Relazione Bioetica.pdf - Liceo Ginnasio Statale Orazio di Roma

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Il legislatore democratico deve saper essere anche un legislatore sobrio. Poteva esserlo anche nel caso della riproduzione assistita? Proviamo a fare un’operazione di depurazione ideologica della legge recente, esaminando alcuni degli argomenti portati a sua giustificazione. Argomento principe: bisogna finirla con il far west procreativo. Ma l’esperienza di tutti i paesi mostra che questo è un obiettivo raggiungibile con poche norme che individuano casi limite. Con regole dettagliate sull’informazione alle donne, con autorizzazioni e controlli severi dei centri per la riproduzione. Eravamo arrivati assai vicini a questo risultato soprattutto quando un ministro della Sanità, Elio Guzzanti, aveva predisposto un regolamento dei centri, che avrebbe eliminato il far west senza appesantimenti legislativi. E invece si preferì conservare il far west che, non dimentichiamolo, ha la sua origine in una circolare del ministro Degan che, vietando per motivi soltanto ideologici la fecondazione eterologa nelle strutture pubbliche, consegnava alla speculazione privata proprio la parte più delicata (e lucrosa) della riproduzione assistita. Il mercato sarebbe di colpo divenuto meno “selvaggio” eliminando quella circolare e sostituendola con un buon regolamento ministeriale. Il riconoscimento di una “soggettività giuridica” al concepito, come fa l’art. 1 della legge, rappresentava una premessa necessaria per la nuova disciplina? Ancora una volta l’osservazione dell’esperienza degli altri paesi, anche di quelli con leggi severissime, ci dice che non è così. Si è voluta risolvere con un colpo di spada legislativo una controversia secolare, che ha diviso i Padri della Chiesa, divide gli scienziati, colloca su sponde diverse l’opinione pubblica. Ma colla legge è delegificata di fronte ad una parte consistente dei cittadini, senza distinzione di credo religioso: ricordo una eccellente ricerca dell’Università di Parma che mostrava come alla riproduzione assistita ricorressero con frequenza anche coppie di cattolici praticanti. Ed apre questioni eticamente e giuridicamente non risolubili: riconosciuto all’embrione creato in vitro una sorta didiritto a nascere”, non sarà tuttavia possibile imporne con la forza l’impianto ad una donna che ha cambiato idea. (...) Proprio per il suo carico ideologico, la legge non chiude una partita, ma ce la restituisce più difficile e complessa. Nei giorni stessi della sua approvazione comparivano sui giornali prontuari del “turismo procreativo”, dei centri stranieri dove le donne potranno recarsi per aggirare i divieti Italiani. La legge nasce così socialmente delegittimata, e si porta dietro un serio interrogativo di costituzionalità (...). (Stefano Rodotà, La bioetica tra leggi e ideologia, testo leggibile sul Sito Web Italiano per la Filosofia, all’indirizzo www.lgxserver.uniba.it) Testo n. 5 Chiara Valentini: embrioni e carabinieri. (...) Ma c’è anche qualcosa di più oscuro e inquietante in questi articoli che sono stati blindati contro qualunque modifica, come era successo per la Cirami o per la legge sull’informazione che porta il nome di Maurizio Gasparri. Questa volta non erano in gioco gli interessi di Berlusconi o di Mediaset, ma un oggetto ben più universale, la libertà femminile. Come ai tempi lontani dell’Italia spaccata dal referendum pro o contro il diritto all’aborto, lo scontro è stato impostato sulla micidiale contrapposizione fra la madre e quella speranza di vita