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Rivista Accademica n 21 - accademia dei rozzi

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40<br />

Siena 1920<br />

Legnate e ordini del giorno<br />

di ENZO BALOCCHI<br />

Il 1920 – il successivo 19<strong>21</strong> fu perfino<br />

peggiore – un anno insanguinato che si<br />

rammenta come uno <strong>dei</strong> periodi più tristi e<br />

oscuri della recente storia d’Italia pur vittoriosa,<br />

tanto vero che molti “vecchi” trovavano<br />

migliore il drammatico secondo dopoguerra.<br />

In quell’anno l’eco di un tragico fatto<br />

avvenuto a Roma diede luogo a Siena ad un<br />

episodio insieme crudele e goliardico, vero<br />

spaccato minore della quotidianità e dell’asprezza<br />

della lotta politica nella piccola<br />

città universitaria.<br />

Maggio 1920: a Roma i nazionalisti indicono<br />

un grande comizio per commemorare<br />

l’entrata in guerra dell’Italia nel 1915 (il<br />

Governo anzi il R. Governo prevedeva, avvertendone<br />

le Prefetture, fin dall’aprile agitazioni<br />

promosse per Fiume e la Dalmazia,<br />

lasciava intendere di provocatori stranieri e<br />

ordinava rigore senza riguardi per nessuno),<br />

patriottismo esasperato, nazionalismo esagerato<br />

di fronte agli Alleati che non sembravano<br />

disposti a darci tutto quello che avevano<br />

promesso più Fiume, spirito antiugoslavo<br />

fomentato dai giovani giuliani e dalmati<br />

italiani, il profondo odio di classe tra “borghesi”<br />

e socialisti e, non poco influente,<br />

l’avversione al Governo dell’on. Nitti (l’on.<br />

Salandra era arrivato a dire che dopo aver<br />

gridato Viva l’Italia il nome di Nitti non si<br />

poteva nemmeno pronunciare!): dunque una<br />

miscela esplosiva.<br />

Riprendiamo la cronaca dall’Osservatore<br />

Romano generalmente corretto nell’informazione<br />

e alieno dall’enfasi e dalle invettive.<br />

Il conflitto a fuoco si ebbe, dopo il comizio,<br />

in Via Nazionale tra studenti (numerosi<br />

i ragazzi usciti da scuola “per patriottismo”)<br />

e la R. Guardia, la famosa “Guardia<br />

Regia”istituita subito dopo la fine della<br />

guerra, sarà soppressa da Mussolini non appena<br />

al potere; è ovvio che fu pressoché im-<br />

possibile identificare il responsabile del<br />

“primo” colpo di arma da fuoco, tutto fa<br />

pensare sia stato un dimostrante, essendo epoca<br />

di diffusi armamenti personali; l’assembramento<br />

non si sciolse all’ordine del<br />

capitano della R. Guardia: sette morti sul<br />

terreno, quattro giovani Guardie (improbabile,<br />

scriverà l’Osservatore Romano, si siano<br />

sparati tra di loro) e tre cittadini forse lì per<br />

caso; tantissimi feriti tra i dimostranti e le<br />

R. Guardie. Seguiranno inchieste, perquisizioni<br />

in sedi di “destra” (in quella degli<br />

Arditi “gli agenti investigativi” troveranno<br />

un certo capitano Bottai che gli italiani avranno<br />

modo di conoscere più tardi) arresti,<br />

molto brevi, di fiumani e dalmati pare anche<br />

di ragazze; e seguiranno comizi di protesta<br />

mentre i socialisti – una volta tanto<br />

non coinvolti – ricercano le responsabilità<br />

nei professori e nel Rettore dell’Università<br />

romana. Gli studenti “irredenti” furono allora<br />

alfieri di nazionalismo e perfino di domestico<br />

imperialismo dimenticando – o facendo<br />

finta – che nelle “loro” terre abitavano<br />

centinaia di migliaia di tedeschi, di croati,<br />

di sloveni che non intendevano affatto<br />

diventare italiani e saranno a loro volta irredenti:<br />

futuro oscuro per il Paese.<br />

E a Siena? Pervengono le notizie romane<br />

e si accendono gli animi. Alle 18 adunata di<br />

tutti gli studenti nel cortile del palazzo universitario<br />

e perché non si infiltrino estranei<br />

il portone viene chiuso; all’ultimo momento<br />

entrano i pochi studenti socialisti con il<br />

distintivo: il parapiglia stava per scoppiare<br />

subito (lo studente socialista veniva considerato<br />

dai colleghi una specie di sovversivo<br />

traditore) se lo studente di giurisprudenza<br />

Mario Bracci non avesse preso la parola<br />

“cercando di mettere la calma tra i convenuti<br />

e di convincere i colleghi che la manifestazione<br />

doveva avere un carattere assolutamente<br />

apolitico” (che era più facile a dirsi

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