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Sì LOGO, SUI MURI - Urban

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LA CITTà COME NON L’AVETE MAI VISTa - 27.12.01 - EURO zero<br />

<strong>Sì</strong> <strong>LOGO</strong>, <strong>SUI</strong> <strong>MURI</strong><br />

LA GRIFFE CON LO SPRAY<br />

STEFANIA ROCCA, TIPA TOSTA<br />

INTERVISTA TRA SET E COMPUTER<br />

MILANO SENZA PIEDI<br />

DUE AMICI IN CARROZZINA: UN’ODISSEA URBANA<br />

istruzioni per l’uso! una guida straordinaria per milano, roma, bologna e torino<br />

#04


SOMMARIO|GENNAIO<br />

06URBAN VOCI<br />

08STEFANIA FA LA DURA<br />

11 CARTOLINE NOIOSISSIME<br />

12MANGIAMI, STUPIDO!<br />

16 CAPITANO CORAGGIOSO<br />

18MILANO AD OSTACOLI<br />

22 HOWIE B. L’UOMO CHE GIRA<br />

26<strong>MURI</strong> CON LA GRIFFE<br />

29 SAN VITTORE, MULTIMEDIA HOTEL<br />

30 CHITO, PRIVATE EYE<br />

33MODA UNDER CONTROL<br />

39URBAN GUIDA<br />

69 LIA CELI: SALDI MORTALI<br />

STAFF<br />

direttore responsabile: ALESSANDRO ROBECCHI<br />

alessandro@urbanmagazine.it<br />

art direction: ALDO BUSCALFERRI<br />

aldo@urbanmagazine.it<br />

caporedattore: ANDREA DAMBROSIO<br />

andrea@urbanmagazine.it<br />

segreteria di redazione: DARIA PANDOLFI<br />

daria@urbanmagazine.it<br />

URBAN MAGAZINE<br />

Mensile - Anno 1, Numero 4, 27.12.01<br />

URBAN ITALIA<br />

MUSICA 40<br />

MEDIA 43<br />

LIBRI 45<br />

FILM 46<br />

editore: URBAN ITALIA SRL<br />

general manager: PER TEGELOF<br />

sales manager: SIMONA TEGELOF<br />

distribution manager: LINDA PISANI<br />

distribution assistant: PAOLA MARTINI<br />

key account: ALBERTO ALLOISIO<br />

ALFONSO PALMIERE<br />

Stampa:<br />

CSQ (centro stampa quotidiani), via dell’industria 6, Erbusco (Bs)<br />

Registrazione Tribunale di Milano: n.286, 11.05.01<br />

Questo numero di <strong>Urban</strong> è stampato in 330.000 copie<br />

Fotolito:<br />

Body&Type, via San Calocero 22, 20123 Milano<br />

Una casa nel parco. No, un progetto di casa nel parco.<br />

Dimenticato, confuso, ridotto a un misero muretto a<br />

forma di spirale. <strong>Urban</strong> ha indagato. E sognato un po’<br />

Vorrebbe rapinare una banca vestita da Betty Boop,<br />

si definisce “innamorata e intelligente”, come<br />

mezzo di comunicazione preferisce la telepatia, ma<br />

se quella non funziona ripiega volentieri sulla e-mail.<br />

Per l’intervista abbiamo usato questa. E abbiamo<br />

scoperto una Stefania Rocca proprio tosta<br />

Libidine fondente, paradiso al latte, felicità pralinata.<br />

Ladies and gentleman: sua maestà il cioccolato.<br />

La mappa del piacere di <strong>Urban</strong>, tra estetica e calorie.<br />

Dove? A Torino, ovvio...<br />

Due amici in carrozzina e una voglia smisurata di<br />

attraversare la città per bersi una birra.<br />

<strong>Urban</strong> li ha accompagnati per vedere che effetto<br />

fa Milano senza piedi<br />

All’inizio erano firme che sembravano scarabocchi.<br />

Ma i graffitari imparano presto e dal mercato hanno<br />

capito che un simbolo vale più delle parole. Piccolo,<br />

istruttivo itinerario milanese, dove il logo colora i muri<br />

Telecamere, monitor, apparati di controllo, le nostre<br />

città sono piene di occhi che ci spiano.<br />

<strong>Urban</strong> le ha usate per costruire una storia. La moda,<br />

vista con l’occhio elettronico più diffuso che c’è<br />

TEATRO 48<br />

ARTE 51<br />

SHOPPING 52<br />

CLUB 55<br />

Per la pubblicità:<br />

URBAN PUBBLICITÀ +39 02 42292141<br />

Distribuzione:<br />

URBAN ITALIA srl, Albatros Milano<br />

URBAN ITALIA via Tortona 27, 20144 Milano<br />

telefono 02/42292141 - fax 02/47716084<br />

urbanitalia@urbanmagazine.it<br />

Copertina: foto Cesare Cicardini / styling Yblo / make<br />

up Arianna Garau @ Face to Face / hair Antonello<br />

Rossello @ Freelance / modella Miriam Baltavari @<br />

Women / Abito di chiffon con pizzo Anna Molinari<br />

BAR E RISTORANTI:<br />

MILANO 57<br />

ROMA 61<br />

BOLOGNA 65<br />

TORINO 67<br />

URBAN 5


illustrazione: Brandon<br />

URBAN VOCI<br />

LE CITTÀ VISIBILI<br />

LETTERE<br />

NON CI CREDO!<br />

Caro <strong>Urban</strong>,<br />

con tutta la buona volontà, io non ci credo che a Torino<br />

c’è gente che si chiude in una palestra per picchiarsi a<br />

sangue e poi è pure contenta. Ho letto (<strong>Urban</strong> 3) il servizio<br />

sul Fight Club. Bello, ma confessate, è fiction! Vero?<br />

Giovanna R., Torino<br />

Cara Giovanna, il nostro inviato giura che è vero, che<br />

non ha esagerato e che ha persino tolto dal suo reportage<br />

alcuni particolari troppo “forti”. Anche lui, che è una<br />

pellaccia, è rimasto impressionato.<br />

SCHIZZATI CHE SIETE<br />

Cari di <strong>Urban</strong>,<br />

trovo notevole la schizofrenia delle vostre pagine dello<br />

shopping. Lo champagne più caro che c’è e anche le<br />

“cianfrusaglie a mille lire”. Secondo me siete un po’ confusi,<br />

o ancora incerti sulla “linea”, o ancora alla ricerca di<br />

una via di mezzo tra gli estremi. Io credo che se si fa una<br />

guida agli acquisti, bisognerebbe pensare a un consumatore<br />

medio, comunque vi leggo con piacere.<br />

Alberto Sarti, Milano<br />

Caro Alberto, ti confesserò che le medie ci fanno orrore.<br />

Ma non è questo il punto. È che in città si trova sia lo<br />

champagne costoso che le cianfrusaglie a mille lire (certe<br />

volte nella stessa via!). Dunque la schizofrenia non sarebbe<br />

nostra, ma dei posti in cui viviamo. E ti dirò: è uno<br />

degli elementi che ce li rendono simpatici.<br />

TRUFFA! TRUFFA!<br />

Gentili signori di <strong>Urban</strong>,<br />

avete segnalato con quattro ditini (dalla legenda leggo:<br />

grande) il disco live dei Radiohead, che non solo non<br />

aggiunge niente a quello che il gruppo ha da dire, ma<br />

dura poco più di trenta minuti e costa molto più di trenta<br />

carte da mille. In poche parole, è un oggetto inutile.<br />

Mi spiace, ma avete proprio sbagliato mira, a meno che<br />

GENNAIO 04<br />

Hanno scritto, disegnato,<br />

scattato foto, pensato,<br />

suonato, ballato,<br />

e mangiato con noi<br />

questo mese:<br />

6 URBAN<br />

mattia elfo ascari<br />

susanna ausoni<br />

sandro avanzo<br />

valentina avon<br />

silvia ballestra<br />

luca bernini<br />

brandon<br />

gibi<br />

michele calzavara<br />

stefano cammellini<br />

C’è qualcosa di folle nel dire che una città è brutta e<br />

cattiva. E c’è qualcosa di folle anche nel dire che tutto<br />

funziona alla perfezione e che siamo nel migliore dei<br />

mondi possibili. Qualcuno ci chiede dove troviamo<br />

posti, personaggi e situazioni che mettiamo sulle<br />

pagine di <strong>Urban</strong>. Risposta facile: in giro. A volte vicinovicino,<br />

a volte un po’ più in là, ma in realtà basta<br />

cercare, e forse basta emanare un po’ di disponibilità<br />

perché le cose interessanti ti caschino addosso, quasi.<br />

Raccontarle, a quel punto, è praticamente un dovere.<br />

Naturalmente guardarsi in giro vuol dire anche giocare,<br />

giocarsi, cercare di stare in più luoghi. Forse qualcuno<br />

troverà che c’è un abisso tra la città raccontata a pagina<br />

16 di questo numero di <strong>Urban</strong>, con l’odissea di due<br />

giovani disabili che la attraversano tra mille difficoltà, e<br />

non siate succubi delle promozioni discografiche!<br />

Teresa Sacchi, Milano<br />

Cara Teresa, come diciamo ogni volta, le scelte sono<br />

scelte, non è detto che debbano convincere tutti. Unica<br />

postilla: valutare i dischi dalla durata non è un criterio accettabile:<br />

ci sono album dei Beatles che durano 28 minuti<br />

e ce li invidiano (a noi terrestri) in tutto l’universo…<br />

CHIACCHIERE GRATIS<br />

Spett. <strong>Urban</strong>,<br />

ho trovato il vostro giornale in un negozio di Roma e<br />

l’ho sfogliato sul posto. Poi l’ho portato a casa e l’ho<br />

letto. Alcuni miei amici hanno fatto lo stesso, così ne<br />

abbiamo parlato un po’. Abbiamo litigato sulle pagine<br />

dei dischi e su quelle del cinema, e anche un pochetto a<br />

proposito dell’intervista a Camila, che per alcuni avete<br />

fatto sembrare troppo intelligente e secondo altri magari<br />

lo è davvero. Il risultato è che abbiamo passato una<br />

serata a chiacchierare come non facevamo da tempo.<br />

monica capuani<br />

christian carosi<br />

antonello catacchio<br />

nicoletta causa<br />

lia celi<br />

cesare cicardini<br />

selvaggia conti<br />

melissa corbidge<br />

alberto crespi<br />

paul de cellar<br />

micol de pas<br />

federico del prete<br />

giorgio di salvo<br />

guido fuà<br />

arianna garau<br />

roberto giallo<br />

gabriella giandelli<br />

cristina lattuada<br />

fabio lebo<br />

francis m. bisson<br />

illustrazione: Gibi<br />

la Milano-quasi-New-York che potete scoprire nel “film”<br />

del servizio di moda. Eppure sono la stessa città, nello<br />

stesso momento, nello stesso Paese. E anche noi, a<br />

pensarci, possiamo essere qui e là.<br />

A patto, naturalmente, di “starci” anche con la testa, di<br />

valutare, di capire, di provare, di guardarsi in giro senza<br />

troppi paraocchi e senza troppe verità precostituite.<br />

Inutile dire che nessuna delle due città può piacervi, o<br />

somigliare alla città che cercate. Poco male: qui dentro<br />

ne trovate delle altre. Visitate, percorse e raccontate.<br />

Che non saranno mai piacevoli, comunque, come quelle<br />

che saprete vedere da soli.<br />

E senza spendere una lira. Bravi, andate avanti così.<br />

Suzie 79, Roma<br />

GEOMETRA<br />

La foto di Vinicio Capossela a pag. 15 di <strong>Urban</strong> n. 3 è<br />

tutta storta, raddrizzatela!<br />

Ugo, geometra<br />

PASSAPORTI<br />

Caro <strong>Urban</strong>,<br />

l’idea di un giornale sulle città mi piace. E mi piace anche<br />

come le raccontate. Forse esagero nei complimenti,<br />

ma mi sembra che abbiate un approccio “internazionale”<br />

(europeo, per la precisione), soprattutto nella grafica<br />

che è molto bella. Però proprio questa cosa positiva mi<br />

sembra una contraddizione: perché limitarsi a quattro<br />

città? E perché tutte italiane? Che ne dite?<br />

Rita Soprani, Bologna<br />

Cara Rita, forse sì, forse no. Per dare una risposta<br />

diplomatica: per guardare bene bisogna camminare, non<br />

correre. Calma!<br />

HORROR! ERROR<br />

Per uno di quegli errori che sono la maledizione dei<br />

giornali, la recensione dell’Hotel De Russie, a Roma<br />

(pagina 69, <strong>Urban</strong> n.3) era corredata da un numero di<br />

telefono errato. Quello giusto, se volete fermarvi una<br />

notte, è 06.328881. Se volete cenare al Jardin de<br />

Russie chiamate lo 06.32888870. Tante scuse.<br />

A.R.<br />

Ripeto: scrivete lettere brevi se non volete che le<br />

rendiamo brevi noi con la falciatrice. E scrivete sempre a:<br />

URBAN, via Tortona 27 - 20144 MILANO<br />

oppure inviate una mail a:<br />

redazione@urbanmagazine.it<br />

per chi usa il fax c’è un nuovo numero: 02-47716084<br />

antonella mascali<br />

paolo madeddu<br />

antonella menini<br />

luca merli<br />

vittorio montieri<br />

annalisa pagetti<br />

cristina pauly<br />

erika pittis<br />

antonello rossello<br />

cecilia rinaldini<br />

ALESSANDRO ROBECCHI<br />

alessandro@urbanmagazine.it<br />

sonia sartori<br />

andrea scarpa<br />

p.d. sfornelli<br />

andrea spotorno<br />

alessandra spranzi<br />

d.p. tesei<br />

massimo troboldi<br />

cristiano valli<br />

niccolò vecchia<br />

Yblo<br />

VIENI, C’E’ UNA CASA NEL BOSCO<br />

A Milano, sembra un muretto. È una spirale per concepire i sogni<br />

Può capitare di andare al Parco Sempione a Milano,<br />

entrando dalla parte della Triennale, e dopo qualche<br />

passo, a sinistra, imbattersi in un muretto basso, tipo<br />

40 cm, a forma di spirale.<br />

È rimasto lì dal 1954, e ai tempi era una casa. Una di<br />

quelle case sperimentali e temporanee di allora, fatta<br />

di ondulina trasparente e profili d’acciaio: una bella<br />

casa. La progettò Mario Galvagni, architetto, pittore e<br />

studioso di scienze naturali.<br />

FREE WATER,<br />

CON LE<br />

BOLLICINE<br />

A San Giuliano Milanese acqua<br />

minerale gratis, e non è un miracolo.<br />

Unico problema: l’ora di punta<br />

Liscia, gassata o... Comunque la vogliate, l’acqua la pagate<br />

perché quella del rubinetto, diciamolo, sa di medicina.<br />

Anche l’acqua però ha i suoi privilegiati e c’è chi<br />

beve gratis minerale naturale o con le bolle.<br />

A San Giuliano Milanese l'amministrazione comunale ha<br />

deciso: basta pagare mille lire un bicchiere d'acqua al<br />

bar! Basta ogni anno cinquecentomila lire (pardon<br />

258.22844 euro)! Al quartiere Campo Verde, in centro,<br />

troverete una fontana con tre magici bottoncini:<br />

uno per l’acqua liscia, uno per l’acqua gassata e un altro<br />

per l’acqua gassata “refrigerata”, come uscita dal frigo.<br />

L’azienda municipalizzata dell'acqua e la Asl assicurano<br />

controlli incrociati ben due volte al mese alla faccia della<br />

legge italiana che prevede per le acque minerali che<br />

compriamo al supermercato controlli ogni cinque anni.<br />

Se siete tra quelli che credono nei miracoli dell’acqua<br />

sappiate che questa viene definita povera di sodio e<br />

quindi molto adatta a chi è invaso dalla cellulite. Bella<br />

trovata, no? Ma, c'é sempre un ma. La fontana magica<br />

ha orari quasi d'ufficio, è aperta dalle 7 alle 19 e ciascuno<br />

può consumare 12 litri di acqua al giorno. Il cammello<br />

che c'è in voi può stare tranquillo. I Sangiulianesi (o<br />

Ora, essendovi qualche panchina qua e là, si può dirlo<br />

un lounge all’aperto. Ma si potrebbe anche immaginare,<br />

spaparanzati sulla panca, come fosse quella<br />

casa, l’ingresso il salotto la cucina le luci e così via.<br />

Insomma fare una specie di archeologia della modernità,<br />

come quell’etnologo francese che fa l’etnologia<br />

(appunto) di noi stessi, tra metrò e non luoghi.<br />

Oppure, se preferiamo essere meno scientifici e più<br />

creativi, si potrebbe ricostruirla a nostro gusto – why<br />

Sangiulianini? ma come diavolo si chiamano?) non si sono<br />

fatti scappare questa acqua dal cielo, anzi da un pozzo<br />

profondo 150 metri e soprattutto all’ora di punta, tra<br />

le 18.30 e le 19.30, si mettono in coda con bottiglie e<br />

bidoncini.<br />

Una dritta: se volete una botta di vita alle 7 del mattino<br />

non trovate più di una decina di persone. Assetati i cit-<br />

not? – immaginando cosa potrebbe essere adesso<br />

questa spirale nel Parco, cosa farvi succedere dentro,<br />

cosa vogliamo, cosa desideriamo: trasformare questa<br />

traccia di un moderno glorioso ma vecchia mezzo<br />

secolo e spenta, e farne la “spirale degli eventi”, che<br />

ci risucchia.<br />

A rotazione mensile, che i desideri sono tanti. Insomma,<br />

concepire con la spirale…E scusate l’ossimoro.<br />

MICHELE CALZAVARA<br />

tadini: in due mesi scarsi (dal 6 ottobre alla fine di novembre),<br />

si sono bevuti 280 mila litri di acqua, la frizzante<br />

batte quella liscia. Costi per l’amministrazione?<br />

Solo cinquecentomilalire all'anno.<br />

Suggerimento per il Sindaco? Certo che sì: nuova fontana<br />

ma con cappuccino e brioches.<br />

ANTONELLA MASCALI<br />

URBAN 7<br />

foto: Michele Calzavara


STEFANIA ROCCA, attrice. L’abbiamo strappata al suo<br />

set per capire chi è. È una che fa la dura e vorrebbe<br />

“rapinare una banca vestita da Betty Boop”. Però!<br />

Chiacchierata con <strong>Urban</strong>, prima davanti a un piatto di<br />

sushi. Poi, con una grandinata di e-mail. Ecco qui<br />

TOSTA<br />

LA RAGAZZA<br />

testo: Alessandro Robecchi<br />

foto: Andrea Spotorno<br />

Casomai. Casomai è una commedia italiana.<br />

Una storia d’amore (figurarsi) per la regia di<br />

Alessandro D’Alatri, che infatti è dietro la<br />

macchina. Davanti c’è lei, Stefania Rocca,<br />

impegnata a girare una scena con Fabio<br />

Volo, co-protagonista del film. La aspetto<br />

sul set e mi guardo la scena. Le scene. Stop!<br />

Altre scene. Stop! Facciamola ancora. Luci<br />

caldissime e milioni di pezzettini di pellicola<br />

che faranno un film, alla fine (uscita in<br />

marzo). Poi chiacchieriamo. Probabile che io<br />

mi aspetti l’attrice-italiana-un-po’-divetta.<br />

Possibile che lei si aspetti il giornalista-italiano-rompicoglioni.<br />

Io poi ho cambiato<br />

idea, lei non lo so. Comunque è finita come<br />

finiscono di solito queste cose: con uno<br />

scambio di e-mail. Eccolo.<br />

Fare l’attrice è ancora uno status symbol?<br />

O è meglio sposare un calciatore?<br />

Se sposi un calciatore ti sistemi, se sposi<br />

un’attrice sono cavoli tuoi.<br />

Il fatto di essere diretta da qualcuno ti ha<br />

mai irritato? Hai mai pensato: “Ma questo<br />

qui è un cretino!”.<br />

<strong>Sì</strong>... una volta. Ho pensato anche di peggio,<br />

ma non mi irritava il fatto di essere diretta,<br />

piuttosto di non esserlo.<br />

Il film per cui hai detto: questo volevo<br />

farlo io!<br />

Il più recente, vuoi dire! Moulin Rouge.<br />

Una cosa sconsiderata che hai fatto.<br />

La mia vita.<br />

Una che vorresti fare.<br />

Rapinare una banca vestita da Betty Boop.<br />

Ma ti prenderebbero subito! Cosa vorresti<br />

che pensasse di te il tuo fidanzato?<br />

È la mia Donna!<br />

Cosa pensa veramente?<br />

È una persona stupenda.<br />

Un disco che ti ha cambiato la vita?<br />

Che mi ha cambiato la vita nessuno!<br />

Uff! Che ti è piaciuto più di altri, allora!<br />

Aphex Twin. Il titolo… Came to daddy.<br />

Un libro che rileggi spesso?<br />

Il libro di dizione.<br />

Ok, ci rinuncio. Sei nata a Torino e sei<br />

andata via da giovane. Hai trovato quello<br />

che cercarvi?<br />

Sono andata via senza cercare niente e<br />

tutto... Ho trovato, ma sto ancora<br />

cercando.<br />

È possibile andarsene senza spezzare<br />

qualcosa?<br />

No.<br />

Un suono che ti piace di Milano.<br />

Il cigolío delle rotaie dei tram.<br />

Uno che ti piace di Roma.<br />

Il cannone del Gianicolo a mezzogiorno.<br />

Hai dei metodi per difenderti dai fans troppo<br />

entusiasti, da quelli che vogliono<br />

agganciarti, dai rompicoglioni in generale?<br />

Faccio finta di non essere io.<br />

C’è qualcosa che non rifaresti, al cinema?<br />

No.<br />

E nella vita?<br />

No.<br />

Torniamo indietro: provi a fare l’attrice e<br />

non ci riesci… cosa avresti fatto?<br />

Boh!<br />

Dài, pensaci meglio!<br />

Booohhh!<br />

Perché al cinema le storie d’amore sono<br />

quasi sempre tristi e finiscono male?<br />

E perché nella vita parliamo solo di quelle<br />

che finiscono male e poco di quelle che vanno<br />

bene?... Danno fastidio!<br />

Perché i registi sono quasi tutti uomini?<br />

Perché? Dimmelo tu che sei uomo! Io sono<br />

stata fortunata, ho lavorato con parecchie<br />

donne: Donatella Maiorca, Anna Negri, Cinzia<br />

Torrini, Marie Brassard...<br />

Hai detto in un’intervista che tu sai come<br />

uscire dalla disperazione. Diccelo!<br />

Viversela, per conoscerla.<br />

Che tipo di disperazione era?<br />

Credo esistenziale!<br />

Sei di quelle che ricuciono, che non mollano,<br />

oppure lasci perdere?<br />

Che cos’é il test dell’estate, sotto l’ombrellone?<br />

Certo! Passiamo alla cultura generale:<br />

quanto ci metti a capire che sei innamorata?<br />

Ore? Minuti? Giorni?<br />

Minuti.<br />

Quanto ci mette lui a crederci?<br />

Secondi.<br />

Dì tre cose per cui sei sicura di essere<br />

invidiata.<br />

Faccio un mestiere che mi piace, sono innamorata,<br />

sono intelligente.<br />

Dì tre cose per cui invidi qualcuno, e chi.<br />

L’intelligenza di Albert Einstein, la leggerezza<br />

di Marilyn Monroe, il genio di Picasso.<br />

Modesta, eh! Una giornata-tipo quando sei<br />

sul set.<br />

Ore 6.45 pick up; ore 7.15-8.00 trucco; ore<br />

08.00-8.30 capelli, costumi e pronta sul set<br />

alle 9.00. Provi con il regista e gli altri attori,<br />

aspetti che tutti siano pronti, poi... arrivano<br />

finalmente i tuoi 5 minuti, e... motore…<br />

partito... azione… stop!… buona, e ti prepari<br />

per la prossima.<br />

Una giornata-tipo quando non lavori.<br />

Dormo, dormo e ancora dormo! Poi mi<br />

sveglio e faccio quello che mi va di fare in<br />

quel momento! Di solito, riaddormentarmi.<br />

Dai un consiglio a quelle che vogliono<br />

provarci.<br />

Provateci!<br />

La tua notte ideale con l’uomo che ami.<br />

Espandere mente e corpo.<br />

La sua?<br />

Espandere corpo e mente.<br />

Spiritosa. Il mondo così com’è ti piace?<br />

E a te un calcio nelle palle ti aggrada?<br />

Dimmi cinque cose che cambieresti per<br />

renderlo meno schifoso.<br />

In due righe? Scordatelo!<br />

Un mezzo di comunicazione che preferisci:<br />

il citofono, il telefono, la e-mail…<br />

La telepatia quando si può, altrimenti l’e-mail.<br />

Vorresti salutare qualcuno con questa intervista?<br />

Sai, come si fa in tivù, tipo ciao-ciao<br />

con la manina… ti prego, sorprendici!<br />

Un saluto a tutti gli abitanti della ridente<br />

cittadina di South Park, in special modo al<br />

mio amico Kenny. Che bei ricordi...<br />

8 URBAN URBAN 9


CARTOLINE DAL NULLA<br />

Periferie industriali,<br />

scorci tristissimi, non-luoghi<br />

che confinano con l’incubo.<br />

Spedire cartoline orribili è<br />

una moda diffusa in<br />

America e in Francia.<br />

Abbiamo provato qui.<br />

Risultato? Bleah!<br />

testo: Vittorio Montieri<br />

Quando dici “un posto da cartolina”, intendi<br />

una spiaggia con le palme a fare da quinta, un<br />

panorama di montagne innevate con la baita in<br />

primo piano, una città d’arte. Errore da<br />

principianti. Oggi, assieme ai saluti, si spedisce<br />

un cavalcavia di cemento armato o la hall di un<br />

vecchio albergo. Le “cartoline noiose”, quelle<br />

più anonime e senza un perché, quelle che non<br />

hai mai cagato, sono l’ultima frontiera della<br />

ricercatezza un po’ kitsch e un po’ trash. Tutto è<br />

cominciato con tre barbosissime raccolte di<br />

“boring postcards” inglesi e americane e<br />

“langweilige postkarten” tedesche, pubblicate<br />

dalla Phaidon. Adesso lo sbadiglio col<br />

francobollo dilaga dappertutto. Per l’hebdo<br />

francese Le Point, “les cartes postales<br />

ennuyeuses” sono il nuovo snobismo! Su<br />

Internet c’è un sito svedese con scene postali di<br />

una Scandinavia che pare la DDR (la perla è uno<br />

struggente “Attraversamento pedonale ad<br />

Anderstorp”); o quello di un’australiana che<br />

giura di aver spedito la più deprimente<br />

inquadratura della barriera corallina che sia mai<br />

stata stampata. Non mancano premi e concorsi,<br />

che hanno consacrato immagini di un’inutilità<br />

devastante: come la veduta del Museo di Reed<br />

Deer, nell’Alberta, una scatola di mattoni con<br />

due panchine fuori, “world’s most boring<br />

postcard”; o le “Opere di fognatura a Clacton<br />

on Sea, Essex”, o la pluripremiata “Stazione<br />

degli autobus” di Redditch, sobborgo di<br />

Birmingham. La noia formato cartolina segna<br />

la fine del pittoresco e del “genius loci”,<br />

rimpiazzati dal modernismo internazionale,<br />

dall’urbanistica globalizzata, dai non-luoghi.<br />

È lo spleen ambientale. Non è volgare, non è<br />

umoristica, viaggia in un limbo estetico al di là<br />

del bene e del male. È una sottile perversione.<br />

È masochistica perché contraddice il principio<br />

della spedizione di cartoline, che è il fare<br />

invidia (“Guarda dove sono!”), e lo sostituisce<br />

con l’autoflagellazione iconografica: nell’epoca<br />

delle e-cards e delle gif-animate è il massimo<br />

dell’understatement. Ed è sadica: è una<br />

masturbazione mentale che va condivisa col<br />

destinatario, se no quello può pure offendersi<br />

o pensare che vi siete bevuti il cervello.<br />

Ma è pur sempre una cartolina e va scritta.<br />

Cosa scrivo? Perfetto il titolo di un articolo<br />

del Times: Wish you were NOT here!!<br />

URBAN 11


12 URBAN<br />

“È la mia droga”, dice Anna, 17 anni, e un<br />

lampo“fondente” le annebbia lo sguardo al solo<br />

pensiero di una barretta, o di una pastiglia,<br />

persino di un kinder bueno in caso di astinenza.<br />

“Qualunque cosa a qualunque ora, basta che sia<br />

cacao. Tira su il morale. Io e le mie amiche siamo<br />

tutte cioccolatodipendenti”, aggiunge appesa al<br />

giubbotto del fidanzato sotto i portici di via Po.<br />

“Anche a me piace. Da paura”, le fa eco lui, che<br />

si fa di cioccolato anche in birreria, dove ordina<br />

crêpes grondanti nutella.<br />

D’altronde, quando la fava da cui gli Aztechi<br />

estraevano la polvere per preparare il xocoàtl<br />

giunse nel Vecchio Mondo come parte del favoloso<br />

bottino dei conquistadores, il cacao era<br />

considerato una droga (effettivamente contiene<br />

dopamina ed è uno stimolatore cardiaco).<br />

In comune con le altre droghe ha, a tutt’oggi, la<br />

zona di provenienza, i Tropici, e il prezzo: alto.<br />

Anche se, nel tempo, traffici e “tagli” l’hanno<br />

reso popolare e democratico, non più esclusivo<br />

appannaggio di nobili e abati come succedeva<br />

nel Piemonte del Settecento, la prima regione<br />

italiana dove si prese a consumarlo presso la<br />

corte dei Savoia, a imitazione di quella francese.<br />

La sua capitale resta Torino, una sorta di<br />

“cartello” del cioccolato che concentra le più<br />

antiche fabbriche d’Italia e pullula di laboratori<br />

di trasformazione e pasticcerie, che lo rivendono<br />

con marchio proprio o lo lavorano per conto<br />

terzi per distribuirlo in una fittissima rete di<br />

spacci al dettaglio.<br />

Si passa dai caffè storici dove Cavour e<br />

d’Azeglio sprofondavano nelle poltrone di velluto<br />

fra stucchi rococò, alle bancarelle di piazza<br />

Castello su cui si ammucchiano pile di brioches<br />

farcite di creme marroni, piadine al gianduia, vasche<br />

di “bacio” e blocchi unici da dieci chili.<br />

Al momento tirano le selezioni in purezza che<br />

danno i cru, dal Santo Domingo al Grenada,<br />

dall’Ecuador al Giava. L’Ocumare della linea<br />

“Cacao cult” della Domori, per esempio, appartiene<br />

al genotipo sub clone di Criollo, originario<br />

della penisola di Paria, Estado Sucre, Venezuela,<br />

e presenta aromi di vaniglia, caffè, ribes, ricotta,<br />

ha discreta acidità, buona rotondità e persistenza<br />

e un’eccellente equilibrio aromatico, gustativo<br />

e tattile. Perbacco. A Torino la gamma dell’azienda<br />

è assortita da Ciocco e Latta di via Po<br />

32, choco-point urbano di ultima generazione.<br />

Sugli scaffali vasi di creme spalmabili (compreso<br />

l’introvabile tubetto Gianduioso della storica<br />

azienda torinese Leone, da spremere direttamente<br />

in gola), gianduiotti di varia marca e pezzatura,<br />

fino al chilo, gli sugar-free per diabetici,<br />

le figurine del kamasutra in cioccolato, cubani e<br />

cigarillos, mattoni di nocciolato.<br />

“A Torino va molto il blocco”, dice la commessa,<br />

mentre prepara una cioccolata calda aromatizzata<br />

al pepe rosa. “Oppure in tazza. Le donne<br />

sono più sperimentatrici. Ma, tra gli speziati, i<br />

gusti che vanno sempre sono i classici: cannella<br />

e zenzero.” L’offerta, qui come in tutta la città, è<br />

trasversale. Ce n’è per tutte le borse e per ogni<br />

palato, dal più sofisticato al più ignorante.<br />

LA<br />

DOLCE<br />

VITA<br />

TORINO PRENDE ALLA GOLA. Specie se amate il cioccolato. Di tutti i<br />

tipi, di tutti i gusti, di tutte le forme, compresi il kamasutra,<br />

le dentiere e gli oggetti di tutti i giorni. <strong>Urban</strong> è andato ad assaggiare.<br />

