Rivista Accademica n 21 - accademia dei rozzi

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«Il problema dei restauri del Duomo di Siena dalla fine del Settecento al Novecento è già stato oggetto di uno studio approfondito del prof. Wolfgang Loseries nel capitolo Die Restaurirungen des 19. una 20. Jahrhunderts del libro Der Dom S. Maria Assunta nella collana ‘Die Kirchen von Siena’, in corso di pubblicazione. Io e il professor Loseries siamo arrivati alle stesse conclusioni sia riguardo all’effettivo ruolo che Manetti ricoprì nella direzione dei lavori di ripristino del Duomo, sia ai pezzi restaurati a lui attribuibili; ma il lavoro di entrambi si è svolto in modo autonomo, dato che il professore ha già ultimato il manoscritto dell’opera da pubblicare, mentre le mie ricerche sono avvenute più tardi e indipendentemente dalle sue, perlatro a me ignote fino a poco tempo fa. Ringrazio il prof. Loseries per la gentilezza dimostratami nell’avermi permesso di venire a conoscenza delle sue osservazioni in merito al problema, ciò infatti mi ha consentito di avere una riprova dei risultati della ricerca illustrata nel capitolo della mia tesi di laurea ‘Il ruolo di Antonio Manetti nell’ambito dei lavori di restauro del Duomo senese’». S.R. Abbreviazioni: AAS = Archivio Arcivescovile di Siena ABPSP = Archivio Basilica Patriarcale di San Paolo fuori le mura. ACD = Archivio Contrada del Drago. ACMS = Archivio Chiesa della Madonna del Soccorso. ACS = Archivio Chigi Saracini. ACSMM = Archivio Conservatorio di Santa Maria Maddalena. ACTO = Archivio Contrada della Torre. AIAS = Archivio Istituto d’Arte di Siena AOMS = Archivio Opera Metropolitana di Siena. AOP = Archivio Opera di Provenzano. ASS = Archivio di Stato di Siena. 39

Cenni storico letterari sulle origini del vernacolo senese di SIMONETTA LOSI Le problematiche relative alla lingua senese si inquadrano, solitamente, nell’ambito della lunga disputa sulla presunta superiorità del fiorentino nel variegato panorama linguistico italiano e più in particolare rispetto alle varietà linguistiche all’interno della Toscana. Riguardo agli studi specifici sulla lingua senese, fiorenti fino al XVIII secolo con l’istituzione di una “Cattedra di Toscana Favella” e la costituzione di una “Scuola Senese”, che ponevano Siena in una posizione di primo piano relativamente agli studi linguistici 1 , attualmente si registra una battuta d’arresto: se togliamo alcuni lodevoli esempi di studio e valorizzazione di questa particolare materia attraverso la creazione di corpora linguistici 2 , ristampe di raccolte lessicali 3 o articoli su riviste scientifiche 4 , rileviamo la mancanza di un lavoro organico che analizzi il “dolce idioma” di Siena, a livello fonetico, lessicale e sintattico, sia in senso diacronico che nelle sue componenti diastratiche, diamesiche e diafasiche. Le caratteristiche salienti del vernacolo senese, riconosciuto già nel “De Vulgari Eloquentia” come distinto dal fiorentino, dal pisano, dal lucchese e dall’aretino, possono essere desunte dagli studi sul toscano 5 . Elementi molto antichi e caratteristici del senese, che si possono riscontrare in un gran numero di documenti, sono il monot- 1 A. CAPPAGLI (1991), Diomede Borghesi e Celso Cittadini lettori di toscana favella, in: L. GIANNELLI, N. MARASCHIO, T. POGGI SALANI, M. VEDOVELLI, “Tra Rinascimento e strutture attuali. Saggi di linguistica italiana”, Torino, Rosemberg & Sellier. 2 G. GIACOMELLI (2000), Atlante Lessicale Toscano, Roma, Lexis Progetti editoriali. 3 Come, ad esempio, la ristampa curata da Pietro Trifone di A. LOMBARDI, P. BACCI, F. IACOMETTI, G. MAZZONI. (1944; 2003), “Raccolta di voci e modi di dire tongo “òmo” e “bòno”. Molto frequente è l’uso, a livello lessicale, di termini come “citto”, “acquaio”, “cannella”, “migliaccio”, “principiare”, “pomo”, “seggiola”, “scodella” e, sul piano della morfologia, la costruzione impersonale “si mangia” per “mangiamo”, “si vide” per “vedemmo” eccetera. Per quanto riguarda il vocalismo tonico, la varietà senese contempla “pipistréllo”, “nève”, “mèttere”. Ancora da un punto di vista fonetico si registrano una pronuncia intensa della “-l-” davanti a inizio vocalico ed una tendenza all’uso delle sonore in termini come “casa”, “cosa”, “disegno”, mentre si pronuncia come sorda, ad esempio, l’iniziale di “zucchero” e “zappa”. Si ha inoltre l’affricazione della sibilante sorda preceduta da consonante in “insieme”, “persona”, “il sole”, una riduzione del dittongo “-uo-” (“fòco” al posto di “fuoco”) ed una palatalizzazione di “ghi” che porta verso un suono dentale, dando - ad esempio - un termine come “diaccio” e derivati. Un altro elemento molto antico, già registrato da Leon Battista Alberti per il fiorentino quattrocentesco, ma di uso comune anche a Siena, è l’aggiunta della “–e” alla fine di parole che terminano in consonante. Riguardo alla morfologia verbale è molto diffuso l’uso dell’infinito tronco, quello di “voi facevi” al posto di “voi facevate” per la II persona dell’imperfetto e, per la III persona plurale dell’indicativo presente, l’esten- in uso nella città di Siena e nei suoi dintorni”, Siena, Accademia degli Intronati. 4 M. STANGHELLINI. (2004), La gorgia toscana: eredità etrusca o recente origine neolatina? In: “Accademia dei Rozzi”, Anno XI, n. 20, marzo 2004; P. TRIFONE (2004), Il “Vocabolario Cateriniano” di Girolamo Gigli, in: ““Accademia dei Rozzi”, Anno XI, n. 20, marzo 2004. 5 C. MARAZZINI (1994), La lingua italiana – profilo storico, Bologna, il Mulino. 21

