Capitolo II LE ATTIVITÀ DI INTERMEDIAZIONE FINANZIARIA
Capitolo II LE ATTIVITÀ DI INTERMEDIAZIONE FINANZIARIA
Capitolo II LE ATTIVITÀ DI INTERMEDIAZIONE FINANZIARIA
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<strong>Capitolo</strong> <strong>II</strong><br />
Sommario<br />
<strong>LE</strong> <strong>ATTIVITÀ</strong> <strong>DI</strong> INTERME<strong>DI</strong>AZIONE<br />
<strong>FINANZIARIA</strong><br />
1. La nozione di intermediazione. – 2. L’attività di consulenza. – 3. La gestione del risparmio:<br />
gestione collettiva e gestione individuale. – 4. Negoziazione in proprio e negoziazione<br />
delegata. – 5. Ricezione e trasmissione di ordini. – 6. La delega di gestione: profili regolamentari.<br />
– 7. Gli aspetti operativi. – 8. La sollecitazione del pubblico risparmio<br />
all’investimento e la sollecitazione per la raccolta delle deleghe. – 9. L’offerta fuori sede. –<br />
10. I contratti di intermediazione mobiliare. – 11. L’intermediazione creditizia, mobiliare<br />
ed assicurativa. – 12. La tutela del risparmio. – 13. Internet e intermediazione finanziaria<br />
on line.<br />
1. La nozione di intermediazione<br />
Le nozioni individuate nel capitolo precedente si fondano sul concetto di sistema<br />
finanziario e di mercato finanziario 1 inteso come aggregazione di scambi;<br />
lo scambio, come si è illustrato, avviene per il tramite di imprese specializzate<br />
definite intermediari finanziari.<br />
Bisogna, ora, esaminare le attività che tali soggetti possono svolgere per realizzare<br />
lo scambio di strumenti finanziari.<br />
Varie sono le forme di scambio:<br />
1 La nozione di mercato finanziario è stata ampiamente descritta in precedenza; la genesi di tale istituto<br />
va rinvenuta nelle forme di finanziamento dell’impresa, che si collegano ai due schemi fondamentali del prestito<br />
e del conferimento di capitali alle società. Lo svolgimento di tali attività di finanziamento in un ambito<br />
sempre più ampio e l’ampliarsi delle dimensioni delle imprese hanno determinato la formazione dei mercati,<br />
luoghi in cui le imprese entrano a contatto con una vasta schiera di finanziatori. Il crescere delle dimensioni<br />
delle imprese, infatti, ha reso necessario il ricorso a forme di finanziamento esterne alle imprese stesse, che,<br />
pertanto, hanno dovuto far riferimento ai capitali dei terzi e, quindi, al pubblico risparmio. Per accedere al<br />
pubblico risparmio, però, è necessario l’intervento di un intermediario (Banche o altri intermediari). Sulla<br />
genesi dei mercati finanziari, v. F. Jr. FERRARA-F. CORSI, Gli imprenditori e le società, Giuffrè, Milano, 2006,<br />
p. 783 ss.).
44<br />
│ La responsabilità civile e penale degli intermediari finanziari<br />
a) scambio diretto ed autonomo: il rapporto tra datore e prenditore di risorse<br />
finanziarie è diretto e non prevede l’intervento di intermediari;<br />
b) scambio diretto ed assistito: datore e prenditore non comunicano direttamente,<br />
ma sono assistiti da un intermediario che ne consente l’incontro. Lo scambio<br />
avviene esclusivamente i primi due, l’intermediario non assume una posizione<br />
di controparte nei confronti del datore o del prenditore;<br />
c) scambio indiretto o intermediato: non c’è scambio diretto tra le parti che,<br />
pertanto, non divengono parti dirette della negoziazione. Il trasferimento delle<br />
risorse si realizza per il tramite di un circuito indiretto o intermediato, nel quale<br />
intervengono uno o più intermediari. L’intermediario, dunque, diviene debitore<br />
nei confronti del datore principale e creditore nei confronti del prenditore finale<br />
di risorse.<br />
La differenza tra l’ipotesi sub a) e quella sub b) è che, nel primo caso, l’intermediario<br />
agisce in nome e per conto del cliente stipulando contratti che producono<br />
i loro effetti giuridici direttamente in capo all’interessato; nel secondo caso,<br />
l’intermediario agisce in proprio nome quale titolare dei contratti o strumenti<br />
posti in essere per realizzare il trasferimento delle risorse.<br />
È per tale motivo che tali attività hanno generato due differenti tipologie di<br />
intermediazione: nel caso di scambio diretto ed assistito si parla di intermediazione<br />
mobiliare, nel secondo caso di intermediazione creditizia 2 .<br />
La presenza degli intermediari finanziari, dunque, è necessaria, dal momento<br />
che proprio questi ultimi consentono ai singoli di accedere agli strumenti finanziari,<br />
che, in caso contrario, rimarrebbero collocati in un’aria preclusa. Ne consegue<br />
che il sistema finanziario ed il mercato non possono prescindere dagli intermediari<br />
e dalla loro attività.<br />
Tale necessità si evince, però, anche da altre considerazioni.<br />
Lo scambio, come detto, è finalizzato al trasferimento di risorse finanziarie<br />
fra le parti interessate. Oggetto dello scambio sono le risorse finanziarie e la proprietà<br />
delle stesse per un determinato periodo di tempo.<br />
Lo scambio si realizza tramite contratti che individuano diritti ed obblighi<br />
delle parti contraenti in merito a determinate risorse finanziarie.<br />
Due, dunque, sono le caratteristiche fondamentali dello scambio di risorse<br />
finanziarie: la durata e la incertezza.<br />
Quanto al primo aspetto, è ben evidente che il datore di risorse trasferisce un<br />
2 Di tale distinzione si tratterà approfonditamente in seguito. In sintesi può affermarsi che l’intermediazione<br />
creditizia ha ad oggetto titoli di credito, mentre l’intermediazione mobiliare ha ad oggetto valori mobiliari.<br />
In tema di valori mobiliari, v. R. <strong>LE</strong>NER, I valori mobiliari, in Trattato di diritto privato, diretto da U.<br />
Rescigno, Utet, Torino, 1985, vol. 16, p. 708 ss.; G. LA VILLA, Il diritto dei valori mobiliari, Egea, Milano,<br />
1993, p. 23 ss.; F. CARBONETTI, Che cos’è un valore mobiliare?, in Giur. comm., 1989, I, p. 280 ss.; G. FERRA-<br />
RINI, I nuovi confini del valore mobiliare, in Giur. comm., 1989, I, p. 741 ss.; E. RIGHINI, I valori mobiliari,<br />
Giuffrè, Milano, 1993.
