate, con quei<br />
rintocchi che si susseguono freddi e incuranti<br />
di ogni tipo di scandalo che può accadere.<br />
Secondo le previsioni degli organizzatori<br />
la macchina Expo dovrebbe<br />
essere pronta circa due mesi prima<br />
dell'inaugurazione. Tempi ottimistici che<br />
www.isiciliani.it<br />
stanno creando problemi sia dal lato finanziario<br />
che dal punto di vista della legalità,<br />
come si è subito capito nell'ambito<br />
del primo dei tre cantieri che dovranno garantire<br />
la realizzazione della grande opera.<br />
Iniziamo dalla parte strettamente economica.<br />
Il primo appalto riguarda la «rimozione<br />
delle interferenze», si occupa cioè di<br />
sistemare la viabilità attorno al sito<br />
dell'esposizione universale e garantire il<br />
collegamento con le reti idriche ed elettriche.<br />
Questo cantiere è partito nel novembre<br />
2011, guidato dalla CMC di Ravenna.<br />
L'azienda che si è aggiudicata la gara di<br />
appalto al massimo ribasso offrendo ben il<br />
42, 83% di sconto sula base d'asta, 65 milioni<br />
di euro contro i 90 stimati dai periti<br />
che hanno valutato i lavori. L'azienda si è<br />
accorta però che i tempi previsti erano<br />
troppo stretti e nel novembre 2012 ha richiesto<br />
ad Expo S.p.a. altri 30 milioni per<br />
poter finire i lavori. In questo modo non<br />
solo viene a mancare tutto quello sconto<br />
che era stato promesso dall'azienda, ma si<br />
aggiungono altri 5 milioni di euro al prezzo<br />
stimato in partenza.<br />
Se però dal lato economico la perdita<br />
non è poi tanto eclatante rispetto alla<br />
quantità di soldi in gioco, il vero problema<br />
emerge subito sul versante della legalità.<br />
Per capire quanto questa mancanza di tempo<br />
possa diventare pericolosa, basta analizzare<br />
due casi, sempre inerenti a questo<br />
primo cantiere. Il primo riguarda le modalità<br />
con cui è stata concessa la gara<br />
d'appalto.<br />
Il criterio utilizzato è quello del «massimo<br />
ribasso», vince cioè l'azienda che offre<br />
lo sconto maggiore sulla base d'asta.<br />
Questo è un metodo molto pericoloso, perché<br />
più si abbassa il prezzo, più è probabile<br />
che le imprese mafiose entrino ad inquinare<br />
l'appalto. Tali aziende possono infatti<br />
contare su un enorme quantitativo di<br />
denaro sporco da riciclare oltre che su metodi<br />
di persuasione poco ortodossi, potendo<br />
così facilmente battere la concorrenza<br />
di altre imprese. La motivazione per la<br />
quale il primo cantiere è stato assegnato in<br />
questo modo è però proprio quella tempo,<br />
la tabella di marcia era già stata ritardata e<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 29<br />
quello del massimo ribasso è il modo più<br />
veloce per assegnare i lavori. Con questo<br />
non si vuole dire che la CMC di Ravenna<br />
sia direttamente collegata alla società<br />
criminale, ma il rischio che lo sia una delle<br />
moltissime aziende che hanno ottenuto i<br />
subappalti, oppure un'azienda esterna che<br />
si occupa di qualche fornitura, è molto<br />
alto.<br />
La Procura apre fascicoli<br />
Tanto alto che il 25 maggio 2012 i pm<br />
Paolo Filippini e Antonio D'Alessio hanno<br />
aperto presso la Procura di Milano un<br />
fascicolo per indagare sul possibile reato<br />
di turbativa d'asta su questo appalto. Il secondo<br />
problema nell'ambito della legalità<br />
risale al 6 luglio 2012, quando sulla base<br />
di un'informativa della Prefettura di Milano,<br />
Expo S.p.a decide di rimuovere dal<br />
cantiere una delle aziende che avevano in<br />
gestione un subappalto, la Elios di Piacenza.<br />
I vertici della società che si occupa<br />
di realizzare l'esposizione universale, dichiarano<br />
infatti che dalle carte della Prefettura<br />
emergono elementi tali da pregiudicare<br />
il rapporto di fiducia con questa impresa,<br />
sulla base del «Protocollo di legalità»<br />
firmato pochi mesi prima.<br />
La scelta viene immediatamente ripresa<br />
da tutte le figure politiche che ruotano attorno<br />
ad Expo 2015, riportata come una<br />
fiera testimonianza di un sistema di controlli<br />
fitto ed intransigente. Peccato però<br />
che i giorni scorrono in fretta e un cambio<br />
di impresa richiede tempo, così poche settimane<br />
dopo la revoca del subappalto, il<br />
Tar sostiene l'illegittimità dell'allontanamento<br />
e reintegra le Elios nel cantiere.<br />
Una decisione presa in fretta, per non perdere<br />
neanche un giorno nei lavori. Tic-tactic-tac.<br />
Quando il tempo scorre così veloce,<br />
non ci si può fermare a controllare che<br />
tutto sia a norma, che tutto sia trasparente.<br />
Bisogna procedere. Andare avanti scavo<br />
dopo scavo, colata dopo colata, rendendo<br />
così poco più che carta straccia tutti i<br />
protocolli firmati. Per i processi, le polemiche<br />
e la giustizia, ci sarà tempo dopo.<br />
Expo fugge, Expo non aspetta.
www.isiciliani.it<br />
Così dicevano i boss<br />
“Quella camurrìa”<br />
di Rostagno!”<br />
Un delitto di mafia: la<br />
Corte di Trapani riassume<br />
quasi due anni di<br />
processo<br />
di Rino Giacalone<br />
Ventiquattro pagine: una ordinanza<br />
che non riapre il processo per l’omicidio<br />
di Mauro Rostagno, non scrive nuovi<br />
scenari, non cancella le ipotesi<br />
dell’accusa, il delitto di mafia, l’omicidio<br />
ordinato dal patriarca belicino<br />
Francesco Messina Denaro, il killer,<br />
Vito Mazzara, mandato ad uccidere dal<br />
capo mafia del mandamento di Trapani<br />
Vincenzo Virga.<br />
C’è sempre qualcuno a dire che quello<br />
di Rostagno non fu un delitto di mafia. E’<br />
successo anche dinanzi ad un'ordinanza<br />
che invece, se letta bene, svela l’unico intento<br />
della Corte di Assise di Trapani, e<br />
cioè quello di avere un quadro ben chiaro.<br />
La Corte ha messo nero su bianco la propria<br />
convinzione che tante delle cose<br />
ascoltate durante le quarantuno udienze ed<br />
i quasi due anni di processo possono essere<br />
perfettamente vere e vanno, semmai,<br />
approfondite. L' ha fatto con le previsioni<br />
dell’art. 507 del codice che prevede, finita<br />
l'escussione dei testi, la possibilità di esaminare<br />
nuovi testi o documenti in qualche<br />
modo richiamati nella prima fase.<br />
Ci sono state le richieste delle parti, la<br />
pubblica accusa che ha puntato dritto contro<br />
il presunto killer, Vito Mazzara, sicario<br />
conclamato della mafia trapanese; ci sono<br />
state le richieste delle parti civili a proposito<br />
delle indagini giornalistiche svolte da<br />
Rostagno nel territorio e con la indicazione<br />
di alcune fonti; ci sono state le richieste<br />
delle difese degli imputati, che hanno puntato<br />
essenzialmente a introdurre altri scenari<br />
(corna tipo “Beautiful”, traffici<br />
d'armi, Gladio, l’assassinio di Ilaria Alpi e<br />
Miran Hrovatin).<br />
A tutte le richieste la Corte ha concesso<br />
tanto, ma il grosso dell’ordinanza è frutto<br />
delle valutazioni proprie dei giudici, togati<br />
e popolari. Le richieste della Corte guardano<br />
verso una unica direzione: le colpe della<br />
mafia nel delitto, ipotesi che resta il fulcro<br />
del processo. "Rostagno, una camurrìa",<br />
diceva passeggiando sotto gli aranci<br />
del suo giardino il boss di Castelvetrano<br />
Ciccio Messina Denaro. Non è escluso che<br />
a commettere quel delitto la sera del 26<br />
settembre 1988 sia andato anche suo figlio,<br />
l’attuale latitante Matteo Messina<br />
Denaro, uno che con Vito Mazzara spesso<br />
andava a sparare - e per uccidere. Perché<br />
quell'ordine partito da Castelvetrano? Perché<br />
Rostagno aveva puntato l’attenzione<br />
in quel 1988 sulla mafia belicina, seguendo<br />
il processo per un delitto eclatante,<br />
quello dell’ex sindaco di Castelvetrano<br />
Vito Lipari, ammazzato otto anni prima.<br />
Nell'esordio dell’ordinanza i giudici cominciano<br />
subito ad approfondire. Sono<br />
stati chiesti atti su perizie balistiche di<br />
armi usate da Cosa nostra, trovate<br />
all’imputato Vito Mazzara, nochè le perizie<br />
relative all'omicidio del giudice trapanese<br />
Alberto Giacomelli, ucciso per vendetta<br />
(era già in pensione) per ordine di<br />
Totò Riina. Qualche giorno prima, nelle<br />
campagne di Trapani era diventata definitiva<br />
una confisca, disposta a suo tempo da<br />
Giacomelli, contro il fratello di Totò Riina.<br />
Nel corso del processo è emerso con<br />
forza il livore dei capimafia contro Rostagno:<br />
ne hanno parlato diversi collaboratori<br />
di giustizia come Angelo Siino e Giovanni<br />
Brusca. Il segnale era arrivato anche<br />
all’editore di Rtc, la tv dove Rostagno lavorava.<br />
All’imprenditore Puccio Bulgarella<br />
(deceduto da poco)il pentito Siino ha<br />
detto di avere riferito che Rostagno stava<br />
"dando fastidio"; la moglie di Bulgarella,<br />
prof. Caterina Ingrasciotta (che verrà riascoltata<br />
dai giudici), ha detto che si coglievano<br />
fastidi “nei salotti” della città. Un<br />
giornalista di Rtc, Ninni Ravazza, a dibattimento<br />
e non prima, si è ricordato che un<br />
giorno Bulgarella irruppe in redazione, assente<br />
Rostagno, per dire, e non con buone<br />
maniere, che era ora di abbassare certi<br />
toni.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 30<br />
I giudici vogliono conoscere gli affari di<br />
Bulgarella, le indagini che lo hanno riguardato,<br />
gli appalti truccati ai quali la sua<br />
impresa avrebbe partecipato, sempre raccomandato<br />
da Cosa nostra. Aveva la stanza<br />
vicinissima a quella di Mauro Rostagno:<br />
se Peppino Impastato a Cinisi conduceva<br />
le sue battaglie a cento passi dalla<br />
casa di don Tano Badalamenti, Rostagno<br />
faceva tv a cinque passi dalla stanza dove<br />
di tanto in tanto arrivava Angelo Siino,<br />
l’emissario più vicino all’allora latitante<br />
Totò Riina.<br />
A cinque passi dalla stanza di Siino<br />
La Corte di Assise ha deciso di guardare<br />
negli armadi dei segreti sui traffici di armi<br />
passati per Trapani, e in quelli delle indagini<br />
sul Gladio trapanese: verranno sentiti<br />
il senatore Massimo Brutti, che a livello<br />
nazionale per il Pci si occupò di Gladio,<br />
l’ex vice presidente dell’Ars Camillo<br />
Oddo, che da segretario del Pci a suo tempo<br />
fece un documento legando il delitto<br />
Rostagno a Gladio, ed i più alti ufficiali di<br />
Gladio, Piacentino, Fornaro e Martini - se<br />
ancora in vita - ed è stato chiesto alla Procura<br />
di depositare senza omissioni il verbale<br />
di interrogatorio del capo centro Vincenzo<br />
Li Causi, morto misteriosamente<br />
durante una missione in Somalia proprio<br />
mentre i magistrati di Trapani si apprestavano<br />
a risentirlo.<br />
La difesa ha molto insistito su questi<br />
aspetti (ma non sono state ammesse testimonianze<br />
eccezionali come quella dell’ex<br />
capo della Polizia Gianni De Gennaro):<br />
non fu un delitto di mafia, ma un delitto<br />
ordito da altre entità perché Rostagno aveva<br />
scoperto affari segreti dei “servizi segreti”.<br />
La Corte vuole scandagliare anche<br />
questo terreno, ma anche in questo caso<br />
l’ombra della mafia c’è: è stato il pentito<br />
Sinacori a fornire un dato storico, che<br />
Cosa nostra nei traffici di armi c’è sempre<br />
entrata. E quindi Rostagno poteva essere<br />
diventato una “camurrìa” -come andava<br />
sbraitando il patriarca della mafia Francesco<br />
Messina Denaro - perché avrebbe potuto<br />
mettere gli occhi su questi interessi.
Intanto però c’è una smentita rispetto<br />
alla storia che lui, in compagnia di una<br />
donna, avrebbe scoperto un atterraggio segreto<br />
su un aeroporto chiuso (Chinisia o di<br />
Milo, tutti e due in punti opposti ed esterni<br />
rispetto al centro urbano trapanese): la<br />
donna che lo accompagnava, Leonid<br />
Heuer, moglie di un generale dei servizi<br />
segreti, Angelo Chizzoni, sentita di recente<br />
a verbale, ha smentito di avere mai conosciuto<br />
Mauro Rostagno. Verrà il giornalista<br />
Sergio Di Cori (palesatosi d’improvviso<br />
amico di Rostagno e suo buon conoscitore<br />
nell’estate del 1996, quando la Polizia<br />
arrestò per favoreggiamento la compagna<br />
di Mauro, Chicca Roveri, e per omicidio<br />
una serie di ospiti di Saman: la pista cosiddetta<br />
interna totalmente caduta) a dire<br />
come seppe di quel traffico e come parlò<br />
con Rostagno, cosa gli disse il giornalista,<br />
a lui, amico fidato, “all’insaputa dei familiari<br />
di Mauro”.<br />
Ma tutto questo si troverà nella parte finale<br />
dell’ordinanza, perché prima di arrivare<br />
a questi punti la Corte di Assise ne ha<br />
posti altri, come la necessità di interrogare<br />
Giacoma Filippello, compagna del boss<br />
campobellese Natale L’Ala, mafioso e<br />
massone, ammazzato dai suoi rivali corleonesi<br />
dopo tre tentativi andati a vuoto,<br />
che prima di morire avrebbe incontrato<br />
Rostagno e a lui avrebbe svelato segreti<br />
della massoneria.<br />
Le presenze di Licio Gelli<br />
In secondo piano è passata la circostanza<br />
che Rostagno aveva ottenuto informazioni<br />
importanti proprio sulle logge segrete<br />
trapanesi, come le ripetute presenze nel<br />
trapanese del gran maestro della P2 Licio<br />
Gelli: se questa conoscenza oggi sembra<br />
poca cosa mentre all’epoca l’Italia veniva<br />
attraversata da strane trame, forse si commette<br />
un grave errore di sottovalutazione.<br />
E’ Licio Gelli in quegli anni a “benedire”<br />
con il rito massonico la loggia segreta di<br />
Trapani dove si troveranno iscritti mafiosi,<br />
politici, burocrati, banchieri, colletti bianchi,<br />
professionisti, funzionari di prefettura,<br />
questura, loggia frequentata da cardinali e<br />
anche da emissari di Gheddafi.<br />
La Corte di Assise vuole sapere di più<br />
sull’omicidio di Vincenzo Mastrantonio,<br />
ammazzato pochi mesi dopo Mauro Rostagno.<br />
Mastrantonio era il tecnico dell’Enel<br />
che faceva le manutenzioni a Lenzi, sul<br />
luogo del delitto, e quel 26 settembre 1988<br />
c’era buio nella zona, un corto circuito<br />
aveva spento i fanali: ma Mastrantonio era<br />
anche l’autista di Vincenzo Virga, e il pen-<br />
www.isiciliani.it<br />
tito Milazzo ha detto che fu ucciso perché<br />
non era capace di tenersi dentro i segreti, e<br />
con lui parlò del delitto di Mauro Rostagno.<br />
Per questa ragione in aula tornerà<br />
l’ex capo della Mobile di Trapani, oggi<br />
questore di Piacenza, Rino Germanà.<br />
Si colloca ugualmente nel filone degli<br />
appalti mafiosi l’approfondimento investigativo<br />
su mafia e riciclaggio dei rifiuti che<br />
proprio in quel 1988 conosceva il suo apice:<br />
il boss Vincenzo Virga, che gestiva<br />
tranquillamente un impianto di riciclaggio<br />
costruito a Trapani con finanziamenti pubblici,<br />
andava dicendo sornione: “trasi<br />
munnizza e nesci oro”.<br />
“Trasi munnizza e nesci oro”<br />
Nomi eccellenti quelli che la Corte vuole<br />
pure sentire, come il giornalista Corrado<br />
Augias che dedicò una puntata della sua<br />
serie “Telefono Giallo” al delitto Rostagno<br />
quando si parlava tanto di pista interna, o<br />
ancora i giornalisti Palladino e Scalettari,<br />
che di recente sul Fatto Quotidiano hanno<br />
scritto di contatti tra servizi segreti e uno<br />
dei sospettati del delitto, poi archiviato:<br />
Giuseppe Cammisa, il famoso Jupiter,<br />
braccio destro del guru Francesco Cardella.<br />
Anche Cammisa la Corte vuole sentire,<br />
così come il giornalista maltese Stagno<br />
Navarra che si occupò degli interessi illeciti<br />
a Malta del guru Cardella. Ed infine la<br />
giornalista Valeria Gandus, per delle dichiarazioni<br />
rese mentre la Procura di Trapani<br />
indagava sulla pista interna.<br />
Siamo a quasi due anni dall’inizio del<br />
processo (prima udienza 2 febbraio 2011).<br />
Si sono tenute sino al 14 dicembre 41<br />
udienze, la prossima è il 18 <strong>gennaio</strong>, e nel<br />
frattempo si attende il deposito di una<br />
super perizia a proposito dei reperti che<br />
vengono ricondotti all’abile tiratore Vito<br />
Mazzara, campione di tiro a volo della nazionale<br />
italiana e tiratore scelto della mafia<br />
trapanese, molto bravo ad ammazzare<br />
cristiani. La Corte di Assise con la sua ordinanza<br />
vuole ancorare a precisi riscontri<br />
fatti dibattimentali molto importanti, a cominciare<br />
dalla cosiddetta firma di Cosa<br />
nostra su quelle cartucce che Vito Mazzara<br />
era solito sovraccaricare e sparare a freddo<br />
per sovrapporre diverse striature. Lui che<br />
poteva permettersi di girare con il suo fucile<br />
calibro 12 in auto, pronto ad andare ad<br />
uccidere per ordine dei boss, se fosse stato<br />
fermato avrebbe detto che stava andando<br />
ad esercitarsi per la sua passione sportiva<br />
pluripremiata, e invece, come hanno raccontato<br />
i pentiti, spesso andava ad uccidere<br />
in compagnia di Matteo Messina Dena-<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 31<br />
ro o ancora con<br />
coperture<br />
eccellenti come<br />
quella dell’allora<br />
consigliere<br />
comunale del Psi<br />
Franco Orlando<br />
che, sebbene<br />
condannato per<br />
mafia, fu assolto<br />
dalle accuse di<br />
avere partecipato a delitti.<br />
Un proiettile scomparso dai reperti<br />
Però c’è un giallo da risolvere: la scomparsa<br />
di un proiettile calibro 38 dai reperti.<br />
Un proiettile estratto dal corpo di Mauro<br />
Rostagno durante l’autopsia. Mistero, giallo,<br />
c’è una indagine in corso ma sembra<br />
che se qualcuno abbia voluto togliere di<br />
mezzo una prova: di fatto di quel proiettile<br />
esistono fotografie che pare siano più nitide<br />
del proiettile stesso, e poi con la perizia<br />
su Mazzara non c’entra nulla.<br />
Potrebbe entrarci con qualche altro accertamento<br />
ora chiesto dalla Corte, tra le<br />
comparazioni per le quali i giudici hanno<br />
mostrato attenzione e curiosità non fine a<br />
se stessa ma per potere giudicare. Se ciò è<br />
vero, quella sparizione potrebbe essere<br />
stata frutto di una azione preventiva, non<br />
per aiutare agenti di servizi segreti, gladiatori<br />
o altro, ma solo e sempre mafiosi, perché<br />
i delitti sui quali la Corte ha puntato<br />
attenzione sono omicidi di mafia, decisi<br />
dalla cupola, la stessa che volle Rostagno<br />
morto.<br />
Ma diamo tempo al tempo, la Procura di<br />
Marcello Viola sta indagando e il giallo<br />
non resterà tale ancora per molto. Intanto,<br />
scorrendo l’ordinanza della Corte di Assise<br />
è difficile che il processo Rostagno possa<br />
concludersi nel <strong>2013</strong>.<br />
La Trapani di 25 anni fa – cioè di ora<br />
Si arricchirà ancora di ulteriori elementi<br />
lo scenario trapanese di quel 1988. Un<br />
puzzle che si va componendo, presentando<br />
elementi molto attuali. Il processo Rostagno<br />
ci sta raccontando la Trapani di 25<br />
anni fa, ma molte cose oggi sembrano<br />
proprio le stesse. A cominciare dalle delegittimazioni<br />
e dai falsi gialli grazie ai quali<br />
mafia e poteri forti hanno piantato qui salde<br />
radici. E Mauro Rostagno era una "camurrìa"<br />
perché le sue denunce irridevano<br />
quella mafia che non era più fatta da contadini<br />
ma da menti fine.
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Occhiello<br />
Sgarbi, i picciriddi e...<br />
“Toglieteli di mezzo se<br />
no li uccido”. Certo:<br />
non parlano di affari...<br />
di Rino Giacalone<br />
Dell’ex sindaco di Salemi e noto critico<br />
d’arte Vittorio Sgarbi si sanno tante cose,<br />
ma che nutra “un odio verso i bambini” è<br />
risulta nuovo. Eppure sta scritto nero su<br />
bianco su un atto giudiziario. “Il sindaco<br />
Sgarbi ha avuto sempre un rapporto difficilissimo<br />
con i bambini” recita la<br />
testimonianza in Tribunale di un suo ex assessore,<br />
l’avvocato Ketti Bivona. “Quando<br />
si vedevano bambini in giro, lui diceva:<br />
toglieteli di mezzo perché sennò li<br />
uccido”. La Bivona è stata sentita a Trapani<br />
nel procedimento per l’applicazione<br />
della misura di prevenzione e la confisca<br />
dei beni contro l’ex deputato Dc Pino<br />
Giammarinaro.<br />
Il contenuto dell’accusa è noto: riguardo<br />
all’amministrazione comunale di Salemi,<br />
nel periodo in cui c’era a guidarla il critico<br />
prof. Sgarbi, Giammarinaro avrebbe esercitato<br />
un preciso ruolo di influenza sulle<br />
decisioni del sindaco e della Giunta, sempre<br />
secondo l’accusa con una impronta dichiaratamente<br />
mafiosa. Caratteristica che<br />
Sgarbi ha sempre negato recisamente, e invece<br />
denunciarono assessori della sua amministrazione,<br />
come il famoso fotografo<br />
Oliviero Toscani, che si dimise. E l’assessore<br />
Bivona, sentita nel procedimento, ha<br />
ricostruito un po’ quello che accadeva durante<br />
la sindacatura di Vittorio Sgarbi. E i<br />
retroscena non sono pochi.<br />
Se i bambini per lui erano come fumo<br />
negli occhi, Giammarinaro invece sarebbe<br />
stato perennemente il suo punto di riferimento.<br />
“Appena arrivava a Salemi – ha<br />
detto la teste – non faceva altro che chiedere<br />
dove fosse Giammarinaro, chiedeva<br />
che venisse chiamato, che doveva stare<br />
con lui…Vittorio Sgarbi aveva un rapporto<br />
fortissimo con Giammarinaro. Appena<br />
metteva piede a Salemi, si rivolgeva a noi<br />
e diceva dov'è quel Giammarinaro? Chiamatelo<br />
e... si rapportava con lui, parlava<br />
con lui, loro parlavano, loro facevano…”.<br />
La sede dell’amministrazione, Sgarbi di<br />
fatto l’aveva trasferita in un appartamento<br />
di grande bellezza artistica che lui aveva<br />
preso in affitto per risiedere a Salemi, “ma<br />
con la scusa che in Municipio c’erano lavori<br />
in corso una stanza veniva usata per<br />
le riunioni di Giunta, e le altre stanze erano<br />
di sua personale pertinenza”. Riunioni<br />
di Giunta che spesso di facevano a notte<br />
fonda, alle 2 o alle 3, oppure qualche ora<br />
prima dell’alba, alle 5, “lui decideva di<br />
fare Giunta e chiamava il segretario generale,<br />
poveraccio, o il vice segretario”.<br />
“Noi – ha proseguito l’ex assessore - lo<br />
dovevamo rincorrere per fare le giunte.<br />
Vittorio si muoveva sempre con un codazzo,<br />
con una corte di...infinita. C'erano ballerine,<br />
artisti, scrittori…Noi approfittavamo<br />
della sua presenza perché avevamo bisogno<br />
di indicazioni, lui veniva saltuariamente<br />
due, tre, volte al mese…”. E mentre<br />
si facevano le riunioni di Giunta “Giammarinaro…poverino<br />
veniva anche lui e<br />
stava nell’anticamera”. E la storia dei<br />
bambini? Presto spiegata.<br />
“Giammarinaro? Veniva anche lui”<br />
Ogni anno la scuola elementare per le<br />
recite di Natale doveva andare in un locale<br />
a Gibellina. A Salemi era stato recuperato<br />
un immobile e all’assessore Bivona venne<br />
l’idea di proporre al sindaco di concedere<br />
alla scuola quel locale: “Lui (Sgarbi ndr)<br />
fece un inferno, che schifo, se un bambino<br />
mette piede lì, io faccio un macello. Finì<br />
così e io mi sono tenuta questa cosa. Poi<br />
arrivò l'istanza del direttore della scuola e<br />
io gliela firmai e poi mi sfogai con Giammarinaro…io<br />
non avevo nessuna intenzione<br />
di fare brutta figura col direttore”.<br />
Una vicenda che nel procedimento ha<br />
fatto ingresso per via di una intercettazione<br />
in la Bivona pare ricevere da Giammarinaro<br />
l’assenso a firmare quell'autorizzazione<br />
anche col dissenso di Sgarbi, circostanza<br />
che però l’ex assessore ha negato:<br />
“Sarei stata una cretina a fare una cosa del<br />
genere…Mi sono solo sfogata come mi<br />
sono sfogata altre volte con lui”.<br />
I retroscena dell’amministrazione Sgarbi<br />
però non si fermano a queste circostanze.<br />
Ce ne sono anche altre. Come quando<br />
Sgarbi decise di nominare il cantante Morgan<br />
come assessore. Erano i giorni in cui<br />
era scoppiato lo scandalo per le dichiara-<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 32<br />
zioni rese dallo stesso cantante a proposito<br />
dell’uso di droga che lui aveva fatto, cosa<br />
che gli aveva provocato l’esclusione dal<br />
Festival di Sanremo. E Sgarbi allora decise<br />
di nominarlo assessore.<br />
“Vittorio ridendo ci comunicò ora lo<br />
facciamo venire qua come assessore…eravamo<br />
tutti così, allibiti... dicevamo ma ancora<br />
gente porta? gente che non ci porta<br />
niente… cominciava a emergere la delusione,<br />
la stanchezza. Non arrivavano soldi,<br />
non arrivano progetti, non arrivava... non<br />
arrivava niente, tranne quella sua potenza<br />
mediatica che ci ha resi noti in tutto il<br />
mondo. Noi avevamo altri obiettivi per cui<br />
ci lamentammo, tutti non solo io…”.<br />
La Bivona ad un certo punto si è messa<br />
anche a piangere dovendo ricordare un affronto<br />
subito da Toscani: “Quando comunicai<br />
che ero in attesa di un bambino, Toscani<br />
mi chiese chi avevo incastrato…<br />
Qualche tempo dopo ero presente ad una<br />
manifestazione con il mio compagno, Giuseppe<br />
Parrino (figlio della senatrice alcamese<br />
ed ex ministro dei Beni Culturali ai<br />
tempi della prima repubblica, Vincenza<br />
Bono Parrino ndr), che si presentò a Toscani<br />
dicendogli che era lui che si era fatto<br />
incastrare”.<br />
Poi i discorsi sono tornati su Sgarbi che<br />
invece di parlare di problemi amministrativi<br />
“guardava le donne e le giudicava a secondo<br />
se avevano o meno i tacchi alti”. E<br />
Giammarinaro non si è mai pentito della<br />
scelta fatta di candidare e fare eleggere<br />
sindaco Vittorio Sgarbi? “A me non me<br />
l'ha mai detto, ma...”.<br />
Il discorso è stato completato dall’ex vicesindaco<br />
Scalisi, uomo di Pino Giammarinaro<br />
senza dubbio: ha raccontato quando<br />
durante una riunione al Kempiski (magnifico<br />
hotel di Mazara del Vallo scelto da<br />
Sgarbi per i suoi soggiorni) per parlare del<br />
progetto della vendita a un euro delle case<br />
terremotate di proprietà comunale (iniziativa<br />
servita solo a riempire pagine di giornali<br />
senza altri concreti risultati), ad un<br />
certo punto Sgarbi e Giammarinaro si appartarono<br />
in una stanza, e qualche minuto<br />
dopo si sentì un gran fragore di piatti che<br />
si rompevano. Sottovoce, in aula, durante<br />
la testimonianza di Scalisi, l’ex onorevole<br />
Giammarinaro ha confermato che Sgarbi<br />
gli scagliò addosso una serie di piatti che<br />
si trovò a portata di mano. Gli avrà gridato<br />
anche “capra capra capra”?
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Messina<br />
“Babba” a chi?<br />
Sulle rive dello Stretto<br />
la mafia prospera, ma<br />
pochi ci fanno caso<br />
di Ilaria Raffaele<br />
«Andatevene via, qui la mafia non<br />
c'è». Con queste parole i ragazzi di Addiopizzo<br />
sono stati cacciati dalla tradizionale<br />
festa della Vara, il carro costruito<br />
dai devoti della Vergine Maria che<br />
ogni anno il 15 agosto attraversa il centro<br />
della città.<br />
Eppure i <strong>giovani</strong> del comitato di Messina<br />
sono miti, anche se determinati nel portare<br />
la lotta alla mafia in riva allo Stretto.<br />
Giorgia Celi ed Enrico Pistorino di mestiere<br />
fanno gli operatori sociali, hanno da<br />
anni la passione per il volontariato e in<br />
cima ai loro desideri per la Sicilia ce n'è<br />
uno: liberarla dalla mafia. Sono loro il<br />
cuore del comitato Addiopizzo.<br />
«Io collaboravo già con alcune associazioni<br />
di volontariato, come la Caritas –<br />
racconta Giorgia – e parlando con Enrico<br />
ed altri amici abbiamo pensato di dare il<br />
nostro contributo alla lotta alla mafia». Insieme<br />
ad altre tredici persone si sono<br />
iscritti ad Addiopizzo e hanno cominciato<br />
la loro attività. Ora gestiscono un bene<br />
confiscato a un uomo accusato di usura.<br />
«Questo edificio è stato confiscato nel<br />
2001, ma l'affidamento al comitato è avvenuto<br />
per caso – spiega Enrico – Avevo saputo<br />
dai giornali che c'era un bene in via<br />
Roosevelt, ma non riuscivo a individuarlo<br />
fra queste palazzine. Così mi sono informato<br />
all'Agenzia nazionale per l'amministrazione<br />
dei beni sequestrati e mi hanno<br />
comunicato che era un appartamento in un<br />
limbo: non era né di loro proprietà né del<br />
Comune perché l'amministrazione non<br />
aveva avviato le procedure per<br />
acquisirlo».<br />
Un salone con una parete dipinta coi ritratti<br />
di Falcone e Borsellino, una piccola<br />
cucina, uno stanzino pieno di carte: in<br />
questa, che era la casa di un usuraio, si<br />
raccolgono e impacchettano i cesti natalizi<br />
con i prodotti che ci arrivano da Libera,<br />
dal consorzio Terre del Sole e dalla cooperativa<br />
Goel, due associazioni calabresi che<br />
gestiscono terre confiscate alla 'ndrangheta,<br />
ma da <strong>gennaio</strong> inizieranno anche i cineforum<br />
e i dibattiti. Intanto vanno nelle<br />
scuole a spiegare la legalità.<br />
“Qui la mafia c'è sempre stata”<br />
Il primo passo per combattere la mafia è<br />
riconoscere che c'è. La Direzione<br />
investigativa antimafia descrive così la<br />
provincia di Messina: «Caratterizzata dalla<br />
presenza di distinte strutture criminali di<br />
tipo mafioso, ciascuna operante su una<br />
propria area di influenza, ma tutte<br />
accomunate dalla capacità di condizionamento<br />
del tessuto economico-imprenditoriale<br />
e della pubblica amministrazione».<br />
Gli investigatori della Dia descrivono un<br />
quadro ben diverso dalla città “babba” in<br />
cui i messinesi pensano di vivere.<br />
«Qui la mafia c'è e c'è sempre stata –<br />
dice il questore Carmelo Gugliotta – Controlla<br />
il territorio in base a una spartizione<br />
che divide la città in tre macro-zone (nord,<br />
centro e sud), ciascuna con alcuni quartieri<br />
sotto il controllo delle famiglie. Faccio gli<br />
esempi di Giostra nella zona nord, Camaro<br />
al centro e Villaggio Cep e Santa Lucia<br />
Superiore nella zona sud di Messina». Oltre<br />
a queste, ci sono altre zone critiche:<br />
Contesse, Gravitelli e Mangialupi, «per lo<br />
più guidate da reggenti, dato lo stato di detenzione<br />
dei capi storici».<br />
La 'ndrangheta e le cosche<br />
Messina, schiacciata com'è dall'influenza<br />
delle cosche di Palermo e Catania e da<br />
quella della 'ndrangheta calabrese, viene<br />
descritta dal questore come una «città cuscinetto,<br />
dove viene mantenuta una calma<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 33<br />
Scheda<br />
LA CITTA' SPARTITA<br />
Il territorio di Messina e provincia, così<br />
come tutta la Sicilia, è rigorosamente<br />
diviso fra le cosche locali. Barcellona<br />
Pozzo di Gotto è notoriamente sede di<br />
uno dei clan più minacciosi della regione,<br />
Mistretta è segnalata per la famiglia<br />
locale, e la cronaca descrive una<br />
situazione di controllo del territorio da<br />
parte della mafia: è del 19 dicembre<br />
scorso l'arresto a Messina di otto persone<br />
per estorsione e usura (per alcuni di loro<br />
è stata ipotizzata l'aggravante mafiosa); il<br />
21 novembre la Direzione investigativa<br />
antimafia di Messina ha sequestrato beni<br />
per un valore di 600 mila euro agli<br />
imprenditori Antonino e Tindaro Lamonica<br />
di Caronia, accusati di essere vicini ad<br />
esponenti di spicco di gruppi mafiosi<br />
operanti nella fascia tirrenica della<br />
provincia (a marzo agli stessi imprenditori<br />
la Dia aveva sequestrato beni per un<br />
valore di 30 milioni di euro); il 13<br />
dicembre 2 milioni di euro erano stati<br />
sequestrati al latitante della famiglia<br />
barcellonese Filippo Barresi.<br />
apparente per preservare i rapporti economici<br />
fra siciliani e calabresi, che fanno affari<br />
soprattutto con la droga».<br />
L'acquisto e l'importazione in Italia delle<br />
sostanze stupefacenti vengono gestiti dalle<br />
famiglie palermitane e calabresi. «Messina<br />
è per lo più una piazza di spaccio mentre<br />
manca il livello più alto della gestione dei<br />
rapporti per l'acquisto all'ingrosso della<br />
droga».<br />
Il consumo di queste sostanze, dice il<br />
questore, è aumentato: «Negli ultimi quindici<br />
anni è cresciuto quello di cocaina, che<br />
è una sostanza eccitante e quindi era indicata<br />
per ritmi di lavoro più sostenuti e una<br />
vita che diventava più complessa. In questa<br />
fase di crisi è in aumento l'uso di eroina,<br />
che è depressiva».<br />
La strada da fare a Messina è ancora<br />
lunga. «Bisogna cambiare la mentalità di<br />
questa città» dice Massimo, che non è ancora<br />
iscritto ufficialmente ad Addiopizzo<br />
ma è già impegnato a dare una mano in<br />
sede. E racconta: «Ci sono persone che<br />
vengono ad acquistare qui i loro regali per<br />
Natale ma ci chiedono di togliere il logo<br />
Addiopizzo dalla confezione perché “chissà<br />
cosa pensa la gente”. Io non me lo riesco<br />
a spiegare: se vieni a comprare qui<br />
vuol dire che credi nel progetto, no? Allora<br />
che ti importa di cosa pensano gli<br />
altri?».
www.isiciliani.it<br />
Coi soldi di logge e clan<br />
Apocalisse rifiuti<br />
da Nord a Sud<br />
Il disastro è stato fissato<br />
per l'anno 2064<br />
quando il percolato inquinerà<br />
le falde un disastro<br />
ambientale senza<br />
precedenti<br />
di Arnaldo Capezzuto<br />
www.ladomenicasettimanale.it<br />
“É una storia maledetta. Un lungo e<br />
tossico romanzo criminale. Qui la camorra<br />
c'entra, eccome. Ma non è la<br />
sola. É un intreccio di poteri, saldature<br />
e coessenze da mettere i brividi. Un piano<br />
parallelo dove la politica e le istituzioni<br />
sono state piegate agli interessi e<br />
agli affari più spregiudicati. La massoneria<br />
ne è diventato il punto di sintesi,<br />
il porto sicuro, la corazza”.<br />
Il quadro d'insieme, i fatti ricostruiti e<br />
tratteggiati dall'ordinanza controfirmata<br />
dal Gip Anita Polito fa letteralmente accapponare<br />
la pelle. Nero su bianco in oltre<br />
cinquecento pagine sono ricostruiti un<br />
quarto di secolo di attentati all'ambiente e<br />
alla salute dei cittadini che fotografano<br />
l'industria del ciclo delle ecomafie nel territorio<br />
campano.<br />
Per la prima volta in assoluto viene contestato<br />
nel provvedimento cautelare il reato<br />
di disastro ambientale ad un capo della<br />
camorra casalese: il padrino ergastolano<br />
Francesco Bidognetti detto Cicciotto 'e<br />
mezzanotte.<br />
L'ambasciatore della cosca<br />
Con lui c'è il cugino Gaetano Cerci,<br />
considerato l'ambasciatore della cosca e<br />
più che altro il referente della massoneria<br />
di Castel Fibocchi facente capo al gran<br />
maestro e fondatore della P2 Licio Gelli.<br />
Ma non è finita. C'è spazio anche per<br />
l'avvocato Cipriano Chianese, prima titolare<br />
della Sestri, quindi della Resit srl, società<br />
che gestivano le discariche ubicate<br />
su un'area di 21.4 ettari, che assieme a<br />
Cicciotto 'e mezzanotte e a Cerci era il<br />
grande ideatore che avrebbe organizzato e<br />
portato a interrare negli invasi illegali<br />
806.590 tonnellate di rifiuti, solo in trascurabile<br />
parte proveniente dal sud.<br />
L'altra tessera del mosaico porta il<br />
nome di Giulio Facchi, sub-commissario<br />
all'emergenza rifiuti nominato dall'allora<br />
governatore e commissario distratto Antonio<br />
Bassolino. Questi “compagni di merenda”<br />
a più riprese subentrando al progetto<br />
- secondo l'inchiesta dei magistrati<br />
della Dda di Napoli - avrebbero scientifi-<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 34<br />
camente pianificato e attuato dal 1989 ai<br />
giorni nostri il traffico di rifiuti chimici e<br />
industriali dal Nord Italia alla Campania.<br />
Le scorie dell'Acna di Cengio<br />
Dai riscontri, dalle analisi, dalle perizie<br />
è emerso che nelle discariche, nelle cave,<br />
nei terreni di Villaricca, Giugliano e<br />
Parete sono stati smaltiti circa 31mila<br />
tonnellate di scorie provenienti dall'Acna<br />
di Cengio. Ma questo non è tutto perché<br />
al peggio si aggiunge il disastro.<br />
C'è un timer che lento e inesorabile<br />
scandisce un countdown quotidiano con<br />
scadenza fissata al 2064. Quella massa di<br />
scorie tossiche interrate ha prodotto 57mila<br />
tonnellate di percolato e toccherà la<br />
punta massima di inquinamento e contaminazione<br />
delle falde acquifere nel 2064.<br />
Gli effetti sulla popolazione - stimano in<br />
maniera prudenziale gli studiosi - dureranno<br />
fino al 2080. Le patologie can- cerogene<br />
e le malformazioni - specialmente<br />
nei bambini - saranno simili a epidemie.<br />
Lo scenario è apocalittico. Territori violentati,<br />
devastati, stuprati irrimediabilmente.<br />
Un attentato e un disastro ambientale<br />
che non ha pari al mondo. Una tragedia<br />
immane. Come i genocidi nazisti.<br />
Società a capitale di camorra<br />
L'ingegneria massonica aveva pensato<br />
proprio a tutto. Addirittura è riuscita a<br />
costruire una società la “Ecologia 89” a<br />
capitale di camorra e gestita dai capi<br />
casalesi tra cui i big Francesco Schiavone<br />
“Sandokan” e Antonio Iovine “'O ninno”.<br />
Incontri, riunioni, conciliaboli settimanali<br />
alla circumvallazione esterna di<br />
Villaricca, un ristorante scelto come luogo<br />
neutro per ritrovarsi e intrecciare i fili di<br />
quel tessuto d'illegalità di poteri che ha<br />
messo in ginocchio una intera regione.