che è l’oggetto del concepimento. Se allora un’Italia molto più moderna del previsto aveva detto no agli ultras che andavano in giro con i feti in formalina, adesso l’autodeterminazione femminile è uscita con le ossa rotte. Basti pensare alle norme che impongono alla donna, una volta fecondato l’ovulo, di farselo impiantare comunque nel giro di pochi giorni. Con l’implicita conseguenza che, se avesse cambiato idea anche per ragioni gravi, il medico dovrà denunciare la reproba al magistrato, che a sua volta la farà portare in clinica dai carabinieri (...). (Chiara Valentini, L’utero non è più mio, in «L’Espresso», 18 dicembre 2003, p.56) Testo n. 6 Francesco D’Agostino: il rispetto della vita nascente è un principio laico. (...) Da questo “far west” (scil. quello dei centri di procreazione assistita) potremo finalmente uscire: nonostante alcuni difetti di formulazione, che speriamo vengano presto corretti, la legge è buona. Sotto certi profili è restrittiva (il “no” alla fecondazione eterologa), sotto altri ha aperture inusitate, frutto di una evidente voglia di compromesso, che non vanno sottovalutate (è la prima volta che per legge si riconoscono alle coppie di fatto diritti analoghi a quelli dei coniugi). È, insomma, una legge che cerca di realizzare difficili mediazioni: da una parte tutela i diritti del nascituro, dall’altra autorizza pratiche, come la fecondazione in vitro (sia pur limitata alla creazione di non più di tre embrioni), che rispondono più agli interessi dei “procreanti” che a quelli dei “procreati”. Solo chi non vuole accettare – per un pregiudizio ideologico – l’idea che nella procreazione assistita, accanto e a volte contro gli interessi di chi vuole procreare, ci stanno quelli di chi viene procreato artificialmente, può pensare che a questa legge manchi l’equilibrio che caratterizza le buone leggi. Contro la legge continuano a essere usati argomenti inconsistenti. Primo fra tutti, che si tratti di una legge cattolica, inaccettabile per uno Stato laico. Alla radice di questo argomento pretestuoso c’è una rozza assimilazione dell’aggettivo “cattolico” e dell’aggettivo “etico” . È vero che non è una legge eticamente neutrale, dato che sceglie di difendere un principio etico fondamentale (il rispetto della vita in generale e di quella nascente in particolare). Questo principio non è cattolico,ma laico: lo dimostra il fatto che molti non credenti lo condividono. Del resto, proprio perché è un principio laico, i credenti lo ritengono valido per tutti e non lo fondano su dogmi o indicazioni magisteriali, ma sulla ragione umana (...). (Francesco D’Agostino, Fecondazione assistita, una buona legge “laica”, in «Famiglia Cristiana», n.8, 2004, p.5) Testo n. 7 Francesco Paolo Casavola: solo Dio può dare nuova vita. (...) Pretendere che questioni complesse, che interpellano tutti i saperi dell’uomo, filosofia, teologia, diritto, biologia, e tutto l’orizzonte dell’esistenza individuale e sociale, dalla sessualità alla sentimentalità, siano risolte una volta per tutte con una legge, un’autorizzazione, una sentenza in un senso o nell’altro, è alla fine negare la loro problematicità. Già ciò che è consentito ai biologi in Gran Bretagna, non lo è in Italia, malgrado si tratti di due Stati membri dell’Unione Europea, è un dato di fatto che deve suggerire prudenza nel giudicare erronea una scelta diversa dalla nostra. È ragionevole che gli scienziati non valichino il confine della clonazione riproduttiva, oltre il quale il disordine morale e sociale è territorio di non loro competenza. Ma se la clonazione

