Le tigelle e i borlenghi come si facevano un tempo - Ermes Agricoltura
Le tigelle e i borlenghi come si facevano un tempo - Ermes Agricoltura
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I MUSEI DEL GUSTO<br />
PATRIZIA ALBERTI<br />
Servizio Sviluppo Sistema<br />
Agroalimentare,<br />
Regione Emilia-Romagna<br />
FRANCESCA PONTI<br />
Servizio Valorizzazione<br />
delle Produzioni,<br />
Regione Emilia-Romagna<br />
Pentola, tegame e<br />
antichi stampi per<br />
preparare le <strong>tigelle</strong>.<br />
<strong>Le</strong> <strong>tigelle</strong> e i <strong>borlenghi</strong><br />
<strong>come</strong> <strong>si</strong> <strong>facevano</strong> <strong>un</strong> <strong>tempo</strong><br />
Nell’Appennino modenese a Samone, borgo medioevale nel territorio<br />
di Guiglia, e nel com<strong>un</strong>e di Zocca <strong>si</strong> possono ritrovare attrezzi e<br />
testimonianze per la preparazione di questi due cibi, semplici ed antichi.<br />
All’interno del Parco Regionale dei Sas<strong>si</strong> di<br />
Rocca Malatina, tra macchie boscate, prati<br />
e vecchi castagneti, <strong>si</strong> trova l’antico borgo<br />
Samone, dove è pos<strong>si</strong>bile vi<strong>si</strong>tare la “Mostra permanente<br />
della tigella”.<br />
Samone è <strong>un</strong>o splendido borgo medioevale ad andamento<br />
circolare, il cui nome compare per la prima<br />
volta nel 1048 in <strong>un</strong> documento ritrovato nell’Abbazia<br />
di Nonantola. L'accesso al borgo è caratterizzato<br />
da <strong>un</strong> portale ad arco che attraversa <strong>un</strong>a casatorre,<br />
costruita nella seconda metà del Quattrocento<br />
a difesa dell’abitato.<br />
Sulla facciata d’ingresso durante i lavori di restauro<br />
è stata ritrovata <strong>un</strong>a finestra gotica trilobata decisamente<br />
insolita e di elevata rilevanza architettonica.All'ultimo<br />
piano della casa-torre, nella suggestiva<br />
“Sala degli stemmi”, è ospitata la “Mostra della<br />
tigella”, spazio messo a dispo<strong>si</strong>zione del pubblico<br />
<strong>come</strong> Centro vi<strong>si</strong>tatori del Parco da parte del proprietario,<br />
il dottor Enrico Marchetti. <strong>Le</strong> pareti della<br />
sala sono interamente affrescate e di queste decorazioni<br />
<strong>si</strong> sono conservate vaste superfici, tra cui<br />
l’immagine di <strong>un</strong> viso ancora ignoto e due stemmi<br />
appartenenti alla famiglia dei Pio, feudatari di Carpi<br />
e di Sassuolo, <strong>si</strong>gnori di Guiglia e di Samone dal<br />
1405 fino al 1525.<br />
Foto Dell’Aquila<br />
STRUMENTI RINASCIMENTALI<br />
DI COTTURA DEL CIBO<br />
In questa sala, dove il <strong>tempo</strong> <strong>si</strong> è fermato all’epoca<br />
rinascimentale, fanno splendida mostra di sé le <strong>tigelle</strong>,<br />
dischi di terracotta refrattaria variamente decorati<br />
e che tuttora sono prodotti in questa zona per<br />
la cottura delle tipiche “crescentine”. La tigella è infatti<br />
<strong>un</strong>a piastra in terracotta rotonda, del diametro<br />
variabile fra i 10-13 centimetri e con spessore di circa<br />
1 centimetro per la cottura delle crescentine (spesso<br />
erroneamente chiamate <strong>tigelle</strong>).<br />
Il percorso espo<strong>si</strong>tivo illustra il ciclo dei lavori connes<strong>si</strong><br />
alla produzione delle “crescentine”, il cibo <strong>un</strong><br />
<strong>tempo</strong> principale per gli abitanti della zona anche<br />
nei periodi di carenza di alimenti. Si possono osservare<br />
strumenti della vita contadina (trebbiatura del<br />
grano, raccolta delle castagne e molitura) e per la<br />
preparazione delle <strong>tigelle</strong>.<br />
Ogni famiglia produceva le <strong>tigelle</strong> con il proprio<br />
<strong>si</strong>mbolo di riconoscimento e, spesso, era pos<strong>si</strong>bile<br />
osservarle ad asciugare sulla cappa del camino prima<br />