<strong>Capitolo</strong> <strong>II</strong> │ Le attività di intermediazione finanziaria 45<br />
capitale nell’immediatezza (effettua una prestazione attuale), mentre il prenditore<br />
si impegna ad una restituzione futura del capitale ricevuto; la prestazione<br />
futura include anche il pagamento della remunerazione pattuita in favore del datore<br />
di risorse. Si parla, a riguardo, di trasferimento intertemporale.<br />
Quanto all’incertezza, essa deriva dal fatto che la prestazione del datore, in<br />
quanto attuale, è certa, mentre quella del prenditore è aleatoria 3 , poiché subordinata<br />
al suo comportamento ed alle sue condizioni economiche future, che potranno<br />
consentirgli o meno di adempiere alle obbligazioni assunte. La prestazione<br />
differita presenta un carattere di incertezza intrinseco, che può, peraltro, essere<br />
legato anche alle condizioni contrattuali e non solo al comportamento del prenditore<br />
(si pensi alle ipotesi di titoli obbligazionari indicizzati o di titoli azionari).<br />
L’incertezza dipende, però, anche dal livello di informazione che il datore ha<br />
fornito al prenditore in merito ai profili di rischio dell’investimento. Quest’ultima<br />
deve presentarsi completa ed affidabile per consentire un investimento responsabile<br />
da parte del prenditore, di modo che sappia bilanciare, regolare e modulare il<br />
proprio comportamento rispetto alle esigenze dell’investimento effettuato.<br />
È per tali ragioni che l’attività di consulenza si presenta prodromica rispetto a<br />
qualunque scambio e costituisce un banco di prova fondamentale per il datore<br />
di risorse e per il prenditore.<br />
2. L’attività di consulenza 4<br />
La peculiarità dello scambio di risorse finanziarie impone una informazione<br />
particolarmente completa prima dell’investimento.<br />
3 Il contratto aleatorio (dal latino alea, rischio) è quell’atto negoziale in cui l’entità e/o l’esistenza della/e<br />
prestazione/i è collegata ad un elemento incerto, e nei quali, pertanto, il rischio contrattuale è più ampio<br />
ed assume rilevanza causale. Entrambe le parti assumono quindi un evento futuro, la cui verificazione<br />
rimane incerta, come fattore chiave del contratto sottoscritto. A tale evento, i contraenti ricollegano gli effetti<br />
contrattuali. C.M. BIANCA, Diritto Civile: vol. 3 – Il Contratto, Giuffrè, Milano, 2000; F. GAZZONI, Manuale<br />
di Diritto Privato, Esi, Napoli, 2003; D. MINUSSI, La Compravendita, EsseLibri, Napoli, 2004.<br />
4 Per effetto del recepimento delle direttive 2004/39/CE e 2006/73/CE (le “direttive MIFID”), la consulenza<br />
in materia di investimenti torna ad essere un servizio d’investimento principale soggetto ad autorizzazione che può<br />
essere svolto unicamente da soggetti abilitati alla prestazione di servizi di investimento. Le direttive MIFID introducono<br />
una disciplina positiva particolarmente pregnante per il servizio di consulenza in materia di investimenti,<br />
intesa come la prestazione di raccomandazioni personalizzate ad un cliente riguardo uno o più operazioni aventi ad<br />
oggetto strumenti finanziari. L’intermediario deve richiedere ed ottenere dal cliente informazioni concernenti le<br />
conoscenze ed esperienze del cliente stesso, la sua situazione finanziaria e i suoi obbiettivi di investimento, al fine di<br />
individuare e valutare l’adeguatezza delle raccomandazioni da prestare. Il maggior rigore previsto per la consulenza<br />
in materia di investimenti rispetto ad altri servizi di investimento (fatta eccezione per la gestione di portafogli) richiede<br />
una delimitazione attenta e precisa degli ambiti soggettivi e oggettivi di applicazione della relativa disciplina.<br />
La MIFID non a caso definisce la consulenza in materia di investimenti come «la prestazione di raccomandazioni<br />
personalizzate a un cliente, dietro sua richiesta o per iniziativa del prestatore del servizio, riguardo a una o più operazioni<br />
relative ad un determinato strumento finanziario. La raccomandazione è personalizzata quando è presenta-
46<br />
│ La responsabilità civile e penale degli intermediari finanziari<br />
Il datore deve informare il prenditore e quest’ultimo ha l’obbligo di informarsi<br />
in merito ai rischi dell’operazione compiuta ed ai prevedibili esiti della stessa.<br />
Ciò è fondamentale anche ai fini della frantumazione delle responsabilità, poiché<br />
il problema della ripartizione dei rischi si collega necessariamente al problema<br />
delle responsabilità in caso di fallimento dell’operazione. *<br />
È opportuno che l’informazione sia sempre adeguata al singolo caso e sia tale<br />
da garantire uno scambio consapevole, sia in tema di costi-rischi, sia in tema di<br />
rischi-rendimenti 5 .<br />
*ta come adatta per il cliente o è basata sulla considerazione delle caratteristiche del cliente. Una raccomandazione<br />
non è personalizzata se viene diffusa al pubblico mediante canali di distribuzione». Le attività che non rientrano<br />
nella definizione di consulenza in materia di investimenti ai fini MIFID sono: 1) Raccomandazioni non personalizzate;<br />
2) Raccomandazioni destinate al pubblico o diffuse attraverso canali di distribuzione (raccomandazioni generali);<br />
3) Raccomandazioni generiche; 4) Raccomandazione di servizi prestati da altri soggetti; 5) Consulenza strumentale/incidentale;<br />
6) Informazioni generiche relative ad uno strumento o servizio. Obblighi dell’intermediario<br />
sono i seguenti: 1) obbligo di ottenere (e non meramente richiedere, come previsto nel regime previgente) le informazioni<br />