Era il 4 febbraio del 1991 quando Mario<br />
Tamburrino, autista di un tir che trasportava<br />
rifiuti chimici della Ecomovil di<br />
Cuneo fino alle campagne Di Qualiano,<br />
Villaricca e Giugliano, restò intossicato.<br />
www.isiciliani.it<br />
Dalle indagini si capì che sotto a quei<br />
terreni ci andava a finire di tutto e di più.<br />
A squarciare definitivamente il velo di<br />
omertà ed a mettere a nudo la piovra mostruosa<br />
dell'affare rifiuti tossici fu Gaetano<br />
Vassallo, l'imprenditore pentito che<br />
con i suoi racconti ha svelato la struttura<br />
e la sovrastruttura del sistema. I nomi dei<br />
politici si confondono con quelli dei camorristi,<br />
dei funzionari dello Stato infedeli,<br />
dei settori degli apparati di sicurezza<br />
diventando un enorme impasto che ha<br />
attentato la vita democratica di un paese.<br />
Il referente politico<br />
Il referente politico e di collegamento è<br />
- secondo l'accusa – il parlamentare Nicola<br />
Cosentino, ex sottosegretario<br />
all'Economia, ex coordinatore regionale<br />
del Pdl e attuale deputato in cerca disperata<br />
di un posto in lista per garantirsi immunità<br />
e impunità.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 35<br />
“Un contesto collusivo<br />
dove camorristi,<br />
imprenditori,<br />
impiegati infedeli<br />
tramavano<br />
per favorire i grandi<br />
gruppi industriali<br />
del Nord Est”<br />
Le indagini hanno scoperto e acclarato<br />
che tra l'area di Villaricca, Giugliano,<br />
Qualiano, Parete, Chiaiano e Pianura<br />
sono state smaltite illegalmente centinaia<br />
di migliaia di tonnellate di rifiuti ospedalieri,<br />
fanghi speciali, polveri di amianto,<br />
residui di verniciatura, alimenti avariati,<br />
medicinali scaduti e le scorie della lavorazione<br />
di alcune industrie del torinese,<br />
milanese, bolognese e veneto.<br />
Di cosa parliamo? La Campania infelix<br />
a tavolino è stata designata e adibita sulla<br />
scacchiera degli affari a grande discarica<br />
del Nord Italia. Ancora agli inizi degli<br />
anni Novanta, Carmine Schiavone spiegò<br />
come i casalesi, per soddisfare le esigenze<br />
del Settentrione, non esitarono a riempire<br />
gli scavi realizzati per la costruzione<br />
della superstrada Nola-Villaliterno, con<br />
tonnellate di rifiuti trasportati da tutta<br />
l'Italia.<br />
“Beviamo acqua minerale”<br />
Stesso concetto ribadito qualche anno<br />
dopo da Domenico Bidognetti: “Nei terreni<br />
agricoli per anni sono stati smaltiti i<br />
fanghi di depurazione provenienti da<br />
aziende della Lombardia. L'organizzazione<br />
guadagnava e faceva risparmiare centinaia<br />
di milioni di euro alle industrie del<br />
Nord Est garantendo sempre documenti<br />
puliti”. A chi, preso da un rimorso di coscienza,<br />
rifletteva: “Tutti questi rifiuti<br />
posso inquinare le falde acquifere”, il<br />
boss manager rispondeva: “A noi che<br />
cazzo c'importa, beviamo l'acqua<br />
minerale”.
www.isiciliani.it<br />
Società civile<br />
Diario da una<br />
scuola napoletana<br />
Michele, Antonio, Domenico...<br />
Fra inganno e<br />
solitudine, e vita amara<br />
di Andrea Bottalico<br />
www.napolimonitor.it<br />
Forse avevi ragione tu, Titina mia. Io<br />
mi domando ancora chi me l’ha fatto<br />
fare. Resto seduto a guardare al di là<br />
della finestra. Piove. Le gocce sbattono<br />
sui vetri, le pozzanghere si allargano e il<br />
traffico va in tilt. Si sentono i clacson in<br />
lontananza, le sirene della polizia e<br />
dell’ambulanza. Le ringhiere di alcuni<br />
bassi nel vico sono addobbate a festa,<br />
qualcuno spara i raudi anche sotto il diluvio.<br />
Nella stanza ci sono gli spifferi, fa<br />
talmente freddo che indosso due maglioni<br />
di lana e quattro paia di calzini.<br />
Guardo il temporale mentre provo a<br />
scriverti due righe. Sono trascorsi altri due<br />
mesi. Il panorama da qua m’inganna ogni<br />
mattina, quando mi sveglio e bevo il caffè<br />
dietro al vetro della finestra prima di andare<br />
a scuola. E osservo mezzo assonnato i<br />
tetti dei palazzi bagnati, i campanili, le terrazze<br />
piene di antenne e le navi in rada che<br />
aspettano di entrare nel porto, e penso di<br />
scappare via, raggiungerti, ma lei mi si<br />
piazza davanti senza dire niente. Ricordi<br />
quei versi di Bodini? «Qui non vorrei morire<br />
dove vivere/ mi tocca, mio paese,/<br />
così sgradito da doverti amare...».<br />
Come questo tempo, Tina. Passeggiare<br />
per le strade trafficate, girare l’angolo.<br />
Camminare. Leggere i titoli delle prime<br />
pagine con la stessa estraneità di un cane<br />
randagio nel parcheggio di un centro commerciale.<br />
Respirare a pieni polmoni<br />
quest’aria, restare assuefatti, bere bicchieri<br />
di Negroni sbagliati per sopperire al cinismo.<br />
E osservare i manichini delle vetrine,<br />
pensare al destino, alla barbarie somministrata<br />
in pillole.<br />
La storia drammatica, il traffico di stupefacenti,<br />
il Rom di ventuno anni ucciso<br />
in una sparatoria con la polizia, e le cari-<br />
che, le dichiarazioni ufficiali degli ultimi<br />
sottosegretari, le indagini preliminari, i<br />
sequestri, le statistiche, gli arresti, tutti<br />
quei morti ammazzati.<br />
Lasciamo perdere. L’altra volta, nel corso<br />
del laboratorio in una classe era in atto<br />
una discussione sul nome da dare alla testata<br />
del giornalino. Allora un alunno ha<br />
gridato: «La scissione! Chiamiamolo “La<br />
scissione”». Si tratta della stessa scuola<br />
media vandalizzata nella notte tra il 13 e il<br />
14 novembre da ignoti. Istituto allagato,<br />
estintori aperti, danni gravi. Un mese prima<br />
a Marianella due sicari uccidevano per<br />
errore Lino Romano, trent’anni, sotto casa<br />
della fidanzata. Quattordici colpi di pistola,<br />
Tina, già ne parlammo. Il bersaglio era<br />
un altro, quella sera si trovava nello stesso<br />
palazzo. Uno dei responsabili è stato arrestato<br />
a San Giovanni a Teduccio. Ha ventidue<br />
anni, si chiama Giovanni Marino. Ha<br />
avuto il ruolo di basista nell’omicidio.<br />
“Chiamiamolo La Scissione!”<br />
L’hanno preso grazie al pentimento della<br />
zia della fidanzata della vittima designata.<br />
Lei doveva inviare un messaggio ai killer<br />
per far uccidere il fidanzato della nipote,<br />
ma quelli non aspettarono e spararono a<br />
Lino Romano, scambiandolo per il vero<br />
obiettivo dell’agguato. Nel giorno dei funerali,<br />
il ministro dell’interno si è recato<br />
nell’abitazione dei familiari della vittima<br />
assicurando che gli assassini sarebbero<br />
stati presi.<br />
Il sindaco dopo l’arresto di Giovanni<br />
Marino commentava così: «Non posso che<br />
esprimere tutta la soddisfazione, personale<br />
e della città, per l’arresto di uno dei sicari<br />
che hanno ucciso Lino Romano. Un grazie<br />
alle forze dell’ordine e alla magistratura<br />
che sono impegnate nel contrasto al crimine<br />
organizzato. L’arresto non servirà a restituire<br />
Lino ai suoi familiari, ma rappresenta<br />
un importante atto di giustizia e un<br />
segnale di speranza per la città e il Paese<br />
che, senza tentennamento…». Il presidente<br />
della Regione? «Una notizia che dà fiducia<br />
(…) Una risposta che significa che<br />
lo Stato c’è e che è un successo della giustizia.<br />
Risultati così positivi ci rendono<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 36<br />
tutti fiduciosi». I due figli della donna<br />
pentita hanno avuto un ruolo minore, adesso<br />
stanno ai domiciliari.<br />
“Dove la verità suona come menzogna”<br />
Da quando lavoro nella zona orientale<br />
mi pare di tenere i piedi inchiodati per terra.<br />
Entro in certe scuole tra Ponticelli, Barra<br />
e San Giovanni, e oltre all’inadeguatezza<br />
mi sento come schiacciato da un peso<br />
irriducibile, essenziale. La comparazione<br />
con il carcere è troppo scontata, e poi in<br />
un carcere non ci sono mai entrato. Ogni<br />
tanto mi ritrovo a riflettere sulla natura del<br />
potere che subiscono passivamente i ragazzi;<br />
anzi, la natura “dei poteri”. Ci sono<br />
scuole in cui i professori rinunciano alla<br />
didattica, e gli alunni, oltre al mancato diritto<br />
all’apprendimento, si sentono privati<br />
del diritto di scegliere di non seguire la lezione<br />
del docente ignavo di turno. Questa<br />
è una delle immagini dell’istituzione ai<br />
loro occhi. So di un ragazzo in un istituto<br />
superiore, che disse di volersi togliere lo<br />
sfizio di vedere almeno una volta la faccia<br />
del suo professore di matematica.<br />
Quell’esigenza nascondeva la voglia di<br />
vedere il volto dell’autorità. Poi avrebbe<br />
deciso lui se sputargli in faccia o meno.<br />
Di tanto in tanto immagino di portarti in<br />
classe con me, farti conoscere Michele,<br />
Antonio, Domenico, Mauro, Vincenzo.<br />
Dai loro sguardi capiresti l’inganno e il significato<br />
della solitudine, Tina. Reagiresti<br />
con il silenzio di chi ha visto una verità,<br />
consapevole che “ci sono persone in presenza<br />
delle quali ogni verità suona come<br />
una menzogna”.<br />
Un giorno entrai nella loro classe con le<br />
Cronache di Napoli, il solo giornale di<br />
merda che i ragazzi sentono vicino alle<br />
loro vite, quello che pare scrivere e descrivere<br />
il loro mondo (che è anche il nostro).<br />
Michele quasi me lo strappò dalla mano.<br />
Avevano arrestato un certo Mariano Abete<br />
il giorno prima. Ventun anni. Il Viminale<br />
l’aveva inserito nell’elenco, in uno dei tanti<br />
elenchi, dei cinque latitanti più pericolosi<br />
del momento. Si nascondeva in un’intercapedine<br />
ricavata tra due pareti. Michele<br />
lesse tutta la pagina dedicata all’arresto.
Non l’avevo mai visto così impegnato e<br />
attento nell’esercizio della lettura. In quel<br />
momento pensai di sfuggita alla relazione<br />
tra il potere criminale e il potere dello stato,<br />
e a una frase letta anni addietro: “È<br />
inutile chiedersi se è più dannoso il secondo<br />
o il primo. Senza il secondo il primo<br />
non ci sarebbe. Senza il primo, il secondo<br />
lo inventerebbe”.<br />
Poteri criminali e non<br />
A Barra, nei pressi della Vesuviana,<br />
vedo spesso un vecchio che sta da solo.<br />
Aspetta, cammina avanti e indietro, ogni<br />
tanto dice qualcosa ma nessuno l’ascolta. I<br />
murales degli ultras ricoprono il muro che<br />
costeggia i binari, si avverte un forte odore<br />
di caffè tostato proveniente da una torrefazione,<br />
si vedono le ciminiere delle fabbriche<br />
dismesse. Se chiedi ai ragazzi della<br />
media da dove provengono, loro rispondono<br />
con orgoglio ‘Ind ‘a Bbarra. Sembrano<br />
circondati da un recinto invalicabile. Mimmo,<br />
paffutello; Armando, il padre in carcere;<br />
Elena e Bianca timide, bocciate due<br />
volte. Mimmo e Armando calzavano quei<br />
jeans aderenti, dallo smartphone ascoltavano<br />
le canzoni della festa dei gigli, simulavano<br />
i movimenti per i corridoi finché la<br />
bidella non cominciava a urlare. Dopodiché<br />
si placavano. Pensammo di far intervistare<br />
ai ragazzi uno storico della festa.<br />
Durante la conversazione emersero momenti<br />
interessanti, ma a tratti i ragazzi avvertivano<br />
il peso del giudizio sui loro idoli<br />
che orbitavano intorno all’attuale festa dei<br />
gigli, oggi ricettacolo di malavitosi, a detta<br />
dello storico. Mimmo e Armando, così ossessionati<br />
dai gigli, non gli posero alcuna<br />
domanda. Mimmo s’incuriosì quando lo<br />
storico mostrò alcune foto d’epoca. C’era<br />
in mezzo suo nonno.<br />
Agli inizi di dicembre portai di nuovo il<br />
giornale in classe di Michele, nell’istituto<br />
superiore di San Giovanni. Un uomo era<br />
stato ammazzato in pieno giorno nel cortile<br />
della scuola materna “Eugenio<br />
Montale”. La vittima era stata inseguita<br />
dai sicari fin dentro il cortile dell’istituto,<br />
non lontano dall’ingresso principale. Lo<br />
avevano già colpito, poi l’avevano raggiunto<br />
nella scuola dove il ferito cercava<br />
scampo. Due giorni prima un altro morto,<br />
sull’asse mediano all’altezza di Giugliano.<br />
Si chiamava Mirko Romano. Ventisette<br />
anni. «Sparare nel cortile di una scuola è<br />
un atto terroristico di una gravità indefinibile<br />
che fa male a questa città, in particolare<br />
alla società civile che, proprio a Scampia,<br />
è da sempre impegnata nel contrasto<br />
ai clan. Come sindaco non posso che rin-<br />
www.isiciliani.it<br />
xxxxx graziare le forze dell’ordine e la magistra-<br />
Domenico<br />
tura, ma al governo non posso che chiedere<br />
un potenziamento delle strutture giudiziarie<br />
e investigative, oltre che una maggior<br />
presenza delle forze dell’ordine sul<br />
territorio. Resta, infine, il tema centrale<br />
per contrastare e vincere le…».<br />
Sempre a Scampia, Tina, dieci giorni<br />
dopo. Da una macchina in corsa avevano<br />
lanciato una bomba carta. Le schegge<br />
dell’esplosione ferirono una ragazza di tredici<br />
anni e un bambino di nove. Un altro<br />
bambino fu soccorso per uno stato di choc.<br />
Dopo le cure all’ospedale, i bambini furono<br />
dimessi. Il giorno dopo i carabinieri<br />
trovarono un ordigno inesploso in un piazzale<br />
delle cosiddette case celesti. Intervennero<br />
i militari del nucleo artificieri. Si trattava<br />
di una bomba a mano dello stesso<br />
tipo di quelle utilizzate durante il conflitto<br />
nell’ex Jugoslavia.<br />
Napoli finiva a Poggioreale<br />
Un insegnante una volta mi raccontò di<br />
una lezione con i ragazzi sulla geografia<br />
della città a partire dalle loro impressioni.<br />
Il mare per loro era a Mergellina, Napoli<br />
era Poggioreale, “dove sta il carcere”; San<br />
Giovanni era irraggiungibile, Ponticelli era<br />
un paese. Eravamo all’interno di un edificio<br />
scolastico basso che appare non appena<br />
lasci alle spalle via Argine, non lontano<br />
dalle schiere di palazzine di edilizia popolare<br />
che s’intravedono oltre. Sembra studiato<br />
a tavolino, Tina, come se gli<br />
architetti avessero progettato anche i comportamenti<br />
umani degli abitanti di quegli<br />
spazi. O viceversa i comportamenti umani<br />
degli abitanti deportati in quegli spazi hanno<br />
condizionato i progettisti?<br />
Da quelle parti c’ero già stato per<br />
un’intervista a una famiglia di occupanti,<br />
con la figlia agli arresti domiciliari per detenzione<br />
e spaccio e il padre morto di<br />
overdose. Tra i nomi delle strade di Ponticelli<br />
ricordo viale della Metamorfosi, ci<br />
passammo dopo esserci persi per l’ennesima<br />
volta. L’impatto con l’edificio cambiava<br />
a seconda dell’orario e del mezzo con il<br />
quale arrivavi fin lì. In autobus, in motorino,<br />
quando i ragazzi uscivano da scuola,<br />
quando erano ancora dentro. Fuori invece<br />
la distanza spaziale coincideva con la distanza<br />
mentale, una percezione che sentivi<br />
non appena l’odore della nafta penetrava<br />
nelle narici all’altezza dei serbatoi, tra San<br />
Giovanni a Teduccio e Gianturco.<br />
Gli alunni in quella scuola media erano<br />
pochi, c’era poca luce nell’atrio. La stanza<br />
che utilizzavamo sembrava il deposito di<br />
un vecchio teatrino. Sui muri tante scritte,<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 37<br />
tra cui una enorme: Basile ‘o Ras. C’erano<br />
Ciro, Fatima, Davide, Maria e Carla, bocciata<br />
tre volte, fidanzata con un ragazzo di<br />
trent’anni. I ragazzi chiamarono il loro<br />
giornale “La scuola dell’infame”. In copertina<br />
c’erano alcune immagini di uomini<br />
che impugnavano pistole verso un uomo<br />
con le mani legate.<br />
In quella scuola un giorno entrò un professore<br />
nel corso del laboratorio perché<br />
aveva bisogno dei ragazzi, avrebbero dovuto<br />
spazzare a terra in una sala. Aprì la<br />
porta senza bussare. Gli chiesi se era proprio<br />
necessario, dissi che stavamo lavorando,<br />
lui quasi perse la pazienza e mi ripose<br />
la domanda: «Possono venire si o no?».<br />
Gli risposi di no, e lui stizzito chiuse la<br />
porta. I ragazzi rimasero increduli.<br />
Alla fine del laboratorio il professore mi<br />
aspettò all’esterno della scuola, disse di<br />
seguirlo. Osservarono tutti la scena. Quel<br />
“no” aveva delegittimato il suo misero potere<br />
in quell’edificio. Doveva ristabilirlo<br />
in maniera plateale e loro dovevano capirlo,<br />
proprio quelli che avevano assistito alla<br />
richiesta negata mezz’ora prima. Il professore<br />
mi fece entrare in una classe e tra le<br />
altre cose disse: «La prossima volta che mi<br />
rispondi in quel modo io vi caccio, perché<br />
se voi siete qui lo dovete soltanto a me!».<br />
“La prossima volta vi caccio”<br />
Titina mia, ti chiederai perché ti ho raccontato<br />
tutto questo. Per mitigare la nostalgia,<br />
sublimare la rabbia che tengo dentro<br />
e che mi corrode a poco a poco se non<br />
la caccio fuori. Ti prometto che un giorno<br />
ti porterò a vedere il tramonto da Castellammare,<br />
poi andremo in costiera, ti regalerò<br />
una rosa e mangeremo i frutti di mare<br />
a Vico Equense. Continuo a pensare che<br />
forse avevi ragione tu, e mi domando ancora<br />
una volta chi me l’ha fatto fare. Avrei<br />
dovuto seguirti, ma è probabile che avremmo<br />
litigato perché io e te siamo come i<br />
due mari che s’accavallano giù all’isola<br />
delle Correnti, l’uno calmo piatto, l’altro<br />
agitato inquieto. Ricordi quella notte,<br />
quando andammo a vedere se era veramente<br />
così?<br />
Non dimenticare, Tina. Quando ci rivedremo<br />
saremo felici come due bambini,<br />
avremo dimenticato gli errori, le paure, le<br />
insicurezze, avremo dimenticato le parole<br />
inutili, e sarà inverno e avrai come al solito<br />
freddo, e avremo vergogna di guardarci<br />
negli occhi, e allora le tue mani tremeranno,<br />
e la coscienza mia si dimostrerà mite,<br />
libera di andarsene via da qui, con la testa<br />
fieramente trafitta dal pensiero di sapersi<br />
ancora vivi.
www.isiciliani.it<br />
Abruzzo<br />
L'”isola felice”<br />
che ha scoperto le mafie<br />
Qui per decenni prosperità<br />
e ricchezza<br />
sono stati garantiti dal<br />
clientelismo e dal familismo<br />
Dc. Nel '92 il<br />
sistema è crollato,<br />
mentre le mafie penetravano<br />
nel profondo<br />
della società<br />
di Alessio Di Florio<br />
Zio Remo. Era il nomignolo (affettivo<br />
o dispregiativo, a seconda di chi lo<br />
pronunciava) di Remo Gaspari, parlamentare<br />
e per 16 volte ministro della<br />
DC, nato a Gissi, un paese montano<br />
abruzzese. Per tutti i decenni del dopoguerra<br />
l'Abruzzo era Zio Remo.<br />
Non c'era industria, ospedale, opera<br />
pubblica, ufficio postale, che non fosse<br />
sorto grazie a lui. Tutto in cambio di voti<br />
e sostegno. Intorno a Remo Gaspari la<br />
DC abruzzese ha incardinato il suo sistema<br />
di potere clientelare. Il tessuto industriale<br />
ed economico abruzzese, dopo la<br />
guerra, è risorto tra le processioni di migliaia<br />
di persone in ginocchio da Gaspari<br />
nella sua natìa Gissi o negli stabilimenti<br />
balneari di Vasto Marina o Casalbordino.<br />
Quotidianamente centinaia di persone<br />
accorrevano presso il "re del clientelismo",<br />
disposti ad attendere anche ore e<br />
ore.<br />
L'Abruzzo è stato forgiato dal clientelismo<br />
e dal sistema di potere clientelare<br />
della DC: la libera iniziativa non esiste, il<br />
riconoscimento dei propri diritti neanche.<br />
Per ottenere l'agognata pensione dopo<br />
anni e anni di duro lavoro o per avere un<br />
lavoro (anche sottopagato e schiavizzati),<br />
si chiede il "favore", ci si inginocchia al<br />
potente di turno. E' una mentalità che,<br />
ancora oggi, domina le menti degli<br />
abruzzesi.<br />
Nel 1992 il ciclone Tangentopoli investe<br />
anche l'Abruzzo. Varie amministrazioni<br />
comunali(tra le prime Casalbordino)<br />
e anche quella regionale furono azzerate<br />
dalle inchieste giudiziarie.<br />
Tra i Comuni va segnalato il capoluogo<br />
di provincia Chieti (che, essendo la<br />
provincia natìa, era anche il feudo più solido<br />
di Remo Gaspari), con l'arresto del<br />
febbraio del sindaco Andrea Buracchio e<br />
di due terzi dell'intera giunta. Il 29 settembre<br />
1992 vengono arrestati Rocco Salini<br />
(che sarà poi condannato) e altri<br />
esponenti della giunta regionale.<br />
Ottobre '91: arrivano i primi killer<br />
E' il crollo del potere democristiano,<br />
"l'agonia di un regime" come l'ebbe superbamente<br />
a descrivere anni dopo il<br />
compianto (e purtroppo quasi da tutti dimenticato)<br />
Sergio Turone. Ma c'è un altro<br />
episodio di cronaca di quei mesi che<br />
va evidenziato e che segnò uno spartiacque<br />
nella storia recente dell'Abruzzo: il 4<br />
ottobre 1991 viene assassinato a Pescara<br />
l'avvocato Fabrizio Fabrizi. L'omicidio<br />
Fabrizi, rimasto praticamente senza colpevole<br />
ufficialmente, è considerato il primo<br />
delitto di mafia in terra abruzzese.<br />
Quella notte l'Abruzzo perse la sua<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 38<br />
verginità, smise definitivamente i panni<br />
di isola felice. In Abruzzo si faceva affari<br />
illeciti, anche gli interessi criminali prosperavano.<br />
E si uccideva. Nello studio di<br />
Fabrizi gli investigatori trovarono enormi<br />
faldoni di documenti che, dai rifiuti ai<br />
centri commerciali, testimoniavano il sistema<br />
di corruttela e malaffare che portò<br />
alla fine della DC e alcuni degli arresti<br />
riportati sopra.<br />
L'inchiesta Re Mida<br />
Cominciò allora la storia recente<br />
dell'Abruzzo, la storia di una classe politica<br />
in larga parte sempre più asfittica e<br />
incapace di qualsiasi visione, pronta solo<br />
a soddisfare gli interessi di lobby e gruppi<br />
di potere privati. Arrivando a favorire<br />
tranquillamente anche gli interessi delle<br />
mafie, che stanno prosperando proprio lì<br />
dove la politica è più incapace.<br />
A partire dal campo dei rifiuti, dove la<br />
gestione pubblica appare sempre più incapace<br />
e inefficiente, mentre monopoli<br />
privati e traffici con altre regioni (negli<br />
ultimi 15 anni sono oltre 20 le inchieste<br />
della magistratura, così come documenta<br />
anche un dossier dei mesi scorsi di PeaceLink<br />
Abruzzo e Ass. Antimafie Rita<br />
Atria, che hanno scoperto reti di traffico<br />
illecito nazionale e internazionale di rifiuti<br />
che avevano uno dei perni in Abruzzo)<br />
dominano incontrastati.<br />
L'inchiesta Re Mida della Procura di<br />
Pescara, che il 22 settembre 2010 coinvolse<br />
anche i senatori Paolo Tancredi e<br />
Fabrizio Di Stefano (già noto alle cronache<br />
nazionali come promotore dell'<br />
dell'abolizione della disposizione costituzionale<br />
che vieta la ricostituzione del<br />
Partito Fascista).
E ricostruì la vicenda di vera e propria<br />
spartizione affaristica del territorio della<br />
Regione Abruzzo, tra politici e<br />
imprenditori privati, con i primi che avevano<br />
il compito di piegare le leggi agli<br />
interessi dei secondi.<br />
La nazionale adriatica<br />
Per non parlare della speculazione edilizia:<br />
la costa abruzzese è attraversata per<br />
tutta la sua lunghezza dalla strada nazionale<br />
adriatica, nel percorrerla il mare si<br />
vede solo in piccolissimi spicchi, mentre<br />
dominano colate e colate di cemento.<br />
Pura speculazione edilizia, che sta mettendo<br />
in gravissimo rischio il territorio,<br />
ma anche fonte di affari illecito. A partire<br />
da Vasto, al confine con il Molise, dove<br />
centinaia e centinaia sono gli immobili<br />
sequestrati dalla magistratura.<br />
Davanti a questi scempi, e all'evidenza<br />
dei fatti acclarati anche da studi universitari<br />
(che fanno espresso riferimento anche<br />
al riciclaggio del denaro sporco nel<br />
"ciclo del cemento" abruzzese), larga<br />
parte della politica abruzzese continua a<br />
contorcersi solo nel balbettìo di videosorveglianze<br />
che dissanguano le casse<br />
pubbliche, ronde più o meno neofasciste,<br />
ideologie xenofobe e sicuritarie buone<br />
solo per la propaganda.<br />
Oltre a continuare a favorire le lobby<br />
del cemento (basti pensare alla recente<br />
legge regionale sull'edilizia o alla mancanza<br />
da quasi trent'anni di una legge regionale<br />
che disciplini le cave) e della<br />
speculazione.<br />
La Regione che si vanta di essere la<br />
"Regione verde d'Europa", la Regione<br />
dei Parchi e delle Aree Protette, grazie al<br />
saldarsi di destra e centrosinistra (PDL e<br />
www.isiciliani.it<br />
PD per intenderci, insieme a FLI), continua<br />
da oltre dieci anni ad impedire la definitiva<br />
istituzione del Parco Nazionale<br />
della Costa Teatina (diventata ormai<br />
un'unica immensa colata di cemento) o a<br />
ridurre l'Area Marina Protetta Torre del<br />
Cerrano per favorire espressamente alcuni<br />
costruttori.<br />
E nel frattempo la penetrazione delle<br />
organizzazioni criminali, dedite anche ai<br />
floridi mercati di prostituzione, sfruttamento<br />
illegale del lavoro dei migranti e<br />
delle droghe, continua la sua escalation.<br />
La prima 'ndrina abruzzese<br />
Nel 2007 la Procura di Vasto ha sgominato<br />
la prima 'ndrina nata e cresciuta interamente<br />
in Abruzzo, sorta intorno al<br />
boss della camorra in esilio Michele Pasqualone<br />
ma che coinvolgeva anche professionisti<br />
e personaggi della locale società(nel<br />
2008 in una seconda inchiesta<br />
la magistratura accusò anche un secondino<br />
del carcere locale di continuare a permettere<br />
a Pasqualone di continuare a comandare<br />
la 'ndrina dagli arresti). Il 2012<br />
è iniziato con una nuova inchiesta, che<br />
coinvolse quasi cento persone, che sgominò<br />
addirittura due reti criminali dedite<br />
allo spaccio di cui fu accusato di essere a<br />
capo il boss camoristico in esilio Lorenzo<br />
Cozzolino.<br />
Nell'estate scorsa furono arrestati moltissimi<br />
<strong>giovani</strong>ssimi (nessuno con un'età<br />
superiore ai 30 anni), che hanno importato<br />
in Abruzzo il cobrat, una nuova droga<br />
derivante dal processo di raffinazione<br />
dell'eroina.<br />
Droga e prostituzione sono tra gli affari<br />
che più permettono alle mafie di movimentare<br />
capitali, ma sono solo la punta<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 39<br />
“Ma qualcuno<br />
resiste:<br />
Peacelink<br />
la Rita Atria,<br />
Zona 22,<br />
Site.it...”<br />
avanzata di un'iceberg molto più profondo<br />
che coinvolge e devasta il tessuto sociale<br />
ed economico. A partire da L'Aquila,<br />
dove il terremoto del 6 aprile 2009 è<br />
diventato occasione incontrollata di affari<br />
criminali.<br />
Nei mesi scorsi una nuova inchiesta<br />
della procura di Roma ha fatto nuovamente<br />
tornare a parlare di Massimo<br />
Ciancimino, il figlio dell'ex sindaco DC<br />
di Palermo e considerato vicino alle cosche<br />
mafiose palermitane. Quell'inchiesta<br />
è stata solo l'ennesima partita da L'Aquila.<br />
E' cronaca di queste settimane, e si sta<br />
evolvendo ancora mentre sto completando<br />
queste righe, il sequestro di sette società<br />
di capitali, immobili e molti altri<br />
beni tra Roma, la Campania e il Vastese,<br />
la zona abruzzese al confine con il Molise.<br />
Secondo l'accusa le persone coinvolte<br />
sono prestanomi del clan dei Casalesi.<br />
Ieri la Dc, oggi i “poteri forti”<br />
Oltre 20 anni dopo il crollo del sistema<br />
di potere clientelare Dc, il vuoto politico<br />
non è stato mai "riempito", anche se<br />
mentalità clientelare e che attende i<br />
favori del potente di turno sopravvive.<br />
Oggi il presente è questo, infiltrazioni<br />
criminali sempre più in profondità, lobby<br />
che dominano incontrastate, nessuna visione<br />
del futuro. Qualcuno resiste (la rivista<br />
Site.it, l'Associazione Antimafie<br />
Rita Atria, PeaceLink, il centro sociale<br />
Zona22, associazioni storiche come Arci<br />
e WWF, alcuni esponenti politici coraggiosi<br />
comunisti, alcuni comitati e movimenti)<br />
e non si arrende. Sono I <strong>Siciliani</strong><br />
abruzzesi. Hanno contrastato il sistema<br />
di potere democristiano, oggi contrastano<br />
i nuovi "poteri forti".
www.isiciliani.it<br />
Modica/ Si privatizza anche qui. E i prezzi lievitano<br />
Le mani sul cimitero<br />
Parte il project financing<br />
che affida il cimitero<br />
alla gestione privata.<br />
Migliorìe evidenti<br />
sono state apportate<br />
alla struttura, ma i<br />
prezzi dei loculi e dei<br />
servizi sono aumentati<br />
di Enrica Frasca Caccia<br />
e Giorgio Ruta<br />
www.ilclandestino.info<br />
In occasione dei referendum del 2011<br />
la stragrande maggioranza degli italiani<br />
si è dichiarata contraria alla gestione<br />
privata dei beni e dei servizi pubblici<br />
a rilevanza economica. Con buona<br />
pace della sovranità popolare, però, si<br />
è continuato a preferire la via della<br />
privatizzazione per i beni comuni, e<br />
perciò per l’acqua, i rifiuti e i servizi<br />
cimiteriali.<br />
A Modica, la gestione privata del cimitero<br />
entra in pieno regime e i prezzi<br />
aumentano. Si sapeva. Invece non si sapeva<br />
bene se il servizio fosse migliorato.<br />
Ma girando per il cimitero non si può<br />
dire il contrario. La struttura è tenuta<br />
bene e tutto sembra orientato a un’ottica<br />
di efficienza. Sono state sistemate le fontanelle<br />
e messi 110 cassonetti, c’è il servizio<br />
di custodia 24 ore su 24 e gli ascensori<br />
sono entrati in funzione. I lavori di<br />
costruzione dei loculi e di manutenzione<br />
della parte vecchia sono iniziati. Il tutto<br />
targato SCM (Servizi Cimiteriali Modica).<br />
L’ingresso della Edilzeta dei fratelli Zaccaria<br />
nelle mura del camposanto ha provocato<br />
tanti pruriti. I primi a storcere il<br />
naso sono coloro che hanno dato ad<br />
un’occhiata ai prezzi. Per un loculo, con<br />
la gestione pubblica, si spendevano 1400<br />
euro. Oggi ce ne vogliono mediamente<br />
2000.<br />
Un loculo costa 600 euro in più<br />
Prendiamo un loculo di terza fila. Oggi<br />
costa 2135 euro, prima ne costava 1400.<br />
Prevedibile: adesso il prezzo comprende<br />
pure l’Iva e l’utile del privato. Per Giorgio<br />
Zaccaria, di Edilzeta, va considerato<br />
anche un altro aspetto: “I prezzi applicati<br />
dal Comune erano stati stabiliti nel 2001.<br />
Oggi è chiaro che c’è un aumento del costo<br />
della vita. Lo abbiamo calcolato riferendoci<br />
agli indici Istat”.<br />
Il Comune di Scicli ha riformulato, con il<br />
Commissario Margherita Rizza, il prezziario<br />
del cimitero nel maggio di<br />
quest’anno. Se prendiamo come riferimento<br />
ancora un loculo di terza fila il<br />
prezzo è di 1600 euro. Tra Modica e Scicli<br />
la differenza è quindi di 500 euro.<br />
“Ogni cimitero ha una storia a sé e dei<br />
costi diversi. Se prendiamo Ragusa il<br />
prezzo è maggiore”, spiega Zaccaria.<br />
L’aumento dei prezzi è una valanga che<br />
coinvolge tutti i servizi. Per esempio<br />
oggi una tumulazione in tombe di famiglia<br />
costa 302,47 euro più Iva al 10%.<br />
Secondo Graziana Stracquadanio della<br />
Fillea-CGIL l’aumento è consistente:<br />
“Prima il prezzo che facevano le ditte andava<br />
dagli 80 ai 150 euro”.<br />
Negli ultimi mesi da Contrada Piano<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 39<br />
Ceci sono partite delle lettere per la preassegnazione<br />
dei loculi. Nelle lettere, oltre<br />
a scoprire i prezzi, i destinatari hanno<br />
subito l’ennesima doccia fredda alla notizia<br />
del pagamento del 50% della spesa<br />
entro cinque giorni per poi veder realizzati<br />
i lavori nel 2015. Per fortuna il Comune<br />
è intervenuto e i cinque giorni si<br />
sono trasformati in quindici. Ma poco<br />
cambia. Per Vito D’Antona, consigliere<br />
di Sel, “questo aspetto va regolamentato<br />
perché non è stato disciplinato. Va colmato<br />
il vuoto per evitare imprevisti”.<br />
“C'è un monopolio di fatto”<br />
La questione che si gioca all’interno<br />
del cimitero non è soltanto quella<br />
dell’aumento dei prezzi in cambio di un<br />
aumento dei servizi. La questione è più<br />
complessa e i sindacati mostrano segni di<br />
preoccupazione. “All’interno del cimitero<br />
lavoravano cinque ditte edili, con circa<br />
una decina di operai. Ora queste ditte –<br />
spiega Stracquadanio - sono in seria difficoltà<br />
perché Zaccaria ha un monopolio<br />
di fatto. Questi lavoratori porteranno soldi<br />
a casa non per molto tempo ancora.<br />
Che futuro avranno? Saranno lasciati per<br />
strada?”.<br />
È chiaro che la Edilzeta nella realizzazione<br />
dei loculi sui suoli ottenuti in concessione<br />
dai cittadini ha una posizione di<br />
vantaggio. Anche questo si sapeva, ma<br />
cosa si farà per gli operai che rischieranno<br />
di perdere il lavoro?<br />
C’è confusione anche per i venditori di<br />
fiori. “Saranno trasferiti in alcuni box<br />
che stiamo realizzando” spiega Zaccaria.<br />
Ma qualcuno ha ancora delle perplessità.<br />
L’amministrazione capeggiata da Buscema<br />
ha più volte rassicurato chi temeva i<br />
rischi di una gestione privata. Per il primo<br />
cittadino una commissione di saggi<br />
controllerà che tutto sia regolare. Ma ad<br />
oggi nessuno ha visto né i saggi né la<br />
commissione.
www.isiciliani.it<br />
B A C H E C A<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 40
www.isiciliani.it<br />
Sicilia/Ambiente<br />
Un ponte d'inquinamento<br />
tra Sicilia e Calabria<br />
Sul versante tirrenico<br />
del messinese il colosso<br />
Terna vuole piazzare<br />
un gigantesco elettrodotto.<br />
I cittadini<br />
protestano. Ma invano<br />
di Carmelo Catania<br />
C’è un altro ponte tra la Sicilia e la<br />
Calabria che alimenta il dissenso di<br />
molti cittadini siciliani e calabresi, è il<br />
cosiddetto “ponte dell’energia”, un<br />
nuovo elettrodotto Terna, l’importante<br />
società a controllo pubblico e quotata<br />
in Borsa che possiede e gestisce la rete<br />
di trasmissione elettrica italiana.<br />
L'infrastruttura, il cui iter è iniziato nel<br />
2004, è un’opera, per la quale il gestore<br />
prevede un investimento di oltre 700 milioni<br />
di euro, con una capacità di 2.000<br />
megawatt di 105 km di lunghezza complessiva<br />
di cui 38 in cavo sottomarino,<br />
61 km in linea aerea e 5 km in cavo interrato.<br />
Unico al mondo<br />
Da Rizziconi, in Calabria, i cavi si immergeranno<br />
nel mar Tirreno a Favazzina,<br />
per poi approdare in corrispondenza del<br />
torrente Gallo a Villafranca Tirrena, in<br />
Sicilia, da dove partirà il collegamento<br />
aereo che attraverserà tutta la fascia collinare<br />
del versante tirrenico della provincia<br />
messinese, fino alla stazione elettrica<br />
di Sorgente-Corriolo, a San Filippo del<br />
Mela.<br />
Presentato in pompa magna al Palacultura<br />
di Messina nel giugno del 2011, pre-<br />
senti il presidente di Terna, Luigi Roth<br />
(uno dei pezzi grossi della Compagnia<br />
delle opere di CL) e l’amministratore delegato,<br />
Flavio Cattaneo, è stato definito<br />
dall’allora ministro dell’Ambiente Stefania<br />
Prestigiacomo «Un’infrastruttura che<br />
migliora l’ambiente, il territorio perché<br />
avremo una minore emissione di CO2,<br />
670 mila tonnellate in meno all’anno. E<br />
questo è uno straordinario aiuto al Paese<br />
a raggiungere gli obiettivi europei e internazionali.<br />
Quindi, un passo concreto<br />
per un Sud, una Sicilia che ha bisogno di<br />
occupazione , di sviluppo, di competitività.»<br />
Decidono le Giunte<br />
Per l’ad Terna, Flavio Cattaneo la nuova<br />
infrastruttura annullerà «tutti questi<br />
black out quotidiani che abbiamo in diverse<br />
zone della Sicilia. Oltre a far risparmiare<br />
800 milioni di euro all’anno in<br />
bolletta.» I lavori dovrebbero terminare<br />
per la fine del <strong>2013</strong>, e la struttura diventare<br />
operativa tra la fine <strong>2013</strong> e l'inizio<br />
2014.<br />
Dalle 670.000 tonnellate in meno<br />
l’anno di emissioni di CO2 ai 10.000 metri<br />
quadri di territorio non occupato, sono<br />
tanti i grandi “numeri” dell’opera sciorinati<br />
da Terna sul suo sito ufficiale. Eppure<br />
tra questi ce n’è uno, piccolo piccolo,<br />
che invece è rimasto nel silenzio più totale<br />
da parte degli organi di stampa nazionale.<br />
Sono 21 comuni coinvolti tra Sicilia<br />
(13) e Calabria (8). Dalla dorsale peloritana<br />
e della valle del Mela, nel messinese,<br />
alle zone di Cosoleto, Sinopoli,<br />
Sant’Eufemia D’Aspromonte e Scilla in<br />
Calabria.<br />
Nonostante la fase di concertazione<br />
fosse partita nel settembre 2005 per concludersi<br />
a <strong>gennaio</strong> 2007 con la firma del<br />
Protocollo di Intesa tra Terna, la Regione<br />
Sicilia, la Provincia di Messina e tutti i<br />
Comuni interessati con il quale è stata<br />
condivisa la localizzazione del nuovo<br />
elettrodotto, non sono mai stati sentiti i<br />
consigli comunali e tutte le decisioni<br />
sono state prese con delibere di giunta.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 42<br />
Le proteste<br />
A metà del 2010, si scopre l’esistenza<br />
del progetto e si diffonde tra i cittadini<br />
dei comuni coinvolti la notizia che l’elettrodotto<br />
transiterà vicinissimo ai centri<br />
abitati.<br />
Preoccupati per le possibili ricadute<br />
sulla salute e sul territorio – l’elettrodotto<br />
ricade infatti in parte nell’Area ad Alto<br />
Rischio Ambientale del Mela interessa<br />
aree Zps, Sic riconosciute da norme comunitarie<br />
e contrasta con piani paesaggistici<br />
e con la tutela dell’avifauna – iniziano<br />
a formarsi diversi comitati e movimenti<br />
“no elettrodotto” e partono le prime<br />
iniziative di lotta: petizioni, manifestazioni,<br />
appelli al Governo nazionale e<br />
al Capo dello Stato – caduti nel vuoto –<br />
fino ad arrivare alla recente clamorosa<br />
occupazione di un traliccio dell’alta tensione.<br />
Il quartiere delle parrucche<br />
A Pace del Mela ad esempio il tracciato<br />
di elettrodotto passerà all’interno del<br />
centro abitato di Passo Vela, una zona<br />
che già risente in maniera pesantissima<br />
dall’accumulo di fattori inquinanti, dove<br />
per i progetti di elettrificazione precedenti<br />
ed un errato modello di sviluppo economico,<br />
basato sull’industria pesante ad<br />
elevato impatto industriale, si registrano<br />
già centinaia di morti sospette per tumori<br />
o altre malattie dipendenti da inquinamento<br />
ambientale. Tristemente noto è,<br />
proprio per questo, il “quartiere delle<br />
parrucche”, dove ogni anno decine e decine<br />
di persone si ammalano e muoiono.<br />
Un traliccio in mezzo al parco<br />
Un altro centro interessato è Serro, frazione<br />
di Villafranca. Qui è prevista<br />
l’installazione di uno dei tralicci al centro<br />
del parco urbano di Pietra Giuliana, il<br />
luogo della memoria dei serrentini, meta<br />
delle passeggiate estive, luogo di incontro<br />
dei <strong>giovani</strong>, di spettacoli musicali<br />
spontanei.