E ha tracciato una mappa della città fondente. Toh, godete anche voi<br />

Comunque sia, a Torino il cacao lo amano tutti,<br />

qualcuno fino al delirio. Persino un’istituzione<br />

come la Caffarel, da 170 anni il colosso del<br />

gianduiotto, si fa prendere la mano dall’iperbole<br />

quando nel volume pubblicato per l’anniversario<br />

della fondazione, riesce a porsi la domanda sul<br />

gender (cioccolata/o?) e a rispondere (pare<br />

quasi di sentire l’accento): “dipende”. E a concludere<br />

che, in ogni caso, è “dolce, amaro, trasgressivo,<br />

peccaminoso, libidinoso, voluttuoso,<br />

sublime, morbido, profumato, inebriante, meraviglioso,<br />

sensuale, maschile, femminile, vellutato,<br />

eccelso, pastoso: ebbene sì, ti amo, chocolat<br />

mon amour!” Testualmente.<br />

C’è chi sconfina nell’horror-kitsch, come il dentista<br />

torinese che in occasione del matrimonio<br />

dell’erede ha ordinato una torta nuziale a forma<br />

di dentiera, senza risparmiare agli invitati una<br />

bomboniera dell’identica foggia in cioccolato e<br />

dipinta: rosa le gengive, avorio le capsule.<br />

Esecutore, il Capitano Rosso, al secolo<br />

Gianfranco Rosso, figlio d’arte e capitano di<br />

lungo corso riapprodato al mestiere di pasticcere-cioccolataio<br />

nei laboratori di corso Traiano<br />

158. Sulla vecchia onda del cioccolato trompel’oeil,<br />

che ha prodotto interi magazzini di ferramenta<br />

da mordere (pinze, tenaglie, martelli e<br />

chiodi), il capitano si è affermato come esponente<br />

di punta della corrente pop di stampo<br />

iperrealista sfornando tartarughe ninja, cellulari,<br />

scarpe e cravatte “missoni”, per culminare nella<br />

cosiddetta “gastronomia dolce”. A chi non fa<br />

impressione addentare una coscia di pollo, un<br />

salame, un uovo sodo o una zuppa di pesce che<br />

sanno di cioccolato, può interessare che la materia<br />

prima è di buona qualità. L’ultima scultura<br />

del maître s’intitola Disastro al bar: raffigura una<br />

tazzina rovesciata da cui fuoriesce una colata<br />

scura. Vulcanico, il capitano è anche impegnato<br />

nel sociale: organizza manifestazioni di piazza<br />

nelle quali decora in pubblico le sue uova pasquali,<br />

per raccogliere fondi destinati a un ospedale<br />

ugandese nel quale il figlio opera come<br />

chirurgo. Il binomio cioccolato e solidarietà<br />

anima anche l’attività della cooperativa Spes<br />

presso la Chiesa di Madonna di Campagna an-<br />

testo: Melissa Corbidge<br />

e Cristina Pauly<br />

foto: Alessandra Spranzi<br />

URBAN 13


IL CACAO HA IL SUO IPERREALISMO<br />

POP, I SUOI EROI E I SUOI CREATIVI.<br />

PROVATE DAL CAPITANO ROSSO<br />

nessa al convento dei Cappuccini di via Saorgio:<br />

i proventi del cioccolatificio cresciuto all’ombra<br />

del campanile vanno alla missione di Capo<br />

Verde di padre Ottavio Fasano.<br />

Ma fiumi di cioccolato di strada non sono riusciti<br />

a offuscare le vecchie glorie cioccolatiere,<br />

siano esse le griffe produttrici di praline preziose<br />

come bijoux, o i luoghi eleganti deputati al<br />

consumo. La premiata ditta Baratti e Milano ha<br />

le sue sale di rappresentanza che fanno molto<br />

Liberty in piazza Castello 27. Mulassano, scrigno<br />

in un fioritissimo stile tutto marmi, legni e<br />

bronzi, con soffitto in marocchineria e vetrina in<br />

piazza Castello 15, è il tempio della cioccolata<br />

calda, servita mescolata al latte o sciolta in sola<br />

acqua come vuole la tradizione cittadina, secondo<br />

il gusto del cliente. Purista, invece, Fiorio,<br />

poco più avanti in via Po 8, il caffè letterario che<br />

in epoca risorgimentale era il ritrovo dei conservatori<br />

e che oggi dispensa a tutti, senza distinzione<br />

di fede, censo o età, quintali del suo gelato<br />

al gianduia, tanto ricco e compatto da poterlo<br />

masticare. Il migliore, senza tema di smentita.<br />

Più avanti, al numero 52, gli universitari di<br />

Palazzo Nuovo acquistano da Ghigo la loro<br />

dose di blocco da “bruciare” sui libri. In piazza<br />

San Carlo si fronteggiano il Caffè Torino e, dal<br />

1836, lo squisitissimo Stratta, fornitore della<br />

Real Casa. I suoi punti di forza sono la pralineria<br />

(corone sabaude ripiene di croccante, cioccolatini<br />

alla crema di lampone selvatico) e le confezioni,<br />

capolavori del packaging, molto noblesse<br />

oblige. A proposito: l’aristocrazia della categoria<br />

dal 1915 abita in corso Moncalieri 47, sede<br />

di Peyrano, i maghi del gianduiotto, della crema<br />

al cioccolato e alla nocciola (rigorosamente piemontese),<br />

del tartufo e dell’alpino. Ma per un<br />

bicerin come lo beveva Cavour e magari per un<br />

eccentrico toast, con la tavoletta fra le due fette<br />

di pane carré, si va in piazza della Consolata,<br />

si entra al Bicerin e si aspetta, seduti ai tavoliniacquasantiere<br />

di marmo, che gli alchimisti producano<br />

l’intruglio di caffè, cioccolata e crema<br />

di latte. Vano cercare di strappare la formula,<br />

ormai una doc: i dipendenti sono tenuti, per<br />

contratto, al segreto.<br />

Dagli spacciatori agli spacciati. Bisogna esserlo,<br />

per decidere di spalmarsi il corpo di cioccolato:<br />

sembra che funzioni contro la depressione, secondo<br />

l’idea lanciata da un bottegaio di Lipsia.<br />

Se non è ancora approdata a Torino, presto lo<br />

farà, e probabilmente in sordina: nella città più<br />

riservata e “a modino” d’Italia, i segreti restano<br />

nell’alcova. E se i vari accessori industriali per<br />

ciocomaniaci, tipo preservativi gusto cacao,<br />

cosmetici, lubrificanti erotici e dentifrici esistono<br />

sul mercato da tempo, si comprano in rete<br />

o sussurando al mercante, sull’uso alimentare,<br />

invece, la città non conosce la vergogna.<br />

E contagia rapidamente gli stranieri. “Qui non<br />

è come a Milano. Un calabrese resta calabrese<br />

anche dopo una vita. Il consumo della cioccolata<br />

è forse l’unica cosa che gli immigrati prendono<br />

dai torinesi”, dice Ugo Mura, sardo, consulente<br />

gourmand al servizio di Paissa, emporio di<br />

delikatessen in piazza San Carlo. Fatto sta che<br />

i coni al gianduia si leccano estate e inverno,<br />

mattina e sera, che non c’è festa o pomeriggio<br />

freddo senza il conforto della cioccolata calda,<br />

che non esiste casa senza scorte di Nutella,<br />

la versione più popolare, diffusa ed economica<br />

della crema al gianduia, ma con un esercito di<br />

fan. Sono abitudini, mode e modi di mangiar<br />

cacao che da quest’anno fanno del Lingotto, il<br />

centro espositivo negli ex capannoni della Fiat,<br />

la sede naturale di Dolc’è, fiera di macchinari,<br />

forni, presse e impastatrici per chi campa sul<br />

cibo degli dei.<br />

URBAN 15


16 URBAN<br />

testo: Francis M. Bissong<br />

foto: Luca Merli<br />

DATE UN PRATO<br />

ALLA PATRIA<br />

KAMAL<br />

KARIYAWASAM.<br />

È nato nello Sri<br />

Lanka, fa il portiere<br />

in uno stabile alla<br />

periferia di Milano.<br />

Ma soprattutto è<br />

una stella del<br />

cricket e il capitano<br />

della nazionale<br />

italiana. È grazie a<br />

gente come lui che<br />

il nobile sport<br />

inglese è cresciuto<br />

in Italia. Cosa<br />

vogliono in cambio<br />

di tanta gloria?<br />

Veramente, gli<br />

basterebbe una<br />

striscia d’erba...<br />

L’unica botta di vita nelle ultime settimane<br />

dalla zona di guerra è stata la visita della<br />

squadra afghana di cricket in Pakistan. Cricket,<br />

proprio così, una cosa inventata dagli inglesi che<br />

ormai infiamma il subcontinente indiano più<br />

della logorante disputa sul Kashmir, della corsa<br />

per l’atomica dei poveri e delle schermaglie<br />

belliche sul Khyber Pass. Cricket: dicono che<br />

laggiù, tra Pakistan, Bangladesh, Sri Lanka e<br />

India, è una delle poche cose che fa tacere tutti,<br />

persino i kalashnikov. Buona notizia.<br />

Qui è un’altra storia. Agli inizi del secolo, era il<br />

passatempo estivo di un’élite un po’ esotica ed<br />

eccentrica, presto relegato nel limbo degli sport<br />

minori – praticato da uno sparuto gruppo<br />

d’anglofili ed esuli di sua maestà Vittoria. C’è<br />

stata una ripresa negli anni ’60 con la creazione<br />

di un campo nella Villa Doria Pamphili, e la<br />

nascita del Milan Cricket Club, ma è solo con la<br />

nascita dell'Associazione Italiana Cricket nel<br />

1980 che il gioco ha cominciato a essere<br />

praticato in modo regolare e continuo.<br />

Poi sono arrivati loro. Gli immigrati dal<br />

subcontinente indiano hanno cambiato<br />

radicalmente lo scenario: le domeniche,<br />

dovunque spunti un filo d’erba, si disputano<br />

derby interminabili fra Sri Lanka e Pakistan o<br />

India e Bangladesh. Ovviamente un test match –<br />

che dura cinque giorni consecutivi – è<br />

impensabile per questo popolo d’autisti,<br />

camerieri e commessi che può solo approfittare<br />

della domenica per rivivere vecchie passioni,<br />

sconosciute al passante con la radiolina per cui<br />

esiste solo il calcio. Per loro è impensabile il<br />

picnic domenicale al milanese Parco Lambro (o a<br />

quello di Trenno) senza la consueta partita di<br />

cricket fra una mangiata di samosa ed un sorso<br />

di birra – mogli e figlie a bordo campo. Stessa<br />

cosa alla romana Villa Borghese, o a Bologna.<br />

Ed è grazie a loro che la Federazione Cricket<br />

Italiana può permettersi un campionato regolare<br />

di due gironi – nord e sud – dalla primavera<br />

all'estate, con i playoff in settembre e ottobre.<br />

Il cricket, insomma, fa uno strano giro: da<br />

passatempo esotico per espatriati inglesi<br />

dell’inizio del XX secolo a passione di massa per<br />

altri espatriati di fine XX secolo. E gli immigrati<br />

asiatici in Italia che cambiano la storia, fino<br />

all’exploit più clamoroso immaginabile: la<br />

vittoria sull’Inghilterra agli Europei di Cricket del<br />

’98 in Olanda. Bel colpo.<br />

E così arriviamo a lui, Kamal Kariyawasam,<br />

detto semplicemente Kamal. Un gentiluomo<br />

partito vent’anni fa dallo Sri Lanka per fare il<br />

portiere in uno stabile di Lambrate, a Milano. E,<br />

naturalmente, per giocare a cricket. È lui, questa<br />

faccia simpatica e “straniera”, il capitano della<br />

nazionale. La Nazionale italiana. Non solo: è<br />

anche l’allenatore-capitano-road managertuttofare<br />

del Brera Cricket Club. È lui, insieme ad<br />

Aamir Shah, detto “il Gelataio”, il giocatore più<br />

rappresentativo del cricket italiano. Entrambi<br />

giocano nel Brera Cricket Club di Milano. Padre<br />

di 2 splendide figlie, 38 anni, per Kamal giocare<br />

a livelli internazionali è normale: “In Sri Lanka,<br />

giocavo con la nazionale juniores e qui in Italia<br />

gioco con la nazionale dall’84 e sono capitano<br />

dal ’97. Prima giocavo con la squadra del<br />

Trentino, che voleva dire 500 chilometri andata<br />

e ritorno da Milano. Partivamo da Milano la<br />

mattina – ovviamente in macchina – per giocare<br />

a Trento il pomeriggio e ritornare a Milano dopo<br />

la partita. Questo e altro si fa per la passione”.<br />

Ci incontriamo, con Kamal, un sabato<br />

pomeriggio alla Cascina Monluè di Milano prima<br />

dell'incontro settimanale di preparazione. Invece<br />

dell’intervista, devo accontentarmi di osservare i<br />

giocatori occuparsi del livellamento del campo e<br />

del taglio dell’erba prima dell’allenamento.<br />

Mezzo pomeriggio passa così, a fare i contadini.<br />

E scopro in questo modo l’ossessione del<br />

giocatore di cricket: trovare una striscia erbosa<br />

di 50 metri quadrati fra il lanciatore e il<br />

battitore. Un prato, insomma. Ma non è facile<br />

spiegarlo all’amministrazione pubblica che ha<br />

messo a disposizione il campo senza la<br />

concessione per il livellamento. Secondo Kamal:<br />

“Risolvere il problema del campo è<br />

fondamentale. Quelli del Cricket Club<br />

Campanelle di Roma hanno avuto in regalo un<br />

campo regolare all’ippodromo e ci sono stati<br />

progressi sia nel reclutamento di nuove leve che<br />

nel campionato. Stessa cosa per la squadra del<br />

Lazio – hanno trovato un privato che ha<br />

regalato loro un pezzo di terreno all’Appia<br />

Antica; i giocatori hanno pagato la spesa di<br />

livellamento. A Bologna esiste un campo<br />

stupendo e si capiscono bene i sette scudetti<br />

del Pianoro fra il ’94 e 2000, e quello di<br />

quest’anno. Molte squadre sono sparite per il<br />

problema campo – Bergamo, Cesena, Torino .<br />

Infatti, lo scudetto non si muove da Bologna da<br />

parecchi stagioni.<br />

So che a Milano con un buon campo possiamo<br />

creare almeno 2 squadre come a Roma ed<br />

attirare 5, 10mila spettatori…aspettiamo<br />

sempre la chiamata di un benefattore illuminato<br />

che ci offra un campetto”.<br />

Per finire: si livella il campo e niente intervista.<br />

Ma ci riprovo. Con Kamal, ci diamo<br />

appuntamento al Centro Sportivo Saini che<br />

mette a disposizione del Brera una parte del<br />

suo parco per gli allenamenti. Questa volta la<br />

seduta di preparazione non si svolgerà perché in<br />

settimana un balordo temporale tropicale –<br />

proveniente probabilmente dal sudest asiatico –<br />

ha sradicato la struttura di sostegno della rete<br />

di protezione. Kamal è in compagnia di Michael<br />

Arnold, altro Srilankese, esule del Trentino ed<br />

ora in forza nel Brera Cricket Club. Passiamo il<br />

pomeriggio a meditare sulle soluzioni logistiche<br />

per la rete, a chiacchierare dell’ultimo<br />

triangolare Pakistan-Inghilterra-Australia, delle<br />

vacanze di Michael in Sri Lanka durante il tour<br />

della squadra inglese, del viaggio dell’indomani<br />

a Trento per la partita settimanale, dello stato<br />

del cricket in Italia – con un unico leimotiv:<br />

in Italia il gioco si consolida, funziona, ci sono le<br />

competenze, i talenti, e la passione... manca solo<br />

l’erba.<br />

Me ne vado un po’ triste, con nelle orecchie<br />

l’appello di capitan Kemal, il capitano della<br />

Nazionale Italiana. Che chiede cinquanta metri<br />

d’erba. Non è troppo, no? Per la patria, intendo.<br />

Se avete un prato, scrivetegli a questo indirizzo:<br />

thilini@tiscalinet.it. Se non per Kemal, fatelo per<br />

la Patria. Chissamai…<br />

URBAN 17


UNO SPORT ESTREMO:<br />

attraversare Milano, con i<br />

mezzi pubblici, insieme a due<br />

amici disabili. Autobus che<br />

non si inchinano, marciapiedi<br />

pieni di macchine, scale<br />

assassine, vigili mortificati.<br />

E alla fine – hurrà! – un<br />

aperitivo sui Navigli, proprio<br />

come fanno tutti. Solo che ci<br />

abbiamo messo cinque ore.<br />

<strong>Urban</strong> ha provato: una storia<br />

divertente da raccontare e<br />

terribile da vivere. Eccola,<br />

con una postilla: “Direttore,<br />

scusaci, torniamo in taxi”<br />

Ci sono un italiano, un francese e un tedesco<br />

che, una sera, decidono di andare a bere una<br />

birra. L’italiano dice al tedesco: “Ci vediamo<br />

alle dieci sotto casa tua?”. E quello: “No, passa<br />

verso le sette sennò troviamo tutto chiuso”.<br />

E aggiunge: “Se passiamo a prendere il francese<br />

meno di tre o quattro ore non ci si mette”. Avete<br />

capito bene: tre o quattro ore. Considerato che<br />

quella sera non c’è il coprifuoco che li costringe<br />

a muoversi nella nebbia, a piedi e utilizzando<br />

strade poco frequentate, che non è la Giornata<br />

Mondiale del Traffico Smodato, che il francese<br />

e il tedesco lasciano passare tre autobus su<br />

quattro e non ci salgono sopra se non si inchinano<br />

ma nonostante questo non sono pazzi,<br />

perché i tre amici impiegano così tanto tempo<br />

per andarsi a bere una birra?<br />

Vi lascio qualche riga per pensarci. Sembra<br />

un misto fra una barzelletta che non fa ridere<br />

e un problema di difficile soluzione.<br />

Poi, scava scava, è esattamente questo. Ovvero<br />

una barzelletta che non fa ridere e un problema<br />

di difficile soluzione.<br />

Non voglio distrarvi oltre. Altri indovinelli. Uno.<br />

Sapete che differenza c’è fra un disabile che<br />

prende la metropolitana e due disabili che prendono<br />

la metropolitana? Due. Prima vignetta. Ci<br />

sono due disabili in carrozzina che prendono<br />

l’autobus. Seconda vignetta. Ci sono due disabili<br />

in carrozzina che prendono due autobus. Quale<br />

di queste due scene sicuramente non si svolge a<br />

Milano? Tre. Ci sono un italiano, un francese e<br />

un tedesco a Milano che prendono la metropolitana.<br />

In quanti non pagano il biglietto? Quattro.<br />

È meglio un giapponese con il kilt o una modella<br />

con la borsa di pitone? So che sembra una<br />

follia, ma leggete qui: alla fine sarà tutto tragicamente<br />

chiaro.<br />

Andiamo con ordine. Il tedesco non è tedesco.<br />

Ma si chiama Franz ed è biondo. Quindi può<br />

passare per tedesco. Sono sotto casa sua verso<br />

le sette di un venerdì sera. Un po’ prima delle<br />

sette. Aspettiamo la Sessanta. La Sessanta è un<br />

autobus. La prima tappa del viaggio è Casa-deltedesco-Stazione<br />

Centrale. Sei fermate.<br />

La prima Sessanta arriva subito, ma non la prendiamo.<br />

Per fare salire Franz, l’autobus deve<br />

accostare e inchinarsi. Non è un atto di deferenza<br />

verso il disabile. L’inchino consiste nell’abbassare<br />

la ruota posteriore destra in modo che<br />

una piccola pedana retrattile si appoggi al marciapiede.<br />

L’articolo 158 del codice della strada<br />

prescrive il divieto di sosta “negli spazi riservati<br />

allo stazionamento e alla fermata degli autobus,<br />

dei filobus e dei veicoli circolanti su rotaia e, ove<br />

questi non siano delimitati, a una distanza dal<br />

segnale di fermata inferiore a 15metri, nonché<br />

negli spazi riservati allo stazionamento dei<br />

veicoli in servizio di piazza”. Traduco in italiano:<br />

le macchine posteggiate impediscono all’autobus<br />

di accostare. Noi chiamiamo i vigili, l’autobus<br />

riparte. In trentacinque minuti perdiamo<br />

altri due autobus aspettando i vigili. Un altro autobus<br />

lo perdiamo perché l’autista non sa inchinare<br />

la vettura. Poi si prende quello dopo e in<br />

dieci minuti siamo alla Stazione Centrale. Per<br />

scendere niente inchino, ci carichiamo Franz in<br />

spalla, si fa prima. Lì ci aspetta il francese, che si<br />

chiama Marco e di francese ha solo la mamma.<br />

Che comunque non è poco.<br />

Marco è in cima alla rampa di accesso alla<br />

metropolitana. Appena arrivato ha chiamato il<br />

servoscala. Il servoscala è quell’aggeggio che<br />

consente di arrivare ai treni con la carrozzina.<br />

Il servoscala sta salendo. Da otto minuti.<br />

Altri tre ed è in cima. A scendere, con Marco<br />

sopra, sono otto minuti. In discesa è più veloce.<br />

Poi altri undici per riportarlo su e altri otto per<br />

scendere con Franz. A questo punto siamo a<br />

metà strada. Ora tocca arrivare alla banchina<br />

dove passano i treni. Sette minuti per scendere<br />

con Franz (stavolta va prima lui), otto a salire<br />

senza Franz, altri sette a scendere con Marco.<br />

Sono le otto e quaranta e io nel frattempo scrivo<br />

il mio primo romanzo. Un quarto d’ora per arrivare<br />

a destinazione. Fermata Sant’Agostino.<br />

Qui le scale sono più lunghe. Sette minuti a<br />

scendere, dieci a salire. La prima. Dodici minuti<br />

a scendere, quindici a salire la seconda. C’è il<br />

tipo dell’ATM che sostiene che deve vigilare<br />

sulle operazioni per motivi di assicurazione.<br />

Un’ora e mezza. Se qualcuno ha idee brillanti su<br />

come passare il tempo per un’ora e mezza in<br />

una fermata della metropolitana senza chitarra<br />

MILANOSENZAPIEDI<br />

testo: Cristiano Valli<br />

illustrazioni: Erika Pittis<br />

18 URBAN<br />

e un cappello per le offerte, oramai è tardi.<br />

Mi servivano prima. Io ho contato gli scalini.<br />

Più volte per essere sicuro. Sono le dieci e<br />

mezza e dalle nove qui non c’è uno che entrando<br />

timbri il biglietto. Del resto, l’addetto sta al<br />

servoscala. Che sia chiaro, non è che l’ATM ha<br />

comperato dei servoscala lenti.<br />

Vanno piano per motivi di sicurezza.<br />

Terza tappa. Autobus fino ai Navigli. Ne passano<br />

cinque. Tre per Franz, due per Jaen.<br />

Due autisti non riescono a fare manovra, uno<br />

non è capace di inchinare la vettura e pare<br />

che “più di una carrozzina alla volta non si può<br />

caricare”. Tutte le vetture, comunque, erano<br />

attrezzate. Siamo in centro del resto. In periferia<br />

non accade così spesso.<br />

Sono le undici e un quarto. Altri quaranta<br />

minuti e un carro attrezzi circa per fare tre fermate.<br />

“Per tre fermate, non potevate andare a<br />

piedi?”, chiede uno. Lo guardiamo straniti.<br />

Avremmo anche potuto farci un po’ di marciapiede<br />

ma, evidentemente non certo a piedi.<br />

E in ogni caso da Sant’Ambrogio fino a Porta<br />

Ticinese non esistono il venerdì sera più di tre<br />

metri liberi da auto parcheggiate fin sugli alberi.<br />

Figurarsi i marciapiedi. Insomma. Persone a<br />

piedi ci passano. Persone in carrozzina, evidentemente,<br />

no.<br />

Una volta in Porta Ticinese però, mezzi utili non<br />

ce n’è. Potremmo infilarci nel primo bar, ma il<br />

primo bar ha un fastidioso gradino che fa incaz-<br />

URBAN 19


zare Franz come un puma. Che si impunta e<br />

vuole andare in piazza Ventiquattro Maggio.<br />

Io adoro quando Franz si impunta. Chiamiamo<br />

i vigili, che oramai ci conoscono e ci chiedono<br />

di avere pazienza. Del resto a Milano dopo le<br />

undici ci sono solo due carri attrezzi in servizio.<br />

Uno ogni settecentocinquantamila abitanti.<br />

È una buona media. Dopo altra attesa Franz si<br />

impunta di più. Scende in strada e si fa cinquecento<br />

metri filati in carrozzella, in mezzo alla<br />

strada più trafficata e stretta di Milano.<br />

Al venerdì sera. C’è gente che è ancora in fila<br />

adesso mentre leggete. Forse hanno preso casa lì.<br />

Arrivando al locale incontriamo due tavolini sul<br />

marciapiede che non fanno passare nemmeno i<br />

pedoni tradizionali, figuriamoci noi.<br />

Seduta al primo tavolino c’è la modella con la<br />

borsa di pitone e il collo di pelliccia che sorseggia<br />

un daiquiri alla fragola. Ci guarda passare e<br />

non fa una piega. Sul secondo tavolino c’è un<br />

giapponese in kilt che beve birra. Qui la piega la<br />

facciamo noi. Scoppia a ridere anche lui, sposta<br />

il tavolino in strada e ci fa salire sul marciapiede.<br />

E non ci fa una foto. È quasi mezzanotte quando<br />

ci prendiamo la nostra birra.<br />

È stato molto istruttivo. Prima di tutto è<br />

evidente che chi costruisce le città pensa che i<br />

disabili, fra di loro, non si possano vedere.<br />

Sí perché se è vero che forse uno da solo, in<br />

QUASI CINQUE ORE DI VIAGGIO AI LIMITI DELL’ASSURDO,<br />

CINISMO COMPRESO: “NON POTEVATE ANDARE A PIEDI?”<br />

3<br />

4<br />

2001 Odissea nelle strade di Milano<br />