necessarie ad effettuare la valutazione di adeguatezza, ovvero, le informazioni riguardanti: a. le caratteristiche<br />
essenziali del clienti; b. gli “obiettivi d’investimento” del cliente; c. la situazione finanziaria del cliente; d. le<br />
conoscenze e le esperienze del cliente nel settore di investimento rilevante per il tipo specifico di strumento finanziario;<br />
2) obbligo di effettuare il giudizio di “adeguatezza” e non di semplice appropriatezza; 3) divieto di prestare<br />
consulenza laddove il cliente non abbia fornito le informazioni necessarie alla valutazione di adeguatezza; 4) obbligo<br />
di consigliare esclusivamente investimenti che siano adeguati al profilo del cliente.<br />
5 G.A. AKERLORF, The market for Lemmons: Quality Uncertainty and the Market Mechanism, in Quarterly<br />
Journal of Economics, 84, 1970, pp. 488-500; K. ARROW, Essays in the Theory of Risk-Bearing, Amsterdam,<br />
North Holland, 1963; K. ARROW, The economics of Moral Hazard: Further Comment, in American Economic<br />
Review, 58, 1968, pp. 537-541; K.J. ARROW-G. DEBREU, Existence of an equilibrium for a competitive economy,<br />
in Econometrica, 22, 1954, pp. 265-290; L. BUZZACCHI-S. SCHENA, Efficienza ed equità della personalizzazione<br />
in un mercato con assicurazione obbligatoria, in Dir. econ. assicurazioni, 1997, p. 2; E.H. CHAMBERLIN, The<br />
Theory of Monopolistic Competition, Cambridge, Mass., 1993, p. 48; R.H. COASE, The nature of the Firm, 1.<br />
Origin 2. Meaning 3. Influence, in Journal of Law, Economics, and Organization, 1988; A. FRIGNANI-G. ROSSI,<br />
Regole statiche, regole dinamiche e questioni aperte in tema di applicazione della disciplina antitrust al settore<br />
assicurativo, in Diritto del commercio internazionale, Giuffrè, Milano, 1999, p. 241 ss.; F. GHEZZI-M. NOTARI,<br />
La disciplina della concorrenza nei settori dell’informazione del credito e della assicurazioni (art. 20 della legge<br />
10 ott. 1990 n. 287), in Società, 1993, p. 119 ss.; B. GREENWALD-J.E STIGLITZ, Pareto inefficiency of markets<br />
economies: search and efficiency models, in Americn Economic Association Papers and Proceedings, 78, 1988,<br />
pp. 351-355; B. GREENWALD-J.E. STIGLITZ, Externalities in economies with imperfect information and incomplete<br />
markets, in Quarterly Journal of Economics, 101, 1986, pp. 229-264; M. HARRIS-A. RAVIV, Optimal incentive<br />
contracts with imperfect information, in Journal of Economic Theroy, 20, 1979, pp. 231-259; D. KREPS-<br />
P. MILGROM-J. ROBERTS-R. WILSON, Rational cooperation in the finitely repeated prisoners’dilemma, in Journal of<br />
economic Theory, 27 August 1982, pp. 245-252; U. MATTEI, Common law, il diritto anglo-americano, in Tratt.<br />
di dir. comparato, diretto da R. Sacco, Torino, 1992, p. 193 ss.; C. OSTI, Il controllo giuridico dell’oligopolio,<br />
in Giur. comm., I, 1993, p. 580; C. OSTI, Antitrust e Oligopolio – Concorrenza, cooperazione e concentrazione:<br />
problemi giuridico economici e proposte di soluzione, il Mulino, Bologna, 1995; M. PAULY, The Economics of<br />
Moral Hazard: Comment, in American Economic Review, 58, 1968, pp. 531-537; D. PORRINI, Asimmetrie Informative<br />
e concorrenzialità nel mercato assicurativo italiano – il caso dell’assicurazione Auto Rischi Diversi, in<br />
Mercato Concorrenza e Regole, n. 3, 2000; R. POSNER, Oligopoly and the Antitrust Laws. A suggested approach,<br />
in Stanford Law Review, 1969, p. 1562 ss.; C. SHAPIRO-J.E. STIGLITZ, Equilibrium unemployment as a worker<br />
discipline device, in American Economic Review, 74, 1984, pp. 433-444; G.J. STIG<strong>LE</strong>R, The Economies of Information,<br />
in Journal of Political Economy, june, 1961, pp. 211-222; G.J. STIG<strong>LE</strong>R, A Theroy of Oligopoly, in<br />
Journal of Political Economy, 1964, p. 44 ss.; J.E STIGLITZ, Whither Socialism?, The MIT Press Cambridge,<br />
Massachusetts, London England, 1994; J.E. STIGLITZ-A. WEISS, Credit rationing in markets with imperfect
<strong>Capitolo</strong> <strong>II</strong> │ Le attività di intermediazione finanziaria 47<br />
Sicuramente tale problematica investe principalmente il datore di risorse: è<br />
lui che deve fornire l’informazione ed è in ciò che consiste la consulenza.<br />
Peraltro, egli deve fornire informazioni ad un soggetto che nella generalità dei<br />
casi è privo di qualunque notizia in merito e si trova in quella che la dottrina definisce<br />
«posizione di asimmetria informativa» 6 . Le due parti dello scambio, dunque,<br />
sono in posizioni totalmente asimmetriche, poiché l’una (il datore) ha le informazioni<br />
o comunque è tenuta a procurarsi tutte le informazioni possibili (secondo i<br />
canoni di completezza ed affidabilità), mentre l’altra (il prenditore) è priva di<br />
qualsiasi informazione e deve essere informata proprio per il tramite del datore.<br />
L’informazione, però, non deve solo riguardare la fase precontrattuale 7 . Essa<br />
deve accompagnare tutto il corso della transazione affinché l’operazione acqui-<br />
information, in American Economic Review, 71, 1981, pp. 393-410; P. SWEEZY, Demand under conditions of<br />
Oligopoly, in The Journal of Politacal Economy, 1939; C. WILSON, The nature of equilibrium in markets with<br />
adverse selection, in Bell Journal of Economics, 11, Spring, 1980, pp. 108-130.<br />
6 In merito, v. ampiamente M. DE MARI-L. SPADA, Intermediari e promotori, Zanichelli, Bologna, 2005, p.<br />
134; G. FORESTIERI-P. MOTTURA, Il sistema finanziario, Egea, Milano, 2005, p. 157.<br />
7 La fase precontrattuale si presenta particolarmente importante nei contratti di intermediazione finanziaria,<br />