Il traliccio di 80 metri con i cavi verrebbe<br />
posto sulla strada che porta al vicino<br />
Puntale Serra, punto panoramico di<br />
notevole bellezza e di visione di impareggiabili<br />
tramonti. La strada è percorsa<br />
continuamente per raggiungere le altre<br />
abitazioni della zona, le vicine campagne,<br />
una struttura di ristorazione posta<br />
sulla collina. Tutto l’elettrodotto che riguarda<br />
Serro ricade all’interno di una<br />
delle citate Zone di Protezione Speciale.<br />
Il ricorso al Tar<br />
Contro l’autorizzazione unica rilasciata<br />
per decreto dal ministero dello Sviluppo<br />
economico nel luglio 2010 di concerto<br />
col ministero dell’Ambiente, hanno fatto<br />
ricorso al Tar del Lazio Legambiente, i<br />
Comuni di Pace e S. Filippo del Mela, gli<br />
abitanti di Serro e l’associazione MAN.<br />
La pronuncia del tribunale amministrativo<br />
emessa lo scorso novembre è però risultata<br />
favorevole a Terna.<br />
Nel rigettare i ricorsi i giudici sottolineano<br />
come «non sia mancato il coinvolgimento<br />
degli enti locali nel<br />
procedimento di autorizzazione unica e<br />
nei sub-procedimenti di “Valutazione<br />
d’impatto ambientale”, preceduti da interlocuzioni,<br />
tavoli tecnici, sopralluoghi,<br />
protocolli d’intesa (ricordato quello del<br />
<strong>gennaio</strong> 2007) e di programma con le<br />
Regioni (2004)»<br />
www.isiciliani.it<br />
Ed è proprio sulla “leggerezza” dei sindaci<br />
che punta l’indice padre Trifirò, parroco<br />
di Archi e San Filippo del Mela, secondo<br />
il quale nel firmare quel protocollo<br />
d’intesa i primi cittadini sarebbero stati<br />
«molto faciloni» e avrebbero fatto «tutte<br />
le cose di nascosto» perché «non si<br />
sono resi conto del danno che procuravano<br />
alla comunità».<br />
Terna non fa un passo indietro<br />
Sorda alle proteste dei cittadini e “infastidita”<br />
dalla campagna contro il progetto,<br />
Terna non intende fare passi indietro<br />
«non è accettabile – si legge in un comunicato<br />
diffuso all’indomani dell’occupazione<br />
del traliccio di Passo vela – che<br />
dopo anni e anni di incontri, tavoli tecnici<br />
e protocolli firmati dalle amministrazioni<br />
competenti, un’opera fondamentale<br />
per la sicurezza del sistema elettrico siciliano<br />
e per abbattere i costi della bolletta<br />
a beneficio di imprese e cittadini, venga<br />
continuamente osteggiata senza tenere<br />
nel minimo conto che il progetto ha ottenuto<br />
tutti i permessi ed è stato regolarmente<br />
autorizzato dal governo centrale<br />
che, fino a prova contraria, ha l’ultima<br />
parola su opere simili».<br />
Per Terna, sulla base di uno studio realizzato<br />
dall'ingegnere Vittorio Cecconi<br />
«non ci sono casi conclamati di relazione<br />
tra le esposizioni alle onde elettromagne-<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 43<br />
tiche e i danni alla salute dei cittadini e<br />
che non è perseguibile, per la tratta<br />
dell’elettrodotto nell’area di Villafranca e<br />
Pace del Mela, la soluzione interrata».<br />
Due cantieri già aperti<br />
Sono già due sono i cantieri aperti sul<br />
territorio comunale di Villafranca, in fase<br />
molto avanzata. Quello sulla spiaggia di<br />
Divieto, vicino all’area industriale ex Pirelli<br />
e a pochi chilometri di distanza il secondo<br />
che servirà alla realizzazione, a ridosso<br />
di una montagna, della stazione<br />
elettrica di Villafranca.<br />
Opera strategica. Ma per chi?<br />
Nonostante la Sicilia produca più di<br />
quanto consumi – il bisogno di energia<br />
della Sicilia è di circa 300 chilowattora al<br />
giorno e già da fonti alternative ne arrivano<br />
2700 – e paghi da svariati anni un<br />
costo dell’energia elettrica quasi raddoppiato<br />
rispetto all’Italia continentale – così<br />
come testimoniano gli ultimi dati tra il<br />
2005 e il 2010 registrati dall’Autorità per<br />
l’energia – Terna sta focalizzando la sua<br />
attenzione proprio sull’Isola e nel 2011 è<br />
stato ulteriormente rafforzata la<br />
collaborazione con la Regione con la firma<br />
di un accordo per lo sviluppo sostenibile<br />
della rete elettrica, integrando il protocollo<br />
Vas del 2007.
Per Cattaneo la Sicilia «è un nodo strategico<br />
e questo nuovo elettrodotto è un<br />
tassello ulteriore per fare dell’Italia un<br />
vero e proprio hub elettrico del Mediterraneo<br />
per la trasmissione di energia elettrica.<br />
La Sicilia è una piattaforma energetica<br />
ideale anche per la sua conformazione<br />
geografica per connettere tra loro il<br />
Nord Africa e la sponda sud del bacino<br />
del Mediterraneo e del centro Europa».<br />
Nelle bollette per 40 anni...<br />
Complessivamente sono previsti in Sicilia<br />
investimenti per 1 miliardo di euro<br />
sui complessivi 7,5 a livello nazionale.<br />
Oltre al “Sorgente-Rizziconi” sono previsti<br />
altri due mega elettrodotti a 380 kV,<br />
il “Paternò-Priolo”, nell’area compresa<br />
tra Catania e Siracusa e il “Chiaramonte<br />
Gulfi-Ciminna” tra Ragusa e Palermo.<br />
Completeranno l’anello che circonderà<br />
tutta l’Isola la linea “Partanna-Ciminna”,<br />
la “Sorgente-Ciminna”, entrambe a 380<br />
kv – in fase di concertazione – e la linea<br />
a 150 kV “Partinico-Fulgatore”.<br />
Chi pagherà? I costi saranno diluiti sulle<br />
bollette dei prossimi 40 anni.<br />
www.isiciliani.it<br />
Interviste/ Nino La Rosa<br />
“Via Terna<br />
dalle nostre<br />
case”<br />
Con “politici locali poco<br />
sensibili alle tematiche<br />
ambientali” tocca ai<br />
cittadini far sentire la<br />
propria voce...<br />
Nino La Rosa, avvocato di Villafranca<br />
Tirrena, è stato tra i primi ad opporsi al<br />
progetto di realizzazione dell’elettrodotto<br />
Terna tra Sorgente e Rizziconi, fa parte<br />
del pool di legali che sta contrastando<br />
il progetto di Terna davanti ai giudici<br />
amministrativi. Ascoltiamolo.<br />
Per padre Trifirò i sindaci sono stati<br />
«molto faciloni» e hanno fatto «tutte le<br />
cose di nascosto». Condivide questa<br />
sua valutazione o c'è qualcos'altro dietro<br />
il comportamento ambiguo tenuto<br />
in questi anni dalle amministrazioni<br />
locali?<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 44<br />
I nostri politici sono notoriamente<br />
poco sensibili alle tematiche ambientali;<br />
nel caso specifico, Terna si è presentata<br />
al tavolo di concertazione sventolando<br />
ben nove milioni di somme compensative<br />
da dividere. Come ha dichiarato qualche<br />
Sindaco, l’unica preoccupazione è<br />
stata quella di ottenere il più possibile<br />
senza valutare che un’opera di queste dimensioni<br />
incide in maniera irreversibile<br />
nel territorio.<br />
9 milioni di ragioni<br />
Purtroppo, la possibilità di offrire somme<br />
a compensazione altera la serenità del<br />
confronto tra chi ha tutto l’interesse a<br />
realizzare l’opera nella maniera più economica<br />
e gli amministratori degli enti locali<br />
sempre alla ricerca di soldi per le<br />
opere pubbliche.
Caso emblematico della disattenzione<br />
dei tecnici di Terna e dei tecnici e gli<br />
amministratori comunali è quello della<br />
frazione Serro del Comune di Villafranca<br />
Tirrena dove, con un semplice e poco<br />
costoso spostamento del tracciato, si<br />
sarebbe abbattuto del 70 % l’impatto e<br />
l’interferenza con il centro abitato.<br />
Nel rigettare i ricorsi promossi dai<br />
comuni di Pace del Mela e San Filippo<br />
del Mela e dai cittadini di Serro, i<br />
giudici sottolineano come «non sia<br />
mancato il coinvolgimento degli enti<br />
locali nel procedimento di<br />
autorizzazione unica e nei subprocedimenti<br />
di “Valutazione<br />
d’impatto ambientale”, preceduti da<br />
interlocuzioni, tavoli tecnici,<br />
sopralluoghi, protocolli d’intesa<br />
(ricordato quello del <strong>gennaio</strong> 2007,<br />
ndc) e di programma con le Regioni<br />
(2004)».<br />
Pensate di poter ribaltare in appello<br />
la decisione dei giudici romani?<br />
Il ricorso in appello<br />
Innanzitutto sono stati rigettati in<br />
primo grado solo i ricorsi dei Comuni di<br />
Pace e San Filippo del Mela e dei 101<br />
ricorrenti di Serro; i ricorsi delle<br />
Associazioni MAN e Legambiente<br />
Sicilia non sono stati ancora discussi dal<br />
Tar del Lazio. I nostri ricorsi erano<br />
imperniati su diversi motivi di<br />
impugnazione della procedura di<br />
autorizzazione che continuiamo a<br />
ritenere fondati. La Sentenza del Tar del<br />
Lazio è eccessivamente generica e priva<br />
www.isiciliani.it<br />
di precisi riferimenti sia alla disciplina<br />
applicabile, sia alle vicende<br />
procedimentali sottese al rilascio<br />
dell’autorizzazione unica. È mancato il<br />
coinvolgimento dei consigli comunali –<br />
organi rappresentativi della volontà<br />
popolare e titolari della potestà in tema<br />
di programmazione del territorio; è<br />
mancato il coinvolgimento delle<br />
popolazioni che dovranno subire gli<br />
effetti di un’opera di così alto impatto<br />
ambientale. Noi auspichiamo che<br />
un’analisi più approfondita delle<br />
argomentazioni proposte, con un criterio<br />
paritario delle parti in causa, possa<br />
sicuramente orientare il Consiglio di<br />
Stato verso una revisione della procedura<br />
che consenta a tutti gli interessati di<br />
partecipare alla procedura.<br />
Con Terna o coi cittadini?<br />
In una nota del comitato del sei<br />
dicembre scorso si legge che "La<br />
Provincia, per mezzo del suo assessore<br />
all’ambiente Carmelo Torre, ha<br />
affossato nello scorso mese di<br />
settembre il tavolo tecnico<br />
faticosamente attivato su spinta del<br />
Consiglio Provinciale e delle<br />
associazioni ambientaliste,<br />
schierandosi apertamente con la<br />
società Terna, intimidendo le<br />
associazioni, escludendole dal tavolo, e<br />
chiedendo alle stesse di dare la prova<br />
delle criticità denunciate.<br />
Perché la giunta provinciale - a<br />
differenza del consiglio - sembra<br />
pendere più dalla parte di Terna che<br />
da quella dei cittadini?<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 45<br />
“Senza<br />
il coinvolgimento<br />
dei rappresentanti<br />
dei cittadini”<br />
Il ruolo della Provincia<br />
Grazie anche all’azione di diversi<br />
consiglieri, alla fine di febbraio si è<br />
tenuto un consiglio provinciale aperto<br />
dove le associazioni ambientaliste, i<br />
sindaci del territorio e gli stessi<br />
consiglieri provinciali hanno preso<br />
coscienza, alla presenza dei tecnici di<br />
Terna, delle problematiche sollevate dal<br />
progetto; il consiglio ha votato<br />
all’unanimità una mozione che<br />
impegnava l’Amministrazione<br />
Provinciale a chiedere a Terna una<br />
revisione del progetto.<br />
Due milioni di compensazione<br />
Su questo aveva preso un preciso impegno<br />
il Presidente Ricevuto; gli stessi<br />
concetti sono stati ribaditi in occasione<br />
della riunione del 7 agosto dopo che Terna<br />
aveva presentato il progetto esecutivo.<br />
Al tavolo tecnico del 21 settembre, dopo<br />
che l’Assessore Torre si è rifiutato di allargare<br />
la delegazione delle associazioni<br />
(era stato chiesto di far partecipare un<br />
rappresentante per ogni zona dove era<br />
emersa la criticità), invece di discutere<br />
sugli interventi per l’eliminazione delle<br />
criticità si è chiesto alle associazioni di<br />
“dimostrare che vi erano delle criticità”.<br />
Terna, con il supporto della Provincia,<br />
ha fatto passare la tesi che bisognava dimostrare<br />
che vi erano delle persone (definite<br />
recettori) che sarebbero state danneggiate<br />
dall’inquinamento elettromagnetico.<br />
Non dobbiamo dimenticare che la Provincia<br />
di Messina ha svolto un ruolo di<br />
coordinamento per la stipula della convenzione<br />
del 27/1/2007 e che riceve una<br />
compensazione di due milioni di euro.<br />
Terna procede nella realizzazione<br />
dell’opera e risponde alle preoccupazioni<br />
per la salute con uno studio realizzato<br />
dall'ingegnere Vittorio Cecconi,<br />
secondo il quale «non ci sono casi conclamati<br />
di relazione tra le esposizioni
alle onde elettromagnetiche e i danni<br />
alla salute dei cittadini»<br />
Possibile che non esistano alternative<br />
che siano rispettose delle istanze della<br />
popolazione?<br />
Le alternative ci sono<br />
L’ingegnere Cecconi è un consulente<br />
di Terna, non sappiamo se pagato o no,<br />
ma non ha alcun titolo professionale per<br />
escludere tassativamente, come ha fatto,<br />
gli effetti negativi di un’esposizione al<br />
campo elettromagnetico a bassa frequenza.<br />
È un ingegnere, non un medico.<br />
Diversamente avrebbe ben presente il<br />
Principio di Precauzione del Trattato della<br />
Comunità Europea.<br />
Basti pensare al parere diametralmente<br />
opposto dell’Organizzazione Mondiale<br />
per la Sanità, ai ripetuti documenti<br />
dell’Istituto Superiora di Sanità e al grande<br />
dibattito in corso sull’argomento sin<br />
dal 1994 presso la Comunità Europea.<br />
Impedita ogni discussione<br />
Purtroppo, il documento presentato da<br />
Cecconi, alla riunione del 21 settembre<br />
2012 (ma inoltrato prima alla provincia<br />
regionale) è stato fatto proprio dalla Provincia<br />
per impedire qualunque discussioni,<br />
alla faccia dell’abbondantissima letteratura<br />
reperibile su Internet da un qualunque<br />
lettore di buona volontà.<br />
In merito alle diverse soluzioni,<br />
l’asserzione del prof. Cecconi è priva di<br />
fondamento ed è in contrasto con quanto<br />
Sebastiano Gulisano<br />
Frammenti d'Italia<br />
“Oggi, in tempi di liberismo sfrenato, di Unione<br />
europea solo bancaria (i popoli possono aspettare), di<br />
compressione dei diritti individuali, di macelleria<br />
sociale, di crisi economica, le mafie – non più e non<br />
solo quelle italiane, ma anche tante straniere – si sono<br />
insediate su tutto il territorio nazionale, controllano<br />
ampie fette di economia legale, “pesano” sul Pil più<br />
della Fiat e sono le sole a possedere enormi liquidità<br />
di denaro che consentono alla Nazione di non dovere<br />
dichiarare bancarotta o, come si dice ora, default.<br />
www.isiciliani.it<br />
ripetutamente dichiarato dai vari tecnici<br />
di Terna in occasione dei numerosi incontri<br />
in merito ai costi o agli spazi necessari.<br />
In Calabria, per esempio, è previsto un<br />
tratto in galleria, come richiesto dalla<br />
Soprintendenza, per lo stesso progetto di<br />
elettrodotto.<br />
Terna deve fare marcia indietro<br />
Il fatto è che mentre per le altre regioni<br />
le diverse soluzioni sono state discusse e<br />
scelte in una fase preliminare, in Sicilia<br />
le istituzioni interpellate non hanno certamente<br />
brillato per la tutela del territorio<br />
e dei cittadini.<br />
Terna ora deve difendere delle scelte,<br />
quando pensava già di avere superato<br />
tutti gli ostacoli ed ha ovviamente<br />
difficoltà a fare marcia indietro.<br />
Non siamo noi a dover dare indicazioni<br />
sulle scelte tecniche; Terna aveva ed ha il<br />
dovere di progettare e realizzare un elettrodotto<br />
che tenga conto delle istanze, ed<br />
anche delle paure, delle popolazioni nel<br />
rispetto dei principi che salvaguardano la<br />
salute, ma anche nel rigoroso rispetto<br />
dell’art. 9 della Costituzione che obbliga<br />
alla tutela del paesaggio quale risorsa per<br />
la nostra vita e la nostra economia.<br />
All'indomani dell'occupazione del<br />
traliccio di Passo Vela da parte di alcuni<br />
esponenti delle associazioni "no<br />
elettrodotto", il presidente della regio-<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 46<br />
“La Regione<br />
dovrebbe chiedere<br />
la revisione<br />
del progetto”<br />
ne Crocetta ha disposto l'invio di ispettori<br />
nell'area interessata dai lavori<br />
dell'elettrodotto aereo e per ascoltare<br />
anche i comitati e i cittadini del comprensorio.<br />
Ritieni che questo porterà a<br />
dei passi concreti nella revisione del<br />
progetto di Terna?<br />
Confidiamo in Crocetta<br />
In situazioni normali la Regione non<br />
dovrebbe più poter incidere sull’iter del<br />
progetto. Noi non sappiamo quali argomenti<br />
ha Crocetta, così come non sappiamo<br />
con quali argomenti Terna ha ottenuto<br />
per il progetto una attenzione particolarmente<br />
favorevole.<br />
Esempio: come ha fatto la Regione a<br />
dimenticare nel febbraio 2010 che già nel<br />
giugno del 2009 aveva approvato il Piano<br />
di Gestione della ZPS Monti Peloritani,<br />
che prevede l’obbligo di effettuare i<br />
nuovi elettrodotti con interramento? (non<br />
esiste negli atti una motivazione sulla disattenzione<br />
a questa prescrizione di Piano,<br />
pur nell’ambito dello stesso Assessorato<br />
Regionale Territorio e Ambiente).<br />
Auspichiamo, però, un intervento politico<br />
a difesa dell’autodeterminazione delle<br />
popolazioni interessate; speriamo che<br />
il Presidente Crocetta chieda a Terna una<br />
revisione del progetto per renderlo compatibile<br />
con la valorizzazione del pregevole<br />
territorio che possa servire ad un rilancio<br />
economico dei paesi della fascia<br />
tirrenica.<br />
Frammenti d’Italia allinea una<br />
serie di istantanee di pezzi Paese,<br />
fino a ricomporne l’insieme,<br />
attraverso sedici testi più una<br />
notizia d’agenzia (con l’aggiunta<br />
delle “note”, cioè dei link di<br />
approfondimento che ne fanno un<br />
prodotto multimediale), dalle<br />
stragi del ’92 ai giorni nostri,<br />
facendo intravvedere come la<br />
Repubblica che verrà sia<br />
pericolosamente vicina a diventare<br />
Repubblica criminale”.
www.isiciliani.it<br />
Antimafia/ Bologna<br />
Un Master sui beni<br />
confiscati intitolato<br />
a Pio La Torre<br />
Per formare dei<br />
<strong>giovani</strong> professionisti<br />
in grado di gestire i<br />
beni e le aziende<br />
confiscate alla mafia<br />
di Salvo Ognibene<br />
www.diecieventicinque.it<br />
In Italia esiste un patrimonio che rischia<br />
l’abbandono: ville, aziende, case<br />
e terreni edificabili. Sono quei beni<br />
confiscati alle mafie e condannati al<br />
degrado dalla burocrazia.<br />
Bologna, profondo sud, dove fino a<br />
pochi anni fa la mafia “non esisteva”: è<br />
proprio qui che si è dato vita al primo<br />
Master Universitario annuale in gestione<br />
e riutilizzo di beni e aziende confiscati<br />
alle mafie, intitolato a Pio La Torre.<br />
S’inserisce in quel percorso portato<br />
avanti in questi anni dalla Prof.ssa Stefania<br />
Pellegrini, docente di Mafie e Antimafia<br />
e direttrice del Master, e dalla sua<br />
cattedra. Negli ultimi due anni ha dato<br />
vita ad un laboratorio di giornalismo,<br />
coordinato da Gaetano Alessi, che<br />
insieme ad alcuni studenti ha realizzato<br />
due dossier sulle mafie in Emilia-<br />
Romagna.<br />
(scaricali qui: http://www.diecieventi-<br />
cinque.it/2012/08/07/ii-dossier-sulle-mafie-in<br />
emilia-romagna/ )<br />
Oggi in Emilia Romagna dei 110 beni<br />
confiscati negli ultimi sedici anni, solo<br />
55 sono stati destinati e assegnati.<br />
Si tratta di un tesoro confiscato alle<br />
mafie che non viene riutilizzato per problemi<br />
burocratici o per mancanza di risorse<br />
e di competenze adeguate.<br />
Dalla custodia alla confisca<br />
Il Master in oggetto si propone di formare<br />
professionalità in grado di gestire<br />
un bene o un’azienda dal momento della<br />
custodia a quello della confisca, per poi<br />
divenire oggetto di una richiesta di assegnazione<br />
a fini sociali e ritornare a produrre<br />
una ricchezza “sana”, diversamente<br />
da come accadeva quando era di proprietà<br />
delle mafie.<br />
Al Deputato siciliano, Pio La Torre, si<br />
deve la proposta di una legge che ha introdotto<br />
il reato di associazione a delin-<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 47<br />
quere di tipo mafioso all’interno del nostro<br />
codice penale ed ha indicato la confisca<br />
dei beni ai mafiosi come uno tra gli<br />
strumenti più efficaci di contrasto alla<br />
criminalità organizzata.<br />
La legge La Torre<br />
Il 30 aprile 1982, Pio La Torre viene<br />
ucciso da Cosa Nostra, ma per l’emanazione<br />
della legge n. 646/1982, cosiddetta<br />
“Rognoni-La Torre”, si dovranno<br />
attendere ancora quattro mesi ed un’altra<br />
morte, quella di Carlo Alberto dalla<br />
Chiesa, Prefetto di Palermo. A completare<br />
il percorso ci penseranno la legge<br />
n. 109/96 sul riutilizzo sociale dei beni<br />
confiscati, il 7 marzo 1996, voluta fortemente<br />
dall’associazione Libera e l’istituzione<br />
dell’Agenzia nazionale (istituita<br />
con d.l. 4/2010), che si occupa<br />
dell’amministrazione e destinazione dei<br />
beni sequestrati e confiscati alle mafie.<br />
Il Master è rivolto soprattutto a professionisti<br />
che vogliano rivestire il ruolo di<br />
amministratori giudiziari di beni e/o<br />
aziende confiscati alla criminalità organizzata,<br />
funzionari e/o dipendenti di Enti<br />
Locali.<br />
Il Master, che si concluderà a luglio, è<br />
iniziato lo scorso 23 novembre ed ha visto<br />
salire in cattedra, alla prima lezione,<br />
oltre che la Prof.ssa Stefani Pellegrini,<br />
anche il Procuratore aggiunto di Reggio<br />
Calabria Nicola Gratteri ed il Dott. Antonio<br />
Nicaso. Come si dice, chi ben comincia<br />
è a metà dell’opera.
MAMMA !<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 48
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 49
www.isiciliani.it<br />
Periferie/ I beni confiscati<br />
Confiscati ai mafiosi<br />
e lasciati a marcire:<br />
usiamoli per i quartieri!<br />
Chiediamo un uso sociale<br />
dei beni confiscati.<br />
Restituiamoli ai<br />
quartieri. E uno, destiniamolo<br />
a Casa dell'<br />
informazione nel nome<br />
di Giuseppe Fava<br />
di Giovanni Caruso<br />
www.associazionegapa.org/i-cordai.html<br />
Prima di scrivere questo pezzo avevo<br />
bisogno di respirare l’aria di via Caprera<br />
dove è stato abbattutto l’immobile<br />
confiscato alla mafia. Seduti sulla<br />
panchina, Domenico mi descriveva il<br />
luogo, circondato da case basse più o<br />
meno fatiscenti e una casa restaurata e<br />
ben tenuta, quella di Santo Mazzei.<br />
Mi si avvicina una signora: “Buongiorno,<br />
si ricorda di me, sono Anna del comitato<br />
delle “donne madri” che occupò<br />
l’Andrea Doria”.<br />
- “Si certo che mi ricordo…”<br />
Anna: “Certo è stato un bellissimo momento,<br />
l’occupazione dell’Andrea<br />
Doria… adesso i miei figli frequentano<br />
le scuole superiori e forse è merito di<br />
quella lotta”.<br />
Ritornando sui nostri passi, pensavo a<br />
quei giorni: l’occupazione, le assemblee i<br />
momenti divertenti, la prima vittoria contro<br />
lo sfratto e quella lista civica del 2008<br />
per il consiglio di quartiere dove “brindammo<br />
per la sconfitta” felici per aver<br />
fatto un percorso democratico e di base.<br />
* * *<br />
Dal Giornale di Sicilia 28 novembre<br />
2012<br />
“Quanto avviene oggi – ha detto Raffaele<br />
Stancanelli - ha una valenza non<br />
solo simbolica ma anche concreta perché<br />
l’immobile confiscato fu realizzato con<br />
una copertura in amianto con rischi per<br />
la salute dei cittadini… questo è un segnale<br />
di legalità forte e chiaro da parte di<br />
tutte le istituzioni per lottare concretamente<br />
la mafia e le organizzazioni criminali.<br />
In sostituzione di questo rudere sorgerà<br />
una piccola piazzetta, recuperando<br />
uno spazio per la pubblica fruizione in<br />
uno dei quartieri più disagiati della città.<br />
Proseguiamo in questa azione di legalità<br />
fatta di gesti e atti concreti e non di parole<br />
che restituisce alla legge situazioni che<br />
da tempo erano rimaste sospese”.<br />
* * *<br />
“Bravo! Il nostro sindaco Stancanelli è<br />
proprio bravo!” In queste parole ci sono<br />
alcune contraddizioni.<br />
La prima è sicuramente, secondo noi, e<br />
per i motivi raccontate alle cronache di<br />
questi ultimi anni, Stancanelli e la sua<br />
amministrazione non brillano per legalità.<br />
La seconda contraddizione è tutta lì<br />
nel quartiere di San Cristoforo davanti a<br />
noi, davanti ai nostri occhi.<br />
Se il sindaco Stancanelli ha realmente<br />
a cuore la lotta alle mafie e all’illegalità<br />
dovrebbe guardare prima le illegalità istituzionali<br />
che si compiono quotidianamente<br />
nel quartiere di San Cristoforo:<br />
povertà, evasione scolare, chiusura per<br />
sfratto della scuola media Andrea Doria,<br />
le piazze abbandonate alla mafia e allo<br />
spaccio, come piazza Don Puglisi, piazza<br />
Don Bonomo e l’area verde attrezzata di<br />
via De Lorenzo, realtà che il sindaco<br />
Stancanelli non può negare.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 50<br />
Più volte abbiamo descritto su queste<br />
pagine le condizioni delle piazze citate<br />
che Sindaco, Municipalità, forze<br />
dell’ordine, Magistratura e Prefettura nonostante<br />
le denuncie, le tante parole scritte,<br />
le immagini mostrate fanno finta di<br />
non vedere e di non sentire.<br />
Non vedono e non sentono<br />
Abbiamo qualche dubbio che quella<br />
stalla di via Caprera 28 confiscata alla famiglia<br />
Mazzei andasse abbattuta; ci sta<br />
bene che sia diventata una piazzetta, ma<br />
non ci starà bene se verrà abbandonata<br />
come le altre piazze che dovevano essere<br />
luoghi di svago e di libera fruizione per i<br />
cittadini e le cittadine di San Cristoforo,<br />
per i loro figli e figlie luoghi di incontro<br />
e di aggregazione.<br />
Questo non è, perché la gente ha paura<br />
dei motorini che scorazzano, dei pusher<br />
che vendono tutti i tipi di droghe e molte<br />
volte anche sotto gli occhi delle forze<br />
dell’ordine.<br />
Il controllo mafioso sul territorio<br />
Comprendiamo che le ormai prossime<br />
elezioni del sindaco di Catania sono vicine<br />
e che il nostro “bravo sindaco” legittimamente<br />
si faccia la propria campagna<br />
elettorale e che mostri il suo “volto pulito”<br />
di buon amministratore; ma sappiamo<br />
anche che conosce la situazione di quelle<br />
piazze che non può o non vuole recuperare<br />
o perché sa in quali situazioni disastrose<br />
versano o perché non vuole spezzare<br />
gli equilibri del controllo mafioso<br />
sul territorio.
Crediamo che sia necessario recuperare<br />
quelle piazze, oggi, chiamate “piazza<br />
della cocaina” e “super market della droga”<br />
e riconsegnarle agli abitanti del quartiere<br />
con una buona sorveglianza delle<br />
istituzioni. Pensiamo che l’immobile di<br />
via Caprera 28, magari bonificando soltanto<br />
il tetto in amianto, potesse a parer<br />
nostro diventare un presidio sociale consegnato<br />
a un associazione.<br />
Prendiamo per buone le parole del<br />
sindaco e gli chiediamo con fermezza di<br />
“liberare” e assegnare quei sessanta beni<br />
confiscati alla mafia che dovrebbero<br />
essere assegnati alle organizzazioni<br />
sociali, senza dover aspettare quindici<br />
www.isiciliani.it<br />
anni come accaduto per via Caprera, o<br />
chiudere dopo averlo assegnato, i locali<br />
del Centro Astalli nel quartiere di San<br />
Giorgio o mettere paletti e difficoltà nei<br />
locali di via Anapo destinati all’Associazione<br />
Fiadda Onlus che non ne usufruisce<br />
pur pagando il condominio del bene<br />
confiscato e pagando l’affitto di un’altra<br />
sede per poter operare.<br />
Insomma che non scoraggi e anzi<br />
involi i tanti <strong>giovani</strong> organizzati, che di<br />
questi beni confiscati potrebbero<br />
realizzare luoghi di lavoro, in un<br />
momento così delicato per la nostra<br />
economia e punti di riferimento per i<br />
quartieri più disagiati di Catania.<br />
Assegnare davvero i beni confiscati<br />
Proponiamo e chiediamo al signor<br />
sindaco, alla Prefettura e alla<br />
Magistratura di essere coerenti e di<br />
accellerare in collaborazione con<br />
l’”Agenzia Nazionale per l’amministrazione<br />
e la destinazione dei beni<br />
confiscati alla criminalità organizzata”,<br />
l’assegnazione di tali beni e l’attivazione<br />
di contributi per il restauro degli stessi,<br />
in modo da non costringere le associazioni<br />
a rivolgersi alle banche a cui poco importa<br />
di finanziare cooperative e organizzazioni<br />
sociali. Chiediamo a questi organi<br />
una conferenza dei servizi per agevolare<br />
la consegna dei beni confiscati.<br />
Chiediamo che due di questi beni con-<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 51<br />
“Vogliamo davvero<br />
recuperare le piazze<br />
che adesso sono<br />
in mano a mafiosi<br />
e spacciatori?”<br />
fiscati siano assegnati, uno per adibirlo<br />
alla “Casa delle associazioni” prive di<br />
sedi, e una seconda alle testate giornalistiche<br />
cartacee e on line che tanta buona<br />
informazione danno a questa città, intotolandola<br />
al giornalista ucciso dalla mafia<br />
nel 1984, Giuseppe Fava; testate che<br />
sono reale alternativa, per un giornalismo<br />
di verità, al monopolio dell’informazione<br />
a Catania da parte de “La Sicilia”.<br />
Belle parole e comizi elettorali<br />
Solo in questo modo le sue belle<br />
parole, caro signor sindaco Stancanelli,<br />
avranno un valore e nessuno potrà dire<br />
nei prossimi mesi che quelle parole erano<br />
solo un comizio elettorale.<br />
I beni confiscati alle mafie<br />
appartegono alla collettività, e possono<br />
creare lavoro ed essere volano per una<br />
nuova economia. Né il Comune né gli<br />
altri enti preposti alla loro assegnazione<br />
possono “incatenarle” con la burocrazia e<br />
tante altre scuse. Sulla porta di quella<br />
stalla, in via Caprera, vi era scritto, “<br />
Faveti i cazzi vostri”, l’intimidazione era<br />
chiara ma noi non ci facciamo intimidire<br />
né dalla mafia né dalla cattiva politica.<br />
Al Procuratore della Repubblica di<br />
Catania, Giovanni Salvi chiediamo che<br />
attivi tutti i poteri di sua competenza per<br />
accellerare le procedure di assegnazione<br />
dei beni confiscati.<br />
Una casa dell'informazione<br />
Per quanto riguarda le testate che<br />
compongono la rete de “I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>”<br />
da subito inizieremo questa battaglia<br />
che finirà soltanto quando avremo la<br />
casa “dell’informazione libera e indipendente”<br />
chiamata “Giuseppe Fava”.
UNA STORIA ESEMPLARE<br />
IL BENE CONFISCATO<br />
E ABBATTUTO<br />
A SAN CRISTOFORO<br />
IN VIA CAPRERA<br />
Il bene confiscato alla mafia al numero<br />
civico 28 di via Caprera, di appena 32<br />
mq, apparteneva alla famiglia mafiosa di<br />
Santo Mazzei, soprannominata “i carcagnusi”,<br />
famiglia legata alla cosca Santapaola.<br />
Santo Mazzei sconta il 41bis e fu nominato<br />
“uomo d’onore” dallo stesso Riina<br />
nel 1992.<br />
Il bene fu confiscato alla suddetta famiglia<br />
nel 1992 ed era adibito a garage o<br />
stalla abusiva, dove si tenevano i cavalli<br />
per le corse clandestine. Rispetto a tutte<br />
le altre case questa piccola costruzione<br />
era ben curata e sulla porta c’era scritto a<br />
mo’ di intimidazione “fatevi i cazzi vostri”.<br />
Nel 1999 il bene confiscato fu assegnato<br />
al Comune di Catania, che avrebbe dovuto<br />
utilizzarlo come suggeriva l’Ente di<br />
recente costituzione “Agenzia Nazionale<br />
per l’Amministrazione e la Destinazione<br />
dei beni confiscati alla criminalità organizzata”,<br />
per fini sociali.<br />
Il suggerimento che dava l’Agezia era<br />
una scelta di buon senso, in quanto il<br />
quartiere di San Cristoforo è un quartiere<br />
che presenta problematiche assai gravi<br />
come: fatiscenza e precarietà degli edifici,<br />
assoluta mancanza di spazi pubblici,<br />
di verde e di servizi, e un alto tasso di dispersione<br />
scolastica e criminalità, considerando<br />
che le strade del quartiere sono<br />
prive di segnaletiche stradali, che indicano<br />
divieti o direzioni, insomma, una vera<br />
“anarchia” urbanistica. Il controllo del<br />
territorio da parte della criminalità organizzata<br />
individua immediatamente il<br />
“forestiero” e a chi chiedeva cosa accadeva<br />
al civico 28 di via Caprera difficilmente<br />
avrebbe avuto delle informazioni.<br />
Smentiti i dati del Comune<br />
Nella lista dei beni confiscati in possesso<br />
della Prefettura e in quelle del Comune<br />
di Catania il civico 28 risulta un<br />
rudere, in netta discordanza con il parere<br />
dell’Agenzia. Il Comune sosteneva che<br />
fosse un rudere pericoloso per le case vicine<br />
e perché poteva essere utilizzato<br />
come deposito per nascondere armi o altri<br />
affari illeciti. Ma l’immobile smentiva<br />
le cose dette dal Comune.<br />
Eppure la legge, prima delle modifiche<br />
www.isiciliani.it<br />
apportate dalla norma n. 50 del marzo<br />
2010, non prevedeva la demolizione di<br />
un bene dello Stato. La concessione di<br />
poterla abbattere fu data a patto che<br />
l’area venisse utilizzata per scopi sociali.<br />
Il Comune, che all’ultima richiesta di aggiornamento<br />
della Prefettura aveva risposto<br />
che il locale non era ancora stato demolito<br />
perché era indeciso su cosa farne<br />
e come utilizzarlo, ha difatto nel mese di<br />
novembre dello scorso anno, demolito<br />
quello che definiva un rudere.<br />
Nell’elenco dell’Ente di recente costituzione<br />
al quale spetta in via esclusiva il<br />
potere decisionale sui beni confiscati,<br />
l’edificio di via Caprera risulta essere<br />
consegnato come sede per le organizzazioni<br />
sociali.<br />
A nostro parere l’indicazione dell’<br />
Agenzia era più che giusta in quanto in<br />
quel luogo si sarebbe potuto creare un<br />
presidio di legalità e per la politica sociale.<br />
Quello di via Caprera a Catania è solo<br />
uno dei sessanta beni, aziende escluse,<br />
confiscati nel Comune di Catania per un<br />
valore di quasi 8,5 milioni di euro. Di<br />
questi solo cinque sono utilizzati.<br />
Fra i beni consegnati e utilizzati c’è<br />
quello di via Grasso Finocchiaro, 112 a<br />
Catania nel quartiere di Picanello al<br />
coordinamento provinciale dell’Associazione<br />
“Libera” di Catania e all’Associazione<br />
“Addio Pizzo”.<br />
Quest’ultimo è un appartamento trovato<br />
in condizioni fatiscenti e che è stato<br />
recuperato e restaurato dopo diversi anni<br />
grazie ai contributi dei fondi speciali della<br />
Provincia Regionale di Catania la cui<br />
inaugurazione fu fatta alla presenza del<br />
presidente Castiglione.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 52<br />
Mentre invece il bene cosegnato al<br />
Centro Astalli che lavora a sostegno e<br />
all’assistenza degli emigranti e sito nel<br />
quartiere di San Giorgio a Catania, dopo<br />
poco tempo dalla cosegna è stato sequestrato<br />
perché pare non avesse le caratteristiche<br />
indicate dalle normative sulla sicurezza<br />
per gli stabili.<br />
Infine c’è da dire che i contratti di comodato<br />
d’uso gratuito stipulati dal Comune<br />
di Catania sui beni confiscati è di<br />
appena solo due anni, il che è un tempo<br />
troppo breve e scoraggia le tante organizzazioni<br />
sociali che volessero chiedere<br />
l’utilizzo di un bene confiscato, così<br />
come è successo all’Associazione Fiadda<br />
Onlus una delle prime a chiedere l’utilizzo<br />
di un bene confiscato alla mafia<br />
all’allora sindaco di Catania Scapagnini,<br />
confiscato nel 1986 al boss Benedetto<br />
Santapaola e assegnato al Comune fin<br />
dal 1999.<br />
Assegnati solo per finta<br />
Da allora è stata una lunga battaglia e<br />
attesa, fino a quando nel 2009 l’appartamento<br />
è stato assegnato. Per questo bene<br />
è già stato stanziato un finanziamento,<br />
ma i lavori non sono ancora iniziati.<br />
L’Associazione è costretta dunque a operare<br />
in un’altra sede per la quale paga<br />
800 euro di affitto, che si sommano alle<br />
35 euro di condominio che l’Associazione<br />
versa per l’appartamento di via Anapo<br />
da quando ha stipulato il contratto di comodato<br />
d’uso col Comune da soli due<br />
anni.<br />
G.C
LICEALI CONTRO LA MAFIA<br />
I TESORI MAFIOSI<br />
SMASCHERATI<br />
DAI RAGAZZI<br />
di Elio Camilleri<br />
A Catania i primi a fare una<br />
mappa dei beni confiscatisono<br />
stati gli studenti di un liceo col<br />
loro insegnante, un vecchio militante<br />
dei <strong>Siciliani</strong>. Non sono<br />
stati purtroppo presi a interlocutori<br />
dalle successive inizia-<br />
tive "ufficiali" sul tema. (r.o.)<br />
La legge Rognoni La Torre (646/1982)<br />
aveva indicato come itinerario da percorrere<br />
quello del sequestro e della confisca<br />
dei tesori mafiosi accumulati con il traffico<br />
internazionale della droga, il racket,<br />
ecc. …, introducendo nel Codice Penale<br />
l’art. 416/bis che permise di delineare la<br />
particolarità dei reati e dei soggetti criminali.<br />
Nel corso dell’anno scolastico<br />
2004/2005 un gruppo di studenti del Liceo<br />
Scientifico “Galilei” di Catania,<br />
coordinati dal sottoscritto, volle impegnarsi<br />
a svolgere, per la prima volta in<br />
Italia, una ricerca sul tema dei beni confiscati<br />
essendo motivati dalle seguenti<br />
curiosità:<br />
a) tenuto che dopo la legge Rognoni<br />
La Torre è stata promulgata la legge<br />
109/1996, che disciplina, in particolare,<br />
www.isiciliani.it<br />
tutte le fasi successive al sequestro ed<br />
alla confisca dei beni mafiosi e ne indica<br />
le modalità di riconversione per fini sociali,<br />
quali obiettivi e risultati si sono effettivamente<br />
raggiunti in particolare a<br />
Catania e provincia?<br />
b) Quali sono stati gli effetti della costituzione<br />
di un Osservatorio permanente<br />
sui beni confiscati e della istituzione, nel<br />
1999, di un Ufficio del Commissario<br />
straordinario del Governo per la gestione<br />
e la destinazione dei beni confiscati?<br />
c) Quali sono state le conseguenze della<br />
soppressione dell’Ufficio del Commissario<br />
straordinario deliberata con decreto<br />
del Governo Berlusconi in data 23 Dicembre<br />
2003?<br />
d) Quali problematiche ineriscono al<br />
tentativo governativo di riformare la legge<br />
109/1996 e quali sono le preoccupazioni<br />
riguardo alla prosecuzione della<br />
lotta contro le organizzazioni mafiose?<br />
Abbiamo chiesto collaborazione ai<br />
Magistrati e prontamente si è reso disponibile<br />
il Dott. Vincenzo D’Agata, Procuratore<br />
aggiunto presso la Procura della<br />
Repubblica di Catania, la Dott.ssa Marisa<br />
Acagnino, consigliere di Corte<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 53<br />
“Già nel 2004<br />
gli studenti del<br />
Galilei, guidati da<br />
un vecchio militante<br />
dei <strong>Siciliani</strong>,<br />
avevano iniziato<br />
il censimento<br />
dei beni mafiosi”<br />
d’Appello, il Dott. Alfio Spadaro, dirigente<br />
dell’Ufficio del Demanio di Catania,<br />
L’On.le Giuseppe Lumia, componente<br />
della Commissione Nazionale Antimafia,<br />
ha indotto, con una relazione efficace<br />
ed articolata, all’attenzione, alla<br />
riflessione ed all’impegno per la legalità<br />
tutti i <strong>giovani</strong> presenti in aula magna.<br />
In estrema sintesi abbiamo preso coscienza<br />
che:<br />
a) la confisca dei beni è, in sé, un formidabile<br />
strumento per fare indietreggiare<br />
l’offensiva mafiosa nel controllo del<br />
territorio.<br />
b) che si sono registrati gravi ritardi<br />
nella esecuzione delle confische e<br />
nell’assegnazione dei beni ai Comuni e<br />
allo Stato,<br />
c) che è in atto un tentativo di depotenziamento<br />
del progetto di smantellare i<br />
patrimoni accumulati dalle organizzazioni<br />
mafiose,<br />
d) che le organizzazioni mafiose denunciano<br />
grande sofferenza per l’attacco<br />
ai loro patrimoni e che, quindi, è assolutamente<br />
necessario insistere nel progetto<br />
di sequestro e confisca,<br />
e) che ogni incertezza e ritardo permette<br />
alle organizzazioni mafiose di acquisire<br />
e mantenere formidabili mezzi economici<br />
e di esercitare tutte le sciagurate<br />
pressioni possibili sul territorio.<br />
http://www.liceogalileict.it/Aulaperta/popdown.asp?cod=25
www.isiciliani.it<br />
Librino/ Il campo di San Teodoro<br />
“Lo levo ai Briganti<br />
e lo dò ai salesiani...”<br />
Catania. Abbandonato<br />
dal Comune, restaurato<br />
dai cittadini, l'unico<br />
moderno campo sportivo<br />
della perferia rischia<br />
la fine. Il Comune<br />
non copre le spese.<br />
Non c'è un progetto.<br />
Affidarlo ai salesiani?<br />
La squadra di rugby<br />
del quartiere (che<br />
mesi gestisce il campo<br />
a sue spese) non ci sta<br />
di Federica Motta<br />
e Leandro Perrotta<br />
www.ctzen.it<br />
«Il campo da rugby un oratorio?<br />
Non possiamo accettare che diventi<br />
un’altra cosa e che il lavoro svolto in<br />
questi mesi dai ragazzi del quartiere<br />
per renderlo nuovamente fruibile venga<br />
sminuito così».<br />
Piero Mancuso è il fondatore dei Briganti<br />
rugby di Librino, quartiere alla periferia<br />
sud di Catania dove non c'è niente.<br />
Un dormitorio dove però dallo scorso<br />
25 aprile un comitato locale, con in testa<br />
gli amanti della palla ovale, ha deciso di<br />
sostituirsi alle istituzioni e riqualificare<br />
l'impianto San Teodoro. Una mega struttura<br />
costruita per le Universiadi del 1997<br />
che comprende due palestre, spogliatori,<br />
campo da calcetto e campo da rugby, costata<br />
10milioni di euro e consegnata solo<br />
in parte nel 2003.<br />
“Settemila firme, e nessuna risposta”<br />
Adesso l'intenzione del Comune di<br />
affidare il campo ai salesiani fa infuriare<br />
i Briganti. «Sono stati i nostro ragazzi i<br />
primi a strappare l’erba e ripulire le<br />
palestre fino a renderle un luogo di<br />
incontro – racconta Mancuso – Da<br />
allora, qui, nessuno si è più permesso di<br />
sporcare o distruggere qualcosa».<br />
«Da aprile abbiamo raccolto e presentato<br />
al Comune oltre settemila firme per<br />
farci affidare ufficialmente la gestione<br />
del campo, ma non abbiamo mai avuto<br />
risposte concrete», lamenta Mancuso.<br />
«Alla fine, circa un mese fa, siamo stati<br />
finalmente convocati. Dal confronto è<br />
emerso che i salesiani sarebbero diventati<br />
beneficiari di una parte del campo, assumendo<br />
un ruolo di presenza salvifica<br />
per la struttura», racconta Mancuso.<br />
«Una situazione per noi inaccettabile. Si<br />
tratta chiaramente di un modo della vecchia<br />
politica di gestire i beni comuni con<br />
interessi privati. Non si spiegherebbe altrimenti<br />
perché a noi, che abbiamo ri-<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 54<br />
messo in sesto il campo, non possa essere<br />
affidata la gestione, mentre alla Chiesa<br />
sì».<br />
“Perché a noi no e alla Chiesa sì?”<br />
Intanto dal Comune nessuno conferma<br />
né smentisce la voce. «Di scritto non c’è<br />
nulla», dice l’ingegnere Orazio Palmeri,<br />
alla direzione dell’ufficio Patrimonio, a<br />
cui fa riferimento la gestione del centro<br />
sportivo. «Di certo il Campo San Teodoro<br />
fa parte di quel terreno che dovrà essere<br />
ceduto alla società che costruirà il<br />
nuovo stadio del Calcio Catania», continua<br />
Palmeri, ricordando il progetto del<br />
sindaco Raffaele Stancanelli, espresso<br />
pubblicamente circa un anno fa. E che, se<br />
dovesse concretizzarsi, cancellerebbe definitivamente<br />
il sogno dei Briganti di poter<br />
utilizzare il campo.<br />
“Nè conferme né smentite”<br />
Con la costruzione dello stadio, diventerebbe<br />
impossibile parlare di cessione<br />
del terreno. «Semmai di comodato d’uso<br />
gratuito per un paio d’anni ancora, in attesa<br />
che inizino i lavori», chiarisce Palmeri.<br />
D'altronde «per rimettere in sesto il<br />
centro sportivo, sarebbero necessari almeno<br />
200 mila euro – continua - E considerato<br />
che tutti gli impianti sportivi della<br />
città sono in passivo, il Comune non può<br />
permettersi di investire in una struttura a<br />
scopo sociale senza averne un ricavo<br />
economico».
