Relazione Bioetica.pdf - Liceo Ginnasio Statale Orazio di Roma

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17.06.2013 Views

viene tagliato il cordone ombelicale e il bambino deve respirare autonomamente, attraverso i polmoni: se non lo fa per più di cinque minuti muore, ma se lo fa in ritardo anche se non muore può riportare gravi danni cerebrali e quindi sarà un handicappato. Vi faccio anche qui un esempio concreto. Quest’estate mi è capitato un caso di cui voglio parlarvi: esiste una malformazione fetale che si chiama ernia diaframmatica: il diaframma è un esteso muscolo che attraversa il nostro corpo a metà e divide la parte superiore che contiene i polmoni e il cuore da quella inferiore che contiene il fegato, lo stomaco e gli intestini. Nella parte centrale del diaframma c’è un buco che serve a far passare l’esofago che permette al cibo di passare dalla bocca verso gli intestini. Ora se nella vita fetale questo buco è troppo grande, poiché i polmoni non sono ancora espansi dato che il bambino non respira, la massa intestinale tende a risalire attraverso questo buco e ad occupare lo spazio toracico riservato ai polmoni. Fino a qualche tempo fa ancora non si faceva l’ecografia. Parentesi: penso che oggi ci dovrebbero essere macchine ecografiche come i distributori di caffè, tanto la pratica è intensa e diffusa per un’ansia di seguire lo sviluppo del feto. (Ho assistito ad una telefonata in cui un mio collega diceva: “ No, signora, l’ecografia non implica danni, no, nessun danno: ah, ne ha fatte tredici? Ma allora è il caso che si dia una calmata”). Ebbene in assenza di ecografia succedeva in questi casi che la gravidanza andava bene, il feto cresceva normalmente, si arrivava al parto, e dopo la nascita, l’ostetrica dava delle sculacciate al neonato per farlo respirare, ma il bambino con ernia diaframmatica non respirava perché aveva lo spazio toracico invaso dagli intestini e quindi moriva. Adesso lo si sa in anticipo: a un certo momento attraverso l’ecografia viene fatta la diagnosi di ernia diaframmatica e quindi viene organizzato l’intervento al momento del parto in una sala speciale, con medici speciali. Appena nato, il bambino viene intubato in modo che possa respirare e non far mancare l’ossigeno al cervello, nel frattempo viene operato chirurgicamente, il buco viene ridotto e circoscritto e la massa intestinale ricacciata nella sua naturale cavità per lasciare spazio ai polmoni che devono espandersi. Il bambino è perfettamente sano, sta bene, dalla morte quasi certa è passato ad una vita normale. Ma tutta l’operazione deve svolgersi in tempi molto ristretti, con estrema rapidità; infatti se c’è un intoppo, se quindi il bambino non respira subito il danno cerebrale sarà gravissimo. Su una statistica di settanta casi del genere, 69 sono stati operati con successo, il settantesimo invece è un bambino sfortunato, per il quale le cose all’atto della nascita non sono andate secondo previsione ed è quindi rimasto attaccato ad una macchina, ad un polmone artificiale e ci dovrà rimanere attaccato per sempre. Ecco dunque che anche in questo caso (come in tanti altri casi simili, in cui si giunge anche ad interventi chirurgici nel feto all’interno della placenta durante la gravidanza), mentre fino a pochi anni fa non si poneva alcun problema, oggi, al momento della diagnosi del difetto fetale, si pongono implicazioni di carattere etico, si devono fare delle scelte, si deve decidere se affrontare o no il rischio, perché di rischio si deve comunque parlare. E la responsabilità rimane ai genitori. La riproduzione dell’uomo è stata sempre più o meno sotto un controllo naturale, nel senso che la fecondità era molto elevata, l’uomo era tra i mammiferi più fertili, ma la mortalità infantile era a sua volta così alta che alla fine si giungeva ad una dimensione di famiglia grosso modo accettabile, ragionevole, soprattutto se la si considera all’interno di quella famiglia allargata che ha dominato per moltissimo tempo lo scenario culturale umano: la famiglia nucleare infatti è un’esperienza recente che si manifesta solo nell’ultima generazione. Queste grandi famiglie sperimentavano nascite e morti di bambini quasi quotidianamente. Per migliaia di anni questo era il vissuto delle madri e