anche in virtù del fatto che tale fase si presenta piuttosto lunga ed articolata con una serie di obblighi a<br />
carico del datore-intermediario. La necessità di un tempo più o meno lungo per la formazione del consenso e<br />
l’esistenza di vincoli specifici a carico dell’intermediario comportano conseguenze importanti. Accanto al<br />
generico dovere di buone fede e, quindi, alla applicazione in tale fase degli artt. 1175 e 1337 c.c., esistono<br />
obblighi specifici in tema di informazione, correttezza, ponderazione, comunicazione, che sono peculiari di<br />
tale tipologia contrattuale. Tale particolarità si riflette anche sull’istituto della culpa in contrahendo, che consegue<br />
a tutte le violazione di tali obblighi e presuppone che una parte si sia comportata scorrettamente durante<br />
la fase preparatoria per la conclusione dell’accordo. Ovviamente, come previsto dall’art. 1338 c.c., alla<br />
violazione di tali doveri consegue l’obbligo di risarcimento del danno in capo al soggetto autore della violazione.<br />
Sulla responsabilità precontrattuale in generale, v. F. BENATTI, La responsabilità precontrattuale, Giuffrè,<br />
Milano, 1963; M.L. LOI-F. TESSITORE, Buona fede e responsabilità precontrattuale, Giuffrè, Milano, 1975;<br />
D. CARUSO, La culpa in contraendo, Giuffrè, Milano, 1993; G. MERUZZI, La trattativa “maliziosa”, Cedam,<br />
Padova, 2002. Sulla comunicazione ed informazione, v. V. CUFFARO, Profili civilistici del diritto all’informazione,<br />
Jovene, Napoli, 1986; G. CORASANITI, Trasparenza, pluralismo, interventi pubblici nella disciplina delle<br />
imprese editoriali, Cedam, Padova, 1988; G. GRISI, L’obbligo precontrattuale di informazione, Jovene, Napoli,<br />
1990. La correttezza e la buona fede, in ogni modo, rappresentano le regole fondamentali cui le parti contrattuali<br />
devono attenersi e rispondono ad uno stesso criterio che si inserisce nell’ambito del più ampio principio<br />
di collaborazione e cooperazione tra le parti. La buona fede rappresenta un obbligo etico di comportamento<br />
onesto quale espressione di un principio di solidarietà. La correttezza, invece, come precisato anche<br />
nella Relazione al codice civile, è uno stile morale della persona, che indica spirito di lealtà, abito virile di fermezza,<br />
di chiarezza, di coerenza, fedeltà e rispetto di quei doveri che, secondo la coscienza generale, devono<br />
essere osservati nei rapporti tra consociati (v., sul punto, A. TRABUCCHI, Istituzioni di diritto civile, Cedam,<br />
Padova, 2006, p. 637). L’asimmetria informativa è una condizione in cui un’informazione rilevante non è<br />
condivisa integralmente fra gli individui facenti parte del processo economico, dunque una parte degli agenti<br />
interessati ha maggiori informazioni rispetto al resto dei partecipanti e può trarre un vantaggio da questa<br />
configurazione. Il concetto viene usato e studiato in economia, dove si suppone la presenza di asimmetrie<br />
informative per spiegare i differenti comportamenti dei soggetti economici. La presenza di asimmetrie informative<br />
spiega per esempio perché i risparmiatori preferiscono ricorrere ai servizi di investimento offerti dalle banche<br />
benché siano costosi. Rispetto ai risparmiatori, le banche possiedono infatti informazioni migliori su un<br />
maggior numero di possibili investimenti. La minore conoscenza da parte del risparmiatore lo induce quindi a<br />
ricorrere a un operatore specializzato nella raccolta e nell’elaborazione delle informazioni circa i possibili modi<br />
di investire il denaro. Il Potere informativo è, dunque, sinonimo di potere contrattuale ed economico.
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│ La responsabilità civile e penale degli intermediari finanziari<br />
sisca i caratteri della correttezza e della ponderatezza e non può in alcun modo<br />
arrestarsi alla fase iniziale costituendo una costante presente anche nelle fasi<br />
successive. Il datore deve comunicare al prenditore tutti i poteri fornitigli dal<br />
contratto, tutte le clausole contrattuali e soprattutto tutte le eventualità che si<br />
potrebbero verificare nel corso della durata contrattuale (proprio perché si tratta<br />
di contratti di durata).<br />
Il prenditore o scambista, dunque, procede allo scambio, in genere, solo quando<br />
abbia una informazione completa ed affidabile e solo se le previsioni individuate<br />
dal consulente-datore convergano con le sue aspettative.<br />
Va detto, infatti, che il pubblico propende per due finalità peculiari: propensione<br />
al rischio e propensione alla liquidità. Ecco perché vi deve essere corrispondenza<br />
anche tra le preferenze del prenditore e le possibilità connesse allo scambio.<br />
Ovviamente, in tutto ciò, incide profondamente anche il livello di razionalità<br />
di base del prenditore-scambista, rappresentato dalla sua intelligenza, dal suo<br />
livello culturale, dalla sua formazione, dalla sua informazione e dalle sue conoscenze<br />
di base, la frequenza di investimento, ecc.<br />
La dottrina, dunque, discorre al riguardo di un modello di razionalità limitata<br />
del prenditore-investitore, che non ragiona secondo i modelli del mercato finanziario,<br />
ma secondo modelli propri che gli consentono in maniera maggiore o<br />
minore di cogliere gli aspetti più significativi delle informazioni fornitegli dal<br />
datore-intermediario.<br />
L’efficienza delle scelte e, dunque, del funzionamento del mercato dipende<br />
anche da ciò che contribuisce ad ampliare i c.d. margini di imperfezione del mercato<br />
finanziario.<br />
A ciò si affianca la informazione limitata, che, come detto, comporta scelte<br />