1. h.18.50: Largo Marinai d’Italia (punto di partenza)<br />

2. h.19.40: Stazione Centrale (incontro)<br />

3. h.22.30: Piazza Sant’ Agostino (uscita Metrò)<br />

4. h.23.50: Navigli (arrivo)<br />

2<br />

1<br />

carrozzina, se la può anche cavare, due insieme,<br />

senza di me a dare una mano, impiegano più<br />

tempo per andare al cinema di quanto ci metta<br />

io per andare da Milano a Los Angeles a vedere<br />

girare lo stesso film. Più tempo ad andare all’edicola<br />

all’angolo di quanto ci metta io ad andare<br />

da Milano a Torino a comperare La Stampa alla<br />

stazione. Non voglio pensare a gruppi più<br />

numerosi di persone in carrozzina.<br />

Per andare al cinema in metropolitana occorre<br />

una settimana di ferie. No, no. È evidente.<br />

I disabili, fra di loro, si odiano a morte.<br />

Sono lì che prendo appunti e riordino scarabocchi.<br />

Citazioni. Più di una carrozzina alla volta non si<br />

può caricare. E anche: “Centrale, c’è una carrozzina<br />

che non riesce a prendere l’autobus, serve<br />

il carro attrezzi”. E anche: “Attento che deve<br />

passare la carrozzina”.<br />

Fa una certa impressione. Ci vuole tanto a dire<br />

ragazzo, signore, tizio, tipo? Forse che così si<br />

riesce a fare finta che è solo una carrozzina che<br />

non ci passa? Che sono due persone, quelle<br />

che non passano? Boh.<br />

Finale con il quiz. Ci sono un italiano, un francese<br />

e un tedesco. È quasi l’una e hanno appena<br />

finito la loro birra. Come tornano a casa?<br />

A: si accampano per la notte nei dintorni, la metropolitana<br />

ormai è chiusa. B: si fanno spingere<br />

dall’italiano a casa in uno splendido trenino<br />

cantando briggittebardòbardò. C: prendono<br />

un taxi. Paga <strong>Urban</strong>. Direttore, non avertene a<br />

male. Ho scelto la terza. Però in taxi cantavamo<br />

briggittebardòbardò lo stesso.<br />

URBAN 21


22 URBAN<br />

OGGI A MILANO. Domani a Londra, o Parigi. Magari Tokyo,<br />

forse L.A. Howie B. corre a sistemare i suoni degli altri e nel<br />

frattempo inventa i suoi. E intanto racconta dei bambini al<br />

telefono, degli U2 in autobus, della marijuana all’aeroporto.<br />

E spiega: “La tecnologia? Non serve a niente”<br />

L’UOMO CHE GIRA<br />

testo: Niccolò Vecchia<br />

foto: Stefano Cammellini<br />

Non l’ho riconosciuto subito. L’identikit<br />

del personaggio lo avevo ripassato bene,<br />

38 anni, non molto alto, barba sempre<br />

incolta, occhio un po’ svanito, anche per il<br />

sorprendente numero di joint che la<br />

leggenda vuole riesca a consumare ogni<br />

giorno. Eppure sì: quello che mentre mi<br />

stringeva la mano mi sembrava un ragazzetto,<br />

decisamente basso, con la faccia<br />

vispa, inesperta e gli occhi curiosi che<br />

saettavano qua e là, nascosti solo in parte<br />

dal cappello da pesca in tessuto mimetico,<br />

era a tutti gli effetti Howie B. Cioè uno dei<br />

più importanti produttori degli ultimi anni,<br />

uno che nella sua carriera ha già mosso i<br />

cursori e governato i suoni per U2, Soul II<br />

Soul, Bjork, Tricky, Everything But The<br />

Girl... solo per fare qualche nome. Ma non<br />

solo: anche uno dei fondatori dell’etichetta<br />

Pussyfoot, che sforna sempre nuovi<br />

suoni e nuovi artisti. Ma non solo (e dagli!):<br />

anche un autore di musica propria,<br />

che all’attivo ha tre album e una marea<br />

di Ep, compilation... Insomma uno che non<br />

si ferma mai e che fa cinque o sei lavori<br />

diversi, a volte contemporaneamente.<br />

E uno con le idee chiare: “La cosa che mi<br />

piace di più? Kissing, baciare...” e tanto<br />

per confermare quello che ha appena<br />

detto, riceve sul telefonino una chiamata.<br />

“Eliisa!!! I am in Italy baby” grida eccitato rispondendo,<br />

e io, lo ammetto, penso a una groupie italica<br />

che si fa viva. Dopo alcuni minuti di conversazione<br />

Howie B. invece spegne il cellulare e mi<br />

dice: “Era Elisa, tu la conoscerai sicuramente visto<br />

che è una delle migliori cantanti italiane...”<br />

Io gli chiedo scusa mentalmente e proseguo.<br />

Anche perché questo Howie B. non ha tempo da<br />

perdere: “Domani, giovedì, sarò a Roma, poi a<br />

Reggio Emilia, sabato a Firenze, domenica ho un<br />

concerto a Londra, lunedì vado a New York per<br />

tre giorni, poi cinque giorni a Buenos Aires, altri<br />

cinque in Francia, poi in Svizzera, a Hong Kong, a<br />

Tokyo e in Islanda, e così è passato un altro mese:<br />

spero di riuscire a ritagliare qualche giorno per<br />

stare con la mia famiglia”. In tutti questi viaggi<br />

non è mai solo, ma ha sempre con sé il suo fedele<br />

studio di registrazione portatile, che qualche suo<br />

collega riterrebbe obsoleto: “La tecnologia non<br />

è niente, non serve a niente. L’importante sono le<br />

idee e tutte le canzoni che la gente ama sono<br />

fatte con il cuore e con la testa, non con l’ultimo<br />

computer uscito sul mercato... quella<br />

è solo moda e a me la moda non interessa.<br />

A me interessa lo stile, un po’<br />

come questa” – e picchia col pugno sulla vecchia<br />

cassapanca di legno massiccio su cui siamo<br />

seduti – “questa ha stile, di lei avremo sempre<br />

bisogno e lei durerà nel tempo. La moda... ti giri e<br />

non c’è più!”.<br />

I suoi occhi non smettono mai di vagare per la<br />

stanza, ma si illuminano davvero quando gli<br />

chiedo dei due figli, a cui ha dedicato il suo album<br />

Music for Babies: “Sono i miei fan più importanti,<br />

se una canzone non piace a loro, vuol dire che fa<br />

schifo... Quando sono fiero di qualcosa che ho<br />

composto li chiamo e gli faccio sentire il pezzo al<br />

telefono, è bellissimo!”. E scopro che i suoi figli<br />

c'entrano anche con un altro momento importante<br />

della sua vita, ovvero quando all’apice della<br />

notorietà, in tour con gli U2 negli Stati Uniti, viene<br />

rispedito a casa perché beccato in aeroporto con<br />

un po’ di marijuana. Ahi, ahi, ahi! “Lì ho capito che<br />

dovevo davvero cambiare, che ero uno stupido.<br />

Pensa di dover tornare a casa e spiegare ai tuoi<br />

figli piccoli che non sei in America con gli U2<br />

perché ti sei fatto una canna...”<br />

Nonostante la disavventura, gli U2 li ricorda con<br />

affetto: “Sono stati il gruppo con cui mi sono<br />

divertito di più, una volta Bono è arrivato in studio<br />

vestito da guidatore d’autobus e ci ha portato<br />

in giro per la città con questo finto autobus che<br />

aveva affittato, e facevamo le fermate, i biglietti<br />

alla gente che saliva...”.<br />

Realtà o remix? Non saprei, ma una cosa vera<br />

c’è. “<strong>Sì</strong>, sto lavorando alla colonna sonora di un<br />

film porno, me l’hanno offerta perché sono pazzo<br />

e io ho accettato subito.” Non resisto e gli chiedo<br />

come stia affrontando la cosa. Lui si guarda<br />

attorno per l’ennesima volta, mi sorride e dice:<br />

“Beh... con l’esperienza”. Già, buona battuta.<br />

URBAN 23


Airone THP e TNB<br />

SÍ <strong>LOGO</strong>!<br />

NON SONO SCRITTE <strong>SUI</strong> <strong>MURI</strong>.<br />

Sono simboli, marchi, logo.<br />

Sono passati dalle grinfie del<br />

mercato alla cultura di strada,<br />

dagli imperi commerciali<br />

all’arte libera. Vengono da<br />

New York, Barcellona, Parigi.<br />

E invadono Milano. <strong>Urban</strong> ha<br />

fatto un giro, e ha trovato...<br />

testo: Giorgio Di Salvo<br />

foto: Massimo Troboldi<br />

26 URBAN<br />

Stop, fermati, rifletti. Sui muri della tua città<br />

qualcosa sta cambiando, le firme che sei abituato<br />

a vedere e abitualmente sei portato a non<br />

considerare stanno cambiando, il writer, lo scrittore<br />

notturno che fa del tuo muro la sua carta,<br />

è protagonista di una evoluzione concettuale.<br />

Niente di meno. La tag (la firma sui muri!) diventa<br />

un logo. Proprio così, in tempi in cui il no-logo<br />

critica lo sfruttamento e la valenza commerciale<br />

del logo, ecco che il writing incomincia a<br />

intuire le potenzialità comunicative della grafica,<br />

crea il suo marchio.<br />

Ribalta, insomma, la logica del logo: lo riporta<br />

in basso, dall’alto (commerciale, economico) delle<br />

Grandi Marche. Piccola rivoluzione. Sui muri.<br />

Certo, il writer con la grafica ci aveva sempre<br />

giocato, in modo più o meno cosciente, ma<br />

oggi comincia a sfruttarla diversamente, riproponendosi<br />

genuino studioso di una materia<br />

interessante: la pubblicità.<br />

Guardatevi i vestiti. Indossiamo abitualmente<br />

abiti caratterizzati da tre strisce, da un baffo, da<br />

un albero, da un coccodrillo. Da scritte con dei<br />

nomi o delle parole apparentemente senza senso.<br />

Siamo contenti che siano sul nostro corpo<br />

perché sappiamo che tutti le conoscono e che<br />

rappresentano qualcosa. La necessità di un’azienda<br />

di trovare un logo di piacevole ed efficace<br />

impatto grafico e di riuscire a riproporlo in<br />

giro il più possibile, riuscendo a farlo arrivare<br />

sotto gli occhi di qualsiasi persona è il gioco<br />

grosso degli ultimi decenni.<br />

Chiedete allo “swosh” della Nike, al coccodrillo<br />

del signor Lacoste.<br />

Un meccanismo che è sempre stato alla base del<br />

writing da strada, della street-art, del graffito.<br />

Con la differenza sostanziale di una autoghettizzazione<br />

da parte dei protagonisti del movimento.<br />

Ghetti creati dalle evoluzioni calligrafiche e artistiche<br />

che hanno reso complessa la ricezione da<br />

parte delle persone. In breve: quelle firme sui<br />

muri vissute da quasi tutti come “scarabocchi” o<br />

vandalismi, o peggio.<br />

C’è chi ci aveva pensato da tempo a rendere<br />

chiaro e facilmente leggibile da tutti il proprio<br />

nome. Ricordiamo l’inarrestabile Noce di qualche<br />

anno fa e il Dumbo di oggi, che rendono la<br />

propria firma un logo, allo stesso modo di un<br />

Fiorucci, un Prada o un Armani.<br />

Tentativo nobile ma quasi vano: troppe scritte<br />

complesse sui nostri muri, difficoltà di lettura.<br />

Oggi, nuova tendenza e nuova impostazione: il<br />

logo sembra il nuovo protagonista della scena.<br />

Immediato, percepibile, svelto. Non più firme.<br />

Marchi, appunto.<br />

Ma ci sono differenze sostanziali, ovviamente,<br />

tra il logo-commerciale e il logo-writing. Qui non<br />

si vende niente, lo scopo commerciale non c’è. Il<br />

concetto commerciale del logo diventa arte: ciò<br />

che l’industria aveva preso alla strada, il simbolo,<br />

il marchio, il disegnino facile da ricordare,<br />

torna alla strada. Cortocircuito.<br />

Come tutto ciò che viene dal basso, dalla strada,<br />

difficile cercare un fondatore, un caposcuola<br />

o altro. Tanti sono però gli esempi, primo tra<br />

tutti (dall’America) Obey The Giant, artista californiano<br />

che ha fatto dell’attacchinaggio una vera<br />

e propria arte. I suoi manifesti, con il viso del<br />

noto lottatore Andres the Giant racchiuso in una<br />

stella in stile costruttivista russo, lo ha portato<br />

dalla strada alle colonne del Times, nonché sui<br />

libri d’arte contemporanea.<br />

In Europa nomi come Akaysm, Bacteria, la Mano<br />

o Space Invaders rappresentano realtà forti di<br />

un movimento che sta lentamente prendendo<br />

forma e affermandosi nel mondo. Sui muri, da<br />

Parigi a Barcellona, da Berlino a (eccoli!) Milano.<br />

1 2<br />

3 4<br />

6 7<br />

8 9<br />

10<br />

1. Bean-True Milk<br />

2. Giorgio-True Milk<br />

3. Anonimi<br />

4. Phast-THP<br />

11 12<br />

5. London Police<br />

6. Dumbo-FIA<br />

7. Anonimi, con elaborazione Dumbo<br />

8. Giorgio e Giuseppe<br />

5<br />

9. La Mano<br />

10. Suede-NBW-PRC-OK<br />

11. Mastro K-THP<br />

12. Emon-PRC<br />

URBAN 27


ARTE E SBARRE<br />

Un modellino, una cella<br />

in miniatura, una casa di<br />

bambole, anche se dentro<br />

ci stanno uomini rudi,<br />

rinchiusi. Sisto Rossi,<br />

detenuto, ha realizzato<br />

questa miniatura con<br />

materiali di recupero,<br />

scarti, frammenti trovati<br />

in galera. L’ha dedicata a<br />

Enzo Tortora. E ne ha<br />

fatte altre, che vorrebbe<br />

esporre, per far vedere<br />

fuori quel che c’è dentro.<br />

Cerca una galleria. Che<br />

almeno l’arte possa uscire.<br />

ALMENO LE PAROLE<br />

Per tutti è San Vittore,<br />

ma per quelli che ci<br />

stanno dentro è “il Due”.<br />

Una galera dove serve<br />

di tutto, e specialmente<br />

parole. Per questo,<br />

anche, al “Due” fanno<br />

un giornale, scrivono<br />

libri, giocano con l’arte.<br />

<strong>Urban</strong> è andato a vedere<br />

testo: Sonia Sartori<br />

foto: Cesare Cicardini<br />

Vladimir è appena arrivato dalla Russia, ma<br />

non ha avuto difficoltà a trovare un alloggio.<br />

Addirittura vive in centro. Tra via De Amicis e<br />

viale Papiniano, non distante da corso Magenta.<br />

La stanza che gli hanno dato è piccola e angusta;<br />

Vladimir la divide con altre persone, non<br />

tutti tipi raccomandabili.<br />

Si trova al Grand Hotel San Vittore. Il carcere di<br />

Milano, in gergo “il Due”.<br />

È finito dentro per aver rubato due vocabolari di<br />

russo-italiano in una libreria. Gli servivano le parole.<br />

L’italiano lo conosce poco. I suoi compagni<br />

di branda parlano in uno strano linguaggio.<br />

Sembra un codice segreto. Tra di loro s’intendono,<br />

ma lui è tagliato fuori. Infilati un paio di<br />

occhiali nuovi, Vladimir.<br />

Saranno il tuo passepartout per comunicare.<br />

Volevi imparare come si dice in italiano “cibo”.<br />

Qua dentro è la sbobba. Aria si dice aria, ma significa<br />

il tempo che ti è concesso per sgranchirti<br />

le gambe e respirare all’aperto. E il “ragioniere”<br />

non è un signore in giacca e cravatta, ma la pistola<br />

la cui canna puntata ti invita a ragionare.<br />

Lo dice anche il rapinatore filosofo dei romanzi<br />

di Tibor Fischer: “Avere in mano una pistola è<br />

come essere dalla parte giusta in un dialogo<br />

socratico”. Dimentica il dizionario, Vladimir, qui<br />

ce ne uno diverso. La malavita ha le sue parole,<br />

come i medici o gli avvocati. Un linguaggio che<br />

ora ha preso la forma di un libro, Pugni nel muro<br />

(edizioni Terre di Mezzo). Lo si trova in tutti gli<br />

angoli della città: ai semafori, nelle librerie e anche<br />

nel bar di fronte all’entrata del “Due”. È il<br />

lasciapassare per entrare in questo quartiere<br />

della città, dove gli abitanti mostrano “senza falsi<br />

pudori le fogne scoperte e la sporcizia così<br />

come gli angoli più caratteristici”. Si può rimanere<br />

a bocca aperta e scoprire un altro mondo<br />

dentro la città, ma in un’altra città.<br />

Vladimir, se impari in fretta, puoi far parte della<br />

redazione. Sono in tanti qui a lavorare a un giornale,<br />

Il Due, dove le parole sono scritte a voce<br />

alta, ben scandite. Raccontano storie di vita,<br />

emozioni di chi ha la forza di sollevare la testa,<br />

di riaprire gli occhi e rimettere in sesto il cuore.<br />

Nonostante i 50 mila metri quadrati di mura alte<br />

e grigie qui dentro si fa anche cultura, comunicazione.<br />

Se ci aggiungete Internet, si materializza<br />

anche un sito web (www.ildue.it). E voi, che<br />

cosa aspettate a infilarvi quel paio di occhiali?<br />

URBAN 29


DI PHILIP MARLOWE<br />

ha la sardonica malinconia. Ma Chito -<br />

Flavio Maracchia - non è un investigatore<br />

qualunque: cercatelo sui muri di Roma.<br />

Una storia urbana<br />

testo: Monica Capuani<br />

foto: Guido Fuà<br />

È difficile per chi non ha vissuto quei “formidabili<br />

anni” di Dolce Vita romana, guardare via<br />

Veneto con simpatia. È un triste luna park per<br />

turisti americani, un simulacro invecchiato e<br />

deforme di quello che doveva essere il brio, la<br />

trasgressione scanzonata, l’esaltazione ironica<br />

per lo star-system di Hollywood sbarcato all’improvviso<br />

sul Tevere.<br />

Un ragazzo con il cappello Borsalino e i capelli<br />

lunghi raccolti in una coda scende a piedi e si<br />

ferma davanti al Café de Paris. Anche lui odia<br />

questa strada, ma l’importante agenzia investigativa<br />

in cui lavora ha la sua sede in una traversa.<br />

Ci allontaniamo rapidamente e passeggiando<br />

Flavio Maracchia mi racconta la sua storia.<br />

Storia strana, dai muri di Roma pitturati e istoriati<br />

con strani, quasi metafisici graffiti, alla sua<br />

vita attuale, quella di “detective per caso”.<br />

Proprio così, un “private eye”, con un bagaglio<br />

di storie da raccontare e persino una vita precedente,<br />

che ancora si ritrova su certi muri della<br />

capitale, a guardare bene.<br />

Ma andiamo con ordine. Tre anni fa un’amica<br />

gli dice che cercano qualcuno che riscriva i<br />

rapporti degli agenti privati, che non brillano<br />

per talento letterario. Venti giorni dopo l’assunzione,<br />

Flavio si ritrova catapultato a Londra<br />

sulle tracce di un ragazzo scomparso. “Avevo<br />

solo una foto-tessera”, racconta, “e l’indirizzo<br />

di un ostello che la madre aveva trovato fra le<br />

sue cose. Là, però, di lui, non c’era traccia. Mi<br />

feci tutti gli ostelli e lo trovai. Gli dissi che stavo<br />

scrivendo una sceneggiatura sulle difficoltà<br />

dei ragazzi stranieri a Londra e chiacchieram-<br />

PRIVATE EYE, CON L’ANIMA<br />

mo a lungo. Mi raccontò che gli era morto un<br />

fratello ed era entrato in crisi: non voleva vivere<br />

una vita precostituita nell’azienda del padre.<br />

Rimasi a Londra 15 giorni, scattai delle foto e<br />

la famiglia, per 170 milioni (un milione e quattro<br />

nelle mie tasche), si tranquillizzò. Promise<br />

di venire a trovarmi a Roma ma non lo fece.<br />

Forse, in qualche modo, ha saputo chi ero.<br />

Peccato, avremmo potuto essere amici”.<br />

Il grosso del lavoro, però, sono i pedinamenti<br />

per documentare infedeltà coniugali.<br />

“Un’estate passai un mese a Cortina con mia<br />

moglie Annapaola. Mi finsi il rampollo ribelle di<br />

una famiglia facoltosa per entrare in un giro<br />

che la donna che seguivo avrebbe probabilmente<br />

frequentato. Offrivo bottiglie di champagne<br />

in deliranti colazioni in cui gente improba-<br />

bile, vestita da montagna come potrebbe esserlo<br />

un modello per un Postal Market di lusso,<br />

diceva frasi del tipo: ‘Oggi sono riuscito a<br />

perdere tempo’. Fui convincente, però: riuscii<br />

perfino a farmi invitare alla partita ‘giornalisti<br />

vs. vip’. Ci fu anche un inseguimento con testacoda<br />

su una strada ghiacciata.<br />

E alla galleria Contini di Cortina ci sono ancora<br />

quadri da milioni prenotati da me, che mi spacciavo<br />

per collezionista d’arte”.<br />

A scavare un po’, il passato di Flavio riserva<br />

più di una sorpresa. 35 anni, laureato in<br />

Scienze Politiche, è il papà di Chito, un graffito<br />

che molti romani ricorderanno sui muri della città<br />

e da quattro anni compare su Smemoranda.<br />

“Il primo lo feci per indignazione. A via delle<br />

Fornaci comparvero dei piccoli abeti come de-<br />

corazione natalizia. Organizzai una squadra di<br />

amici per rubarli di notte e andarli a piantare a<br />

villa Pamphili, ma la polizia ce lo impedì. Poi<br />

vidi in tv un documentario sull’abete che ogni<br />

anno viene donato al Papa, un disastro ecologico,<br />

perché per sradicarlo devono disboscare<br />

la zona circostante. Allora, una<br />

notte, presi una bomboletta e andai vicino a<br />

via Aurelia Antica, un punto in cui il giorno<br />

c’era sempre un ingorgo, e nacque Chito con il<br />

suo primo slogan: ‘Lasciamo vivere gli abeti,<br />

coloriamo le suore’. Ce l’avevo a morte col clero:<br />

invece di uccidere gli alberi per festeggiare<br />

il Natale, non potevano distribuire abiti<br />

sgargianti alle spose di Dio?”. Chito diventò un<br />

caso. Uscì sui giornali, ne parlò la radio.<br />

La Rettore si appropriò di quel primo slogan,<br />

che divenne il titolo di una canzone.<br />

E Flavio ci prese gusto. Quando aveva qualcosa<br />

da dire usciva di notte con la bomboletta<br />

spray. Un buffo pupazzetto e frasi surreali<br />

“Se la vita va al contrario, è lei che si sbaglia”<br />

davanti alle quali la gente rimaneva interdetta<br />

e incantata. “Una sera”, ricorda Flavio, “era il<br />

31 dicembre e decisi di uscire da solo con una<br />

bottiglia di Porto.<br />

Scelsi un muro di Porta Cavalleggeri per scrivere:<br />

‘Antiche strade blu’. Avevo letto il libro di<br />

un americano di sangue indiano che aveva<br />

abbandonato tutto per fare il giro degli Stati<br />

Uniti percorrendo le strade secondarie, segnate<br />

in blu sulla mappa. Un prete mi batté le<br />

mani sarcasticamente, ma poi pensò bene di<br />

svignarsela. Fu un bel Capodanno”.<br />

30 URBAN URBAN 31


URBAN PRESENTA<br />

STRADE PERDUTE<br />

con Miriam Baltavari<br />

foto/regia Cesare Cicardini<br />

LA CITTÀ HA MILLE OCCHI, TELECAMERE, MONITOR CHE SPIANO E REGISTRANO OGNI MOVIMENTO.<br />

UNA FICTION TERRIBILMENTE REALE. DUNQUE LA NOSTRA VITA DIVENTA UN FILM, UN SUSSEGUIRSI DI<br />

IMMAGINI ELETTRONICHE CHE CATTURANO I NOSTRI GESTI. UNICO MODO PER DIFENDERSI:<br />

CAMBIARE PELLE, TRAVESTIRSI, MUTARE DI CONTINUO. URBAN HA GIRATO IL MICROFILM.<br />

SOGGETTO, SCENEGGIATURA, MONTAGGIO CESARE CICARDINI & ALDO BUSCALFERRI<br />

STYLING YBLO / MAKE-UP ARIANNA GARAU @ FACE TO FACE / HAIR ANTONELLO ROSSELLO @ FREELANCE<br />

URBAN 33


TOP DI LANA ASIMMETRICO E GONNA DI CHIFFON ALESSANDRO DELL’ACQUA, SCARPE DI PELLE SONIA RYKIEL TUTA DI PELLE NEW YORK INDUSTRIE, STIVALETTO DI PELLE CASADEI<br />

34 URBAN<br />

URBAN 35


TUTA DI PELLE NEW YORK INDUSTRIE, STIVALETTO DI PELLE CASADEI, BORSONE RUFFO / GIACCA E GONNA DI PELLE, VESTITO DI PIZZO E STIVALI DI PELLE JEAN PAUL GAULTIER ABITO DI CHIFFON CON PIZZO ANNA MOLINARI SI RINGRAZIA: SEXY SHOP EUROPA 92 / HOTEL LLOYD / HOTEL RIO / IL PARRUCCAIO<br />

36 URBAN<br />

URBAN 37


Mario Schifano, Fibre ottiche, 1997 (smalto e acrilico su tela al PVC preparato al computer)<br />

GUIDA|GENNAIO<br />

MUSICA 40<br />

MEDIA 43<br />

LIBRI 45<br />

FILM 46<br />

La star del mese: Mario Schifano Tutto.<br />

Roma, Galleria Comunale d’Arte Moderna e<br />

Contemporanea, fino al 31 gennaio 2002<br />

CAPOLAVORO<br />

Oh mio Dio! Come ho fatto senza, finora?<br />

GRANDE<br />

Come sarebbe già finito!? Ancora! Ancora!<br />

BUONO<br />

Non ci cambierà la vita, ma funziona<br />

VABBÈ<br />

Coraggio, consideriamola una prova generale<br />

BLEAH!<br />

Complimenti! Fare peggio era davvero difficile<br />

PRO E CONTRO<br />

I VOTI DI URBAN<br />

BUONI E CATTIVI<br />

AFFOLLATO<br />

Be’, tutti qui stasera?<br />

ETNICO<br />

Qui nessuno è straniero<br />

FLIRT<br />

Uno ci spera sempre /1<br />

GAY<br />

Uno ci spera sempre /2<br />

ROMANTICO<br />

Due cuori e un tavolino<br />

VEGETARIANO<br />

Il silenzio delle zucchine<br />

VIP<br />

C’era questo, c’era quello...<br />

TEATRO 48<br />

ARTE 51<br />

SHOPPING 52<br />

CLUB 55<br />

MUOVERSI, MUOVERSI<br />

E ORA DI SCEGLIERE<br />

Chi sceglie rischia sempre qualcosa. Dunque, qui si rischia l’osso del collo:<br />