della loro cottura. Il decoro che tuttavia <strong>si</strong> ritrova<br />
più frequentemente anche sulle moderne tigelliere<br />
in alluminio è quello della rosa a sei p<strong>un</strong>te detta<br />
“Rosa Comacina”, <strong>si</strong>mbolo di buon auspicio e<br />
<strong>come</strong> tale messo sul pane. Si tratta, infatti, di <strong>un</strong> <strong>si</strong>mbolo<br />
dalle origini antiche, citato anche su <strong>un</strong>a stele<br />
etrusca del IV secolo ritrovata nel Bolognese, che<br />
compare fin dall’epoca del bronzo.<br />
Nel <strong>tempo</strong>, la Rosa Comacina - il cui nome deriva<br />
dal termine “Comacini” con cui venivano indicati i<br />
mastri scalpellini lombardi esperti nella lavorazione<br />
dell’arenaria - è anche divenuta d’uso com<strong>un</strong>e per<br />
decorare <strong>si</strong>a elementi di pregio delle abitazioni, <strong>si</strong>a<br />
oggetti d’uso domestico. Altri motivi ornamentali<br />
ricorrenti nelle <strong>tigelle</strong> sono il gallo, i disegni con elementi<br />
vegetali, le iniziali delle famiglie, le greche e le<br />
cordonature l<strong>un</strong>go il bordo. Nel museo è pos<strong>si</strong>bile<br />
ammirare anche frammenti rinvenuti di <strong>tigelle</strong> risalenti<br />
all’epoca medievale,che testimoniano l’uso antichis<strong>si</strong>mo<br />
di questo strumento di cottura.
LA PRODUZIONE DELLE TIGELLE<br />
Durante la vi<strong>si</strong>ta la nostra guida, la dottoressa Elena<br />
Iori, ci spiega <strong>come</strong> la tecnica di produzione delle<br />
<strong>tigelle</strong> richieda cura e abilità, <strong>si</strong>a nella scelta dei<br />
materiali, che nell’esecuzione delle diverse fa<strong>si</strong> di<br />
lavorazione. Gli elementi naturali che la costituiscono<br />
sono l’argilla (detta “terra di castagno” perché<br />
prelevata nei castagneti) e la calcite (o “pietra”<br />
o preda: minerale di carbonato di calcio, facilmente<br />
rinvenibile sui calanchi). La pietra deve essere<br />
frantumata e setacciata, utilizzando il martello (in<br />
ferro) e il setaccio per <strong>un</strong>iformare le dimen<strong>si</strong>one dei<br />
frammenti.<br />
Una percentuale variabile di questa polvere viene<br />
aggi<strong>un</strong>ta alla terra e il composto così ottenuto viene<br />
impastato e battuto per alc<strong>un</strong>e ore con <strong>un</strong>’asta<br />
di ferro o <strong>un</strong> bastone di legno per renderlo omogeneo.<br />
La formella così ottenuta viene sagomata, inserendo<br />
l’impasto nello stampo di legno duro che riporta<br />
il decoro. Una volta tolta dallo stampo, la tigella<br />
viene stesa su di <strong>un</strong> asse di legno e mantenuta,<br />
per circa <strong>un</strong> mese, in <strong>un</strong> luogo buio per essere es<strong>si</strong>ccata.<br />
Nell’ultima fase la formella viene cotta per circa<br />
<strong>un</strong>’ora.<br />
Oggi le <strong>tigelle</strong> tradizionali sono state sostituite da<br />
prodotti industriali in alluminio, in ghisa o in pietra<br />
refrattaria, ma i palati più raffinati pretendono<br />
che le crescenti <strong>si</strong>ano cotte con la tecnica antica.<br />
L<strong>un</strong>go il percorso è pos<strong>si</strong>bile osservare altri attrezzi<br />
collegati al ciclo del pane,<strong>come</strong> antiche pietre impiegate<br />
per la trebbiatura del grano, la “pila con la stanga”,<br />
<strong>un</strong>o strumento utilizzato in passato per la sbucciatura<br />
delle castagne es<strong>si</strong>ccate, la “vassora”utilizzata<br />
per separare le castagne sbucciate dalla pula.Completano<br />
l’espo<strong>si</strong>zione <strong>un</strong> modellino f<strong>un</strong>zionante di<br />
mulino ad acqua e di macchina per la trebbiatura del<br />
grano.<br />
IL POSTO DEI BORLENGHI<br />
A pochi chilometri di distanza dalla Sala degli stemmi<br />
è pos<strong>si</strong>bile vi<strong>si</strong>tare <strong>un</strong> altro Centro, che accoglie<br />