terapeutica dovesse guarire l’uomo da mali che altrimenti lo farebbero soffrire e morire, chi tra gli umani usurperebbe, per ild estino dei viventi e dei venturi, un potere che sarebbe solo di Dio? (Francesco Paolo Casavola, Ma solo Dio può dare nuova vita, in «Il Messaggero», 12 agosto 2005) Testo n. 8 Angelo Vescovi: la clonazione umana è una barbarie. Professor Vescovi, bella notizia dall’Inghilterra, il via alla clonazione umana per scopi terapeutici. «È un delirio». Come sarebbe a dire? «Clonare esseri umani per poi distruggerli è un delirio». Ma un embrione di sette giorni è un essere umano? «Per la biologia, sì. La vita nasce all’atto della formazione dello zigote, ovvero con la fecondazione. Da quel momento in poi c’è un essere umano. Ora, qui diciamo che è del tutto lecito creare esseri umani per poi distruggerli al fine di ricavarne cellule staminali che, chissà se e quando, hanno utilità terapeutica. Non solo: pretendiamo di spacciare questa roba per la massima espressione della scienza e della tecnologia. No, è proprio la ragione che con questa storia è stata sconfitta». La ragione è stata sconfitta? «Angelo Vescovi, San Raffaele: garantisco che è una pura coincidenza. Io mi chiamo così, ma sono del tutto agnostico. E la mia analisi non si basa su una logica religiosa. Eppure a me, scienziato illuminista, la ragione dice due cose: che gli embrioni sono esseri umani e che crearli per poi distruggerli è una sconfitta. Così è dal punto di vista di uno che non vuole farsi contaminare nel giudizio né dall’una né dall’altra ideologia: né dai dogmi dei cattolici né da quelli laici» (...). (Colloquio con Angelo Vescovi di Daniela Minerva, Da laico vi dico: è una barbarie, in «L’Espresso», 26 agosto 2004, pp.30- 31) Testo n. 9 Vittorio Sgaramella: dall’embrione alla persona. (...) La riproduzione parte con l’ingresso dello spermatozoo nell’ovocita: ma il nostro big bang ontologico non deve per forza coincidere con l’acquisizione dei nostri diritti/doveri di persona umana, che andrebbe invece vista come un processo graduale, dal concepimento alla morte. L’argomento che siamo stati tutti embrioni è suggestivo, ma poco più: appena prima eravamo tutti spermatozoi e ovociti. Tutto questo vale sia per gli embrioni Fiv non impiantati, sia per quelli clonati appositamente a fini “terapeutici”. Ora pare che questi ultimi, prodotti non da fecondazione sessuale, ma da trapianto di nucleo somatico in ovocita, proprio non ce la facciano a svilupparsi normalmente. E ciò forse anche per via delle riorganizzazioni di cui sopra, che nel caso della clonazione per trapianto di nucleo sono ancora più complicate: nella clonazione infatti si parla di “pseudo-embrioni”. In alcuni paesi come Inghilterra o Corea, queste clonazioni sono legali. Negli Usa la Harvard University ha chiesto autorizzazione a tentarle, ma solo con fondi politici e contro l’intransigente opposiizone dei movimenti pro-vita e di Bush. (Vittorio Sgaramella, Gli embrioni e l’uso della scienza, in «La Repubblica», 9 dicembre 2004) Testo n. 10 Emanuele Severino: l’embrione non è un esser uomo. (...) Che l’embrione prodotto dal seme dell’uomo e dall’ovulo della donna sia essere umano in potenza – ossia qualcosa che in condizioni «normali» ha la capacità di diventare un essere umano – è un principio accettato sia da coloro che sostengono, sia da coloro che negano che l’embrione sia già un essere umano. I due opposti schieramenti si scontrano infatti in relazione a un ulteriore carattere della «potenza». Gli uni (ad esempio i cattolici) intendono che l’embrione sia un esser-già-uomo, ma, appunto, un esserlo già «in potenza». Gli altri intendono che l’embrione, sebbene sia «in potenza» un essere umano, sia tuttavia un non-essere-ancora-uomo. In questo secondo caso la sua soppressione non è omicidio; nel primo caso sì, è omicidio – e questo primo caso esprime la compiuta concezione aristotelica della «potenza». Ma nel secondo caso ci si limita ad esprimere un dogma, o una tesi scientifica, che, appunto perché scientifica, non può essere più che un’ipotesi sia pure altamente confermata. Ciò nonostante la Chiesa fa dipendere dalle ipotesi della scienza quella che dovrebbe essere la verità assoluta, cioè non ipotetica, del proprio insegnamento. In favore del carattere umano dell’embrione suona invece il principio che il suo esser uomo «in potenza» è il suo essergià-uomo, sebbene, appunto, «in potenza». E se già un modo di esser uomo, la sua soppressione è un omicidio. Sennonché, quanti sostengono il carattere umano dell’embrione sostengono anche che il processo che conduce dall’embrione all’uomo compiutamente esistente (uomo «in atto», dice Aristotele) non è garantito, non è inevitabile, non ha un carattere deterministico, ossia tale da non ammettere deviazioni o alternative. Ancora una volta, è Aristotele a rilevare che «ciò che è in potenza è in potenza gli opposti». Questo vuol dire che, se l’embrione può diventare un uomo in atto, allora, proprio perché «lo può» (e non lo diventa ineluttabilmente), proprio per questo può anche diventare nonuomo, cioè qualcosa che uomo non è. E siamo al tratto decisivo del discorso (che andrebbe letto al rallentatore). L’embrione – si dice – è in potenza un-esser-già-uomo. Ma, si è visto, proprio perché è «in potenza» uomo, l’embrione è in potenza anche non-uomo. Pertanto è in potenza anche un esser-già-non-uomo. È già uomo e, anche, è già non uomo. Nell’embrione questi due opposti sono uniti necessariamente. Proprio per questo, l’embrione non è un esser uomo. Infatti – anche per coloro che pensano alla luce dell’idea di «potenza» – l’uomo autentico è uomo, e non è insieme non-uomo. Se un colore è insieme un rosso e un non-rosso, tale (mostruoso) colore non è il color rosso. Analogamente, se l’embrione è, in potenza, quell’esser già uomo che è