ecco cosa abbiamo cucinato per voi questo mese. A nostra scelta (appunto)<br />

Prendete la vostra copia di <strong>Urban</strong>. Piegatela in misura<br />

come farebbe un buon ingegnere (o un buon cartolaio),<br />

appoggiatela allo schermo del vostro televisore. Visto?<br />

Come per magia, di colpo, c’è qualcosa di interessante in<br />

tivù! Non sarà un’idea rivoluzionaria, ma è già qualcosa,<br />

e ci fa riflettere su queste pagine, su questa guida che è<br />

un percorso a zig-zag tra i consumi culturali. La tivù prevede<br />

una passività del consumatore che il lettore di<br />

<strong>Urban</strong> non sembra possedere. Per trovare il libro giusto,<br />

per sentire il disco del momento, o vedere, o rivedere il<br />

film che vi piace bisogna fare una cosa che con la passività<br />

non ha nulla a che fare: alzare le chiappe e andarci.<br />

Di persona. Lo diciamo dall’inizio, del resto: essere dinamici,<br />

mobili nelle città, aperti a quel che può capitare è la<br />

miglior garanzia che quel che incontriamo lo abbiamo in-<br />

FOOD: Milano 57<br />

Roma 61<br />

Bologna 65<br />

Torino 67<br />

contrato noi, e non trovato impacchettato, precotto. Così<br />

ci sono molti modi di consumare: si può entrare in libreria<br />

con un titolo in testa e cercare solo quello, oppure si<br />

possono sbirciare scaffali e scaffali e – infine – scegliere.<br />

Come sapete, è quello che si fa qui: si guarda, si valuta,<br />

si sceglie, senza la pretesa di aver fatto la scelta definitiva<br />

(che non esiste). Forse sarebbe più comodo starsene<br />

seduti ad aspettare l’ultimo prodotto servito bello e<br />

pronto, con tanto di timbro della promozione a garanzia<br />

di freschezza. Ma non è così: ogni scelta mette in campo<br />

un po’ di noi, ad ogni scelta si rischia un po’. Questo rischio<br />

migliora la scelta, la complica, la rende affascinante.<br />

Se no, tanto vale restare immobili, davanti alla tivù.<br />

Meglio se impacchettata. con la vostra copia di <strong>Urban</strong>.<br />

A.R.<br />

SCIATE BALLANDO, BALLATE SCIANDO<br />

TORINO / Linguaggi Jazz 2002<br />

Sfatare il luogo comune del jazz come<br />

musica per pochi. Ci prova Linguaggi<br />

Jazz, la 7° edizione della rassegna<br />

che fa di Torino, per tre mesi, un palcoscenico<br />

privilegiato della musica<br />

d’autore. Tutti i concerti - si parte il<br />

18 gennaio con Steve Lacy e Irene<br />

Aeby – si tengono al Piccolo Regio<br />

Puccini. Per informazioni: 011-<br />

884477 oppure www.centrojazz.it.<br />

19 gennaio -30 marzo 2002<br />

MILANO / Sci e mountain bike<br />

Pausa pranzo. Provate a mollare giacca<br />

e cravatta e a mettervi ai piedi un<br />

paio di sci. <strong>Sì</strong>, anche se abitate a<br />

Milano. Certo, la montagna – quella<br />

vera – è un’altra cosa. Ma insomma,<br />

si fa quel che si può. All’Idroscalo.<br />

L’Idroparkfila ospita una pista da sci<br />

(con neve sintetica, of course!) di<br />

120 metri, un circuito mountain bike<br />

e piste di pattinaggio (in linea e su<br />

ghiaccio). Fino 20 aprile 2002<br />

ROMA / Esordienti<br />

È un classico del “dilettanti alla ribalta”.<br />

Ma Rock Targato Italia, in<br />

programma a Fiano Romano, è forse<br />

il più famoso concorso di rock italiano.<br />

Facile fare gli spiritosi sull’effetto<br />

Corrida che ne può scaturire, ma<br />

qualcuno che poi ha fatto strada è<br />

uscito da lì. Comunque, è una buona<br />

occhiata su quel che nasce “dal basso”<br />

nel rock italiano. Per duri e “buri”.<br />

4 gennaio 2002<br />

URBAN 39<br />

illustrazione: Gibi


40 URBAN<br />

BILANCI<br />

Mentre scrivo, sulle scrivanie<br />

piovono i risultati dei più prestigiosi<br />

referendum di fine anno,<br />

come sempre all’insegna<br />

della più imprevedibile sorpresa:<br />

vincono Vasco Rossi,<br />

Francesco De Gregori, Bob<br />

Dylan, Leonard Cohen, Franco<br />

Battiato. Intanto, sui giornali<br />

infuria la polemica su un altro<br />

esordiente, Mick Jagger: è vero<br />

che il suo disco è un flop? O<br />

vende più di quello della nuova<br />

rivelazione del momento, la<br />

teenager Cher?<br />

Oddio, sto male...<br />

Che dire del 2001 in musica?<br />

Che non è stato un anno eccelso,<br />

ma ci ha regalato svariate<br />

cose buone. Il problema è che<br />

vengono veicolate quasi tutte<br />

male, e nello stesso modo; in<br />

Italia promuovere un disco significa<br />

far passare a tutti i costi<br />

un singolo in radio. Ergo, se<br />

non va in radio, non funziona. E<br />

la tivù? Be’, ormai vige la regola<br />

non scritta che se una canzone<br />

non piace a MTV o a Viva<br />

inutile fare il video, tanto...<br />

Meno male che c’è la stampa,<br />

direte voi: purtroppo la stampa<br />

specializzata smuove tirature<br />

minime, e salvo alcune eccezioni,<br />

non ha carisma e credibilità<br />

sufficiente a far vendere sulla fiducia.<br />

Aggiungete a questo il<br />

fatto che i giornalisti, fatti salvi<br />

i veri appassionati, scrivono<br />

sempre la stessa recensione, e<br />

che gli artisti – a torto o a ragione,<br />

ma specialmente i più<br />

giovani – sono in buona parte<br />

convinti di essere dei padreterni<br />

incompresi. La morale è che<br />

il mercato continua a essere un<br />

misto di soliti noti, fenomeni<br />

stagionali e, a sorpresa, qualche<br />

vero talento, mentre nello<br />

specifico in Italia c’è gente che<br />

nasce, cresce, vive e muore da<br />

“emergente”. In un panorama<br />

come questo, parlare di buona<br />

musica è quasi secondario: l’urgenza<br />

economica e il business<br />

sono elementi sempre più<br />

rilevanti, e il loro peso rischia di<br />

schiacciare le poche cose buone<br />

che ogni tanto si affacciano<br />

alla ribalta. Nella guerra fratricida<br />

tra major (ormai sono<br />

rimaste in quattro), sempre alla<br />

spasmodica ricerca di una<br />

nuova Britney Spears o Valeria<br />

Rossi, una sola cosa è certa:<br />

soltanto le piccole etichette,<br />

lavorando su progetti e idee su<br />

misura, possono tornare a<br />

salvare la musica.<br />

Alcuni segnali incoraggianti<br />

stanno arrivando, vediamo cosa<br />

succederà nel 2002.<br />

Spero solo che nel prossimo<br />

referendum di fine anno non ci<br />

sia Joe Cocker.<br />

LUCA BERNINI<br />

MUSICA<br />

NEGRESSES VERTES,<br />

LA FRANCIA MORBIDA<br />

stanza c’è. Sono, alfine, le stesse<br />

vecchie canzoni, perline disperse<br />

e senza tempo come<br />

C’est pas la mer a boire o Voilà<br />

l’été, o brani più recenti che<br />

hanno fatto la loro giusta strada<br />

nelle classifiche, comme il<br />

faut. Ma...<br />

Più pacifico e pacato, il gruppo parigino rilegge i suoi successi<br />

smussando gli angoli e puntando sui suoni gentili. Una lezione di<br />

stile notevole che poggia su un’eccellente sostanza musicale<br />

LES NEGRESSES VERTES<br />

Acoustic Clubbing – Virgin<br />

Come fosse un fluido caldo, un<br />

portentoso medicamento che<br />

calma i furori del presente,<br />

l’ultimo album delle Negresses<br />

Vertes arriva dalla Francia a pacificare<br />

gli animi e a rileggere la<br />

storia. La loro storia, almeno,<br />

che fu costruita su strambi furori<br />

chitarristici e trombe di una<br />

Parigi zingara, nomade e ubriacante.<br />

Portarono fin qui (e all<br />

around the world), uno strano<br />

saltellante miscuglio di impennate<br />

acustiche, un umore di<br />

quartiere periferico trasferito in<br />

centro a far casino. A pensarci,<br />

un servizio alla Grandeur, perché<br />

si spezzava in quel modo un<br />

monopolio imperiale sul rock.<br />

Vive la France! Ma...<br />

Ma Helno, il genio del gruppo<br />

NOME NUOVO,<br />

MA LA MUSICA<br />

E LA STESSA<br />

Ora anche Terence Trent D’Arby si è<br />

ribattezzato. Come Prince. Come Puff<br />

Daddy. Più che una moda è una mania.<br />

O un trucco: venderci la solita solfa<br />

sotto falso nome<br />

moriva giovane (eroina, merde!)<br />

e le Negresses faticavano a ritrovare<br />

il bandolo di quel succoso<br />

suono urbano e rebelde.<br />

Sono passati tredici anni.<br />

Buoni dischi, in mezzo, e dischi<br />

poco più che mediocri.<br />

Se una banda sopravvive così<br />

a lungo, di solito ha delle cose<br />

da dire. E, girato e rigirato<br />

sotto il laser questo Acoustic<br />

Clubbing, si capisce che la so-<br />

Tra le frecce che i pupazzoni<br />

della canzone hanno al loro arco,<br />

una delle più impagabili è la rinascita<br />

artistico-spirituale. Così<br />

adesso Terence Trent D'Arby, uomo<br />

già esilarante di suo (vedi il Cd<br />

Vibrator – il titolo è la sola cosa<br />

che gli ha dato soddisfazione), si<br />

ribattezza, lascia il campo a tale<br />

Sananda Maitreya. Questi per il<br />

nuovo Cd Wildcard proclama: “La<br />

mia ispirazione è venuta da Maria”<br />

(intesa come Maria Juana, forse!).<br />

Ma sì, vieni avanti Sanandino: del<br />

resto, tanti altri hanno tentato il<br />

"riposizionamento". Solo che quasi<br />

tutti hanno fallito. Esempi:<br />

Madonna (parlo delle porcellerie<br />

di Sex); Zucchero, nel farsi chia-<br />

Ma qui la sostanza, buonissima,<br />

eccellente, si colora di una<br />

nuova dimensione. Acoustic<br />

Clubbing è un titolo più che azzeccato,<br />

e quel che esce sono<br />

suoni soffusi, morbidi, carezze<br />

di bonghi e trombe gentili.<br />

Come se, riletto il rileggibile,<br />

si fosse scoperto che quelle<br />

schioppettate danzerine delle<br />

Negresses prima maniera hanno<br />

bisogno oggi di un altro<br />

approccio. Detto. Fatto.<br />

Tutto scorre nella più soave<br />

compostezza, nell’assoluta assenza<br />

di stridore e di esagerazione.<br />

E anzi, semmai, un tappeto<br />

di suoni fluidi e pacificati,<br />

che ricalcano però le stesse<br />

melodie che un tempo furono<br />

schitarrate alla maniera dei selvaggi<br />

giovinetti che erano.<br />

Miracolo evidente, piccoli deliziosi<br />

massaggi sulle ferite, voglia<br />

di chiacchiere, di ambiente<br />

soffuso, di cose buone. Solide,<br />

ma sottovoce. Non minimalismo,<br />

intendiamoci: massimalismo,<br />

semmai, ma a volume<br />

contenuto, con pudore. La<br />

stessa differenza che c’è tra un<br />

urlo e un sussurro. Ecco: qui<br />

siamo al sussurro. Dalle parti<br />

del capolavoro.<br />

ROBERTO GIALLO<br />

mare Adelmo & i Suoi Sorapis,<br />

che chi lo ha comprato ancora<br />

trema. Per non dire di Prince,<br />

passato da Roger Nelson a<br />

Tafkap a Symbol (i fans sono pochini,<br />

ma lui è una moltitudine).<br />

Altri casi di gente ribattezzatasi<br />

da se medesima: Puff Daddy che<br />

tenta di confondere la polizia col<br />

nome P. Diddy; Edoardo Bennato<br />

che fece un disco a nome Joe<br />

Sarnataro; Garth Brooks che<br />

scelse di chiamarsi Chris Gaines,<br />

per provare il brivido di non andare<br />

al n.1. Né al 2. Né al 3. Né a<br />

quelli dal 4 al 95; Jovanotti, nel<br />

proporsi come Lorenzo prima<br />

che qualcuno lo chiami Vekkiotti.<br />

PAOLO MADEDDU<br />

FABRIZIO DE ANDRÉ - IL CONCERTO PARTE II<br />

FABRIZIO DE ANDRÉ<br />

Il concerto parte II - Ricordi<br />

Lui non c’è più da tre anni. Le<br />

iniziative commerciali e artistiche,<br />

intanto, continuano inarrestabili.<br />

È un susseguirsi di libri<br />

e, anche se meno, di dischi.<br />

Dagli archivi della Ricordi arriva<br />

un nuovo live, ideale seguito di<br />

quello, già postumo, uscito nel<br />

1999. Se il primo volume privilegiava<br />

i classici di De André e<br />

gran parte dell’album La buona<br />

novella, questo nuovo e più interessante<br />

capitolo si occupa di<br />

testimoniare la resa live del suo<br />

repertorio più recente, tratto da<br />

Anime salve, Le nuvole e Creuza<br />

de ma’. Con la sua migliore formazione<br />

De André incanta dall’inizio<br />

alla fine. Due brani sono<br />

estratti dai concerti del ’91 (La<br />

domenica delle salme e Don<br />

Raffaé), mentre l’unica concessione<br />

al classico è Bocca di rosa.<br />

Indispensabile.<br />

LUCA BERNINI<br />

AA.VV.<br />

A tribute to heroes - Sony<br />

E se fosse successo in Italia?<br />

Immaginatevi colpiti da una delle<br />

più spettacolose sfighe del<br />

mondo, con una banda di pistoloni<br />

in turbante che vi accoppano<br />

per salvare la loro anima – e<br />

guadagnare due lire. E immaginate<br />

un concertone in vostro<br />

onore presentato da Costanzo,<br />

con Mino Reitano che canta<br />

Itaaaaalia, e De Gregori che<br />

canta Viva l'Italia, e poi tutti in<br />

coro, dalla Oxa a Venditti ai<br />

Lunapop, a dedicarvi Fratelli<br />

«Sognare la realtà, vivere un<br />

sogno. Cantare per non vivere<br />

niente». È la scritta incisa sulla lapide<br />

di Rino Gaetano, cantautore<br />

crotonese e naturalizzato romano<br />

che un incidente stradale nottur-<br />

AA.VV. - A TRIBUTE TO HEROES<br />

d'Italia, con l'Elmo di Scipio in<br />

testa. Bando al cinismo: questo<br />

Cd è una toccante occasione<br />

per rimpolpare un Natale discograficamente<br />

fiacco, specie per<br />

molte star bolse opportunamente<br />

santificate – da Mariah<br />

Carey tenuta su a Prozac, alla<br />

sconosciuta Alicia Keys: i giornalisti<br />

adeguatamente foraggiati<br />

hanno gridato che è un genio,<br />

per cui decidetevi a comprare il<br />

suo disco.<br />

PAOLO MADEDDU<br />

MILES DAVIS<br />

The king of cool - EMI<br />

Raccolta di 13 pezzi di un gigante<br />

del Novecento, uno che ha<br />

riscritto la storia del jazz – dando<br />

enorme dignità culturale e<br />

politica a tutta la comunità<br />

afroamericana – per ben tre volte.<br />

11 brani sono stati incisi fra<br />

il ’50 e il ’58, ovvero da The<br />

Birth of Cool all’incontro con Gil<br />

Evans, passando per Monk,<br />

Coltrane, Young e altre leggende;<br />

uno nel ’65 (My funny<br />

Valentine) e l’altro nell’85<br />

(Human nature di Michael<br />

Jackson). Si tratta dell’opera più<br />

classica del genio di Alton,<br />

Illinois, quindi imperdibile. Chi lo<br />

apprezza va dritto in paradiso,<br />

dove Lui delizia gli amici dal 28<br />

settembre ’91.<br />

ANDREA SCARPA<br />

NINE INCH NAILS<br />

And all that could<br />

have been – Universal<br />

Al mondo non c’è giustizia: oggi<br />

ti acclamano come il più cattivo,<br />

no ha portato via nel giugno del<br />

1981, poco più di vent’anni fa.<br />

Aveva 31 anni, e fedele al suo<br />

diktat, aveva cantato molto e vissuto<br />

ancora poco. Sei album all’attivo,<br />

un terzo posto a Sanremo<br />

con Gianna, una manciata di<br />

canzoni canticchiate dal grande<br />

pubblico e capaci di influenzare i<br />

cantautori che verranno dopo (da<br />

ALESSIO BERTALLOT - BERTALLOSOPHIE<br />

ultraviolento rocker del mondo,<br />

e domani altri assatanati ti oscurano.<br />

Ora sono in auge gli<br />

Slipknot – i loro fans a malapena<br />

conoscono Marilyn Manson,<br />

figurarsi Trent Reznor dei NIN<br />

che fu suo maestro: ci mette cinque<br />

anni per fare un disco, e ci<br />

rimugina per altri cinque. Nella<br />

scia di The fragile (1999) ha finora<br />

rimasticato un cd di remix<br />

e questo live. Peccato che i NIN<br />

sul palco abbiano un impatto<br />

formidabile, mentre questo disco,<br />

senza le atmosfere di studio<br />

ma anche l'aggressività scenica<br />

della band, non renda loro giustizia.<br />

Visto? Al mondo non c'è<br />

giustizia.<br />

PAOLO MADEDDU<br />

AA.VV.<br />

I am Sam – colonna sonora<br />

originale – V2<br />

È la colonna sonora del nuovo<br />

film di Sean Penn, padre con<br />

problemi psichici cui vogliono<br />

togliere la custodia del figlio.<br />

“Noi due siamo come Lennon e<br />

McCartney”, dice lui in tribunale,<br />

e infatti le musiche del film sono<br />

tutte dei Beatles. Solo che, sorpresa<br />

delle sorprese, sono tutte<br />

cover: il cast è impressionante,<br />

con Aimee Mann, Wallflowers,<br />

Eddie Vedder, Ben Harper,<br />

Sheryl Crow, Sterophonics, Black<br />

Crowes, Nick Cave, ma è soprattutto<br />

la scelta dei brani a colpire<br />

per sensibilità ed efficacia. La<br />

più bella raccolta di cover dei<br />

Beatles, e molto di più di una<br />

semplice colonna sonora.<br />

LUCA BERNINI<br />

Daniele Silvestri a Pinomarino).<br />

Ma il cielo è sempre più blu, Ad<br />

esempio a me piace il sud, Mio<br />

fratello è figlio unico, Nuntereggae<br />

cchiù, Aida, Spendi spandi effendi<br />

sono alcuni dei suoi titoli: il resto,<br />

la sua vita, scorribanda per scorribanda,<br />

notte per notte, disco per<br />

disco, scherzo per scherzo, è<br />

raccontata in questo libro da uno<br />

ANNO ZERO - WELCOME TO ANNO ZERO<br />

ALESSIO BERTALLOT<br />

Bertallosophie – V2<br />

Ex leader degli Aeroplanitaliani<br />

(ricordate Zitti zitti, il silenzio è<br />

d’oro?), due dischi da solista incisi<br />

nel ’94 e nel ’99 ascoltati da<br />

pochi intimi, Bertallot da anni fa<br />

il dj. Così, per rifarsi, ha pensato<br />

bene di raccogliere in questi due<br />

cd 28 pezzi (uno è suo) di gente<br />

come Erykah Badu, Keziah<br />

Jones, Groove Armada, Nitin<br />

Sawhney, Zero 7 etc. Lui spera<br />

di averli messi insieme “libero<br />

da condizionamenti di mode e<br />

miti effimeri”. Il risultato gli dà<br />

ragione a metà. Alcune cose sono<br />

piacevoli, altre buone per gli<br />

ascensori dei grandi alberghi:<br />

noiosissime.<br />

ANDREA SCARPA<br />

ANNO ZERO<br />

Welcome to anno zero –<br />

Supple<br />

Di questo gruppo napoletano si<br />

sente già parlare da diverso tempo:<br />

merito degli oltre 200 concerti<br />

tenuti in giro per l’Italia e della<br />

loro partecipazione a manifestazioni<br />

che vanno da Rock Targato<br />

Italia ad Arezzo Wave. Il loro primo<br />

sforzo discografico è racchiuso<br />

in questo EP, cinque pezzi che<br />

mettono in mostra un crossover<br />

scintillante e incazzato, a metà<br />

strada tra Rage Against The<br />

Machine e 99 Posse. Elettronica,<br />

hip hop, funk-rock compongono<br />

l’universo musicale del gruppo,<br />

che anche sul versante testi si<br />

presenta senza mezzi termini<br />

(N’ata jurnata, Facchiù). Potenti.<br />

LUCA BERNINI<br />

RINO GAETANO, LA VITA DI CORSA<br />

Un autore di culto? Un pericoloso fancazzista? Un poeta a piede libero? Chi era l’autore<br />

di Nuntereggaecchiù? Probabilmente tutto questo, e altro ancora. Leggere per credere<br />

RINO GAETANO LIVE<br />

Emanuele Di Marco<br />

Stampa Alternativa, Eretica<br />

10,4 euro (20.000 lire)<br />

dei suoi grandi amici, con le testimonianze<br />

di chi lo ha conosciuto<br />

bene, da Venditti a Micocci.<br />

Non è un grande libro per come<br />

è scritto, ma è scritto da chi lo<br />

conosceva bene e quindi può servire<br />

a farlo conoscere.<br />

E continuare a ricordarlo.<br />

LUCA BERNINI<br />

SUL PALCO<br />

BOLOGNA<br />

12.01.2002<br />

ROLLERCOASTER – Il Covo<br />

La band è italiana, il nome e<br />

il sito sembrano americani. Si<br />

parla di rock alla Velvet<br />

Underground. Stilosi.<br />

24.01.2002<br />

ROY PACI & ARETUSKA<br />

Estragon<br />

La tromba di Manu Chao e<br />

Mau Mau, ora in proprio con<br />

orchestra e album nuovo di<br />

zecca, Baciamo le mani.<br />

Caloroso.<br />

TORINO<br />

14.01.2002<br />

MASSIMO BUBOLA<br />

Teatro Colosseo<br />

Il cavaliere elettrico, lo Joe Ely<br />

italiano, il loser di Verona, lo<br />

scudiero di De André... continuate<br />

voi.<br />

Cantautorale, con darkismo.<br />

17.01.2002<br />

YOUNG GODS<br />

Hiroshima Mon Amour<br />

Trattasi di band industriale<br />

svizzera, diversi dischi all’attivo<br />

e grande attenzione, da<br />

passaparola. Curioso.<br />

24.01.2002<br />

MEIRA ASHER<br />

Hiroshima Mon Amour<br />

Lei è israeliana, ma sostiene<br />

la causa palestinese. Fa musica<br />

violenta, sgradevole, appassionata,<br />

tra noise e cantautorato.<br />

Per maledetti.<br />

ROMA<br />

31.12.2001<br />

LOUSIANA RED – Big Mama<br />

Il più classico dei Capodanni<br />

romani, al Big Mama, o con<br />

lui o con Roberto Ciotti.<br />

Quest’anno tocca a lui. Blues.<br />

17.01.2002<br />

CARAVANE DE VILLE<br />

Big Mama<br />

Gruppo rivelazione (e rivelato<br />

dalla) Mescal, suona folk con<br />

giudizio. Ce la faranno?<br />

Intanto sono arrivati a Roma.<br />

Etnici.<br />

MILANO<br />

05.01.2002<br />

KISSEXY – Binario Zero<br />

Sono tutte ragazze, si vestono<br />

come i Kiss e fanno le<br />

canzoni dei Kiss. Non si sa se<br />

abbiano dei groupies, come i<br />

Kiss... Hard.<br />

23.01.2002<br />

BLINK 182 – Palavobis<br />

Vengono, poi vanno, poi vengono,<br />

infine tornano. Il punk<br />

prêt-à-porter che ha incantato<br />

il mondo. Cattivi?<br />

URBAN 41


MEDIA<br />

IL WEB AL CINEMA<br />

RITORNO AL FUTURO<br />

C’era chi fantasticava sulle sorti<br />

progressive dell’umanità con un<br />

occhio al portafoglio e una mano<br />

sul mouse e chi, forse per nausea<br />

da rigetto o forse perché associava<br />

i chip a qualcosa di già fritto,<br />

scrollava le spalle e sentenziava:<br />

“Bufale”.<br />

Avevano torto entrambi, ovvio.<br />

Adesso, prendete carta e penna e<br />

scrivete: Bologna, 16-20 gennaio<br />

2002. Non è la data che segna la<br />

fine del mondo e nemmeno quella<br />

che lo cambierà per sempre.<br />

Più semplicemente, sono i giorni<br />

in cui si tiene la quarta edizione<br />

del Future Film Festival.<br />

Sottitolo: Le nuove tecnologie<br />

del Cinema d’Animazione.<br />

Commento (nostro) al sottotitolo:<br />

se ci andate, buttate un occhio<br />

(anche) alla sezione Web Festival.<br />

Tra un effetto speciale e l’altro,<br />

potrebbe essere un buon modo<br />

per toccare con mano, si fa per<br />

dire visto che si tratta pur sempre<br />

di pixel, cos’è, come si usa e<br />

cosa si può fare con il linguaggio<br />

del Web. Anzi, con uno dei linguaggi<br />

del Web o, meglio ancora,<br />

di un’azienda – Macromedia –<br />

GINGER, MONOPATTINO MEDIATICO<br />

Mettiamola così: se Steve<br />

Jobs e Jeff Bezos, i due guru<br />

totali di Silicon Valley, dicono<br />

che una cosa cambierà il mondo,<br />

uno è portato a crederci. E<br />

se in tutto il pianeta si annuncia<br />

un’invenzione e non si par-<br />

che della Rete ha fatto il suo naturale<br />

punto di riferimento. <strong>Sì</strong>, insomma,<br />

al Future Film Festival c’è<br />

la possibilità di vedere – e, speriamo,<br />

di apprezzare – i cortometraggi<br />

realizzati in Flash da giovani<br />

autori e inseriti in questa sezione<br />

competitiva.<br />

Ma anche di verificare come se la<br />

cavano con i Flash-film grandi firme<br />

come Tim Burton, David<br />

Linch o Stan Lee. E, a proposito<br />

di autori affermati e acclamati, il<br />

Festival (www.futurefilmfestival.<br />

com) ospita anche una retrospettiva<br />

dedicata al padre del fumetto<br />

giapponese, ma anche produttore<br />

cinematografico e tv, Osamu<br />

Tezuka. Se invece volete curiosare<br />

tra le produzioni italiane (videoclip,<br />

spot, videogame e molto<br />

altro) realizzate con tecnologie<br />

digitali, date un occhio alla sezione<br />

Digital Award.<br />

Last but not least: l’anteprima<br />

italiana del primo episodio de<br />

Il signore degli anelli di Peter<br />

Jackson. Mica noccioline.<br />

E infatti nei Cinema Nosadella<br />

e Metropolitan troverete pure<br />

<strong>Urban</strong>.<br />

Animazioni in flash, sigle elettroniche,<br />

sperimentazioni e arte varia. Sempre al<br />

confine con il grande schermo. Il Future Film<br />

Festival invade Bologna. Vediamo...<br />

È il marchingegno a rotelle l’invenzione del secolo? No, è il suo ufficio stampa<br />

