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Rivista Accademica n 21 - accademia dei rozzi

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E chieggioti, per quel che tu più brami,<br />

se mai calchi la terra di Toscana,<br />

ch’a’ mie’ propinqui tu ben mi rinfami.<br />

Tu li vedrai tra quella gente vana<br />

che spera in Talamone, e perderagli<br />

più di speranza ch’a trovare la Diana;<br />

ma più vi perderanno gli ammiragli.<br />

(Purg., vv. 148-154)<br />

Parla Sapia senese: zia di Provenzano<br />

Salvani, invidiosa della potenza del nipote,<br />

esultò per la disfatta di Colle (1269); ora<br />

sconta il suo peccato nel Purgatorio grazie<br />

alle preghiere di Pier Pettinaio. Chiede a<br />

Dante di rimetterla in buona fama presso i<br />

suoi parenti, rivelando loro che è salva.<br />

Gli ultimi quattro versi sono spiegati così<br />

dalla maggior parte <strong>dei</strong> commentatori:<br />

“Tu vedrai i miei parenti fra i senesi, quella<br />

gente vana che spera nel porto di Talamone<br />

e che in quello è destinata a perdere le proprie<br />

speranze più di quante non abbia fatto<br />

nella ricerca della Diana; ma gli ammiragli<br />

in quell’impresa perderanno molto più della<br />

speranza”.<br />

Il fatto è che il Comune di Siena non<br />

pensò mai a Talamone come base per una<br />

propria flotta, e gli ammiragli sembrano entrarci<br />

poco. Racconta Benvenuto che secondo<br />

un senese, studioso di Dante, gli “ammiragli”<br />

sarebbero stati “appaltatori” che per i<br />

lavori della Diana, a un prezzo fisso scavando<br />

un certo numero di pertiche di terra, finirono<br />

per rovinarsi. Benvenuto fu seguito<br />

dal Lana, dall’Ottimo e da altri. In senso<br />

proprio, invece, intesero la parola “ammiragli”<br />

Pietro di Dante, il Buti e l’anonimo postillatore<br />

trecentista del codice Cassinese.<br />

I commentatori moderni sostengono che<br />

“quale che sia il significato preciso della parola,<br />

il senso della frase sembra chiaro: gli<br />

ammiragli, nell’impresa di quel porto, perderanno<br />

più che la speranza; e questo non<br />

può essere che la vita, a causa dell’aria malsana”<br />

(Chimenz). Come è noto, entrambi i<br />

significati della parola continuano a far discutere.<br />

Proporrei di leggere così il v. 154:<br />

RILEGGENDO LA DIVINA COMMEDIA<br />

AMMIRAGLI O SMIRAGLI?<br />

ma più vi perderà li smiragli.<br />

intendendo: “ma a Talamone quella gente<br />

vana perderà molto più di quanto sia costato<br />

lo scavo della Diana”. “Smiraglio” è<br />

parola senese usata fin dal ’200 per la costruzione<br />

di quella fitta e vasta rete di cunicoli<br />

scavata nella roccia tufacea e argillosa<br />

per far arrivare in città le acque di falda e di<br />

filtraggio. I senesi chiamavano “bottini”<br />

questi cunicoli, estesi oggi per circa venticinque<br />

chilometri, che fecero rimanere stupito<br />

l’imperatore Carlo V. Si scavavano gli<br />

“smiragli”, pozzetti verticali, soprattutto per<br />

correggere a vista la linea dello scavo, ma<br />

anche per l’ossigenazione delle gallerie e l’evacuazione<br />

del materiale (cfr. Storia di Siena,<br />

a c. di Barzanti, Catoni, De Gregorio, Siena<br />

1995, pp. 157-165). Erano come occhiaie<br />

<strong>dei</strong> “bottini”.<br />

È probabile che i copisti, non comprendendo<br />

la parola, abbiano cambiato “smirali”<br />

in “ammiragli”, mettendo il verbo al plurale<br />

e levando di mezzo il “che”.<br />

La congettura è un po’ ardita, bisogna riconoscerlo,<br />

ma forse vale la pena che se ne<br />

discuta, visto che a usare la parola “smiragli”,<br />

derivante da “mirare”, è una donna senese<br />

che sconta il peccato d’invidia con le<br />

palpebre cucite mediante filo di ferro.<br />

C’è qualcosa in Sapia che porta a vedere<br />

in lei un’anima purgante poco remissiva.<br />

Nelle sue parole risuonano antiche passioni<br />

mai spente, e la nuova congettura lo mette<br />

maggiormente in risalto, legando il peso di<br />

una pena mal sopportata con il pensiero<br />

compiaciuto della vendetta che la<br />

Maremma si prenderà di “quella gente vana”,<br />

destinata a subire sempre più danni e<br />

delusioni e a perdere in quelle plaghe malariche<br />

ben più della vista. Questo parrebbe il<br />

senso ultimo del v. 154 restaurato, che con<br />

la fosca predizione per la collettività senese<br />

meglio illumina anche il tormento personale<br />

di Sapia.<br />

M.S.<br />

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