ancor più irrazionali se non ben ponderate.<br />
Altro elemento su cui deve vertere l’informazione sono i costi della transazione.<br />
Il datore, infatti, deve valutare alcuni costi fissi, come i costi di ricerca delle informazioni,<br />
i costi di ricerca delle opportunità di scambio, i costi di selezione delle<br />
opportunità valutate, i costi di valutazione delle controparti potenziali, i costi di<br />
esecuzione dello scambio, i costi di valutazione dei rischi derivanti dallo scambio<br />
e dai possibili cambiamenti del mercato, i costi di gestione dello scambio nel periodo<br />
compreso tra la stipulazione del contratto e la sua scadenza.<br />
Sono tutti costi di cui si dovrà tenere conto per valutare la convenienza dell’operazione.<br />
È pur vero che oggi alcuni aspetti di imperfezione ed incompletezza del mercato<br />
sono stati ridotti per mezzo di alcuni accorgimenti ideati all’interno del<br />
mercato stesso 8 .<br />
8 L’azzardo morale è una forma di opportunismo post-contrattuale che si verifica durante il rapporto assicurativo.<br />
Il consumatore, avendo stipulato un contratto che lo tutela e lo risarcisce in caso di accadimento
<strong>Capitolo</strong> <strong>II</strong> │ Le attività di intermediazione finanziaria 49<br />
In primo luogo, si è cercato di porre un argine a tali inconvenienti attraverso<br />
l’organizzazione del mercato e, quindi, attraverso i c.d. mercati regolamentati 9 .<br />
Tali mercati sono caratterizzati da normative imposte e da procedure predeterminate<br />
che consentono di aumentare gli standards di informazione dei clienti e<br />
di ridurre il fenomeno dell’asimmetria informativa 10 .<br />
In secondo luogo, la previsione di norme comportamentali per i datori-intermediari<br />
stabilisce degli standards deontologici cui tutti gli operatori devono attenersi<br />
riducendo il pericolo di comportamenti opportunistici da parte di questi ultimi.<br />
Ne consegue che l’assistenza che l’intermediario fornisce è in primo luogo<br />
una assistenza di accesso al mercato, che si realizza per il tramite della consulenza<br />
e dell’informazione. Solo se l’informazione è adeguata, completa ed affidabile,<br />
l’accesso al mercato sarà consapevole così come lo sarà anche l’investimento.<br />
Si consideri, però, che vi è una sensibile differenza dell’obbligo informativo<br />
nei casi di intermediazione mobiliare ed in quelli di intermediazione creditizia.<br />
Nel primo caso, l’intermediario agisce in nome e per conto del prenditore,<br />
producendo direttamente effetti giuridici nella sua sfera giuridica, per cui è tenuto<br />
ad un maggiore obbligo informativo. Nel secondo caso, invece, egli agisce<br />
solo per conto del prenditore, ma non in suo nome; ecco perché l’onere informativo<br />
nei confronti del cliente è minore e soprattutto più generico.<br />
La riuscita dell’investimento, poi, dipende dalle capacità dell’intermediario,<br />
che, come vedremo, deve anche essere in grado di trasformare il rischio e la sca-<br />
dell’evento negativo, è portato a non usare più strumenti e accortezze cautelari che lo prevengano dall’evento.<br />
Il fatto di essere assicurato induce l’individuo a ridurre l’attività di prevenzione o parallelamente a<br />
sovrautilizzare la disponibilità di risorse a lui dovute più di quanto non necessiti. Le precauzioni infatti non<br />
sono osservabili e verificabili, pertanto è impossibile farne oggetto di un accordo effettivamente vincolante:<br />
infatti il contratto potrebbe imporre il mantenimento di un certo comportamento, ma la compagnia di assicurazione<br />
non è in grado di verificarne il rispetto. Il moral hazard si presenta anche nella vita di tutti i giorni:<br />
se il guidatore è responsabile per tutti i danni, è probabile che guiderà una macchina noleggiata più prudentemente<br />
che nel caso fosse coperta da assicurazione.<br />
9 Sulla nozione di mercati regolamentati, v. M. DE MARI-L. SPADA, op. cit., p. 35; G. FORESTIERI-P. MOT-<br />
TURA, op. cit., p. 28. V., ampiamente, anche A. TRABUCCHI, op. cit., p. 1086 ss., che definisce i mercati regolamentati<br />
come «organizzazioni all’interno delle quali si concentrano le negoziazioni aventi ad oggetto certi<br />
tipi di strumenti finanziari secondo precise regole di svolgimento ed esecuzione». Esistono, oggi, più mercati<br />
regolamentati, che operano sotto il controllo della Consob. Tale ente ha anche predisposto un elenco di<br />
mercati, tra i quali il più noto è certamente la Borsa, distinta in più comparti: MTA, mercato telematico azionario,<br />
MOT, mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di Stato, ecc. si segnala, poi, il c.d. Nuovo<br />
Mercato, che concerne le operazioni legate ad internet. Vi sono, infine, una lunga serie di mercati stranieri,<br />
ammessi al mutuo riconoscimento.<br />
10 L’economia dell’informazione si occupa delle relazioni contrattuali che hanno luogo in condizioni di<br />
conflitto caratterizzate da informazione asimmetrica. Studia le relazioni conflittuali che prendono forma nel<br />
contratto, e in particolar modo quelle che avvengono in condizioni di informazione asimmetrica. In tale situazione<br />
una parte ha un vantaggio informativo (cioè sa qualcosa in più) nei confronti dell’altra parte e lo<br />
sfrutta a suo favore. Nonostante la crescita della massa di informazioni resa oggi disponibile dalle tecnologie<br />
(per fare un esempio internet), le situazioni di asimmetria informativa sono la norma. Il vantaggio informativo<br />
condiziona la definizione delle caratteristiche del contratto ottimale tra il principale (colui che propone il<br />
contratto) e l’agente (colui che può accettare o rifiutare).