Scheda<br />
BRIGANTE A CHI?<br />
La storia del campo San Teodoro nasce<br />
nei progetti del piano di zona Librino<br />
a metà anni '70 . La sua costruzione<br />
è iniziata però a metà anni '90, per essere<br />
utilizzato nel corso delle Universiadi<br />
siciliane del 1997, ma la consegna<br />
dell'impianto incompleto è avvenuta<br />
solo nel 2003, senza il previsto stadio<br />
da trentamila posti , ma con due campi<br />
di calcio e palestre per gli sport al chiuso.<br />
Il San Teodoro è stato utilizzato per la<br />
prima volta nel 2006, l'anno della fondazione<br />
della squadra di rugby dei Briganti.<br />
Nata per iniziativa del centro sociale<br />
Iqbal Masih di Librino, che da quasi<br />
vent'anni opera in una delle zone più<br />
problematiche della popolosa città satellite<br />
etnea, quella del palazzo di cemento<br />
di viale Moncada. Proprio di fronte<br />
a uno dei simboli più potenti del malaffare<br />
si estende l'area del San Teodoro.<br />
L'unico campo in erba sintetica completo<br />
dell'impianto sportivo è stato utilizzato<br />
fino al 2009, quando l'amministrazione<br />
comunale lo ha concesso in comodato<br />
d'uso al Catania calcio per realizzare<br />
una scuola calcio, mai avviata.<br />
Dopo anni di esilio dal quartiere, i Briganti<br />
hanno deciso di ripristinare l'area<br />
dove era previsto il secondo campo di<br />
calcio, da convertire al rugby. Un'impresa<br />
riuscita con sei mesi di lavoro. Ma<br />
l'uso ufficiale della struttura è impedito<br />
da una promessa dell'amministrazione<br />
comunale: realizzare in project financing<br />
il nuovo stadio da affidare al Catania<br />
calcio.<br />
www.isiciliani.it<br />
Eppure grazie al lavoro degli attivisti<br />
del Comitato campo San Teodoro - formato<br />
dai Briganti rugby, dal centro Iqbal<br />
Masih e da molte altre realtà del volontariato<br />
sociale catanese - dove prima c'era<br />
una struttura abbandonata all'incuria e al<br />
vandalismo, adesso c'è un luogo di incontro,<br />
usato periodicalmente per attività<br />
sportive. E non solo.<br />
Il centro sociale del quartiere<br />
Mentre la domenica i Briganti, a fine<br />
partita, sfruttano alcune delle strutture a<br />
bordo campo per accogliere gli avversari<br />
durante il cosiddetto terzo tempo, nel resto<br />
della settimana il San Teodoro ospita<br />
concerti, rappresentazioni teatrali e persino<br />
un progetto di orto sociale. Il vecchio<br />
centro sportivo di Librino è diventato a<br />
tutti gli effetti il centro sociale che mancava<br />
ai ragazzi del quartiere, oltre a essere<br />
il campo d'allenamento che i Briganti,<br />
attivi in tutte le serie <strong>giovani</strong>li a partire<br />
dall'under 14, aspettavano da anni.<br />
A partire dal 25 aprile, giorno della Liberazione<br />
anche del campo, i volontari<br />
hanno zappato la terra ed estirpato le erbacce,<br />
anche nei giorni di festa.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 55<br />
Una lettera all'assessore<br />
Un incontro ormai fisso, quello della<br />
domenica al campo, per dare una mano,<br />
incontrarsi, progettare e costruire, insieme.<br />
Tanti in città si sono uniti. Altri<br />
attivisti hanno appoggiato la brigata e<br />
aiutato i ragazzi a ripulire. Perfino i vertici<br />
della Federazione italiana rugby sono<br />
intervenuti. Il 19 marzo scorso, infatti, il<br />
presidente nazionale della federazione<br />
Giancarlo Dondi ha scritto una lettera<br />
all’allora assessore allo sport di Catania<br />
Ottavio Vaccaro, per sollecitare l'amministrazione<br />
nell'affidamento della struttura<br />
alla squadra di rugby.<br />
L'ennesimo appello caduto nel vuoto.<br />
Da qui l'occupazione, il lavoro continuo<br />
e la nascita del Comitato, qualche mese<br />
dopo. Fino ad arrivare ad oggi, al rischio<br />
che tutto possa essere gestito da altri.<br />
“Non molleremo”<br />
«Evidentemente per una questione di<br />
scelte ideologiche», commenta Mancuso.<br />
Ecco perché «esigiamo che l'ter venga<br />
seguito regolarmente – continua l'attivista<br />
– Non vogliamo creare scontri, anzi,<br />
siamo disposti a collaborare con chiunque,<br />
anche con i salesiani. Purché si tratti<br />
di un dialogo in senso orizzontale – chiarisce<br />
– Vogliamo che la struttura resti un<br />
centro di aggregazione culturale e sportiva,<br />
quello per cui è nata e per cui stiamo<br />
lavorando. Non molleremo».
www.isiciliani.it<br />
Librino/ L'ospedale che non si fa<br />
“Vi ricovero al<br />
centro commerciale!”<br />
Catania. L'ospedale<br />
San Marco è in costruzione<br />
da vent'anni, fra<br />
giri d'appalti e speculazioni.<br />
In compenso,<br />
fioriscono i centri commerciali...<br />
di Luciano Bruno<br />
e Vincenzo Rosa<br />
Librino, il quartiere più popoloso di<br />
Catania, conta circa 80.000 abitanti.<br />
Un agglomerato di palazzoni da tipica<br />
edilizia popolare fatto sorgere nella periferia<br />
sud della città, in una zona che<br />
un tempo era coltivata ad arance e vigneti,<br />
definita ”terra forte” dagli abitanti<br />
del luogo per la sua fertilità.<br />
Un progetto ambiziosissimo fu alla<br />
base della costruzione di Librino negli<br />
anni settanta, quando ancora la recessione<br />
economica non c'era e i progetti edilizi<br />
dagli appalti miliardari foraggiavano e<br />
ingrassavano i centri di interesse e i comitati<br />
d'affari a Catania. Librino doveva<br />
diventare la new town, il naturale sbocco<br />
architettonico alla vocazione modernistica<br />
di Catania per ospitare uffici e strutture<br />
pubbliche all'avanguardia. Addirittura<br />
per dirigere i lavori venne chiamato il<br />
notissimo architetto Kenzo Tange, che<br />
immaginò un quartiere innovativo e futuristico,<br />
con grandi strade a 3 corsie per<br />
separare spazi abitativi pieni di verde e<br />
forniti di tutti i servizi. Del progetto originale<br />
dell'architetto giapponese rimangono<br />
purtroppo solo gli stradoni malsani<br />
e poco illuminati, che sembrano voler<br />
cingere in un abbraccio mortale i palazzoni<br />
popolari che dividono.<br />
Librino è diventato in poco tempo dalla<br />
sua costruzione quello che è adesso,<br />
uno dei simboli maggiori del degrado e<br />
dell'abbandono delle periferie popolari:<br />
un quartiere mancante dei principali servizi<br />
pubblici, poco collegato con il resto<br />
della città e non solo nel significato “viario”<br />
del termine, a causa del sostanziale<br />
abbandono nei suoi confronti da parte<br />
delle varie amministrazioni comunali che<br />
si sono succedute nel tempo.<br />
Cementificazione selvaggia<br />
Eppure Librino, insieme alle altre zone<br />
vicine come il Pigno e San Giorgio, è un<br />
quartiere molto dinamico dal punto di vista<br />
edilizio. La cementificazione procede<br />
imperterrita nel tempo, con nuove costruzioni<br />
dalla dubbia qualità stilistica e non<br />
solo a modificare continuamente il suo<br />
skyline. La conformazione del quartiere<br />
negli anni è stata affidata a continue e disorganiche<br />
varianti al piano regolatore<br />
che hanno permesso la creazione di un<br />
quartiere enorme, scomposto ed alienante,<br />
senza precise idee sulla collocazione e<br />
distribuzione degli abitati e dei servizi<br />
pubblici essenziali. Basti ricordare come<br />
esempio quando nell’aprile del 2008, prima<br />
che il sindaco Scapagnini si dimettesse,<br />
fu votata una variante al PRG che<br />
permise una nuova cementificazione della<br />
città. Tra il Pigno e Librino stanno attualmente<br />
nascendo circa un milione di<br />
metri cubi di case; facendo un rapido calcolo,<br />
330 mila metri quadri di appartamenti.<br />
Questa abbandonata periferia di Catania,<br />
con i palazzoni e le altre colate di cemento<br />
che deturpano il suo volto, rappresenta<br />
una continua ed enorme occasione<br />
di speculazione edilizia che ha arricchito<br />
e arricchisce i poteri economici della città,<br />
i soliti personaggi noti, alcuni dei<br />
quali potrebbero sicuramente essere considerati<br />
al di sopra di ogni sospetto.<br />
Librino, pur essendo il quartiere più<br />
popoloso della città, non ha mai avuto<br />
neppure un ospedale. Pur essendo ormai<br />
più di 25 anni che il quartiere attende la<br />
creazione di un presidio ospedaliero, una<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 56<br />
nebulosa vicenda ha contraddistinto la<br />
sua costruzione nel corso del tempo.<br />
Risale infatti al 1986 il piano di costruzione,<br />
quando l'Usl dell'epoca avanzò il<br />
cosiddetto “progetto Prometeo” che prevedeva<br />
la costruzione di tre ospedali nelle<br />
periferie della città: il Cannizzaro, il<br />
nuovo Garibaldi e appunto il San Marco,<br />
quest'ultimo pensato per Librino.<br />
Un primo bando di gara esce nel 1990<br />
e ad aggiudicarselo è il raggruppamento<br />
Cogefar-Impresit che però non inizierà<br />
mai i lavori di costruzione a causa di successive<br />
controversie giudiziarie. Sono gli<br />
anni delle tangenti per la costruzione del<br />
nuovo Garibaldi, a causa dei quali verranno<br />
successivamente indagati per corruzione<br />
e turbativa d'asta personaggi del<br />
calibro di Giuseppe Castiglione e Pino<br />
Firrarello.<br />
Per molti anni il progetto rimane bloccato.<br />
Ma come nella migliore tradizione<br />
catanese, anche quello sul San Marco è<br />
un silenzio che conta più di mille parole.<br />
L'odore degli immensi guadagni fatti col<br />
cemento è nell'aria e una sorta di macchina<br />
speculativa sembra mettersi in moto.<br />
Fra i proprietari c'è Ciancio<br />
Una vastissima area interessata, che<br />
comprende i 230.000 mq dove sorgerà il<br />
San Marco oltre che altre zone a ridosso<br />
del Pigno, viene fatta oggetto di operazioni<br />
transattive; dopo le compravendite<br />
dei terreni (tra i proprietari ritroviamo<br />
anche Mario Ciancio Sanfilippo con 80<br />
ettari) viene autorizzata una variazione<br />
d'uso per la suddetta area con un decreto<br />
regionale del 2005 seguito da una modifica<br />
al PRG, che da zona verde rurale<br />
verrà classificata come adibita a “servizi<br />
generali”. Questo significa che quei terreni<br />
sono considerati edificabili e conseguentemente<br />
il loro valore aumenterà di<br />
molto.<br />
A beneficio degli espropriati, ma soprattutto<br />
a danno degli espropriandi, cioè<br />
l'Azienda Ospedaliera “Policlinico-Vittorio<br />
Emanuele”. Non si sa a che titolo,<br />
ma dalla variazione d'uso dei terreni saranno<br />
coinvolti anche quelli su cui
Scheda<br />
APPALTI E SUBAPPALTI<br />
Soggetto affidatario progettazione e costruzione:<br />
Uniter cs a rl<br />
Progetto architettonico: Studio Valle<br />
progettazioni srl, prof. ing. Giliberto Valle,<br />
arch. Tommaso Valle<br />
Progetto strutture: Studio Sia Get srl,<br />
ing. Renato Grecuzzo, ing. Concetto<br />
Costa<br />
Progetto impianti cogenerazione, hvac,<br />
gas, antincendio: prof. ing. Francesco<br />
Patania<br />
Coordinatore per la progettazione: ing.<br />
Renato Grecuzzo<br />
Coordinatore per l’esecuzione: ing. Silvio<br />
Torre<br />
Responsabile unico del procedimento:<br />
ing. Angelo Spampinato<br />
Direzione dei lavori: ing. Pietro Nicolosi<br />
Direttore tecnico e responsabile di commessa:<br />
ing. Daniele Naty<br />
Direttore cantiere: ing. Carmelo Leone<br />
Responsabile del servizio di prevenzione<br />
e protezione: ing. Carmelo Leone<br />
Subappaltatori: Cag srl<br />
sarà successivamente edificato l'immenso<br />
centro commerciale “Le Porte di Catania”,<br />
di cui è proprietario Mario Ciancio Sanfilippo<br />
con una quota del 30% circa.<br />
Poco tempo dopo l'A. O. farà uscire un<br />
nuovo progetto. Viene prevista la costruzione<br />
non solo della struttura ospedaliera<br />
nel territorio di Librino ma anche la creazione<br />
di un Centro di Eccellenza Ortopedico,<br />
previsto nell’accordo di programma<br />
quadro siglato per il settore degli investimenti<br />
sanitari nel 2002, tra il Ministero<br />
della Salute, il Ministero dell’Economia e<br />
la Regione Siciliana. Quest’ultimo<br />
avrebbe dovuto rappresentare uno dei<br />
punti di forza del nuovo piano di offerta<br />
sanitaria regionale, oltre che un centro<br />
specialistico moderno e all’avanguardia,<br />
costruito per diventare punto di riferimento<br />
nel settore. Tutto questo ovviamente<br />
con un sensibile aumento di spesa<br />
pubblica: si passa infatti da 90 a 140 milioni<br />
di euro, attrezzature e arredamenti<br />
inclusi.<br />
La nuova gara d'appalto<br />
La nuova gara d'appalto per la costruzione<br />
del San Marco e del polo ortopedico<br />
viene fatta uscire nel 2008: a vincerla è<br />
l'Unite Consorzio Stabile, un gruppo di<br />
aziende che vede come capofila la Tecnis<br />
Spa, guidata dal dott. Mimmo Costanzo e<br />
dall'Ing. Concetto Bosco e i tempi di<br />
consegna dell’opera vengono previsti per<br />
ottobre del 2011.<br />
La vicenda sembrava finalmente con-<br />
www.isiciliani.it<br />
clusa e Librino avere il suo ospedale, oltre<br />
che un polo specialistico all’avanguardia<br />
nel proprio territorio che, chissà, avrebbe<br />
potuto contribuire allo sviluppo lavorativo<br />
ed economico del quartiere e combattere il<br />
degrado sociale nel quale lo stesso versa.<br />
Poco tempo dopo però si scopre che il<br />
Centro di Eccellenza non potrà più essere<br />
costruito: con una legge regionale del<br />
2009 vengono infatti sciolte le fondazioni<br />
responsabili dei centri di eccellenza e<br />
quindi anche quella che avrebbe dovuto<br />
occuparsi del polo specialistico di ortopedia.<br />
L'allora assessore alla Sanità Massimo<br />
Russo, con i classici slogan di quei<br />
politici che ti pisciano in testa ma ti dicono<br />
che piove, assicura che non cambierà<br />
molto: “puntiamo ad avere eccellenza<br />
nella normalità” dichiara. Tradotto:<br />
l'ortopedia avrà un regolare reparto<br />
all'interno del nosocomio con 96 posti<br />
letto. Dal progetto esecutivo, invece,<br />
risultava che ne avrebbe avuti 160, oltre<br />
ad un'autonomia amministrativa che ne<br />
avrebbe fatto il principale polo ortopedico<br />
regionale. Dopo l'abbandono del progetto,<br />
i terreni da utilizzare per la costruzione del<br />
Centro di Eccellenza accoglieranno un<br />
parcheggio multipiano da 600 posti oltre<br />
che un gran numero di negozi e altri<br />
esercizi commerciali.<br />
In questa lunga e frastagliata cronistoria<br />
l’ospedale San Marco, 26 anni dopo la sua<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 57<br />
progettazione, non è ancora stato costruito.<br />
Pare passerà ancora altro tempo prima<br />
della conclusione dei lavori e della sua<br />
consegna. A patire le conseguenze di una<br />
così palese incapacità amministrativa e<br />
politica, che sembra a volte guidata (anzi<br />
deviata!) da interessi di consorterie<br />
economiche e del malaffare, saranno gli<br />
abitanti di Librino e di tutta la grande<br />
fascia periferica a sud di Catania che<br />
dovranno ancora aspettare per vedere<br />
costruito l’ospedale San Marco.<br />
Sulla pelle degli abitanti<br />
E’ davvero inaccettabile che in una delle<br />
zone più povere di Catania vengano<br />
progettati e rapidamente costruiti enormi<br />
parchi commerciali, quando per la<br />
costruzione di una struttura pubblica volta<br />
a soddisfare le reali esigenze del territorio<br />
debbono aspettarsi decenni. Pare proprio<br />
che il più grande quartiere catanese<br />
rappresenti una specie di zona franca, un<br />
grande cantiere aperto dove l’interesse<br />
economico e speculativo scavalca e mette<br />
in secondo piano le normalissime esigenze<br />
di pianificazione urbana costituite dalla<br />
costruzione di un ospedale in una zona<br />
periferica, densamente abitata e poco<br />
conurbata con il resto della città.<br />
Librino rappresenta null'altro che una<br />
grande occasione di guadagno, un quartiere<br />
dove sulla pelle degli abitanti è possibile<br />
ricavare enormi quantità di denaro.<br />
Vincono i potenti, che coi progetti, i finanziamenti<br />
e le leggi (e i soldi dei cittadini)<br />
fanno il vecchio gioco, tradizionale in Sicilia,<br />
della speculazione edilizia.<br />
A dicembre è arrivato il neo-presidente<br />
Crocetta per una riunione di giunta organizzata<br />
“fuori porta”. Tra macchine fotografiche,<br />
riflettori, giornalisti e microfoni,<br />
Librino, quartiere marginale di una<br />
regione marginale, ha avuto i suoi 15 minuti<br />
di fama con qualche servizio nei tg. E<br />
la domanda sorge spontanea: tolto il<br />
dorato velo dei media, la nuova politica<br />
siciliana, tra grillini e crocettiani, sarà in<br />
grado di dare un nuovo corso allo sviluppo<br />
di Librino?
Antimafia<br />
Rapporto<br />
da Partinico<br />
Dall'operazione “The<br />
End” ad oggi. La presa<br />
della mafia, le indagini<br />
dei carabinieri, i guai<br />
della giustizia, la crescita<br />
della società civile.<br />
E una piccola tv<br />
senza paura<br />
di Pino Maniaci<br />
e Salvo Ognibene<br />
www.telejato.globalist.it<br />
www.diecieventicinque.it<br />
Il 30 novembre 2010, tra Partinico,<br />
Borgetto e Balestrate, circa 200 Carabinieri<br />
del Gruppo di Monreale, a conclusione<br />
di una mirata e prolungata attività<br />
investigativa condotta dal Nucleo<br />
Investigativo convenzionalmente denominata<br />
The end, hanno eseguito 23 ordinanze<br />
di custodia cautelare in carcere<br />
(associazione di tipo mafioso, estorsioni,<br />
incendi, porto e detenzione illegale<br />
di armi da fuoco, spaccio di sostanze<br />
stupefacenti e altro) nei confronti<br />
di altrettanti soggetti ritenuti<br />
appartenenti al mandamento mafioso<br />
di Partinico.<br />
www.isiciliani.it<br />
La famiglia “Fardazza”<br />
L'attività investigativa, durata quasi<br />
due anni, ha permesso di:<br />
- Menomare fortemente lo storico<br />
mandamento mafioso di Partinico, molto<br />
importante sia per la sua collocazione<br />
geografica a cavallo delle province di<br />
Trapani, Agrigento e Palermo, sia per i<br />
complessi fenomeni criminosi che lo caratterizzano;<br />
azzerare la capacità operativa<br />
della famiglia dei Vitale, alias "Fardazza",<br />
attraverso l'arresto di Leonardo e<br />
Giovanni Vitale, <strong>giovani</strong> figli del boss ergastolano<br />
Vito Vitale, ed attualmente reggenti<br />
del mandamento mafioso.<br />
- Scoprire un'imponente attività di<br />
estorsione ai danni degli imprenditori<br />
edili presenti nel territorio, effettuata attraverso<br />
l'imposizione della fornitura del<br />
cemento, allo scopo di finanziare le casse<br />
dell'organizzazione criminale;<br />
- Disarticolare sul nascere un traffico<br />
di sostanze stupefacenti necessario ai Vitale<br />
per avere maggiori guadagni per il<br />
pagamento delle spese legali e per l'assistenza<br />
alle famiglie dei detenuti.<br />
Il potente “mandamento” di Partinico<br />
L’operazione antimafia The End ha azzerato<br />
i nuovi vertici e leve del potente<br />
mandamento di Partinico, ha assestato un<br />
duro colpo in un territorio considerato<br />
dagli investigatori un irrequieto e irriducibile<br />
regno dell’omertà. Il mandamento<br />
di Partinico “è strategico per l’intera<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 58<br />
Cosa nostra e non sfugge l’influenza della<br />
figura di Matteo Messina Denaro.<br />
Di recente Giuseppe Giambrone - detto<br />
Pino Stagnalisi - tra i personaggi di spicco<br />
del comprensorio e implicato in vari<br />
omicidi di mafia nei territori di Partinico<br />
e Borgetto, è tornato il libertà causa scadenza<br />
dei termini di custodia cautelare.<br />
Scaduti i termini di custodia, c'è poco da<br />
fare: è la legge -giusta o sbagliata che sia<br />
- che impone la scarcerazione.<br />
Molti processi, pochi giudici<br />
Una legge malata, in questo caso, quella<br />
che regola il nostro ordinamento giudiziario.<br />
Una legge che permette a pluriomicidi,<br />
uomini di spicco della criminalità<br />
organizzata, di poter camminare liberamente<br />
per la strada.<br />
Processi interminabili, che non hanno<br />
come risultato quello di fare giustizia ma<br />
di perder tempo.<br />
Processi gestiti da un personale, quello<br />
della procura palermitana, che ogni giorno<br />
viene ridotto. Il numero dei processi<br />
cresce, il numero di chi i processi li deve<br />
celebrare diminuisce.<br />
Il risultato è questo. Lo vediamo con i<br />
nostri occhi. Tutte le operazione compiute<br />
sul territorio vengono nullificate,<br />
l'impegno delle forze dell'ordine viene<br />
vanificato. La magistratura non può far<br />
nulla, la cittadinanza nemmeno. E il risultato<br />
è che un elemento così pericoloso<br />
è tornato a calpestare queste strade già<br />
così disgraziate.
L'ordinamento giuridico italiano ha<br />
delle regole complesse. Non basta che un<br />
soggetto sia "pericoloso" per trattenerlo<br />
in carcere. Se i termini per la custodia<br />
scadono, a causa dei lunghi tempi processuali,<br />
è la legge stessa a imporre la<br />
scarcerazione. Da una parte la legge<br />
quindi, e dall'altra la realtà.<br />
Il clima che si respira a Partinico non<br />
verrà certo favorito dal ritorno di Giuseppe<br />
Giambrone. I cittadini come fanno a<br />
sentirsi sicuri sapendo che criminali di<br />
tale rango girano per le strade? Dobbiamo<br />
prepararci ad un'altra stagione di faide?<br />
Ad un'altra guerra? Dobbiamo ricominciare<br />
a vedere morti ammazzati distesi<br />
sulle nostre strade? Dobbiamo credere<br />
che questa lotta quotidiana contro la mafia<br />
non serve a niente se la legge non è<br />
dalla nostra parte?<br />
Il ritorno di Giuseppe Giambrone<br />
Ma facciamo alcune supposizioni su<br />
quello che è accaduto in questi giorni.<br />
Supponiamo che Nicolò Salto, un altro<br />
pezzo da 90, uomo dei Vitale “Fardazza”<br />
si trovi a casa con problemi di salute; immaginiamo<br />
che “u stagnalisi” si trovi a<br />
casa perché non riescono a processarlo<br />
per via della motivazioni sopracitate: entrambi<br />
sono liberi di scorrazzare, nonostante<br />
i colpi inflitti dalle diverse operazioni<br />
delle forze dell’ordine.<br />
Quindi supponiamo anche che le condizioni<br />
socioeconomiche del territorio<br />
siano molto diverse rispetto a quando entrambi<br />
sono stati arrestati. E’ passato<br />
www.isiciliani.it<br />
molto tempo. Logicamente, cambiano<br />
anche gli assetti di “cosa nostra” ed i due<br />
tenteranno di riorganizzarsi nel territorio,<br />
con l’estremo tentativo di riappropriarsi<br />
dei giri economici persi durante la prigionia,<br />
attraverso gli appalti ed il pizzo.<br />
Il monopolio del calcestruzzo<br />
Supponiamo che nel territorio ci siano<br />
tre impianti per la produzione del calcestruzzo,<br />
e che Giambrone realizzi una attività<br />
di forniture di materiale sabbioso<br />
ad utilizzo edile. Immaginando che uno<br />
di questi impianti sia direttamente riconducibile<br />
a Benny Valenza, mentre l’altro<br />
appartenga ai figli di Impastato, oggi<br />
soci attivi di un’associazione antiracket,<br />
rimane l’ultimo impianto, gestito dai figli<br />
di D’Arrigo, anche loro soci della stessa<br />
associazione.<br />
Ammesso che costoro, attenendosi allo<br />
statuto dell’associazione, non si siano<br />
piegati alle estorsioni, continuano a lavorare.<br />
In che modo uno dei tre potrebbe<br />
avere il monopolio del mercato? Semplicemente<br />
se e soltanto se gli altri due impianti<br />
fossero annullati oppure distrutti!<br />
Adesso facciamo un ultimo sforzo ed<br />
immaginiamo che le nostre supposizioni<br />
siano corrette: la logica porta a pensare<br />
che quei due uomini incappucciati, registrati<br />
dalle telecamere di sorveglianza,<br />
uno dalla corporatura robusta con andamento<br />
molleggiato, l’altro un po’ più<br />
basso, ingiubbottato e incappucciato, potrebbero<br />
presto essere individuati dalle<br />
attività inquirenti.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 59<br />
“La mafia domina<br />
spietatamente<br />
il territorio con<br />
estorsioni e minacce.<br />
Ma molti si ribellano<br />
e cominciano<br />
a denunciare”<br />
Supponiamo ancora che l’ambiente di<br />
Partinico e Borgetto, già abbastanza caldo,<br />
potrebbe diventare rovente: presto le<br />
nostre telecamere potrebbero filmare i<br />
cadaveri scannati per le strade.<br />
Intanto, dall’altro lato, se ancora non si<br />
fosse notato, c’è già una rivoluzione culturale<br />
in corso, i commercianti e gli imprenditori<br />
alzano la testa e denunciano<br />
alle forze dell’ordine, i soprusi, le prevaricazioni<br />
ed il racket delle estorsioni,<br />
contribuendo alla cattura dei "pezzi di<br />
merda" liberi di scorazzare in giro per il<br />
territorio.<br />
I soci dell’associazione antiracket e<br />
consumo critico aumentano in maniera<br />
esponenziale: persone oneste, che lottano<br />
per una cultura di riscatto...<br />
Il contributo di Telejato<br />
Siamo curiosi di sapere da voi che ogni<br />
giorno ascoltate l’informazione libera di<br />
Telejato una cosa fondamentale: quanto<br />
ha contributo a questa rivoluzione culturale<br />
il sacrificio di Telejato?<br />
Se davvero questi grandi risultati sono<br />
stati ottenuti grazie anche al nostro contributo,<br />
possiamo affermare con orgoglio<br />
che stiamo realizzando il nostro sogno.<br />
Possiamo ribadire che c’è ancora speranza<br />
e che stiamo raccogliendo i frutti di<br />
anni e anni di duro lavoro nel territorio.<br />
Stiamo disonorando gli “uomini<br />
d’onore” e camminiamo mano nella<br />
mano con gli uomini liberi della nostra<br />
terra. Insieme si può vincere.
www.isiciliani.it<br />
Testimonianze<br />
La lunga attesa<br />
di Felicia<br />
Felicia Impastato,<br />
“mamma Felicia” per i<br />
ragazzi dell'antimafia,<br />
raccontata da un<br />
vecchio compagno e<br />
amico di Peppino.<br />
Amore e sofferenza, e<br />
una siciliana ironia<br />
di Salvo Vitale<br />
Ho conosciuto Felicia intorno al ’67,<br />
quando cominciai a frequentare la<br />
casa di Peppino e con lui ci<br />
scambiavamo qualche libro o qualche<br />
giornale. In quel tempo la ricordo<br />
come un’ombra silenziosa, la classica<br />
“vestale” del focolare domestico: solo<br />
chi avesse guardato bene i suoi occhi<br />
avrebbe potuto intravedervi un<br />
dramma interiore di cui all’apparenza<br />
non c’era segno.<br />
Mi resi conto di questo anni dopo,<br />
quando mi disse, tra un singhiozzo e<br />
l’altro: “un martirio…quello che ho passato….la<br />
dittatura…sul niente attaccava<br />
brighe…disperazione e paura…quando<br />
lo sentivo arrivare mi pisciavo<br />
addosso…mai una parola dolce, mai uno<br />
svago, mai una festa, mai una lira…<br />
teneva tutto in mano… mi faceva uscire<br />
solo per andare a trovare Tanino<br />
Badalamenti e parlare con sua moglie…<br />
mai un regalo, quello che ho passato,<br />
solo io lo so, e anche Peppino se lo<br />
immaginava, mi diceva: “io vegnu cà<br />
sulu pi tia” (1).<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 60<br />
Nel suo silenzio non c’era ostilità né<br />
diffidenza: io ero l’amico di suo figlio, il<br />
nipote di Cola Maltese, quello del Molinazzo,<br />
non certo quello che lo portava<br />
sulla cattiva strada. Peppino abitava ancora<br />
in famiglia e suo padre contava su<br />
di me perché lo stimolassi a studiare e a<br />
prendersi “un pezzo di carta”. Successivamente,<br />
quando si accorse che tutto era<br />
inutile lo buttò fuori di casa, per dare agli<br />
“amici” una stupida dimostrazione di<br />
forza e di presa di distanza.<br />
Zia Fara, una seconda madre<br />
Peppino andò ad abitare alla stazione,<br />
con la zia Fara, una sorella di Felicia, che<br />
lo aveva ospitato più volte e che fu per<br />
lui come una seconda madre. Quando<br />
Fara restò vedova, egli si trasferì definitivamente<br />
nella casa della stazione per farle<br />
compagnia e lì rimase, anche dopo la<br />
morte del padre. Morto Peppino, Fara si<br />
trasferì a casa di Felicia: due donne sole<br />
che si tenevano compagnia. Fara era una<br />
donna molto semplice e silenziosa: aveva<br />
sofferto per la morte di Peppino come<br />
per quella di un figlio, ma sapeva nascondere<br />
bene la sua sofferenza.
Cominciai a scoprire un’altra Felicia<br />
cinque giorni dopo la morte di Peppino,<br />
ovvero il 13 maggio 1978, giorno delle<br />
elezioni comunali: in quella circostanza,<br />
rompendo una regola secolare che imponeva<br />
a chi è a lutto di non uscire di casa<br />
almeno per il primo mese, Felicia e sua<br />
sorella Fara si recarono al seggio elettorale<br />
a votare per Peppino.<br />
Poco prima dell’ingresso al seggio<br />
c’erano due galoppini che distribuivano<br />
facsimili democristiani: quando videro<br />
Felicia e Fara si avvicinarono per fare le<br />
condoglianze, dicendo loro che stavano<br />
invitando la gente a votare per Peppino e<br />
per la sua lista: Felicia li guardò con fierezza,<br />
quasi con disprezzo, senza dire<br />
una parola: non appena le due donne voltarono<br />
le spalle, essi continuarono a distribuire<br />
i loro facsimili.<br />
Per noi era “mamma Felicia”<br />
Da quel momento non volle più ricevere<br />
i fratelli e parenti del marito, tra i quali<br />
Iacuzzu (Giacomo), detto “U Sinnacheddu”<br />
e Peppino, detto “Sputafuoco”, mafiosi<br />
di rango, a cui imputava la responsabilità<br />
di avere dato il proprio assenso<br />
alla decisione di uccidere suo figlio.<br />
La sua casa divenne per noi quasi un<br />
posto di pellegrinaggio: a turno andavamo<br />
a trovarla e lei era sempre curiosa di<br />
sapere cosa stava succedendo fuori.<br />
Il suo “Chi è? Cu c’è? Chi stati cumminannu?<br />
Stamu attenti e ‘un vi raccumannu<br />
autru” rivelava, per un verso, una<br />
sorta di vicinanza affettiva e di partecipazione<br />
spirituale alle nostre iniziative, per<br />
l’altro la paura che non ci succedesse<br />
qualcosa, ma, più di tutto, che non succedesse<br />
qualcosa al figlio Giovanni. Per<br />
tutti noi compagni di Peppino era diventata<br />
“mamma Felicia”, la madre che tutti<br />
avremmo voluto avere. Una volta mi disse:<br />
“Quannu viru a tia è comu si virissi a<br />
me figghiu”, lasciandomi commosso per<br />
un intero giorno.<br />
Uscì di casa pochissime volte: per andare<br />
a votare o per difendere in tribunale<br />
l’immagine del figlio, ma era sempre<br />
bene informata, sia di quello che succedeva<br />
in paese, sia di quello che succedeva<br />
in Italia e nel mondo: sue fonti la televisione<br />
e alcuni parenti e vicini di casa,<br />
tra cui una cugina, Maria, detta Parasacca<br />
e il fratello di lei Peppino, Parasaccu<br />
anche lui, malato di cancro al polmone, il<br />
quale scelse di morire continuando a fumare<br />
le sue nazionali senza filtro.<br />
Un giorno Maria le portò la strana no-<br />
www.isiciliani.it<br />
tizia che Procopio Di Maggio, il boss locale,<br />
da sempre nemico di Badalamenti,<br />
aveva fatto sapere della sua intenzione di<br />
rendere giustizia a Peppino e alla sua famiglia<br />
e che andava cercando “Tanino”<br />
per liquidarlo. Felicia la guardò con sufficienza<br />
e le rispose : “Non per mio figlio,<br />
ma per suo figlio”.<br />
Nella sua risposta si nascondeva tutta<br />
una storia: uno dei figli di Procopio, che<br />
corteggiava una figlia di Sarino Badalamenti,<br />
era infatti morto in uno strano incidente:<br />
poiché i Badalamenti erano contrari<br />
a questo rapporto, Procopio si era<br />
convinto che fossero stati loro a liquidarlo.<br />
Felicia conosceva bene il modo di ragionare<br />
dei mafiosi.<br />
Aveva anche una memoria lucidissima<br />
ed era in grado di raccontare episodi anche<br />
lontanissimi della sua vita e della<br />
vita del paese, come ha fatto nella lunga<br />
intervista pubblicata ne “La mafia a casa<br />
mia”<br />
Non aveva peli sulla lingua per nessuno:<br />
qualche mese dopo la morte di Peppino<br />
venne convocata dal giudice Signorino,<br />
che conduceva le indagini e, mentre<br />
aspettava, venne avvicinata da una persona<br />
con un taccuino in mano: “Signora,<br />
mi chiamo Mario Francese e sono un<br />
giornalista del Giornale di Sicilia. Posso<br />
farle qualche domanda?”. La risposta di<br />
Felicia fu violenta: “Non voglio parlare<br />
con nessuno. Voi giornalisti avete trattato<br />
mio figlio come un criminale”.<br />
Si addolcì un po’ quando Francese le<br />
disse di essere convinto anche lui che<br />
Peppino era stato ucciso da Badalamenti<br />
e parlarono per un bel po’. Non poteva<br />
sapere che qualche mese dopo, il 27 <strong>gennaio</strong><br />
del '79, quel giornalista sarebbe stato<br />
ucciso, come suo figlio, dalla stessa<br />
mafia.<br />
Tra il 1981 e il 1990 la guerra di mafia<br />
arrivò a Cinisi lasciando sul terreno una<br />
quarantina di morti: fu il massacro della<br />
cosca dei Badalamenti, (che Mario Francese<br />
chiamava “dei guanti di velluto”) ad<br />
opera dei Corleonesi di Totò Riina e dei<br />
loro alleati locali.<br />
Quando nell’81 venne ucciso Nino Badalamenti<br />
e mi recai da Felicia, il suo<br />
commento fu spietato e preciso: “Buonu<br />
ficiru: appi chiddu chi si miritava”.<br />
Felicia ignorava, o sospettava solamente<br />
che Nino Badalamenti era stato<br />
uno degli assassini di suo figlio, come<br />
verrà poi testimoniato dal pentito Salvatore<br />
Palazzolo. Nella radicalità del suo<br />
rancore era rimasta una traccia visibile di<br />
quella cultura mafiosa nella quale era<br />
stata educata e dentro la quale era stata<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 61<br />
cresciuta. Nessuna ombra di pietà dentro<br />
il suo dolore, dove il suo desiderio di<br />
giustizia si mescolava con la voglia di<br />
vendetta. Nessun perdono nei confronti<br />
di chi l’aveva privata di una parte del suo<br />
sangue.<br />
Felicia non sapeva fare l’ipocrita e non<br />
aveva nessuna voglia di perdonare. A chi<br />
glielo chiedeva, rispondeva in maniera<br />
netta: “Vorrei capire perché dovrei perdonare<br />
un mafioso che ha ucciso mio figlio,<br />
soprattutto se non ha mai chiesto<br />
perdono. Il Signore deve perdonarlo, se<br />
ci riesce, perché viene difficile pure a lui<br />
e li manderà tutti all’inferno”.<br />
Il brindisi e i fiori<br />
Non ci si dovrebbe rallegrare per la<br />
fine violenta d’una persona, ma, in quella<br />
occasione mi scappò di dirle: “Allora<br />
dobbiamo brindare”. Non se lo fece dire<br />
due volte: tirò fuori dalla vecchia vetrina<br />
una polverosa bottiglia di amaretto e due<br />
bicchierini: appena poche gocce per un<br />
brindisi, più simbolico che reale, tra due<br />
persone profondamente ferite dentro.<br />
Da allora quel gesto divenne un’abitudine,<br />
quasi una forma di complicità: tornammo<br />
a ripeterlo per l’omicidio di Giuseppe<br />
Finazzo, “u Parrineddu”, indiziato<br />
nell’omicidio di Peppino, dalle cui cave<br />
era presumibilmente uscito il tritolo per<br />
farlo saltare in aria.<br />
In quell’occasione, ancora una volta i<br />
carabinieri, invece di indirizzare le indagini<br />
negli ambienti mafiosi, effettuarono<br />
una perquisizione nella casa a di Giovanni<br />
Impastato, proprio dirimpetto a quella<br />
di Felicia, sospettandolo dell’omicidio,<br />
per vendetta. Felicia ebbe una reazione<br />
violenta, gridando ai carabinieri: “Chi<br />
vuliti? Nun v’abbastau a prima vota? Ca<br />
‘un c’è nienti. Itivi a circari l’assassini<br />
nna li casi d’i mafiusi” (Che volete? Non<br />
vi è bastato la prima volta? Qua non c’è<br />
niente. Andate a cercare gli assassini nelle<br />
case dei mafiosi)<br />
Tornammo a brindare per la morte di<br />
Leonardo Galante, di Natale Badalamenti,<br />
di Leonardo Rimi.<br />
Poi ci fermammo, non solo perché la<br />
bottiglia era quasi alla fine, ma perché<br />
quel gioco non ci piaceva più e non ci<br />
apparteneva più. Una lunga pausa durata<br />
molti anni, a parte un cin cin per l’arresto<br />
di Badalamenti (1984) e per la morte di<br />
Ciccio Di Trapani, (1996), da noi sospettato<br />
e poi anche lui indicato dal pentito<br />
Salvatore Palazzolo come uno dei killer<br />
di Peppino.
