Angelo di Verola - Parrocchia di Verolanuova
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educare all’amore<br />
genesi<br />
so, tranne che per la finale. La parola<br />
Adam deriva da Adama. Tra uomo e<br />
terra c’è una vicinanza che li rende<br />
praticamente simili, hanno lo stesso<br />
nome. Esso, poiché è polvere, ri<strong>di</strong>venta<br />
polvere. E da quella sua stessa polvere<br />
vengono fatti anche gli animali.<br />
Il compito dell’uomo è vivere questa realtà<br />
senza mai illudersi <strong>di</strong> essere uguale<br />
a Dio, ma è chiamato ad esserne<br />
l’immagine custodendo il creato; l’uomo<br />
è tratto dalla terra come gli animali<br />
e solo terra, ma sa <strong>di</strong> avere un destino<br />
eterno che è quello <strong>di</strong> vedere Dio e per<br />
<strong>di</strong>ventare come Lui. Questo è il progetto<br />
<strong>di</strong> Dio sull’uomo.<br />
Tale principio fondamentale, trova la<br />
sua sintesi nel comando che Dio dà<br />
all’uomo dopo averlo messo nel giar<strong>di</strong>no:<br />
“Tu potrai mangiare <strong>di</strong> tutti gli<br />
alberi del giar<strong>di</strong>no, ma dell’albero della<br />
conoscenza del bene e del male non<br />
devi mangiare, perché, quando tu ne<br />
mangiassi, certamente moriresti”. (Gen<br />
2,15-17). Innanzi tutto questo non è un<br />
or<strong>di</strong>ne ingiusto per mettere alla prova<br />
l’uomo per vedere se obbe<strong>di</strong>sce o per<br />
limitarlo affinché non si insuperbisca,<br />
ma è un dono che Dio dà all’uomo<br />
perché scopra la propria realtà, per entrare<br />
in comunione con il suo creatore.<br />
Ma allora, che vuol <strong>di</strong>re che Adamo<br />
non può mangiare dell’albero della conoscenza<br />
del bene e del male?<br />
La “conoscenza del bene e del male” è<br />
un’espressione della Bibbia che in<strong>di</strong>ca<br />
la totalità. Quando la Bibbia vuol dare<br />
un’in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> una totalità, lo <strong>di</strong>ce<br />
nominando i suoi due estremi. Così,<br />
per <strong>di</strong>re la totalità dell’esistenza, <strong>di</strong>ce:<br />
“vita e morte”; per <strong>di</strong>re la totalità del<br />
vivere umano <strong>di</strong>ce: “entrare e uscire”.<br />
Il “bene e male” è la stessa cosa, si in<strong>di</strong>ca<br />
la totalità, non sul piano semplicemente<br />
morale, etico, ma sul piano<br />
esistenziale. “Bene e male” vuol <strong>di</strong>re<br />
la realtà intera, nella sua <strong>di</strong>mensione<br />
<strong>di</strong> bene e male, buono e cattivo, bello<br />
e brutto, sofferenza e felicità. E cono-<br />
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scere questa totalità vorrebbe <strong>di</strong>re esserne<br />
il principio o l’autore. Infatti, nella<br />
Bibbia, conoscere non è accrescere il<br />
sapere intellettuale, ma possedere il<br />
segreto <strong>di</strong> ciò che si conosce.<br />
Quando perciò il testo <strong>di</strong>ce che l’uomo<br />
non può mangiare <strong>di</strong> quell’albero,<br />
intende <strong>di</strong>re che egli non può assimilare<br />
quella conoscenza del bene e del<br />
male, cioè non può possedere le chiavi<br />
<strong>di</strong> tutto l’esistere. Questo compete a<br />
Dio, non all’uomo.<br />
Questo comando viene dato proprio<br />
perché l’uomo, accogliendo la propria<br />
verità <strong>di</strong> essere <strong>di</strong>verso da Dio, possa<br />
desiderare <strong>di</strong> essere in comunione<br />
con Lui. Questo credo sia un elemento<br />
importante, anche a livello <strong>di</strong> coppia.<br />
La comunione tra gli sposi è possibile<br />
quando i due rimangono, <strong>di</strong>fferenziati,<br />
ognuno con la propria realtà personale,<br />
riconoscendosi ognuno per ciò che<br />
si è, <strong>di</strong>verso dall’altro. Altrimenti c’è la<br />
confusione, c’è il plagio, la <strong>di</strong>pendenza<br />
che annullano la persona. Questo è il<br />
senso del comando!<br />
Ma bisogna anche aggiungere che<br />
esso riguarda solo l’albero della conoscenza<br />
del bene e del male, e non<br />
anche l’altro albero <strong>di</strong> cui parla il testo,<br />
cioè quello della vita. Di questo l’uomo<br />
può mangiarne.<br />
Che significato ha questo? Non che<br />
l’uomo possiede in sé la vita, nè che ne<br />
è origine e può farne ciò che vuole, ma,<br />
piuttosto, che l’uomo riceve tutto da<br />
Dio che è l’origine <strong>di</strong> tutto. Solo se l’uomo<br />
accetta questa realtà, allora egli<br />
può accedere alla vita piena. La vita è<br />
sua nella misura in cui egli si ricorda<br />
che gli è stata donata e continua a riceverla<br />
come dono solo se obbe<strong>di</strong>sce a<br />
quel Dio che riconosce come l’origine<br />
<strong>di</strong> tutto. Questo è il rapporto che l’uomo<br />
è chiamato ad avere con Dio, con<br />
la vita e con il mondo.<br />
(continua)<br />
L’<strong>Angelo</strong> <strong>di</strong> <strong>Verola</strong><br />
Diacono Francesco Checchi