50<br />
│ La responsabilità civile e penale degli intermediari finanziari<br />
denza, adeguandoli alle esigenze dell’investitore ed alle caratteristiche o, meglio,<br />
agli andamenti del mercato. Anche la valutazione di questi elementi incide<br />
sulla qualificazione dei costi 11 .<br />
In ogni modo, può affermarsi che la consulenza è un’attività di assistenza nella<br />
decisione finanziaria: l’intermediario interviene in modo decisivo sia nella<br />
formazione della decisione finanziaria del cliente sia nella definizione delle specificità<br />
esecutive della medesima.<br />
In questi casi, la decisione finanziaria è assunta dal cliente, sulla base, però,<br />
delle informazioni, conoscenze e valutazioni fornite dall’intermediario.<br />
L’intermediario, dunque, deve fornire informazioni utili o necessarie per il<br />
processo decisionale, offrire consulenza finanziaria al medesimo fine e ricercare<br />
le controparti idonee per lo scambio finanziario progettato.<br />
La consulenza, ovviamente, si concretizza anche attraverso la prospettazione<br />
di più scelte possibili: maggiore sarà il numero delle scelte prospettato maggiore<br />
sarà l’autonomia del cliente rispetto all’intermediario.<br />
Si ritiene, comunque, che l’attività di assistenza-consulenza non possa viaggiare<br />
isolata, ma che debba sempre accompagnare le fasi dell’intermediazione. Il<br />
consulente è inevitabilmente un tecnico il cui compito è prospettare le alternative,<br />
indicare i vantaggi, i costi e i rischi delle alternative della gestione del denaro.<br />
Il consulente, dunque, deve comprendere le esigenze del cliente e scegliere<br />
l’insieme di prodotti che insieme hanno la maggior probabilità di raggiungere gli<br />
obiettivi emersi nella discussione sui bisogni ed aspettative del cliente stesso.<br />
11 V. G. FORESTIERI-P. MOTTURA, op. cit., p. 25. Il primo fondamentale teorema dell’economia del benessere<br />
afferma che ogni economia competitiva è Pareto efficiente. Questo non è altro che la versione moderna<br />
del concetto di “mano invisibile” che ha, tra i suoi presupposti, la trasparenza delle informazioni sulle variabili<br />
economiche fondamentali. In verità, secondo il modello base elaborato da Adamo Smith, vengono ritenute<br />
come essenziali presupposti per il corretto funzionamento del meccanismo concorrenziale quasi unicamente<br />
le informazioni relative ai prezzi di mercato. È infatti in base al prezzo dell’output, assunto come<br />
dato e non modificabile dal singolo imprenditore, e dai costi degli input, anch’essi non influenzabili dal singolo,<br />
che la selezione del mercato determina l’efficienza in termini di uguaglianza tra prezzo marginale e costo<br />
marginale. L’equilibrio tra domanda e offerta così raggiunto è caratterizzato, in assenza di barriere all’entrata<br />
e all’uscita dal mercato, dalla intrinseca capacità di raggiungere sempre una loro uguaglianza anche da<br />
una situazione originaria di squilibrio tra domanda e offerta. Questa forza endogena del meccanismo concorrenziale<br />
è stata smentita nelle economie con informazioni imperfette. L’equilibrio di un mercato competitivo<br />
può essere caratterizzato da una domanda superiore all’offerta, o da un’offerta superiore alla domanda.<br />
Allo stesso modo, il modello concorrenziale classico si fonda innanzitutto sull’ipotesi di un sistema di prezzi<br />
lineare (un determinato prezzo per ogni singola unità acquistata), mentre noi sappiamo che i mercati con<br />
informazioni imperfette possono essere strutturati con prezzi non lineari, ad esempio con un prezzo, in certa<br />
misura, inversamente proporzionale alla quantità acquistata. Anche l’altra classica assunzione standard della<br />
tendenza all’azzeramento dei profitti può non essere valida in un mercato concorrenziale con informazioni<br />
imperfette, per esempio nel caso di selezione avversa, come avremo modo di approfondire nel proseguo. Lo<br />
studio delle assunzioni del modello classico dimostra che non si può prendere come data l’ipotesi di informazioni<br />
statiche, accessibili e libere, presupposto del modello di concorrenza perfetta. Numerosi sono i<br />
mercati, in particolare in presenza di informazioni asimmetriche, dove il naturale meccanismo allocativo non<br />
raggiunge l’efficienza paretiana.
<strong>Capitolo</strong> <strong>II</strong> │ Le attività di intermediazione finanziaria 51<br />
Tra le categorie di consulenti si segnalano i promotori finanziari, i promotori<br />
assicurativi e i dipendenti bancari, la cui maggiore o minore capacità dipende<br />
spesso anche dal grado di indipendenza rispetto all’intermediario da essi rivestito.<br />
Capacità fondamentale del consulente è quella di illustrare il costo dei prodotti;<br />
al riguardo, la trasparenza è assolutamente necessaria al fine di garantire<br />
un buon investimento.<br />
3.<br />
La gestione del risparmio: gestione collettiva e gestione individuale<br />
Gli intermediari, come evidenziato, devono soddisfare in primo luogo gli interessi<br />
degli investitori conciliandoli con le esigenze del mercato. Essi offrono<br />
prodotti e servizi per soddisfare i bisogni finanziari dei diversi attori della realtà<br />
economica.<br />
Diversi sono gli strumenti che essi possono offrire:<br />
a) strumenti destinati a soddisfare bisogni di trasferimento del potere d’acquisto<br />
nello spazio: ordini di pagamento, ordini di incasso, servizi diversi (gestione<br />
monetaria, cassa automatica, ATM). Si tratta, in generale, dei servizi propriamente<br />
definiti bancari e che hanno sempre ad oggetto il denaro;<br />
b) strumenti destinati a soddisfare bisogni di investimento, stimolati dal desiderio<br />
di accumulare ricchezza finanziaria e trasferire risorse finanziarie a tempi<br />
futuri: passività nominali prodotte da intermediari finanziari (depositi in c/c, depositi<br />
a risparmio, certificati di deposito ed obbligazioni), passività di mercato<br />
prodotte da intermediari finanziari (quote di fondi comuni di investimento mobiliare,<br />
azioni di società a capitale variabile: OICVM e SICAV), negoziazione di<br />
valori mobiliari su ordine del cliente (l’intermediario può agire come broker o<br />
come dealer), gestione patrimoniale individuale, polizze assicurative;<br />
c) strumenti per soddisfare bisogni di finanziamento: prestiti di moneta e titoli,<br />
prestiti di firma (garanzie), crediti speciali (leasing, factoring, ecc.), prestiti<br />
al consumo, assunzioni di partecipazioni, servizi di investment banking;<br />
d) strumenti per la gestione più efficiente dei rischi che caratterizzano la<br />
gestione finanziaria e assicurativa del cliente, categoria particolarmente ampia<br />
nella quale rientrano tutte le ipotesi di contratti a termine, opzioni, futures,<br />
swap, ecc.<br />
L’attività di gestione individuale di portafogli di investimento per conto terzi<br />
è riservata alle banche, alle imprese di investimento, alle SGR ed agli agenti di<br />
cambio.