la d’altro per mesi senza sapere<br />

cos’è, allora c’è da pensare<br />

al cortocircuito mediatico: la<br />

gente compra non la merce,<br />

ma l’annuncio che ci sarà una<br />

merce nuova, chissà quale.<br />

Bravi. Come è andata a finire<br />

lo sapete tutti: l’invenzione del<br />

millennio (?) è il monopattino<br />

Ginger, un affarino che vi risparmia<br />

le piante dei piedi e la<br />

benzina del motirino. A patto<br />

che vi fermiate a fare il pieno<br />

alle pile ogni 24 chilometri. È<br />

presto, a dispetto dei guru totali,<br />

per dire che cambierà il<br />

mondo. Ma forse ci siamo sbagliati<br />

tutti: non è Ginger<br />

l’invenzione del secolo. No.<br />

L’invenzione del secolo è il suo<br />

ufficio stampa.<br />

Tim Burton, Stain Boy, 2001 Mill Film, TV Spot<br />

PAZZA RETE<br />

COLPO DI SCENA:<br />

LA CIA NON CI SPIA<br />

La mamma lo diceva sempre:<br />

mai accettare caramelle dagli<br />

sconosciuti. Il problema però<br />

è capire cosa fare quando gli<br />

sconosciuti uno pensava di<br />

conoscerli. Ricapitoliamo. A<br />

metà novembre il sito<br />

Safeweb annunciava: va bene<br />

offrire servizi gratuiti, ma qui<br />

non si vede l’ombra di un dollaro.<br />

Quindi, si chiude. Nulla<br />

di strano. Anzi, quasi la norma<br />

in questi tempi di dotcom<br />

claudicanti e alla disperata ricerca<br />

di profitti. Safeweb, però,<br />

era un sito un po’ particolare<br />

che offriva un servizio di<br />

navigazione “anonima”. In<br />

pratica, una volta arrivati sulla<br />

sua home page bastava digitare<br />

un indirizzo Internet in<br />

una finestra (tipo quelle che ci<br />

sono nei motori di ricerca) e<br />

zac!, si iniziava a navigare su<br />

quell’altro sito. Il bello è che<br />

agli occhi indiscreti del grande<br />

fratello – il gestore della<br />

rete aziendale o il capo dei<br />

censori di Singapore – si era<br />

semplicemente sul sito<br />

Safeweb. E, invece, si gironzolava<br />

allegramente (e liberamente)<br />

per la Rete. Su anonimato<br />

e privacy in Rete oggi si<br />

discute molto. Tanti chiedono<br />

maggiori controlli, pochi sanno<br />

delle radiografie telematiche<br />

a cui sono sottoposti<br />

quotidianamente. La cosa interessante,<br />

però, è che nel caso<br />

di Safeweb tutte queste<br />

categorie sembrano andare a<br />

farsi benedire. La società era<br />

infatti finanziata anche da In-<br />

Q-Tel, venture capital della<br />

Cia. <strong>Sì</strong>, proprio i servizi segreti<br />

americani. Ora, nessuno dubita<br />

della correttezza di<br />

Safeweb, anche perché i rapporti<br />

con la Cia erano noti.<br />

Rimane però la curiosità di un<br />

sito che offriva navigazione<br />

“non controllabile” (anche)<br />

grazie ai soldi di chi fa del<br />

controllo il senso stesso della<br />

propria esistenza. Pensi di<br />

beffare il grande fratello, ma è<br />

lui a prendersi gioco di te.<br />

ANDREA DAMBROSIO<br />

PAZZI EDITORI<br />

NIENTE MUTUO PER I<br />

CATALOGHI DI CHARTA<br />

I libri delle mostre di arte<br />

spesso costano un occhio della<br />

testa. Per chi non potesse<br />

permettersi il relativo mutuo,<br />

Charta (via Moscova 27,<br />

Milano) propone sconti (anche<br />

sulle novità) del 20%. Che salgono<br />

al 70% sulla seconda<br />

scelta. Fino al 31 gennaio.<br />

URBAN 43


illustrazione: Gabriella Giandelli SHORT<br />

LIBRI<br />

STORIES,<br />

VITE AMERICANE<br />

Thom Jones e A.M. Homes, entrambi<br />

scoperti dal New Yorker. Due “nuovi”<br />

narratori alle prese con il romanzo breve<br />

Ricordo, rievocazione, costruzione poetica. Un romanzo vitale<br />

e intenso che si snoda intorno al cuore di una città, in Scozia<br />

AI NOSTRI PADRI<br />

Andre O’Hagan<br />

Frassinelli, 294 pp., 16,53 euro<br />

Un ritorno a casa. Ma in casa dei<br />

nonni dove Jamie, da bambino, è<br />

stato accolto per fuggire a una situazione<br />

pesante, con un padre<br />

alcolista e una mamma troppo<br />

debole per reagire. Nonno Hugh,<br />

che di case (popolari) ne ha costruite<br />

tante, altissime, “le torri”,<br />

adesso, malato di cancro, lo richiama<br />

a sé e questo romanzo è<br />

una rievocazione, poetica e intensa,<br />

della vita di un giovane e della<br />

vita di una città intera, Glasgow,<br />

dove Hugh è stato, negli anni<br />

Settanta, una personalità. Noto<br />

come Mister Edilizia, è davvero un<br />

bel tipo. Affascinato dall’ingegneria,<br />

dall’urbanistica, uomo di grande<br />

forza e carattere, socialista appassionato<br />

nonché trascinante<br />

oratore, rude e aspro, è comunque<br />

un maestro meraviglioso e la<br />

scrittura di O’Hagan (che fra l’al-<br />

IL PUGILE A RIPOSO<br />

Thom Jones,<br />

Minimum Fax, 240 pp.,<br />

12,39 euro (24.000 lire)<br />

LA SICUREZZA DEGLI<br />

OGGETTI<br />

A.M. Homes,<br />

Minimum Fax, 180 pp.,<br />

11,36 euro (22.000 lire)<br />

Cultori e fans delle short stories,<br />

voi che siete stati a digiuno per<br />

un bel po’ e vi chiedevate dove<br />

fossero finiti nell’ultimo decennio<br />

tutti quei buoni racconti che hanno<br />

fatto grande la letteratura<br />

americana, eccovi accontentati.<br />

Minimum Fax, la casa editrice dell’opera<br />

omnia di Raymond Carver,<br />

veglia sulle uscite più interessanti<br />

negli States e non esita a tradurle.<br />

Ecco allora due raccolte di racconti<br />

di quelli che fanno male. La<br />

prima, della cazzottata ha pure il<br />

titolo che già la dice lunga: Il pugile<br />

a riposo, e l’ha pubblicata nel<br />

1993 Thom Jones, uno che fino a<br />

quarant’anni ha fatto il bidello e<br />

poi, una sera del 1992, ha ricevuto,<br />

nel giro di poche ore, tre telefonate,<br />

rispettivamente, da<br />

Harper’s, dal New Yorker e da<br />

Esquire. Roba da catapultarti subito<br />

nella leggenda.<br />

La seconda raccolta ha invece un<br />

titolo ironico, La sicurezza degli<br />

oggetti, ed è uscita dalla penna di<br />

A.M. Homes. Il New Yorker ha<br />

definito la Homes uno dei venti<br />

scrittori per il nuovo millennio: ci<br />

sarebbe da fidarsi già così. Ma<br />

GLASGOW, CITTA VIVA<br />

tro è anche un giornalista del<br />

Guardian) ce lo rende in maniera<br />

vitale e intensa.<br />

Così come intense sono alcune<br />

sue considerazioni sull’amore per<br />

la lettura e la crescita. Con frasi<br />

brevi che succedendosi precisano<br />

e mettono a fuoco poeticamente<br />

alcune intuizioni molto belle,<br />

O’Hagan ci consegna quella che è<br />

stata giustamente definita “un’opera<br />

impeccabile” e assai densa.<br />

Oltre che nuova.<br />

siccome non è di questo che si<br />

parla, non è della fiducia o degli<br />

investimenti, ma di buone letture,<br />

andiamole a guardare, queste<br />

storie. Il libro di Thom Jones è diviso<br />

in quattro parti, la prima delle<br />

quali dedicata a racconti sul<br />

Vietnam, dure e secche lettere<br />

dall’inferno che stanno qui a ricordarci<br />

la tragedia della guerra,<br />

con molte amfetamine, rock’n’roll<br />

(il secondo racconto si intitola<br />

proprio come la canzone dei<br />

Doors Break on Through, dal nome<br />

della squadra di ricognizione,<br />

la più massacrata, e cita Purple<br />

Haze di Hendrix) e inevitabili danni<br />

permanenti. Al di là di questa<br />

sezione “bellica” molto forte, troviamo<br />

Voglio vivere!, assai elogiato<br />

da John Updike, che, pur essendo<br />

un racconto bello e difficile<br />

sulla malattia e la morte e il congedo,<br />

ha per protagonista una<br />

donna. Ecco un problema. Letto<br />

dopo Libera il mio cuore, storia<br />

della passione travolgente d’una<br />

professionista newyorkese per un<br />

sub un po’ animale e vitalissimo<br />

raccontata in prima persona da<br />

lei, viene da dire che certi toni andavano<br />

forse sottratti. Dichiarazioni<br />

e riflessioni che starebbero<br />

benissimo in bocca a un uomo,<br />

a un soldato, attribuite a una donna<br />

sono déjà vu.<br />

Eccola allora, una nuova voce di<br />

donna. Quella della Homes, tostissima.<br />

Il racconto che comprensibilmente<br />

ha colpito di più è l’ultimo,<br />

Una vera bambola, la storia<br />

d’amore fra un adolescente e la<br />

Barbie della sorella, dove la<br />

Barbie non è un mero oggetto<br />

utile per masturbarsi ma, superata<br />

la “trovata”, diventa il vero<br />

partner di una storia d’amore e di<br />

crescita complicata. Bellissimi anche<br />

Acchiappare i proiettili al<br />

volo, con al centro un’assurda gara<br />

tipo Non si uccidono così anche<br />

i cavalli? riattualizzata dentro un<br />

centro commerciale; Pigiama<br />

party, la scoperta della sessualità<br />

d’una coppia di amichetti in una<br />

notte strana, che rende benissimo<br />

il disagio e il mistero; In cerca di<br />

Johnny, il breve e inquietante rapimento<br />

d’un ragazzino; Calore,<br />

su una giovane obesa. Due libri<br />

importanti che raccontano molto<br />

bene l’America. L’America che, alla<br />

fine, proprio nei suoi dolori è<br />

oggetto del canto migliore.<br />

SILVIA BALLESTRA<br />

LOVE LETTERS<br />

Due innamorati<br />

straordinari.<br />

Hannah Arendt,<br />

Martin Heidegger<br />

e le loro lettere<br />

d’amore<br />

LETTERE 1925-1975<br />

Hannah Arendt, Martin<br />

Heidegger<br />

Edizioni di Comunità<br />

316 pagine,<br />

21,69 euro (42.000 lire)<br />

Un amore lungo cinquant’anni<br />

fra due grandissimi<br />

del pensiero, il Maestro e la<br />

sua Allieva, Martin<br />

Heidegger e Hannah Arendt.<br />

Per gli specialisti, queste<br />

lettere che vengono pubblicate<br />

per la prima volta nella<br />

loro integrità sono un’occasione,<br />

anche, per approfondire<br />

le biografie dei due filosofi.<br />

Per chi invece non<br />

conosce l’autore di Essere e<br />

tempo né l’autrice de Le origini<br />

del totalitarismo, questo<br />

libro potrebbe rappresentare<br />

una porta laterale per approdare<br />

poi ad altre letture.<br />

Quando si conobbero, nel<br />

1925, la Arendt era una<br />

studentessa diciannovenne<br />

e Heidegger, più grande di<br />

diciassette anni, era sposato,<br />

padre di due figli e i giovani<br />

accorrevano da tutta la<br />

Germania per ascoltare le<br />

sue lezioni. Questo lungo<br />

amore, poi divenuto amicizia<br />

(L’autunno), ruota attorno<br />

a tre date: il 1925, l’inizio,<br />

l’incontro, il colpo di<br />

fulmine (Vedersi), “Io non<br />

potrò mai averla per me, ma<br />

lei apparterrà d’ora in poi<br />

alla mia vita, ed essa ne<br />

trarrà nuova linfa”; il 1950,<br />

in cui si rincontrano (Ri-vedersi)<br />

per volere di lei:<br />

“Questa sera e questa mattina<br />

sono la conferma di<br />

un’intera vita. In realtà una<br />

conferma del tutto inattesa”;<br />

il 1975, anno in cui<br />

muore la Arendt. Il primo<br />

periodo è assai felice e fecondo<br />

anche per il lavoro, il<br />

secondo testimonia invece<br />

delle difficoltà di lui, il terzo<br />

è la vera riconciliazione fra i<br />

due. Raccolte qui si trovano<br />

tutte le testimonianze scritte<br />

conservate (prevalentemente<br />

da Hannah, poiché<br />

Heidegger mantenne il patto<br />

di discrezione che c’era<br />

fra loro distruggendo gli<br />

scritti ricevuti): dunque 119<br />

fra lettere e missive di lui, e<br />

solo 33 di lei.<br />

URBAN 45


C , E DA RIDERE<br />

Come risponde il cinema italiano<br />

all’assalto natalizio dei marines<br />

americani? Con una risata.<br />

Meglio, cercando di far ridere il<br />

pubblico. Quattro titoli, più un<br />

paio d’animazioni di cui diamo<br />

conto nella pagina a fronte, tutti<br />

all’insegna della commedia.<br />

Come tradizione vuole ecco Neri<br />

Parenti porgere il suo Merry<br />

Christmas all’insegna della collaudattissima<br />

coppia Boldi- De<br />

Sica, affiancati da Enzo Salvi e<br />

Biagio Izzo, tutti in trasferta ad<br />

Amsterdam. I Vanzina puntano<br />

invece sull'Inghilterra e condimento<br />

di pupe, siamo in ambito<br />

nobiltà decaduta con Jean<br />

Claude Brialy, Rupert Everett,<br />

Enrico Brignano e Giampaolo<br />

Morelli, supportati da Naike<br />

Rivelli, Elle MacPherson, Judith<br />

Godreche. Rispunta anche<br />

Leonardo Pieraccioni orfano di<br />

bellezze, ma accompagnato dal<br />

fido Ceccherini in Il principe e il<br />

pirata, on the road dalla Sicilia<br />

al Nord. Outsider Vincenzo<br />

Terracciano che ironizza su un<br />

gruppetto di uomini di mezza<br />

età Ribelli per caso, concentrati<br />

in un ospedale.<br />

Sarà una risata che ci seppellirà<br />

oppure sarà il cinema d'oltreoceano<br />

a sotterrarci?<br />

ANTONELLO CATACCHIO<br />

GARZANTINA<br />

Sono cresciuto in mezzo a<br />

gente dura. E noi dicevamo che<br />

si ottiene di più con una parola<br />

gentile e una pistola che solo<br />

con una parola gentile.<br />

(Robert De Niro-Al Capone,<br />

Gli intoccabili)<br />

Quest’estate compirò 45 anni.<br />

Obiettivamente sono finito.<br />

Impiegherò gli ultimi anni ad<br />

andare in giro ad avvelenare<br />

l’esistenza degli altri.<br />

(Erland Josephson, Scene da<br />

un matrimonio)<br />

Perché ostinarvi a vivere,<br />

quando noi possiamo seppellirvi<br />

per 49.50 dollari?<br />

(Pubblicità di un’impresa di<br />

pompe funebri, C’era una volta<br />

in America)<br />

Io per un film potrei piantare<br />

un uomo, ma per un uomo non<br />

pianterei mai un film.<br />

(Natalie Baye, Effetto notte)<br />

Secondo voi… Paperino è un<br />

papero, Topolino è un topo,<br />

Pluto è un cane, ma cos’è<br />

Pippo? (Stand by me)<br />

Ho una testa per il business e<br />

un corpo per i peccati. (Melanie<br />

Griffith, Una donna in carriera)<br />

46 URBAN<br />

FILM<br />

BASSIFONDI-MOVIE:<br />

IL MACELLAIO JACK<br />

Un assassino della buona borghesia. Molte vittime dei quartieri più infami. La leggenda<br />

di Jack lo Squartatore è un classico della letteratura. Il film era quasi un atto dovuto...<br />

LA VERA STORIA DI<br />

JACK LO SQUARTATORE<br />

di Hughes Brothers<br />

Londra, quartiere Whitechapel,<br />

autunno 1888. In meno di tre<br />

mesi cinque prostitute vengono<br />

uccise secondo rituali orrendi.<br />

L'omicida è Jack lo squartatore.<br />

Ma chi è Jack? Nessuno lo ha<br />

mai scoperto. Forse per questo<br />

è rimasto “leggendario”. Bisogna<br />

dire che all'epoca quasi non esisteva<br />

possibilità di indagine come<br />

la intendiamo oggi. Anzi fu<br />

proprio l'operato di Jack a dare<br />

impulso alle tecniche investigative.<br />

“Un giorno gli uomini guarderanno<br />

indietro e diranno che<br />

ho battezzato il XX° secolo”.<br />

Così ha scritto Jack, che siglava<br />

le lettere “From Hell”, dall'inferno.<br />

E From Hell è il titolo originale<br />

dell'ennesima ricostruzione<br />

cinematografica di quella storia<br />

tremenda. A dirigerla i gemelli<br />

Hughes, statunitensi afroamericani,<br />

da sempre interessati alla<br />

realtà dei ghetti. Già, perché<br />

questa è la tesi: Whitechapel era<br />

luogo di degrado. Crocevia di<br />

miserie e territorio d’elezione<br />

per prostitute ai limiti della sopravvivenza.<br />

L’ispirazione è venuta<br />

dal fumetto di Alan Moore.<br />

Dove si racconta come l'autore<br />

dei delitti venisse dai piani nobili<br />

di Londra. Quelli dove nessuno<br />

sarebbe mai andato a ficcare<br />

il naso.<br />

Per quanto il film racconti una<br />

tesi romanzata, va detto che tra<br />

le cinque ipotesi più probabili<br />

viene, quasi, annoverata anche<br />

questa. Ma non è ovviamente<br />

l’indagine a determinare l'interesse<br />

nei confronti del film,<br />

quanto la sua ricostruzione storicamente<br />

fantasiosa eppure efficace.<br />

Mentre la regina Vittoria<br />

dettava regole di comportamento<br />

bigotte e oppressive, il principe<br />

Albert era devastato dalla sifilide<br />

e una parte dei sudditi di<br />

sua maestà non se la passava<br />

molto bene. Come nel caso del-<br />

l'umanità che gravitava intorno a<br />

Whitechapel. E lì comincia ad<br />

agire Jack. Muore la prima prostituta<br />

e la faccenda quasi non<br />

fa notizia. Si sa, ancora oggi la<br />

vita di una donna di vita vale<br />

poco. Ma quando i delitti si ripetono,<br />

con rituali che spiegano il<br />

soprannome di squartatore, la<br />

questione diventa seria. Seria<br />

ma complicata, maledettamente<br />

complicata. Solo l’ispettore Fred<br />

Abberline, interpretato da<br />

Johnny Depp, ferito dalla vita e<br />

fumatore di oppio, sembra capace<br />

di fare ipotesi di indagine più<br />

serie.<br />

E come da copione verrà estromesso<br />

dall’indagine. Attenzione<br />

però a non prendere questo film<br />

come la vera storia di Jack. Vero<br />

che anche l'autentico Abberline,<br />

a distanza di anni dai fatti, sembrava<br />

avere tesi più serie rispetto<br />

a quelle ufficiali, sempre comunque<br />

ipotetiche, ma resta il<br />

fatto che Jack ha portato nella<br />

tomba il suo segreto. Lasciando<br />

però un'eredità smisurata. Da allora<br />

i serial killer sono diventati<br />

protagonisti, la polizia è cambiata,<br />

le indagini anche.<br />

Quel che non è cambiata è la<br />

realtà delle prostitute. E questo<br />

è un altro dei cardini del film, le<br />

ragazze di Whitechapel, oltre<br />

che da Jack, devono guardarsi<br />

da protettori vampireschi e<br />

clienti violenti, tra l’indifferenza<br />

dei benpensanti. Capitanate da<br />

Mary Kelly, interpretata da<br />

Heather Graham, attraversano il<br />

film con la triste consapevolezza<br />

di una vita non vissuta e l’illusione<br />

di una speranza. Non sono<br />

loro a tirare i fili della società,<br />

vittoriana o contemporanea,<br />

sono invece i notabili come sir<br />

William Gull, un ottimo Ian Holm,<br />

medico della real casa, o gli<br />

agenti segreti o tutti quanti hanno<br />

rapporti con il potere, quello<br />

vero. Che non ha bisogno di<br />

sporcarsi le mani. Eppure grondano<br />

sangue.<br />

ANTONELLO CATACCHIO<br />

MONSOON WEDDING<br />

HARRY POTTER E LA<br />

PIETRA FILOSOFALE<br />

Chris Colombus<br />

Lasciate perdere tutti i pregiudizi.<br />

Accantonate anche il libro. E<br />

lasciatevi scorrere addosso questo<br />

racconto d’altri tempi con un<br />

piccolo eroe, orfano e occhialuto,<br />

che ha facoltà straordinarie<br />

ma non le fa pesare, che non<br />

vuole il potere ma il trionfo del<br />

bene. Insomma un racconto edificante<br />

e molto divertente, seppure<br />

con qualche lungaggine.<br />

L’ideale sarebbe vederlo con<br />

qualche ragazzino in carne e ossa,<br />

capace di cogliere appieno<br />

tutte le sfumature di un film fatto<br />

per diventare un blockbuster<br />

ma che riesce a giocare pulito,<br />

senza colpi bassi.<br />

ANTONELLO CATACCHIO<br />

MONSOON WEDDING<br />

Mira Nair<br />

Lei e lui stanno per sposarsi.<br />

Sono esponenti della borghesia<br />

indiana. Hanno fatto gli studi<br />

giusti e conoscono il mondo.<br />

Quel che sorprende sta nel fatto<br />

che il matrimonio sia combinato,<br />

come da tradizione. Intorno si<br />

agitano parenti e conoscenti, si<br />

intrecciano amori, la canzoni risuonano.<br />

Le contraddizioni<br />

dell’India contemporanea secondo<br />

Mira Nair, che mostra la civiltà<br />

del portatile e di Internet, mi-<br />

SPY GAME<br />

scelandola con la cultura millenaria<br />

del paese. Leone d’oro a<br />

Venezia. E non è detto che il<br />

matrimonio sia destinato a non<br />

funzionare. Anzi pare che laggiù<br />

nessuno si crucci più di tanto. E<br />

se avessero ragione loro?<br />

ANTONELLO CATACCHIO<br />

SPY GAME<br />

Tony Scott<br />

Tempi duri per le storie di spie.<br />

Non ci tengono più di tanto a<br />

comparire. Ma come si può tenere<br />

nascosti due tipetti come<br />

Robert Redford e Brad Pitt? Uno<br />

è un veterano, che con I tre giorni<br />

del condor aveva già raccontato<br />

le malefatte dei servizi.<br />

L’altro è il suo protetto da sempre.<br />

Così, nonostante stia per<br />

andare in pensione torna all’opera<br />

per salvare il giovane imprigionato<br />

e condannato a morte<br />

in Cina. E la coppia funziona.<br />

Poi alla regia c’è Tony Scott, uno<br />

che sa come confezionare il cinema<br />

d’azione senza perdere di<br />

vista il senso della storia.<br />

SELVAGGIA CONTI<br />

IL NOSTRO NATALE<br />

Abel Ferrara<br />

Abel Ferrara, regista maledetto,<br />

celebra a modo suo le feste. Si<br />

piazza all’interno di una famiglia<br />

latina (come già aveva fatto con<br />

gli italiani di The Funeral) e la<br />

IL NOSTRO NATALE<br />

racconta. Sono tutti impegnati<br />

nello spaccio. Ma soggettivamente<br />

sono tutte brave persone.<br />

I guai cominciano quando alcuni<br />

poliziotti sequestrano il leader<br />

che campa col traffico. Attori<br />

quasi sconosciuti, atmosfera natalizia<br />

distorta, ambientazione<br />

primi anni ’90, quando né il ciclone<br />

Giuliani, né i piloti suicidi<br />

si erano ancora abbattuti sulla<br />

Grande Mela.<br />

ANTONELLO CATACCHIO<br />

OCEAN’S ELEVEN<br />

Steven Soderbergh<br />

Che il cinema hollywoodiano,<br />

oggi, sia a corto di idee è risaputo.<br />

Quindi non stupisce il remake<br />

di Colpo grosso, il film del<br />

clan Sinatra del ’60. Stupisce invece<br />

che l’operazione sia firmata<br />

Steven Soderbergh, uno dei migliori<br />

talenti alla regia. E lo stupore<br />

diventa shock scorrendo i<br />

nomi del cast: Brad Pitt, George<br />

Clooney, Julia Roberts, Matt<br />

Damon, Andy Garcia, Don<br />

Cheadle. Allora anche il remake<br />

acquista senso, spessore e divertimento.<br />

SELVAGGIA CONTI<br />

LUCKY BREAK<br />

Peter Cattaneo<br />

Cinema d’evasione allo stato puro:<br />

un gruppo di galeotti progetta la<br />

fuga approfittando della messin-<br />

OCEAN’S ELEVEN<br />

scena, nel teatro del carcere, di un<br />

grottesco musical. È il ritorno di<br />

Peter Cattaneo, regista del fortunatissimo<br />

Full Monty, e lo schema è<br />

analogo: prendere un branco di sfigati<br />

e dar loro un’occasione di riscatto<br />

nel segno della creatività artistica.<br />

I personaggi sono simpatici,<br />

gli attori funzionano e il film si vede<br />

senza fatica. Peccato che sia<br />

uguale, ma proprio uguale, al film<br />

scandinavo Breaking Out. Plagio?<br />

Cattaneo nega: del resto, mica l’ha<br />

scritto lui.<br />

ALBERTO CRESPI<br />

SERENDIPITY<br />

Peter Chelsom<br />

ARIDATECE ER VIRTUALE<br />

Una versione più sofisticata, e in<br />

fondo più divertente e romantica,<br />

di Insonnia d’amore. Ovvero, come<br />

incontrarsi per caso, amarsi al<br />

volo e dirsi addio quasi subito, lasciando<br />

tutto nelle mani del destino.<br />

Si riincontreranno Jonathan e<br />

Sara, dopo essersi innamorati &<br />

lasciati nel giro di poche ore in<br />

quel di New York? Voi che dite?<br />

John Cusack e Kate Beckinsale<br />

sono carini e, di tanto in tanto,<br />

persino bravi. Il regista Peter<br />

Chelsom impagina con buon ritmo<br />

il copione a orologeria di<br />

Mark Klein. Si dice sempre, giustamente,<br />

che a Hollywood non<br />

sanno più fare le commedie. Qui,<br />

almeno, ci provano.<br />

ABERTO CRESPI<br />

Nonostante la bella Jolie e gli effetti speciali, il videogame era un’altra cosa. Migliore<br />

