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Rivista Accademica n 21 - accademia dei rozzi

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studi archivistici e degli interessi eruditi del<br />

nobile senese.<br />

Patrizia Turrini e Maria Ilari hanno collazionato<br />

e illustrato, anche nella sua costituzione,<br />

la raccolta <strong>dei</strong> manoscritti “Pecci”<br />

conservati presso l’Archivio di Stato senese:<br />

un fondo cospicuo, appartenuto per vicende<br />

successorie alla famiglia Lodoli e poi confluito<br />

nella biblioteca dell’ente, dove, verso il<br />

1870 sarebbe stato arricchito con l’acquisto<br />

delle Memorie storiche di tutte le Città, Terre,<br />

Castelli dello Stato senese, avvenuto per volontà<br />

di Luciano Banchi a non poco prezzo.<br />

Valentino Fraticelli, già Conservatore<br />

della Moreniana di Firenze, ha quindi completato<br />

l’elenco <strong>dei</strong> manoscritti pecciani descrivendo<br />

la genesi di quelli conservati presso<br />

questa biblioteca, con particolare riferimento<br />

a coloro che avevano collaborato<br />

con il Pecci nella ricerca <strong>dei</strong> documenti.<br />

Non a caso l’abate Domenico Moreni, a cui<br />

è intitolata l’importante raccolta libraria fiorentina,<br />

era stato l’attentissimo ordinatore<br />

di quella che rappresenta tutt’oggi la più<br />

completa e vasta rassegna bibliografica di<br />

storia locale toscana - pubblicata in due volumi<br />

a Firenze nel 1805 - ed in questo ambito<br />

aveva classificato ben quaranta titoli di opere<br />

scritte dall’erudito senese, una metà<br />

delle quali uscite a stampa.<br />

E proprio alla serie degli scritti editi del<br />

Pecci era dedicato l’intervento di Mario<br />

Ascheri ed Elena Innocenti. Dopo una sintetica<br />

descrizione di queste opere, destinata<br />

comunque ad integrare il pur esauriente elenco<br />

moreniano, la giovane studiosa sviluppava<br />

una dettagliata analisi del Giornale<br />

senese: il diario scritto da Giovanni Antonio<br />

con rigorosa assiduità e continuato dal figlio<br />

Pietro, che riflette la vita senese di buona<br />

parte del XVIII sec. nelle preoccupate<br />

annotazioni, nelle emozioni, nelle amare<br />

considerazioni espresse di prima mano dall’erudito.<br />

L’interessante commento e le copiose<br />

citazioni effettuate dalla giovane studiosa,<br />

hanno pure assolto all’esigenza di una<br />

doverosa, quanto utile presentazione del<br />

volume, che solo nel recentissimo 2000 era<br />

stato oggetto di pubblicazione grazie al solerte<br />

impegno della stessa Elena Innocenti e<br />

di Gianni Mazzoni.<br />

La sessione del pomeriggio si apre col<br />

denso contributo di Gabriele Fattorini, storico<br />

dell’arte e, come Giovanni Antonio,<br />

contradaiolo dell’Aquila, teso ad evidenziare<br />

il forte impegno dell’erudito in favore di<br />

questa Contrada. Dagli studi antiquari e<br />

dalla passione paliesca del Pecci nacque, infatti,<br />

la sua opera prima, la Relazione distinta<br />

delle quarantadue contrade solite far comparsa agli<br />

spettacoli, che favorì, con la rinascita<br />

dell’Aquila, la definizione degli attuali confini<br />

tra i rioni senesi, sancita nel 1729 da una<br />

legge speciale: il celebre Bando di<br />

Violante di Baviera, allora governatrice di<br />

Siena. Ma il giovane studioso rivela anche<br />

un altro interesse, invero poco noto, del<br />

Cavaliere, quello per le arti figurative, ben<br />

testimoniato da significativi passaggi nell’inedito<br />

delle Iscrizioni…, nel Giornale Senese<br />

e, soprattutto, nella Relazione delle cose più<br />

notabili…: in assoluto la prima guida della<br />

città data alle stampe.<br />

Nello stesso ambito culturale la sorprendente<br />

relazione di Martina Dei chiarisce<br />

con una documentata analisi il rapporto esistente<br />

tra le opere di Gioacchino Faluschi e<br />

Guglielmo della Valle con l’ingente patrimonio<br />

documentale raccolto dal Pecci, attentamente<br />

indagato dai due studiosi di fine<br />

Settecento nelle loro ricerche storico artistiche.<br />

Giovanni Antonio viene così ad<br />

acquisire anche un ruolo non secondario in<br />

quella evoluzione di pensiero che, specialmente<br />

per merito di quanto affermato dal<br />

Della Valle nelle Lettere Senesi, avrebbe poi<br />

favorito il riconoscimento di una precisa fisionomia<br />

disciplinare della scuola senese di<br />

pittura, fino ad allora ingiustamente ritenuta<br />

tributaria della fiorentina. L’intervento della<br />

Dei spazia dal cinquecentesco commento<br />

vasariano fino alla moderna visione di Luigi<br />

Lanzi e rivaluta, in questo ambito, l’apporto<br />

dato dagli studiosi senesi di cui riferisce alla<br />

crescita della critica d’arte in Italia, offrendo<br />

pure spunti di riflessione innovativi e di non<br />

scarso interesse scientifico.<br />

Il successivo, atteso intervento di Laura<br />

Vigni esamina gli acrimoniosi e turbinosi<br />

rapporti intercorsi tra il Pecci e non pochi<br />

suoi concittadini, esponenti del mondo accademico,<br />

del clero e della classe dirigente,<br />

utili per evidenziare spigolosità e durezze<br />

del carattere di Giovanni Antonio, ma anche<br />

la coerenza con cui difendeva i risultati<br />

<strong>dei</strong> suoi studi, con i quali, in non pochi casi,<br />

aveva voluto indicare aspetti favolosi e<br />

leggendari che inquinavano la storia di<br />

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