Intanto la figura di Peppino intanto cominciava<br />
a varcare i confini del suo territorio<br />
e ad essere nota a una cerchia sempre<br />
più vasta di persone.<br />
La casa di corso Umberto I, oggi ribattezzata<br />
“Casa Memoria”, dove fa bella<br />
mostra una lapide messa privatamente<br />
per iniziativa del Centro Impastato, è diventata<br />
nel tempo un punto di riferimento<br />
e d’incontro per i ragazzi e per ogni<br />
genere di persone che si riconoscono nelle<br />
idee e nella lotta di Peppino contro il<br />
dominio mafioso. Una cosa che lei amava<br />
dire spesso era che la sua era una casa<br />
viva e piena di gente, quella di Badalamenti<br />
chiusa e deserta.<br />
“Assassino, tu fusti!”<br />
Nessun brindisi neanche per la condanna<br />
di Vito Palazzolo prima e di Tano Badalamenti<br />
poi, nel 2002. Felicia aveva<br />
pazientemente atteso quel momento. Era<br />
sopravvissuta a un ictus cerebrale, che<br />
l’aveva costretta anche a un’operazione,<br />
era sopravvissuta alla rottura del femore,<br />
alla sua difficoltà di respirazione, alla<br />
bronchite, all’asma, alla morte della sorella<br />
Fara solo per arrivare a quel momento,<br />
aspettato da venti anni.<br />
www.isiciliani.it<br />
Il suo gesto nell’indicare, secco e spietato,<br />
la sua voce ferma nell’accusare Badalamenti<br />
dell’assassinio del figlio, il suo<br />
terribile: “Assassino, tu fusti” hanno avuto<br />
un ruolo decisivo per giungere alla<br />
condanna dei due mafiosi.<br />
In quella donna magra, vestita di nero,<br />
che a stento riusciva a muoversi, ma che<br />
conservava dentro tanta rabbia e tanta<br />
energia, c’erano tutte le donne siciliane,<br />
c’era il riscatto della loro dignità dopo<br />
secoli di silenzio, di umiliazioni, di violenze<br />
subite, di sopportazione.<br />
Le manifestazioni molto partecipate<br />
degli ultimi anni le hanno riempito il<br />
cuore di gioia: puntualmente si affacciava<br />
a salutare, mentre un’onda di gente<br />
urlava il suo nome.<br />
Nei suoi occhi ci fu una forte commozione<br />
quando venne la Commissione Antimafia<br />
a consegnarle la propria inchiesta<br />
sul depistaggio iniziale delle indagini, assieme<br />
alla lettera di Peppino, usata proditoriamente<br />
come prova per giustificare<br />
l’ipotesi del suicidio: nel momento in cui<br />
Beppe Lumia chiese scusa, in nome dello<br />
stato, per gli errori allora fatti e per la<br />
mancata giustizia, Felicia disse: “E’<br />
come se mi aveste restituito Peppino ancora<br />
vivo”.<br />
Non potevo mancare di andarla a tro-<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 62<br />
vare appena sentito della morte di Gaetano<br />
Badalamenti, il 30 aprile del 2004: si<br />
era diffusa la voce che il boss potesse<br />
tornare in Italia per estradizione o per<br />
condono della pena; c’era il timore che<br />
ricominciasse l’attesa snervante di giustizia<br />
attraverso il processo di appello, ma<br />
di colpo ogni timore venne meno e forse<br />
da quel momento Felicia cominciò ad avvertire<br />
di avere ormai chiuso vittoriosamente<br />
e definitivamente la sua lunga<br />
attesa e il suo conto con la vita. Si era<br />
vendicata degli assassini e li aveva seppelliti.<br />
Le chiesi se l’era rimasto qualche goccio<br />
d’amaretto per l’ultimo brindisi. Mi<br />
rispose: “Figghiu meu, quannu ntisi ca<br />
ddu porcu avia murutu, dd’anticchia chi<br />
c’era m’u vippi tuttu” (Figlio mio, quando<br />
ho sentito che quel porco era morto,<br />
quel po’ che c’era me lo sono bevuto tutto).<br />
Qualcuno mi ha rimproverato per<br />
avere raccontato questo personale ricordo,<br />
con un’osservazione tipicamente cinisara:<br />
“I cristiani chi hannu a diri, ca<br />
era na ‘mbriacuna?” (le persone cosa<br />
devono dire, che era un’ubriacona?).<br />
Come se bere poche gocce significasse<br />
ubriacarsi: in tal senso anche i preti dovrebbero<br />
essere ubriaconi, quando celebrano<br />
la messa. E poi, chi se ne frega di<br />
quello che possono dire “i cristiani”?
E’ morta otto mesi dopo e sarebbe stata<br />
felice di sapere di essere diventata un<br />
punto di riferimento per tutto il movimento<br />
antimafia.<br />
Nella sua ultima apparizione in pubblico,<br />
filmata dal regista Gregorio Mascolo,<br />
Felicia è ripresa davanti alla porta della<br />
sua casa, mentre distribuisce fiori ai partecipanti<br />
al tradizionale corteo del nove<br />
maggio: un’immagine per ricordarla, con<br />
un mezzo sorriso, mentre dà un fiore a<br />
tutti, con alle spalle una strada lunga 87<br />
anni e un viso dov’è scavata e scolpita la<br />
sua storia, insieme a quella delle donne<br />
della sua terra.<br />
Una poesia<br />
U chiantu di dù madri<br />
di Sara Favarò<br />
Sta sira avanti a mia<br />
‘na vecchia ca si chiama storia<br />
chianci scunsulata picchi l’anni passaru<br />
senza lassari signi di vittoria<br />
e rasti supra a terra.<br />
Mi dici ca ddi picciotti<br />
ca luttavanu cu idda e ci currianu appressu<br />
c’à speranza all’occhi,<br />
ora sunnu n’a panza d’a terra vurricati.<br />
Mi fici du nomi,<br />
unu chiù granni e l’autru chiù nicu,<br />
ca patri e figghiu essiri putianu<br />
e appiru a stessa sorti.<br />
Mi dici:<br />
Pippinu Impastatu i Cinisi dicia ‘nt’e chiazzi:<br />
pi jiri avanti iuncemu vrazza, manu e cori,<br />
dicemulu u nomi d’assassini<br />
ca mpastanu a terra<br />
cu u sangu d’i travagghiatura.<br />
E continua a vecchia:<br />
‘na matina d’u 78 u truvaru<br />
nn’a linia d’a ferrovia<br />
a pezzi e muddichi, comu siddu u trenu<br />
passannu dda notti l’avissi macinatu.<br />
U trenu unn’era trenu:<br />
era bumma a tritolu d’i mafiusi<br />
scattata nn’a panza di Pippinu pi vinnitta.<br />
L’occhi, sulu l’occhi eranu vivi,<br />
circavanu a Cristu ncelu<br />
e ci addumannavanu pietati.<br />
Pietati pi mia,vecchia sempri a luttu,<br />
e iu sugnu cca, a malidiri li mafiusi barbari,<br />
can un vulianu e nun vonnu<br />
ca li picciotti lottanu pi nna Sicilia libbira,<br />
unni a terra ngrassari si putissi cu l’onestà<br />
e no cu u sangu limpidu di li ‘nnucenti<br />
‘mputenti contro l’omertà.<br />
E chianci a vecchia, chianci, chianci,<br />
un chianti comu marusu ntimpesta,<br />
u chianti di du matri.<br />
Chi sira! Chi sira!” (4)<br />
www.isiciliani.it<br />
Tra le donne siciliane offese dalla mafia<br />
esiste una straordinaria vicinanza tra Felicia<br />
e Francesca Serio, la madre di Turiddu<br />
Carnevale, il sindacalista ucciso dai mafiosi<br />
di Sciara il 16 maggio 1955. Anche<br />
Francesca si costituì parte civile per<br />
l’assassinio del figlio:<br />
“Una donna sola, prima abbandonata dal<br />
marito e poi vedova, che ha allevato l’unico<br />
figlio tra mille sacrifici e che è cresciuta accanto<br />
a lui, nel dialogo quotidiano con un<br />
militante coraggioso e spesso isolato dal suo<br />
stesso partito. Dopo la sua morte accusa gli<br />
assassini, ne ottiene una prima condanna ma<br />
poi deve subire lo smacco della loro assoluzione.<br />
Da allora continua a testimoniare la<br />
sua vicenda, parlando del figlio con tutti<br />
quelli che vanno a trovarla, e le sue parole<br />
sono pietre, come scriverà Carlo Levi che ha<br />
scritto le pagine più intense su di lei e su suo<br />
figlio. Mamma Carnevale partecipa anche a<br />
manifestazioni pubbliche accanto a Pertini,<br />
organizzate da un partito che sarà sempre<br />
più un’altra cosa. Il 18 luglio 1992 è morta<br />
dimenticata nella sua casetta di Sciara”(2).<br />
Il richiamo al libro di Levi e l’accostamento<br />
tra le due donne risaltano in questo<br />
passaggio:<br />
“Parla, racconta, ragiona, discute, accusa,<br />
rapidissima e precisa. alternando il dialetto e<br />
l’italiano, la narrazione distesa e la logica<br />
dell’interpretazione. ed è tutta e soltanto in<br />
quel discorso senza fine, tutta intera…niente<br />
altro esiste di lei e per lei, se non questo<br />
processo che essa istruisce e svolge da sola,<br />
seduta nella sua sedia accanto al letto: il<br />
processo del feudo, della condizione servile<br />
contadina, il processo della mafia e dello<br />
stato. Essa stessa si identifica totalmente nel<br />
suo processo e ha le sue qualità: acuta, attenta,<br />
diffidente, astuta, abile, imperiosa,<br />
implacabile. Così questa donna si è fatta in<br />
un giorno: le lacrime non sono più lacrime<br />
ma parole e le parole sono pietre”(3).<br />
Quello che Levi dice per Francesca<br />
vale, parola dopo parola, pietra dopo pietra,<br />
per Felicia. Pietrificazione del dolore<br />
nei più profondi abissi dell’animo.<br />
Francesca e Turiddu ebbero immortalata<br />
la loro storia dal poeta Ignazio Buttitta<br />
in una famosa ballata, Peppino e Felicia<br />
hanno incontrato sulla loro strada il regista<br />
Marco Tullio Giordana che dalla loro<br />
storia ha ricavato due personaggi cinematografici<br />
di grande effetto emotivo.<br />
In tempi in cui l’immagine ha finito con<br />
il sostituirsi alla parola, Francesca è morta<br />
dimenticata da tutti, Felicia è diventata un<br />
simbolo nazionale della Sicilia che non si<br />
piega alla prepotenza mafiosa.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 63<br />
I funerali di Felicia hanno avuto una notevole<br />
risonanza sulla stampa e sulle televisioni.<br />
La presenza di magistrati, artisti,<br />
sacerdoti, studiosi, di figure impegnate<br />
nella lotta contro la mafia, non è stata tuttavia<br />
sufficiente a ingrossare un corteo al<br />
quale hanno partecipato circa cinquecento<br />
persone. Il neo-sindaco di Cinisi ha proclamato<br />
il lutto cittadino e si è presentato<br />
ai funerali con la giunta e buona parte del<br />
Consiglio, tuttavia all’ordinanza non è<br />
stata data opportuna diffusione e molti<br />
l’hanno ignorata.<br />
Al passaggio del feretro alcuni commercianti<br />
hanno abbassato la saracinesca, altri<br />
hanno continuato tranquillamente a vendere<br />
la loro roba. Quasi tutti i giornali<br />
hanno scritto che Cinisi era assente e hanno<br />
affrettatamente concluso che il paese è<br />
rimasto mafioso, malgrado la fine del dominio<br />
dei Badalamenti.<br />
Qualche giorno dopo la morte di Peppino,<br />
in un comizio Umberto Santino disse:<br />
“Sino a quando queste finestre resteranno<br />
chiuse Peppino sarà morto invano”.<br />
Su questa storia delle finestre chiuse voglio<br />
tuttavia fare una constatazione. Da<br />
sessant’anni conosco il corso di Cinisi ed<br />
ho sempre visto chiusa la maggioranza<br />
delle finestre, sia d’estate, per proteggersi<br />
dal caldo, sia d’inverno, per ripararsi dal<br />
freddo; molte case sono vuote perché i<br />
loro proprietari sono emigrati, altre appartengono<br />
a gente che va a lavorare fuori<br />
dal paese, altre a gente che non vede il<br />
motivo di aprirle se passa un corteo.<br />
Si potrebbe obiettare che ai funerali di<br />
Peppone, (settembre 2000), il figlio ucciso<br />
del boss Procopio Di Maggio, c’erano<br />
circa ottocento persone, che il feretro è<br />
stato salutato con un applauso, che le saracinesche<br />
erano tutte abbassate, che molti<br />
gettavano fiori al suo passaggio, che le<br />
ghirlande erano fatte di orchidee. Ma anche<br />
in quell’occasione c’erano le finestre<br />
chiuse, per cui l’appello ad aprirle ha più<br />
un valore simbolico che un riferimento<br />
reale.
Resta il fatto che gli abitanti di Cinisi,<br />
se si eccettuano i parenti, le autorità, qualche<br />
esponente politico e gli irriducibili<br />
compagni di Peppino, malgrado il paese<br />
fosse stato tappezzato da un bel manifesto<br />
con la foto di Felicia, non c’erano. Sarebbe<br />
ingiusto però dire che non c’erano perché<br />
sono mafiosi.<br />
Se a Cinisi ci sono alcuni mafiosi questo<br />
non vuol dire che tutti i cinisari sono<br />
mafiosi. Si tratta di quelle accuse, facilmente<br />
strumentalizzabili, studiate per<br />
sviare l’attenzione dal problema reale. E il<br />
problema in quel momento era Felicia e<br />
l’importanza della sua figura.<br />
Molti cinisari hanno fatto rimostranze,<br />
altri si sono offesi, altri hanno preso le distanze<br />
dall’“antimafia funeralaia”, altri<br />
hanno tentato di giustificarsi e di motivare<br />
la loro assenza mettendo in giro cumuli di<br />
menzogne: il docente di una scuola mi ha<br />
riferito di aver sentito dire da un alunno di<br />
Cinisi,sicuramente imbeccato dai genitori,<br />
che Felicia era una donna inutile e insignificante,<br />
salita alla ribalta solo dopo il<br />
film, che non amava Peppino perché lo<br />
aveva abbandonato e lasciato alla sorella<br />
Fara, che mentre era fidanzata con uno era<br />
fuggita con un altro, che poi sarebbe stato<br />
Luigi Impastato. Perché la gente avrebbe<br />
dovuto andare ai funerali di una simile disumana<br />
persona?<br />
Tutto ciò ci rimanda alla secolare trasmissione<br />
di valori sedimentati nel tempo,<br />
come la paura, la diffidenza, la conservazione<br />
dei principi ereditati, il rifiuto<br />
dell’innovazione, il sospetto, la cultura<br />
del rispetto nei confronti del potente,<br />
l’orgoglio di far parte di una catena che ti<br />
protegge, il servilismo, la svendita della<br />
propria dignità, il ricatto, la roba, l’affermazione<br />
della famiglia, anche a costo del<br />
delitto, cioè quella che in due parole si<br />
chiama cultura mafiosa, della quale un<br />
paese come Cinisi è imbevuto.<br />
La tecnica della diffamazione è uno degli<br />
archetipi fondamentali della strategia<br />
mafiosa nei confronti delle persone su cui<br />
si vuole gettare il discredito, specialmente<br />
se si tratta di accuse non controllabili e<br />
non verificabili, utilissime a generare un<br />
sospetto e un dubbio, studiate per far morire<br />
il morto un’altra volta, distruggendone<br />
la memoria.<br />
Per citare qualche esempio di sviamento<br />
diffamatorio della dignità d’una persona,<br />
Giuseppe Fava sarebbe stato ucciso da un<br />
marito cornuto, Cosimo Cristina si sarebbe<br />
suicidato perché si sentiva un fallito,<br />
Mauro Rostagno sarebbe stato ucciso dalla<br />
moglie Chicca e dall’amico Cardella<br />
che se la intendevano, Giuseppe Impasta-<br />
www.isiciliani.it<br />
to sarebbe andato a mettere<br />
una bomba per far saltare in<br />
aria un treno carico di operai<br />
(bel compagno!) e così via.<br />
Non siamo certamente<br />
nell’ambiente mafiogeno di un<br />
quartiere malfamato: l’ambiente<br />
di Cinisi è più raffinato, la<br />
sua piccola e media borghesia<br />
è infarcita di ipocrita perbenismo<br />
ed ha la capacità di credere<br />
e fare credere anormale ciò<br />
che in altri modelli di società è<br />
normale e viceversa. Normale<br />
è ciò che è omogeneo al sistema<br />
di valori in circolazione, al<br />
codice mafioso, anormale è ciò<br />
che lo nega e ne vuole proporre<br />
un altro.<br />
Quell’ambiente su cui l’anticonformismo<br />
di Peppino ha infierito con la satira,<br />
mettendolo in ridicolo, non può riconoscersi<br />
in figure così diverse da sé, come lo<br />
sono state Peppino e sua madre e così normali:<br />
rischierebbe la propria estinzione.<br />
Qualcuno ha detto che il paese si è<br />
chiuso a riccio nei confronti di chi lo aveva<br />
ferito e denigrato, cercando di colpevolizzare,<br />
ancora una volta, chi da anni si<br />
batte per fare entrare un soffio d’aria nuova.<br />
Il paese era chiuso a riccio già da molto<br />
prima, allorché ha scelto l’indifferenza<br />
e il distacco, così come fa ogni anno in<br />
occasione delle manifestazioni per ricordare<br />
Peppino.<br />
Ecco perché Mafiopoli deve fare ancora<br />
molti passi per arrivare dalla casa di Badalamenti<br />
a quella di Peppino e di Felicia,<br />
prima di rendersi conto che “se tra le donne<br />
siciliane ce n’è qualcuna che merita un<br />
ruolo di primo piano nella lotta contro la<br />
mafia, per la sua modestia, per la sua decisa<br />
volontà di denunciarne i delitti, di accettare<br />
la sofferenza senza rassegnarvisi,<br />
per la sua insistenza nel volere un paese e<br />
una società più puliti, questa è Felicia<br />
Bartolotta”.(5)<br />
NOTE:<br />
1 Salvo Vitale, Nel cuore dei coralli, Soveria<br />
Mannelli, Rubbettino, 1996, p. 47.<br />
2 Umberto Santino, Storia del movimento antimafia,<br />
Roma, Editori Riuniti, 2000, p. 179.<br />
3 Carlo Levi, Le parole sono pietre, Einaudi,<br />
1955, p.160.<br />
4 Salvo Vitale (a c. di),Quasi un urlo di libertà,<br />
Palermo, Ed.della Battaglia,1996, p. 21.<br />
5 Salvo Vitale, Nel cuore dei coralli, p.186.<br />
Questa testimonianza è stata pubblicata anche<br />
nel volume Cara Felicia, pubblicato nell’aprile<br />
2005 dal Centro Siciliano di Documentazione<br />
Giuseppe Impastato.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 64<br />
In basso: Il Comune di Anzola in Emilia concede<br />
la cittadinanza onoraria a Felicia Impastato (2002).<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
SU FELICIA IMPASTATO<br />
Anna Puglisi e Umberto Santino (a c.<br />
di), Cara Felicia, Palermo, “Centro<br />
Siciliano di documentazione Giuseppe Impastato”,<br />
2005, che contiene una serie di<br />
atti giudiziari, testimonianze e messaggi:<br />
“Dalle pagine di questo libro Felicia esce<br />
con tutta se stessa, senza coloriture retoriche,<br />
con la sua tenacia e le sue accuse<br />
che già suonano come condanne irrevocabili,<br />
ma pure con le sue paure e le sue<br />
contraddizioni” (p.?).<br />
Gabriella Ebano, Felicia e le sue sorelle,<br />
Roma, Cedam 2006 (seconda edizione<br />
2010). Interviste a 20 donne vittime della<br />
violenza mafiosa: una via scavata attraverso<br />
la memoria, il dolore, la speranza. Il<br />
libro è stato ripubblicato nel 2012 in una<br />
nuova edizione contenente un cd.<br />
Salvo Vitale (a c. di), “Peppino è vivo”,<br />
poesie per Peppino Impastato, Cinisi, Associazione<br />
Culturale Peppino Impastato,<br />
2006, che contiene diverse poesie dedicate<br />
a Felicia, riprodotte nella presente pubblicazione.<br />
Il libro è stato ripubblicato, in<br />
edizione interamente rinnovata, nel 2008,<br />
dalle edizioni EGA di Torino.<br />
Giacomo Pilati, Felicia Impastato, Trapani,<br />
Coppola, 2006. Si tratta di<br />
un’intervista che fa parte della collana “i<br />
pizzini della legalità”. La stessa intervista è<br />
stata pubblicata nel libro “Le Siciliane”, curata<br />
dallo stesso autore e dallo stesso editore<br />
nel 1998 e nel 2008.<br />
Nando Dalla Chiesa, Donne ribelli,<br />
Milano, Melampo, 2007.<br />
Salvo Vitale e Guido Orlando (a c. di),<br />
Felicia (tributo alla madre di Peppino Impastato),<br />
Palermo, Navarra, 2006.<br />
Film di Gregorio Mascolo, Felicia” (la<br />
mafia uccide, il silenzio pure (2010). Lo<br />
stesso regista è autore di alcuni cortometraggi<br />
su Felicia.
www.isiciliani.it<br />
Pianeta<br />
Bitcoin: l'anno<br />
della svolta<br />
In questo momento vale<br />
13 dollari. Un anno fa<br />
ne valeva quattro...<br />
di Fabio Vita<br />
bitcoin-italia.blogspot.com<br />
L'anno s'è concluso col Bitcoin che supera<br />
i 13 dollari (o i 10 euro). A <strong>gennaio</strong><br />
2012 valeva solo quattro dollari: è una<br />
crescita superiore a quella di qualunque<br />
altra valuta e persino dell'oro.<br />
Il valore del blocco premio è sceso<br />
come previsto da 50 a 25 Bitcoin, e quindi<br />
anche la quantità di moneta immessa giornalmente<br />
viene dimezzata, in uno scenario<br />
deflazionista. Nella rete Bitcoin la quantità<br />
di monete create viene dimezzata ogni<br />
quattro anni, come nel paradosso di Zenone<br />
su Achille e la tartaruga. Nel 2030 saranno<br />
stati generati circa 20 dei 21 milioni<br />
di Bitcoin complessivi previsti.<br />
Il contrario accade nella tradizionale<br />
moneta a corso legale, che è tendenzialmente<br />
inflazionata (e dagli accordi di Breton<br />
Woods in poi ha perso ogni legame<br />
con l'oro). Poco prima della rielezione di<br />
Obama la Fed (Federal Reserve) con il<br />
“Quantitative Easing 3” ha immesso alcuni<br />
miliardi di dollari sul mercato, diminuendo<br />
di fatto valore il valore della moneta<br />
più diffusa del pianeta.<br />
Il "mining" del Bitcoin (cioè la pratica<br />
di "fabbricare" nuove monete in rete) avrà<br />
TWIT DEL MESE<br />
Gavin Andresen risponde su Twitter sulle<br />
prospettive del Bitcoin: Bitcoin IT News<br />
@bitcoin_ita @gavinandresen What do you<br />
think of ASIC? Repercussions on mining? Or<br />
benefit of those who produce the cards before<br />
selling? #bitcoin Gavin Andresen<br />
@gavinandresen @bitcoin_ita ASICS: meh.<br />
Difficulty will go up, the blockchain will keep<br />
chugging along, just like the CPU->GPU<br />
transition we went through<br />
una spintra entro la fine di <strong>gennaio</strong>. sta per<br />
avere nel corso del mese di <strong>gennaio</strong> una<br />
nuova spinta. Quattro anni fa per minare<br />
Bitcoin si utilizzava ancora il processore<br />
del computer (Cpu); poi si è passati a<br />
sfruttare la maggior potenza computazionale<br />
delle schede video (Gpu). Adesso<br />
stanno per essere commercializzati dispositivi<br />
hardware appositi per minare Bitcoin<br />
limitando i consumi elettrici, gli Asic.<br />
Da un lato aumenta quindi la difficoltà<br />
teorica di generazione della moneta, ma<br />
dall'altro aumenta la potenza<br />
computazionale immessa<br />
nella rete. Se si considera che<br />
in questo momento sono già<br />
attivi circa dieci milioni di<br />
monete, possiamo star<br />
tranquilli sulla morbidezza<br />
del salto dalla fase iniziale<br />
alla fase matura del Bitcoin.<br />
Almeno così assicura Gavin<br />
Andresen – il crittografo a<br />
capo del team di sviluppo del software<br />
Bitcoin - rispondendo su Twitter a vari<br />
interlocutori.<br />
Dove dollari non ce n'è<br />
“Meno dollari, gli iraniani scoprono la<br />
moneta virtuale”: intanto un articolo del<br />
Business Week mette in evidenza come in<br />
un paese sotto embargo il valore della moneta<br />
locale tenda a calare precipitosamente.<br />
Il rial iraniano è passato dai 20.160 a<br />
dollaro di agosto (nel mercato su strada) ai<br />
36.500 a dollaro di ottobre. Adesso è attorno<br />
ai 27.000. Il tasso fisso ufficiale della<br />
banca centrale è di 12.260. Questo ha portato<br />
- secondo il popolare musicista iraniano<br />
Mohammad Rafigh - a una diffusione<br />
dell'uso del Bitcoin in quel Paese.<br />
Parecchi negozianti di tutto il mondo<br />
(dalla panetteria di San Francisco al dentista<br />
scandinavo) accettano ormai i Bitcoin.<br />
Le persone che li posseggono e vogliono<br />
scambiarli con monete fisiche come euro o<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 65<br />
La moneta elettronica<br />
Trend, tecnologia, applicazioni, mercati<br />
Tutto sul bitcoin (in tempo reale)<br />
dollari possono usare siti di scambio come<br />
Localbitcoins.com, un sito finlandese<br />
fondato da Jeremias Kangas. Così, per<br />
esempio, " Beyond Matter" - l'ultimo<br />
album di Mohammad Rafig - può essere<br />
tranquillamente scaricato per .039 Bitcoin<br />
in negozi online (simili agli iTunes store)<br />
come coinDL.com.<br />
“Io credo che Bitcoin sia, o possa essere<br />
in futuro, uno strumento molto efficace<br />
per persone che hanno bisogno di aggirare<br />
sanzioni, restrizioni di moneta, e alta infla-<br />
zione in paesi come l’Iran” scrive Kangas<br />
in una email.<br />
“Bitcoin è così interessante per me”<br />
scrive in un'altra email Rafigh, che oltre<br />
che essere musicista studia ingegneria informatica<br />
- che vorrei che la cultura della<br />
moneta digitale si diffondesse nel mondo,<br />
perché non ha alcuna dipendenza da qualcosa<br />
come la politica”. Rafigh ha tradotto<br />
alcuni programmi Bitcoin in lingua Farsi<br />
per i suoi amici. “Io amo l’Iran, e se Bitcoin<br />
è buono per me, può esserlo per altri<br />
iraniani come me”.<br />
“In Iran ne sono stati affascinati - ha<br />
detto, di ritorno da Teherano, il consulente<br />
Farzad Hashemi - Gli iraniani che vivono<br />
all’estero possono mandare Bitcoin alle famiglie,<br />
e possono usare uno dei servizi online<br />
per trovare qualcuno con cui scambiare<br />
Bitcoin per euro, rial o dollari. Sono utili<br />
anche per gli iraniani che vogliono spostare<br />
soldi all’estero, o semplicemente tenerli<br />
in un luogo sicuro...”
www.isiciliani.it<br />
Cinema<br />
Una voce contro il potere<br />
I film di Giuseppe Fava<br />
Dopo i film di Vancini e<br />
Zampa, l'Orso d'Oro a<br />
Berlino, Fava realizza<br />
due serie televisive per la<br />
nascente RaiTre. Ancora<br />
sconosciute a molti queste<br />
opere torneranno in giro<br />
per l'Italia, tra la gente.<br />
di Giuseppe Spina<br />
www.nomadica.eu<br />
A colpirci profondamente sono stati<br />
sei film che gli amici del<br />
“Coordinamento Fava” di Palazzolo<br />
Acreide ci hanno mostrato esattamente<br />
un anno fa, sei film a noi prima<br />
sconosciuti nonostante da tempo siamo<br />
vicini alle opere di Fava.<br />
Lavoriamo fuori dai confini di un ambiente<br />
cinematografico caratterizzato da<br />
forti rapporti di potere, seguendo la nostra<br />
pratica quotidiana di resistenza: la<br />
diffusione di film non visibili, in molti<br />
casi realizzati a bassi budget, che spesso<br />
non sono “regie” in senso classico, ma<br />
testimonianze, sforzi narrativi che tirano<br />
dall'oblio spaccati di realtà, portandola su<br />
un piano parallelo, quello del cinema appunto.<br />
Dopo aver conosciuto questi aspetti<br />
del lavoro di Fava, così vicini al lavoro<br />
che facciamo, abbiamo sentito la<br />
necessità di trovare il modo di diffondere<br />
queste opere, convinti che siano, oggi ancor<br />
più di ieri, dei documenti illuminanti,<br />
utili, originali, tanto nei contenuti che<br />
nelle forme.<br />
Un veicolo contemporaneo per portare<br />
il pensiero di Fava tra la gente.<br />
La scrittura e l'immagine<br />
L'interesse di Fava per il cinema si avverte<br />
già dai primi scritti, segni evidenti<br />
e continui di note, particolari e didascalie<br />
che esprimono un rapporto con il frammento<br />
narrativo e scenico sempre in tensione,<br />
come se la spinta descrittiva interna<br />
a questi lavori fosse trasportata da un<br />
movimento teso e continuo verso un rapporto<br />
diretto con i personaggi e con l'attenta<br />
osservazione della realtà (per quanto<br />
immaginata, inventata, ripresa e/o rimodellata).<br />
Prima che vi uccidano - primo<br />
romanzo del 1967 ma pubblicato da<br />
Bompiani solo nel 1977, dopo il successo<br />
di Gente di rispetto - possiede già pienamente<br />
questo linguaggio e qualcuno ha<br />
fatto notare (nella seconda di copertina<br />
dell'edizione citata) la relazione con alcuni<br />
tratti tipici dei kolossal cinematografici,<br />
tanto per l'epopea che vi si racconta<br />
quanto per la quantità di personaggi<br />
che si muovono tra le storie. Ma è importante<br />
notare come Fava spoglia questa<br />
dimensione dal divismo e dall'esagerazione<br />
romantica a cui la mente subito<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 66<br />
corre: non ci sono eroi, le scene di povertà,<br />
di violenza, di potere sono spesso<br />
dure e impressionanti a causa della loro<br />
crudezza e di quei primi piani lucidi e<br />
atroci che solo un racconto minuzioso (o<br />
una sequenza ben costruita) è in grado di<br />
generare.<br />
Adatte a questo caso le stesse parole di<br />
Florestano Vancini che, sotto la spinta di<br />
Dino De Laurentiis, riprese il testo teatrale<br />
La Violenza del 1970, per il film La<br />
violenza: Quinto potere (1972), che “non<br />
fu accolto bene dalla critica. Probabilmente<br />
a causa del fatto che era un film<br />
privo di un eroe. I film di mafia che funzionavano<br />
all'epoca, quelli di Damiani o<br />
di Petri per intenderci, avevano sempre<br />
una risoluzione... c'è sempre una figura<br />
emergente. Nel mio film invece questa<br />
figura non c'è. Tanti personaggi e nessun<br />
eroe: nessuno è protagonista” (in Florestano<br />
Vancini. Intervista a un maestro<br />
del cinema di Valeria Napolitano).<br />
Questa dimensione di equilibrio tra i<br />
personaggi, è già propria del testo<br />
teatrale. É una dimensione che si<br />
ripresenta spesso nelle opere di Fava: la<br />
moltiplicazione dei personaggi centrali<br />
che rappresentano di volta in volta parti<br />
differenti di società, e parlano, agiscono<br />
o urlano in nome di quelle precise parti<br />
sociali.<br />
È l'individuo che predomina, con la<br />
sua forza e la sua disperazione, la<br />
supremazia, la vigliaccheria, il male, la<br />
debolezza e la speranza.
www.isiciliani.it<br />
“Un veicolo contemporaneo per portare l'opera di Fava tra la gente”<br />
È nota l'importanza che la fotografia<br />
ha avuto nel lavoro di Fava, dal giornalismo<br />
alla pittura. Allo stesso modo credo<br />
che la sua scrittura nasca da un rapporto<br />
intrinseco con l'immagine in movimento:<br />
è la scrittura di un regista che fa vedere e<br />
racconta attraverso un movimento della<br />
descrizione.<br />
Vittorio Sindoni ci dice che sono stati<br />
necessari solo tre giorni per scrivere la<br />
sceneggiatura delle 6 puntate per la Rai.<br />
6 film, tra documentario, fiction e teatro,<br />
scritti in soli tre giorni. Sono infatti film<br />
tratti dalle inchieste contenute in Processo<br />
alla Sicilia e I <strong>Siciliani</strong>, testi che sono<br />
già in sé delle sceneggiature complete.<br />
Film che contengono estratti di quelle<br />
opere teatrali le cui didascalie sono così<br />
minuziose che lo stesso Giorgio Albertazzi<br />
ne sottolineò la bellezza dicendo<br />
che “avrebbero meritato una pubblicazione<br />
a parte” (è una dichiarazione di Pippo<br />
Pattavina, contenuta negli Atti della<br />
giornata di studi dell'Università di Catania).<br />
La sceneggiatura è dunque già scritta,<br />
è il risultato di trent'anni di lavoro e analisi,<br />
basta spezzare, riallacciare, incastrare<br />
i pezzi in questo grande quadro postmoderno<br />
di cui Fava conosce ormai le<br />
venature più sottili, i solchi più profondi,<br />
poetici, terribili.<br />
Le opere tra cinema e televisione<br />
È intorno alla fine degli anni settanta<br />
che Fava prende in considerazione la<br />
possibilità di usare - in prima persona - le<br />
immagini in movimento, di scrivere e<br />
agire mediante il cinema, o meglio, la televisione.<br />
E' il periodo in cui si comprende<br />
il potere (anche il più oscuro) del<br />
mezzo e le guerre combattute su vari<br />
fronti porteranno al conosciuto predominio<br />
della Tv commerciale. Dal canto suo<br />
Fava ha sempre preferito il teatro come<br />
veicolo di pensiero, perché arriva in<br />
modo diretto alla gente, quindi più adatto<br />
a “restare dentro la verità” (Cronaca di<br />
un uomo libero, di Rosalba Cannavò,<br />
p.107), evita le trappole e le crisi economiche<br />
del cinema, e può “...essere fruibile<br />
anche da un punto di vista televisivo.<br />
[...] Attraverso lo strumento televisivo il<br />
teatro può essere portato alla conoscenza<br />
di immense moltitudini [...]” (Pietro<br />
Isgrò, Cinque domande “cattive” a Giuseppe<br />
Fava, “La Sicilia”, 25.1.1975).<br />
Mediante le immagini televisive poteva<br />
intrecciare le inchieste, mettere in scena<br />
stralci delle opere teatrali, ricostruendo<br />
– ancora - certi personaggi, riadattando<br />
storie e narrazioni, poteva mettere in<br />
gioco la stessa propria presenza fisica e<br />
mostrare a milioni di persone quello di<br />
cui stava così assiduamente scrivendo.<br />
Fava in passato aveva collaborato con<br />
registi di spessore: con Vancini per La<br />
violenza: quinto potere, con Zampa per il<br />
deludente Gente di rispetto, con Werner<br />
Schroeter per Palermo oder Wolfsburg,<br />
Orso d'oro a Berlino, capolavoro mai distribuito<br />
in Italia.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 67<br />
I FILM<br />
La violenza: quinto potere<br />
regia: Florestano Vancini<br />
(Italia, 1972, 85') dal testo teatrale “La<br />
Violenza” di Giuseppe Fava.<br />
Gente di rispetto<br />
regia: Luigi Zampa<br />
(Italia, 1975, 115') dal romanzo omonimo<br />
di Giuseppe Fava.<br />
Palermo oder Wolfsburg<br />
regia: Werner Schroeter<br />
(RFT/Svizzera, 1980, 175') sceneggiatura:<br />
Giuseppe Fava, Werner Schroeter,<br />
O. Torrisi, K. Dethloff (Orso d'Oro a<br />
Berlino, mai distribuito in Italia. Dalla<br />
sceneggiatura Fava trasse il romanzo<br />
Passione di Michele).<br />
LE SERIE PER RAITRE<br />
“<strong>Siciliani</strong>”<br />
regia Vittorio Sindoni<br />
da e con Giuseppe Fava<br />
1980 - durata totale 210'<br />
(per ordine di trasmissione RAI)<br />
Gaetano Falsaperla, emigrante<br />
L'occasione mancata<br />
La conversazione mai interrotta<br />
Opere Buffe<br />
La rivoluzione mancata<br />
Da Villalba a Palermo<br />
“Effetto luna sulla Sicilia ellenica”<br />
regia e sceneggiatura Giuseppe Fava<br />
1982 – durata totale 114'<br />
Il tempo, la bellezza, il silenzio<br />
Clowns del teatro antico ovvero il<br />
Miles siciliano<br />
Anonimo siciliano
Conosce quindi la povertà culturale di<br />
cui soffre l'industria-cinematografica italiana,<br />
e non si fida: troppe trappole, il cinema<br />
è in piena crisi economica, le sale<br />
iniziano a svuotarsi e da lì a poco una<br />
percentuale altissima passerà ai porno e<br />
successivamente chiuderà i battenti.<br />
E' durante l'esperienza con Schroeter<br />
che Fava segue la troupe a Berlino e<br />
Wolfsburg, per intere settimane, scoprendo<br />
così i segreti della macchina-cinema:<br />
questo viaggio sarà fondamentale per il<br />
suo rapporto con la macchina da presa<br />
che da lì a breve si svilupperà.<br />
L'esperimento televisivo<br />
Nello stesso periodo Mario Giusti viene<br />
nominato direttore della Terza Rete siciliana<br />
della Rai. Giusti non è solo un<br />
amico di Fava, ma anche uno stretto collaboratore:<br />
è direttore del teatro Stabile<br />
di Catania, ha lavorato su diverse opere<br />
di Fava, dunque accetta la richiesta di<br />
quest'ultimo e approva il progetto per<br />
una serie di episodi televisivi che raccontino<br />
“gli aspetti più agghiaccianti dell'isola”<br />
(da un articolo ritrovato su ufficiostampa.rai.it).<br />
Si arriva così alla serie televisiva “<strong>Siciliani</strong>”<br />
- un misto tra documentario, film<br />
d'inchiesta, teatro filmato – girata in 16<br />
mm, che verrà trasmessa sulla rete nazionale<br />
un'unica volta nel 1982.<br />
La Rai affida la regia a Vittorio Sindoni<br />
ed è quest'ultimo che chiama Riz Ortolani<br />
per la colonna sonora. Il viaggio di<br />
www.isiciliani.it<br />
Fava e Sindoni lungo l'isola dura circa un<br />
mese.<br />
“Vogliamo proporre al resto degli italiani<br />
un'immagine dei siciliani diversa da<br />
quella stereotipata che si sono fatti ancor<br />
prima dell'unità d'Italia”, questa la dichiarazione<br />
che Fava e Sindoni rilasciano<br />
all'ufficio stampa della Rai.<br />
<strong>Siciliani</strong>: i sei film<br />
Il risultato sono 6 film dalle caratteristiche<br />
molto diverse tra loro ma con una<br />
precisa coerenza nella ripresa e ricostruzione<br />
della realtà, tra improvvisazione e<br />
finzione.<br />
I temi sono diversi: la lucida sintesi<br />
storica dalla vecchia alla nuova mafia<br />
(Da Villalba a Palermo), lo scandalo dei<br />
terremotati della Valle del Belice (L'occasione<br />
mancata), la miseria in cui i<br />
bambini vengono fatti emigranti (La rivoluzione<br />
mancata), i “paesi buoni” senza<br />
criminalità ma “morti” (La conversazione<br />
mai interrotta), la devastazione<br />
delle industrie e la beffa delle miniere<br />
(Opere Buffe), l'emigrazione forzata<br />
(Gaetano Falsaperla, emigrante).<br />
Al cambiare dei temi cambiano i registri<br />
narrativi, il linguaggio che si dà è a<br />
volte freddo e serrato altre volte triste e<br />
malinconico. La regia di Sindoni è semplice,<br />
si limita a seguire la voce e l'intrecciarsi<br />
dei testi, mentre la voce-off,<br />
dello stesso Fava, è a tratti onnisciente a<br />
tratti talmente umana da confondersi con<br />
quella della gente, per strada: in Da Vil-<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 68<br />
lalba a Palermo Fava chiede ad un ragazzo<br />
“ma se vedessi ammazzare una<br />
persona per strada, andresti alla<br />
polizia?”, e il ragazzo risponde “e se io le<br />
chiedessi la stessa cosa? Lei cosa farebbe?”.<br />
La voce-off rende esaltante e amplifica<br />
la presenza fisica di Fava che intervista,<br />
sta dietro la camera, entra in relazione<br />
con i personaggi, recita, con la leggerezza<br />
di chi sa parlare con le persone (di teatro<br />
o di strada che siano), con la sicurezza<br />
di chi conosce altrettanto a fondo<br />
quell'intricata situazione sociale dominante.<br />
Fava intervista uomini, donne, bambini,<br />
vecchi, che sono minatori, disoccupati,<br />
casalinghe col marito all'estero, migranti,<br />
mafiosi, professori, poeti, artisti.<br />
Si serve di fotografie, ricostruisce<br />
scene di omicidi, di viaggi in treno, si<br />
cala dentro le miniere dell'entroterra, tira<br />
fuori testi di teatro, di romanzi, di<br />
inchieste. Alcuni di questi incontri sono<br />
fortuiti, fatti lungo il viaggio, altri sono<br />
scritti e recitati.<br />
Effetto luna sulla Sicilia ellenica<br />
(l'immagine come scrittura)<br />
Dietro questi lavori c'è una struttura<br />
creata a Catania da Fava per il teatro, la<br />
Cooperativa Alpha, che inizia a occuparsi<br />
di produzione cinematografica lavorando<br />
con un gruppo di <strong>giovani</strong> tecnici<br />
siciliani.