il museo-laboratorio del borlengo. Il borlengo, ci<br />
ricorda Riccardo Solmi, pre<strong>si</strong>dente di PromAppennino,<br />
è <strong>un</strong> cibo che fa parte della cultura e della<br />
tradizione della valle del Panaro, conosciuto fin dalla<br />
preistoria, accom<strong>un</strong>abile alla schiera dei cibi legati<br />
al cibo-sole <strong>come</strong> cibo-vita di origine pagana.<br />
All’interno del centro sono esposte varie ver<strong>si</strong>oni<br />
di padelle, chiamate “sole”, utilizzate da sempre per<br />
cucinare questa particolare pietanza, oltre a tutti gli<br />
altri uten<strong>si</strong>li ad essa legati. La tradizione, tramandata<br />
per lo più oralmente, vede il borlengo <strong>come</strong><br />
cibo tipico del periodo di carnevale, cucinato dall’Epifania<br />
fino al martedì grasso; il termine stesso<br />
Foto Dell’Aquila<br />
infatti sembra derivare dalla parola “burla”.<br />
Il borlengo è stato sempre con<strong>si</strong>derato <strong>un</strong> cibo povero,<br />
qua<strong>si</strong> <strong>un</strong>a forma primordiale di pane. La sua preparazione<br />
è caratterizzata da <strong>un</strong> lato dalla semplicità<br />
degli ingredienti - farina, acqua e sale, a cui <strong>si</strong> è<br />
aggi<strong>un</strong>to in seguito <strong>come</strong> condimento lardo fuso,<br />
rosmarino, aglio e Parmigiano-Reggiano grattugiato<br />
- e dall’altro dalla comples<strong>si</strong>tà dell’esecuzione.<br />
Per chi voglia assaggiarlo o cimentar<strong>si</strong> nella sua<br />
preparazione, accanto alla sala espo<strong>si</strong>tiva è allestita<br />
<strong>un</strong>a sala per la cottura del borlengo, in cui su richiesta<br />
<strong>si</strong> organizzano lezioni di cucina.<br />
Immer<strong>si</strong> nella natura dell’Appennino modenese<br />
questi centri, as<strong>si</strong>eme all’attiguo Museo del castagno,<br />
offrono al vi<strong>si</strong>tatore l’opport<strong>un</strong>ità di trascorrere<br />
<strong>un</strong>a vacanza all’insegna della cultura, della<br />
gastronomia e della natura, indissolubilmente legate<br />
fra loro. <br />
VADEMECUM DEL VISITATORE<br />
MUSEO LABORATORIO<br />
DEL BORLENGO<br />
APERTURA AL PUBBLICO<br />
da Pasqua al 1° novembre:<br />
domenica e festivi dalle 10 alle 12<br />
e dalle 15 alle 19.<br />
PREZZO D’INGRESSO<br />
Con <strong>un</strong> <strong>un</strong>ico biglietto, acquistabile nei<br />
Centri del Parco, è pos<strong>si</strong>bile<br />
accedere a tutti i luoghi,<br />
mostre ed espo<strong>si</strong>zioni.<br />
adulti Z 2,50;<br />
ridotti (ragazzi fino ai 14 anni e<br />
portatori di handicap) e gruppi Z 1;<br />
MOSTRA PERMANENTE<br />
DELLA TIGELLA<br />
APERTURA AL PUBBLICO<br />
da Pasqua al 1° novembre:<br />
domenica e festivi dalle 10 alle 12 e<br />
dalle 14.30 alle 18.30, eccetto luglio.<br />
Il museo-laboratorio<br />
del borlengo<br />
(particolare).<br />
Si ringraziano<br />
per la corte<strong>si</strong>a e<br />
la disponibilità:<br />
Riccardo Solmi,<br />
pre<strong>si</strong>dente di<br />
PromAppenino;<br />
Elena Iori, del Centro<br />
Parco il Fontanazzo;<br />
Antonio Giuliani,<br />
pre<strong>si</strong>dente<br />
dell’Associazione<br />
di volontari<br />
La Slùgadora.<br />
Validità: 8 giorni dalla data<br />
di acquisto.<br />
SEDE<br />
Ospitale di San Giacomo -<br />
Lame di Zocca (MO).<br />
INFORMAZIONI<br />
PromAppennino, tel. 059/985584.<br />
Centro Parco Il Fontanazzo,<br />
Pieve di Trebbio, n.1287,<br />
Rocca Malatina - Guiglia (MO)<br />
tel. 059 795 721 - fax. 059/795044.<br />
e-mail: parcosas<strong>si</strong>@database.it<br />
Web: www.regione.emilia-romagna.<br />
it/parchi/roccamalatina <br />
luglio e agosto:<br />
domenica e festivi dalle 10 alle 12<br />
e dalle 16.30 alle 19.30.<br />
SEDE<br />
Località Samone di Guiglia (MO)<br />
nel borgo antico, Via Castello 105. <br />
125<br />
MAGGIO<br />
2007