Il legislatore democratico deve saper essere anche un legislatore sobrio. Poteva esserlo anche nel caso della riproduzione<br />

assistita? Proviamo a fare un’operazione <strong>di</strong> depurazione ideologica della legge recente, esaminando alcuni degli argomenti portati a<br />

sua giustificazione.<br />

Argomento principe: bisogna finirla con il far west procreativo. Ma l’esperienza <strong>di</strong> tutti i paesi mostra che questo è un obiettivo<br />

raggiungibile con poche norme che in<strong>di</strong>viduano casi limite. Con regole dettagliate sull’informazione alle donne, con autorizzazioni e<br />

controlli severi dei centri per la riproduzione. Eravamo arrivati assai vicini a questo risultato soprattutto quando un ministro della<br />

Sanità, Elio Guzzanti, aveva pre<strong>di</strong>sposto un regolamento dei centri, che avrebbe eliminato il far west senza appesantimenti legislativi.<br />

E invece si preferì conservare il far west che, non <strong>di</strong>mentichiamolo, ha la sua origine in una circolare del ministro Degan che,<br />

vietando per motivi soltanto ideologici la fecondazione eterologa nelle strutture pubbliche, consegnava alla speculazione privata<br />

proprio la parte più delicata (e lucrosa) della riproduzione assistita. Il mercato sarebbe <strong>di</strong> colpo <strong>di</strong>venuto meno “selvaggio”<br />

eliminando quella circolare e sostituendola con un buon regolamento ministeriale.<br />

Il riconoscimento <strong>di</strong> una “soggettività giuri<strong>di</strong>ca” al concepito, come fa l’art. 1 della legge, rappresentava una premessa necessaria<br />

per la nuova <strong>di</strong>sciplina? Ancora una volta l’osservazione dell’esperienza degli altri paesi, anche <strong>di</strong> quelli con leggi severissime, ci<br />

<strong>di</strong>ce che non è così. Si è voluta risolvere con un colpo <strong>di</strong> spada legislativo una controversia secolare, che ha <strong>di</strong>viso i Padri della<br />

Chiesa, <strong>di</strong>vide gli scienziati, colloca su sponde <strong>di</strong>verse l’opinione pubblica. Ma colla legge è delegificata <strong>di</strong> fronte ad una parte<br />

consistente dei citta<strong>di</strong>ni, senza <strong>di</strong>stinzione <strong>di</strong> credo religioso: ricordo una eccellente ricerca dell’Università <strong>di</strong> Parma che mostrava<br />

come alla riproduzione assistita ricorressero con frequenza anche coppie <strong>di</strong> cattolici praticanti. Ed apre questioni eticamente e<br />

giuri<strong>di</strong>camente non risolubili: riconosciuto all’embrione creato in vitro una sorta <strong>di</strong> “<strong>di</strong>ritto a nascere”, non sarà tuttavia possibile<br />

imporne con la forza l’impianto ad una donna che ha cambiato idea. (...) Proprio per il suo carico ideologico, la legge non chiude una<br />

partita, ma ce la restituisce più <strong>di</strong>fficile e complessa. Nei giorni stessi della sua approvazione comparivano sui giornali prontuari del<br />

“turismo procreativo”, dei centri stranieri dove le donne potranno recarsi per aggirare i <strong>di</strong>vieti Italiani. La legge nasce così<br />

socialmente delegittimata, e si porta <strong>di</strong>etro un serio interrogativo <strong>di</strong> costituzionalità (...).<br />

(Stefano Rodotà, La bioetica tra leggi e ideologia, testo leggibile sul Sito Web Italiano per la Filosofia, all’in<strong>di</strong>rizzo<br />

www.lgxserver.uniba.it)<br />

Testo n. 5<br />

Chiara Valentini: embrioni e carabinieri.<br />

(...) Ma c’è anche qualcosa <strong>di</strong> più oscuro e inquietante in questi articoli che sono stati blindati contro qualunque mo<strong>di</strong>fica, come<br />

era successo per la Cirami o per la legge sull’informazione che porta il nome <strong>di</strong> Maurizio Gasparri. Questa volta non erano in gioco<br />

gli interessi <strong>di</strong> Berlusconi o <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>aset, ma un oggetto ben più universale, la libertà femminile. Come ai tempi lontani dell’Italia<br />

spaccata dal referendum pro o contro il <strong>di</strong>ritto all’aborto, lo scontro è stato impostato sulla mici<strong>di</strong>ale contrapposizione fra la madre e<br />

quella speranza <strong>di</strong> vita che è l’oggetto del concepimento. Se allora un’Italia molto più moderna del previsto aveva detto no agli ultras<br />