Dopo la serie <strong>Siciliani</strong>, la Cooperativa<br />
produce per RaiTre le serie Minoranze<br />
etniche in Sicilia, dell'allora sconosciuto<br />
Giuseppe Tornatore; Le feste popolari, di<br />
Orazio Torrisi (che era stato aiuto regia<br />
nel film di Schroeter e organizzatore di<br />
produzione per <strong>Siciliani</strong>); e andrà coi<br />
conti in rosso per Effetto luna sulla Sicilia<br />
ellenica, le quattro regie di Fava.<br />
Uno di questi quattro film – si parla di<br />
una Medea siciliana con Ida Di Benedetto<br />
- lo stiamo ancora cercando, ma scoprire<br />
le tre regie realizzate interamente<br />
LE PROSSIME DATE<br />
24 e 25 <strong>gennaio</strong><br />
Sala Trevi - Cineteca Nazionale<br />
(Roma)<br />
28, 29 e 30 <strong>gennaio</strong><br />
Museo Nazionale del Cinema<br />
(Torino)<br />
Per info e programmi:<br />
www.nomadica.eu<br />
info@nomadica.eu<br />
www.isiciliani.it<br />
da Fava (con l'aiuto di Orazio Torrisi),<br />
con una troupe leggerissima è stata una<br />
grossa emozione, soprattutto per la totale<br />
libertà di espressione che risulta subito<br />
evidente. Certo da un punto di vista tecnico<br />
questi film sono disastrosi, ma Fava<br />
è finalmente svincolato dai linguaggi che<br />
in un modo o nell'altro i suoi collaboratori<br />
hanno apportato nei film precedenti e<br />
si sente libero di sperimentare: Il tempo,<br />
la bellezza, il silenzio è una poesia per<br />
immagini, in Clowns del teatro antico<br />
ovvero il Miles siciliano riadatta Plauto,<br />
in Anonimo Siciliano riprende la sua regia<br />
teatrale, Foemina Ridens, lasciandola<br />
impressionata su pellicola.<br />
La retrospettiva<br />
La retrospettiva sul cinema di Pippo<br />
Fava curata da Nomadica – circuito autonomo<br />
per il cinema di ricerca è<br />
itinerante, e intreccia spazi istituzionali e<br />
non, centri sociali, teatri, scuole e<br />
quant'altro.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 69<br />
“...Una serie di episodi<br />
che raccontino gli<br />
aspetti più<br />
agghiaccianti<br />
dell'isola...”<br />
Vogliamo superare quelle divisioni<br />
che purtroppo regnano nella cultura<br />
italiana rendendo sterile ogni<br />
manifestazione, da una parte e dall'altra.<br />
Questi eventi sono organizzati con il<br />
sostegno e il prezioso aiuto della<br />
Fondazione Fava, del Coordinamento<br />
Fava, de I mille occhi – festival del<br />
cinema e delle arti, di Fuori Orario –<br />
Raitre, della Cineteca Nazionale di<br />
Roma, del Museo Nazionale del Cinema<br />
di Torino, della Deutsche Kinemathek, di<br />
Aiace Torino, di Prime Bande e di tutti<br />
quei centri e gruppi che ci permetteranno<br />
di ridare liberamente alla gente immagini<br />
e pensieri.
www.isiciliani.it<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 70
www.isiciliani.it<br />
Musica<br />
Bix, Jerry<br />
e il signor Igor<br />
Ovvero, come può<br />
un’ottica di precisione<br />
viaggiare a ritroso nel<br />
tempo, trovarsi sul letto<br />
di morte di un fragile<br />
trombettista bianco,<br />
e salvargli, ancora per<br />
poco la vita? Niente<br />
paura, si tratta di un<br />
disco…<br />
di Antonello Oliva<br />
… Un bel disco, per spiegare il perché<br />
però bisogna prima capire da dove cominciare<br />
e di cosa esattamente parlare.<br />
Andiamo con ordine.<br />
Il lavoro è di Mauro Ottolini, che qui si<br />
presenta con la sua Sousaphonix band<br />
composta da 11 elementi ( Mauro Negri,<br />
Vincenzo Vasi, Dan Kinzelman, Paolo<br />
Botti, Danilo Gallo, Zeno De Rossi, etc.),<br />
che con lui fanno dodici.<br />
Lui si sa, suona il trombone ed è uno<br />
dei più brillanti ed eclettici jazzisti italiani<br />
del momento. Per chi non seguisse molto<br />
il jazz diciamo che è quello col cappello<br />
che suona il trombone – anche - nella<br />
band di Vinicio Capossela.<br />
Il disco in realtà sono due, due CD, per<br />
una durata totale di 85 minuti suddivisi in<br />
venti tracce, il che lascia intuire uno sforzo<br />
produttivo e compositivo niente male,<br />
ma poi sbirciando meglio si scopre che<br />
Ottolini di queste tracce in effetti ne firma<br />
una soltanto, e che le altre sono distribuite<br />
più o meno procapite tra Stravinsky, La<br />
Rocca, Victor Young, Blind Willie Johnson,<br />
W.C. Handy, Hoagy Carmichael, Bix<br />
Beiderbecke, e altri. Non si capisce.<br />
Il titolo, Bix Factor, potrebbe far pensare<br />
a un lavoro dedicato a Bix Beiderbecke,<br />
un omaggio come si dice, ma l’ipotesi<br />
non regge, c’è un solo brano di Bix in scaletta.<br />
Per cominciare a capire qualcosa bisogna<br />
allora tirar fuori il libretto che accompagna<br />
i dischetti, dove oltre a tutte le<br />
solite cose relative a missaggio, ringraziamenti,<br />
eccetera, ben quaranta pagine sono<br />
occupate da un racconto: Bix Factor, racconto<br />
fantastico scritto da Mauro Ottolini<br />
e Vanessa Tagliabue Yorke. Lei prima non<br />
l’avevamo citata ma è anche una delle due<br />
–bravissime- cantanti della band. L’altra è<br />
Stephanie Ocèan Ghizzoni. Insomma, capita<br />
che musicisti in vena di romanzerie<br />
approfittino del libretto per buttarci dentro<br />
anche un raccontino scritto qua e là.<br />
Non separabili, musica e scrittura<br />
Non c’è niente di male a leggerselo,<br />
magari però prima si fa intanto la recensione<br />
del disco, giusto per non parlarne un<br />
anno dopo. In questo caso però è diverso,<br />
perché già dalle prime pagine del racconto<br />
fantastico si capisce che libro e disco in<br />
realtà non sono separabili. Cioè, lo sono,<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 71<br />
ma sarebbe come vedersi Les Triplettes<br />
de Belleville senza l’ausilio della colonna<br />
sonora e viceversa. Doppio lavoro quindi,<br />
bisogna leggerselo tutto il libro, che non è<br />
proprio un librettino.<br />
Venti capitoli per venti tracce musicali,<br />
non fa una piega. Ma è un’operazione<br />
fondamentale, perché è solo a questo punto<br />
che il tutto finalmente risulta chiaro, e<br />
si può quindi usufruire della complessità<br />
del lavoro nella sua interezza.<br />
Forse, era il disco dell'anno<br />
Prima era solo un bel disco, anzi diciamolo<br />
pure, un gran bel disco, insolito per<br />
il panorama italiano, inciso magnificamente,<br />
e perche no? candidabile pure a disco<br />
dell’anno con buone probabilità di<br />
successo. Insieme però diventano un’altra<br />
cosa, una sorta di terzo elemento, finale e<br />
sommatorio, che stravolge le leggi aritmetiche<br />
e ottiene cinque da due più due. Geniale.<br />
Il racconto è una mirabolante metafora<br />
che coglie in modo intelligente una porzione<br />
di spirito di questo presente e ne<br />
trattiene con passione la parte offesa,<br />
quella mancante. Il respiro è quello di un<br />
Triste, Solitario y Final ambientato nella<br />
musica americana degli anni Trenta, qua e<br />
là mischiato con cazzate stile Blues Brothers.<br />
Scritto, sembrerebbe, tutto d’un fiato,<br />
bene, quasi senza però voler mostrare<br />
pretese letterarie. Con un pizzico di immaginazione<br />
lo si può leggere anche come<br />
un film, irresistibile nel ritmo, e con una<br />
strepitosa colonna sonora. Chissà se qualche<br />
regista stavolta troverà il coraggio di<br />
farlo.
www.isiciliani.it<br />
Persone<br />
Appunti di un diario<br />
collettivo<br />
Dopo la sentenza della<br />
Cassazione sull'affidamento<br />
di un figlio alla<br />
madre lesbica<br />
di Fabio D'Urso<br />
- Pronto?<br />
Quella mattina di qualche giorno fa, prima<br />
di leggere sui giornali la notizia della<br />
sentenza della Corte di Cassazione, mi era<br />
arrivata la telefonata di una amica di cui vi<br />
racconterò fra un poco.<br />
Questa telefonata inaspettata, un po'<br />
maldestramente mi aveva messo l'ansia di<br />
scrivere qualcosa, come se ci si aspettasse<br />
da me un'azione che doveva prodursi.<br />
La mia anziana amica mi conosceva da<br />
piccoletto, aveva in qualche modo seguito<br />
tutta la mia "sformazione” da cattolico a<br />
laico. Da giovinetto ad ora, a parte una<br />
frequentazione periodica di un paio di<br />
anni, ci eravamo visti tante volte, ma i nostri<br />
incontri per strada, sempre casuali, di<br />
volta in volta mi avevano reso sempre il<br />
piacere della nostra amicizia.<br />
Lei oggi ha più o meno ottanta anni, e io<br />
quarandue. E per ricordamelo scrivo più di<br />
diciotto dopo il mio coming out, e il collettivo<br />
gay di Circuito elettrico, Catania: e<br />
tanto è cambiata la vita da gay dichiarato.<br />
Perciò non appena finita la telefonata ,<br />
ho aperto il motore di ricerca del web, e<br />
sono andato a leggermi la notizia della<br />
Corte di Cassazione che affida il figlio a<br />
una donna che vive in coppia con la sua<br />
patner.<br />
La nostra vita reale<br />
Il diritto all'affidamento, penso leggendomi<br />
la notizia, è solo una delle questioni<br />
che hanno a che fare con la vita reale di<br />
tante donne e uomini in Italia. Con la mia<br />
e con la tua che leggi.<br />
C'è anche il diritto alla vivibilità, alla visibilità,<br />
a non essere discriminati, a non<br />
dover dissimulare stile di vita per non dovere<br />
essere licenziati dal lavoro, o per es-<br />
sere semplicemente assunti come tutti.<br />
Il diritto alla visibilità, le nuove generazioni<br />
lesbiche e gay in Italia a mio avviso<br />
se lo sono dimenticato. Perchè è un diritto<br />
che non serve, che non funziona in un sistema<br />
sociale come il nostro. Perchè non<br />
serve? Perchè prima o poi ti può relegare<br />
all'esclusione.<br />
Questo però lo ammetto, è un giudizio<br />
di parte, che va confrontato con la vita singola<br />
di ognuno, e con i veloci cambiamenti<br />
collettivi.<br />
Il giudizio di un ex giornalista che oggi<br />
di professione non fa il sociologo ma il<br />
volantinatore. Un giudizio dopo due decenni<br />
di visibilità passati in un quartiere di<br />
periferia catanese con la gente che mi ha<br />
visto andare a vent'anni in televisione, a<br />
trenta a fare il cameriere, a quaranta con<br />
uno zaino per le strade a spartire pubblicità.<br />
E ancora per me, c'è la questione della<br />
violenza di ogni giorno, quella dell'intolleranza<br />
culturale, o quella straodinariamente<br />
reale delle botte di ogni genere, in una<br />
strada solitaria, o in un pub, o allo stadio,<br />
negli angoli della città dove il diritto ha a<br />
che a fare con la sopraf-fazione concreta,<br />
ma invisibile.<br />
Leggendo e rileggendo<br />
E torniamo così all'oggetto iniziale, alla<br />
sentenza della Corte di Cassazione.<br />
Leggendo e rileggendo la notizia, mentre<br />
scrivo, cucino, lavoro con Pedro, Antonio<br />
Andrea , gli altri alla pagina facebook<br />
“LGBTQfobia?Nograzie” e telefono per<br />
confrontarmi, mi chiedo: come mai in Italia,<br />
nessuna proposta di legge per la tutela<br />
dei diritti di uomini e donne omosessuali<br />
sia stata approvata? Perchè la vita e le relazioni<br />
omosessuali rimangono ferme<br />
all'interno degli spazi privati, e sono rese<br />
solo come fatto mediatico, o come bandiera<br />
appartenente alla politiche dei movimenti?<br />
Quando davvero il termine gay indicherà<br />
davvero una felicità solidale per<br />
tutti?<br />
Questi diritti non riguardano solo una<br />
minoranza, appartengono a tutto il paese,<br />
così come le battaglie per la “Rivoluzione<br />
civile” dell'Italia.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 72<br />
Allora penso che prima del matrimonio<br />
gay in Italia avremo dei figli di coppie lesbiche<br />
e gay, che hanno per legge un solo<br />
genitore, e quindi non possono essere<br />
adottati dall'altro compagno.<br />
Senza il formale passaggio da “compagni<br />
a coniugi”, senza il diritto all'adozione<br />
da parte di uno dei patner, comunque senza<br />
una risoluzione positiva sulla questione<br />
dell'omogenitorialità, questi figli non<br />
avranno i diritti necessari alla loro tutela<br />
ma saranno di fatto discrimati.<br />
“Parliamone, dài!”<br />
Ma ritorniamo a quella telefonata che mi<br />
ha svegliato, per spiegarvi la mia ingenua<br />
felicità a proposito della sentenza.<br />
- Pronto, Fabio.<br />
Segreto svelato, l'anziana amica è la mia<br />
vecchia catechista di cresima. Si chiama<br />
Ida. Ha gli occhi allegri e ti ricorda Papa<br />
Giovanni se fosse stato donna.<br />
“Pronto Ida!”.<br />
- Pronto Fabio! Come stai, stai scrivendo?<br />
Stai lavorando? Come sta il compagno?<br />
La telefonata finisce e a me viene in<br />
mente quella discussione con Gabriele,<br />
uno dei miei cari amici che fa il frate francescano.<br />
Come per darmi coraggio, mi<br />
dice:<br />
- Fabio, lo fai un figlio?.<br />
“Dove? Qui, dove la discrimazione parte<br />
dalla struttura religiosa e sociale del<br />
paese ?”.<br />
- E però il comportamento pian piano<br />
cambia.<br />
Come alla clinica ostetrica dell'ospedale<br />
di Padova, due settimane fa alla compagna<br />
di una donna che ha dato alla luce un bimbo,<br />
le hanno segnato nel braccialetto “patner”;<br />
così che l'hanno fatta entrare e uscire<br />
dal reparto come per ogni altro genitore.<br />
Ma il senso comune è ancora lontano da<br />
queste eccezioni; è la cosidetta “sensibilità”<br />
dei cattolici il solo terrerente all'impossibilità<br />
ai cambiamenti effettivi?<br />
Quali altri motivi, in definitiva, ci fanno<br />
soffrire una mancata applicazione dei diritti<br />
sociali, che sono anche orientamenti<br />
specifici dell'Unione Europea da due decenni?
Non solo la Cassazione<br />
Qui ci vogliono tante donne e uomini<br />
come Ida, e fra Gabriele che in ogni<br />
“luogo” del paese sanno superare quella<br />
incapacità intriseca al cambiamento e<br />
che sanno spiegare alla gente che ogni<br />
relazione di per se è bella e positiva<br />
quando è vissuta serenamente. Ma non<br />
solo, ci vuole anche il coraggio di saper<br />
render questo conflitto implicito, come<br />
un fatto che rientra davvero nei programmi<br />
politici.<br />
Oggi in Italia la Corte di Cassazione ci<br />
dice che qui il diritto c'è. E la politica<br />
quanto ci metterà a spiegare che il diritto,<br />
alla famiglia e ai figli è di tutti? Che siamo<br />
dentro alla Costituzione, e all'Europa<br />
dei popoli e dei diritti?<br />
Lo sappiamo bene che in ogni stato, il<br />
diritto e la vita della gente viaggiano con<br />
tempi diversi, ma qui in Italia, bisogna<br />
passare dal giudizio della Cassazione<br />
all'estensione del diritto al matrimonio, e<br />
all'adozione come un fatto giuridico, intregato<br />
con la vita della gente.<br />
Alla televisione, il riformatore Monti<br />
ci ha spiegato con tre parole - un uomo,<br />
una donna, una famiglia - che il sistema<br />
di equilibrio finanziario ed economico e<br />
politico del paese, che unisce l'Italia con<br />
l'euro e l'euro con l'Europa passa dallo<br />
Stato del Vaticano. E che le direttive europee<br />
sui diritti degli individui valgono<br />
poca cosa.<br />
Bersani invece si appella al rispetto per<br />
la sensibilità cattolica. Ma allora c'è davvero<br />
un' incapacità ad affrontare questa<br />
questione, o no?<br />
Pertanto qui in Italia non basta solo il<br />
si della Cassazione. Ci vuole una affermazione<br />
del diritto dentro la politica dei<br />
partiti. Prima ancora quel sì sincero della<br />
società civile. E infine il nostro, quello<br />
della nostra mente, e delle nostre azioni<br />
specifiche, che ci mettono in condizioni<br />
di affrontare un processo di cambiamento.<br />
“Cosa ci manca”<br />
In questi giorni,<br />
me la sono discussa<br />
con tanti amici. Vorrei<br />
finire con due rifles-<br />
sioni, la prima è<br />
di Luigi Malerba<br />
ventisei anni; questa<br />
è una parte del suo<br />
diario, postato nel<br />
suo blog, e risponde<br />
alla domanda "che ci<br />
www.isiciliani.it<br />
Scheda<br />
LA SENTENZA 601<br />
La Prima sezione civile della Corte di Cassazione,<br />
con la sentenza numero 601, ha<br />
affrontato il caso dell'affidamento di un figlio.<br />
La Corte d'appello di Brescia, con la sentenza<br />
del 26 luglio 2011, aveva affidato il bambino<br />
alla madre. Il padre si era opposto, con la mo-<br />
tivazione che l'ex moglie conviveva con una<br />
nuova partner, e che il bambino sarebbe stato<br />
inserito in una famiglia omosessuale con «ripercussioni<br />
negative sull'equilibrio emotivo e<br />
psichico del bambino». La Cassazione ha confermato<br />
l'affidamento esclusivo alla madre, evidenziando<br />
che alla base delle lamentele «non<br />
sono poste certezze scientifiche o dati di esperienza,<br />
bensì il mero pregiudizio che sia dannoso<br />
per l'equilibrato sviluppo del bambino il<br />
fatto di vivere in una famiglia incentrata su una<br />
coppia omosessuale».<br />
Daniela Tomasino<br />
Arcigay Palermo<br />
manca come gay e come <strong>giovani</strong>, in<br />
questo paese".<br />
"In teoria non mi manca nulla. Ho un<br />
lavoro, ed ho pure la fortuna che faccio il<br />
lavoro che desidero. Ho una famiglia e<br />
sto bene e non ho problemi nè di salute<br />
nè di altri tipi. Ho degli amici, non tantissimi,<br />
ma nemmeno pochi; anzi penso che<br />
siano proprio il giusto. Con loro mi diverto<br />
e anche adesso che son lontano li<br />
sento ancora come se ogni sera ci mettessimo<br />
daccordo per uscire, per spassarcela.<br />
E potrei continuare questa lista inserendo<br />
tantissime altre cose scontate, passando<br />
dalla buona salute ad altre banalità<br />
che non voglio nemmeno soffermarmi,<br />
non perche non voglio pensare chissà che<br />
e non voglio nemmeno piangermi addosso.<br />
Voglio solo riflettere perchè alle volte<br />
dentro di noi sentiamo certi vuoti. Ci<br />
manca cosa? L'affetto<br />
di una persona al nostro<br />
fianco? Ci manca<br />
l'amore? O forse è<br />
solo colpa di questo<br />
brutto tempo?".<br />
La seconda è di<br />
Guido Alabiso, che<br />
vive a Bergamo. Eccola<br />
qui:<br />
"Io ho sofferto da<br />
sempre nel dover accettare<br />
il fatto di non<br />
diventare padre; io un figlio lo adotterei<br />
subito se potessi, anche se sarebbe difficile<br />
e complicato farlo crescere e vivere<br />
nella nostra società. Ma ammetto che<br />
dell'ultima frase non ne sono pienamente<br />
convinto. Perchè sulle mie spalle ho provato<br />
che ad essere se stessi si riceve sempre<br />
tanto bene".<br />
Video: https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=_doGMGG6dl0<br />
-<br />
https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=_doG -<br />
MGG6dl0https://www.youtube.com/watch?<br />
feature=player_embedded&v=_doGMGG6dl0#)<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 73<br />
Commenti/1<br />
IERI E OGGI<br />
Sapevamo che una lesbica può essere una<br />
buona madre, un gay può essere un buon<br />
padre. Ce lo diceva la vita reale, il nostro desiderio<br />
genitoriale, i sorrisi dei bambini.<br />
La Corte Costituzionale lo conferma con una<br />
recentissima sentenza e noi lo prendiamo<br />
come riscatto delle sofferenze e dei pregiudizi<br />
che ostacolano i nostri percorsi di persone lesbiche,<br />
gay, bisex, transex, queer.<br />
Volevo ricordarvi che oggi che ricorre il quindicesimo<br />
anniversario del suicidio di Alfredo Ormando,<br />
poeta e scrittore siciliano bruciatosi<br />
vivo a Piazza S. Pietro, in Vaticano, in quella<br />
stessa piazza quattro femministe del gruppo<br />
ucraino Femen svestono i loro corpi rivendicando<br />
le istanze dei nostri diritti civili. Dimostrando<br />
così a noi, e al mondo che niente ci<br />
sarà regalato e che dovremo lottare per avere<br />
quello che ci spetta. E allora copriamo le nostre<br />
paure con il loro coraggio, e lottiamo, lottiamo.<br />
Ancora. Fino a quando non avremo né<br />
paura e nemmeno sensi di colpa. e saremo finalmente<br />
lesbiche, gay, bisessuali, transessuali,<br />
queer liberi e liberati, tutte e tutti!<br />
Sara Crescimone<br />
Open Mind Catania<br />
Commenti/2<br />
“E' QUASI BANALE”<br />
La sentenza 601 della Cassazione è quasi banale.<br />
Non esiste uno studio scientifico che confermi<br />
il pregiudizio che essere cresciuti da una<br />
persona o da una coppia omosessuale danneggi<br />
la salute psico-fisica di un bambino. Di<br />
contro, esistono studi che evidenziano una minore<br />
incidenza di disagi psichici in bambini cresciuti<br />
in famiglie omogenitoriali.<br />
In altre parole, le teorie secondo cui le coppie<br />
omosessuali non sono buoni genitori sono balle.<br />
Bugie ideologiche, spacciate come vere da<br />
giornalisti superficiali e politici omofobi.<br />
Per questo la sentenza è banale nella sua<br />
semplice ovvietà: se non esiste alcuna prova<br />
delle affermazioni del padre (che l'aveva abbandonato<br />
quando aveva 10 mesi, e aveva<br />
malmenato madre e compagna), il figlio resta<br />
affidato alla madre. Semplice buon senso.<br />
A riuscire ogni volta a stupirmi sono le polemiche<br />
e i commenti: la Cei, alcuni prelati, alcuni<br />
politici affannati a rilasciare dichiarazioni:<br />
anche se scienza e buon senso dicono il<br />
contrario, la sentenza sarebbe “contro natura".<br />
Queste persone credono che sia giusto e<br />
“naturale” strappare un bambino alla propria<br />
famiglia o consegnarlo a un padre violento.<br />
Sono queste le persone che impediscono, in<br />
Italia, l'adozione di provvedimenti di legge che<br />
sono baluardi di civiltà e che garantirebbero la<br />
pienezza dei diritti di cittadinanza per le persone<br />
LGBT: la legge contro l'omofobia (ovvero<br />
un'aggravante per i crimini commessi per omofobia,<br />
come già succede ad es. per il razzismo)<br />
e il riconoscimento del diritto di matrimonio per<br />
tutti. Sono loro che impediscono all'Italia di diventare<br />
un Paese pienamente civile, anteponendo<br />
alla cultura dei diritti umani un'ideologia<br />
cieca e violenta.<br />
Daniela Tomasino
www.isiciliani.it<br />
Politica/ La vigilia<br />
Il voto senza attese<br />
di un Paese senz’anima<br />
Tempo di elezioni. Nonostante<br />
le attese, nulla<br />
di epocale...<br />
di Pietro Orsatti<br />
La classe politica, vecchia e nuova, da<br />
una parte e il Paese dall'altra a cercare<br />
di capire non cosa sia meglio ma cosa<br />
sia meno peggio. Non perché ci sia un<br />
deficit da parte dei partiti in termini di<br />
progetto o di costruzione di programmi<br />
e architetture di governo, ma perché<br />
sono gli italiani a non avere nessuna<br />
idea di come uscire da una crisi economica,<br />
sociale, etica e culturale che ha<br />
trascinato il paese in un vortice, nel collo<br />
di un imbuto che tutto inghiotte e tutto<br />
fa ricadere al suolo.<br />
Bisognerebbe ringraziare Mario Monti<br />
per aver dissipato ogni dubbio sulla vera<br />
natura del suo progetto politico e culturale<br />
con la sua discesa in campo. Altro che "salita".<br />
Ha scelto di far emergere il gioco<br />
sporco (e basso) che ha tenuto in piedi il<br />
suo governo: rappresentare gli interessi di<br />
un'élite ristretta (molto più angusta della<br />
presunta borghesia italiana) a discapito del<br />
paese, della maggioranza dei cittadini e<br />
dell'insieme di bisogni (molto diversi dagli<br />
interessi) degli italiani. Un'élite che non ha<br />
nessun punto di contatto con la realtà produttiva<br />
ed economica nazionale (ed anche<br />
europea) ma che guarda solo agli utili finanziari<br />
a breve durata. E che ha governato<br />
per un anno prima millantando una missione<br />
salvifica e poi con la minaccia di un<br />
fantomatico Armageddon: "senza noi il<br />
baratro".<br />
A dimostrazione di quale sia il vero<br />
mandato di Monti, il disagio di pezzi importanti<br />
(anche clericali) del cosiddetto<br />
mondo cattolico che pur appoggiandolo<br />
non mancano occasione di chiedere a gran<br />
voce una maggiore attenzione al sociale e<br />
all'economia reale e una via di uscita<br />
dall'ossessione finanziaria del professore.<br />
Ulteriore conferma di quale sia il mondo<br />
di riferimento di Monti e di quanto sia stato<br />
poco tecnico e molto invece corporativistico<br />
e politico il suo mandato di governo<br />
ci viene fornita dai comportamenti del<br />
professore sulle alleanze non tanto a livello<br />
nazionale quanto in Lombardia con<br />
l’appoggio al candidato Albertini in chiave<br />
anti centrosinistra. Appoggio dietro il quale<br />
ci sarebbe come architetto Gianni Letta<br />
che sta cercando, con la sua usuale abilità,<br />
di creare i presupposti per rendere instabile<br />
un governo nazionale di centro sinistra a<br />
guida Pd/Sel sottraendo, attraverso i cavilli<br />
del porcellum, la maggioranza assoluta<br />
alla coalizione guidata da Pierluigi Bersani<br />
al Senato e costringendo quindi il Pd a<br />
cercare un’alleanza post elettorale con lo<br />
strano oggetto politico montiano. E quindi<br />
con i poteri che rappresenta.<br />
Letta e Berlusconi<br />
La chiave delle elezioni è in Lombardia.<br />
E sul voto e sul premio di maggioranza sul<br />
piano regionale previsto dalla attuale legge<br />
al Senato. Basta un voto in meno in Lombardia<br />
per togliere la maggioranza assoluta<br />
alla coalizione Pd/Sel.<br />
E’ Berlusconi che comanda Letta o è<br />
Letta che condiziona Berlusconi? Letta è<br />
uomo di contatto (e di governo?) di un<br />
certo mondo culturale e finanziario Italiano.<br />
Ben prima dell’innamoramento con il<br />
cavaliere.<br />
Non è un caso che sia il fondatore (e il<br />
condizionatore) di un oggetto particolare<br />
come l’Aspen Institute Italia, dove politici<br />
e esponenti del mondo economico e finanziario,<br />
si incontrino “riservatamente” (non<br />
lo diciamo noi ma lo stesso statuto<br />
dell’Istituto) per studiare assieme strategie<br />
comuni. Una sorta di forum delle lobby<br />
principalmente finanziarie che da<br />
vent’anni almeno ha cercato di condizionare<br />
le scelte economiche e politiche non<br />
solo dei governi guidati da Silvio Berluscuni<br />
ma anche quelli guidati dal centro sinistra.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 74<br />
Che Letta sia stato in tutti i governi del<br />
cavaliere il braccio destro del premier<br />
(senza passare mai attraverso la verifica<br />
del voto) racconta quanto questi sia stato<br />
uomo di garanzia per la finanza italiana (e<br />
non solo) e forse di “vigilanza” per tenere<br />
sotto controllo il tornado Silvio. Ed è anche<br />
interessante rilevare come si tenesse in<br />
disparte nelle convulse fasi finali del governo<br />
Pdl/Lega e come cercò in tutti i<br />
modi di tenere bassi i toni nel passaggio di<br />
consegne fra Berlusconi e Monti.<br />
Che Letta oggi sia artefice dei giochetti<br />
di prestigio in Lombardia in favore di<br />
Monti (nonostante il suo presunto “padrone”<br />
tuoni ogni giorno contro il professore)<br />
dimostra quanto e come le lobby che siedono<br />
al tavolo delle riunioni riservate alla<br />
Aspen siano attive in questi tempi.<br />
In questo tipo di scenario Berlusconi assume<br />
più che la caratteristica di un avversario<br />
del centro sinistra quella di un’arma<br />
utilizzata dal potere finanziario per condizionare<br />
le scelte di governo del Pd attraverso,<br />
se il progetto avrà successo,<br />
un’alleanza obbligata di Bersani con Monti<br />
per garantire il sogno di governabilità. E<br />
le alleanze significano precisi punti programmatici<br />
(no alla patrimoniale e no alla<br />
tassazione delle rendite e transazioni finanziarie).<br />
Berlusconi ha pochissime possibilità<br />
di vincere le elezioni, Bersani ne<br />
ha molte di vincerle zoppe, cioè con la<br />
maggioranza assoluta solo alla Camera e<br />
con l’obbligo quindi di trattare con Monti.<br />
Qualcosa si muove nel centrosinistra<br />
Le primarie per la scelta per il premier<br />
prima e per selezionare parte dei candidati<br />
al parlamento poi, hanno innescato, purtroppo<br />
timidamente, un meccanismo di<br />
rinnovamento della classe politica. Purtroppo<br />
il cosiddetti “listini” (che sono diventati<br />
dei listoni per cercare di accontentare<br />
correnti e correntine) hanno condizionato<br />
e non poco sia il Pd che Sel. Inaspettatamente<br />
è il Pd che sembra aver metabolizzato<br />
meglio il meccanismo primarie. In<br />
particolare grazie all’ingresso di moltissime<br />
donne in posizioni “eleggibili” nelle liste<br />
elettorali.
Questa è una novità di non poco conto<br />
che però ha riguardato se non marginalmente<br />
anche la composizione delle liste di<br />
Sel. Alla fine la struttura-partito del Pd<br />
(con tutte le sue difficoltà e contraddizioni)<br />
si è aperta più del partito di Vendola. In<br />
parte favorita anche dall’apparente ritirata<br />
degli eterni duellanti Veltroni e D’Alema.<br />
In parte perché Vendola, che guida un cartello<br />
elettorale più che un partito, tenuto<br />
insieme più dal suo carisma che da un progetto<br />
culturale comune, anche se contraddittorio<br />
come quello del Pd, ha subito di<br />
più le pressioni delle varie anime della sua<br />
organizzazione.<br />
E ancora, Sel non ha trovato una forma<br />
di organizzazione e di rappresentanza interna<br />
delle varie anime e priorità che gli<br />
consentissero di avviarsi in termini ancora<br />
più evidenti del Pd a un processo di apertura<br />
e di rinnovamento del ceto politico.<br />
In ogni caso l’alleanza di centro sinistra<br />
sembra tenere, il programma anche se<br />
“monco” su molti piani ha una sua forma e<br />
un suo chiaro indirizzo. Che reggerà anche<br />
con una maggioranza chiara alla Camera a<br />
fronte di un mancato obiettivo “di sicurezza”<br />
al Senato? La questione è tutta lì. Con<br />
la necessità di aprire al centro montiano<br />
per governare cosa accadrà alla coalizione<br />
nata dal popolo delle primarie?<br />
Il sospetto è che ci sia all’interno del Pd<br />
chi si augura una mancata maggioranza al<br />
Senato per imbarcare il professore. Con<br />
effetti a medio termine pesanti per il centro<br />
sinistra che probabilmente deflagrerebbe<br />
con conseguenze (visto il momento storico<br />
che stiamo attraversando) ben peggiori<br />
di quelle provocate dalla caduta del secondo<br />
governo Prodi nel 2008.<br />
Personale o messianico? Il partito-Grillo<br />
Il comico genovese, nonostante i proclami<br />
e lo tsunami tour (scrivo nel giorno di<br />
partenza della campagna elettorale di<br />
M5S) sta attraversando un momentaccio.<br />
L’abbraccio con Gianroberto Casaleggio<br />
si è fatto troppo stretto, gli ha provocato<br />
un sacco di guai (mezzo movimento in<br />
Emilia espulso, problemi anche in Piemonte<br />
e polemiche a non finire interne ed<br />
esterne sulla democrazia nel M5S). Per il<br />
resto ha fatto il carattere del “messia” (parola<br />
sempre del buon Gianroberto) che<br />
non tollera discussioni, dibattiti e tanto<br />
meno critiche. Si è capito ormai che l’unica<br />
forma di democrazia tollerata da Grillo<br />
è la democrazia “diretta” da lui.<br />
Poi a metterlo in difficoltà c’è anche un<br />
programma elettorale che spesso si contraddice<br />
da se, che guarda poco alla realtà<br />
economica del paese (mica basta urlare<br />
www.isiciliani.it<br />
contro l’euro per essere credibili imitando<br />
o facendosi imitare solo da Berlusconi) e<br />
che non tocca i problemi chiave che<br />
affliggono gli italiani: peso della<br />
tassazione e lavoro. E gli effetti si vedono.<br />
Il M5S sta erodendo il consenso nei sondaggi.<br />
E non di poco. Certo, il fenomeno<br />
M5S rimane lì dove il movimento si è<br />
mosso, a prescindere da Grillo e da Casaleggio,<br />
sul territorio. Ma si sta trasformando<br />
da consenso diffuso di opinione a consenso<br />
esclusivamente fidelizzato. E in termini<br />
percentuali al voto fra una forte spinta<br />
degli elettori “free” e quelli “di movimento”<br />
questa stretta si farà sentire. Anche<br />
perché amici e ex amici caduti in disgrazia<br />
in conseguenze qualche impennata umorale<br />
di troppo del “messia” si sono organizzati.<br />
E andranno a pescare nello stesso bacino<br />
elettorale di Grillo.<br />
Il cartello di Ingroia<br />
Parliamo ovviamente di Antonio Ingroia<br />
e del cartello elettorale che si è raccolto attorno<br />
alla sua candidatura. Un cartello<br />
strano assai, dove la convivenza fra Ferrero,<br />
Diliberto, Bonelli, De Magistris e Di<br />
Pietro e pezzi dell’Antimafia e dei movimenti<br />
sociali sarà sicuramente difficile.<br />
Molto complicata anche se su alcuni punti<br />
sono riusciti a trovare un quadra a prima<br />
vista improbabile.<br />
Non me ne voglia l’ex procuratore aggiunto<br />
di Palermo, ma le prime mosse sue<br />
e della novella formazione politica sono<br />
state non proprio all’altezza delle aspettative<br />
visto il valore della sua candidatura.<br />
Prima l’attacco a Pietro Grasso, l’ex procuratore<br />
nazionale antimafia candidato col<br />
Pd, poi le polemiche sempre verso il Pd<br />
per la mancata risposta da parte di Bersani<br />
alle richieste di contatto, potevano essere<br />
facilmente evitate e comunque hanno rappresentato<br />
una repentina caduta di stile.<br />
Che ben poco ha portato al suo progetto e<br />
molto invece ai suoi detrattori.<br />
Un peccato, perché nonostante il cartello<br />
spurio che si è formato, il tentativo serio di<br />
dare voce a chi spesso voce e rappresentanza<br />
non la ha era ed è una cosa seria e<br />
importante. Ancora più importante dopo la<br />
cancellazione dal Parlamento nel 2008 di<br />
temi e realtà che un peso e un valore ben<br />
più rilevanti della semplice testimonianza<br />
ne hanno.<br />
Probabilmente ha giocato il fattore della<br />
mancata esperienza a inficiare in parte le<br />
prime mosse di Ingroia. Non basta, in questa<br />
fase e sempre, essere un magistrato del<br />
valore dell’ex pm per scendere in politica<br />
e conquistarsi spazi e interlocuzioni con<br />
altri soggetti. Cercando di ignorare, poi, le<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 75<br />
difficoltà di Bersani con Di Pietro da un<br />
lato e di Vendola con Ferrero e Diliberto<br />
dall’altro. La recente storia politica (e in<br />
alcuni casi personale) non è ignorabile e<br />
soprattutto non va sottovalutata.<br />
La malattia italiana<br />
E’ il Paese il grande malato, la politica<br />
di conseguenza. La cultura del berlusconismo<br />
è difficile da cancellare e superare in<br />
così poco tempo. Ha inquinato la società<br />
ben più profondamente di quanto si potesse<br />
immaginare. Non ha solo rappresentato<br />
un pezzo del paese, ha penetrato profondamente<br />
etica, cultura, tenuta sociale, processi<br />
di coesione, percezione della realtà.<br />
Il berlusconismo, che va ben oltre alla figura<br />
di Berlusconi, rappresenta la faccia<br />
maggioritaria anche se occultata dell’Italia.<br />
Di questa Italia che non riesce a scrollarsi<br />
di dosso egoismi e furbizie mutuate<br />
dall’ormai ex unto del signore e che si incupisce<br />
oggi nell’inasprirsi della crisi. E<br />
che vede emergere gli istinti peggiori e i<br />
poteri più occulti.<br />
Che la grande criminalità organizzata<br />
sembri (in particolare in Sicilia) stare lontana<br />
dalla politica non significa che questa<br />
non stia già cercando di individuare chi saranno<br />
i prossimi interlocutori con cui sedersi<br />
al tavolo o ai quali apparentemente<br />
mettersi al servizio per inquinarli e condizionarli<br />
a caccia di guadagno e impunità.<br />
Che l’élite finanziaria, direttamente con<br />
Monti e indirettamente con il ricatto di un<br />
ipotetico default, intenda soffiare sul fuoco<br />
della recessione per continuare a speculare<br />
sui flussi provocati dagli sbalzi borsistici e<br />
dai parametri di indebitamento rende chiaro<br />
chi vuole guadagnare sulle spalle del<br />
paese reale.<br />
Che il paese sia diventato socialmente<br />
egoista, che la già ampia fascia di poveri<br />
dell’ultima stagione berlusconiana sia precipitata<br />
dalla povertà alla miseria e che la<br />
classe media stia repentinamente contraendosi<br />
rende evidente lo stato di ricattabilità<br />
sociale di questo paese. Un paese che<br />
svuota il concetto di sovranità popolare<br />
cedendolo a una presunzione di governabilità.<br />
Dalle politiche sociali a quelle del<br />
contenimento del disagio in gabbie fra<br />
loro impermeabili.<br />
E l’unica via di uscita è che la società e<br />
la politica trovino il coraggio di ricostruire<br />
quelle reti di relazioni e di elaborazione<br />
collettiva che trasformino questa palude di<br />
interessi corporativistici e personali che<br />
hanno attraversato questo ventennio in un<br />
processo di ricostruzione culturale e sociale<br />
per tornare ad essere un paese europeo e<br />
non una tragica barzelletta.
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Politica/ L'agenda Monti<br />
“E io<br />
vi marchionno tutti”<br />
“Tutta l'Italia deve diventare<br />
come Menfi e<br />
Pomigliano”. Un programma<br />
semplice, forse<br />
“tecnico” ma sicuramente<br />
anche politico.<br />
E senza sconti<br />
di Riccardo De Gennaro<br />
Il presidente del consiglio uscente,<br />
Mario Monti, non più un “tecnico” ma<br />
definitivamente uomo politico dopo la<br />
conferenza stampa di fine anno, punta<br />
alla conferma per acclamazione della<br />
sua leadership. L’uomo delle istituzioni<br />
creditizie europee, che è riuscito anche<br />
a “strappare” senza troppi problemi<br />
il Vaticano a Berlusconi, è intenzionato<br />
a proseguire il suo cammino in<br />
politica.<br />
Oltre al sostegno dell’Udc, di Fli e del<br />
“centro” di Montezemolo, è infatti impegnato<br />
a strappare pezzi del Pd da un lato<br />
(vedi Ichino e altri quattro senatori) e del<br />
Pdl dall’altro con il solo richiamo della<br />
sua “agenda”.<br />
La sua campagna elettorale è cominciata<br />
nello stabilimento Fiat di Melfi, davanti<br />
ai vertici della casa automobilistica<br />
e a una platea plaudente fatta di dirigenti,<br />
ma anche di operai non sindacalizzati o<br />
iscritti alla Fim e alla Uil, mentre i delegati<br />
Fiom venivano tenuti fuori per evitare<br />
dissensi al patto d’acciaio Monti-Marchionne.<br />
Quest’ultimo, ora, è il manager di riferimento,<br />
che molto prima di Monti e di<br />
Elsa Fornero aveva sottratto altri diritti ai<br />
lavoratori. L’obiettivo di Monti, d’altronde,<br />
è facilmente sintetizzabile: trasformare<br />
tutti i lavoratori italiani in lavoratori di<br />
Melfi e Pomigliano con iniezioni progressive<br />
di thatcherismo nelle riforme.<br />
L'uomo della provvidenza<br />
È Monti, oggi, l’uomo forte, l’uomo<br />
della provvidenza. La lotta tra Bersani e<br />
Renzi per le primarie è dimenticata. Se<br />
fino a qualche settimana fa lo scenario<br />
più probabile era un governo Bersani con<br />
Monti ministro dell’Economia, ora si è<br />
ribaltato e i nomi si sono scambiati il posto:<br />
Monti nuovamente presidente del<br />
Consiglio con Bersani ministro, magari<br />
con una delega alle liberalizzazioni. Che<br />
Monti possa “ripiegare” sulla carica di<br />
presidente della Repubblica non è da<br />
escludere, ma non è questo il suo obiettivo.<br />
La sua volontà è di continuare a riformare<br />
l’Italia a modo suo, cosa possibile<br />
soltanto nelle vesti di primo ministro, anche<br />
perché è chiarissimo che il “mandato”<br />
della grande finanza e delle banche<br />
europee gli è stato rinnovato.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 76<br />
Visto il predecessore...<br />
Forte del riconoscimento che gli viene<br />
da molte parti per aver recuperato credibilità<br />
all’Italia agli occhi del mondo (lo<br />
sforzo richiesto non era dei più difficili<br />
considerato il predecessore), Monti non<br />
avrebbe problemi se decidesse di diventare<br />
presidente della Repubblica, ma non<br />
ora: “Per me sarebbe conveniente non<br />
fare assolutamente niente, ma è un imperativo<br />
morale tentare di contribuire a<br />
cambiare la cultura del Paese”, ha detto.<br />
Sappiamo benissimo quale cultura<br />
Monti intende modificare e l’impegno<br />
profuso: qui, nel settore del lavoro, della<br />
contrattazione, delle pensioni il suo incarico<br />
l’ha portato “brillantemente” a termine,<br />
ma è in altri ambiti, dove la cultura<br />
del Paese va senza dubbio cambiata, che<br />
purtroppo ha mancato.<br />
Provvedimenti arenati<br />
Tra i provvedimenti che sono rimasti<br />
nei cassetti (di Palazzo Chigi o di qualche<br />
commissione parlamentare) ci sono<br />
quelli che dovevano migliorare la trasparenza<br />
degli atti e dei bilanci pubblici, tagliare<br />
il numero delle province, ridurre<br />
deputati e senatori, accorciare i tempi del<br />
divorzio, riconoscere la cittadinanza ai<br />
figli di immigrati nati in Italia, garantire<br />
la possibilità del testamento biologico,<br />
provvedimenti portati avanti con il massimo<br />
entusiasmo dalla propaganda, ma<br />
che poi – senza voti di fiducia o corsie<br />
preferenziali utilizzati per questioni che<br />
il premier aveva maggiormente a cuore –<br />
si sono arenati. Un caso?
