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Rivista Accademica n 21 - accademia dei rozzi

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FALSI D’AUTORE IN MOSTRA AL SANTA MARIA DELLA SCALA<br />

ICILIO FEDERICO JONI E LA CULTURA DEL FALSO<br />

TRA OTTO E NOVECENTO<br />

I grandi spazi espositivi del Santa Maria<br />

della Scala, dopo aver accolto la straordinaria<br />

mostra duccesca, hanno ospitato un’altra<br />

rassegna ricca di opere sorprendenti e<br />

meravigliose.<br />

Anche se può apparire strano definire<br />

con tanto enfatico apprezzamento una mostra<br />

di “falsi” - sia pure “d’autore” - l’atteso<br />

evento aggiunge al consueto merito funzionale<br />

di illustrare opere altrimenti non visibili<br />

in forma aggregata, il non modesto pregio<br />

di approfondire la conoscenza di una fase<br />

importante della cultura figurativa senese e,<br />

in senso lato, di quel fenomeno della falsificazione<br />

d’arte antica che si diffuse in<br />

Europa a cavallo tra il XIX e il XX secolo.<br />

Dunque “Falsi d’autore” esprime un<br />

messaggio culturale di spessore, prodotto<br />

dalla complessa e paziente indagine svolta<br />

dal curatore della mostra, Gianni Mazzoni,<br />

nella genesi e nello svolgimento di una vicenda<br />

che non risponde superficialmente a<br />

mere esigenze di mercato, ma che, per le<br />

sue dimensioni quali-quantitative, trae radici<br />

profonde da un movimento capace di articolarsi<br />

nel tempo e di esprimere primari<br />

concetti figurativi, come è stata la Scuola<br />

Pittorica senese, da una sensibilità artistica,<br />

particolare e raffinatissima, che per secoli ha<br />

qualificato un’intera città.<br />

A Siena, infatti, questa produzione di<br />

falsi non era alimentata da un gruppetto di<br />

truffatori in cerca di facili guadagni alle<br />

spalle di ricchi turisti o di sprovveduti collezionisti<br />

d’arte. I motivi che avevano favorito<br />

la ricerca e il riuso sistematico delle antiche<br />

tecniche pittoriche, erano gli stessi che<br />

avevano determinato il recupero di un concreto<br />

e convincente gusto locale, e di qui<br />

l’affermazione di una riconquistata identità<br />

senese, sentita con orgoglio dagli uomini di<br />

cultura, come dai comuni cittadini.<br />

In questo clima non deve sorprendere se<br />

nel 1936 il Podestà di Siena, l’aristocratico e<br />

colto Fabio Bargagli Petrucci, volle incontrare<br />

Mussolini per esporgli un progetto a<br />

lui assai caro: il rialzamento delle torri della<br />

città. Un progetto certamento non di basso<br />

profilo, perché prevedeva la ricostruzione di<br />

ben quaranta torri: venti a spese del<br />

Comune e venti a spese dello Stato, capaci<br />

di restituirte a Siena il suggestivo aspetto originale,<br />

che come mostrano antiche stampe<br />

e una ricostruzione disegnata in quegli anni<br />

da Arturo Viligiardi, non avrebbe avuto alcun<br />

riscontro nel mondo intero.<br />

Forse non tutti i critici avrebbero accolto<br />

con soddisfazione i risultati di questa iniziativa;<br />

ma ben oltre valutazioni puramente<br />

accademiche, anche questo episodio conferma<br />

in tutta la sua evidenza un modo di<br />

pensare, figlio legittimo di una consolidata<br />

cultura cittadina, fortemente rivolto alla riproposizione<br />

di stili, di maniere e di concezioni<br />

che, in architettura come in pittura,<br />

promanavano da Siena antica.<br />

Moltissime le opere in mostra prove-<br />

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