Cenni storico letterari sulle<br />

origini del vernacolo senese<br />

di SIMONETTA LOSI<br />

Le problematiche relative alla lingua senese<br />

si inquadrano, solitamente, nell’ambito<br />

della lunga disputa sulla presunta superiorità<br />

del fiorentino nel variegato panorama<br />

linguistico italiano e più in particolare<br />

rispetto alle varietà linguistiche all’interno<br />

della Toscana.<br />

Riguardo agli studi specifici sulla lingua<br />

senese, fiorenti fino al XVIII secolo con l’istituzione<br />

di una “Cattedra di Toscana<br />

Favella” e la costituzione di una “Scuola<br />

Senese”, che ponevano Siena in una posizione<br />

di primo piano relativamente agli studi<br />

linguistici 1 , attualmente si registra una<br />

battuta d’arresto: se togliamo alcuni lodevoli<br />

esempi di studio e valorizzazione di questa<br />

particolare materia attraverso la creazione<br />

di corpora linguistici 2 , ristampe di raccolte<br />

lessicali 3 o articoli su riviste scientifiche 4 ,<br />

rileviamo la mancanza di un lavoro organico<br />

che analizzi il “dolce idioma” di Siena, a<br />

livello fonetico, lessicale e sintattico, sia in<br />

senso diacronico che nelle sue componenti<br />

diastratiche, diamesiche e diafasiche. Le caratteristiche<br />

salienti del vernacolo senese, riconosciuto<br />

già nel “De Vulgari Eloquentia”<br />

come distinto dal fiorentino, dal pisano, dal<br />

lucchese e dall’aretino, possono essere desunte<br />

dagli studi sul toscano 5 .<br />

Elementi molto antichi e caratteristici<br />

del senese, che si possono riscontrare in un<br />

gran numero di documenti, sono il monot-<br />

1 A. CAPPAGLI (1991), Diomede Borghesi e Celso<br />

Cittadini lettori di toscana favella, in: L. GIANNELLI, N.<br />

MARASCHIO, T. POGGI SALANI, M. VEDOVELLI, “Tra<br />

Rinascimento e strutture attuali. Saggi di linguistica italiana”,<br />

Torino, Rosemberg & Sellier.<br />

2 G. GIACOMELLI (2000), Atlante Lessicale Toscano,<br />

Roma, Lexis Progetti editoriali.<br />

3 Come, ad esempio, la ristampa curata da Pietro<br />

Trifone di A. LOMBARDI, P. BACCI, F. IACOMETTI, G.<br />

MAZZONI. (1944; 2003), “Raccolta di voci e modi di dire<br />

tongo “òmo” e “bòno”. Molto frequente è<br />

l’uso, a livello lessicale, di termini come<br />

“citto”, “acquaio”, “cannella”, “migliaccio”,<br />

“principiare”, “pomo”, “seggiola”, “scodella” e,<br />

sul piano della morfologia, la costruzione<br />

impersonale “si mangia” per “mangiamo”, “si<br />

vide” per “vedemmo” eccetera. Per quanto riguarda<br />

il vocalismo tonico, la varietà senese<br />

contempla “pipistréllo”, “nève”, “mèttere”.<br />

Ancora da un punto di vista fonetico si<br />

registrano una pronuncia intensa della “-l-”<br />

davanti a inizio vocalico ed una tendenza<br />

all’uso delle sonore in termini come “casa”,<br />

“cosa”, “disegno”, mentre si pronuncia come<br />

sorda, ad esempio, l’iniziale di “zucchero” e<br />

“zappa”. Si ha inoltre l’affricazione della sibilante<br />

sorda preceduta da consonante in<br />

“insieme”, “persona”, “il sole”, una riduzione<br />

del dittongo “-uo-” (“fòco” al posto di “fuoco”)<br />

ed una palatalizzazione di “ghi” che<br />

porta verso un suono dentale, dando - ad esempio<br />

- un termine come “diaccio” e derivati.<br />

Un altro elemento molto antico, già registrato<br />

da Leon Battista Alberti per il fiorentino<br />

quattrocentesco, ma di uso comune<br />

anche a Siena, è l’aggiunta della “–e” alla fine<br />

di parole che terminano in consonante.<br />

Riguardo alla morfologia verbale è molto<br />

diffuso l’uso dell’infinito tronco, quello<br />

di “voi facevi” al posto di “voi facevate” per la<br />

II persona dell’imperfetto e, per la III persona<br />

plurale dell’indicativo presente, l’esten-<br />

in uso nella città di Siena e nei suoi dintorni”, Siena,<br />

Accademia degli Intronati.<br />

4 M. STANGHELLINI. (2004), La gorgia toscana: eredità<br />

etrusca o recente origine neolatina? In: “Accademia<br />

<strong>dei</strong> Rozzi”, Anno XI, n. 20, marzo 2004; P. TRIFONE<br />

(2004), Il “Vocabolario Cateriniano” di Girolamo Gigli,<br />

in: ““Accademia <strong>dei</strong> Rozzi”, Anno XI, n. 20, marzo<br />

2004.<br />

5 C. MARAZZINI (1994), La lingua italiana – profilo<br />

storico, Bologna, il Mulino.<br />

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