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Sicilia<br />
Dove nulla mai inizia<br />
o finisce del tutto<br />
Movimenti simmetrici<br />
del governo Crocetta<br />
di Giovanni Abbagnato<br />
La percezione che si ha della Sicilia è<br />
di una terra in cui sembra che tutto non<br />
sia mai iniziato perché c’è da sempre e<br />
non sembra possa mai finire, dato che il<br />
preesistente tende a rimodellarsi in forme<br />
che non perdono mai del tutto il loro<br />
profilo originale.<br />
Con tutto il rischio della strumentalità<br />
delle congetture, prendiamo il caso del<br />
Parlamento e del Governo regionale. Si<br />
può oggettivamente dire che nulla sia<br />
cambiato dopo le recenti elezioni, marcate<br />
pesantemente da un assenteismo record?<br />
Di contro, è possibile affermare che è in<br />
atto una trasformazione del sistema politico<br />
e di governo in Sicilia? Ognuno a queste<br />
domande dia le risposte che la sua<br />
esperienza e la sua osservazione gli suggeriscono.<br />
Ma il commento del cronista, forse, non<br />
può che essere impietoso rispetto ad una<br />
politica siciliana che sembra perennemente<br />
e inesorabilmente schiacciata tra il freddo<br />
calcolo - spesso almeno eticamente discutibile<br />
- dei mediatori politici di tutti gli<br />
interessi presenti nella società e l’improvvisazione<br />
un po’ vanesia di chi pensa che<br />
il nuovo si afferma per definizione e non<br />
per pratica rigorosa e competente di scelte<br />
coerenti. Se non si vuole dare la stura al<br />
conformismo di maniera, non si può non<br />
essere molto perplessi sulla gestione delle<br />
origini di questo Esecutivo del Presidente<br />
Crocetta, a prescindere dalle giustificate<br />
diffidenze iniziali su certe alleanze, ufficiali<br />
o ufficiose.<br />
Con il metodo della cronaca, proviamo a<br />
mettere in fila alcuni episodi emblematici<br />
di questa indefinibilità di scelte, francamente<br />
imbarazzanti per come condotte e<br />
motivate, anche pubblicamente.<br />
Ma Battiato è un assessore?<br />
La gestione improvvida, e a tratti tragicomica,<br />
della vicenda dell’Assessorato<br />
“anomalo” per Battiato, ancora irrisolta in<br />
punta di diritto e di regolamenti amministrativi<br />
e surrettiziamente affidata alle<br />
cure istituzionali di un commis della politica<br />
siciliana come il Professor Pitruzzella,<br />
noto per essere uomo per tutte le stagioni.<br />
La doppia scivolata sulle vicende degli<br />
Assessori Valenti e Zichichi, forse relativamente<br />
gravi per gli addebiti etici attribuiti,<br />
ma sicuramente molto mal gestite,<br />
prima che rientrassero in una ricomposizione<br />
che, dati i trascorsi dei due, non può<br />
certo rassicurare circa la vocazione<br />
all’innovazione dei due personaggi.<br />
L’uno - il tecnico - suggerito dalla componente<br />
centrista del governo che vuole<br />
capitalizzare al massimo il suo potere<br />
d’interdizione, l’altro - lo scienziato -<br />
noto, più che per l’elaborazione di leggi di<br />
fisica, per le sue capacità di gestione di<br />
istituzioni scientifiche, fortemente “benedette”<br />
da potenti padrinati politici.<br />
La troppo fresca gioventù, nel senso di<br />
non supportata da adeguato curriculum,<br />
dell’Assessora Scilabra, è probabilmente<br />
segno di attenzione troppo estemporanea e<br />
viziata da procurato coup de scéne, considerata<br />
la grande perizia ed esperienza necessarie<br />
per sradicare e trasformare i con-<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 77<br />
tenuti politici della formazione professionale,<br />
uno dei più gravi bubboni del bilancio<br />
regionale.<br />
A questi fatti strani vanno aggiunti il<br />
rientro tempestivissimo, per non meglio<br />
definite motivazioni personali, di una prima<br />
nomina al fondamentale Assessorato al<br />
bilancio della Dottoressa D’Amelio Basilio<br />
e la designazione dell’Assessore Cartabellotta<br />
che del sistema di potere di Cuffaro<br />
nell’Agricoltura siciliana ne dovrebbe<br />
sapere qualcosa, anche per essere stato<br />
candidato in una lista di “Vasa vasa”.<br />
L’impressione impietosa di chi, sotto diverse<br />
forme e ruoli, segue le cose di<br />
Palazzo d’Orleans è che, a certi imbarazzanti<br />
“ritorni al passato” nelle occasioni<br />
istituzionali, pubbliche e interne al palazzo,<br />
si contrappone un’aria - per certi versi<br />
simpatica - da armata Brancaleone.<br />
Imbarazzanti esternazioni<br />
Ma ovviamente questi giudizi, ancorché<br />
confermati in modo imbarazzante da alcune<br />
esternazioni del Presidente e degli Assessori,<br />
potrebbero essere smentiti<br />
dall’entrata a regime dell’azione di<br />
governo. Intanto, passando all’altro inevitabile<br />
polo del nostro ragionamento sul<br />
governo della Sicilia, nonostante la presenza<br />
neofita e anche un po’ goliardica dei<br />
numerosi grillini, domina all’Assemblea<br />
regionale uno scenario, sicuramente molto<br />
meno naif di quello del governo, ma molto<br />
più inquietante e complesso.<br />
La situazione assai traballante di una<br />
maggioranza praticamente inesistente, da<br />
cercare provvedimento per provvedimento,<br />
rappresenta l’ennesima grande occasione,<br />
che si può cogliere con molte trasversalità,<br />
per fare emergere prepotentemente<br />
quanto ci si affanna a negare in questo<br />
nuovo corso della politica siciliana. Ossia<br />
una paralisi incombente da sbloccare con<br />
la continua soluzione di ricatti, più o meno<br />
discreti.
Sul piano più generale, sempre mettendo<br />
in fila solo alcuni degli argomenti, il rischio<br />
più grave è rappresentato (non necessariamentein<br />
quest'ordine) da un Presidente<br />
della Regione che dimostra di pensare<br />
che la cifra riformatrice antimafiosa<br />
di un Governo possa essere perseguita essenzialmente<br />
sul piano di una nuova immagine<br />
mediatica da contrapporre a quella<br />
dei Governatori siamesi Cuffaro e Lombardo<br />
che, però, da parte loro.<br />
I Beni culturali di Zurigo...<br />
E, non senza qualche fondamento, continuano<br />
a dirsi convinti di essere in qualche<br />
modo parte, discreta fino ad un certo punto,<br />
di questo Governo un Assessore che<br />
continua a cercare un suo centro di gravità<br />
permanente mentre qualcuno, non del tutto<br />
disinteressatamente, sta provando a cucirgli<br />
addosso un improbabile vestito amministrativo;<br />
un altro che pensa di potere governare<br />
la risorsa -insieme straordinaria e<br />
terribile- dei Beni culturali siciliani da Zurigo,<br />
mentre in altre faccende affaccendato<br />
e con metodi ed equilibri da padrinato politico<br />
democristiano; e un’Assessora che<br />
-si capisce chiaramente dalle sue dichiarazioni-<br />
se non è ancora del tutto consapevole<br />
di quello che le è successo, figurarsi se<br />
sa da dove iniziare.<br />
Con questo panorama, da allargare alle<br />
incredibili contraddizioni delle maggioranze<br />
inevitabilmente variabili, e se è vero,<br />
com’è vero, che in politica gli spazi vuoti<br />
prima o poi vengono sempre occupati, il<br />
rischio ancor più forte è che se l’Amministrazione<br />
regionale non la farà il Governo<br />
qualche altro la farà sicuramente. E allora<br />
si dimostrerà ancora una volta che è inesorabilmente<br />
vero che in Sicilia mai nulla<br />
inizia dal nulla e finisce del tutto.<br />
www.isiciliani.it<br />
Poteri<br />
Un manager<br />
di Cosa Nostra<br />
Estradato dalla Thailandia<br />
Vito Roberto Palazzolo,<br />
tesoriere di Riina e<br />
Provenzano. “Potrebbe<br />
chiarire molti misteri<br />
italiani”<br />
di Aaron Pettinari<br />
www.antimafiaduemila.com<br />
La Corte penale di Bangkok il 20 dicembre<br />
ha ordinato l'estradizione del finanziere<br />
italiano Vito Roberto Palazzolo,<br />
considerato il riciclatore di denaro<br />
sporco per la mafia. Condannato nel<br />
2009 per associazione mafiosa a nove anni<br />
con sentenza definitiva, Palazzolo era stato<br />
arrestato lo scorso marzo in Thailandia<br />
mentre si preparava a lasciare il Paese.<br />
L'ambasciata italiana a Bangkok ha condotto<br />
nove lunghi mesi di battaglie diplomatiche,<br />
con il boss che ha tentato il tutto<br />
per tutto, forte della cittadinanza sudafricana<br />
acquisita nei quasi 25 anni anni di latitanza<br />
vissuti alla luce del sole in Sud<br />
Africa.<br />
Protetto dalla falsa identità di Robert<br />
Von Palace Kolbatschenko, dal 1988 viveva<br />
infatti da uomo libero nello Stato africano,<br />
frequentando i salotti buoni dell'alta<br />
finanza e dell'imprenditoria locale. Tra i<br />
suoi business più conosciuti la produzione<br />
di vini, il controllo di sorgenti idriche,<br />
l'imbottigliamento dell'acqua “La Vie”<br />
(venduta alla compagnia aerea di bandiera<br />
“South African Airways”), l'allevamento<br />
di struzzi, lo sfruttamento minerario del<br />
terreno per l’estrazione di pietre preziose<br />
in Angola e la gestione in Namibia di una<br />
esclusiva riserva di caccia frequentata da<br />
facoltosi personaggi locali.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 78<br />
Palazzolo l'imprendibile<br />
Era ricercato sin dagli anni '80, ai tempi<br />
della storica indagine Pizza Connection,<br />
coordinata da Giovanni Falcone. Le autorità<br />
italiane e straniere eseguirono importanti<br />
sequestri di sostanze stupefacenti in<br />
Inghilterra, Canada, Olanda e alla frontiera<br />
italiana con la Svizzera.<br />
Le indagini che seguirono alle operazioni,<br />
condotte anche negli ambienti bancari,<br />
permisero di comprendere che a tirare le<br />
fila dell’illecito traffico vi era un’unica organizzazione<br />
con molteplici ramificazioni,<br />
la quale occupava un circuito operativo e<br />
finanziario che vedeva coinvolti paesi di<br />
tutto il mondo: dalla Thailandia e l'India<br />
(fornitori di eroina e hashish), alla Turchia<br />
e il Libano (fornitori di morfina base),<br />
dall’Italia agli Stati Uniti, al Canada, alla<br />
Gran Bretagna e alla Svizzera. Alla complessa<br />
associazione appartenevano diversi<br />
gruppi di persone che operavano in sinergia<br />
e fra il 1980 e il 1983 trasferirono circa<br />
50 milioni di dollari.<br />
I conti sulla banca svizzera<br />
La loro attività, gestita da Cosa Nostra,<br />
aveva base centrale in Sicilia, dove veniva<br />
raffinata la morfina base proveniente dalla<br />
Turchia e dal Medio Oriente e rientravano<br />
i proventi delle vendite del prodotto finito,<br />
realizzate negli Stati Uniti. Punto di convergenza<br />
era invece la Svizzera, paese in<br />
cui il denaro, attraverso conti bancari, veniva<br />
materialmente incassato e reso disponibile<br />
per altri traffici. Tra i tanti conti correnti<br />
in uso all’organizzazione ce n'era<br />
uno, denominato “Coer Establissement”<br />
della UBS di Ginevra, su cui operava /oltre<br />
ad Alfonso Caruana, a Giuseppe Cuffaro<br />
ed a Pasquale Cuntrera) proprio lui,<br />
Vito Roberto Palazzolo, che partecipava<br />
attivamente sia come intermediario tra fornitori<br />
e boss mafiosi per l’approvvigionamento<br />
della droga, sia come collettore dei<br />
proventi destinati agli appartenenti<br />
all’associazione mafiosa.
Palazzolo contribuì poi, con operazioni<br />
bancarie di ridistribuzione delle somme, al<br />
rifinanziamento di singoli episodi di traffici<br />
che si sono nel tempo susseguiti.<br />
Nel 1984 venne arrestato in Svizzera. La<br />
sua pena cinque anni e mezzo di reclusione<br />
a fronte delle pesantissime condanne<br />
che le autorità italiane e americane distribuirono<br />
a decine di altri imputati.<br />
A pochi mesi dall’inizio della detenzione,<br />
durante la quale venne più volte richiesta<br />
e mai ottenuta la sua estradizione in<br />
Italia, le autorità elvetiche, il 26 dicembre<br />
del 1986, commisero un errore concedendogli<br />
un permesso premio. Palazzolo non<br />
fece più ritorno in carcere rifugiandosi in<br />
Sudafrica con un passaporto falso intestato<br />
al compagno di cella Domenico Stelio<br />
Frapolli.<br />
“Evaso” dalla Svizzera<br />
Il 31 <strong>gennaio</strong> dell’88 venne nuovamente<br />
arrestato nei pressi di Città del Capo e successivamente<br />
estradato in Svizzera; le autorità<br />
elvetiche lo trovarono in possesso di<br />
un passaporto e di una carta d’identità, rilasciati<br />
dallo stato del Ciskei, intestati a<br />
Robert Von Palace Kolbatschenko. Con<br />
questa nuova identità, nel 1994, con<br />
l’avvento al potere dell’African National<br />
Congress e l’inserimento del Ciskey fra gli<br />
stati membri, ottenne il passaporto ufficiale.<br />
Anche questa volta il carcere è solo una<br />
breve parentesi: 18 mesi di ottimi trattamenti,<br />
nonostante la sua precedente evasione,<br />
e poi la liberazione, presumibilmente<br />
per buona condotta, e il rientro definitivo<br />
in Sudafrica.<br />
Dallo Stato africano riuscì a evitare la<br />
prima richiesta di estradizione, emessa il<br />
24 dicembre del 1991, nascondendosi sotto<br />
le ali dell’allora dittatore militare del<br />
Ciskei Oupa Gqozo.<br />
Negli anni a seguire la Dia mise sotto<br />
controllo le utenze telefoniche intestate al<br />
Palazzolo scoprendo, tra l’altro, che questi<br />
era in costante contatto con la sorella Sara.<br />
In particolare emerse che quest’ultima<br />
www.isiciliani.it<br />
svolgeva un ruolo di broker nelle attività<br />
commerciali svolte dai fratelli Vito, Roberto<br />
e Pietro Efisio in Sudafrica.<br />
Nel corso di una telefonata intercettata il<br />
22 marzo del 1996, Palazzolo chiese alla<br />
sorella di prendere contatto con tale Abbate,<br />
medico di Cinisi, perché costui avvertisse<br />
Giuseppe Bonomo della necessità di<br />
contattare suo padre Giovanni, latitante,<br />
ospite del Kolbatschenko in Sudafrica. Il<br />
contatto tra i due avvenne quello stesso<br />
giorno.<br />
Due mesi dopo, nell’ambito di un’operazione<br />
di polizia nel territorio di Partinico,<br />
sfuggirono alla cattura due personaggi<br />
strettamente legati al boss Giovanni Brusca.<br />
Uno di questi è proprio Giovanni Bonomo,<br />
l’altro è Giuseppe Gelardi. Entrambi<br />
rifugiati nel paradiso sudafricano del<br />
Palazzolo.<br />
Il 30 maggio, con una ulteriore telefonata,<br />
Giacomo Gelardi comunicava a suo<br />
fratello di “non chiamare più per nessun<br />
motivo, in quanto sono successe male<br />
cose… bruttissime…”. Il riferimento era<br />
non solo all’operazione condotta dal Ros,<br />
ma soprattutto alla conferma che Bonomo<br />
e Gelardi si trovavano in Sudafrica.<br />
Il contatto in Sudafrica<br />
Il 19 febbraio 1997 il giudice per le indagini<br />
preliminari di Palermo emise<br />
un’ulteriore ordinanza di custodia<br />
cautelare nei confronti del boss di Terrasini.<br />
L’accusa, stavolta, è di associazione<br />
mafiosa, ”per avere, in concorso con numerosi<br />
altri associati, tra i quali Riina Salvatore,<br />
Bonomo Giovanni e Gelardi Giuseppe”,<br />
commesso reati “finalizzati al<br />
traffico di sostanze stupefacenti e di<br />
T.L.E., nonché di armi e valuta” e “per<br />
avere inoltre favorito la latitanza, anche in<br />
territorio straniero, di associati mafiosi”.<br />
Le indagini che hanno portato alla richiesta<br />
di arresto, specificavano i giudici,<br />
riguardano fatti commessi successivamente<br />
al 29 marzo 1992 e nascono<br />
nell’ambito di un complesso procedimento<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 79<br />
“Cerniera<br />
fra mondo<br />
imprenditoriale<br />
e associazione<br />
criminale”<br />
riguardante il riciclaggio internazionale di<br />
pietre preziose e l’insediamento in Sudafrica<br />
di soggetti di origine siciliana legati a<br />
Cosa Nostra.<br />
Nel giugno del 1998 arrivò l’ennesima<br />
richiesta di estradizione, ma ancora una<br />
volta venne bocciata. Persino Mandela,<br />
messo sotto pressione da autorità italiane,<br />
americane e stampa si vide costretto ad intervenire<br />
ordinando agli Scorpioni, l’élite<br />
dei corpi speciali del Sudafrica che raggruppa<br />
pubblici ministeri, poliziotti e<br />
agenti segreti, di indagare su Robert Von<br />
Palace Kolbatschenko. Niente da fare: in<br />
tribunale emerse a suo riguardo l'immagine<br />
di un uomo rispettabile come le sue<br />
amicizie.<br />
“Cerca Dell'Utri”<br />
Nel 2003, l'intercettazione di una serie<br />
di telefonate, sempre con la sorella Sara,<br />
avevano rivelato un suo tentativo di “aggiustamento”<br />
del processo in corso contro<br />
di lui, per il quale il boss aveva detto alla<br />
sorella di cercare il senatore Marcello<br />
Dell'Utri, specificando: “Non devi convertirlo,<br />
è già convertito”.<br />
Come lo aveva definito in passato la<br />
Procura di Palermo, Vito Roberto<br />
Palazzolo è sicuramente “una delle più importanti<br />
e oscure figure dell'associazione<br />
Cosa Nostra”, inserito “da oltre vent'anni<br />
nelle dinamiche associative mafiose, con<br />
funzioni rilevanti di cerniera tra il mondo<br />
imprenditoriale internazionale e l'associazione<br />
criminale, con lo scopo precipuo di<br />
consentire a Cosa Nostra la gestione e il<br />
reimpiego dei capitali assunti illecitamente”.<br />
Un profilo che risalta ancora di più<br />
l'importanza dell'arresto.<br />
In manette grazie a Facebook<br />
L'operazione che nello scorso marzo ha<br />
portato al fermo del boss finanziere<br />
all'aeroporto di Bangkok, è avvenuta in<br />
maniera fulminea per violazione delle leggi<br />
thailandesi sull'immigrazione.
“Questo non è<br />
un pentimento.<br />
E' un accordo<br />
alla luce<br />
del sole”<br />
La Procura di Palermo e l’Interpol erano<br />
sulle sue tracce ormai da due mesi, quando<br />
lo avevano individuato ad Hong Kong,<br />
prima che si spostasse improvvisamente in<br />
Thailandia. Per arrivare a lui avevano eseguito<br />
una serie di attività investigative,<br />
coordinate dalla locale Dda e sviluppatesi<br />
attraverso intercettazioni telematiche e acquisizione<br />
di notizie da fonti confidenziali.<br />
In particolare il Nucleo Investigativo, in<br />
collaborazione con il Ros, aveva seguito i<br />
profili Facebook e di altri social network<br />
riferibili al latitante e al nucleo familiare.<br />
Da Hong Kong alla Thailandia<br />
Ed ora gli sforzi compiuti potrebbero<br />
davvero essere ripagati con la notizia<br />
dell'estradizione. A risultare decisivo sarebbe<br />
stato il ruolo della Farnesina che, in<br />
collaborazione con l'Ambasciata, è riuscita<br />
a far pesare il mandato di cattura internazionale<br />
emesso dall'autorità giudiziaria italiana<br />
ai sensi dell'articolo 416-bis del Codice<br />
penale (associazione a delinquere di<br />
stampo mafioso). Infatti lo scorso 20 aprile<br />
le autorità thailandesi hanno disposto<br />
l'arresto a fini di estradizione di Palazzolo,<br />
accogliendo la richiesta italiana e il 9 luglio<br />
si è svolta a Bangkok la prima udienza<br />
del processo di estradizione.<br />
In quella data l'Ambasciata italiana ha<br />
trasmesso alle autorità thailandesi la richiesta<br />
di rogatoria della Procura della Repubblica<br />
di Palermo, volta ad ottenere<br />
l'interrogatorio a Bangkok di Palazzolo da<br />
parte dei pm Ingroia e Paci. Un'istanza accolta<br />
lo scorso 10 ottobre da parte del ministero<br />
thailandese.<br />
Un verbale di Brusca<br />
Adesso, dopo anni di richieste andate a<br />
vuoto, potremmo essere davvero ad una<br />
svolta anche perché il fascicolo su Palazzolo,<br />
nel frattempo, si era arricchito di<br />
nuovi elementi. Tra le carte presentate<br />
dall'ex procuratore aggiunto di Palermo,<br />
Antonio Ingroia, e dal sostituto, Gaetano<br />
www.isiciliani.it<br />
Paci, alle autorità di Bangkok, vi era anche<br />
un verbale del pentito Giovanni Brusca,<br />
reso nel 2010, che chiama in causa<br />
Palazzolo come il fornitore di droga e<br />
dell’esplosivo di tipo Semptex (provenienti<br />
entrambi proprio dalla Thailandia).<br />
Il Semptex della strage<br />
“Quest’ultimo è lo stesso utilizzato -sostiene<br />
il gip di Napoli Alessandro Modestino<br />
nell’ordinanza di custodia sui mandanti<br />
e gli esecutori della strage del rapido<br />
904 del 23 dicembre 1984- anche per la<br />
strage di via D’Amelio”. Questo verbale è<br />
stato acquisito anche dalla Procura di Caltanissetta,<br />
che indaga sulle stragi di Capaci<br />
e via D’Amelio.<br />
“Nel 1986 -racconta Brusca durante una<br />
delle udienze del maxi-processo- io ero libero,<br />
Pippo Calò e Antonino Rotolo, che<br />
invece erano detenuti, mi chiesero di far<br />
sparire del materiale esplosivo che faceva<br />
parte di un arsenale che avevamo occultato<br />
a San Giuseppe Jato, e che aveva la medesima<br />
provenienza del materiale e della<br />
droga che erano stati rinvenuti nel casale<br />
vicino Roma, ove, nel 1985, era stato scoperto,<br />
dietro una parete , quell'esplosivo<br />
che era nella disponibilità del Calò e che<br />
venne poi ricollegato alla strage del Rapido<br />
904”.<br />
Prosegue il pentito: “Tale materiale -e<br />
anche la droga- proveniva tutto dalla Thailandia,<br />
tramite il medesimo canale, ovvero<br />
Vito Roberto Palazzolo, attualmente latitante<br />
forse in Sudafrica”.<br />
Ma il nome di Palazzolo emerge anche<br />
tra i partecipanti a una riunione con una<br />
delegazione italiana in Angola e compare<br />
nell’inchiesta sugli affari di Finmeccanica<br />
e Agusta condotta dalla Procura di Napoli.<br />
Le accuse sono sempre state smentite<br />
dal prestanome dei boss. In un'intervista<br />
del 2010, rilasciata al quotidiano La Stampa,<br />
Palazzolo aveva dichiarato di essere un<br />
perseguitato, negando di conoscere i capimafia<br />
Riina e Provenzano. Tuttavia non<br />
negava di aver conosciuto i latitanti Gio-<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 80<br />
vanni Bonomo e Giuseppe Gelardi e, rispondendo<br />
alle domande, interveniva anche<br />
sul tema delle stragi.<br />
“È impossibile che i mafiosi abbiano<br />
fatto tutto da soli - sosteneva - Come potevano<br />
sapere gli spostamenti di un magistrato<br />
che viaggiava con voli privati di<br />
Stato? E poi che interesse avevano a colpire<br />
Falcone, quando ormai si era trasferito a<br />
Roma?”. Sull'ipotesi di una trattativa tra<br />
Stato e mafia aggiunse: “solo i capi del<br />
Ros lo sanno”: rivelazioni che il boss potrebbe<br />
tornare a fare di fronte ai pm.<br />
“Solo i capi del Ros lo sanno”<br />
Lo scorso giugno il suo legale, Baldassare<br />
Lauria, si era detto disposto a non opporsi<br />
all'estradizione “a condizione che<br />
venga celebrato un nuovo processo. Palazzolo<br />
è stato condannato in contumacia, nel<br />
2007, a 9 anni di reclusione per mafia, in<br />
violazione dei diritti della difesa”. Ma aveva<br />
aggiunto: “Vito Roberto Palazzolo potrebbe<br />
chiarire molti irrisolti misteri italiani”.<br />
E a quanto pare con l'estradizione sarebbero<br />
state portate avanti le premesse<br />
per una possibile collaborazione con la<br />
giustizia. Raggiunto da alcuni quotidiani,<br />
il legale di Palazzolo avrebbe infatti confermato:<br />
“Questo non è un pentimento ma<br />
un accordo alla luce del sole”.<br />
“Per potermi difendere dall’accusa di<br />
essere un mafioso devo raccontare chi<br />
sono e cosa ho fatto nella mia vita di finanziere”,<br />
avrebbe detto il finanziere ai<br />
pm che l'hanno raggiunto in Thailandia nei<br />
mesi scorsi. Entro venti giorni è previsto<br />
l’arrivo in Italia, con destinazione top secret<br />
così come segreti restano i nomi che<br />
Palazzolo avrebbe citato nel corso dei suoi<br />
colloqui con i magistrati.<br />
Quel che è certo è che la sua collaborazione<br />
potrebbe aprire scenari inediti e di<br />
grande rilevanza investigativa, in particolare<br />
sui metodi del riciclaggio internazionale.<br />
E in tanti, forse, iniziano già ora a tremare.
www.isiciliani.it<br />
Ragusa<br />
Noi l'abbiamo<br />
ricordato così<br />
Un torneo di calcio - il<br />
"Memorial Giuseppe<br />
Fava" - per ricordare<br />
un uomo. E per parlare<br />
fra di come continuare<br />
la sua lotta<br />
di Giulio Pitroso<br />
www.generazionezero.org.<br />
4 <strong>gennaio</strong> 2012. Davanti all’ingresso<br />
del City di Ragusa, ci sono una manciata<br />
di ragazzi, distribuiti qua e là<br />
sull’architettura futuristica del complesso,<br />
a quattro passi dalle porte della<br />
villa Margherita. Aspettano il momento<br />
della premiazione, in una puntualità disarmante,<br />
più o meno alle quattro del<br />
pomeriggio.<br />
Hanno partecipato al torneo Coppa Natale-Memorial<br />
Pippo Fava, che ha coinvolto<br />
12 squadre di calcio a cinque; gli incontri<br />
si sono disputati interamente presso<br />
un complesso sportivo privato durante il<br />
periodo natalizio.<br />
Gli organizzatori intrattengono questi<br />
<strong>giovani</strong>, perlopiù premiati o amici degli<br />
stessi. Ciccio è un anello di un piccolo<br />
cerchio di persone sullo spiazzo; è un ragazzo<br />
trentenne con i capelli un po’ lunghi<br />
e l’aria serena, che tutti conoscono in città<br />
per i tornei calcistici che mette in piedi<br />
con la società sportiva “Golden Boys”. Simone<br />
Lo Presti, Generazione Zero, è più<br />
in là, sulle scale, con un altro gruppetto:<br />
insieme a Ciccio, ha costruito il torneo e<br />
anche scelto alcuni premiati.<br />
Seduto ad uno dei tavoli, c’è Paolo Caligiore,<br />
presidente dell’Associazione Antircacket<br />
di Palazzolo, quella intitolata a<br />
Pippo Fava nella città che gli ha dato i natali;<br />
coordina anche le altre Associazioni<br />
Antiracket della provincia di Siracusa.<br />
Si è prestato gentilmente come relatore,<br />
insieme a Giorgio Abate di Libera. Giorgio<br />
è il referente provinciale dell’organizzazione<br />
a Ragusa e, se si cerca bene, si<br />
può trovare la sua firma in diversi numeri<br />
de Il Clandestino di Modica.<br />
Il City è un locale pubblico realizzato<br />
nell’ambito della riqualificazione<br />
dell’area villa Margherita-via Natanelli<br />
dall’amministrazione Dipasquale e concesso<br />
nel 2008 alla Medisol srl e, nel<br />
2012, per avvenuta scissione parziale,<br />
passata alla Ciana srl. Lo stesso Dipasquale<br />
ha avuto modo di indicarlo come<br />
un luogo di aggregazione <strong>giovani</strong>le. Per<br />
via di questa sua peculiare e doppia natura,<br />
è possibile, in un territorio in cui la<br />
mancanza di spazi sociali è stata più volte<br />
denunciata, che le associazioni possano<br />
usufruire dei locali gratuitamente per attività<br />
non a scopo di lucro.<br />
Il che lascia tutti i margini alla critica:<br />
un luogo pubblico deve essere comunque<br />
un luogo di consumo, dove sia sempre<br />
l’acquisto a farla da padrone o a circondare<br />
gli aspetti della condivisione delle<br />
idee? D’altro canto, questa sua peculiarità<br />
permette al City di contribuire all’animazione<br />
economica della vita cittadina e a<br />
creare un’area di condivisione tra chi intende<br />
aprire spazi di confronto e chi vuole<br />
bere una birra nel mercoledì di coppa.<br />
Giù, nel piano sotterraneo del locale, è<br />
stata allestita la sala, con i trofei in bella<br />
vista. I relatori preferiscono non sedersi<br />
dietro il tavolo preparato per loro e affrontano<br />
in piedi un pubblico di circa venti ragazzi.<br />
Sono liceali, universitari, lavoratori,<br />
nati perlopiù dopo il crollo del muro di<br />
Berlino.<br />
Si discute di mafia e di lavoro<br />
Giorgio interviene per primo. Il problema<br />
mafioso è strettamente connesso al lavoro<br />
e alla sua mancanza e «Il problema è<br />
anche stato nostro, dei nostri genitori, dei<br />
nostri nonni» che non hanno avuto il coraggio<br />
di denunciare. Pippo Fava rappresenta,<br />
dato questo contesto, un esempio di<br />
rara coerenza. Chi avrebbe il coraggio<br />
oggi di fare quello che lui ha fatto?<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 81<br />
«Come popolo Siciliano, siamo abituati<br />
ad essere schiavi» dice Giorgio con tono<br />
pacato. In Libera dei ragazzi si incontrano<br />
per parlare anche e non solo di mafia,<br />
spiega. Non tutti siamo eroi, chiarisce<br />
Giorgio: «Non so se ho il coraggio di mettere<br />
a disposizione la mia vita per questi<br />
ideali» chiarisce - anche se suona più<br />
come una battuta per non spaventare<br />
l’uditorio.<br />
Paolo Caligiore parte da Palazzolo nella<br />
sua esposizione: da piccola isola felice divenne<br />
un luogo dove far pagare il pizzo.<br />
Ne pagò personalmente il prezzo con il<br />
suo supermercato, perché si ribellò. Alla<br />
fine, la scelta della denuncia non è rimasta<br />
isolata. Adesso ci sono dodici associazioni<br />
che fanno antiracket nel siracusano.<br />
Poi i premi e le foto di rito<br />
E c’è un nesso tra l’operato di Paolo e<br />
lo sport: «Legale significa rispettare», anche<br />
nel calcio. Inoltre, il pizzo alza i prezzi<br />
e crea svantaggi a tutta l’economia:«Io<br />
ho due figli in età di lavoro che sono disoccupati».<br />
Del resto, «Non è semplice<br />
stare dalla parte della legalità», ma, quando<br />
paghi il pizzo «Già stai vendendo la<br />
tua anima, la tua dignità».<br />
Anche se un po’ lunghi, i discorsi hanno<br />
creato un certo interesse o almeno così<br />
sembra: aleggia a margine della schiera di<br />
sedie e sui visi di tutti una pacata soddisfazione.<br />
Ma bisogna pur arrivare al dunque: Ciccio<br />
passa alla consegna dei premi e alle<br />
foto di rito. Prima classificata è la Nigga<br />
Team, seconda Aston Vigna, terza Savini,<br />
quarta Golden Boys. Premi individuali:<br />
Miglior Giocatore Marco Mandarà (Nigga<br />
Team), Miglior Difensore Angelo Cavalieri<br />
(Aston Vigna), Miglior Portiere Nicola<br />
Lupu (Savini), Capocannoniere Giovanni<br />
Bellio (Golden Boys). Applausi e<br />
generale allegria, flash e sorrisi.
Società civile<br />
La primavera<br />
di Messina<br />
Abbandonato in vista<br />
della speculazione: il<br />
destino, da anni, del<br />
Teatro Fiera. Finché un<br />
bel giorno una folla di<br />
ragazzi l'ha occupato, e<br />
ne ha fatto il nuovo<br />
cuore della città<br />
di Irene Romeo<br />
A fine novembre apprendemmo che<br />
Forza Nuova intendeva sfilare per le<br />
strade di Messina. Si decise di indire un<br />
corteo antifascista, consapevoli del rischio<br />
che comportava. Ma decidemmo<br />
di farlo comunque. Perchè il fascismo<br />
non è solo un fatto storico ma un rischio<br />
permanente in cui qualunque<br />
paese può incorrere, maggiormente in<br />
periodi di crisi come quello che stiamo<br />
attraversando.<br />
Così il 15 dicembre 2012 ci siamo ripresi<br />
le strade. Decidemmo di dare un segnale<br />
forte: contro l'ignoranza fascista, riprendiamoci<br />
la cultura. Attivisti,<br />
lavoratori precari e intermittenti, artisti e<br />
studenti, donne e uomini che sceglievano<br />
di non subordinarsi al sistema dei più forti<br />
contro i più deboli, tutti insieme decidemmo<br />
di restituire alla città uno spazio da<br />
tempo sequestrato dall'incompetenza e<br />
dall'incuria delle istituzioni.<br />
www.isiciliani.it<br />
Il Teatro in Fiera, da quel giorno,<br />
rappresenta il luogo in cui è possibile<br />
abitare questa crisi (non solo economica<br />
e finanziaria ma di vita individuale<br />
e collettiva) provando a tenersi,<br />
a stare insieme, a riscoprire un<br />
“senso” mentre tutti intorno sembrano<br />
averlo smarrito.<br />
Il “senso” per noi è risieduto, dal 15 dicembre<br />
in poi, nella gratuità del dono, nel<br />
recupero del patrimonio culturale e artistico<br />
della nostra città. Risiede nella forza<br />
che ci ha permesso di non terrorizzarci<br />
quando, appena saliti sul palco, il nostro<br />
sguardo si è affacciato sulle macerie della<br />
platea: un cratere senza fondo nel quale<br />
non abbiamo voluto sprofondare ma che<br />
abbiamo deciso di esporre agli avventori<br />
di questo luogo.<br />
Abbiamo provato ad aprire una “finestra<br />
sulla realtà”. E da quel momento le<br />
nostre ragioni acquisivano autoevidenza,<br />
splendevano sullo sfondo di una catastrofe.<br />
"L'arte rinata", dice l'istallazione che a<br />
lettere cubitali separa oggi il palco dalla<br />
realtà.<br />
Non più spettatori ma attori<br />
Visto che la platea era inagibile abbiamo<br />
deciso di prenderci il palco. Non più<br />
spettatori delle nostre vite ma tutti attori<br />
protagonisti.<br />
Dal 15 dicembre, a Messina, sembra<br />
iniziata una fase nuova. Si sono intrecciate<br />
esperienze, storie, vite personali.<br />
Da quel giorno s'è capito che la strada<br />
da percorrere era quella rivitalizzare la<br />
cultura, decretandola come non-neutrale,<br />
motore di trasformazione della storia mediante<br />
le lotte. Una cultura che scende sul<br />
terreno di battaglia, che comprende che<br />
non c'è liberazione individuale ma solo<br />
collettiva; che esonda dalle mura accademiche<br />
e si fa della società, del cambiamento.<br />
Il Teatro in Fiera, ribattezzato<br />
“Pinelli”da noi occupanti, era stato costruito<br />
nel cuore di una città sventrata da<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 82<br />
anni e anni di politiche privatistiche. Noi<br />
abbiamo scelto di riportare alla luce<br />
quelle esperienze che rappresentano un<br />
baluardo di resistenza: ci siamo connessi<br />
con le vertenze dei lavoratori in<br />
lotta,cercando di affiancare alla<br />
ricostruzione fisica di un teatro la<br />
ricostruzione di una trama di brandelli di<br />
società; elaborando di politiche dal basso,<br />
riprendendoci e gestendo insieme spazi<br />
fin qui negati.<br />
Debbono diventare beni comuni<br />
Questi spazi debbono diventare beni comuni,<br />
luoghi attraversabili da tutte e tutti,<br />
luoghi aperti al confronto; non solo il teatro<br />
ma l'intera cittadella fieristica non possono<br />
più essere concepiti come oggetto di<br />
meccanismi speculativi nell'interesse di<br />
pochi privati.<br />
E' una battaglia aperta, che da qualche<br />
giorno vede l'ex Irrera a mare – un altro<br />
spazio ri-aperto e restituito – minacciato<br />
di sgombero. Il volto ambiguo che le autorità<br />
avevano assunto in questo mese<br />
riacquista la sua più propria attitudine repressiva.<br />
Ma questo non ci spaventa.<br />
Sentiamo che s'è iniziato a costruire un<br />
percorso comune, che nasce da un territorio<br />
preciso ma tiene uno sguardo cosmopolita<br />
sul mondo. Sento già forte – e lo<br />
leggo anche nei volti delle mie compagne<br />
e dei miei compagni – il senso di appartenenza<br />
ad una comunità larga, che vuole la<br />
liberazione degli spazi ma che non dipende<br />
da essa, che ha deciso di tenersi e di<br />
lottare insieme.<br />
"Possono tentare di recidere tutti i fiori -<br />
direbbe Brecht - ma non possono fermare<br />
la primavera".
www.isiciliani.it<br />
Memoria<br />
Belice 45 anni dopo<br />
Quasi mezzo secolo è<br />
passato. Che ne oggi è<br />
di quei paesi, sconosciuti<br />
all’alba del rivoluzionario<br />
’68, che vennero<br />
rasi al suolo?<br />
di Francesco Appari<br />
e Giacomo Di Girolamo<br />
www.marsala.it<br />
Un minuto interminabile, nella notte<br />
tra il 14 e il 15 <strong>gennaio</strong> 1968, per cancellare<br />
dalle cartine geografiche piccoli<br />
centri come Vita, Santa Ninfa, Poggioreale,<br />
Salaparuta, Calatafimi. Gibellina<br />
e Salemi. Montevago e Santa Margherita.<br />
370 vittime fece quel sisma, 1000 feriti,<br />
90.000 sfollati. E cosa ne è della ricostruzione<br />
del Belìce?<br />
Paesi poveri in cui vigeva ancora quel<br />
sistema primitivo fatto di feudi, casupole e<br />
coppole. Gente semplice, umile, che vedeva<br />
per la prima volta le telecamere. I giornalisti<br />
arrivavano in questo pezzetto di Sicilia<br />
occidentale, e storpiavano il nome al<br />
microfono: “Bèlice”. Raccoglievano le testimonianze<br />
di chi aveva perso tutto, pur<br />
non avendo niente. I salemitani, ad esempio,<br />
raccontano con amarezza quel lunedì<br />
di 45 anni fa. Il giorno prima, la domenica,<br />
le famiglie religiosamente a tavola, che<br />
vedono oscillare i lumicini appesi al soffitto.<br />
E le prime scosse di assestamento sottovalutate.<br />
Poi il boato, nella notte.<br />
E ancora più amare furono le domeniche<br />
degli anni seguenti. Prima la tendopoli, in<br />
una piana fuori città. Poi le baraccopoli.<br />
Anni e anni, nelle baracche, aspettando i<br />
soldi per la ricostruzione delle case andate<br />
distrutte. I primi soldi erano per le opere<br />
pubbliche. Arrivarono subito, ma non tutti.<br />
E quando si aprirono i rubinetti per la ricostruzione<br />
delle case private, la speculazione<br />
di palazzinari improvvisati fu incredibile.<br />
Con centinaia di famiglie truffate.<br />
Paesi distrutti, dicevamo. In tutti i sensi.<br />
Prendiamo Gibellina ad esempio. Rasa al<br />
suolo. È stata ricostruita da un’altra parte.<br />
Doveva essere un museo a cielo aperto,<br />
fatta dall’ingegno dei migliori artisti mondiali<br />
del tempo. Poi è stata praticamente<br />
abbandonata. Oggi la nuova Gibellina è<br />
deserta, la gente non ha fiducia. Ci ha fatto<br />
il callo. Passando per la piazza di Vita, o<br />
Salemi, la stessa Gibellina, non incontri un<br />
ventenne nemmeno a pagarlo. Il prima<br />
possibile i <strong>giovani</strong> scappano. A Salemi, la<br />
città dei cugini Salvo, gli esattori della<br />
mafia, la città di Vittorio Sgarbi, quello<br />
che urlava che la mafia non c’era a Salemi<br />
mentre il comune veniva sciolto per inquinamento<br />
mafioso.<br />
Irpinia, Umbria, Marche, Abruzzo...<br />
Qui, il più grande centro del Belice colpito<br />
dal terremoto, sono ancora presenti i<br />
segni del sisma. Case crollate e abbandonate.<br />
Peggio ancora a Poggioreale, dove<br />
sono emblematiche le parti del paese fantasma.<br />
Eppure, a 45 anni dal sisma, si parla<br />
ancora di ricostruzione. Una ricostruzione<br />
infinita. Perché sono state tante le promesse<br />
fatte e non mantenute in questi<br />
anni. “La burocrazia uccide più del terremoto”,<br />
scrisse Danilo Dolci che aveva anche<br />
messo su la prima radio libera italiana<br />
nelle ore successive al sisma. Gliela fecero<br />
chiudere dopo un giorno.<br />
Tantissimi gli sprechi. Le ruberie e le<br />
magagne durante il post terremoto del Belice,<br />
se vogliamo, sono state da antipasto a<br />
quelle delle altre calamità naturali avvenute<br />
negli anni successivi: Irpinia, Umbria e<br />
Marche, Abruzzo...<br />
Servono ancora 390 milioni di euro per<br />
la ricostruzione del Belice. 390 milioni.<br />
Eppure poco prima di Natale sono stati<br />
stanziati altri soldi, ancora, per la ricostruzione<br />
all’interno della legge di stabilità: 45<br />
milioni di euro. Si aspetta il decreto del<br />
Ministero delle Infrastrutture che stabilisca<br />
la ripartizione tra i 14 paesi della valle.<br />
Per trovare questi soldi è stato necessario<br />
tagliare il Fondo per lo Sviluppo e la Coesione.<br />
Per non parlare dell’accisa di 10 lire<br />
sul prezzo della benzina, ancora in vigore,<br />
applicata per reperire fondi nell’immediatezza<br />
della tragedia.<br />
Ma quanto è costata l’eterna ricostruzione<br />
nella valle del Belice? I conti, dal 1968,<br />
si fermano al 1995. E fanno accapponare<br />
la pelle. Lo stato ha stanziato infatti 2.272<br />
miliardi di vecchie lire. Ma la spesa autorizzata<br />
era ancora più alta. 3.100 miliardi<br />
di lire. La differenza, appunto, porta a quei<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. XX<br />
390 milioni di euro che adesso i sindaci<br />
della Valle del Belice chiedono.<br />
È un’eterna ricostruzione, ma 45 anni<br />
dopo di sviluppo nemmeno l’ombra. Eppure<br />
questa valle, che incantevole e violenta<br />
fu via preferenziale degli antichi greci,<br />
oggi è minacciata dalle trivelle. La società<br />
Enel Longanesi Developments srl,<br />
costola del gruppo Enel Trade spa, da tempo<br />
ha messo gli occhi sul Belice, presentando<br />
alla Regione Siciliana un permesso<br />
di ricerca di idrocarburi, petrolio e gas naturale.<br />
Il 10 ottobre scorso, l’Ufficio regionale<br />
per gli idrocarburi e la geotermia (secondo<br />
quanto reso pubblico dall’associazione<br />
L’Altra Sciacca, organica al comitato<br />
No trivelle nella Valle del Belice) avrebbe<br />
dato il primo via libera alla ricerca.<br />
Si aspetta ancora la ricostruzione<br />
Il permesso, inquadrato sotto il nome di<br />
“Masseria Frisella”, consentirebbe alla<br />
Enel Longanesi di perforare in un’area notoriamente<br />
ad alto rischio sismico di ben<br />
680 chilometri quadrati, che comprende<br />
parchi, bacini idrici, strutture zootecniche<br />
e zone strategicamente importanti dal punto<br />
di vista paesaggistico e culturale. La richiesta<br />
di perforazione prevede la realizzazione<br />
di un pozzo esplorativo profondo dai<br />
2.000 ai 3.500 metri entro 42 mesi dalla<br />
concessione del permesso.<br />
Niente trivelle. Allora è meglio l’energia<br />
pulita nel Belìce. Non proprio, perché negli<br />
anni le colline che circondano la valle<br />
sono state violentate da parchi eolici costruiti<br />
da imprese e soggetti a braccetto<br />
con la criminalità organizzata. Ancora una<br />
volta razziando il denaro pubblico: quello<br />
dell’Unione europea per l’esattezza. Tutte<br />
ferme le pale, nessuna in funzione. Non<br />
producono un Watt di energia. Non producono<br />
sviluppo. Mentre si aspetta ancora la<br />
ricostruzione.