TOMB RAIDER<br />

di Simon West<br />

Eroina dei videogame, approda<br />

sul grande schermo e si incarna<br />

attraverso Angiolina Jolie. Grande<br />

sfoggio di effetti speciali, grande<br />

avventura, grande colonna sonora,<br />

tutto grande, ma la magia del<br />

personaggio virtuale divenuto<br />

reale, in qualche modo, non si riproduce.<br />

Angiolina è stupenda,<br />

anche troppo, e i suoi tatuaggi nei<br />

momenti più intensi del film sovrastano<br />

il trucco. Non ci viene<br />

neppure risparmiata la spruzzata<br />

di realtà vera, Jon Voight, padre di<br />

Angiolina, è chiamato a interpre-<br />

tare il babbo di Lara Croft in un<br />

sussulto kitsch. Così, la storia, legata<br />

a un momento che si verifica<br />

solo ogni sterminio di anni, in cui<br />

le forze del male vorrebbero prendere<br />

il sopravvento, diventa una<br />

cavalcata rituale attraverso tutti i<br />

luoghi comuni di un racconto fantasy.<br />

Peccato, perché alcuni effetti<br />

non sono assolutamente male, come<br />

quello in cui Angiolina-Lara<br />

zompetta tra le pareti e il soffitto<br />

della sua prestigiosa magione.<br />

Ma è troppo poco per risvegliare<br />

l’interesse di un pubblico che rimane<br />

solo frastornato da questa<br />

riedizione in gonnella artificiale<br />

degli 007 d’altri tempi.<br />

CARTOONS!<br />

ECCO MOMO,<br />

SUPERBIMBA<br />

Dopo il grande successo di La<br />

gabbianella e il gatto, ispirato<br />

al romanzo di Luis Sepulveda,<br />

Enzo D’Alò torna con questa<br />

proposta tratta dal testo di<br />

Michael Ende. Momo è una<br />

bimba molto speciale, accompagnata<br />

dalla tartaruga<br />

Cassiopea, e pronta a scontrarsi<br />

con gli uomini grigi, abitanti<br />

del sottosuolo che rubano<br />

il tempo all’umanità. Tra i<br />

doppiatori compaiono i nomi<br />

di Abatantuono, Giannini e<br />

Rubini, mentre la colonna sonora<br />

è affidata alla trascinante<br />

Gianna Nannini. Potrebbe essere<br />

la risposta italiana, realizzata<br />

con talento, all’arroganza<br />

dei cartoons hollywoodiani<br />

confezionati da mercenari con<br />

budget inesauribili.<br />

AIDA, FIABA<br />

ECOLOGISTA<br />

Eh sì, l’Aida riletta in chiave<br />

animata diventa una fiaba ecologica.<br />

È quanto ha pensato<br />

con Aida degli alberi Guido<br />

Manuli, veterano del genere, in<br />

collaborazione con Umberto<br />

Marino. Aida è figlia del re di<br />

Arborea, un regno che esalta<br />

la natura e ci vive in perfetta<br />

armonia. Se non fosse che i<br />

soldati di Petra, regno della<br />

roccia che incombe sul verde,<br />

creano qualche problema. Dei<br />

guerrieri e sacerdoti malefici<br />

tramano, ma Radames, figlio di<br />

un generale guerriero, si innamora<br />

di Aida. Chissà che l’amore<br />

non riesca a scongiurare<br />

una nuova guerra. Le musiche<br />

sono di Ennio Morricone.<br />

L’ATLANTIDE<br />

DI DISNEY<br />

Non poteva mancare il nuovo<br />

Disney, anche perché quest’anno<br />

si celebra il centenario<br />

della nascita del vecchio<br />

Walt. In Atlantis – Il continente<br />

perduto tutta la storia nasce<br />

da un ricercatore che vuole<br />

portare a compimento l’impresa<br />

iniziata dal nonno, ossia<br />

scoprire il segreto dell’isola di<br />

Atlantide che, secondo<br />

Platone, si inabissò scomparendo<br />

in un attimo. Gli autori<br />

sono gli stessi di La bella e la<br />

bestia e Il gobbo di Notre<br />

Dame, ma il pubblico americano<br />

non ha mostrato eccessivo<br />

entusiasmo. Nella versione<br />

italiana l'unica canzone è<br />

stata affidata ai Gazosa.<br />

URBAN 47


SI REPLICA<br />

Classici di tutti<br />

i tempi, musical,<br />

teatro d’autore.<br />

La platea li rivuole.<br />

Glieli ridanno<br />

LA STRANA COPPIA<br />

Milano, Teatro San Babila<br />

La pièce di Neil Simon è<br />

sempre stata viatico di<br />

successo per tutti i nostri<br />

mattatori (Walter Chiari) e le<br />

mattatrici (Monica Vitti) della<br />

comicità. L’allestimento<br />

firmato da Gino Zampieri<br />

non brilla per originalità, ma<br />

gode della presenza di una<br />

tellurica Anna Mazzamauro.<br />

Dall’8 al 27 gennaio<br />

FILUMENA<br />

MARTURANO<br />

Bologna, Teatro Duse<br />

Isa Danieli è appena stata proclamata<br />

miglior attrice della<br />

stagione con il Premio Ubu<br />

(l’Oscar del teatro italiano)<br />

come protagonista di questo<br />

spettacolo. Nell’affrontare il<br />

ruolo teatrale femminile più<br />

celebre della drammaturgia<br />

italiana del secondo ‘900 ha<br />

vinto la difficile sfida del confronto<br />

con interpretazioni<br />

come quelle di Pupella Maggio<br />

e Titina De Filippo. La regia di<br />

Cristina Pezzoli evidenzia i lati<br />

più sofferti del personaggio.<br />

Dal 15 al 20 gennaio<br />

POLVERE DI STELLE<br />

Torino, Teatro Colosseo<br />

Torna lo storico teatro<br />

dell’avanspettacolo con i suoi<br />

attori scavalcamontagne.<br />

Merito di Maurizio Micheli che<br />

con Bernardino Zapponi ha<br />

trasposto per il palcoscenico<br />

l’omonimo film di Alberto<br />

Sordi. In scena, al suo fianco,<br />

Benedicta Boccoli recita il<br />

ruolo della prima soubrette<br />

(s)vestita a puntino e paillettes.<br />

Una carrellata musicale di hit<br />

degli anni di guerra e naturalmente<br />

il celebre Ma ‘n do’ vai<br />

se la banana non ce l’hai.<br />

Dal 9 al 12 gennaio<br />

RUMORI FUORI<br />

SCENA<br />

Roma, Teatro Vittoria<br />

L’esilarante commedia di<br />

Michael Frayn racconta<br />

di uno sgangherato gruppo<br />

di attori alle prese con una<br />

messinscena funestata da<br />

continui e rocamboleschi incidenti.<br />

Come l’attricetta svampita<br />

che dimentica le battute.<br />

In scena la compagnia Attori<br />

e Tecnici diretta da Attilio<br />

Corsini. Dal 26 dicembre<br />

48 URBAN<br />

TEATRO<br />

IL CORPO LIBERATO<br />

Tra la ginnastica<br />

e la danza.<br />

Coreografo e<br />

ballerino, David<br />

Parsons è un<br />

classico. Come le<br />

musiche che lo<br />

accompagnano<br />

Tra i coreografi e i danzatori<br />

contemporanei il nome di David<br />

Parsons è di certo tra i più popolari.<br />

Merito di un bel fisico atletico,<br />

che ama esibire anche senza<br />

costumi, e di un divertimento<br />

unito a una certa semplicità di<br />

struttura delle sue creazioni. Ma<br />

merito anche della sua visibilità in<br />

situazioni che poco hanno a che<br />

fare con la dimensione strettamente<br />

artistica, come per esempio<br />

un noto spot pubblicitario.<br />

Sta di fatto che i suoi spettacoli<br />

raccolgono ogni volta folle di<br />

spettatori, anche di persone che<br />

in genere non frequentano gli<br />

spettacoli di danza. Ora arriva in<br />

Italia con lo stesso programma<br />

del tour che ha trionfato negli<br />

States proponendo balletti del<br />

suo repertorio storico e più recente.<br />

A partire dal celebre assolo<br />

Caught, creato nel lontano ‘82 al<br />

tempo della sua militanza nelle<br />

fila dei Momix e dei Pilophobolus,<br />

in cui vengono utilizzate luci stroboscobiche<br />

per ottenere l’effetto<br />

dell'assoluta sospensione nell’atto<br />

del volo. E, ancora, dell’accattivante<br />

Nascimento, in cui si fa<br />

ricorso alle musiche del leggendario<br />

compositore brasiliano.<br />

Tra i nuovi balletti viene invece<br />

presentato So What, vivace e raffinato<br />

gioco di coppie commissionato<br />

a David Parsons dal Festival<br />

Umbria Jazz 2001 in memoria del<br />

grande Miles Davis. Anche questa<br />

CHE TEMPO FA<br />

Milano, Teatro Filodrammatici<br />

Il regista Massimo Navone individua<br />

nelle pagine di Il nuovo che<br />

avanza di Michele Serra una galleria<br />

di veri e propri personaggi<br />

dotati di una spiccata teatralità e<br />

trasforma una parola nata per essere<br />

letta in parola da vivere su<br />

un palcoscenico. Per uno spettacolo<br />

che vuole essere attuale e divertente.<br />

Dall'8 al 27 gennaio<br />

è una coreografia “tutta sua”, in<br />

cui privilegia ironia ed estrosità<br />

con movimenti più vicini alla ginnastica<br />

agonistica che alla danza<br />

classica. Il programma dello spettacolo<br />

è completato da coreografie<br />

del giovane Robert Battle, al<br />

centro di un personale omaggio<br />

I PARENTI TERRIBILI<br />

Roma, Teatro Eliseo<br />

Scandalo al debutto in Francia<br />

nel ‘38, trionfo per la prima italiana<br />

diretta da Luchino Visconti nel<br />

‘45, torna in scena il classico di<br />

DON CAMILLO E IL SIGNOR<br />

SINDACO PEPPONE<br />

Bologna, Arena del Sole<br />

Vito e Ivano Marescotti dal cabaret<br />

al teatro ufficiale, sempre fedeli<br />

alla comicità. Fiduciosi nel testo<br />

che Francesco Freyrie ha tratto<br />

dalla saga di Guareschi sfidano il<br />

mito Cervi-Fernandel. Il Mondo<br />

Piccolo di Brescello visto come<br />

uno scontro tra bene e male.<br />

Dal 18 dicembre al 13 gennaio<br />

da parte del Festival di Spoleto<br />

del 2000. Suoi sono i movimenti<br />

pensati per l’assolo frizzante e<br />

misterioso Takademe, su un’originale<br />

musica di Sheila Chandra, e<br />

per Mood Indigo. I costumi dei<br />

danzatori sono firmati da stilisti<br />

come Donna Karan e Missoni, le<br />

SCANDOLOSO COCTEAU<br />

Jean Cocteau. Sul palco Marina<br />

Malfatti, Paolo Graziosi e Magda<br />

Mercatali a raccontare il morboso<br />

ganglio di relazioni all’interno di<br />

una famiglia borghese: amoreodio<br />

tra una madre possessiva e il<br />

PESANTE, LEGGERO, LEGGERISSIMO< ON STAGE<br />

BUONANOTTE BRIVIDO<br />

Torino, Teatro Araldo<br />

Tra cabaret, mimo, circo e commedia,<br />

la coppia Donati-Olsen<br />

(cui si è aggiunto Iaon Gunn) resta<br />

un'imprevedibile miscela di comicità.<br />

Questa volta sono ai microfoni<br />

di una stazione radiofonica dove<br />

hanno a che fare con un serial<br />

killer influenzato dai tramonti di<br />

fuoco e una cartomante sbadata.<br />

Dall’11 al 13 gennaio<br />

musiche spaziano da Miles Davis<br />

ai trascinanti crescendo rossiniani.<br />

SANDRO AVANZO<br />

THE PARSONS DANCE<br />

COMPANY<br />

Milano, Teatro Smeraldo<br />

Dal 15 al 20 gennaio<br />

figlio il quale, a sua volta, ama<br />

una donna che si rivelerà la mantenuta<br />

del padre. Alla regia<br />

Jeanne Moreau, attrice icona del<br />

cinema francese, rivelatasi anche<br />

ottima regista cinematografica e<br />

ora anche teatrale.<br />

Dall'8 al 20 gennaio<br />

CECILIA RINALDINI<br />

TRADIMENTI<br />

Roma, Teatro India<br />

Iaia Forte, Valerio Binasco e<br />

Tommaso Ragno ancora insieme<br />

per l'esperimento teatrale di<br />

Harold Pinter. Il trio si cimenta<br />

sotto la direzione di Binasco con<br />

una pièce sul tempo e sulla memoria.<br />

In un meccanismo spietato<br />

dove tutto è già successo, i personaggi<br />

sono costretti a ricordare.<br />

Dal 3 al 13 gennaio


ARTE<br />

A OVEST DEL BATIK<br />

Yinka Shonibare si definisce “un<br />

perfetto ibrido postcoloniale”. E<br />

come potrebbe altrimenti definirsi<br />

un artista nato a Londra da padre<br />

e madre nigeriani e cresciuto<br />

tra il Lagos e la Gran Bretagna?<br />

Un artista che ha fatto dell’identità<br />

culturale ed etnica, del colonialismo<br />

e del postcolonialismo,<br />

delle preferenze sessuali e della<br />

differenza, i temi portanti della<br />

sua ricerca?<br />

Mai come in questo periodo è<br />

allora attuale la mostra Be-Muse,<br />

dedicata all’artista anglo-nigeriano<br />

e curata da Elena di Majo e<br />

Cristiana Perrella. Il titolo della<br />

mostra nasce da un gioco di parole<br />

tra il verbo to bemuse (meravigliare,<br />

disorientare) e l’essere<br />

Musa (e cioè fonte di ispirazione)<br />

e coglie bene lo spirito che circonda<br />

il lavoro di Shonibare che,<br />

come ha osservato Okwui<br />

Enwezor, “si beffa della ragione,<br />

prima ponendola a suo agio con<br />

LORIS CECCHINI<br />

Torino, 011-5188531<br />

Negli ultimi anni l’artista emergente<br />

italiano che ha raccolto il<br />

maggior numero di premi è<br />

Loris Cecchini. L’installazione,<br />

collocata presso il porticato del<br />

Rettorato dell’Università, è costituita<br />

da due cabine telefoniche<br />

in gomma uretanica grigia ed è<br />

l’opera vincitrice dell’edizione<br />

2001 del quinto premio annuale<br />

“Torino incontra… l’Arte”.<br />

Fino al 31 gennaio<br />

le proprie contraddizioni, la propria<br />

innocenza e ignoranza, poi<br />

ridimensionando di colpo questi<br />

sentimenti”.<br />

Celebre per le sue installazioni,<br />

in prevalenza manichini in grandezza<br />

naturale, vestiti con abiti<br />

realizzati con tessuti batik in ambienti<br />

di foggia marcatamente<br />

occidentale, per far convivere civiltà<br />

diverse, Shonibare ha realizzato<br />

per lo spazio romano nuove<br />

installazioni. E per farlo si è ispirato<br />

alla storia del Museo<br />

Andersen e allo scultore norvegese-americano<br />

H.C. Andersen.<br />

La citazione e il travestitismo –<br />

pratiche care anche ad altri artisti<br />

– rappresentano un altro tratto<br />

essenziale della ricerca artistica<br />

di Shonibare. Affascinato dalla figura<br />

del Dandy, uomo che sfida il<br />

perbenismo della società nel modo<br />

di vestire e nell’atteggiamento,<br />

Shonibare dedica un ciclo di<br />

ANDREA MASSAIOLI. SFINGI<br />

Torino, 011-837349<br />

Negli ultimi vent’anni il pittore torinese<br />

si è concentrato su soggetti<br />

familiari. I protagonisti dei suoi<br />

lavori recenti, presenti nella mostra<br />

alla Infinito Ltd Gallery curata<br />

da Simone Menegoi, sono dei nudi<br />

di bambini. La serie di sculture<br />

in ceramica bianca raffigurano invece<br />

corpi di neonate, sottoposte<br />

alle medesime trasformazioni formali<br />

delle immagini dipinte.<br />

Fino al 26 gennaio<br />

START 02<br />

Bologna, 051-204638<br />

Video e web design, arte applicata,<br />

narrazione e opere digitali. La<br />

mostra ospitata dalle Scuderie<br />

Bentivoglio raccoglie i lavori dei<br />

16 giovani artisti emiliano-romagnoli<br />

che hanno partecipato alla<br />

Biennale dei Giovani Artisti<br />

dell’Europa e del Mediterraneo,<br />

manifestazione che si è tenuta a<br />

luglio a Sarajevo e che ha ospitato<br />

oltre 700 artisti. Ingresso gratuito.<br />

Fino al 26 gennaio<br />

La vera arte<br />

moderna? Se ne sta<br />

da secoli stampata<br />

sulle stoffe africane.<br />

Tessuti colorati e<br />

abiti all’occidentale,<br />

identità etnica e<br />

preferenze sessuali.<br />

L’ibrido postcoloniale<br />

di Yinka<br />

Shonibare<br />

Due installazioni di Shonibare: Disfunctional family e, in alto, Deep Blue.<br />