che andavano in giro con i feti in formalina, adesso l’autodeterminazione femminile è uscita con le ossa rotte. Basti pensare alle<br />

norme che impongono alla donna, una volta fecondato l’ovulo, <strong>di</strong> farselo impiantare comunque nel giro <strong>di</strong> pochi giorni. Con<br />

l’implicita conseguenza che, se avesse cambiato idea anche per ragioni gravi, il me<strong>di</strong>co dovrà denunciare la reproba al magistrato,<br />

che a sua volta la farà portare in clinica dai carabinieri (...).<br />

(Chiara Valentini, L’utero non è più mio, in «L’Espresso», 18 <strong>di</strong>cembre 2003, p.56)<br />

Testo n. 6<br />

Francesco D’Agostino: il rispetto della vita nascente è un principio laico.<br />

(...) Da questo “far west” (scil. quello dei centri <strong>di</strong> procreazione assistita) potremo finalmente uscire: nonostante alcuni <strong>di</strong>fetti <strong>di</strong><br />

formulazione, che speriamo vengano presto corretti, la legge è buona. Sotto certi profili è restrittiva (il “no” alla fecondazione<br />

eterologa), sotto altri ha aperture inusitate, frutto <strong>di</strong> una evidente voglia <strong>di</strong> compromesso, che non vanno sottovalutate (è la prima<br />

volta che per legge si riconoscono alle coppie <strong>di</strong> fatto <strong>di</strong>ritti analoghi a quelli dei coniugi).<br />

È, insomma, una legge che cerca <strong>di</strong> realizzare <strong>di</strong>fficili me<strong>di</strong>azioni: da una parte tutela i <strong>di</strong>ritti del nascituro, dall’altra autorizza<br />

pratiche, come la fecondazione in vitro (sia pur limitata alla creazione <strong>di</strong> non più <strong>di</strong> tre embrioni), che rispondono più agli interessi<br />

dei “procreanti” che a quelli dei “procreati”. Solo chi non vuole accettare – per un pregiu<strong>di</strong>zio ideologico – l’idea che nella<br />

procreazione assistita, accanto e a volte contro gli interessi <strong>di</strong> chi vuole procreare, ci stanno quelli <strong>di</strong> chi viene procreato<br />

artificialmente, può pensare che a questa legge manchi l’equilibrio che caratterizza le buone leggi.<br />

Contro la legge continuano a essere usati argomenti inconsistenti. Primo fra tutti, che si tratti <strong>di</strong> una legge cattolica, inaccettabile<br />

per uno Stato laico. Alla ra<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> questo argomento pretestuoso c’è una rozza assimilazione dell’aggettivo “cattolico” e<br />

dell’aggettivo “etico” . È vero che non è una legge eticamente neutrale, dato che sceglie <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere un principio etico fondamentale<br />

(il rispetto della vita in generale e <strong>di</strong> quella nascente in particolare).<br />

Questo principio non è cattolico,ma laico: lo <strong>di</strong>mostra il fatto che molti non credenti lo con<strong>di</strong>vidono. Del resto, proprio perché è<br />

un principio laico, i credenti lo ritengono valido per tutti e non lo fondano su dogmi o in<strong>di</strong>cazioni magisteriali, ma sulla ragione<br />

umana (...).<br />

(Francesco D’Agostino, Fecondazione assistita, una buona legge “laica”, in «Famiglia Cristiana», n.8, 2004, p.5)<br />

Testo n. 7<br />

Francesco Paolo Casavola: solo Dio può dare nuova vita.<br />

(...) Pretendere che questioni complesse, che interpellano tutti i saperi dell’uomo, filosofia, teologia, <strong>di</strong>ritto, biologia, e tutto<br />

l’orizzonte dell’esistenza in<strong>di</strong>viduale e sociale, dalla sessualità alla sentimentalità, siano risolte una volta per tutte con una legge,<br />

un’autorizzazione, una sentenza in un senso o nell’altro, è alla fine negare la loro problematicità. Già ciò che è consentito ai biologi<br />

in Gran Bretagna, non lo è in Italia, malgrado si tratti <strong>di</strong> due Stati membri dell’Unione Europea, è un dato <strong>di</strong> fatto che deve suggerire<br />

prudenza nel giu<strong>di</strong>care erronea una scelta <strong>di</strong>versa dalla nostra. È ragionevole che gli scienziati non valichino il confine della<br />

clonazione riproduttiva, oltre il quale il <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne morale e sociale è territorio <strong>di</strong> non loro competenza. Ma se la clonazione

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