dei padri e di tutti gli altri consanguinei. Oggi le cose sono cambiate: ad ogni gravidanza matura un desiderio dei genitori di avere un figlio ed un figlio sano, che sarà destinato a crescere e vivere fino alla vecchiaia, riducendo a zero, magari illusoriamente, la nozione di rischio infantile. C’è dunque un tale investimento affettivo in quell’unica o in quelle due gravidanze che si giustificano anche le 13 ecografie che sono certamente un’esagerazione. Per mantenere le dimensioni della famiglia nucleare ci sono solo gli anticoncezionali chimici o fisici, o l’aborto. Siccome questo incide su un fatto fondamentale che è il mantenimento dell’equilibrio nella famiglia, quindi anche questo diventa un problema etico, non è un problema che possa essere risolto dalla scienza. In particolare, se voi sperate ad esempio che la scienza possa dirvi quando comincia la vita per risolvervi il problema di accettare o meno l’aborto, vi sbagliate di grosso, perché lo sviluppo embrionale e fetale è un continuum, non esiste un momento di inizio esatto. Del resto non esiste neanche un momento esatto della morte perché anche quella è un evento che si svolge in un arco di tempo; quindi chiedere alla scienza che definisca la vita non è possibile, e quindi anche questo è un problema che coinvolge delle scelte individuali, e quindi la coscienza a livello individuale. E’ difficile che si possano avere al riguardo delle leggi che risultino accettabili per tutti, che siano largamente condivise. Ma la concentrazione di investimento affettivo che si verifica sulle poche gravidanze che ci sono determina il fatto che, nella famiglia nucleare soprattutto, la riproduzione diventa un valore anche di status socioeconomico molto importante. Se si aggiunge poi il fatto che, per come è strutturato il mercato del lavoro, la donna pensa alla maternità in età relativamente avanzata, a trentacinque, trentasei anni, è molto probabile che ci sia il pericolo della sterilità, perché tutto il sistema riproduttivo “secondo natura” fra virgolette, diciamo così, é stato frenato, e la donna, che poteva riprodursi già a sedici, diciassette anni, affronta questo evento molto più tardi. Il problema della sterilità è un problema serio, che viene vissuto in modo drammatico, e di qui comincia la sarabanda delle fecondazioni artificiali, delle fecondazioni in vitro, della donazione dell’ovulo, della donazione dello spermatozoo, dell’utero in affitto. Tutto questo non è altro che la conseguenza della pressione fortissima dell’utente che sente in modo spasmodico di dover svolgere la funzione che ritiene essenziale di avere almeno un figlio. Questa pressione determina una gamma molto complessa, molto articolata di comportamenti da parte dei medici, e naturalmente da parte dei pazienti che si rivolgono ai medici, ed è difficilissimo mettere il tutto dentro una legislazione unica. Badate bene che non è la legge a determinare un certo comportamento, la legge comincia a funzionare quando arriva a sanzionare per iscritto un comportamento che è largamente condiviso. Per avere un’opinione largamente condivisa in materia occorreranno parecchie decine di anni, quanti ne sono serviti finora per avere un’opinione condivisa su com’era la situazione precedentemente; non è pensabile che sia possibile metter in piedi sin da subito un accordo, perché il parlamento non è qualcosa di trascendente, non è fatto di superuomini, fotografa la situazione del paese attraverso la sua legislazione. Né è da pensare che queste decisioni possano essere delegate al medico o all’operatore sanitario: questo è l’altro sogno del paziente. E qui apro un’altra parentesi: per avere il massimo dell’efficienza da parte del medico, costui deve essere nella condizione di poter agire quasi automaticamente. Ad esempio un chirurgo durante un intervento non può prendere più di un milione di decisioni, lui applica una tecnica e tutte queste operazioni le fa in un campo operatorio che gli cancella completamente l’individuo, perché lui non vede il corpo, la testa, il sopra o il sotto, non vede niente al di la del suo campo operatorio, esegue tutti i passi successivi previsti dal tipo di intervento e solo così ha successo. Proprio nel momento in cui la medicina si disumanizza di più, proprio

dei padri e <strong>di</strong> tutti gli altri consanguinei. Oggi le cose sono cambiate: ad ogni gravidanza<br />

matura un desiderio dei genitori <strong>di</strong> avere un figlio ed un figlio sano, che sarà destinato a<br />

crescere e vivere fino alla vecchiaia, riducendo a zero, magari illusoriamente, la nozione<br />

<strong>di</strong> rischio infantile. C’è dunque un tale investimento affettivo in quell’unica o in quelle<br />

due gravidanze che si giustificano anche le 13 ecografie che sono certamente<br />

un’esagerazione. Per mantenere le <strong>di</strong>mensioni della famiglia nucleare ci sono solo gli<br />

anticoncezionali chimici o fisici, o l’aborto. Siccome questo incide su un fatto<br />

fondamentale che è il mantenimento dell’equilibrio nella famiglia, quin<strong>di</strong> anche questo<br />