tableaux fotografici a Oscar<br />

Wilde, comparendo nelle vesti di<br />

Dorian Gray, dandy per eccellenza.<br />

E lo fa con narcisismo e humour<br />

poiché crede che “l’arte<br />

possa essere una forma di intrattenimento<br />

con cui l’artista può<br />

sedurre e provocare allo stesso<br />

tempo, dando la possibilità al<br />

pubblico di iniziare a riflettere anche<br />

su temi molto seri”.<br />

D.P. TESEI<br />

Yinka Shonibare, Be-Muse<br />

Museo H.C. Andersen, Roma<br />

06-3219089, fino al 3 marzo<br />

CECCHINI AL TELEFONO BOLOGNA BIT E MATTONI<br />

LR 19/98. I LUOGHI DELLA<br />

RIQUALIFICAZIONE URBANA<br />

Bologna, ex Chiesa di San Mattia<br />

Caserme, carceri, aree ferroviarie<br />

e ospedali colti dall’obiettivo di<br />

Gabriele Basilico. La mostra, a cura<br />

di Piero Orlandi, ospita una selezione<br />

degli oltre 700 scatti realizzati<br />

dall’artista nel corso di una<br />

campagna fotografica. Immagini<br />

che documentano aree urbane<br />

che si sono trasformate, perdendo<br />

la loro funzione orginaria.<br />

Fino al 20 gennaio<br />

DA VEDERE<br />

Il piacere di stare<br />

in città e il<br />

percorso storico<br />

di Berengo<br />

Gardin. Passando<br />

per corpi e rumori<br />

I PIACERI DELLA CITTÀ<br />

Milano, 02-659 9803<br />

Le sensazioni urbane – vista,<br />

udito, memoria – attraverso le<br />

opere di artisti italiani di varie<br />

epoche che ricorrono a tecniche<br />

diverse: musica sperimentale<br />

e cinema d’avanguardia,<br />

pubblicità. La mostra, curata<br />

da Marina Pugliese, è ospitata<br />

dal Museo della Permanente.<br />

Fino al 27 gennaio<br />

NOISE. LA SCENA<br />

RUMOROSA NELL’ARTE<br />

ITALIANA<br />

Milano, 02-86996395<br />

Sempre più artisti visivi contaminano<br />

il loro linguaggio con<br />

il suono. Noise, mostra curata<br />

da Luca Beatrice, espone alla<br />

Galleria Pack le opere di artisti<br />

che hanno, in forma diversa,<br />

rapporti con la musica. Tra i<br />

più rappresentativi: l’artista<br />

musicista Nicola Di Caprio e<br />

Robert Gligorov, che collabora<br />

con i Bluevertigo.<br />

Fino al 31 gennaio<br />

ARTE E BENESSERE<br />

Merano, 0473-212643<br />

Corpo, estate, bagno. Questi i<br />

temi centrali della curiosa mostra<br />

ospitata da Merano Arte,<br />

curata da Andrea Domesle e<br />

ideata da Carl Aigner.<br />

Attraverso la selezione di circa<br />

settanta opere di artisti appartenenti<br />

a varie epoche, da Paul<br />

Signac a Helmut Newton fino<br />

alle ultime generazioni, l’obiettivo<br />

della mostra è di evidenziare<br />

come artisti diversi abbiano<br />

rappresentato in modo<br />

differente la ricerca del riposo<br />

e la rigenerazione del corpo.<br />

Dalle piscine negli anni ‘60 alle<br />

spiagge superaffollate. Fino<br />

al 7 aprile<br />

GIANNI BERENGO GARDIN.<br />

COPYRIGHT.<br />

Roma, 06-48941230<br />

È arrivata al Palazzo delle<br />

Esposizioni la retrospettiva<br />

dedicata a Gianni Berengo<br />

Gardin, di cui si ripercorre il<br />

cammino artistico e giornalistico.<br />

Oltre alle foto celebri,<br />

frutto di reportage sui manicomi,<br />

sugli zingari e su Venezia,<br />

i curatori Mario Peliti e<br />

Giovanna Calvenzi hanno raccolto<br />

immagini inedite e ritratti.<br />

Fino al 14 gennaio<br />

URBAN 51


52 URBAN<br />

MILANO<br />

Vecchi oggetti che<br />

sembrano nuovi,<br />

stufe d’autore e il<br />

latex sado-sado<br />

SKIES&FLOWERS<br />

Via Farneti, 3<br />

S’ispira alla natura. Reinterpreta<br />

vecchi oggetti. Così Cristiano<br />

Arienti realizza pezzi unici o<br />

serie limitate a metà strada tra<br />

arte e design. Come le sculture<br />

luminose fatte con un covone<br />

di saggina o una corteccia, le<br />

lampade biomorfe in resina, i<br />

centrotavola modellabili in<br />

piombo e silicone, le sedie<br />

Luigi XVI decorate con fiori di<br />

seta o plastificate a squame.<br />

O ancora i “ninnoli d’autore” in<br />

cristallo fuso o gli specchi da<br />

toilette in tolla lavorata. Prezzi<br />

tra i 75 ai 500 euro. È aperto<br />

dalle 14 alle 20.30. Merita.<br />

FUMISTERIE VIGORELLI<br />

Via Pioppette, 4<br />

I Vigorelli (siamo alla quarta generazione!)<br />

resistono all’accerchiamento<br />

degli happy hour e<br />

dei locali notturni. Con passione<br />

continuano a girar l’Europa<br />

in cerca delle stufe della nonna,<br />

che poi restaurano nel laboratorio.<br />

Vengono da qui le più<br />

belle stufe antiche in cotto, ceramica,<br />

ghisa (le cucine a legna,<br />

e i camini), che poi vedi sulle<br />

riviste d’arredamento. Posto<br />

unico che scalda casa e cuore.<br />

SEXADE<br />

Via Santa Maria Valle, 1<br />

Per chi è fetish tutto l’anno e<br />

chi si accontenta di una notte<br />

brava. Da Sexade, ovvio, le materie<br />

prime sono il lattice, la<br />

pelle, le borchie. Ma non manca<br />

la lingerie più ricercata, dai<br />

bustini stile Moulin Rouge ai<br />

corpetti spaziali di Lara Croft.<br />

E per fare un catwalk da urlo<br />

sull’asfalto metropolitano, stivali<br />

e stivaletti mozzafiato e vertiginose<br />

“fuck me shoes”.<br />

GHIDOLI BY VIDIVI<br />

Via Stilicone, 33<br />

È morto il re! Viva il re! Tutti a<br />

strapparsi le vesti all’annuncio<br />

che i tot piani delle Telerie<br />

Ghidoli di P.za Fontana stavano<br />

per chiudere i battenti. E adesso,<br />

come faccio a trovare lo<br />

scendiletto intonato alle ciabatte?<br />

Scherzetto, potete asciugarvi<br />

le lacrime. Ghidoli riapre<br />

con Vidivi in una nuova sede,<br />

con tutta la biancheria, i pizzi e<br />

i merletti che avete sempre desiderato.<br />

E in più, un laboratorio<br />

dove mani esperte confezionano<br />

su richiesta. <strong>Sì</strong>, anche il<br />

copriletto in tinta con le tende!..<br />

foto: Federico Del Prete<br />

SHOPPING<br />

GALLINELLE IN FUGA<br />

Mani rubate all’agricoltura e<br />

regalate al taglio e cucito, quelle<br />

di Wilma. Wilma viene dalla campagna,<br />

e le notti col naso all’insù<br />

a cercar le Gallinelle, che è il nome<br />

popolare delle Pleiadi, non le<br />

ha mai dimenticate. Così, quando<br />

arrivò a Roma per aprire una boutique,<br />

volle chiamarla come quel<br />

capannello di stelle nella costellazione<br />

del Toro. Il fatto, poi, che il<br />

locale fosse una ex macelleriapolleria,<br />

con un gallo sul bancone<br />

di marmo, cadeva a pennello.<br />

Come cadevano a pennello gli<br />

abiti vintage, che mica per niente<br />

vuol dire “vino d’annata” e con le<br />

carni si accoppia benissimo, che<br />

trasformarono il negozio in un<br />

piccolo tempio del vestire millesimato.<br />

Fu a quel punto che la stilista-contadina<br />

cominciò a metterci<br />

del suo: capi e accessori originali,<br />

ispirati al passato, disegnati con<br />

le sue manine sante, e realizzati<br />

con vecchi scampoli e stoccaggi,<br />

in edizione limitata perché il metraggio<br />

è quello che è. Idem con i<br />

tessuti in anteprima-moda, così<br />

puoi sfoggiare un completino della<br />

stessa stoffa dei vari Armani o<br />

Romeo Gigli, ma prima che i grandi<br />

couturier ci appiccichino l’etichetta.<br />

Dalle stalle alle stelle del<br />

cinema, Wilma è oggi richiestissi-<br />

MADAMA REALE<br />

Torino, Via Mazzini, 19<br />

Mi vuoi tutta ciccia e brufoli? Ma<br />

sì, chi se ne frega! Come si fa a resistere<br />

ai cioccolatini, ai marron<br />

glacés, alle praline, alla torta<br />

Madama e a tutti gli altri sballi organolettici<br />

esposti in questa bottega<br />

piena d’atmosfera e di golosità?<br />

Semplicemente non si può.<br />

Ah, benedette sculture di cacao<br />

che mi si sciolgono in bocca...<br />

ma anche dai set di Cinecittà.<br />

I pezzi forti del campionario per<br />

l’inverno? “Mmh, i cappotti alla<br />

redingote, i pantaloni alla marinara,<br />

una linea orientale di kimono<br />

e kaftani, e nell’usato le borse<br />

d’epoca, i cappotti di cavallino e<br />

le pellicce da uomo, sai, un po’<br />

così…”. Per provare la roba , accomodatevi<br />

pure nell’ex-frigo della<br />

macelleria adibito a camerino.<br />

VITTORIO MONTIERI<br />

Le Gallinelle<br />

Roma, Via del Boschetto 76<br />

BISCOTTIFICIO MAUTINO<br />

Torino, Via B. Vittone, 20<br />

I Peyrano, i Baratti & Milano e le<br />

altre storiche pasticcerie del centro<br />

le conoscono tutti. Ma non<br />

tutti sono stati ai piedi della collina<br />

da mastro Giuseppe Mautino,<br />

che da mezzo secolo, seguendo<br />

un’antica ricetta di famiglia, impasta<br />

e sforna i torcetti e i torcettoni<br />

delle Valli di Lanzo, i famosi e gustosi<br />

biscotti dei chierichetti.<br />

A ROMA<br />

Non cascateci come polli: le Gallinelle sono<br />

stelle, non pennuti. En passant, sono anche<br />

una boutique. Capi vintage, come moda<br />

comanda, e qualche stranezza fatta a mano<br />

HORROR! LA MELA TRENDY<br />

Ottima in tavola e per far colpo sulle<br />

ragazze: è la Fuji, la mela di tendenza<br />

Una mela è una mela. Fin dai<br />

tempi di Adamo e d’Eva. Se togli<br />

la metafora, è sempre stato il frutto<br />

più normale, medio, tedioso,<br />

da biascicare senza entusiasmo<br />

giusto perché “toglie il medico di<br />

torno”. Fino a che non è arrivata<br />

la Fuji, la mela “emergente”!<br />

Costa un po’ più delle solite, in<br />

gergo si dice “premium” (chissà<br />

perché visto che devi pagare), ma<br />

in compenso garantisce alla massaia<br />

un inestimabile valore aggiunto<br />

d’immagine. Preferita dalle<br />

casalinghe californiane, anche da<br />

noi è la mela più in crescita nelle<br />

quote di mercato. E in certe scuole<br />

la vendono nei distributori automatici<br />

come uno snack. <strong>Urban</strong><br />

l’ha provata per voi. D’aspetto<br />

ARRENDETEVI AL CIOCCOLATO< O ALLE SORPRESE<br />

LE GIRAFFE<br />

Bologna, Via delle Moline, 5/c<br />

Ci sono i global brands, i marchi<br />

che trovi in tutto il mondo; e ci<br />

sono le city label, le etichette artigianali<br />

che trovi solo in quella città<br />

e in quel negozio. A Bologna, a<br />

due passi dall’Università, c’è Le<br />

Giraffe, alias Valeria Saccenti.<br />

La sua è una moda underground<br />

con qualche concessione al punk,<br />

ma nessuna all’acrilico.<br />

non è niente di che: molto più<br />

sexy la Granny Smith o la Pink<br />

Lady. Azzanniamola… mmh, croccante,<br />

aromatica, succosa, buona!<br />

Un breve sondaggio al super:<br />

“Signora, perché ha scelto la<br />

Fuji?” “Perché mi ricorda le mele<br />

di una volta.” “E lei?” “È ottima<br />

per le insalate e anche cotta al<br />

microonde.” Che volete di più, è<br />

anche lo status symbol più a<br />

buon mercato. Caro mio, tu avrai<br />

la Porsche, ma io c’ho la Fuji.<br />

Gnam!<br />

“EL LOCO” LA CASA<br />

DEL COLLEZIONISTA<br />

Bologna, Via Mentana, 1<br />

Primo del genere in Italia, gestito<br />

da donne, bizzarro anzichenò.<br />

Nella vastissima offerta di oggetti<br />

ci sono giocattoli del XX secolo,<br />

bambole fino agli anni ’70, materiale<br />

scolastico d’epoca e soldatini<br />

da collezione. El Loco è anche<br />

leader mondiale nel settore “sorprese<br />

degli ovetti Kinder” e Puffi.<br />

foto: Federico Del Prete


foto: Federico Del Prete<br />

CLUB<br />

LIBERI DI PERDERSI<br />

NELLA GAY STREET<br />

Un locale. Poi un altro. Poi un altro ancora.<br />

Così via Verri, a Colle Oppio, è diventata la<br />

via (divertente) dell’orgoglio omosessuale<br />

Un giorno la sora Anna si affaccia<br />

alla finestra e vede sventolare<br />

una bandiera color arcobaleno.<br />

Per tutta la vita “casa e bottega”,<br />

dicono a Roma, ha gestito<br />

il bar lì sotto, in via Pietro Verri<br />

angolo Labicana, a Colle Oppio.<br />

Poi un anno e mezzo fa arriva<br />

un ragazzetto, dipinge i muri di<br />

rosso, battezza il locale Side, e<br />

issa la bandiera. Oggi anche la<br />

sora Anna, a quasi novant’anni,<br />

sa che quell’arcobaleno significa<br />

“gay”. Perché due mesi fa è arrivata<br />

una valanga di gente in<br />

pompa magna a inaugurare la<br />

prima “omo-strada” di Roma.<br />

Bancone a L in finto pelo di<br />

mucca pezzata in bianco e nero,<br />

ragnatele gigantesche, luci basse<br />

e lampadine rosse, arredamento<br />

arrangiato stile<br />

Almodovar, e una grande Betty<br />

Boop che campeggia su una parete.<br />

Il Side più che un bar, è un<br />

luogo d’incontro.<br />

Così lo ha pensato Luca Puglia,<br />

29 anni, minuto, kilt a quadri<br />

verdi-blu e giacca di pelle nera,<br />

laureato in filosofia, imprenditore,<br />

parrucchiere per gli amici e<br />

stilista (accanto al bar, ha appena<br />

aperto Dalù, una boutique di<br />

abiti unisex che disegna lui). “Il<br />

Side è il primo locale gay”, racconta,<br />

“in cui non c’è bisogno di<br />

tessera, non si paga l’ingresso, e<br />

la porta è aperta anche agli etero.<br />

La mia idea era scardinare il<br />

cliché di Colle Oppio fascista,<br />

normalizzando la condizione<br />

gay”. La scommessa è vinta:<br />

oggi, grazie a un insistente tam<br />

tam, il suo è uno dei bar più fre-<br />

TORINO, JAZZ E MISTERO<br />

Un palazzo del<br />

’600 dove<br />

operava la Santa<br />

Inquisizione. Oggi<br />

si suona il jazz.<br />

Meglio così<br />

IL LUPO DELLA STEPPA<br />

Torino<br />

Un affascinante ma inquietante<br />

palazzo del ’600 ospita questo<br />

locale che prende il nome dal<br />

famoso romanzo di Herman<br />

Hesse. Uno dei posti giusti se<br />

volete andare alla scoperta della<br />

quentati della città.<br />

Il ragazzo che serve ai tavoli,<br />

scollo di pizzo che scopre il décolleté,<br />

sembra Amanda<br />

Plummer in Butterfly Kiss, versione<br />

soft. Al bancone due ragazzi,<br />

magro con i capelli ricci il<br />

Torino esoterica e misteriosa o<br />

anche, più semplicemente, se<br />

volete ascoltare della buona musica.<br />

Il palazzo ha una storia<br />

piuttosto sinistra visto che, nel<br />

’700, era sede del Regio<br />

Osservatorio dei Pazziarielli.<br />

Ovvero del manicomio infantile.<br />

E il seminterrato, durante l’In-<br />

primo, occhiali tondi l’altro, si<br />

guardano con disarmante dolcezza,<br />

e si perdono in un lunghissimo<br />

bacio. Sotto è stata<br />

appena inaugurata una grotta<br />

per ballare di 300 mq, e sta per<br />

aprire una libreria e una lavanderia<br />

a gettone. Sarà tutto collegato,<br />

la gente si muoverà da uno<br />

spazio all’altro senza soluzione<br />

di continuità. Altra novità: il<br />

brunch, 7 giorni su 7.<br />

Di fronte c’è l’Events, di Fabio<br />

Croce, un amico di Luca. Sembra<br />

un circolo culturale, con annesso<br />

bar. Due salottini, musica, manifesti<br />

di Marilyn e Rita Hayworth,<br />

video di Cher sparati sui muri.<br />

Un gruppo di ragazzi bassi e palestrati<br />

chiacchiera animatamente.<br />

Chi passa la serata nella via<br />

gay si sposta da qui al Side come<br />

tra le stanze di una casa.<br />

Sono già le quattro. Niente paura:<br />

dietro l’angolo, al 78 di via<br />

Labicana, l’Antica Cornetteria rifocilla<br />

gli esausti nottambuli.<br />

quisizione, ha ospitato alcune<br />

stanze adibite dai frati domenicani<br />

a celle di tortura. Per fortuna<br />

adesso echeggiano solo le<br />

note sincopate di un buon jazz<br />

dal vivo, da accompagnare con<br />

gli ottimi vini serviti. Chiuso il lunedì.<br />

FABIO LEBO<br />

Il Lupo della Steppa<br />

via San Domenica 2/d<br />

011-5217077<br />

MONICA CAPUANI<br />

foto: Federico Del Prete<br />

NOTE DI NOTTE<br />

SORPRESA: IL BUTTAFUORI<br />

È UN BUTTADENTRO<br />

Chiedo a un mio amico che<br />

la sa lunga a cosa diavolo<br />

serve un buttafuori. Già: di<br />

fatto nessuno ti può buttare<br />

fuori da un locale pubblico.<br />

Mi spiega che il buttafuori<br />

non serve in effetti a buttare<br />

fuori nessuno e che la “selezione<br />

all’ingresso” serve un<br />

po’ per ordine pubblico (raro)<br />

e un po’ per immagine<br />

(frequente). In soldini: il buttafuori<br />

fa sentire meglio<br />

quelli dentro, che pensano<br />

così di essere in un posto<br />

più esclusivo. Dunque, per<br />

fornire al cliente questa sensazione<br />

di superiorità si dice<br />

“no, tu no” a qualcuno.<br />

Spesso a caso, o con criteri<br />

discutibili, o inventati lì per<br />

lì. Una forma di promozione,<br />

dunque: condita con quel<br />

tocco di techno-fashion che<br />

la moda impone: due auricolari,<br />

gli occhiali di sole alle<br />

due di notte e l’aria guardinga<br />

una spanna sopra la<br />

tua spalla, tipo servizio<br />

d’ordine del presidente.<br />

Tutta scena, dice il mio amico,<br />

non ci cascare. Se lo dice<br />

lui… Di mestiere, infatti, fa<br />

il buttafuori.<br />

PER BALLARE<br />

O’JAIS<br />

Milano<br />

Dopo sei mesi di lavori ha riaperto<br />

il ristorante La Isla e<br />

l’annessa discoteca, O’Jais.<br />

Arredamenti e atmosfere<br />

nordafricane, zona privé per<br />

ospiti vip e supervip, pista da<br />

ballo e cabina dj che con la<br />

bella stagione si trasferiranno<br />

anche in giardino. È tra i<br />

locali preferiti dai nottambuli<br />

milanesi, visto che chiude alle<br />

4 del mattino.<br />

Tel. 02-55230676<br />

HYPE<br />

Bologna<br />

Club nuovo di zecca, sorto<br />

sulle ceneri del Vipera, dove si<br />

ascolta e si balla rare groove,<br />

jazz, soul e beat. Un posto<br />

molto divertente, soprattutto<br />

se in serata Soul Shaker Party,<br />

con pista da ballo e baretto.<br />

Organizzazione di Piero il<br />

Nocchiero, già Mellow Yellow,<br />

coadiuvato da Groovy Ricky<br />

alias WuMing5. E ancora:<br />

interventi musicali a cura di<br />

Riviera Beat e Irma Records,<br />

ospite fisso Gionni Paludi.<br />

Tel. 051-230282<br />

URBAN 55


RISTORANTI-BAR<br />

»»»» MILANO<br />

LO SHOPPING<br />

DA MANGIARE<br />

Grandi magazzini, shopping centre, dove accanto alla merce si<br />

trova il cibo. Sedersi, scegliere, mangiare tra un acquisto e l’altro<br />

Parliamoci chiaro: fare shopping<br />

è uno dei divertimenti più faticosi<br />

sul mercato. Si può acquistare<br />

un’intera vetrina o limitarsi a sbirciarla<br />

sospirando, decidere di arredare<br />

casa in un pomeriggio o<br />

triturare i commessi di mezza città<br />

per trovare esattamente quel<br />

bullone per quella particolarissima<br />

vite. È l’esercizio stesso del<br />

girare di negozio in negozio, a<br />

stancare di più. Se poi, come<br />

succede sempre più spesso, si utilizza<br />

come shopping time lo spazio<br />

del pranzo – o della cena,<br />

quando le festività fanno dilatare<br />

gli orari di apertura – i problemi<br />

si assommano. Perché tra un acquisto<br />

e l’altro, le energie scemano,<br />

il languorino dilaga, la depressione<br />

da calo-di-zuccheri incombe.<br />

C’è chi resiste stoicamente,<br />

azzerando la scorta di caramelline<br />

e cioccolatini pescati in tasca, c’è<br />

chi arraffa un panino e una bibita<br />

qualsiasi per non perdere troppo<br />

tempo. Errore.<br />

È assodato infatti che maltrattare<br />

lo stomaco durante gli acquisti si<br />

tramuta in un pessimo affare: gli<br />

oltranzisti del “tanto-mangiamoquando-torniamo-a-casa”,incalzati<br />

dalla fame, finiscono per affrettare<br />

pericolosamente le scelte,<br />

mentre lo snack plasticoso può<br />

EMPORIO ARMANI CAFFÈ<br />

(EMPORIO ARMANI)<br />

02-62312680<br />

L’impostazione, in questo spazio<br />

luminoso e un po’ freddino,<br />

è vegetariana. Con piatti in stile<br />

salutar-chic, dal pesce cottononcotto<br />

al gelato di castagne<br />

e salsa al cognac. La sera il<br />

Caffè si pone come alternativa<br />

piacevole e più economica (siamo<br />

pur sempre in casa Armani,<br />

e quindi si parla di cifre intorno<br />

ai 36 euro, 70.000 lire) al<br />

fratello maggiore Nobu, posto<br />

sull'altro versante del Palazzo<br />

Armani. Piazzetta Croce<br />

Rossa. Aperto negli orari<br />

(variabili) dell’Emporio.<br />

illustrazione: Mattia Elfo Ascari<br />

BISTRÒ<br />

(LA RINASCENTE)<br />

02-877120<br />

Ogni piano (o quasi) del grande<br />

magazzino, un ristoro: nel<br />

seminterato le delicatessen<br />

della pasticceria, più in alto gli<br />

spuntini veloci della Caffetteria<br />

e i piatti caldi del Brunch.<br />

Ma bisogna arrivare fino alle<br />

guglie del Duomo (o quasi)<br />

per gustare, al Bistrò, il pesce<br />

spada marinato con finocchi e<br />

arance o gli stracci di grano<br />

saraceno alla valtellinese.<br />

Pagando sui 26-31 euro (50-<br />

60.000 lire) per due piatti.<br />

Via San Raffaele, 2. Chiude<br />

domenica e lunedì a pranzo.<br />

GLOBE<br />

(COIN)<br />

02-55181969<br />

Sta sui tetti del centro, con ingresso<br />

anche indipendente<br />

e panorama da stropicciarsi gli<br />

occhi. Ottimo qui il brunch domenicale:<br />

17 euro (33.000 lire)<br />

“all you can eat” di un buffet ricchissimo,<br />

caldo e freddo. Gli altri<br />

giorni menù a poco meno del<br />

doppio con le prelibatezze dello<br />

chef Gianfranco Semenzato.<br />

Panini, spremute e altro invece<br />

al New Age Café bio-vegetariano<br />

del terzo piano e alla caffetteria<br />

a livello –1. Piazza 5<br />

Giornate, 1/a. Chiude domenica<br />

sera e lunedì sera.<br />

galleggiare indigesto per ore nell’esofago.<br />

In entrambi i casi, la<br />

sindrome da cliente malnutrito vi<br />

aiuterà a prendere l'articolo più<br />

sbagliato, di cui vi pentirete amaramente<br />

non appena rincasati.<br />

Al contrario, la frequentazione di<br />

bar, caffetteria e/o ristorante interni<br />

al magazzino è garanzia di<br />

shopping rilassato. Perché dopo<br />

un’occhiata generale, giusto per<br />

valutare varietà, qualità e prezzi<br />

dei vari oggetti del desiderio, ci si<br />

può fermare a raccogliere le idee<br />

davanti a una cioccolata calda con<br />

pasticcino “comeDiocomanda”, o<br />

tuffarsi in un risotto giallo come<br />

in un piatto di sushi. Il tutto senza<br />

dover reindossare cappotto o piumino<br />

e uscire al freddo. Il servizio<br />

– in genere veloce, lieve e premuroso<br />

– ti rimette in circolo nel giro<br />

di mezz’ora, esattamente il tempo<br />

necessario per riposare piedi e<br />

cervello. A quel punto, tutto<br />

diventa molto più facile: tornare<br />

sui propri passi per comprare<br />

quanto adocchiato in precedenza<br />

oppure rimettersi in caccia, cambiando<br />

negozio.<br />

Certo, non è tutto oro ciò che<br />

luccica: ci sono signori bar e caffetterie<br />

abborracciate, ristoranti<br />

che prescindono dai magazzini<br />

in cui sono ospitati, con ingressi<br />

separati e offerta gastronomica<br />

di livello, e punti-ristoro dove si<br />

mangia così così. Ma è solo questione<br />

di scelta: basta guardarsi<br />

in giro per scoprire che le caffetterie<br />

e i risto-store meglio attrezzati<br />

sono anche i più frequentati<br />

dai fanatici dello “Shop’n’Eat”.<br />

Roba insomma da restarsene pigramente<br />

seduti per ore a godersi<br />

un gelato alla castagna<br />

o un filetto di salmone al forno.<br />

<strong>Sì</strong>, ma gli acquisti? Pazienza,<br />

sarà per la prossima volta.<br />

P.D. SFORNELLI<br />

PIATTI FASHION: IL CIBO GIUSTO AL POSTO GIUSTO<br />

10 CORSO COMO CAFÉ<br />

(10 CORSO COMO)<br />

02-29013581<br />

In questo risto-bar iper-modaiolo<br />

sarete gomito a gomito con fotomodelle/i<br />

e turisti american-giapponesi.<br />

Ben felici di trovare sushi,<br />

sashimi, noodles, blinis, misticanze,<br />

carpacci: la materia prima,<br />

quasi tutta bio, non è male, peccato<br />

che i piatti presentino quantità<br />

e sapori minimal-anoressici.<br />

Servizio ondivago, prezzi alti<br />

(un'insalata 18,07 euro, 35.000<br />

lire!), brunch sabato e domenica.<br />

Piattini e aperitivi all'aperto (con<br />

stufe e copertina) fino alle due di<br />

notte. Corso Como, 10.<br />

Chiude lunedì a pranzo.<br />

IN NEGOZIO<br />

Tra i mobili e i<br />

libri. Una mano sul<br />

mouse e una sul<br />

dolce. Pranzate,<br />

mentre comprate<br />

IKEA BISTROT - (IKEA)<br />

02-92154510<br />

Mangiare alla svedese fra una<br />

libreria, una cucina e una<br />

scrivania? <strong>Sì</strong>, e con doppia<br />

offerta: il bistrot da spuntini<br />

veloci (panini e piatti freddi,<br />

con salmone super) aperto<br />

negli orari del magazzino, il<br />

self service con orario lungo<br />

(a pranzo fino alle 15, la sera<br />

in settimana fino alle 21) e<br />

una discreta scelta di piatti<br />

caldi (anche qui, come ovvio,<br />

salmone in testa).<br />

Prezzi abbordabili, recinto<br />

bambini per genitori apprensivi<br />

(e affamati).<br />

Via Marchesi, 4 (Corsico).<br />

Sempre aperto.<br />

CARGO CAFE'<br />

(CARGO)<br />

02-27221301<br />

Chissà se qui, in quest'angolo<br />

piastrellato del vecchio stabilimento<br />

Ovomaltina, c’erano i<br />

bagni o le cucine? Adesso,<br />

fra un armadio cinese e una<br />

sedia starkiana, trovate una<br />

caffetteria gettonata soprattutto<br />

per il brunch (data l'apertura<br />

domenicale). Con<br />

dolci americani (muffins, cookies,<br />

plumcakes) ma poche<br />

scelte salate: bagels con tonno<br />

o pollo, pizza e focaccia<br />

così alte che non stanno in<br />

bocca. Ambiente old kitchen,<br />

prezzi non proprio medi, orari<br />

come da magazzino. Via<br />

Meucci, 39. Chiuso lunedì.<br />

INTERNET CAFÉ<br />

(MONDADORI<br />

MULTICENTER)<br />

02-480471<br />

Sotto i cd, i videogame, i cellulari,<br />

le stampanti. Sopra i libri,<br />

sopra ancora le postazioni<br />

Internet con caffetteria<br />

sempre aperta, da colazione<br />

a dopocena, con piatti caldi e<br />

freddi (pasta, salmone, insalate<br />

varie) anche per il<br />

brunch. Meglio però i dessert.<br />

In tutti i casi potete<br />

mangiarvi un piatto di pasta<br />

o sorseggiare un cappuccio e<br />

intanto farvi un viaggio. Nel<br />

senso di Internet, s’intende. I<br />

prezzi sono medi, l’orario di<br />

apertura generoso. Tutti i<br />

giorni dalle 10 alle 24, tranne<br />

il lunedì (apre alle 13).<br />

Via Marghera, 28.<br />

Sempre aperto.<br />

URBAN 57


TRATTORIE<br />

Divoratori working<br />

class e signorine<br />

rucola-oriented<br />

All’inizio può sembrare imbarazzante<br />

e, comunque, non è<br />

detto sia la regola. Sedersi a<br />

tavola con emeriti sconosciuti<br />

capita a mezzogiorno, quando<br />

magari sei da solo o al massimo<br />

in due. In ogni caso, vi<br />

verrà chiesto gentilmente. Si<br />

tratta di un’usanza, che appare<br />

scortese non rispettare.<br />

D’altra parte, se si parla di<br />

stinco di maiale e purè, si può<br />

rinunciare a un po’ di privacy.<br />

Chi lo sa? Potrebbero anche<br />

scaturire nuove amicizie, più<br />

facilmente qualche saluto di<br />

convenienza, al limite una<br />

chiacchierata. Succede. In ambienti<br />

come l’Albero fiorito di<br />

via Pellizone, dove studenti<br />

del Politecnico e operai di<br />

passaggio incrociano senza<br />

remore le forchette, spartendo<br />

il rosso sfuso, fisso in tavola.<br />

La velocità del servizio riduce<br />

gli spazi di vuoto comunicativo<br />

e la confusione elimina i silenzi<br />

tra commensali. Se proprio<br />

ci si annoia, basta contare<br />

i piatti di minestra e lenticchie<br />

sparati fuori dalla cucina<br />

e aspettare l’incauto avventore<br />

che osa sedersi, senza<br />

averlo chiesto prima al robusto<br />

oste dietro il bancone.<br />

Un’urlata da far volgere gli<br />

sguardi degli assidui frequentatori.<br />

Nessuna cattiveria, si<br />

tratta di rispettare le regole.<br />

Lo spazio è poco, tanta gente<br />

si affolla. Un minimo, queste<br />

trattorie si devono organizzare.<br />

Non esiste prenotazione,<br />

ma una lista di piatti fissi e<br />

specialità del giorno. Così alla<br />

Cremonese di via Crespi, entri<br />

sapendo già cosa ti piacerebbe<br />

mangiare, ma lasci spazio<br />

anche alle sorprese. “Oggi<br />

cassôla” recita il cartello scritto<br />

a mano sulla porta d’entrata.<br />

Se era venerdì, cambiava in<br />

“Spagetti alle vongole”.<br />

Il tiramisù fatto in casa va<br />

chiesto, e se c’è, non va perso.<br />

Dentro, un nucleo familiare di<br />

tre generazioni si spartisce i<br />

compiti, affiatato sotto il poster<br />

dell’Inter Campione<br />

d’Italia. Tavoli gremiti da una<br />

multisocialità trasversale: ligi<br />

impiegati davanti a un’insalata<br />

brucia-grassi siedono vicino<br />

a maestranze bergasmasche<br />

farcite dal menù completo.<br />

Alla fine si paga quasi lo<br />

stesso, cinque, sei, sette euro.<br />

CHRISTIAN CAROSI<br />

58 URBAN<br />

RISTORANTI-BAR<br />

»»»» MILANO<br />

MANGIARE E BERE, STUDENTI COMPRESI<br />

MAKIA<br />

02-33604012<br />

Prima di tutto, occhio alla pronuncia:<br />

chi dice Màkia è out.<br />

Per entrare al Makìa, ed essere<br />

così “in”, bisogna saper bere<br />

(bene) e aver voglia di mangiare<br />

senza fretta. Come fanno tutti<br />

i pubblicitari, i discografici, i<br />

dirigenti della vicina Rai (e a<br />

volte pure lui, il Vasco nazionale,<br />

rockstar e co-proprietario<br />

del locale) che si concedono un<br />

piatto a pranzo, un cocktail per<br />

aperitivo, un whisky dopo cena<br />

in questo bar-meeting point<br />

dall'arredo minimale e la musica<br />

sempre in sottofondo. La folla<br />

si registra intorno all'una,<br />

per la pausa lavoro ricca di insalate,<br />

cous cous, paste e zuppe,<br />

e per l'happy hour fra cocktail<br />

anche inediti tipo China Cai<br />

(sakè e mandarino cinese), con<br />

uno dei buffet più ricchi e gustosi<br />

in città. E se viene fame,<br />

anche alle 2 di notte, nessun<br />

problema: c'è sempre un tris di<br />

pesce affumicati (a 15,50 euro,<br />

30.000 lire) a disposizione.<br />

Senza contare, la domenica, il<br />

La patata? Tira. Così almeno<br />

sostiene uno degli slogan pubblicitari<br />

più recenti e maliziosi.<br />

Lo assicurano però anche i dietologi,<br />

secondo i quali una bella<br />

patata (va bene, precisiamo: parliamo<br />

del tubero commestibile<br />

della solanacea, contenti?) apporta<br />

un terzo e un quarto di<br />

calorie rispetto alla stessa quantità<br />

di pane o pasta. E, dato l'alto<br />

tasso di potassio, risulta particolarmente<br />

indicata contro la<br />

ritenzione idrica, quindi della<br />

cellulite. A confermare che la<br />

patata tira c’è poi il successo di<br />

uno fra gli ultimi e più insoliti<br />

locali aperti in zona Isola: una<br />

vera e propria patateria. Quella<br />

cioè che i pragmatici inglesi<br />

chiamerebbero Potato-house<br />

e i più epici americani Home<br />

Of The Real Potato: qui<br />

all'Hurricane il menu turbina infatti<br />

su due sole carte, patate e<br />

cocktail.<br />

Troppo poco per attirare le folle<br />

golose? Niente affatto. Oggi potato-head<br />

e potato-fan affollano<br />

dalle 10 alle 2 di notte questo<br />

potato-bar in via Borsieri 14<br />

(tel. 02-66825063, chiuso domenica)<br />

a caccia di un’esemplare<br />

(e salutare, visto che fritta o les-<br />

ricco brunch, ormai un appuntamento<br />

classico.<br />

Corso Sempione, 28. Chiuso<br />

domenica sera.<br />

MATRICOLA IRISH PUB<br />

02-2363498<br />

Students only. No, non c'è nessun<br />

cartello che lo impone, ma i<br />

fatti: qui, come del resto annuncia<br />

il nome, la gran parte della<br />

clientela è composta da studenti<br />

del vicino Politecnico. Che fra<br />

una Guinness alla spina e l'altra,<br />

un panino (abbondante) e l'altro,<br />

hanno eletto questo spazioso<br />

e allegro pub a dependance<br />

per studi, gossip o adescamenti<br />

di coetanee/i. E il cuccaggio, dicono<br />

(a noi sfigati non risulta,<br />

abbiate pazienza…), è pressochè<br />

garantito. La sera invece,<br />

quando spesso ci si imbatte in<br />

concertini della tradizione celtica,<br />

il pubblico è più adulto e<br />

meno caciarone: l'ambiente resta<br />

comunque allegro e decisamente<br />

rosso (nel senso di Irish).<br />

Prezzi medi, birre (buone) a fiumi.<br />

Viale Romagna, 43.<br />

Chiuso domenica.<br />

L’ALTRA PHARMACIA<br />

02-3451300<br />

Sarà il vulcanico e baffuto Renato<br />

ad accogliervi con faccia burbera<br />

e sorriso disarmante nella sua<br />

osteria dai tavolini fitti, tra una<br />

zuppa fumante e un bicchiere di<br />

vino rosso, quello giusto. A pranzo<br />

il monopiatto vi costerà 10-<br />

15.000 lire, e sarà come mangiare<br />

dalla mamma, in un ambiente<br />

semplice e un trionfo di cucina<br />

casalinga. La sera è meglio presentarsi<br />

per tempo, quando cioè<br />

dalla piccola, attrezzatissima cucina<br />

dietro il banco, Renato irromperà<br />

in sala con una forma di<br />

parmigiano svuotata ma piena di<br />

un fumante, strepitoso risotto<br />

giallo. I gastro-perversi si fanno<br />

solitamente servire per ultimi,<br />

quando bisogna raschiare il fondo<br />

della forma, ancora bella ricca<br />

di formaggio. Chi sopravvive alle<br />

generose porzioni di primi, può<br />

cimentarsi con un gustoso stinco<br />

al forno o con una più leggera<br />

carne “salada”. Ampia scelta di<br />

vini trentini, ultimamente allargata<br />

ad altre regioni. Si può cenare<br />

fino a tardi (undici-mezzanotte),<br />

meglio se telefonando in anticipo,<br />

con un ottimo riso al salto e<br />

altro. La spesa non supera le<br />

50.000 lire, a meno che vogliate<br />

ubriacarvi con qualche grande vino<br />

(ce n’è, ce n’è). Via Rosmini,<br />

3. Chiuso domenica.<br />

360°<br />

02-8356706<br />

L , UNIVERSO? E UNA PATATA<br />

Se capitate dalle parti di Porta<br />

Genova all’ora di pranzo e il languorino<br />

vi assale, provate a fare<br />

un salto in via Tortona. Cercate il<br />

12 e citofonate al numero 360.<br />

Poi entrate nel portone, guardatevi<br />

intorno e godetevi lo spettacolo.<br />

Una casa di ringhiera, i panni<br />

colorati che si affacciano dalle<br />

finestre. Un cortile, bellissimo,<br />

della Milano che fu e che a volte<br />

sembra esserci ancora. Quindi<br />

proseguite dritti e cambiate prospettiva<br />

a 360 gradi. Ed entrate<br />

in questo locale dall’aria orientaleggiante<br />

e raffinata, forse pure<br />

troppo. Mangiare si mangia bene<br />

e in più, volendo c’è anche la<br />

possibilità di un massaggio.<br />

Prezzi non da casa di ringhiera.<br />

Lunedi (e la sera) chiuso.<br />

Tutto, ma proprio tutto-tutto, a base di patate. E di contorno... patate, no? Bastava pensarci<br />

