Rivista Accademica n 21 - accademia dei rozzi
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In due particolari per me il Cursietti ha<br />
ragione: ci troviamo di fronte a un sonetto<br />
dialogato (contro De Robertis, Cannata e<br />
Bruni Bettarini, che sostengono la superfluità<br />
del dialogo fra due fiorentini) e il<br />
Muscia da Siena c’entra fino a un certo<br />
punto perché “la satira è pensata per un<br />
pubblico fiorentino”. Ha torto invece nel<br />
sostenere che la compagine linguistica appare<br />
“priva di elementi senesi” (p. 110) e in<br />
tutto il resto, che porta fuori strada, dalla interpretazione<br />
lambiccata e faticosa <strong>dei</strong> primi<br />
versi alla conclusione che<br />
la beffa, in sostanza si riduce a far partire da<br />
Firenze Cavalcanti “cavaliere”, e a farlo tornare<br />
in patria, dopo la sosta a Nîmes, “cavalcato”.<br />
(p. 110).<br />
Del particolare poi che Guido sia fatto sostare<br />
proprio a Nîmes si è già fornita spiegazione: tale<br />
città è tirata in ballo in funzione anti-Tolosa e<br />
anti-Mandetta (p. 108).<br />
Il sonetto sarebbe opera di un gruppo di<br />
contraffattori:<br />
nella Firenze dell’ultimo Trecento e del primo<br />
Quattrocento fu all’opera un gruppo di letterati<br />
che produssero raffinate parodie biografico-letterarie<br />
e riuscì a spacciarle per autentiche… difficile<br />
quindi non annoverare lo Za tra tali contraffattori<br />
(p. 110).<br />
Di conseguenza per il Cursietti la datazione<br />
del codice Chigiano, testimone unico<br />
del sonetto, andrebbe spostata in avanti di<br />
qualche decennio.<br />
Come si è visto, lo studioso sostiene fra<br />
l’altro che il sonetto è “privo di elementi senesi”.<br />
Questi per me invece sono tre: “sappi<br />
a tôrne” (v. 7), mia correzione congetturale<br />
al posto di “sappia torni”, che ha poco senso;<br />
la voce senese “botio” (v. 11), trasformata<br />
in “botìo” per la rima; “Nimisi” (v. 12),<br />
che allude alla parola “nimo”, propria dell’antico<br />
toscano, di cui si hanno testimonianze<br />
a Siena, Lucca, Pisa e Pistoia (cfr.<br />
Rohlfs, par. 50).<br />
Legata direttamente a “nihil” e “nemo” a<br />
me è nota tramite le commedie popolari senesi<br />
(per esempio, Legacci, Tognin del Cresta,<br />
v. 171: “s’e’ gli ’l sapesse nimo”; la commedia<br />
è inedita da più di 400 anni: la numera-<br />
zione <strong>dei</strong> versi è mia). Su “sappi a tôrne” si<br />
potrebbe anche discutere, un po’ meno su<br />
“botìo”, ma senza l’allusione a “nimo”,<br />
“nihil”, il sonetto avrebbe poco senso:<br />
Rustico vuol dire che il pellegrinaggio di<br />
Guido approda al Nulla. Ecco perché San<br />
Giacomo si sdegna. Ora tutto è più chiaro,<br />
anche la prima parte del sonetto, senza bisogno<br />
di tanti contorsionismi e interpretazioni<br />
bislacche. Sono arrivato io per primo<br />
a spiegare meglio il sonetto non perché sono<br />
più intelligente di tutti i filologi che mi<br />
hanno preceduto, ma solo perché forse meglio<br />
di tutti loro conosco l’antico idioma senese,<br />
e questo lo devo soprattutto al mio lavoro<br />
editoriale sulle commedie popolari senesi,<br />
che è appena cominciato: ne restano<br />
ancora da pubblicare circa un centinaio.<br />
L’Accademia <strong>dei</strong> Rozzi fa quello che può.<br />
Penso alle banche senesi, che con un decimo<br />
di quello che spendono annualmente<br />
per volumi-strenna molto costosi, potrebbero<br />
meritoriamente servire alla causa della<br />
cultura senese, che è cultura italiana, come<br />
dimostra il sonetto Ècci venuto Guido ’n<br />
Compastello, cui Rustico intenzionalmente<br />
volle dare una ben avvertibile patina linguistica<br />
senese per attribuirne la paternità all’amico<br />
Muscia. Come si può vedere dall’appendice<br />
straordinaria del mio libretto su<br />
Rustico, forse a Guido in precedenza non era<br />
andata giù l’accusa di sodomia mossagli<br />
da Rustico, allora sotto la maschera di Lapo<br />
degli Uberti, figlio di Farinata, nel sonetto<br />
Guido, quando dicesti “pasturella”. E ora il<br />
Barbuto, per evitare la reazione di un uomo<br />
violento e poco malleabile come il<br />
Cavalcanti dinanzi all’accusa di ateismo, si<br />
cautela facendosi scudo del Muscia, non<br />
certo poeta, ma notoriamente uomo ben<br />
dotato nel sesso e, c’è da scommetterci, ben<br />
piazzato nel fisico.<br />
Con Guido, detto Cavicchia, scherzare<br />
troppo può diventare pericoloso. Lui non è<br />
Dante, più fino e razionale, che con Rustico<br />
si vendica della Tenzone seppellendo il suo<br />
autore sotto una spessa coltre di silenzio.