52<br />
│ La responsabilità civile e penale degli intermediari finanziari<br />
La direttiva 93/22/CEE precisa che «perché vi sia gestione individuale vi<br />
deve essere gestione su base discrezionale ed individualizzata di portafogli di investimento<br />
nell’ambito di un mandato conferito dagli investitori».<br />
Il diritto interno, invece, si affida ad una nozione sintetica, stabilendo che tale<br />
attività consiste nella «gestione su base individuale di portafogli 12 di investimento<br />
per conto terzi».<br />
La normativa comunitaria, dunque, prevede un campo di applicazione più ristretto<br />
di tale servizio, mentre più ampia è la disciplina interna. Il limite di restrizione<br />
è dato dal mandato conferito dal cliente-investitore, nozione che non<br />
compare nella normativa interna. Rimane, dunque, il problema che in caso di<br />
contrasto deve trovare applicazione la normativa comunitaria e non quella nazionale<br />
chiaramente più ampia.<br />
Altro elemento di distinzione è dato dall’oggetto della gestione, che è più<br />
ampio nella disciplina comunitaria che in quella interna. Secondo le norme nazionali,<br />
infatti, la gestione individuale deve avere ad oggetto strumenti finanziari,<br />
mentre secondo la normativa CEE la gestione può anche non riguardare<br />
strumenti finanziari (ed avere ad oggetto, per es., valute, metalli, immobili).<br />
Peculiare è l’ipotesi della c.d. gestione surrettizia 13 , caso in cui la gestione<br />
individuale di portafogli di investimento su base singola viene svolta da soggetti<br />
non autorizzati, nello specifico, i promotori finanziari 14 .<br />
12 Il termine “portafoglio”, che trascorre nel lessico legislativo dal vocabolario degli economisti, trova<br />
corrispondenze nella direttiva comunitaria 93/22/CEE, relativa ai servizi di investimento in valori mobiliari<br />
(c.d. ISD) nel testo italiano, inglese (portfolio of investiment) e francese (portefeuille). Il legislatore italiano,<br />
già dal d.lgs. 23 luglio 1996, n. 415 (c.d. Decreto Eurosim), ha preferito adeguarsi alla scelta terminologica<br />
della direttiva, accogliendo la nozione di portafoglio, meno “compromettente” da un punto di vista dogmatico<br />
di quella di patrimonio presente nella legge 2 gennaio 1991, n. 1 (c.d. Legge sulle SIM), giacché non<br />
allude ad una categoria civilistica, ma semplicemente alla “composizione strutturale di un investimento”. M.<br />
MIOLA, Commento all’art. 24, in Testo unico della Finanza, Commentario, diretto da G.F. Campobasso,<br />
Giappichelli, Torino, 2002, p. 213, in G.U.C.E. 11 giugno 1993, L 141. Disponibile sul sito www.europa.eu.<br />
int. Cfr., sul punto, M. COSSU, La “gestione di portafogli di investimento” tra diritto dei contratti e diritto dei<br />
mercati finanziari, Giuffrè, Milano, 2002, p. 197 ss., in cui definito il “portafogli” come insieme di valori fungibili,<br />
quali sono il denaro e gli strumenti finanziari, rispetto ai quali coesistono un vincolo di indisponibilità<br />
del valore del coacervo e una libertà di alienazione delle specie ivi presenti.<br />
13 Il problema della gestione di portafogli si pose inizialmente con le società fiduciarie, che avevano proprio<br />
la funzione di amministrare patrimoni, la gestione poteva essere in monte oppure personalizzata; nel primo caso,<br />
il cliente si disinteressava delle operazioni, dal momento che le scelte venivano effettuate a livello centrale<br />
senza che il partecipante potesse influirvi. Nel secondo caso, invece, il cliente partecipava alle scelte e si interessava<br />
alle operazioni che la società compiva (c.d. gestione dinamica o personalizzata). Nel caso della gestione<br />
surrettizia, il portafogli viene gestito da soggetti non autorizzati, i promotori finanziari, che possono operare sia<br />
in monte che in via personalizzata (v., al riguardo, F. Jr. FERRARA-F. CORSI, op. cit., p. 231 ss.).<br />
14 Le modalità di svolgimento dell’attività di gestione individuale hanno creato da sempre rilevanti problemi<br />
nella elaborazione della disciplina del mercato finanziario, come testimoniato dal sofferto iter normativo<br />
da cui è stata contrassegnata. Solo il testo unico finanziario ha posto definitivamente in luce la vera natura<br />
del fenomeno gestorio, consistente nell’investimento a carattere finanziario e nel corrispondente interesse<br />
del cliente alla redditività dell’investimento. Nell’impostazione del d.lgs. 58/1998, il legislatore ha pre-
<strong>Capitolo</strong> <strong>II</strong> │ Le attività di intermediazione finanziaria 53<br />
La Consob ritiene che vi sia gestione surrettizia o impropria quando il promotore<br />
opera per conto di una parte rilevante della clientela e pone in essere un<br />
elevato numero di operazioni di conversione tra comparti del medesimo fondo<br />
caratterizzate da evidenti analogie oppure quando compie un ingente numero di<br />
operazioni tutte dello stesso tipo e nello stesso contesto temporale, ciò anche<br />
quando le operazioni siano disposte dai clienti mediante la firma su appositi<br />
moduli (c.d. gestione con preventivo assenso) 15 .<br />
Secondo la Consob, alla base di tali operazioni tutte dello stesso tipo e contemporanee,<br />
vi sarebbe una sorta di delega che i clienti hanno conferito al promotore<br />
per lo svolgimento delle stesse operazioni di vendita o acquisto: in questo consisterebbe,<br />
dunque, la gestione delegata, da parte dei clienti, del proprio patrimonio,<br />
visto che le decisioni vengono concretamente assunte poi dai promotori.<br />
Secondo altra dottrina, invece, in tali casi non si tratterebbe di un’attività di<br />
gestione surrettizia o impropria, poiché la gestione richiede la discrezionalità<br />
del gestore ed il rilascio di un apposito mandato. Si tratterebbe, dunque, più che<br />
altro di un’attività di consulenza che il promotore può legittimamente svolgere.<br />
Indipendentemente da tali ipotesi peculiari, la gestione individuale deve essere<br />
esercitata continuativamente, professionalmente e nei confronti del pubblico<br />
da parte di soggetti non autorizzati allo svolgimento di tale servizio (i promotori).<br />