<strong>di</strong>venta un problema etico, non è un problema che possa essere risolto dalla scienza.<br />

In particolare, se voi sperate ad esempio che la scienza possa <strong>di</strong>rvi quando comincia la<br />

vita per risolvervi il problema <strong>di</strong> accettare o meno l’aborto, vi sbagliate <strong>di</strong> grosso,<br />

perché lo sviluppo embrionale e fetale è un continuum, non esiste un momento <strong>di</strong> inizio<br />

esatto. Del resto non esiste neanche un momento esatto della morte perché anche<br />

quella è un evento che si svolge in un arco <strong>di</strong> tempo; quin<strong>di</strong> chiedere alla scienza che<br />

definisca la vita non è possibile, e quin<strong>di</strong> anche questo è un problema che coinvolge<br />

delle scelte in<strong>di</strong>viduali, e quin<strong>di</strong> la coscienza a livello in<strong>di</strong>viduale. E’ <strong>di</strong>fficile che si<br />

possano avere al riguardo delle leggi che risultino accettabili per tutti, che siano<br />

largamente con<strong>di</strong>vise.<br />

Ma la concentrazione <strong>di</strong> investimento affettivo che si verifica sulle poche gravidanze che<br />

ci sono determina il fatto che, nella famiglia nucleare soprattutto, la riproduzione<br />

<strong>di</strong>venta un valore anche <strong>di</strong> status socioeconomico molto importante. Se si aggiunge poi il<br />

fatto che, per come è strutturato il mercato del lavoro, la donna pensa alla maternità in<br />

età relativamente avanzata, a trentacinque, trentasei anni, è molto probabile che ci sia<br />

il pericolo della sterilità, perché tutto il sistema riproduttivo “secondo natura” fra<br />

virgolette, <strong>di</strong>ciamo così, é stato frenato, e la donna, che poteva riprodursi già a se<strong>di</strong>ci,<br />

<strong>di</strong>ciassette anni, affronta questo evento molto più tar<strong>di</strong>. Il problema della sterilità è un<br />

problema serio, che viene vissuto in modo drammatico, e <strong>di</strong> qui comincia la sarabanda<br />

delle fecondazioni artificiali, delle fecondazioni in vitro, della donazione dell’ovulo,<br />

della donazione dello spermatozoo, dell’utero in affitto. Tutto questo non è altro che la<br />

conseguenza della pressione fortissima dell’utente che sente in modo spasmo<strong>di</strong>co <strong>di</strong><br />

dover svolgere la funzione che ritiene essenziale <strong>di</strong> avere almeno un figlio. Questa<br />

pressione determina una gamma molto complessa, molto articolata <strong>di</strong> comportamenti<br />

da parte dei me<strong>di</strong>ci, e naturalmente da parte dei pazienti che si rivolgono ai me<strong>di</strong>ci, ed<br />

è <strong>di</strong>fficilissimo mettere il tutto dentro una legislazione unica. Badate bene che non è la<br />

legge a determinare un certo comportamento, la legge comincia a funzionare quando<br />

arriva a sanzionare per iscritto un comportamento che è largamente con<strong>di</strong>viso. Per<br />

avere un’opinione largamente con<strong>di</strong>visa in materia occorreranno parecchie decine <strong>di</strong><br />

anni, quanti ne sono serviti finora per avere un’opinione con<strong>di</strong>visa su com’era la<br />

situazione precedentemente; non è pensabile che sia possibile metter in pie<strong>di</strong> sin da<br />

subito un accordo, perché il parlamento non è qualcosa <strong>di</strong> trascendente, non è fatto <strong>di</strong><br />

superuomini, fotografa la situazione del paese attraverso la sua legislazione. Né è da<br />

pensare che queste decisioni possano essere delegate al me<strong>di</strong>co o all’operatore<br />

sanitario: questo è l’altro sogno del paziente. E qui apro un’altra parentesi: per avere<br />

il massimo dell’efficienza da parte del me<strong>di</strong>co, costui deve essere nella con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

poter agire quasi automaticamente. Ad esempio un chirurgo durante un intervento non<br />

può prendere più <strong>di</strong> un milione <strong>di</strong> decisioni, lui applica una tecnica e tutte queste<br />

operazioni le fa in un campo operatorio che gli cancella completamente l’in<strong>di</strong>viduo,<br />

perché lui non vede il corpo, la testa, il sopra o il sotto, non vede niente al <strong>di</strong> la del suo<br />

campo operatorio, esegue tutti i passi successivi previsti dal tipo <strong>di</strong> intervento e solo<br />

così ha successo. Proprio nel momento in cui la me<strong>di</strong>cina si <strong>di</strong>sumanizza <strong>di</strong> più, proprio

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