sa perde parecchie delle sue<br />

qualità) jacket potato all'americana:<br />

cotta al forno con buccia e<br />

stagnola, svuotata e farcita prima<br />

della presentazione (fredda).<br />

E con ricca selezione di sfiziosi<br />

ripieni: salmone, caviale, polpa<br />

di granchio, funghi, tartufo, acciughe<br />

e broccoli, chili con car-<br />

ne, merluzzo e carciofi… Roba<br />

insomma da convertire ogni potato-scettico,<br />

grazie anche ai<br />

prezzi: 5,16 euro, 10.000 lire.<br />

Dove poi finisce la creatività dello<br />

chef Alessandro arriva quella<br />

del barman Goran: è lui che si<br />

diverte a rivisitare i cocktail più<br />

classici proponendo il Chocolate<br />

Martini (con cioccolatino galleggiante),<br />

il Martini Cocktail al timo,<br />

il Cuba Libre o il Negroni in<br />

versione gelatinosa. I curiosi, i<br />

patatosi e gli avventurosi sono<br />

avvisati.<br />

P.D. SFORNELLI<br />

illustrazione: Mattia Elfo Ascari


RISTORANTI-BAR<br />

»»»» ROMA<br />

ENOTECHE, WINE-BAR,<br />

OSTERIE: ROMA DA BERE illustrazione:<br />

Non che prima<br />

mancasse un buon<br />

bicchiere, ma ora è<br />

vero eno-boom.<br />

Assaggiate,<br />

comprate e bevete.<br />

Senza moderazione<br />

Aeroporto internazionale di<br />

Fiumicino, voli Nazionali, uscita 6:<br />

venti vini in mescita, banco a doppio<br />

accesso, specialità dolci e<br />

salate da tutt’Italia. E una frotta di<br />

enofan che converge qui da Arrivi<br />

e Partenze per l’ultimo calice prima<br />

di correre al gate o iniziare la<br />

caccia al taxi.<br />

Benvenuti alla frontiera di<br />

Roma caput vini. La cui prima<br />

enoteca, per non lasciar dubbi, si<br />

trova qui, in aeroporto: nata da<br />

un’idea dei vignaioli Frescobaldi<br />

(un nome, una garanzia: ma in<br />

vendita trovate le etichette più diverse)<br />

e affidata alla sapiente mano<br />

di Anacleto Bleve. Una mano<br />

veterana, responsabile storica<br />

della Bottega del Vino al Ghetto,<br />

che oggi è fra le padrine dell'attuale<br />

eno-boom a Roma. Dove<br />

non c’è più moda, circolo o partymachine<br />

che tenga: è il vino<br />

l’evento che tira e che ha rimodellato<br />

le abitudini sociali dei giovani.<br />

Qualche cifra? Da 18 a 20 mila<br />

persone, perlopiù under 40, hanno<br />

frequentato in 5 anni almeno<br />

uno dei vari corsi di avvicinamento<br />

al vino varati a raffica in città.<br />

Come quelli organizzati<br />

dall’Associazione Italiana<br />

Sommelier, che ha dovuto addirittura<br />

triplicarli, aggiungendo un<br />

master ai tre normali corsi.<br />

Non basta: mentre le kermesse<br />

enoiche (soprattutto quelle, affollatissime,<br />

di Slow Food) vanno a<br />

cascata, i wine bar cittadini sono<br />

ormai più di 50, con nuove aperture<br />

a ritmi frenetici. Ai grandi<br />

classici della mescita infatti<br />

(Anacleto, il Trimani di via Cernaia,<br />

il Simposio in piazza Cavour,<br />

Achilli in via dei Prefetti, l’Enoteca<br />

del Corso in corso Vittorio,<br />

ATTACCATEVI ALLA BOTTIGLIA< DOVE E COME<br />

IL GOCCETTO<br />

06-6864268<br />

La piccola, fascinosa enoteca di<br />

Sergio Ceccarelli? A dir poco, divina:<br />

la selezione è super, la mescita<br />

idem, la frequentazione (giovani<br />

deb del vino, comitive allegre,<br />

veri intenditori e guru del<br />

settore) intrigante. Insomma, un<br />

mix veramente unico, specchio<br />

del fenomeno enologico in città.<br />

Posto imperdibile, ma occhio agli<br />

orari (11,30-14 e 18 fino a...<br />

quando ce n’è, anche molto tardi).<br />

Clou di folla per aperitivo serale e<br />

primo dopocena. Formaggi e sa-<br />

lumi di classe e piccoli snack.<br />

Via dei Banchi Vecchi, 14.<br />

Chiuso domenica.<br />

LA BOTTEGA DEL VINO<br />

06-6865970<br />

Ministri e pubblicitari, belle ragazze<br />

e stranieri supergolosi passano<br />

ai tavoli di mastro Anacleto Bleve,<br />

detto “zio”, gustando le specialità<br />

di Tina, sua moglie. Ma soprattutto<br />

per bere parecchie chicche o<br />

scegliere i vini più adatti a un<br />

party o un appuntamento.<br />

Anacleto è anche re dei distillati<br />

(ha botti “riservate” di alcuni tra i<br />

l’Enoteca Antica di via della Croce)<br />

si sono velocemente sommate<br />

frotte di new entry, mentre altri<br />

enotecari storici hanno aggiunto<br />

piattini vari - segreto del successo<br />

- alla vecchia struttura di solovino.<br />

Hanno fatto così Arcioni in<br />

piazza Crati, Buccone in via<br />

Ripetta (lunch completo nei weekend),<br />

Del Frate (nuovo wine bar<br />

in via degli Scipioni), la Marchetti<br />

family (prima il Bric di via del<br />

Pellegrino, quindi Borgogna e<br />

Bordeaux a Schiovere e poi il<br />

Ciabòt in via dei Banchi Vecchi),<br />

mentre anche i nuovi ristoranti<br />

polivalenti tipo Gusto e Ferrara<br />

puntano a loro volta sul vino come<br />

irresistibile sirena.<br />

migliori whisky puro malto e<br />

rhum del mondo). Aperto solo a<br />

pranzo (prenotate!), con eventi e<br />

vernici nelle ore serali.<br />

Via S. Maria del Pianto, 9/a.<br />

Chiuso domenica.<br />

DIVINARE<br />

06-7096381<br />

Culatello di Zibello e prosciutto<br />

spagnolo Pata Negra, formaggi<br />

erborinati (tipo gorgonzola, per<br />

chi di muffe ne mastica poche) di<br />

tutto il mondo, storione iraniano,<br />

salame di moscardini... Niente<br />

male, per questa ex piccola, mo-<br />

Intanto, ecco spuntare il giovanilista<br />

Al vino Al vino in via dei<br />

Serpenti, la “technoteca” Evoé in<br />

via Monti della Farina, il “politico”<br />

M. Wine (la Camera è a uno<br />

sputo), l’arrembante Trebicchieri<br />

(S. Maria Ausiliatrice), il divertente<br />

Vino del 99 (Monteverde, via<br />

Albertoni). E ancora: il Vinum<br />

Vini di via dei Corazzieri, il carinissimo<br />

Divinare di via Ostilia, il<br />

rockettaro Eno Treno in via del<br />

Moro, il 23 in via Rendano...<br />

Insomma, un eno-diluvio: se continua<br />

così anche il simbolo della<br />

città, la Lupa, sgorgherà vino al<br />

posto del latte.<br />

desta vineria, trasformatasi in uno<br />

dei più giusti indirizzi in città.<br />

Pubblico variegato. Chiusura a<br />

mezzanotte. Via Ostilia, 4.<br />

Chiuso domenica.<br />

I CANTERINI<br />

06-683011080<br />

PAUL DE CELLAR<br />

Segnalazione di rigore per l’ultimo<br />

nato in città. Un wine bar underground,<br />

ambientato sotto il ristorante-pizzeria<br />

originario. Piatti<br />

freddi e caldi, grazie alla cucina<br />

overground, più una buona selezione:<br />

promette bene.<br />

Via Paola, 47. Chiuso martedì.<br />

Gibi<br />

COCKTAILS<br />

La vita è un long<br />

drink? Non è detto<br />

ma può capitare.<br />

Per esempio in<br />

questi posti.<br />

Provati per voi<br />

LE GRAND BAR<br />

06-4709<br />

The best in town, e non si<br />

discute, per i cocktail.<br />

Ambiente smart-international,<br />

luci giuste e tre veri<br />

barman agli shaker. Grandi<br />

long drink, perfetta esecuzione<br />

dei classici (ad esempio,<br />

uno dei rari mojitos<br />

“giusti” in città) e ricette<br />

della casa di livello.<br />

Insomma, c'è da bere bene e<br />

da divertirsi. A condizione<br />

di mettere mano al portafoglio,<br />

però: i prezzi sono di<br />

serie A. Via Vittorio<br />

Emanuele Orlando, 3.<br />

Sempre aperto.<br />

DONEY<br />

06-47082805<br />

Caro ma accogliente: buono<br />

per gli affari e per gli appuntamenti<br />

dove la cornice chic<br />

potrebbe avere la sua importanza.<br />

Se qui brillano i long<br />

drink, non altrettanto la cortesia<br />

verso i clienti al banco,<br />

considerati di serie B rispetto<br />

a chi si siede. E questo non è<br />

per niente bello. Buoni dolci<br />

e cioccolati, meno gli snack<br />

salati. Via Veneto, 145.<br />

Chiuso lunedì.<br />

THE FIDDLER’S<br />

ELBOW<br />

06-4872110<br />

Il primo pub irlandese attivo<br />

a Roma, apripista anche per<br />

aver affiancato, alla buona<br />

selezione di birre e whisky,<br />

parecchi cocktail internazionali:<br />

meglio comunque quelli<br />

classici, inclusi i tequila-based.<br />

Pub... blico giovane e rumoroso.<br />

Via dell'Olmata, 43.<br />

Sempre aperto.<br />

FUSO ORARIO<br />

06-5742473<br />

Come dice il nome, è aperto<br />

dalle 7 del mattino alle 5<br />

del mattino dopo. Insomma,<br />

non chiude (quasi) mai. Il<br />

fuso dei cocktail inizia sul<br />

mezzogiorno, ma culmina<br />

nelle due fasce pre e post<br />

cena. Buoni i mix della casa<br />

e tutti i classici, con basi<br />

(rhum e gin) senza speciali<br />

ricercatezze.<br />

Via Ostiense, 50/a.<br />

Chiuso domenica.<br />

URBAN 61


NEW ENTRY<br />

Trendy modaiolo,<br />

cozze a go-go e lo<br />

spuntino veloce<br />

annaffiato per bene<br />

IL BICCHIERE<br />

DI MASTAI<br />

06-68192228<br />

Chef, sommelier e maître provengono<br />

dalla Pergola di Heinz<br />

Beck, e si vede. Ecco perché<br />

l’avvio di questo bistrot con<br />

pochi piatti caldi e alcuni freddi,<br />

materie prime sceltissime e<br />

tanti buoni vini, sembra felice.<br />

Il locale è aperto dalle 11 del<br />

mattino all’1 di notte e gira a<br />

tutto campo, dall'aperitivo alla<br />

sala da tè, dal brunch al wine<br />

dinner, con piatti tipo insalata<br />

tiepida di polipo e cannellini,<br />

tonno marinato in soia e balsamico,<br />

pastiera con le sue salse.<br />

Cortesia e calore, ambiente<br />

sciolto e piacevole, conto sui<br />

25,80 euro (50.000 lire) per<br />

due piatti. Presto, di fronte,<br />

aprirà un fratellino più ambizioso:<br />

un ristorante di alta cucina.<br />

Via Banchi Nuovi, 54/55.<br />

Chiuso domenica.<br />

ANEMA E COZZE<br />

333-4703878<br />

A un passo da Senato e piazza<br />

del Popolo, con arredo di mare<br />

allegramente kitsch, tre sale,<br />

tanti tavoli, tovaglie a quadrotti<br />

blu, è approdato questo divertente<br />

ristorante-pizzeria. Tanti<br />

piatti di pesce povero in carta,<br />

tra cui la "cozzata" a base di<br />

molluschi (bandiera della casa),<br />

più vari secondi e dolci partenopei.<br />

Pochi vini, tutti campani,<br />

ma ben scelti, simpatia in sala,<br />

ambiente molto misto.<br />

Insomma, una buona partenza.<br />

Sui 23,20 euro (45.000 lire)<br />

per due piatti, la metà per la<br />

pizza. Via della Scrofa, 15.<br />

Sempre aperto.<br />

ROMA<br />

06-68301024<br />

Una new entry di quelle ambiziose,<br />

dopo una serie infinita<br />

di rinvii e stop and go: un locale<br />

scicchettone, con annesso<br />

club per completare la<br />

serata, della stessa proprietà<br />

di Le Bain, altro indirizzo<br />

trendy del Centro. Grande investimento<br />

sulla cucina, di<br />

linea mediterraneo-creativa,<br />

carta dei vini non ancora<br />

all’altezza e prezzi extralusso:<br />

superare i 103 euro (200.000<br />

lire) è uno scherzo. Fa per voi<br />

se vi piace, almeno per ora, più<br />

l’apparenza della sostanza.<br />

Vicolo de Cupis, 3.<br />

Chiuso domenica.<br />

62 URBAN<br />

RISTORANTI-BAR<br />

»»»» ROMA<br />

POLITICI, CINESI, PIZZA, PANINI E GIAPPONESI<br />

SANGALLO<br />

06-6865549<br />

Una saletta minima in zona<br />

Senato, da anni sede del piccolo<br />

partito bipartisan dei parlamentari<br />

gourmet (non amate i<br />

politici tipo Rosy Bindi? Alla<br />

larga, almeno a pranzo): tutti<br />

attirati da una cucina che gira<br />

al ritmo della fantasia del patron.<br />

Certo, conta anche l’ambiente,<br />

cordiale e rilassato (e rilassato,<br />

qualche volta, è anche<br />

il servizio). Tre i punti fermi: pesce<br />

e crostacei crudi eccelsi,<br />

tartufi veraci, pasta dei migliori<br />

produttori di nicchia. Il risultato?<br />

Un indirizzo sicuro al di là<br />

delle sperimentazioni di giornata.<br />

Cantina misurata ma con<br />

parecchie chicche. Si spendono<br />

sui 62 euro (120.000 lire), e<br />

non è poco, nuotando però fra i<br />

sapori di mare. Meglio prenotare.<br />

Via della Vaccarella, 11a.<br />

Chiuso domenica e a pranzo.<br />

Al grido di “Stasera si va dal cinese”,<br />

si son viste naufragare spesso,<br />

in perduranti olezzi di fritto<br />

spalmati sugli abiti e malinconici<br />

trionfi di surgelati di serie, serate<br />

partite sotto la migliore stella.<br />

Quindi, occhio: se cercate un cine-<br />

Avevano un sogno, Adriana e<br />

Adele. Amiche da una vita, dai<br />

tempi del conservatorio, una è<br />

pianista l’altra cantante, fantasticavano<br />

su un luogo dove si potesse<br />

ascoltare musica, leggere,<br />

scrivere, prendere un tè con una<br />

fetta di dolce fatto in casa, incontrare<br />

gli amici, e cenare con un’ottima<br />

bottiglia di vino. Per qualche<br />

anno la vita le ha distratte, ma a<br />

quell’idea non avevano mai davvero<br />

rinunciato.<br />

Tanto che tre mesi fa, finalmente,<br />

il loro sogno si è realizzato. Il falco<br />

e la leonessa ha l’aria familiare<br />

del soggiorno di casa. Si deve citofonare<br />

al 31 di via Pavia, nel<br />

quartiere Italia, vicino all’università<br />

La Sapienza.<br />

Il cancello si apre, si scende una<br />

scala e ci si ritrova in un ambiente<br />

dall’atmosfera allegra, con libri,<br />

dischi e bottiglie di vino disposti<br />

un po’ dappertutto, un pianoforte<br />

a coda, e un computer sempre acceso.<br />

“C’è musica dal vivo tutte le<br />

sere”, racconta Adriana, occhi cerulei<br />

e lunghi capelli grigi. “Ogni<br />

sera un genere diverso, jazz, folk,<br />

classica, etnica. Abbiamo anche<br />

MANDARIN<br />

06–4825577<br />

se di buon livello e non frittolezzante,<br />

non abbiate dubbi e sbucciate<br />

questo Mandarin. Costerà<br />

qualche euro in più, ma vale certo<br />

la pena. Il pesce è fresco, la cucina<br />

mescola con gusto Canton e<br />

Shangai, i piatti sono sempre<br />

espressi, ci sono anche buoni vini<br />

e un servizio curato. Non fatevi<br />

intimorire dall’aria un po’ demodé<br />

e dalla location, a due passi da<br />

via Veneto: non sarà un posto da<br />

comitiva o da compleanno, ma<br />

per una serata etnica a due (ma<br />

sì, anche a quattro), va più che<br />

bene. Meno di 10 euro (20.000<br />

lire), ed ecco un perfetto dinner<br />

chinese-style. Via Emilia, 85.<br />

Chiuso lunedi.<br />

FRESH FOOD EXPRESS<br />

06-68210350<br />

Nella città ormai ampiamente, e<br />

spesso malamente sushizzata, ecco<br />

una ghiotta opportunità per<br />

essere alla moda anche a casa<br />

propria, e con chi si vuole. A un<br />

passo da piazza Navona, in questo<br />

mini-shop giapponese aperto<br />

di recente potrete scegliere il vostro<br />

menu di crudità marine, far-<br />

catalogato un’enorme collezione<br />

di dischi di musica classica in vinile,<br />

che mettiamo su richiesta<br />

all’ora di pranzo e tutti i pomeriggi,<br />

quando vengono i ragazzi<br />

dell’università a studiare davanti a<br />

un bel cioccolato caldo”.<br />

La carta dei vini è ben congegnata<br />

e il menù è diviso in due sezioni.<br />

Il primo, a cura di Adele, spazia<br />

tra la lasagna come mamma<br />

comanda, con la besciamella e il<br />

velo preparare e portarvelo o farvelo<br />

portare a casa, completo di<br />

salse e wasabi. A scelta, sashimi,<br />

misti e singole serie di involtini<br />

con riso o tagli di pesce vari.<br />

Prezzi modici: da 1 euro (circa<br />

2000 lire) al pezzo in su, e dai 7<br />

euro (13.500 lire) a un massimo<br />

di 13 (25.000 lire) per un superbox<br />

completo.<br />

Via S. Maria dell’Anima, 48.<br />

Chiuso domenica e lunedì.<br />

PANEOLIO<br />

06-3332961<br />

Via dal centro, in cerca di pizza e<br />

sfizi. Ecco allora, in zona Due<br />

Ponti, un indirizzo allegro e curato.<br />

Pubblico giovane e giovanissimo,<br />

zero formalità e spazi riservati<br />

per chi non fuma. Pur nella diffidenza<br />

- motivata - verso le pizze<br />

di fantasia, vale la pena farsi<br />

sedurre dalla simpatica Patatosa<br />

(buona mozzarella, patate e giro<br />

di pepe) o dalla Paneolio, un classico<br />

del locale (mozzarella, cicoria<br />

e pomodorini appesi). Buone anche<br />

le focacce, con opzione per la<br />

carne argentina alla brace. Sui<br />

15,50 euro (30.000 lire) ben<br />

spesi, con birra più che vino.<br />

Facile parcheggio. Via Casale<br />

ragù fatto in casa, ad alici agrumate<br />

e carpacci e marinate di pesce<br />

fresco, a un carnet di fantasiose<br />

insalate arricchite di noci, frutta,<br />

pesce, formaggi.<br />

Il menù curato da Adriana, invece,<br />

è rigorosamente vegetariano ma<br />

non meno invitante. A gennaio,<br />

molti gli appuntamenti interessanti:<br />

il 5 Massimo Rota con una<br />

suite del grande rock anni ’70, il<br />

19 il brazilian jazz di Eddy<br />

della Crescenza, 25.<br />

Chiuso martedì e a pranzo.<br />

BAR GIANICOLO<br />

06-5806275<br />

MUSICA COLTA, LASAGNE PURE<br />

Trenta tipi di panini, paninetti e<br />

focacce preparati espressi due<br />

volte al giorno. E anche di più,<br />

quando il pubblico apre pesanti<br />

vuoti nel bancone. Ci sono spremute,<br />

frullati, centrifughe salutiste.<br />

Unico neo, un caffè così così.<br />

Collocato strategicamente proprio<br />

in cima al Gianicolo, con vista<br />

sulla porta e il parco, questo bar<br />

è un ritrovo a due facce: luogo<br />

dello spuntino (saporito) di giorno,<br />

a tarda sera posto di appuntamenti<br />

e aperitivi che sfociano nella<br />

notte romana. Pubblico variegato,<br />

ma assolutamente modaiolo<br />

pur nella totale diversità. Un<br />

esempio? Renato Curcio, storico<br />

leader delle Br, passò qui la sua<br />

prima mattinata domenicale di semilibertà,<br />

seduto a uno dei tavoli<br />

esterni con la sua psicologa,<br />

ignorando gli stupori mal dissimulati<br />

dei borghesissimi architetti<br />

e immobiliaristi monteverdini venuti,<br />

al solito, a far colazione. Più<br />

mixed up di così. P.le Aurelio, 5.<br />

Chiuso lunedì.<br />

Un ambiente famigliare, chiacchiere, libri, musica e buona cucina. Chez Adele e Adriana<br />

illustrazione: Mattia Elfo Ascari<br />

Palermo, il 26 il Taraf Haïdouks<br />

Trio che suona musica tradizionale<br />

rom, il 31 il concerto Paris, je<br />

t’aime, dedicato ai grandi chansonnier<br />

francesi. Tutte le domeniche,<br />

poi, l’AdDuo, cioè le simpatiche<br />

Adriana e Adele, si esibisce in<br />

un recital di canzoni napoletane.<br />

Il programma è disponibile sul sitowww.novarte.com/ilfalcoelaleonessa.<br />

MONICA CAPUANI


illustrazione: Gibi<br />

RISTORANTI-BAR<br />

»»»» BOLOGNA<br />

ETNO-BOLOGNA,<br />

TUTTI I POPOLI<br />

AI FORNELLI<br />

La capitale nazionale della tradizione culinaria scopre nuovi<br />

sapori e nuovi modi di stare a tavola. Itinerario bolognese tra neosushi<br />

e vecchio cous-cous, passando per l’Avana, sulla via Emilia<br />

Come si traduce tortellino in arabo?<br />

Prima di buttare lì una risposta,<br />

ecco un’altra domanda: meglio<br />

una lasagna così così o un<br />

cous cous come Dio comanda?<br />

Se la vostra vita senza pasta non<br />

vale la pena di essere vissuta, lasciate<br />

perdere. Se invece l’idea di<br />

mangiare cose dell’altro mondo<br />

(possibilmente ben fatte, obviously)<br />

vi titilla la papilla, la città<br />

può riservarvi delle sorprese interessanti.<br />

Certo, l’ignoranza in materia è<br />

crassa: alzi la mano chi si destreggia<br />

senza difficoltà nei menu dove<br />

falafel, murg adraki, moros y cristianos<br />

si affacciano con la frequenza<br />

di una tagliatella al ragù<br />

qualsiasi… Bene, i casi sono due:<br />

o vi comprate un bel manuale di<br />

cucina straniera e studiate i piatti,<br />

oppure cominciate ad assaggiarli<br />

in qualche luogo deputato.<br />

Già, perché L'Avana può essere<br />

più vicina a Bologna di… Parma.<br />

Non ci credete? Provate allora un<br />

approccio morbido con la cucina<br />

cubana e il suo stinco di maiale al<br />

forno, oppure con quella messicana<br />

(tortillas, peperoni, pollo marinato<br />

alla piastra): la distanza di<br />

spazio (dieci ore di volo) e di cultura<br />

alimentare si ridurrà al tempo<br />

necessario per ingollare un Mojito<br />

o un Margarita.<br />

Con la cucina asiatica invece<br />

bisogna andarci più cauti: sushi<br />

e sashimi, pesce crudo con o<br />

senza riso, non sempre svettano<br />

in cima ai desideri gastronomici<br />

di chi ha sempre pasteggiato a<br />

besciamella e mortadella. Ma<br />

anche qui esiste la scappatoia: i<br />

furbi giapponesi, per esempio,<br />

hanno imparato che scottando<br />

appena il pesce sulla piastra<br />

(che infatti si chiama Ta-taki,<br />

onomatopeico del tac-e-tac della<br />

fettina in padella) si conquistano<br />

clienti insperati anche a<br />

Bologna. Provare per credere.<br />

Dimenticando però a casa le ricette<br />

di mamma e nonna.<br />

PALESTINA, MESSICO, ERITREA E GRECIA< FATE VOI<br />

LA PIEDRA DEL SOL<br />

051-227229<br />

Un paio di isolati dietro via<br />

Indipendenza: il Messico è qui, in<br />

questo spazioso ristorante-caffetteria-taverna<br />

tex-mex ricco di<br />

Margarita, sombreri e tostaditas.<br />

Per carburare sedetevi al bancone<br />

per un toglisonno tropicale<br />

(happy hour tra le 18 e le 19). Poi<br />

oltrepassate il cordone rosso, fendete<br />

la folla e buttatevi su fajitas<br />

di carne e verdure o chili con<br />

spezzatino piccante. Via Goito,<br />

20. Sempre aperto (la sera).<br />

MAQLUBA<br />

051-523439<br />

Il posto giusto, nel momento storico<br />

giusto, per avvicinare la cucina<br />

palestinese. Con meno di 25,80<br />

euro (50.000 lire: un po' troppo)<br />

per un pasto completo, sarete<br />

introdotti alle “mezzhe”, i tradizionali<br />

antipasti caldi e freddi: verdure<br />

con noci e melograno, foglie di<br />

vite ripiene di riso e cipolla, fave<br />

calde con limone e sesamo. Poi<br />

spiedini, timballi e cous-cous (così-così)<br />

a volontà. Via Pietralata,<br />

45. Chiuso martedì.<br />

ADAL<br />

051-374991<br />

Siamo in piena Eritrea, in questo<br />

ampio locale nel cuore di<br />

Bologna dove camerieri premurosi<br />

vi spiegheranno tutto<br />

su zighinì e dintorni.<br />

Spenderete sui 20,65 euro<br />

(40.000 lire) per carni, verdure<br />

e pani accuratamente preparati<br />

secondo la tradizione del<br />

Corno d’Africa.<br />

Spezie e salse piccanti (preparatevi)<br />

comprese.<br />

Via Vasari, 7. Chiuso lunedì.<br />

TO STEKI<br />

051-268012<br />

P.D. SFORNELLI<br />

Come nella peggiore taverna del<br />

porto di Atene, potrete assaggiare<br />

il meglio della cucina popolare<br />

greca, dalla Taramosalata ai<br />

Gyros, tutto servito insieme all’immancabile<br />

pita. Curiosa la<br />

cantina, ricca di vini sconosciuti<br />

in Italia. Starete sotto i 28,50<br />

euro (50.000 lire) e in mezzo a<br />

una folla giovane e rumorosa. Se<br />

invece odiate il chiasso, portatevi<br />

pure la cena a casa. Largo<br />

Respighi, 4/a. Chiuso domenica.<br />

FUORI A CENA<br />

Come volete<br />

mangiare? Con il<br />

dj in sottofondo o<br />

leggendo un libro?<br />

C’è da scegliere<br />

ROSE SELAVY<br />

051-271961<br />

La movida? È qui. La Cocktail<br />

Generation? Sempre qui.<br />

Basta un salto all’ora<br />

dell’aperitivo, affollatissimo e<br />

con dj lounge, per capirlo.<br />

Qui però la movida inizia già<br />

a pranzo (sotto gli asupici<br />

di tagliatelle, insalate e carni<br />

alla griglia) e continua fino<br />

alle due di notte, passando<br />

per la raffinata cena (31 euro,<br />

60.000 lire, per gnocchi gratinati<br />

al tartufo e filetto alla<br />

senape). Un piatto, un drink e<br />

un sound però si trovano fino<br />

all'ora di chiusura.<br />

Che ci volete fare? Selavy…<br />

Via Marsala, 3.<br />

Sempre aperto.<br />

PIEDIGROTTA<br />

051-237851<br />

Tre sale (una per non fumatori)<br />

sotto i portici con una delle<br />

migliori pizze in città. Lo<br />

ha decretato a furor di popolo<br />

il popolo studentesco,<br />

buoni pasto in bocca: in testa<br />

la Ciliegino con mozzarella di<br />

bufala e pomodorini, e la<br />

Saracena con pomodoro fresco<br />

e grana. Conto sui 10-15<br />

euro (20-30.000 lire).<br />

Via S. Stefano, 40/f.<br />

Chiuso martedì.<br />

LE STANZE DEL<br />

TENENTE<br />

051-228767<br />

Non è facile trovare un locale<br />

dove poter sfilare dalla<br />

biblioteca un buon libro<br />

(romanzetti? No: fisica, filosofia,<br />

matematica, antropologia)<br />

e leggerlo sotto preziosi<br />

affreschi del ’500, magari<br />

fra una mostra d'arte,<br />

un incontro letterario o una<br />

video-performance. In questo<br />

ritrovo di artisti e intellettuali,<br />

sì: uno spazio multifunzionale<br />

ricavato da antiche<br />

stanze e arredato con<br />

pezzi di design. Cioè, un bibliobaristocaffè<br />

con crostineria<br />

aperta fino all’una (le<br />

due sabato e domenica) di<br />

notte, piatti veloci a pranzo<br />

e più composti la sera.<br />

Senza contare l’aperitivo<br />

con i cocktail più sfiziosi,<br />

tipo il misterioso “Parigi<br />

di notte”.<br />

Via Borgo San Pietro, 1/a.<br />

Sempre aperto.<br />

URBAN 65


RISTORANTI-BAR<br />

»»»» TORINO<br />

CUCINA METICCIA,<br />

MANGIATI IL MONDO<br />

Semi-indiani e quasi-arabi, ma un po’ italiani con tendenza tex-mex. Non preoccupatevi:<br />

se non ci arrivate da soli vi aiutano loro, i locali fusion, che impazzano anche qui.<br />

Come dire, mischia tutte le culture che trovi e mangiatele: le differenze fanno bene<br />

Fusion cooking, cucina di fusione.<br />

Hanno cominciato a chiamarla<br />

così una ventina d’anni fa, sulla<br />

costa orientale degli States.<br />

Un nome di fantasia? No:<br />

giusto per trasportare in<br />

tavola il mix di gusti occidentali<br />

e orientali<br />

(messicani, cinesi,<br />

giapponesi, indiani,<br />

italiani) della<br />

multietnica societàcaliforniana.<br />

Diciamo la<br />

verità: i primi<br />

tentativi di<br />

proporre<br />

questa fusion<br />

a Torino, anni<br />

fa, si sono rivelatiun’esperienza<br />

scioccante per<br />

tutti i tradizionalisti,<br />

molto<br />

meno per gli inguaribiligastrocuriosi.<br />

Sono proprio<br />

questi ultimi, in deciso<br />

aumento, a decretare oggi<br />

le fortune dei nuovi locali-crocevia<br />

di sapori europei e<br />

asiatici.<br />

E qui troviamo dietro i fornelli<br />

giovani e azzardosi chef che<br />

hanno viaggiato a lungo e imparato<br />

a cucinare in Paesi diversi.<br />

FUSION CAFÉ<br />

011-4365022<br />

Arredi dal design esclusivo, monitor<br />

collegati a mostre d’arte<br />

contemporanea: tutto molto minimal<br />

ma confortevole.<br />

Dall’incontro fra tradizione italiana,<br />

francese e orientale nasce<br />

un’ottima cucina adattata con<br />

juicio al gusto occidentale. Tra i<br />

piatti più richiesti: la bourguignonne<br />

di pesce con salse speziate.<br />

Grandi vini francesi e cocktail.<br />

Per una cena: 25,80-31 euro<br />

(50-60.000 lire circa). Via<br />

S. Agostino 17. Chiuso lunedì<br />

Come Guido<br />

Bonamico del Fusion Café, ricercatore<br />

non solo di materie pri-<br />

AMBHARABAR<br />

011-5217346<br />

Non è solo un bar, ma uno dei<br />

ristoranti più trendy della città.<br />

La cucina è di buon livello come<br />

la carta dei vini. Qualche esempio?<br />

Riso con dadolata di agnello,<br />

mandorle e sette spezie; filetto<br />

di cernia con noce di cocco e<br />

menta; gamberoni al forno con<br />

curry, citronella e porri. Menù<br />

fisso a 25,80 euro (50.000 lire),<br />

più caro alla carta: 36 euro<br />

(70.000 lire).<br />

Via Borgo Dora 10. Sempre<br />

aperto (dalle 20 alle 2).<br />

i lustrazione: Gibi<br />

me, ma anche di<br />

pentole (!) adatte alle<br />

cotture più particolari. O come<br />

Maurizio Tiani del Mercante di<br />

MISCHIATE TUTTO, DA ORIENTE A OCCIDENTE<br />

IL MERCANTE DI SPEZIE<br />

011-5217356<br />

Un vero circolo di degustazione<br />

dai menù world rivisitati con uso<br />

di spezie: pollo con fiocchi di<br />

peperoncino, salsa di pesce, peperone,<br />

menta e soja oppure<br />

agnello con cannella, mandorle,<br />

prugne e acqua di fiori. Per una<br />

cena-degustazione si spende,<br />

prezzo fisso, 31 euro (60.000<br />

lire circa). I posti sono solo 36<br />

(contati!), quindi, è sempre meglio<br />

prenotare.<br />

Via S. Agostino, 15. Chiuso lunedì<br />

Spezie, grande esperto di marinature<br />

all’orientale, che per rifornirsi<br />

meglio dei suoi adorati aromi<br />

ha aperto addirittura un magazzino<br />

a Zanzibar, e adesso<br />

inaugura il primo Spices Store di<br />

Torino (in Via Santa Chiara 15).<br />

Così, nei posti più giusti della<br />

fusion la cucina si abbina felicemente<br />

a Yin e Yang dell’alimentazione:<br />

qui potete<br />

star sicuri che le più diverse<br />

materie prime si compenetrano<br />

in perfetta armonia<br />

alla ricerca di salute,<br />

benessere e multisensorialità.<br />

Il tutto in ambienti<br />

caldi e rilassanti, con<br />

fascinosi sottofondi sonori<br />

esotico-lounge.<br />

Attenzione però a non<br />

rilassarvi troppo: qualche<br />

esperienza meno mistica,<br />

in ristoranti che nel nome<br />

della contaminazione vi proporranno<br />

pasticciati piatti nostrani,<br />

simil-indiani, finto-arabi o<br />

quasi messicani, è sempre in agguato.<br />

Comunque vada, il conto<br />

sarà sempre discretamente salato,<br />

cioè sui 31 euro (60.000 lire<br />

circa) e oltre. Alla faccia della fusion<br />

tra cucine povere e cucine<br />

ricche.<br />

KIPLING<br />

011-8172616<br />

CRISTINA LATTUADA<br />

Va riconosciuto: è stato il primo<br />

ristorante in città con un menù<br />

specifico “di viaggio” (spezzatino<br />

di seitan e tofu alla mediterranea,<br />

pesce spada con chutney<br />

alla zucca, etc.). Peccato che oggi<br />

i piatti siano mal cucinati e<br />

pesantucci, quindi molto poco<br />

digeribili. I vini, scarsi. Il conto,<br />

per contro, è esagerato: fra<br />

25,80 e 31 euro (50.000-<br />

60.000 lire).<br />

Via Mazzini, 10. Chiuso<br />

domenica e sabato a pranzo<br />

PANE E COPERTO<br />

Carnivori di tutto<br />

il mondo, unitevi!<br />

E poi beveteci<br />

sopra. Qualche<br />

indirizzo notevole<br />

TRE GALLINE<br />

011-4366553<br />

Osteria very old style, praticamente<br />

un tempio della tradizione<br />

piemontese, dove abbuffarsi<br />

è un must: del resto i<br />

piatti sono sempre buoni e i<br />

vini pure. Di qualità superiore<br />

lumache, minestre, carrello di<br />

arrosti e bolliti. Questi i prezzi<br />

per mangiare e bere come<br />

tradizione piemontese comanda:<br />

piatto unico (a pranzo)<br />

a 9,2 euro (18.000 lire),<br />

cena completa a 31 euro<br />

(60.000 lire circa).<br />

Via Bellezia, 37. Chiuso domenica<br />

e lunedì a pranzo.<br />

L’ASADO<br />

011-658183<br />

Un simpatico ristorante per<br />

meat lovers, ennesima apertura<br />

in San Salvario, subito<br />

entrato nella top ten dei locali<br />

torinesi. Cucina e vini<br />

sono di origine argentina, la<br />

carne invece no: molto onestamente,<br />

viene detto al tavolo<br />

che è piemontese DOC.<br />

Ma va bene lo stesso.<br />

Sono buone le entradas come<br />

tortillas con crema di porri,<br />

banane o avocado; ottimo<br />

l’asado, per non parlare di batatas<br />

e platanos fritos. E per<br />

finire flan con dulce de leche.<br />

Conto, più che da Langa, da<br />

Pampa: una cena completa<br />

con grigliata mista (cioè un<br />

chilo e due etti di carni diverse)<br />

vi costerà al massimo<br />

25,80 euro (50.000 lire).<br />

Via Silvio Pellico, 2bis.<br />

Chiuso lunedì.<br />

ART CAFÉ CHEZ GABY<br />

011-8172207<br />

Non solo un caffè con ben<br />

trenta (trenta!) diverse cioccolate,<br />

ma un vero bistrotbrasserie<br />

dove sbizzarrirsi fra<br />

birre di ottima qualità (da<br />

provare la Snaider Waisse e il<br />

frappé di birra), vini francesi<br />

e italiani, aperitivi e cocktail.<br />

Per uno spuntino veloce ordinate<br />

un croque monsieur, se<br />

volete un piatto più sostanzioso<br />

buttatevi sulla pierrade.<br />

Prezzi onesti (con 13 euro,<br />

25.000 lire, si mangia e si<br />

beve), ambiente giovane informal-artistico.<br />

Aperto fino<br />

alle tre di notte.<br />

Via Santa Croce, 2.<br />

Chiuso lunedì.<br />

URBAN 67


ARRIVA GENNAIO. Migliaia di<br />

signore affollano i negozi in<br />

cerca di prezzi stracciati.<br />

Scene raccapriccianti, risse,<br />

sparatorie e vittime civili<br />

davanti ai negozi alla moda.<br />

È la guerra, al ribasso: Kabul<br />

era Disneyland, al confronto<br />

testo: Lia Celi<br />

illustrazione: Annalisa Pagetti<br />

L’Epifania tutte le feste porta via? Macché: per<br />

le signore la vera festa comincia l’8 gennaio,<br />

quando le vetrine, pensionati Babbi Natale e<br />

comete, inalberano i ben più commoventi cartelli<br />

“Sconti fino al 50 per cento”.<br />

Ecco la giornata-tipo di una saldista-doc.<br />

4.30 Dopo una notte di incubi (una legge improvvisa<br />

che punisce con la morte gli sconti superiori<br />

al 2 per cento, essere strangolata da uno<br />

scontrino imbizzarrito, rimanere intrappolata in<br />

un camerino con Giuliano Ferrara), la nostra<br />

eroina balza dal letto, bancomat fra i denti, per<br />

affrontare la sua giornata campale.<br />

Abbigliamento: casco da minatore per catapultarsi<br />

a testa bassa nella mischia infernale;<br />

parastinchi chiodati anti-sgambetto; telescopio<br />

per avvistare l'unico capo taglia 44 rimasto sugli<br />

scaffali dell'Emporio Armani.<br />

Arma segreta: un thermos di caffè bollente, per<br />

rinfrancarsi nella coda, o per disperderla usando-<br />

SALDI MORTALI<br />

lo come molotov. Un ultimo sguardo alla mappa<br />

della città, costellata di bandierine corrispondenti<br />

ai negozi più appetibili, e, in un'alba gelida, si<br />

precipita fuori.<br />

5.30 Prima delusione: davanti alle boutiques ci<br />

sono già file di clienti intirizzite stile “Centomila<br />

gavette di ghiaccio”. Crudele beffa per le<br />

signore in coda da ore davanti ai negozi di calzature:<br />

all’apertura, molte si troveranno i piedi<br />

congelati e saranno costrette a farseli amputare.<br />

Per non sprecare la giornata, ripiegheranno su<br />

una vendita promozionale all’Emporio della<br />

Protesi. Verso le nove, una sconosciuta, scavalcata<br />

disinvoltamente la fila, si avvicina all’ingresso<br />

e viene linciata dalla folla inferocita.<br />

Un vigile, accorso troppo tardi, riesce solo<br />

a raccogliere le ultime parole della disgraziata:<br />

“Sono la commessa, volevo aprire il negozio”.<br />

10.00 Le prime avanguardie già si ritirano cariche<br />

di bottino, le acquirenti meno bellicose sono<br />

ancora a mani vuote, ma con gli abiti a<br />

brandelli in un attualissimo stile tex-clochard.<br />

La nostra saldista finora è riuscita ad arraffare<br />

solo una camicetta imitazione Versace, e solo<br />

grazie a un uppercut imitazione Tyson.<br />

12.30 La forzata delle svendite, a furia di ravanare<br />

fra cumuli di indumenti, presenta già ustioni di<br />

terzo grado sulle mani.<br />

Entra nei camerini con bracciate di roba, per<br />

scoprire che non le va bene, non le sta bene o ce<br />

l’ha già uguale, ma compra tutto, compreso un<br />

sottanone coi volants di pizzo che su Nicole<br />

Kidman fa tanto “Moulin Rouge” e su di lei fa tanto<br />

“Mulino del Po”.<br />

15.00 Incurante dei morsi della fame, la saldista<br />

tenta l’incursione in uno store di scarpe trendy,<br />

malgrado sappia che in tempo di saldi hai<br />

qualche chance di trovare il tuo numero solo se<br />

possiedi fettoni da Olivia o moncherini da Barbie.<br />

L'impavida si sforza ugualmente di introdurre il<br />

suo piede 38 in uno stivaletto sadomaso 35,<br />

“tanto cede”, assicura la commessa,<br />

riferendosi non si sa se allo stivale o al metatarso<br />

della sciagurata. Cedono entrambi.<br />

17.00 Zoppa ma non doma, la signora sfida il<br />

reparto donna della Rinascente, dove ferve il<br />

combattimento nella sezione cappotti. Giusto in<br />

tempo per vedere il caban che cercava da una vita<br />

insidiato da due diciottenni allupate.<br />

Le stende con poche mosse di ju-jitsu e, con la<br />

preda in bocca, scivola carponi fra le gambe delle<br />

clienti verso la cassa.<br />

A un palmo dalla meta, una pedata sull’occipite le<br />

procura un lieve obnubilamento, e al momento di<br />

digitare il codice del bancomat le viene in<br />

mente solo la data della battaglia di Custoza.<br />

Al terzo tentativo fallito, il caban viene assegnato<br />

alle diciottenni trionfanti.<br />

19.30 La guerriera del ribasso si accascia stremata<br />

sulla soglia di una boutique. Una visione:<br />

il negozio è stranamente vuoto, ma trabocca di<br />

abiti stupendi e in tutte le misure. Lei si dà al saccheggio<br />

più sfrenato, convinta di essere giunta al<br />

Paradiso riservato alle martiri dei saldi. La commessa<br />

la informa che si tratta di “nuovi arrivi” a<br />

prezzo intero solo quando la disgraziata ha firmato<br />

a occhi chiusi lo scontrino della carta di credito<br />

per un totale pari al cachet di Gisele Bundchen.<br />

21.00 In una mesta sinfonia di saracinesche,<br />

scatta per le saldomaniache l’ora del “tutte a<br />

casa”. La nostra eroina, oberata di borse come un<br />

portatore nubiano, raccoglie le ultime energie per<br />

affrontare l’ultima prova: entrare nella metro.<br />

Respira a fondo, si imbozzola nelle sue sporte e si<br />

butta rotoloni giù per le scale (quelle mobili sono<br />

fuori servizio) fino al binario. Causa l’eccesso di<br />

involucri, rischierebbe di rimanere<br />

stritolata dalle porte del convoglio se non fosse<br />

per un provvidenziale scippatore che la alleggerisce<br />

di parte del carico. Cullata dal treno, crolla<br />

sotto i sedili in un sonno di pietra da cui la<br />

sveglieranno a mezzanotte gli addetti alle<br />

pulizie dei treni. Si rialza col sorriso sulle labbra.<br />

Dopotutto, domani è un altro shopping.<br />

URBANSATIRA<br />

URBAN 69

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