I <strong>Siciliani</strong>gio an <strong>giovani</strong> an – pag. a . 84<br />
www.isiciliani.it<br />
IL FOGLIO DEI SICILIANI GIOVANI è già in distribuzione a Palermo, Catania,<br />
Roma,Napoli, Bologna e Milano. LA RIVISTA lo sarà (se tutto va bene, e<br />
cioè se i soldi raccolti basteranno...) da febbraio. Sostenete i <strong>Siciliani</strong>!<br />
“A che serve essere vivi,<br />
se non c’è<br />
il coraggio di lottare?”<br />
Giuseppe Fava<br />
1 euro<br />
ncora questo non è<br />
i <strong>Siciliani</strong>, ma<br />
solo un foglio<br />
in cui si parla<br />
di loro. I<br />
<strong>Siciliani</strong><br />
<strong>giovani</strong><br />
è in rete da<br />
un anno, è<br />
presente in una decina di<br />
città con una rete di <strong>giovani</strong><br />
giornalisti che ha pochi eguali<br />
in Italia.<br />
E allora, come mai non siamo<br />
ancora in edicola? Semplice: i<br />
soldi. La sottoscrizione è<br />
riuscita bene fra i lettori<br />
poveri, ma non fra gli amici<br />
più titolati: la maggior parte<br />
dei quali ci colma generosa-<br />
mente di auguri e lodi, che<br />
però tipografi e cartiere<br />
tendono a non accettare.<br />
* * *<br />
Dopo un anno di buon<br />
lavoro, sul livello professio-<br />
nale dei <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> c’è<br />
poco - crediamo - da eccepire.<br />
In Lombardia come in Sicilia i<br />
nostri redattori fanno il loro<br />
dovere, scrivono, fanno<br />
inchieste, subiscono avvertimenti<br />
e querele. Vecchi<br />
colleghi e giornalisti nuovi<br />
lavorano tranquillamente a<br />
questo prodotto collettivo, che<br />
ha il suo baricentro (<strong>2013</strong>!)<br />
nella rete ma che ha bisogno<br />
anche dell’edicola come fatto<br />
simbolico e di “ritorno in<br />
campo” pieno e totale.<br />
Perciò abbiamo poco da<br />
aggiungere. Sostenete i<br />
<strong>Siciliani</strong>, in quest’ennesima<br />
incarnazione della sua lunga<br />
storia. E’ un giornale di<br />
<strong>giovani</strong>, è un giornale di<br />
profondissime radici. Ne ha<br />
bisogno la Sicilia, ne ha bisogno<br />
il Paese. Non tradite con<br />
la vostra indifferenza coloro<br />
che stanno<br />
lottando<br />
anche per<br />
voi.<br />
Facciamocil’Europa<br />
L’Italia ormai è<br />
troppo piccola per<br />
risolvere da sola i suoi<br />
problemi: Cina, India,<br />
Giappone, Russia, l’America<br />
che raddoppia...<br />
Va bene, ma non abbiamo<br />
l’Europa per questo?<br />
Eh no che non ce l’abbiamo.<br />
L’Europa, fatta così, non ci<br />
appartiene: al massimo siamo<br />
utenti, non cittadini.<br />
Ma se provassimo a rifarla in un<br />
altro modo? Con più, come dicono<br />
i greci, più “dimokratìa”? E quindi<br />
con meno banchieri, per logica<br />
conseguenza.<br />
L’occasione ci sarebbe:<br />
nel <strong>2013</strong> in tre dei<br />
principali paesi europei<br />
(Francia, Germania, e<br />
noi) avremo con ogni<br />
probabilità tre governi<br />
di centrosinistra.<br />
Saranno tre altri governi delle banche? O possiamo provare<br />
a chiedergli qualcosa di meglio, a gran voce e tutti insieme?<br />
(1914-2014: fra poco è un secolo che l’Europa non c’è più)<br />
Muro<br />
di gomma<br />
“La mafia? A Catania non esiste”. “La mafia? Non c’è mafia a Roma”. “La ‘ndrangheta? Qualche caso<br />
isolato, qui a Milano”. Quante volte s’è sentito questo discorso,<br />
borbottato da un politico o elaborato con molti particolari<br />
mediatici da un giornale. Eppure la mafia c’era, fin dal primo<br />
momento. Pochi magistrati a combatterla, e fra noi giornalisti<br />
qualche collega eccentrico e qualche ragazzo. Così siamo<br />
arrivati fin qui. Ed ecco cosa c’era dietro il loro muro di gomma.<br />
Adesso, tutti i problemi sono esplosi - ma la mafia per prima,<br />
perché è la cultura mafiosa, l’economia mafiosa, il potere<br />
mafioso a far da modello per tutto il resto. La mafia, e tutti i<br />
suoi inconsapevoli allievi a ogni livello.<br />
Forse non è ancora troppo tardi, a condizione di muoversi<br />
subito e con durezza. A monte, una scelta precisa: non ci<br />
fidiamo più della loro informazione. Perciò ce la facciamo da noi. Facciamola tutti insieme (noi<br />
diciamo “in rete”, in più sensi), e oggi tecnicamente si può. Ma senza vip e senza guru. Da noi, al<br />
centro della nostra moderna e sofisticata rete c’è in fondo un modesto doposcuola di quartiere.<br />
Maa<br />
<strong>gennaio</strong> <strong>2013</strong><br />
Il foglio de<br />
E’ il principale problema<br />
d’Italia, quello che ci<br />
impoverisce di più. Non è<br />
una patologia criminale ma<br />
il principale potere economico del paese, che ormai fa da<br />
modello anche a molta economia legale. “Tratta” con tutti, e<br />
sempre ottiene qualcosa. Ma ha un punto debole: è molto<br />
vulnerabile alla mobilitazione popolare. Negli anni Novanta è<br />
andata molto vicina ad essere sconfitta, e s’è salvata solo<br />
grazie alla “timidezza” dello Stato. Adesso bisogna:<br />
- Confiscare TUTTI i beni mafiosi o frutto di malversazione, di<br />
corruzione o di grande evasione fiscale;<br />
- Assegnarli alle cooperative di <strong>giovani</strong> lavoratori, e sostenerle<br />
adeguatamente; anagrafe dei beni confiscati; sgravi fiscali ai<br />
commercianti che se ne fanno clienti;<br />
- Vigilare (comuni, regioni, assemblee cittadine) sull’applicazione,<br />
cacciando i funzionari incapaci;<br />
- Punire seriamente gli scambi<br />
politico-mafiosi (riforma 416ter).<br />
ma io<br />
non sono Stato<br />
La mafia, se ci decidiamo davvero, può essere non solo sconfitta,<br />
ma eliminata del tutto. A condizione di cominciare dai sedicenti<br />
“non-mafiosi” (nelle imprese, nella politica, nello Stato) senza il cui<br />
aiuto e complicità non potrebbe sopravvivere un solo giorno.<br />
DA’ UNA MANO<br />
A RIPORTARE IN EDICOLA I SICILIANI:<br />
IBAN Banca Etica<br />
IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />
(“Associazione Culturale I <strong>Siciliani</strong> Giovani")<br />
oppure C/C 001008725614<br />
(Conto corrente postale “Assoc.Culturale<br />
I <strong>Siciliani</strong> Giovani, via Cordai 47, Catania”)<br />
www.<br />
ISICILIANI.IT<br />
TRATTATIVE<br />
L’anello<br />
mancante<br />
MILANO<br />
“Expo fugit”,<br />
sospirò<br />
il poeta...<br />
CATANIA<br />
Operai<br />
“Ragazzo,<br />
niente sport:<br />
sei di Librino”<br />
CULTURA<br />
Tutto il cinema<br />
di Giuseppe<br />
Fava<br />
Era una parola nobile,<br />
adesso è schiavitù. La<br />
crisi economica non<br />
pesa perché gli operai<br />
“pretendono”, ma perché troppi imprenditori non<br />
sanno fare il loro mestiere (vedi Fiat) o portano<br />
tutto all’estero, alla faccia della (nostra) economia. Bisogna:<br />
- Applicare l’art.41 della Costituzione (”programmi e controlli<br />
opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa<br />
essere indirizzata e coordinata a fini sociali”);<br />
- Applicare l’art.42 della Costituzione (”esproprio per motivi di<br />
interesse generale”) per sanzionare le delocalizzazioni, l’abuso<br />
di precariato e il mancato rispetto degli accordi di lavoro;<br />
- Separazione fra capitale finanziario e industriale; tetto alle<br />
partecipazioni finanziarie nell’editoria; Tobin tax;<br />
- Regolarizzare i rapporti di lavoro precari o di fatto;<br />
- Gestione pubblica dei servizi pubblici essenziali (scuola,<br />
università, difesa, acqua, energia, infrastrutture tecnologiche,<br />
credito internazionale); ristrutturazione della Rai su base<br />
pubblica; limite regionale per l’emittenza privata;<br />
- Progetto nazionale di messa in sicurezza del territorio, sul<br />
modello TVA, come volano economico soprattutto al Sud; divieto<br />
di ulteriori cementificazioni;<br />
- Responsabilità degli<br />
amministratori per il<br />
mancato uso di fondi;<br />
- Controllo del territorio<br />
nelle province ad alta<br />
intensità mafiosa.<br />
e Sud
MILANO<br />
Alla faccia dei Maya<br />
(e della ‘ndrangheta)<br />
Non è finito il mondo, creduloni che non siete altro. Niente<br />
asteroidi infuocati nè pestilenze. Almanacco gregoriano batte<br />
calendario Maya, un sospiro di sollievo per le agende <strong>2013</strong> di<br />
politici, tecnici e magistrati in coda alle urne dorate: son colme di<br />
appuntamenti, peccato dar<br />
buca a qualche coalizione.<br />
Siamo salvi, per Giunone! Ci si<br />
era allarmati tutti, qualcuno è<br />
fuggito sui monti, altri han fatto<br />
scorta di farina. Una pendolare<br />
su un treno lombardo, più carro<br />
merci che passeggieri: "Io non<br />
voglio morire al lavoro, domani<br />
non vado in ufficio!".<br />
Signori miei, non bisogna<br />
campar cent'anni per profetizzare<br />
che questo mondo finirà solo<br />
quando finiremo noi di farci<br />
solleticare le orecchie coi talk<br />
show di prima e seconda serata.<br />
Fuori dalla scatola parlante del<br />
salotto, oltre gli angoli del maxi<br />
schermo full hd, sono accaduti<br />
fatti incredibili: operai di destra e<br />
sinistra sono scesi insieme nelle<br />
piazze d'Italia e hann occupato le<br />
fabbriche. Giovani studenti<br />
milanesi hanno sostenuto con<br />
presidi e manifestazioni le<br />
vittime del potere mafioso: come<br />
la piccola Denise Cosco, loro<br />
coetanea, o Loreno Tetti,<br />
paninaro strozzato dagli usurai.<br />
E mentre addobbavamo<br />
l'alberello mettendo al fresco lo<br />
champagne, il direttore di<br />
Altomilanese, settimanale<br />
d'inchiesta di Magenta, riceveva<br />
un proiettile in busta chiusa con<br />
GIORNALI<br />
GENERAZIONI<br />
tanto di auguri per un felice anno<br />
nuovo e la sua foto.<br />
Quasi in contemporanea, la casa<br />
editrice Blu Edizioni decide<br />
irrevocabilmente di chiudere i<br />
battenti con la testata, condannando<br />
l'intera redazione a morire<br />
senza uscire nelle edicole.<br />
A meno che qualcuno,<br />
riconoscente di essere sopravvissuto<br />
ai Maya, dia il suo sostegno<br />
evitando l'estinzione di questi<br />
CON I SICILIANI<br />
Non illusi,<br />
non rassegnati<br />
Tanti giornali <strong>giovani</strong><br />
In rete e per le strade<br />
L’idea dei <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> è nata (in quest’ultima versione) in una<br />
riunione a casa di Giambattista Scidà nell’estate del 2011: fare una rete<br />
di testate <strong>giovani</strong> di base, sia su carta che su web, sviluppare insieme<br />
un sito, una rivista pdf e una serie di ebook e, prima o poi, riportare in<br />
edicola un giornale ispirato ai <strong>Siciliani</strong> di Giuseppe Fava.<br />
Le testate che hanno aderito<br />
finora sono I Cordai, La<br />
Periferica e Ucuntu (Catania), Il<br />
Clandestino (Modica), Telejato<br />
(Partinico), Stampo Antimafioso<br />
(Milano), Diecieventicinque<br />
(Bologna), CtZen (Catania), La<br />
Domenica Settimanale (Napoli),<br />
Generazione Zero (Ragusa),<br />
Il disastro nascosto<br />
e il tempo di ricostruire<br />
Sono stati pochi, nel giornalismo italiano, i giornali<br />
come i <strong>Siciliani</strong> di Giuseppe Fava, completamente<br />
liberi e senza - neanche indiretto - alcun padrone.<br />
Se tutti fossero stati così. Se tutti avessero potuto<br />
scrivere solo e semplicemente la verità. Se avessero<br />
avvertito in tempo chi si fidava di loro di ciò che<br />
l’Italia stava diventando.<br />
La mafia, non denunciata in tempo, è molto più<br />
potente di prima. Speculatori e corrotti, trattati<br />
come grandi industriali, hanno portato avanti la<br />
crisi. La politica stessa, fra adulazioni e carriere,<br />
s’è trasformata in un’altra cosa. Adesso, toccato il<br />
fondo, molti sentono che è tempo di risalire.<br />
E’ possibile ricominciare la lotta, una generazione dopo,<br />
di un giornale come I <strong>Siciliani</strong>? Noi siamo<br />
sicuri di sì, perché noi questo filo non<br />
l’abbiamo interrotto mai. Molti dei<br />
nostri redattori non erano nati, al<br />
tempo dei primi <strong>Siciliani</strong>. Ma<br />
adesso, i <strong>Siciliani</strong> sono loro.<br />
cronisti di provincia che<br />
tenacemente rompono le scatole<br />
a 'ndrangheta e malapolitica. Per<br />
un <strong>2013</strong> libero nel diritto al<br />
lavoro, libero nella pura bellezza<br />
della lotta antimafia.<br />
Ester Castano<br />
Radio Marsala.it (Marsala),<br />
DaSud (Calabria), Mamma!<br />
(Bologna), Antimafia Duemila,<br />
Liberainformazione, Agoravox.<br />
Il giornale è fatto da Gian Carlo<br />
Caselli, Nando dalla Chiesa,<br />
Giovanni Caruso, Giovanni<br />
Abbagnato, Francesco Appari,<br />
Lorenzo Baldo, Valerio Berra,<br />
Nando Benigno, Mauro Biani,<br />
Lello Bonaccorso, Paolo Brogi,<br />
Luciano Bruno, Anna Bucca,<br />
Elio Camilleri, Giulio Cavalli,<br />
Arnaldo Capezzuto, Ester<br />
Castano, Salvo Catalano,<br />
www.isiciliani.it<br />
NAPOLI<br />
La nave per Catania,<br />
i carbonari, la Marsigliese<br />
Inutile girarci intorno: Napoli non è una città normale. Il giornalista<br />
deve fare il giornalista: documentare, indagare e fare domande e se non<br />
ti rispondono fare di nuovo domande. Almeno io cosi intendo la<br />
professione di cronista. L'esperienza più bella di quest'anno passa per<br />
l'imbarco sulla nave Napoli-<br />
Catania. Il tempo dell'ormeggio e<br />
già ero a gustarmi un cannolo<br />
alla crema. Arriva la vecchia 500<br />
di un volontario ed eccomi al<br />
Gapa nel cuore di San Cristoforo<br />
- zona della famiglia mafiosa dei<br />
Santapaola. Qui un manipolo di<br />
“pazzi” guidati dal capitano<br />
Giovanni Caruso da circa 20<br />
anni lavora con le bambine e i<br />
bambini, le ragazze e i ragazzi e<br />
le famiglie del quartiere realiz.<br />
zando un mensile porta a porta<br />
DA' UNA MANO: I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>, Banca Etica,<br />
IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />
Carmelo Catania, Giulio Cavalli,<br />
Antonio Cimino, Giancarla<br />
Codrignani, Dario Costantino,<br />
Tano D’Amico, Fabio D’Urso,<br />
Jack Daniel, Riccardo De<br />
Gennaro, Giacomo Di Girolamo,<br />
(in senso buono), i “Cordai”.<br />
Mi sono ritrovato in una riunione<br />
di carbonari composta da<br />
volontari, attivisti, colleghi e ex<br />
redattori di Pippo Fava, per i<br />
nostri “<strong>Siciliani</strong> Giovani”.<br />
Passione, grinta, scambi accesi,<br />
maleparole, riflessioni, visioni del<br />
mondo: è come aver partecipato<br />
ad una sinfonia di orchestra che<br />
intonava la Marsigliese. Ecco la<br />
stampa, bella, non la fermi.<br />
Arnaldo Capezzuto<br />
5 GENNAIO<br />
Ricordare<br />
lavorando<br />
Rosa Maria Di Natale, Francesco<br />
Feola, Norma Ferrara, Pino<br />
Finocchiaro, Paolo Fior, Enrica<br />
Frasca, Renato Galasso, Rino<br />
Giacalone, Marcella Giammusso,<br />
Giuseppe Giustolisi, Carlo<br />
Gubitosa, Sebastiano Gulisano,<br />
Bruna Iacopino, Massimiliano<br />
Nicosia, Max Guglielmino,<br />
Diego Gutkowski, Bruna<br />
Iacopino, Margherita Ingoglia,<br />
Kanjano, Gaetano Liardo,<br />
Sabina Longhitano, Luca<br />
Salici, Michela<br />
Mancini, Antonio<br />
Mazzeo,Martina<br />
Mazzeo,<br />
Emanuele<br />
Midoli,<br />
Lu-<br />
ciano<br />
Mirone, Pino<br />
Maniaci, Attilio<br />
Occhipinti, Salvo<br />
Ognibene, Antonello<br />
Oliva, Riccardo Orioles, Pietro<br />
Orsatti, Salvo Perrotta, Giulio<br />
Petrelli, Aaron Pettinari,<br />
Giuseppe Pipitone, Antonio<br />
Roccuzzo, Vincenzo Rosa, Luca<br />
Rossomando, Giorgio Ruta, Luca<br />
Salici, Daniela Sammito, Mario<br />
Spada, Sara Spartà, Giuseppe<br />
Spina, Miriana Squillaci,<br />
Giudrppe Teri, Marilena Teri,<br />
Fabio Vita, Salvo Vitale,<br />
Chiara Zappalà, Andrea<br />
Zolea.<br />
Ogni anno a Catania i cittadini<br />
liberi si incontrano, il 5<br />
<strong>gennaio</strong>, nel luogo dove i<br />
padroni della città fecero<br />
uccidere Giuseppe Fava.<br />
Saremo tutti lì alle 17. Più<br />
tardi, al Centro Zo, c’è un<br />
ricordo organizzato dalla<br />
Fondazione Fava. Infine, alle<br />
21 a Cittàinsieme in via Siena,<br />
c’è l’assemblea dei <strong>Siciliani</strong><br />
<strong>giovani</strong>, per fare il punto sul<br />
giornale e organizzare il<br />
lavoro e la solidarietà.<br />
Senza grandi parole ma col<br />
laoro<br />
DA’ UNA MANO<br />
A RIPORTARE IN EDICOLA<br />
I SICILIANI:<br />
IBAN Banca Etica<br />
IT 28 B 05018 04600<br />
000000148119<br />
(“Assoc.Culturale I <strong>Siciliani</strong> Giovani")<br />
oppure C/C 001008725614<br />
(Conto corrente postale Ass.Culturale<br />
I <strong>Siciliani</strong> Giovani,v.Cordai 47 Catania)<br />
I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>, registr.Tribunale<br />
Catania n.23/2011 del 20/09/2011,<br />
dir.responsabile Riccardo Orioles<br />
Progetto grafico di<br />
Piergiorgio Maoloni<br />
(da un inedito del 1993)<br />
I <strong>Siciliani</strong> Sici i<strong>giovani</strong><br />
iov ni – pag. pag 85
www.isiciliani.it<br />
L'immagine<br />
Quale pace<br />
in Europa<br />
Ricordando Pio La Torre<br />
Immaginiamo quei capi di stato dentro i loro scuri vestiti.<br />
Li immaginiamo con le facce pulite, sorridenti, mentre<br />
stringono mani lorde di sangue e polvere da sparo. Hanno<br />
ritirato il premio Nobel per la pace alla comunità europea.<br />
Una pace, dicono, che continua nella vecchia Europa da 68<br />
anni.<br />
Può essere - e non è così - che la terra europea dal '45 non<br />
sia stata insanguinata dalle guerra. Ma l'hanno esportata,<br />
insieme alle false democrazie, in Africa e in Medio Oriente.<br />
I paesi Europei, è vero, non si sparano più fra loro. Ma con<br />
l'ingiustizia sociale, la negazione dei diritti più<br />
elementari, la discriminazione razziale, hanno creato<br />
tante guerre e violenze. Non usano più le armi ma le<br />
vendono, per destabilizzare e ottenere potere.<br />
Questo bambino e i suoi genitori - i movimenti per la pace<br />
e contro la guerra - non avranno alcun premio Nobel ma<br />
semmai, riceveranno una carica della polizia in nome della<br />
pacifica Europa. GIOVANNI CARUSO<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 86<br />
SIGONELLA<br />
1999<br />
Foto di Giovanni Caruso
www.isiciliani.it<br />
Catania<br />
”Buon anno, Gapa”<br />
Tre colpi di pistola<br />
contro la sede del<br />
centro<br />
di Domenico Pisciotta<br />
www.associazionegapa.org<br />
Scheda<br />
IL QUARTIERE DI SAN CRISTOFORO<br />
Quartiere storico di Catania, vive tutte le difficoltà delle zone periferiche.<br />
È situato tra il Duomo, l’area portuale e la Playa.<br />
Un tempo era sede di numerose attività produttive, quali mobilifici<br />
e botteghe artigiane. Oggi, di quelle attività produttive, rimane<br />
molto poco. Con la loro scomparsa, molti hanno perso il posto di<br />
lavoro, non riuscendo a trovare, altrove, una sistemazione<br />
lavorativa dignitosa.<br />
L’assenza di lavoro ha determinato un terreno fertile per la<br />
A Capodanno, a San Cristoforo si spara<br />
per festeggiare. C’è un luogo che ogni<br />
anno subisce le conseguenze di questi festeggiamenti,<br />
l’ufficio postale di via Plebiscito.<br />
Alcuni colpi di pistola sono stati<br />
sparati contro la vetrata e la porta<br />
dell’ufficio postale. Per non lasciar le<br />
cose a metà, alcuni giorni dopo lo stesso<br />
ufficio è stato luogo di una rapina.<br />
Durante i festeggiamenti per il nuovo<br />
anno, qualcuno ha pensato bene di coinvolgere<br />
anche il Gapa, sede de I Cordai e<br />
centro di volontariato che da venticinque<br />
anni lavora con le bambine, i bambini e<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 87<br />
le famiglie del quartiere.<br />
Tre proiettili sono stati esplosi contro<br />
la sede del centro; uno ha rotto una finestra,<br />
gli altri due hanno bucato una porta<br />
di metallo. La sede, nell’occasione, non<br />
era aperta.<br />
I danni si riparano; la finestra e la porta<br />
si cambiano. Rimane il gesto, che lascia<br />
perplessi e incerti sulla sua natura e sul<br />
suo significato, ma al tempo stesso dimostra,<br />
con certezza, che tanto, ancora, va<br />
fatto. Sicuramente, sarebbe stata più gradita<br />
una cartolina d’auguri, ad ogni modo<br />
buon anno a tutti.<br />
criminalità organizzata che, oggi, riesce a re<br />
clutare manodopera con molta facilità. La vendita di sostanze stupefacenti<br />
non conosce sosta e numerose famiglie riescono a vivere<br />
con i relativi proventi.<br />
Oggi, San Cristoforo è un quartiere povero, abbandonato al controllo<br />
della mafia da politica e istituzioni, che se ne ricordano solo<br />
in periodo elettorale. Numerose testimonianze confermano che<br />
partiti di ogni tipo, in periodo elettorale, promettono buoni benzina,<br />
sacchi della spesa o pagamento di bollette. Il quartiere è un<br />
sacco pieno di voti di cui dimenticarsi una volta conclusasi la<br />
campagna elettorale.
www.isiciliani.it<br />
IL FILO<br />
Noi<br />
emigranti<br />
Dalla Sicilia partivano i Gasterarbeiter, i “lavoratori<br />
ospiti” dell'Europa perbene. Erano loro a<br />
fare le fabbriche, le miniere, le autostrade. Eppure<br />
l'Europa ricca – allora – non li amava<br />
____________________________________<br />
La Fondazione Fava<br />
La fondazione nasce nel 2002 per mantenere<br />
vivi la memoria e l’esempio di Giuseppe Fava,<br />
con la raccolta e l’archiviazione di tutti i suoi<br />
scritti, la ripubblicazione dei suoi principali libri,<br />
l'educazione antimafia nelle scuole, la promozione<br />
di attività culturali che coinvolgano i <strong>giovani</strong><br />
sollecitandoli a raccontare. Il sito permette<br />
la consultazione gratuita di tutti gli articoli di<br />
Giuseppe Fava sui <strong>Siciliani</strong>.<br />
Per consultare gli archivi fotografico e teatrale,<br />
o altri testi, o acquistare i libri<br />
della Fondazione, scrivere a<br />
elenafava@fondazionefava.it<br />
mariateresa.ciancio@virgilio.it<br />
____________________________________<br />
Il sito “I <strong>Siciliani</strong> di Giuseppe Fava”<br />
Pubblica tesi su Giuseppe Fava e i <strong>Siciliani</strong>, da<br />
quelle di Luca Salici e Rocco Rossitto, che ne<br />
sono i curatori. E' un archivio, anzi un deposito<br />
operativo, della prima generazione dei <strong>Siciliani</strong>.<br />
Senza retorica, senza celebrazioni,<br />
semplicemente uno strumento<br />
di lavoro. Serio, concreto<br />
e utile: nel nostro stile.<br />
I limiti della tragedia siciliana sono<br />
precisi. Viviamo in una terra<br />
potenzialmente ricca come nessun’altra<br />
poiché ha miniere, terra fertilissima,<br />
una posizione storica e geografica al<br />
centro di tutte le civiltà e di tutte le rotte<br />
commerciali, bellezze della natura<br />
incomparabili, e talento umano, cioè<br />
fantasia, pazienza, sopportazione al dolore,<br />
coraggio.<br />
E tuttavia da centinaia di anni siamo<br />
colpiti e feriti, siamo sempre più poveri,<br />
sempre più lontani dall’Europa, vittime<br />
di tutte le violenze.<br />
Neri cantieri, nelle miniere...<br />
C’è un dato obbiettivo che riassume<br />
tutte queste miserie e violenze: un milione<br />
di siciliani emigrati, quasi tutti<br />
nell’età più vigorosa, dai venti ai quarant’anni,<br />
sono dispersi nel mondo dei<br />
cantieri, nelle miniere, nelle piantagioni,<br />
la maggior parte a lavorare come<br />
bestie.<br />
Hanno dovuto abbandonare il paese,<br />
la casa, la famiglia, gli amici, azzerare<br />
la loro esistenza per ricominciarla da<br />
un’altra parte.<br />
Ogni mese in media mandano alle famiglie<br />
rimaste in Sicilia quattrocento o<br />
cinquecento mila lire perché possano<br />
sopravvivere, mettere le fondamenta di<br />
una casa civile, pagare il cibo, le scarpe,<br />
le medicine.<br />
Sudore, sacrificio, dolore umano<br />
Riduciamo le cifre al sicuro:<br />
ottocentomila emigrati che spediscono<br />
ogni mese quattrocentomila lire, significano<br />
trecentoquaranta miliardi al<br />
mese, e in un anno quasi quattromila<br />
miliardi.<br />
Noi siciliani viviamo su questo immenso<br />
fiume di denaro, inutile negarlo:<br />
denaro, sudore, sacrificio, dolore umano,<br />
disperazione.<br />
(I <strong>Siciliani</strong>, febbraio 1983)<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 88
I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>/ Reg.Trib.Catania n.23/2011 del 20/09/2011 / d.responsabile riccardo orioles<br />
www.isiciliani.it<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
Rivista di politica, attualità e cultura<br />
Fatta da:<br />
Gian Carlo Caselli, Nando dalla Chiesa, Giovanni Caruso,<br />
Giovanni Abbagnato, Francesco Appari, Lorenzo Baldo, Valerio<br />
Berra, Nando Benigno, Mauro Biani, Lello Bonaccorso, Paolo<br />
Brogi, Luciano Bruno, Anna Bucca, Elio Camilleri, Giulio<br />
Cavalli, Arnaldo Capezzuto, Ester Castano, Salvo Catalano,<br />
Carmelo Catania, Giulio Cavalli, Antonio Cimino, Giancarla<br />
Codrignani, Dario Costantino, Tano D’Amico, Fabio D’Urso,<br />
Jack Daniel, Riccardo De Gennaro, Giacomo Di Girolamo, Rosa<br />
Maria Di Natale, Francesco Feola, Norma Ferrara, Pino<br />
Finocchiaro, Paolo Fior, Enrica Frasca, Renato Galasso, Rino<br />
Giacalone, Marcella Giamusso, Giuseppe Giustolisi, Carlo<br />
Gubitosa, Sebastiano Gulisano, Bruna Iacopino, Massimiliano<br />
Nicosia, Max Guglielmino, Diego Gutkowski, Bruna Iacopino,<br />
Margherita Ingoglia, Kanjano, Gaetano Liardo, Sabina<br />
Longhitano, Luca Salici, Michela Mancini, Antonio Mazzeo,<br />
Martina Mazzeo, Emanuele Midoli, Luciano Mirone, Pino<br />
Maniaci, Attilio Occhipinti, Salvo Ognibene, Antonello Oliva,<br />
Riccardo Orioles, Pietro Orsatti, Salvo Perrotta, Giulio Petrelli,<br />
Aaron Pettinari, Giuseppe Pipitone, Antonio Roccuzzo,<br />
Vincenzo Rosa, Luca Rossomando, Giorgio Ruta, Luca Salici,<br />
Daniela Sammito, Vittoria Smaldone, Mario Spada, Sara Spartà,<br />
Giuseppe Spina, Miriana Squillaci, Giuseppe Teri, Marilena<br />
Teri, Fabio Vita, Salvo Vitale, Chiara Zappalà, Andrea Zolea<br />
Webmaster: Max Guglielmino max.guglielmino@isiciliani.org<br />
Net engineering: Carlo Gubitosa gubi@isiciliani.it<br />
Art director: Luca Salici lsalici@isiciliani.it<br />
Coordinamento: Giovanni Caruso gcaruso@isiciliani.it<br />
Segreteria di redazione: Riccardo Orioles riccardo@isiciliani.it<br />
Progetto grafico di Luca Salici<br />
(da un'idea di C.Fava e R.Orioles)<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 89<br />
redazione@isiciliani.it
Giambattista<br />
Scidà e Gian<br />
Carlo Caselli<br />
sono stati fra<br />
i primissimi<br />
promotori della<br />
rinascita dei <strong>Siciliani</strong>.<br />
Lo spirito di un<br />
giornale<br />
"Un giornalismo fatto di<br />
verità impedisce molte<br />
corruzioni, frena la<br />
violenza e la criminalità,<br />
accelera le opere<br />
pubbliche indispensabili.<br />
pretende il funzionamento<br />
dei servizi sociali. tiene<br />
continuamente allerta le<br />
forze dell'ordine, sollecita<br />
la costante attenzione<br />
della giustizia, impone ai<br />
politici il buon governo".<br />
Giuseppe Fava<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
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Una piccola
libertà<br />
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SOTTOSCRIVI PER I SICILIANI GIOVANI<br />
IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />
Associazione I <strong>Siciliani</strong> Giovani/ Banca Etica
I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> rivista di politica, attualità e cultura<br />
fatta da: Gian Carlo Caselli, Nando dalla Chiesa, Antonio Roccuzzo,<br />
Giovanni Caruso, Margherita Ingoglia, Norma Ferrara, Michela<br />
Mancini, Sara Spartà, Francesco Feola, Luca Rossomando, Lorenzo<br />
Baldo, Aaron Pettinari. Salvo Ognibene, Beniamino Piscopo, Giulio<br />
Cavalli, Paolo Fior, Arnaldo Capezzuto, Pino Finocchiaro, Luciano<br />
Mirone, Rino Giacalone, Ester Castano, Antonio Mazzeo, Carmelo<br />
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I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
Cronache<br />
Catania, Giacomo Di Girolamo, Francesco Appari, Leandro Perrotta,<br />
Giulio Pitroso, Giorgio Ruta, Carlo Gubitosa, Mauro Biani, Kanjano,<br />
Luca Ferrara, Luca Salici, Jack Daniel, Anna Bucca, Grazia Bucca,<br />
Luciano Bruno, Antonello Oliva, Elio Camilleri, Fabio Vita, Diego<br />
Gutkowski, Giovanni Abbagnato, Pietro Orsatti, Roberto Rossi, Bruna<br />
Iacopino, Nerina Platania, Nadia Furnari, Riccardo De Gennaro, Fabio<br />
D'Urso, Sabina Longhitano, Salvo Vitale.<br />
SOTTOSCRIVI IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />
Associazione I <strong>Siciliani</strong> Giovani/ Banca Etica
dalla vita com'è<br />
redazione@isiciliani.it<br />
Webmaster: Max Guglielmino. Net engineering: Carlo<br />
Gubitosa. Art director: Luca Salici. Coordinamento:<br />
Giovanni Caruso e Massimiliano Nicosia. Segreteria di<br />
redazione: Riccardo Orioles.<br />
Progetto grafico di Luca Salici<br />
I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>/ Reg.Trib.Catania n.23/2011 del 20/09/2011 / Dir.responsabile Riccardo<br />
Orioles/ Associazione culturale I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>, via Cordai 47, Catania / 30 agosto 2012<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
Gli ebook<br />
dei <strong>Siciliani</strong><br />
I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> sono stati fra i primissimi in Italia ad<br />
adottare le tecnologie Issuu, a usare tecniche di<br />
impaginazione alternative, a trasferire in rete e su Pdf i<br />
prodotti giornalistici tradizionali. Niente di strano,<br />
perché già trent'anni fa i <strong>Siciliani</strong> di Giuseppe Fava<br />
furono fra i primi in Italia ad adottare ad esempio la<br />
fotocomposizione fin dal desk redazionale.<br />
Gli ebook dei <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>, che affiancano il<br />
giornale, si collocano su questa strada ed affrontano<br />
con competenza e fiducia il nuovo mercato editoriale<br />
(tablet, smartphone, ecc.), che fra i primi in Italia hanno<br />
saputo individuare.<br />
www.isiciliani.it
www.isiciliani.it<br />
Ai lettori 1984<br />
Caro lettore, sono in tanti, oggi, ad accusare la Sicilia<br />
di essere mafiosa: noi, che combattiamo la mafia in<br />
prima fila, diciamo invece che essa è una terra ricca di<br />
tradizioni, storia, civiltà e cultura, tiranneggiata dalla<br />
mafia ma non rassegnata ad essa. Questo, però,<br />
bisogna dimostrarlo con i fatti: è un preciso dovere di<br />
tutti noi siciliani, prima che di chiunque altro; di fronte<br />
ad esso noi non ci siamo tirati indietro.<br />
Se sei siciliano, ti chiediamo francamente di aiutarci,<br />
non con le parole ma coi fatti. Abbiamo bisogno di<br />
lettori, di abbonamenti, di solidarietà. Perciò ti<br />
abbiamo mandato questa lettera: tu sai che dietro di<br />
essa non ci sono oscure manovre e misteriosi centri di<br />
potere, ma semplicemente dei siciliani che lottano per<br />
la loro terra. Se non sei siciliano, siamo del tuo stesso<br />
Paese: la mafia, che oggi attacca noi, domani<br />
travolgerà anche te.<br />
Abbiamo bisogno di sostegno, le nostre sole forze non<br />
bastano. Perciò chiediamo la solidarietà di tutti i<br />
siciliani onesti e di tutti coloro che vogliono lottare<br />
insieme a loro. Se non l'avremo, andremo avanti lo<br />
stesso: ma sarà tutto più difficile.<br />
I <strong>Siciliani</strong><br />
Ai lettori 2012<br />
Quando abbiamo deciso di continuare il percorso,<br />
mai interrotto, dei <strong>Siciliani</strong>, pensavamo che questa<br />
avventura doveva essere di tutti voi. Voi che ci avete<br />
letto, approvato o criticato e che avete condiviso con<br />
noi un giornalismo di verità, un giornalismo giovane<br />
sulle orme di Giuseppe Fava.<br />
In questi primi otto mesi, altrettanti numeri dei<br />
<strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> sono usciti in rete e i risultati ci<br />
lasciano soddisfatti, al punto di decidere di uscire entro<br />
l'anno anche su carta e nel formato che fu<br />
originariamente dei <strong>Siciliani</strong>.<br />
Ci siamo inoltre costituiti in una associazione<br />
culturale "I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>", che accoglierà tutti i<br />
componenti delle varie redazioni e testate sparse da<br />
nord a sud, e chi vorrà affiancarli.<br />
Pensiamo che questo percorso collettivo vada<br />
sostenuto economicamente partendo dal basso,<br />
partendo da voi. Basterà contribuire con quello che<br />
potrete, utilizzando i mezzi che vi proporremo nel<br />
nostro sito.<br />
Tutto sarà trasparente e rendicontato, e per essere<br />
coerenti col nostro percorso abbiamo deciso di<br />
appoggiarci alla "Banca Etica Popolare", che con i suoi<br />
principi di economia equa e sostenibile ci garantisce<br />
trasparenza e legalità.<br />
I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong><br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
Chi sostiene i <strong>Siciliani</strong><br />
Una pagina dei <strong>Siciliani</strong> del 1993<br />
Nel 1986, e di nuovo nel 1996, i <strong>Siciliani</strong><br />
dovettero chiudere per mancanza di<br />
pubblicità, nonostante il successo di<br />
pubblico e il buon andamento delle<br />
vendite. I redattori lavoravano gratis, ma<br />
gli imprenditori non sostennero in alcuna<br />
maniera il giornale che pure si batteva per liberare anche<br />
loro dalla stretta mafiosa.<br />
Non è una pagina onorevole, nella storia dell'imprenditoria<br />
siciliana.<br />
SOTTOSCRIVI IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />
Associazione I <strong>Siciliani</strong> Giovani/ Banca Etica
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
In rete, e per le strade<br />
I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> che cos'è<br />
I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> è un giornale, è un pezzo di storia,<br />
ma è anche diciotto testate di base da Milano a<br />
Modica, da Catania a Roma, da Napoli a Bologna, a<br />
Trapani, a Palermo che hanno deciso di lavorare<br />
insieme per costituire una rete.<br />
Non solo inchieste e denunce, ma anche il racconto<br />
quotidiano di un Paese giovane, fatto da <strong>giovani</strong>, vissuto in<br />
prima persona dai protagonisti dell'Italia di domani. Fuori dai<br />
palazzi. In rete, e per le strade.<br />
facciamo rete!<br />
www.isiciliani.it
I <strong>Siciliani</strong><br />
<strong>giovani</strong><br />
1982-2012<br />
"A che serve essere vivi, se non c'è<br />
il coraggio di lottare?"<br />
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SOTTOSCRIVI!<br />
Associazione culturale I <strong>Siciliani</strong> Giovani/ Banca Etica/ IBAN:<br />
IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />
Oppure:<br />
Conto corrente postale<br />
n. C/C 001008725614<br />
Associazione Culturale I <strong>Siciliani</strong> Giovani, via Cordai 47 Catania