Coi CAPPONI di Mezzolara si fa il BRODO di ... - Ermes Agricoltura

IN AZIENDA
GIUSEPPE DI PAOLO
Aotto anni era preoccupato che
sua nonna morisse. Temeva
non tanto la morte, di cui a
quell’età non si ha un’esatta percezione,
quanto che non ci fosse più
nessuno che in casa sapesse fare i
tortellini.
A ventotto anni i tortellini li fa da
solo, dalla sfoglia fino al ripieno, che
prepara “ad occhio”, senza dover
ricorrere a ricette o bilance; con l’abilità,
insomma, del saper fare che
deriva da una lunga pratica. La pratica
che ha fatto proprio con la nonna,
grazie al cielo ancora ben viva e
vegeta, e con la quale oggi discetta
alla pari di cibo e dei “mangiari” che
hanno reso famosa la cucina bolognese
nel mondo.
Già che c’era, Ottavio Natali, di Mezzolara
(Bologna), ingegnere elettronico
con tanto di esame di Stato alle
spalle, ha deciso che anche il brodo
va fatto con tutti i crismi, come si
faceva un tempo: con il cappone.
Quello ruspante che razzolava nell’aia,
da San Rocco (nel mese di giugno
giorno tradizionalmente dedicato
nelle campagne alla castrazione
dei pulcini) a Natale.
Chi si diletta un po’ in cucina e ne
frequenta la vasta letteratura sa quante
volte capita di leggere ricette che
predicano il brodo di cappone, ma, siccome
i capponi non si sa dove trovarli,
vi consigliano di ripiegare su
un più prosaico brodo di gallina o
anche di bovino.
Ma Ottavio Natali sin da piccolo era
preoccupato di poter continuare a
vivere in campagna per conservare
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L’impresa di Ottavio
e Alessandro Natali,
che hanno puntato
sulla specializzazione
avicola, allevando una
razza rustica.
Coi CAPPONI
di Mezzolara
si fa il BRODO
di una volta…
Uno dei capponi allevato all'aperto
nell'azienda Natali. (Foto Dell'Aquila)
modi di vita che lo facevano stare
bene e così ha deciso che il suo contributo
a mantenere vive quelle tradizioni
era metter su un allevamento
di capponi ruspanti.
E’ una passione che probabilmente gli
ha trasmesso il papà Alessandro, il
quale, rimasto orfano di padre a undici
anni e diventato genitore a sua volta
a diciotto anni, aveva dovuto trovarsi
un lavoro che gli desse sicurezza
per vivere, più di quanto non
potesse fare la piccola azienda agricola
paterna. E così Ottavio si è ritrovato
metalmeccanico in un’impresa
ad alta specializzazione, che costruisce
tra l’altro i cambi delle moto da
corsa della Ducati, ma con il cuore
e la testa sempre nell’azienda paterna.
E il sogno si sta pian piano realizzando.
DA INGEGNERE AD ALLEVATORE
Ma andiamo con ordine. L’attività di
libera professione consente ad Ottavio
di avere un po’ di tempo libero,
così costituisce una società semplice
con il cugino del padre, Ruggero Natali,
imprenditore agricolo. Alla società
- che in virtù delle nuove normative
introdotte dalla “legge di orientamento”
è agricola per la presenza al
50% di un socio agricoltore - vengono
conferiti in comodato i terreni dei due
cugini: quindici ettari in totale, di cui
dieci attorno all’antica casa padronale
del “Podere Casino”, antico possedimento
degli Jussi di San Lazzaro
di Savena. E’ qui che Alessandro e
Ottavio Natali da quattro anni hanno
cominciato ad allevare capponi.
«Fino all’anno scorso - racconta Alessandro
- abbiamo comprato capponcelli
di 6-7 etti, che poi facevamo
ingrassare. Ma la nostra aspirazione
era allevare l’animale dalla nascita,
per potere ottenere una qualità elevata,
al pari dei capponi che si allevavano
un tempo per Natale. Da quest’anno,
grazie all’incontro con uno
zoologo veneto, il professor Maurizio
Arduin, abbiamo trovato un incubatoio
che ci fornisce pulcini di un
giorno, quindi appena nati, e per di
più di una razza rustica, come stavamo
cercando noi. Ne abbiamo presi
cinquecento».
Ora gli animali razzolano sul prato e
in mezzo agli alberi (una vera salvezza
dalla calura della scorsa estate) su sette
mila metri quadrati di terreno, con
quattordici metri quadrati a disposizione
a testa, dieci in più del minimo
prescritto dai disciplinari degli allevamenti
avicoli biologici. Sono pro-

prio come quelli che la nonna Edda
allevava una trentina d’anni fa: colorazione
tra il grigio, il giallo e rossiccio
e una bella coda blu scura.
«Sulla razza non c’è accordo tra gli
esperti - spiega Alessandro - c’è chi dice
che è la “red grey” inglese e chi invece
sostiene che si tratta della “ermellinata
di Rovigo”. E’ certo però che si tratta
di quel tipo di capponi che veniva
allevato comunemente nel Bolognese.
E’ una razza veramente rustica adatta
all’allevamento a terra».
LA GESTIONE DEI PULCINI
E I PROGRAMMI AZIENDALI
E a terra i pulcini vengono messi fin
dalle prime settimane di vita, sottoposti,
oltre alla castrazione, alla tripla
vaccinazione, contro la “malattia
di Newcastle”, la bronchite infettiva
e il vaiolo. «Partendo dal pulcino,
facendo noi le vaccinazioni e mettendoli
ad alimentarsi fuori all’aperto
molto presto,con molti timori e
paure che potessero ammalarsi - afferma
Ottavio - siamo riusciti a far crescere
capponi veramente eccezionali,
sia per la salute - non abbiamo nes-
Alessandro (a sinistra) e Ottavio Natali.
(Foto Dell'Aquila)
suna intenzione di usare antibiotici -
sia per la qualità delle carni».
Oltre all’erba che trovano nel campo,
i capponi mangiano mais miscelato
a soia e crusca. «Il mais - dice
Alessandro - lo produciamo sui nostri
terreni; è a granella medio- piccola
e ad alto contenuto di proteine; lo
mescoliamo con soia, alto prodotto
molto proteico, e crusca». L’alimen-
tazione viene curata personalmente,
con molta attenzione: buona parte
del sabato e della domenica Alessandro
e Ottavio la trascorrono a preparare
il pasto per gli animali.
Il traguardo dei due allevatori è occuparsi
dell’azienda a tempo pieno. Tra
i prossimi investimenti ci sono un
macello aziendale, per fornire ai clienti
il prodotto finito - la vendita viene
effettuata solo aziendalmente - ed
un incubatoio. «Vogliamo far nascere
i pulcini in azienda e partecipare
al progetto del professor Arduin per
riportare in purezza la razza “grossa,
o gigante, bolognese”, allevata
nelle nostre campagne prima della
seconda guerra mondiale».
Obiettivo impresa, quindi, «senza
però - precisa Ottavio - crescere troppo
da rischiare di cadere in logiche
industriali. Crediamo che per mantenere
una qualità elevata dobbiamo
mantenere un sistema di allevamento
di cui possiamo controllare
tutti i passaggi. E’ importante, perché
dietro i capponi ci mettiamo la
nostra reputazione, che è la migliore
garanzia per i consumatori». !