Una particolarità della gestione su cui tutti concordano è il fatto che essa sia<br />
caratterizzata anche da un potere-dovere dispositivo del gestore.<br />
Essa, dunque, può anche essere scomposta come attività di consulenza e contestualmente<br />
di negoziazione per conto terzi o di ricezione e trasmissione ordini.<br />
La disciplina italiana sulla gestione collettiva del risparmio, come detto, è alquanto<br />
complessa e articolata e si è sviluppata negli anni per andare incontro al-<br />
visto, accanto alle regole generali di comportamento dettate per tutti i servizi di investimento nell’art. 21<br />
t.u.f., regole specifiche ed ulteriori per l’attività di gestione di portafogli di investimento.<br />
15 La gestione con preventivo assenso è da collocarsi nell’ambito del fenomeno gestorio. Tuttavia, un<br />
differente orientamento dottrinario ritiene che essa è sicuramente esclusa dal suddetto ambito per essere<br />
avvicinata alla consulenza finanziaria, ovvero, più precisamente «una consulenza prolungata nel tempo, nella<br />
quale, ad ogni consiglio di un’operazione da parte dell’intermediario, deve seguire l’autorizzazione del<br />
cliente alla sua esecuzione, cui provvede di regola lo stesso intermediario» (L. ENRIQUES-F. VELLA, Le gestioni<br />
mobiliari:profili giuridici, in Tendenze e prospettive del risparmio gestito, Il Mulino, Bologna, 1998). M.<br />
DE MARI, in M. DE MARI-L. SPADA, Orientamenti in tema di intermediari e promotori finanziari, in Foro it.,<br />
2002, I, c. 568 ss.; G. MINERVINI, Gestione do portafogli di investimento con preventivo assenso, in Giur. comm.,<br />
2001, <strong>II</strong>, p. 62 (nota a TAR Toscana, sez. I, 11 luglio 2000, n. 6225); R. <strong>LE</strong>NER, Strumenti finanziari e servizi<br />
di investimento. Profili generali, in Banca, borsa, tit. cred., 1997, I, p. 343.Tali comportamenti del promotore<br />
sono contrari a numerose norme dettate dal Codice deontologico di autodisciplina dei promotori finanziari<br />
approvato dall’Anasf e reso obbligatorio per effetto dell’art. 95, comma 1, del Regolamento intermediari. Per<br />
tutte si riporta il teso di una norma del Codice, in questo caso sicuramente violata: «Il promotore finanziario<br />
persegue l’interesse del cliente e si astiene da comportamenti in contrasto con tale obiettivo. Non sono<br />
giustificati comportamenti contrari all’interesse della clientela da parte del promotore finanziario, anche se<br />
suggeriti o sollecitati dall’intermediario per cui opera».<br />
3.
54<br />
│ La responsabilità civile e penale degli intermediari finanziari<br />
le nuove esigenze di un mercato in cui la domanda di prodotti finanziari diversi<br />
dai titoli di Stato prima e dai titoli azionari poi era sempre crescente.<br />
La prima esperienza in tema di sottoscrizione di fondi comuni 16 in Italia risale<br />
al 1968, anno in cui alcuni finanzieri, in assenza di regole specifiche, decisero<br />
di immettere sul mercato i primi fondi di investimento, chiamati fondi Atipici.<br />
Tali fondi erano organizzati e gestiti seguendo i principi mutuati dall’esperienza<br />
del mondo finanziario anglosassone.<br />
Dopo tale timido avvio, in attesa di una regolamentazione ufficiale dell’intera<br />
materia, alcune società promossero alcuni fondi con sede legale in Lussemburgo,<br />
che furono denominati Fondi Lussemburghesi Storici e rappresentarono gli<br />
antesignani del fondi comuni di diritto italiano.<br />
Con la legge 23 marzo 1983, n. 77, sono stati introdotti i primi Organismi di<br />
investimento collettivo di diritto italiano, in particolare i Fondi comuni d’investimento<br />
mobiliare di tipo aperto; tale normativa ha, inoltre, determinato l’ingresso<br />
di un nuovo soggetto giuridico, rappresentato dalla società di gestione.<br />
La legge n. 77/1983 mirava a garantire una maggiore tutela del risparmiatore,<br />
individuando precise regole sulla natura giuridica dei fondi, la loro costituzione,<br />
i requisiti della società di gestione, le norme generali di gestione (divieti<br />
di investimento in certe attività, divieti di concentrazione degli investimenti in<br />
strumenti finanziari, separazione fra il patrimonio collettivo dei risparmiatori e<br />
quello dei promotori dell’iniziativa, obbligo del calcolo del valore delle quote<br />
con cadenze ravvicinate), l’informativa e il controllo sulle operazioni della Banca<br />
d’Italia e della Consob.<br />
A tale intervento legislativo hanno fatto seguito una serie di modifiche finalizzate<br />
a completare l’offerta di prodotti del risparmio gestito: il d.lgs. n. 84/1992,<br />
infatti, ha disciplinato le Società di investimento a capitale variabile, le SICAV;<br />
la legge n. 344/1993 ha istituito i Fondi comuni d’investimento mobiliare di tipo<br />
chiuso; infine, la legge n. 86/1994 ha regolamentato i Fondi comuni di investimento<br />
immobiliare di tipo chiuso.<br />
Come detto in precedenza, il d.lgs. n. 58/1998 ha poi completato l’intervento<br />
legislativo (detto anche decreto Draghi).<br />
Tra le varie novità introdotte in questo ambito, ricordiamo proprio l’introduzione<br />
delle Società di gestione del risparmio, che hanno sostituito le Società di gestione<br />
dei fondi comuni di investimento, con l’intento di renderle le sole gestrici<br />
del risparmio, in grado di svolgere sia la gestione collettiva sia quella individuale.<br />
16 Il fondo è detto comune proprio perché rappresenta una forma di proprietà collettiva. L’investitore che<br />
opera in tale ambito è, in genere, colui che non ha una considerevole disponibilità di capitali ed ha poca capacità<br />
di seguire l’economia. L’investitore meno esperto, dunque ricorre ai fondi comuni, mentre quello più abile utilizza<br />
le gestioni personalizzate realizzate tramite banche, SIM, società fiduciarie che operino per suo conto in<br />
borsa o fuori (v., F. Jr. FERRARA-F. CORSI, op. cit., p. 811). I fondi comuni, infatti, sono studiati per i risparmiatori;<br />
essi rispecchiano la mentalità degli investitori e non la mentalità imprenditoriale della società.